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MARTEDI

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Notiziario Marketpress di Martedì 30 Marzo 2010
UE: SOTTO OSSERVAZIONE LE ORGANIZZAZIONI DEL SISTEMA SANITARIO  
 
Bruxelles, 30 marzo 2010 - Un nuovo progetto finanziato dall´Ue confronterà l´organizzazione del sistema sanitario dei 27 Stati membri ed esaminerà la solidità dei risultati sanitari attualmente usati dai responsabili della valutazione delle tecnologie sanitarie. Il progetto Echoutcome ("European consortium in health care outcomes and cost-benefit research"), finanziato dall´Ue con circa 1 milioni di euro, sarà avviato a marzo nell´ambito del Settimo programma quadro (7° Pq). "La maggior parte dei responsabili delle decisioni europei ha bisogno di studi di valutazione delle tecnologie sanitarie per valutare i costi e il rendimento degli investimenti nel campo della salute", ha spiegato il dott. Béresniak, direttore esecutivo del Data Mining Internazional in Svizzera, uno dei partner del progetto Echoutcome e leader di uno dei work package. "Alcuni enti sanitari suggeriscono l´uso di indicatori sintetici come il Qaly". Il team di Ecoutcome prevede che la sua valutazione troverà delle somiglianze nell´organizzazione del sistema sanitario tra i 27 Stati membri dell´Ue. "Il progetto Echoutcome prevede di trovare potenziali analogie tra alcuni sistemi sanitari europei e proporrà categorie di sistemi sanitari e valuterà le caratteristiche fondamentali per categoria", ha detto il dott. Béresniak a Rtd Headlines. "Ci si aspetta di trovare alcune somiglianze tra i sistemi sanitari europei mentre le differenze principali riguardano le assicurazioni sanitarie e l´organizzazione dei servizi sanitari", ha aggiunto il dott. Béresniak, che è project manager di Echoutcome. I partner di Echoutcome prenderanno anche in considerazione le proprietà e le conseguenze dell´uso di un caso di riferimento per sostenere la campagna dell´Ue mirata a incentivare una migliore assistenza sanitaria in Europa. "L´uso di risultati sanitari riconosciuti e solidi permetterà un miglioramento della qualità degli studi di valutazione sanitaria", ha detto il dott. Béresniak. Il dirigente del Data Mining International ha sottolineato che Echoutcome userà modelli multi-criterio per confrontare l´organizzazione dei 27 sistemi sanitari europei. I partner del progetto valuteranno la validità scientifica degli indicatori sintetici per aiutare i responsabili delle decisioni europei a far fronte alle esigenze sanitarie degli europei, tra cui il Quality Adjusted Life Years (Qaly), il Disability Adjusted Life Years (Daly) o l´Health Years Equivalent (Hye) e fornirà delle raccomandazioni agli Stati membri alla fine del progetto, nel 2013. "L´uso di indicatori sanitari quali il Qaly [è] suggeristo da alcuni enti sanitari come il National Institute of Clinical Excellence nel Regno Unito", ha sottolineato il dott. Béresniak. "La letteratura scientifica ha riportato risultati inconsistenti e divergenti di studi Qaly. Il progetto Echoutcome sottoporrà a verifica i presupposti teorici di tali indicatori", ha detto al Notiziario Cordis. Secondo il dott. Béresniak i progressi dei risultati sanitari e dell´impostazione costi-benefici influenzerà i responsabili delle decisioni europei aiutandoli a prendere decisioni appropriate. Coordinato dal professor Michel Lamure dell´Université Claude Bernard Lyon in Francia, il progetto Echoutcome riunisce esperti dell´Università Bocconi in Italia e dell´Università libera di Bruxelles (Ulb) in Belgio, nonchè la Società francese di economia della salute (Sfes) e tre piccole e medie imprese (Pmi) specializzate in tecniche di costruzioni di modelli avanzate e cioè Data Mining Interantional e il gruppo Cyklad Group e la Lyon Ingegnerie Projects (Lip) con sede in Francia. L´azienda biofarmaceutica Bristol-myers Squibb Europe partecipa al consorzio, ma non ha ricevuto contribuiti dell´Ue. Il dott. Béresniak ha sottolineato il ruolo fondamentale ricoperto dall´industria per la sanità, definendola "un attore importante nella fornitura di prodotti sanitari innovativi". I principali problemi che attualmente pesano sul sistema sanitario europeo sono l´accesso all´innovazione, l´equità e i finanziamenti. I partner di Echoutcome prevedono di continuare il loro lavoro di valutazione e di sviluppo di nuovi approcci valutativi. Sebbene il progetto sia limitato all´area europea, il dott. Béresniak ha fatto presente che "ulteriori sviluppi potrebbero coinvolgere paesi non europei nell´ambito di un nuovo progetto". Per maggiori informazioni, visitare: Echoutcome: http://www.Echoutcome.eu/    
   
   
SCOPERTA UNA MOLECOLA CHE FA INSORGERE LE CRISI EPILETTICHE UNO STUDIO DEI RICERCATORI DELL’ISTITUTO DI RICERCHE FARMACOLOGICHE MARIO NEGRI E DELL’UNIVERSITÀ VITA-SALUTE SAN RAFFAELE MILANO  
 
 Milano, 30 marzo 2010 - Un nuovo meccanismo proinfiammatorio che contribuisce in modo determinante alla comparsa e ricorrenza delle crisi epilettiche: questa l’importante scoperta che riunisce due filoni di ricerca, iniziati nel 1999 nel Laboratorio di Neurologia Sperimentale guidato dalla Dott.ssa Annamaria Vezzani dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e nell’Unità di Dinamica della Cromatina guidato dal Prof. Marco Bianchi dell’Università Vita-salute San Raffaele di Milano. I ricercatori del Mario Negri hanno svolto negli ultimi anni pionieristiche ricerche sperimentali sul ruolo dei processi infiammatori nell’epilessia, scoprendo che l’infiammazione è uno dei meccanismi che predispone alla comparsa e ricorrenza di crisi epilettiche. I ricercatori del San Raffaele nel corso degli anni hanno dimostrato che molecole rilasciate da tessuti danneggiati, e in particolare una proteina chiamata Hmgb1, sono responsabili dell’infiammazione associata a traumi o stress biologici. Il nuovo studio, pubblicato sull’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica Nature Medicine, ha dimostrato che i neuroni e le cellule della glia, sottoposti a uno stimolo che causa l’epilessia, rilasciano Hmgb1, che a sua volta stimola i recettori Toll-like. Questi recettori di norma rilevano la presenza di batteri o virus: il nuovo studio dimostra un loro importante ruolo nella regolazione dell’eccitabilità delle cellule nervose in risposta all’infiammazione. I trattamenti con farmaci che bloccano gli effetti della molecola Hmgb1, oppure dei recettori Toll-like, hanno potenti effetti anticonvulsivanti, anche su animali con crisi resistenti ai farmaci correntemente utilizzati. Il coinvolgimento di Hmgb1 e dei recettori Toll-like è stato evidenziato anche nel tessuto cerebrale ottenuto da pazienti sottoposti a chirurgia perché affetti da crisi epilettiche insensibili ai farmaci. Hanno partecipato a questo studio anche il Prof. Carlo Rossetti, dell’Università Insubria di Varese e attualmente operante all’Istituto Mario Negri, che si occupa delle molecole che bloccano i recettori Toll-like e la Dott.ssa Eleonora Aronica, dell’Academisch Medisch Centrum di Amsterdam, che ha effettuato gli studi istologici sui tessuti di pazienti epilettici. Annamaria Vezzani è nota per aver ricevuto nel dicembre scorso il prestigioso premio internazionale dell’American Epilepsy Society, conferito per la prima volta a una ricercatrice italiana. La Dott.ssa Vezzani e il Prof. Bianchi hanno commentato “Questa scoperta, oltre a mostrare un nuovo meccanismo alla base delle crisi epilettiche, apre la strada al futuro sviluppo di nuove terapie anticonvulsivanti, utilizzando particolari farmaci anti-infiammatori per curare l’epilessia. Speriamo sia possibile usarli anche in altre patologie neurologiche associate a processi infiammatori. Hmgb1 è coinvolta nelle patologie in cui vi è uno stress biologico, e quindi in quasi tutte le malattie. Tuttavia, questa è la prima volta in cui farmaci contro Hmgb1 hanno dato un risultato così chiaro”. Il lavoro di ricerca è stato coordinato dall’equipe di Annamaria Vezzani presso L’istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.  
   
   
SCOLIOSI: A SAN GIOVANNI ROTONDO TECNICHE CHIRURGICHE INNOVATIVE PER RADDRIZZARE LA SCHIENA  
 
San Giovanni Rotondo, 30 marzo 2010 – L’ospedale I.r.c.c.s. “Casa del Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo si conferma polo d’eccellenza per il Mezzogiorno nel trattamento delle patologie della colonna vertebrale. Presso l’ambulatorio dell’Unità Operativa di Chirurgia Vertebrale, diretta dal Dottor Franco Gorgoglione, vengono visitati circa 2.000 pazienti l’anno e, grazie ai progressi delle tecniche chirurgiche, sono trattati con altissime percentuali di successo i difetti dei vari segmenti della colonna: dalle discopatie, alle ernie discali, alle fratture vertebrali, alle forme oncologiche, alle deformità del rachide come la scoliosi. “La scoliosi è una deformità della colonna vertebrale che interessa le tre dimensioni dello spazio – afferma il dottor Franco Gorgoglione, responsabile della U.o.s. Di Chirurgia Vertebrale dell’Ospedale I.r.c.c.s. “Casa del Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo - Se si escludono le forme congenite, associate a un’anomalia delle vertebre, ed acquisite, quando collegate a patologie neuromuscolari o dei tessuti connettivi, l’80% dei casi (forme idiopatiche) ha origini sconosciute, anche se si ipotizza un insieme di concause di tipo genetico, neuromuscolare, biochimico, metabolico, di sviluppo, dell’equilibrio, dell’accrescimento. La scoliosi idiopatica colpisce dall’1% al 3% della popolazione nella fascia di età fra i 10 e i 16 anni, progredendo di regola fino alla fine dell’accrescimento, e colpisce il sesso femminile con maggior frequenza, con un rapporto di 4 a 1”. La scoliosi non va mai trascurata: il problema più grave collegato a questa patologia, infatti, è la progressione della curvatura della colonna e gli effetti collaterali che ne derivano, che possono interessare anche l’apparato cardio-circolatorio. Le terapie variano in base alle cause e alla gravità della curva scoliotica: nei casi meno gravi può essere sufficiente l’esercizio fisico, in quelli più severi viene indicato il trattamento ortesico (busto/tutore). Quando, invece, il valore angolare (misurato in gradi Cobb) supera i 40 gradi, la terapia è chirurgica. In questi casi, infatti, se non si interviene, può permanere un aggravamento lento e progressivo per tutto l’arco della vita. “L’esercizio fisico e la fisioterapia – continua Gorgoglione - non riducono la curva, ma possono essere utilizzati come terapia adiuvante per migliorare la postura e rafforzare la muscolatura. Il trattamento ortesico, modifica la storia naturale della scoliosi idiopatica dell’adolescente, riducendo il rischio di progressione. Tuttavia, come è stato dimostrato da diversi studi a lungo termine, la correzione iniziale ottenuta con questi supporti, può vanificarsi nel tempo. Quindi, quando si vuole arrestare la progressione della curva, ristabilire il bilanciamento dei tre piani dello spazio, prevenire dolori o danni d’organo come quello polmonare, il trattamento chirurgico è quello consigliato”. La correzione chirurgica della scoliosi ha assistito negli ultimi anni ad una notevole evoluzione. “Le moderne procedure – spiega Gorgoglione - si basano sull’uso di barre, solitamente in titanio, precedentemente sagomate al fine di riprodurre la curvatura fisiologica del rachide, fissate mediante viti ed uncini alla colonna. Il loro utilizzo permette di ottenere una correzione immediatamente stabile, senza la necessità di ricorrere a busti gessati nella fase post-operatoria. Il paziente può, infatti, alzarsi dopo cinque-sette giorni dall’intervento senza il sostegno di un busto ortopedico, riprendendo a svolgere qualsiasi attività”. “Siamo tra i pochi Centri in Italia ad eseguire questo tipo di chirurgia – conclude Gorgoglione - e per questo siamo diventati il punto di riferimento per il Mezzogiorno, trattando, in media, 20 casi di scoliosi gravi all’anno con eccellenti risultati”.  
   
   
SCIENZIATI STUDIANO LE PECULIARITÀ FISICHE NELLE LINEE INBRED  
 
Bruxelles, 30 marzo 2010 - I genetisti hanno fornito al mondo vegetale una spinta significativa grazie allo sviluppo di un metodo che consente di localizzare i geni che sono alla base di determinati tratti fisici peculiari. L´uso massiccio dell´associazione sull´intero genoma (Gwa, genome-wide association) in una specie vegetale potrebbe - secondo gli scienziati - essere d´ausilio per la determinazione di tratti agricoli peculiari importanti. Tra queste figurano la resistenza alle malattie e la produzione di biomassa. I risultati di questo studio innovativo, in parte finanziato dall´Ue, sono stati pubblicati nella rivista Nature. La ricerca è stata effettuata nell´ambito del progetto Anavaco ("Analysis of natural variation for cold tolerance in the model plant species Arabidopsis thaliana"), che ha ricevuto finanziamenti per più di 236.000 euro in riferimento alla tema "Persone" del Settimo programma quadro (7° Pq). Anavaco, avviato nel 2008 e il cui termine è previsto per il 2011, ha come obiettivo l´identificazione dei geni alla base della variazione associata alla tolleranza al freddo nell´arabetta comune (A. Thaliana). Nello studio pubblicato sulla rivista, i ricercatori, coordinati dalla University of Southern California (Usc), negli Stati Uniti, affermano che il modello messo a punto potrebbe rivelarsi estremamente utile sia nel settore agricolo che nel settore legato ai biocarburanti. Il team ha analizzato la variazione naturale in 107 tratti caratteristici diversi in quasi 200 varietà di arabetta comune (A. Thaliana), una pianta modello autofertilizzante molto nota in quanto in grado di ospitare variazioni genetiche significative per numerosi tratti peculiari. Il lavoro svolto ha permesso al team - così affermano i ricercatori - di analizzare attentamente il genoma in modo da rilevare eventuali mutazioni. "Le potenziali applicazioni nel campo dell´agricoltura, della produzione dei biocarburanti e per quanto concerne le condizioni sempre più difficili e in costante mutamento di crescita delle piante sono estremamente vaste", spiega la dottoressa Susanna Atwell dell´Usc College of Letters, Arts and Sciences, co-relatore principale dello studio. "Questi dati, insieme alla metodologia sviluppata, sono potenzialmente in grado di identificare i geni coinvolti nella variazione naturale per quanto concerne i livelli di metaboliti, la biomassa, il tempo di fioritura, la tolleranza al sale e ai metalli pesanti e la resistenza alle malattie, per citare soltanto alcune variazioni". Mettendo a confronto i genomi della A. Thaliana in 250.000 loci, i ricercatori sono riusciti a identificare alcune parti del genoma che potrebbero presentare geni alla base della variazione fenotipica che hanno rilevato. I ricercatori ritengono che in mancanza della certezza assoluta che il gene identificato sia alla base di un tratto caratteristico particolare è necessario procedere all´ulteriore analisi dei geni che non sono stati coinvolti dall´associazione sull´intero genoma. I ricercatori hanno già studiato 60 geni, che finora non erano stati oggetto di attività di ricerca, al fine di comprovare la loro presunta funzione. "La mappatura dell´associazione dell´intero genoma rappresenta un metodo più rapido, rispetto alle tecniche di mappatura che avevo finora utilizzato, per localizzare i geni causativi posizionati in regioni di dimensioni minori", ha spiegato la dottoressa Atwell. "I dati che abbiamo raccolto si sono rivelati ottimali in quanto ci hanno permesso di localizzare i geni a noi già noti. Per questo riteniamo che siano ´effettivi´ anche i geni che sono stati identificati ora". La dottoressa Atwell aggiunge anche che - a suo parere - questo studio diventerà una fonte di rilievo per i circa 5.000 genetisti sparsi in tutto il mondo che si occupano attualmente della A. Thaliana. Hanno contribuito in modo determinante allo studio più di 30 ricercatori appartenenti alla Université des Science et Technologies de Lille (Francia), all´Istituto Max Planck di biologia evolutiva (Germania), all´Istituto Gregor Mendel (Austria), al John Innes Centre (Regno Unito), al Sainsbury Laboratory (Regno Unito), alla University of Chicago (Stati Uniti), alla Purdue University (Stati Uniti), al Howard Hughes Medical Institute (Stati Uniti) e al The Salk Institute for Biological Studies (Stati Uniti). Per maggiori informazioni, visitare: Nature: http://www.Nature.com/nature  University of Southern California: http://www.Usc.edu/    
   
   
L´INFIAMMAZIONE DEL TESSUTO ADIPOSO NON È SEMPRE DANNOSA  
 
Bruxelles, 30 marzo 2010 - L´infiammazione del tessuto adiposo non è sempre un fattore negativo: l´Unione europea ha finanziato una ricerca i cui risultati sono in netto contrasto con quanto ritenuto finora sul legame tra infiammazione del tessuto adiposo e resistenza all´insulina, e in definitiva con il diabete di tipo 2. Le scoperte potrebbero condurre a nuovi trattamenti per il diabete di tipo 2. I risultati dello studio, condotto da ricercatori del Karolinska Institutet in Svezia, sono pubblicati nel New England Journal of Medicine (Nejm). L´unione europea sostiene questo impegno attraverso due progetti: Hepadip ("Hepatic and adipose tissue and liver dysfunction in the metabolic syndrome"), che ha ricevuto un finanziamento di 11,7 milioni di euro attraverso l´area tematica "Scienze della vita, genomica e biotecnologie per la salute" del Sesto programma quadro (6° Pq), e Adapt ("Adipokines as drug targets to combat adverse effects of excess adipose tissue"), finanziato con 3 milioni di euro attraverso il tema "Salute" del Settimo programma quadro (7° Pq). Studi precedenti svolti dal team del Karolinska Institutet avevano dimostrato che gli esseri umani adulti producono continuamente nuove cellule adipose (adipociti) per sostituire le cellule morte. Inoltre, le persone in sovrappeso producono e sostituiscono più adipociti delle persone magre. Nei pazienti con obesità, il tessuto adiposo è caratterizzato da infiammazione di lieve entità e più elevati livelli di fattori infiammatori come il fattore di necrosi tumorale alfa (Tnf-alfa) e l´interleuchina-6. Queste proteine sono ritenute particolarmente dannose perché alterano la funzione del tessuto adiposo e sono note per inibire l´azione dell´insulina. Tuttavia, i ricercatori si sono chiesti se queste proteine potrebbero in effetti svolgere un ruolo centrale nella normale funzione del tessuto adiposo. "L´infiammazione può essere essenziale per il rilevamento dei bisogni nutrizionali e il mantenimento dell´omeostasi nel tessuto adiposo", scrivono gli scienziati nel loro articolo. Nello studio in questione, i ricercatori hanno prelevato campioni di tessuto adiposo da 23 giovani donne sane e magre, con un indice di massa corporea (Imc) compreso tra 20 e 25. Il team ha analizzato i livelli dei fattori infiammatori nei campioni. I loro risultati hanno rivelato che esiste una forte relazione tra la capacità del tessuto adiposo di produrre Tnf-alfa e l´Imc delle donne, e anche con le dimensioni e il numero delle cellule adipose. "Ipotizziamo che l´infiammazione del tessuto adiposo provochi indirettamente la resistenza all´insulina e, quindi, il diabete di tipo 2", ha commentato l´autore principale del documento, il professor Peter Arner dell´Unità di endocrinologia del Karolinska Institutet. "Tuttavia, quando abbiamo studiato il tessuto adiposo di giovani donne sane e magre, abbiamo trovato che l´infiammazione è necessaria anche per le cellule adipose delle persone magre e sane. Questa osservazione è stata fatta solo per il Tnf-alfa, poiché non vi è alcuna relazione tra altri fattori infiammatori e la dimensione e il numero degli adipociti". Il team ha effettuato la stessa prova su donne giovani obese - con un Imc compreso tra 31 e 48 - e non ha trovato alcuna relazione tra i livelli di Tnf-alfa e l´Imc, l´adipe o il volume degli adipociti. "I nostri risultati suggeriscono che [...] Tnf-alfa nelle donne magre in premenopausa hanno un ruolo fisiologico nel determinare la massa e il volume totale del tessuto adiposo, forse per la regolamentazione dell´adipogenesi o dello stoccaggio dei lipidi negli adipociti (o entrambi)", scrivono i ricercatori. "Non siamo ancora in grado di dire se questo ruolo si presenta anche in donne e uomini più anziani". Il professor Arner e colleghi intendono continuare le loro indagini sul modo in cui il Tnf-alfa regola la rigenerazione e la divisione delle cellule adipose. In definitiva, essi sperano che il loro lavoro possa tradursi in nuovi trattamenti capaci di offrire un reale sollievo a coloro che soffrono di diabete di tipo 2, che è la forma di diabete più comune al mondo e rappresenta quasi il 90% dei casi di diabete in Europe. Per maggiori informazioni, visitare: Karolinska Institutet: http://ki.Se/  New England Journal of Medicine (Nejm): http://www.Nejm.org/  Progetto Adapt: http://www.Adapt-eu.net/  Progetto Hepadip: http://www.Hepadip.org/    
   
   
FLAMMINI, FEDERLAZIO: PREOCCUPAZIONE PER DATI SU DEFICIT SANITARIO 2009 REGIONE LAZIO  
 
 Roma, 30 marzo 2010 - “Il comunicato ufficiale del Ministero della Salute che questa mattina ha rese note le cifre esatte del deficit sanitario del 2009 della Regione Lazio non può non suscitare la nostra più viva preoccupazione”. E’ quanto dichiara il presidente della Federlazio, Maurizio Flammini. “Diversamente da quanto ci era stato preannunciato – continua Flammini - il Lazio replica un disavanzo di 1,6 miliardi di euro, non segnando progressi significativi nella riduzione del deficit. Viene, inoltre, confermato che si farà ricorso al Fas per circa 420 milioni di euro per coprire la quota di disavanzo non finanziata con le addizionale regionali Irap e Irpef che purtroppo continuiamo a versare da anni. 420 milioni è una cifra che equivale a circa il 50 per cento delle risorse Fas disponibili: sono a rischio 55 milioni destinati alla ricerca e al suo trasferimento sul tessuto imprenditoriale regionale, 35 milioni per l’innovazione nelle aree produttive regionali, 172 milioni per la mobilità, 138 milioni per migliorare la qualità delle risorse idriche. Di fronte a una situazione così preoccupante e ancora una volta più grave del previsto, chiederemo assicurazione al nuovo presidente rispetto alla possibilità che, almeno in parte, vengano recuperati questi investimenti vitali per le Pmi”.  
   
   
SALUTE FVG: SISTEMI COMUNICAZIONE DIVERSAMENTE ABILI  
 
Udine, 30 marzo 2010 - L´assistenza alle persone non più in grado di muovere gli arti superiori e affette da grave disabilità comunicativa sarà migliorata attraverso la creazione di un apposito Centro che, operativo già da aprile, sarà gestito dall´Azienda sanitaria numero 4 ´Medio Friuli´ e avrà sede presso l´Istituto di Medicina Fisica e Riabilitativa ´Gervasutta´ di Udine. I dettagli di questo progetto regionale sono stati illustrati nella sede della Regione a Udine ai rappresentanti dei Distretti sanitari del Friuli Venezia Giulia dall´assessore alla Salute, Integrazione Sociosanitaria e Politiche Sociali, Vladimir Kosic. La nuova struttura, denominata "Centro di riferimento regionale promozione e facilitazione della comunicazione nelle disabilità motorie gravi", avrà il compito di coordinare l´assegnazione tempestiva degli "ausili di comunicazione" ai soggetti che, pur in presenza di una grave disabilità comunicativa e fisica, sono ancora capaci di elaborare autonomamente il proprio pensiero e di provare sensazioni ed emozioni. Gli ausili sono le speciali apparecchiature elettroniche ed informatiche che, assieme ad attrezzature complementari (quali tastiere espanse o software a scansione controllati da sensori) consentono di leggere, di scrivere, di navigare in internet, di usare il telefono. E sono anche impianti con funzionalità domotiche, da impiegare nelle abitazioni ad esempio per il controllo degli elettrodomestici, delle porte, delle tende o delle tapparelle. Al Centro del ´Gervasutta´ faranno riferimento i Distretti, che segnaleranno i casi dei pazienti ai quali assegnare tali apparati, che rimangono di proprietà della Regione. Una equipe specializzata si occuperà poi di addestrare i pazienti all´utilizzo di queste apparecchiature, destinate, come ha specificato l´assessore Kosic "a comunicare e a rimanere collegati alla vita". Questo nuovo Centro, che dunque avrà competenza sull´intero territorio regionale e si avvarrà anche dei servizi dell´Ufficio H della Comunità Piergiorgio onlus di Udine (che fin dal 1996 è struttura di riferimento regionale sugli ausili tecnici e informatici e dell´accessibilità ambientale), per Kosic rappresenta un primo passo verso l´ottimizzazione dei servizi per la disabilità. Per la maggiore efficacia del progetto, l´assessore ha auspicato il massimo coordinamento a livello regionale tra i Dipartimenti e i Distretti.  
   
   
PIACENZA: LA CONFERENZA SOCIO-SANITARIA TERRITORIALE APPROVA ALL´UNANIMITÀ LA RIPARTIZIONE DEI FONDI REGIONALI IL FONDO DISABILITÀ RIPARTITO SOLO PER IL 60%; IL RESTANTE 40% ATTRIBUITO ENTRO METÀ APRILE  
 
Piacenza, 30 marzo 2010 - La Conferenza territoriale sociale e sanitaria della provincia di Piacenza, presieduta da Massimo Trespidi, ha approvato all´unanimità il riparto del Fondo regionale per la “Non autosufficienza” . Al fondo disabilità andranno 6.115.049 euro che costituiscono il 60% dei totale dei fondi attribuiti dalla regione.Il restante 40% dei fondi verrà ripartito dopo una nuova riunione dell´Ufficio di Presidenza e dei tecnici dei Distretti, fissata per il 13 aprile. 21.793.301 euro costituiscono, invece i fondi ripartiti sul territorio sulla base della percentuale di popolazione oltre i 75 anni. Al fondo per le gravissime disabilità acquisite andranno 979.783 euro. La Conferenza territoriale sociale e sanitaria è l´organo che riunisce tutti i Sindaci del territorio di un´Azienda sanitaria locale e provvede alla definizione, nell´ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l´impostazione programmatica dell´attività, esamina il bilancio pluriennale di previsione ed il bilancio di esercizio e rimette alla Regione le relative osservazioni, verifica l´andamento generale dell´attività e contribuisce alla definizione dei piani programmatici. La Conferenza territoriale, oltre che sanitaria, è anche "sociale" e in questo campo essa "promuove e coordina la stipula degli accordi in materia di integrazione socio- sanitaria previsti dai Piani di zona, tenuto conto delle indicazioni del Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali ed assicurando l´integrazione e la coerenza con i Piani per la salute previsti dal Piano sanitario regionale" (Lr 2/2003, art. 11). La stessa legge 21/2003, poi ripresa dalla Lr 29/2004, prevede che le Conferenze si dotino di un Ufficio di presidenza, ossia un di una rappresentanza che svolga la funzione di esecutivo, costituita dai rappresentanti dei Comitati di distretto, dal Presidente della Provincia o suo delegato e dal Sindaco del capoluogo o suo delegato.  
   
   
EPATITE B CRONICA, L’EPIDEMIA NON SI ARRESTA “TRATTAMENTI EFFICACI CONTROLLANO LA MALATTIA” IN CINA IL PIÙ ALTO TASSO DI INCIDENZA AL MONDO. IN ITALIA 700MILA LE PERSONE COLPITE  
 
Pechino, 30 marzo 2010 – È un’epidemia silenziosa che continua inarrestabile. Nel mondo 2 miliardi di persone (una su tre) sono venuti a contatto con il virus dell’epatite B (Hbv), 350 milioni hanno sviluppato l’infezione nella forma cronica e ogni anno si registra un milione di decessi per malattie correlate al virus. I dati emergono dal 20° Congresso dell’Asian Pacific Association for the Study of the Liver (Apasl), il più importante appuntamento del continente asiatico sulle malattie del fegato, che si è aperto il 25 marzo a Pechino. E la regione asiatica è la più colpita al mondo, il 75% dei portatori cronici (circa 20 milioni solo in Cina) si trova infatti in questa zona. L’hbv è estremamente contagioso, 100 volte più dell’Hiv (il virus dell’Aids) e, se non trattata, l’infezione può causare gravi complicanze tra cui fibrosi, cirrosi e tumore del fegato. Nonostante queste cifre allarmanti, poche persone sono consapevoli dell’importanza di sottoporsi a una terapia. Basti pensare che in Europa solo il 12% dei malati sa di avere il virus e in Italia, su circa 700mila persone colpite da epatite B cronica, solo 25mila sono in terapia, ma molte di più potrebbero trarre beneficio da trattamenti efficaci per arrestare l’evoluzione della malattia. In particolare entecavir, molecola scoperta nei centri di ricerca di Bristol-myers Squibb e disponibile in Italia da tre anni, è un antivirale orale ad elevata potenza e barriera genetica. È stato dimostrato che un trattamento a lungo termine con un antivirale potente ed efficace è in grado di arrestare i danni al fegato, di migliorare la fibrosi epatica e di aumentare la sopravvivenza dei pazienti. Entecavir non solo blocca la replicazione del virus nel sangue, ma spegne anche l’infiammazione indotta dall’Hbv nel fegato. E se non c’è infiammazione, il danno al fegato non progredisce. I dati di efficacia hanno rilevato che il 94% dei pazienti trattati con entecavir ha mantenuto la carica virale a livelli non determinabili dopo 5 anni di terapia. E studi di resistenza su pazienti trattati con entecavir per più di sei anni continuativamente hanno evidenziato che la probabilità che sviluppino mutazioni virali che conferiscono resistenza alla molecola è stata molto bassa (circa l’1,2%). Entecavir ha raggiunto questi risultati grazie alla sinergia fra la potenza nell’abbattere la carica virale e l’alta barriera genetica con la necessità per il virus di sviluppare almeno tre mutazioni per sfuggire all’effetto della molecola.