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Notiziario Marketpress di Giovedì 26 Giugno 2014
SANITÀ, MARONI E ZINGARETTI SCRIVONO A LORENZIN  
 
Milano, 26 giugno 2014 - Il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti hanno scritto una lettera al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, per "evidenziare il tema delle imprese farmaceutiche, che rischia di essere sacrificato in un dibattito che spesso non mette a fuoco il loro deciso potenziale di leva di sviluppo economico". "Nelle Regioni Lombardia e Lazio si concentra infatti - proseguono Maroni e Zingaretti nella missiva - la gran parte dell´impresa farmaceutica italiana. Bastano pochi dati per descrivere la capacità di valore di questo settore: dopo la Germania siamo il principale produttore d´Europa, per un valore pari a circa 26 miliardi di euro, con circa 64mila addetti. Quello della farmaceutica è un settore che ha aumentato anche negli anni della crisi la sua capacità di esportazione e che si connota, rispetto alla restante industria manifatturiera, per tassi alti di investimenti in ricerca e per una domanda di lavoro pregiata, perché i dipendenti del settore sono ad alto titolo di studio (90% laureati o diplomati) e con una forte componente di genere (40% donne contro il 26% del totale industria)". In sintesi, concludono i governatori, "l´industria del farmaco costituisce uno dei settori di specializzazione produttiva che permette all´Italia di competere nei mercati internazionali e di attrarre investimenti. Ovviamente il settore farmaceutico deve responsabilmente concorrere agli obiettivi di finanza pubblica e il servizio sanitario deve perseguire obiettivi di consumo ragionevoli e appropriati. Tuttavia il settore farmaceutico è stato fino ad oggi uno dei principali contributori al contenimento della spesa sanitaria, valutazione che porta a chiedere al Governo di prestare la massima attenzione ad un settore che merita una valutazione autonoma". "Riteniamo che l´industria del farmaco sia disponibile ancora oggi a confrontarsi su un terreno di sfida economica - conclude la lettera -, che comporti anche ulteriori obiettivi di risparmio ma chiede di condividere le soluzioni per arrivare a questo traguardo".  
   
   
LOMBARDIA: MALATI CRONICI, PIÙ MEDICINE CON UNA SOLA RICETTA  
 
Milano, 26 giugno 2014 -Entra in vigore il Dl 90/2014 ´Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa´, che introduce importanti novità anche per quanto riguarda la sanità regionale. Lo comunica, in una Nota, l´Assessorato alla Salute di Regione Lombardia. Da 3 A 6 Confezioni Per Ricetta - E´ infatti possibile - spiega la Nota - la prescrizione su ricetta fino a un massimo di sei confezioni di farmaci per i pazienti cronici o soggetti afflitti da malattie rare, invece delle precedenti tre per ricetta". I Costi Non Cambiano - "Si tratta di una nuova possibilità sia per il medico che per il paziente - precisa l´Assessorato regionale alla Salute -, che nulla però cambierà in termini di costi per i cittadini lombardi. Regione Lombardia, infatti, nel recepire la nuova normativa, conferma le modalità di compartecipazione già in vigore, pari a 1 euro per confezione, insieme a tutte le esenzioni già previste. Da oggi così, su ogni ricetta, potranno essere prescritte fino a sei confezioni di farmaci, senza nessuna variazione di costo per confezione".  
   
   
PRESENTATA RICERCA SU MUTILAZIONI GENITALI E SALUTE RIPRODUTTIVA DONNA IMMIGRATA IN UMBRIA  
 
Perugia, 26 giugno 2014 – Affrontare, nell´ottica del dialogo e del rispetto delle rispettive culture, il tema delle mutilazioni genitali femminili che, anche in Umbria, per l´incremento del fenomeno migratorio, richiede una sempre maggiore attenzione. È con questa finalità che la Regione Umbria ha commissionato alla Fondazione "Angelo Celli" per la cultura della salute una ricerca su "Mutilazioni genitali e salute riproduttiva della donna immigrata in Umbria", i cui risultati sono stati presentati oggi, a Villa Umbra, in occasione dell´ultimo seminario del percorso biennale per operatori sociali, sanitari, educativi della Regione Umbria, dal titolo "Migranti, diritti e salute. Un percorso antropologico di approfondimento e sensibilizzazione sul tema delle mutilazioni genitali femminili (Mgf)". Alla presentazione sono intervenuti la vicepresidente della Giunta regionale e assessore alle Politiche sociali, Carla Casciari; il presidente della Fondazione "Celli" e della Società italiana di antropologia medica, Tullio Seppilli, supervisore scientifico della ricerca; le antropologhe Carlotta Bagaglia, Sabrina Flamini, Maya Pellicciari e Chiara Polcri, che hanno curato la ricerca insieme a Michela Marchetti. Lo studio, condotto tra il 2011 e il 2013, ha coinvolto sia le donne residenti in Umbria provenienti da Paesi con alta diffusione di mutilazioni genitali femminili, sia gli operatori socio-sanitari che operano nella regione, con il preciso obbiettivo di verificare la consistenza e il carattere del fenomeno, la presenza di donne già sottoposte alla pratica nel Paese d´origine, i livelli di informazione che risultano averne gli operatori socio-sanitari. Se è difficile quantificare il fenomeno in maniera precisa, per le ovvie difficoltà di rilevazione, partendo da una ricognizione delle presenze delle donne immigrate in Umbria provenienti dai Paesi dove secondo l´Oms, l´Organizzazione mondiale della sanità, sono maggiormente diffuse le pratiche di manipolazione dei genitali femminili, si stima che oltre 600 tra donne e bambine residenti in Umbria abbiano subìto una qualche forma di mutilazione genitale. "Il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili, che risulta ancora per la maggior parte sommerso – ha detto la vicepresidente Casciari – va approfondito nei suoi aspetti culturali, ma anche per la tutela della salute in termini di assistenza sanitaria e psicologica. Questa ricerca – ha ricordato – si colloca tra le azioni che la Regione, in applicazione della Legge nazionale per la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile, la legge 9 gennaio 2006, con l´attivazione di uno specifico Tavolo, per meglio definire come portare avanti la battaglia per i diritti dei nostri nuovi cittadini e la loro integrazione". "Abbiamo voluto conoscere – ha spiegato la vicepresidente - quanto sia diffuso e quale sia il carattere del fenomeno nel nostro territorio, dati utili anche alla programmazione degli interventi di sensibilizzazione e formazione degli operatori sanitari e socio-educativi. La Regione Umbria – ha sottolineato - vuole rafforzare le azioni per la tutela della salute e del benessere delle donne anche attraverso la costituzione di un Centro regionale di riferimento che funga da polo formativo, ma anche con compiti di supporto e consulenza per la mediazione socio-culturale fra le donne e i servizi del territorio". "Dalla ricerca – ha rilevato il professor Seppilli - risulta confermato anche per l´Umbria quanto già abbastanza noto: che molte donne provenienti dai Paesi in cui le mutilazioni genitali femminili vengono tradizionalmente praticate le considerano del tutto ‘normali´, ovvie e positive o comunque opportune per sé e per le proprie figlie". La questione, per il presidente della Fondazione "Celli", investe "un vero e proprio conflitto di valori fra differenti culture. E come tale va compreso e affrontato". "Solo la prospettiva del dialogo, cui fornisce materiale questa ricerca – ha rilevato - sembra poter evitare le due possibili (e reali) modalità di riproduzione del costume: che le bambine, nate ormai in Italia o giunte nel nostro Paese con le loro madri a loro tempo oggetto della pratica, siano affidate qui a operatrici clandestine, oltretutto con i seri rischi che ciò comporta, o vengano invece riportate nel loro Paese di origine proprio per subire lì il tradizionale intervento". L´indagine si è sviluppata con una ricerca sul campo, condotta dalle antropologhe Sabrina Flamini e Maya Pellicciari, attraverso interviste con donne immigrate a Perugia e a Terni dai Paesi di interesse per il progetto, avvalendosi della collaborazione di istituzioni e associazioni impegnate a vario titolo nelle attività e nei servizi per gli immigrati (dalle Aziende sanitarie locali, alla Consulta regionale per l´immigrazione, Arci, Caritas) e del Centro islamico di Terni. Dagli incontri e dalle interviste, su un tema "difficile" sotto tutti gli aspetti, superando il "silenzio" delle donne, è emerso che per ciascuna "la questione della modificazione dei genitali si presentava fortemente intrecciata a storie di vita complesse, diversissime l´una dall´altra, a riferimenti culturali o religiosi del tutto eterogenei, a posizionamenti sempre negoziati sia con il contesto sociale di provenienza che con la nuova condizione di vita in Italia". Le motivazioni a "giustificazione" della pratica sono "innumerevoli, estremamente variegate, e vengono fatte risalire ora all´ordine religioso, ora a quello estetico, ora a quello della pura ‘tradizione´". Focalizzando l´attenzione su alcuni tratti specifici, emersi con più insistenza nelle donne incontrate a Perugia e a Terni, dalla ricerca sul campo si evince che la mutilazione dei genitali sembra "avere molto più a che fare con l´immagine di sé e del proprio Paese di provenienza, con il senso di appartenenza a una determinata cultura, tradizione o religione, con i conflitti e le rinegoziazioni connesse alla migrazione, piuttosto che con questioni puramente sanitarie: non si tratta infatti di un "problema" per il quale queste donne si rivolgono ai servizi sanitari, se non nei rari casi di richiesta di intervento per deinfibulazione". L´incontro con donne dai genitali modificati, mutilati, "diversi" – secondo la ricerca - rappresenta "semmai un problema dei servizi e, nello specifico, degli operatori: problema che solo in un secondo momento torna ad essere anche delle donne, costrette dalla reazione degli operatori a sentire il proprio corpo come estraneo, diverso, nella necessità di doversi giustificare, e di dover giustificare una pratica che nella maggior parte dei casi nemmeno loro vorrebbero difendere". Per sondare la percezione e l´entità del fenomeno delle mutilazioni genitali femminili nell´esperienza degli operatori sociosanitari umbri, anche per rilevare eventuali casi di bambine e donne interessate da queste pratiche, le antropologhe Carlotta Bagaglia e Chiara Polcri hanno coinvolto attraverso un questionario medici di medicina generale, pediatri, ginecologi, ostetriche, infermieri e assistenti sociali in servizio all´interno delle Aziende sanitarie e ospedaliere dell´Umbria. La maggioranza degli operatori (69 per cento) denuncia la difficoltà a riconoscere sulle donne che si rivolgono ai servizi possibili modificazioni dei genitali praticate. Dall´analisi, è emersa "con forza la necessità di attivare adeguati ed efficaci interventi di informazione/formazione rivolti agli operatori sociosanitari, agli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado e alla cittadinanza". Una formazione "capace di fornire dispositivi per avviare un percorso di sensibilizzazione rivolto alle donne migranti e alle nuove generazioni, per cogliere la complessità insita nell´esperienza dell´"altro", per individuare gli eventuali segni di disagio trasmessi da donne e bambine". Inoltre, per aprirsi e confrontarsi in un dialogo critico e costruttivo, si indica come "fondamentale e quanto mai urgente la realizzazione di occasioni di scambio, confronto e condivisione anche per acquisire strumenti capaci di svelare nuove prospettive".  
   
   
BUONA SANITÀ: LA SOMMINISTRAZIONE A DOMICILIO DEI FARMACI PER L’ARTRITE REUMATOIDE HA EFFETTI FAVOREVOLI SULL’ADERENZA ALLA TERAPIA, SULLA QUALITÀ DI VITA DEI MALATI E SUI COSTI DELLA MALATTIA  
 
Roma, 26 giugno 2014 – L’artrite Reumatoide è una grave malattia reumatica, cronica e sistemica, caratterizzata da sintomatologia dolorosa a carico dell´apparato locomotore e da danni invalidanti a livello delle articolazioni a causa della distruzione irreversibile delle strutture articolari colpite. “La malattia, che coinvolge più frequentemente le mani, le ginocchia, le anche e i piedi, ha nel nostro Paese una prevalenza dello 0,7%-1% interessando, quindi, quasi una persona su cento e coinvolgendo circa 400mila italiani. Sono più colpite le donne e l´esordio della malattia avviene generalmente intorno ai 25-50 anni, nel pieno della vita lavorativa e dell’attività produttiva”, ha affermato Giovanni Minisola, Past President della Società Italiana di Reumatologia e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Reumatologia dell’Ospedale “San Camillo” di Roma, nel corso del convegno “L’importanza del ‘Fattore 3T’ in Reumatologia - Home care e Artrite Reumatoide” svoltosi oggi al Senato. “La persona con Artrite Reumatoide va incontro a un grave stato di invalidità a causa della comparsa di alterazioni funzionali, parziali o totali, all’apparato locomotore e ciò provoca il peggioramento sensibile della qualità di vita della persona malata”, ha spiegato Roberto Perricone, Direttore dell’Uoc di Reumatologia del Policlinico “Tor Vergata” di Roma. “Da questo discende un fortissimo coinvolgimento, non solo psicologico, dei famigliari, anche perché il 10% delle persone malate necessita spesso di assistenza continua. Senza dimenticare che la progressiva disabilità provoca perdita di ore lavorative fino alla possibile incapacità lavorativa della persona colpita dalla malattia” ha aggiunto Sara Severoni, Presidente Almar - Associazione Laziale Malati Reumatici. La cura dell’Artrite Reumatoide si basa sulla somministrazione, il più precocemente possibile, di farmaci che riducano i sintomi e combattano la disabilità per evitare che le articolazioni interessate dall’infiammazione vengano danneggiate in modo permanente e irreparabile. “Negli ultimi anni sono stati messi a punto prodotti noti come modificatori della risposta biologica o ‘agenti biologici’, che agiscono specificatamente sui fattori che determinano l’infiammazione e il danno articolare. Questi farmaci devono talvolta essere somministrati presso strutture reumatologiche ospedaliere con modalità che possono compromettere l’aderenza al trattamento, condizione indispensabile per il successo terapeutico”, ha detto Alberto Migliore, Responsabile dell’Uos di Reumatologia dell’Ospedale “San Pietro-fatebenefratelli” di Roma. “Ciò - ha specificato Giovanni Minisola, nella sua veste di rappresentante italiano in Europa del progetto europeo “Fit for Work”, avviene per cause di vario tipo, quali l’aumento delle richieste assistenziali, la limitata possibilità di alcuni Centri reumatologici a praticare terapia infusionale, l’affollamento delle strutture, la carenza di personale infermieristico, la distanza talvolta elevata del Centro reumatologico e la difficoltà a rispettare gli intervalli di tempo previsti tra le varie infusioni. Le conseguenze principali sono un impatto negativo sulla qualità della vita dei malati e dei loro parenti, il mancato raggiungimento degli obiettivi assistenziali e un aumento dei costi indiretti dell’Artrite Reumatoide, specie di quelli riconducibili alla compromissione della capacità lavorativa e della produttività di coloro che sono colpiti dalla malattia”. Per ovviare a questi inconvenienti, nel 2010 è stato messo a punto da Domedica, società specializzata nella progettazione ed erogazione di programmi di disease management - ossia la migliore gestione delle cure e della malattia - il Programma Sustain - un servizio di somministrazione territoriale di abatacept, uno dei farmaci biologici per la cura dell’Artrite Reumatoide sviluppato da Bristol Myers Squibb. “Il Programma Sustain si prefigge l’obiettivo di favorire l’aderenza alla terapia e di migliorare la qualità di vita delle persone con Artrite Reumatoide”, ha spiegato Maurizio Percopo, Amministratore Delegato di Domedica. “Il nostro intervento prevede un’assistenza continuativa e omnicomprensiva, definita di health care management, che va oltre il semplice supporto alla somministrazione del farmaco al domicilio della persona, in cui di fatto si supplisce alla struttura ospedaliera, anche se il curante rimane in ogni caso il Reumatologo di riferimento. Ciò grazie a un articolato sistema di professionisti e infrastrutture assistenziali avanzate che comprendono a) un contact center, che gestisce logisticamente tutto il percorso operativo, b) i nostri Infermieri professionali, adeguatamente formati presso Centri infusionali di riferimento, c) la collaborazione con il Centro di Reumatologia prescrittore, costantemente informato e che segue tutto l’iter dell’operazione, e d) Medici Reumatologi, che assistono gli Infermieri nella gestione delle infusioni extraospedaliere”. Nel corso di questi ultimi tre anni, il programma Sustain - sviluppato in fase pilota in collaborazione con l’Agenzia di Sanità Pubblica (Asp), con l’Area politiche del farmaco della Regione Lazio e con l’Agenzia Regionale Sanitaria (Ares) della Regione Puglia - è stato valutato attraverso la raccolta e l’analisi di numerosi dati, presentati ufficialmente oggi. “Tra novembre 2010 e novembre 2013 sono state incluse nel programma oltre 100 persone, per un totale di più di 1.350 infusioni domiciliari effettuate, e l’aderenza alla terapia è stata del 100%, rispetto al 93% che solitamente si registra nel caso di infusioni presso i Centri reumatologici. È di particolare rilievo sociale che il Programma Sustain produce un beneficio rilevante per la qualità di vita della persona in cura. È stato, infatti, calcolato che il risparmio in termini di tempo per persona è di 150 minuti per infusione, giacché il soggetto interessato non deve recarsi al Centro reumatologico ove è seguito e non deve attendere per eseguire il trattamento; tutto ciò si traduce in un abbattimento dei costi sostenuti per raggiungere il Centro reumatologico corrispondenti mediamente a più di 30 euro pro capite, ai quali vanno aggiunti circa 50 euro, che rappresentano la monetizzazione media delle ore di lavoro perse dalla persona in cura e dagli eventuali accompagnatori nel caso in cui l’infusione non viene deospedalizzata”, ha sottolineato Giovanni Minisola. “Il programma Sustain rappresenta un innovativo modello di collaborazione pubblico-privato per l’assistenza e la somministrazione domiciliare delle terapie croniche. I positivi risultati mostrati, che evidenziano miglioramenti in termini di aderenza alle cure, di qualità di vita dei malati, e di efficienza organizzativa dei Centri di reumatologia, fanno presuppore che ne sarebbe raccomandabile l’estensione ad altri Centri reumatologici e ad altre Regioni italiane” ha commentato la Sen. Laura Bianconi, membro della Commissione Igiene e Sanità del Senato.  
   
   
CALO NASCITE: FVG, REGIONE IMPEGNATA PER ACCRESCERE RETE SERVIZI  
 
Trieste, 26 giugno 2014 - "Quello delle ´culle vuote´ è un tema che sta particolarmente a cuore della Giunta regionale guidata da Debora Serracchiani. Fin dal nostro insediamento lo stiamo affrontando mettendo in campo una serie di interventi che puntano principalmente ad accrescere la rete dei servizi a disposizione delle famiglie". Lo ha detto l´assessore alla Salute e alle Politiche sociali, Maria Sandra Telesca, in relazione ad una interrogazione presentata in Consiglio regionale da Barbara Zilli (Lega Nord). "Nonostante la crisi economica in atto - ricorda l´assessore - con la legge finanziaria 2014 abbiamo garantito adeguati finanziamenti a sostegno del sociale, con particolare riguardo proprio al sostegno della natalità". Telesca snocciola alcuni numeri: sei milioni in finanziaria e altri cinque in assestamento di bilancio per l´abbattimento delle rette degli asili nido; 600 mila euro per l´associazionismo familiare, "partendo da zero"; circa tre milioni quale integrazione alle risorse messe in campo dallo Stato per la Social Card. Il tutto in un quadro strategico "di sistema", che riguarda le politiche del lavoro, quelle per la conciliazione lavoro-famiglia, le pari-opportunità, le politiche sociali ed assistenziali. "Ci stiamo impegnando a favorire lo sviluppo di un welfare di comunità capace di valorizzare le risorse territoriali e quelle delle famiglie stesse", precisa l´assessore, parlando di un "sostegno non certo episodico ma di prospettiva", perché "vogliamo permettere alle famiglie di programmare le loro scelte su basi certe". E se naturalmente i contributi pubblici possono riguardare solo le famiglie meno abbienti, "siamo consapevoli che solo una rete di servizi diffusi potrà fare la differenza ed essere il presupposto per un´inversione di tendenza che certamente auspichiamo". Per quanto riguarda infine il bonus bebè, l´assessore Telesca sottolinea che "non si è data continuità a questo istituto perché, dati alla mano, si è trattato di un investimento che non è riuscito a favorire l´aumento delle nascite".  
   
   
SANITA’: CONTI OK A TREVISO E A.O PADOVA, ZAIA “L’ITALIA IMPARI COME SI FA E SI CONVINCA CHE SI PUO’. NUOVO PATTO SALUTE ULTIMA SPIAGGIA”.  
 
Venezia, 26 giugno 2014 - “L’ulss 9 di Treviso in attivo e l’Azienda Ospedaliera di Padova capace di un sostanzioso rientro dal deficit di ben 120 milioni: ancora una volta la sanità veneta dimostra all’Italia intera come si fa a gestire il principale servizio ai cittadini senza mettere le mani nelle loro tasche oltre il lecito e senza togliere loro i servizi e la qualità delle cure”. Con queste parole il Presidente della Regione Luca Zaia commenta i risultati positivi raggiunti sul fronte della tenuta dei conti da due importanti aziende sanitarie venete, estremamente rappresentative del quadro generale: una delle più grandi Aziende Ospedaliere come Padova, una grande Ulss capoluogo di Provincia. “Gli uomini che gestiscono queste aziende – aggiunge Zaia – sono degli ottimi managers e guidano due macchine ricche di professionalità, impegno e condivisione di obiettivi da parte di tutti i dipendenti, ma, a meno che non si voglia credere che siano una sorta di geni usciti dalla lampada di Aladino, sono la dimostrazione che una gestione oculata del maggior bene pubblico qual è la sanità è ben possibile e andrebbe ricercata lungo tutto lo stivale. Se Dg come questi non fossero indispensabili al Veneto e ai veneti, li metterei volentieri a disposizione di certi territori dove i buchi sono ancora supernove e l’assistenza latita sia in qualità che quantità”. Prendendo spunto dai due esempi virtuosi veneti, il Governatore allarga l’orizzonte: “Dotazioni standard, prima di tutto per quanto riguarda il personale (all’osso da noi, ridondante altrove), e costi standard, applicando i quali si arriva a risultati come quelli di Padova e Treviso, devono al più presto entrare con prepotenza ovunque si acquisti una siringa, si eroghi un pasto o si assuma un medico o un infermiere in Italia. L’occasione storica per sancire l’obbligo di virtuosità dal Manzanarre al Reno – incalza Zaia – si sta presentando in questi giorni nella discussione sul nuovo Patto Nazionale per la Salute. E’ l’ultima spiaggia: o prevale il buon senso e si impostano gli anni futuri nella ricerca ossessiva dell’equilibrio tra costi e prestazioni erogate o l’intero sistema sarà inevitabilmente indirizzato al collasso. Occorre coraggio e realismo: chi rompe paga deve essere regola aurea; e chi lavora bene deve essere premiato. E’ sinonimo di giustizia ed equità prima di tutto nei riguardi della gente che paga le tasse e, per quanto riguarda il Veneto, contribuisce con 20 miliardi di saldo fiscale attivo all’anno a pagare gli sprechi altrui”.  
   
   
MARONI: EXPO GRANDE OPPORTUNITÀ ANCHE PER LO SPORT  
 
Milano, 26 giugno 2014 - "Da parte della Regione Lombardia sono state messe in campo molte iniziative, tutte nel segno della concretezza, trovando le risorse per sostenere le buone idee e intervenire sulle strutture". Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, intervenendo al Convegno ´Expo, un´opportunità per uno Smart sport olimpico´, organizzato dal Coni, questa sera a Palazzo Cusani, a Milano. Oltre 20 Milioni Sul Territorio - Fra le iniziative ricordate dal governatore, "I 20 milioni di dotazione dell´Accordo di programma quadro per lo sviluppo e rilancio dello sport in Lombardia. Un intervento studiato insieme al Coni, che prevede un bando per il recupero delle palestre scolastiche, che mette 4 milioni per la riqualificazione di impianti sportivi a uso pubblico e 800.000 euro per il sostegno alle manifestazioni sportive". Non solo, ha proseguito Maroni, "abbiamo finanziato il progetto ´A scuola in movimento´, per sostenere lo sport nelle scuole primarie lombarde, che ha coinvolto 5231 classi, oltre 130.000 bambini, in tutte le province lombarde. E ancora il progetto ´Io tifo positivo´, sulla diffusione della cultura e dei valori positivi dello sport e i 6 milioni messi a disposizione per l´ammodernamento dei comprensori sciistici, il primo intervento dopo 10 anni nei quali non si era fatto nulla". 10 Milioni Per Progetti - "Expo - ha proseguito il numero uno di Palazzo Lombardia - è una opportunità importante anche da questo punto di vista. Come Regione siamo impegnati a sostenere iniziative che verranno prese dai Comuni e dalle associazioni, attraverso un fondo regionale di 10 milioni creato ad hoc, per co-finanziare progetti che vengono dal territorio e che avranno una funzione di attrazione dei visitatori di Expo nelle nostre città e nei nostri paesi". Sostegno Eventi Significativi - Infine, ha concluso Maroni, "siamo disposti a sostenere, da tutti i punti di vista, anche gli eventi sportivi non direttamente organizzati dalla Regione. In Lombardia, da qui alla fine del 2015, ne ospiteremo diversi, come i Campionati del mondo di Rugby under 20, la Coppa del mondo di Triatlon, i Campionati del mondo di canoa e di sci nautico e i Campionati del mondo di tiro a volo, solo per citarne alcuni".