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LUNEDI
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Notiziario Marketpress di
Lunedì 01 Ottobre 2007 |
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PUBBLICITÀ INGANNEVOLE. DEFINIZIONI |
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La pubblicità è ingannevole e quindi non palese, non veritiera, non corretta e contraria alla correttezza professionale quando induce in errore il consumatore, influenzandone le decisioni mediante informazioni false o il mancato apporto di informazioni rilevanti. L´art. 20, comma 1, lettera b del Decreto legislativo n. 206/05, il cosiddetto Codice del Consumo, definisce ingannevole "qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, sia idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a ledere un concorrente". Il successivo art. 21 stabilisce che "per determinare se la pubblicità sia ingannevole se ne devono considerare tutti gli elementi". L’art. 2 del Codice dell´Autodisciplina Pubblicitaria Italiana (C. A. P. ) dispone, a sua volta, che "la pubblicità deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni palesemente non iperboliche" . |
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PUBBLICITÀ INGANNEVOLE: AUTORITÀ COMPETENTI |
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In base al Codice del Consumo la competenza in materia di pubblicità ingannevole è propria dell´Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm - Antitrust), che, oltre a definire quali sono i casi di pubblicità ingannevole, deve intervenire per la cessazione di questa. In base al Codice dell´Autodisciplina Pubblicitaria Italiana (C. A. P. ) può essere richiesto l’intervento del Comitato di Controllo e del Giurì, interpellabili da chiunque vi abbia interesse. Secondo l´art. 27 del Codice del Consumo, se è in corso un procedimento davanti all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è possibile richiedere la sospensione di tale procedimento, per un periodo non superiore ai trenta giorni, in attesa della pronuncia del Giurì, che ha il potere di ordinare la cessazione della campagna pubblicitaria e, normalmente, decide in venti giorni. Contro le decisioni del Giurì non è previsto appello. La Legge n. 49/05prevede la sospensione dell´attività di impresa fino a 30 giorni, in caso di rifiuto a correggere la pubblicità ritenuta ingannevole. |
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PUBBLICITÀ INGANNEVOLE: NORME DI RIFERIMENTO |
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Da venerdì 24 settembre oltre al Codice del Consumo occorre fare riferimento anche al Decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145 ,che da attuazione all´articolo 14 della Direttiva 2005/29/Ce che modifica la direttiva 84/450/Cee sulla pubblicità ingannevole - - e al Decreto Legislativo 2 agosto 2007, n. 146 che da attuazione della Direttiva 2005/29/Ce relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica le Direttive 84/450/Cee, 97/7/Ce, 98/27/Ce, 2002/65/Ce, e il Regolamento (Ce) n. 2006/2004. Il Decreto legislativo n. 145/07, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 207 del 6 settembre 2007, è consultabile all’indirizzo internet http://www. Parlamento. It/leggi/deleghe/07145dl. Htm, mentre il Decreto legislativo n. 146/07, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 207 del 6 settembre 2007, è consultabile digitando l’indirizzo internet http://www. Parlamento. It/leggi/deleghe/07146dl. Htm. |
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GIUSTIZIA: ACCORDO PER ACCORCIARE TEMPI PROCEDIMENTI GIUDIZIARI |
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Ministero della Giustizia e Poste Italiane rinnovato convenzione per la gestione delle notifiche giudiziarie Il Ministro della Giustizia e l´Ad Poste Italiane hanno siglato un´intesa per rendere più spedita la procedura di recapito ed esito della notifica al fine di garantire tempi più veloci nella celebrazione dei procedimenti civili e penali. In base all’accordo Poste Italiane deve realizzare un sistema snello e veloce di notifica degli atti e consentire all´Amministrazione giudiziaria l´opportunità di dotarsi di un sistema di rendicontazione degli avvisi di ricevimento. Le varie operazioni, grazie all´impiego di nuove tecnologie informatiche, saranno eseguite nei molti centri che Poste Italiane ha istituito su tutto il territorio nazionale. |
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PRIVACY: REGOLE PER LA MESSA IN SICUREZZA DEI DATI DI TRAFFICO TELEFONICO E INTERNET E AVVIA UNA CONSULTAZIONE |
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Il Garante per la privacy, dando attuazione a quanto previsto dal Codice privacy e alle normative in materia di sicurezza più recentemente introdotte, individua le regole essenziali per la messa in sicurezza dei dati di traffico telefonico e internet conservati a fini di accertamento e repressione dei reati e avvia una consultazione pubblica. Con un documento nel quale indica in maniera organica le misure da rispettare per la conservazione dei dati a fini di giustizia da parte di gestori telefonici e fornitori di servizi di comunicazione elettronica, l´Autorità risponde alla necessità di assicurare una effettiva ed efficace protezione di dati personali riguardanti milioni di cittadini, sia a tutela della sfera privata di questi ultimi sia nell´interesse stesso di magistratura e forze di polizia. Il documento, del quale è stato relatore Francesco Pizzetti, è frutto di un´attività, anche ispettiva molto articolata, iniziata alla fine del 2005 e portata avanti in questi due anni. Proprio considerata la complessità della questione, l´Autorità ha deciso di avviare una consultazione pubblica (www. Garanteprivacy. It) con le istituzioni interessate (in particolare Ministero della giustizia, Ministero dell´interno e Csm), con le aziende e le relative associazioni di categorie nonché con le associazioni dei consumatori. Lo scopo è quello di acquisire osservazioni e commenti utili per l´adozione di un definitivo provvedimento in materia. Come è noto, sulla base del Codice privacy i dati di traffico telefonico devono essere conservati a fini di lotta al crimine per un massimo di 4 anni. Il cosiddetto "pacchetto Pisanu" del 2005 ha poi introdotto un analogo obbligo di conservazione anche riguardo ai dati di traffico telematico che devono essere tenuti, esclusi comunque i contenuti, per un massimo di 1 anno. Obbligo questo previsto anche dalla direttiva europea sulla conservazione dei dati di traffico a fini di giustizia, alla quale il Governo deve dare a breve piena attuazione. Il documento, nel chiarire i soggetti destinatari e i dati oggetto di conservazione, stabilisce prescrizioni tecnico organizzative riguardo alla loro tenuta e alla loro messa in sicurezza. In particolare prevede: adozione di avanzati sistemi di autenticazione per gli incaricati che possono avere accesso ai dati; conservazione separata dei dati tenuti per finalità di accertamento e repressione dei reati da quelli utilizzati per funzioni aziendali (es. , fatturazione, marketing, statistiche); immediata cancellazione dei dati una volta decorso il tempo previsto di conservazione; tracciamento di ogni accesso e operazione compiuta da parte degli incaricati; introduzione di sistemi di segnalazione di comportamenti anomali (es. , interrogazioni massive ingiustificate, interrogazioni fuori dell´orario di lavoro); controlli interni periodici sulla legittimità degli accessi ai dati da parte degli incaricati, sul rispetto delle regole e delle misure organizzative tecniche e di sicurezza prescritte dal Garante; sistemi di cifratura a protezione dei dati di traffico contro rischi di acquisizione indebita o fortuita, (es. ,in caso di manutenzione degli apparati o di ordinarie operazioni da parte degli amministratori di sistema). Sono esclusi dall´ambito di applicazione di queste regole - sia perché non assimilabili a veri e propri gestori di servizi tlc e di comunicazione elettronica sia per evitare ingiustificate conservazioni di dati - i gestori di esercizi pubblici e Internet café, i gestori di siti Internet che diffondono contenuti sulla rete ("content provider"), i gestori dei motori di ricerca, le aziende o le amministrazioni pubbliche che mettono a disposizione del personale reti telefoniche e informatiche (es. Centralini aziendali) o che si avvalgono di server messi a disposizione da altri soggetti. La consultazione si concluderà entro il 31 ottobre e immediatamente dopo, anche sulla base degli elementi acquisiti, il Garante provvederà ad adottare in via definitiva il provvedimento. Sarà questa una tappa essenziale per rendere anche il sistema delle telecomunicazioni italiane più sicuro e più protetto. |
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RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA: ACCORDO FRA CONFINDUSTRIA E LUISS |
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E’ stato firmato ieri sera in Luiss, Il Presidente della Commissione Cultura di Confindustria, Maurizio Costa, e il Rettore della Luiss, Massimo Egidi, hanno firmato un accordo di collaborazione per l’avvio del “Laboratorio Confindustria-luiss sulla Responsabilità Sociale d’Impresa”: uno strumento che intende affermarsi come voce autorevole nel dibattito nazionale e internazionale sui processi decisionali legislativi e politici della responsabilità sociale, per promuoverne la diffusione presso le Pmi, collegare sempre più le imprese alla qualità del lavoro e della vita sociale e privilegiare un approccio basato soprattutto sull’autoregolamentazione dei comportamenti etici rispetto ad approcci di tipo sanzionatorio, che ancora pervadono il nostro ordinamento giuridico. Obiettivo del Laboratorio – che ha sede presso la Luiss - è la promozione e la diffusione della Rsi presso il mondo produttivo attraverso il rafforzamento del legame tra accademia e mondo imprenditoriale, attingendo a tal fine sia alle risorse culturali e alle analisi dell’Università nelle materie economiche, giuridiche e politiche, sia alle esperienze dirette delle imprese. Particolare attenzione è data alle peculiarità del modello italiano di sviluppo, incentrato sulla piccola e media impresa, per evidenziarne i punti di forza e di debolezza nel campo della Rsi e individuarne i possibili sviluppi, in un’ottica di benchmarking europeo e internazionale. Tra le attività prioritarie promosse dal Laboratorio: l’organizzazione di eventi e seminari sulla Rsi; la creazione e il coordinamento di gruppi di progetto e la realizzazione di pubblicazioni mirate; l’assegnazione di borse di studio e premi a studenti universitari che abbiano sviluppato tesi di laurea o progetti di ricerca sul tema della responsabilità sociale; nonché la possibilità di periodi di stage presso aziende che seguano percorsi di Rsi; la valorizzazione delle esperienze già in corso sulla responsabilità sociale facendo perno sulla capillarità del sistema associativo di Confindustria; la promozione di attività di formazione e di supporto diretto alle imprese, soprattutto piccole e medie, finalizzate a sviluppare percorsi autonomi di Rsi; il lancio di progetti concreti, che coinvolgano gruppi di imprese, nel contesto dell’alleanza europea per la Rsi. Quanto alla governance, il laboratorio si avvale di una struttura di coordinamento strategico, composta da rappresentati del mondo dell’impresa (Confindustria) e del mondo dell’accademia (Luiss), operando in stretto collegamento con il sistema delle Associazioni Industriali di Confindustria, quale riferimento e volano sul territorio per le imprese dei diversi settori. |
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GIUSTIZIA EUROPEA: VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE DI LAVORI DI ADATTAMENTO DI PISTE DA SCI |
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Lo scorso 20 settembre 2007 la Corte di giustizia delle Comunità europee ha pronunciata la sentenza in merito alla causa C-304/05, Commissione/italia. La Commissione ha chiesto alla Corte di dichiarare che, col progetto di ampliamento e adattamento della zona sciistica di Santa Caterina Valfurva (piste «Bucaneve» e «Edelweiss») e la realizzazione delle correlate infrastrutture, in vista dei campionati mondiali di sci alpino del 2005, nella zona di protezione speciale, Parco Nazionale dello Stelvio, la Repubblica italiana ha violato la direttiva del Consiglio 92/43/Cee, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, nonché la direttiva 79/409, relativa alla conservazione degli uccelli selvatici. Istituito con Legge n. 740/35 allo scopo di tutelare e migliorare la flora, di incrementare la fauna, e di conservare le speciali formazioni geologiche, nonché le bellezze del paesaggio, il Parco è un’area protetta ai sensi della Legge n. 394/91. Con decreto del presidente del Consiglio 23 novembre 1993 è stato costituito il Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio che ha il compito di garantire la tutela della natura e la conservazione dei paesaggi. Nel 1998 il Parco è stato classificato quale zona di protezione speciale ai sensi della Direttiva n. 79/409; esso ospita numerose specie di uccelli tutelate, nonché tre specie d’uccelli migratori. Nel 1999 veniva varato, in vista dei campionati mondiali di sci alpino del 2005, un progetto di ristrutturazione della zona sciistica di Santa Caterina Valfurva e delle connesse infrastrutture, con la realizzazione di un corridoio per piste da sci in una zona di foresta e la costruzione di una cabinovia. Nel 2000 la Regione Lombardia esprimeva un giudizio positivo di compatibilità ambientale del progetto, subordinato al rispetto di una serie di prescrizioni. Nel 2002 l’Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia applicate alle Aree Alpine (l’«Irealp») pubblicava la relazione sulla valutazione dell’incidenza delle misure progettate. Nel 2003 il Consorzio rilasciava un’autorizzazione (subordinata all´osservanza di varie condizioni) per l´ampliamento e adattamento delle piste da sci alpino «Bucaneve» e «Edelweiss», nonché delle infrastrutture. A partire dal febbraio 2003, circa 2500 alberi venivano abbattuti, su un’area di 50 metri di larghezza per 500 metri di lunghezza, a quote comprese fra 1700 e 1900 metri di altitudine. Inoltre, l’adattamento delle piste e delle infrastrutture sciistiche all’interno Zps, causava la completa perdita di continuità degli habitat delle specie di uccelli presenti nel sito. Nell´agosto 2003 il Consorzio emetteva parere negativo sulla compatibilità del progetto con l’ambiente, a causa dell’inosservanza delle indicazioni fornite nella relazione dell’Irealp. Nel dicembre 2003, la Commissione invitava la Repubblica italiana a trasmetterle le proprie informazioni in merito alla situazione della zona di protezione speciale It2040044. 1) L´inadeguata valutazione dell’impatto ambientale piste da sci «Bucaneve» e «Edelweiss» Le parti sono concordi sul fatto che i lavori di adattamento delle piste da sci e l’allestimento delle infrastrutture erano tali da far sorgere l’obbligo di effettuare una previa valutazione d’incidenza ambientale. Anche se la Direttiva 92/43 non definisce alcun metodo particolare per lo svolgimento di siffatta valutazione, la giurisprudenza della Corte ha dichiarato che essa dev’essere tale che le autorità competenti possano acquisire la certezza che un piano o un progetto non pregiudicherà l’integrità del sito: esse devono fondarsi sulle migliori conoscenze scientifiche in materia. Dagli atti di causa risulta che prima del rilascio della autorizzazione, uno studio dell’impatto sull’ambiente realizzato nel 2000 rileva un carattere sommario e frammentario dell’analisi delle ripercussioni ambientali prodotte dall’allargamento delle piste da sci e dalla costruzione delle infrastrutture: esso non costituisce una valutazione adeguata ai sensi della direttiva 92/43. Dall’altro lato, la relazione dell’Irealp presentata nel 2002, è caratterizzata da una serie di rilievi di carattere preliminare e dall’assenza di conclusioni definitive: neppure essa può essere considerata quale valutazione opportuna dell’incidenza dei lavori. 2) La mancata considerazione di misure compensative Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza, un piano o progetto debba essere comunque realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, lo Stato membro può adottare ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 (rete ecologica europea istituita dalla direttiva 92/43) sia tutelata. Detta disposizione derogatoria dev’essere interpretata restrittivamente e può essere applicata solo dopo che l’incidenza di un piano è stata valutata con riferimento agli obiettivi di conservazione. L’esame di eventuali motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e quello dell’esistenza di alternative meno dannose richiedono una ponderazione con riferimento ai danni che il piano o il progetto in questione cagiona al sito. Inoltre, i danni devono essere individuati con precisione. Al momento dell’adozione dell’autorizzazione del 14 febbraio 2003 le autorità nazionali non disponevano di tali dati. 3) Le misure di tutela, dirette ad evitare il degrado L´obbligo di adottare misure compensative è enunciato dalla direttiva 92/43. All’interno della zona interessata sono stati abbattuti circa 2 500 alberi e, di conseguenza, i siti di riproduzione delle dette specie sono stati annientati. È giocoforza concludere che i detti lavori, e le ripercussioni sulla Zps che ne sono derivate, erano incompatibili con lo status giuridico di tutela di cui la Zps avrebbe dovuto beneficiare. Per questi motivi, la Quarta Sezione della Corte ha deciso che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa imposti dall’art. 6, nn. 2-4, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/Cee, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, nel combinato disposto con l’art. 7 della medesima direttiva, nonché dall’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/Cee, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, avendo autorizzato misure suscettibili di avere un impatto significativo sulla zona di protezione speciale It 2040044, Parco Nazionale dello Stelvio, senza assoggettarle ad un’opportuna valutazione della loro incidenza alla luce degli obiettivi di conservazione della detta zona; avendo autorizzato siffatte misure senza rispettare le disposizioni che consentono la realizzazione di un progetto, in caso di conclusioni negative risultanti dalla valutazione dell’incidenza sull’ambiente e in mancanza di soluzioni alternative, solo per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, e solo dopo avere adottato e comunicato alla Commissione delle Comunità europee ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata, e avendo omesso di adottare misure per evitare il deterioramento degli habitat naturali e degli habitat delle specie nonché la perturbazione delle specie per le quali la zona di protezione speciale It 2040044, Parco Nazionale dello Stelvio, è stata designata. |
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GIUSTIZIA EUROPEA: ZONA DI PROTEZIONE SPECIALE “VALLONI E STEPPE PEDEGARGANICHE" |
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Lo scorso 20 settembre 2007 la Corte di giustizia delle Comunità europee ha pronunciato la sentenza in merito alla causa C-388/05, Commissione/italia. La Commissione delle Comunità europee ha chiesto alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana ha violato la direttiva del Consiglio 79/409/Cee, concernente la conservazione degli uccelli selvatici e la direttiva del Consiglio 92/43/Cee, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Nel febbraio 2001 la Lega Italiana Protezione Uccelli ha presentato alla Commissione una denuncia secondo la quale l’area geografica denominata «Valloni e steppe pedegarganiche», classificata come zona di protezione speciale (Zps) il 28 dicembre 1998, era oggetto di numerosi interventi industriali ed immobiliari, dannosi per l’habitat naturale e la conservazione di numerose specie di uccelli selvatici che vivevano o transitavano nella zona. Sulla situazione precedente alla classificazione dell’area geografica denominata «Valloni e steppe pedegarganiche» come Zps (prima del 28. 12. 1998) La direttiva sugli uccelli impone agli Stati membri di adottare misure idonee a prevenire nelle Zps l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli. Gli Stati membri devono rispettare gli obblighi anche nel caso in cui la zona interessata non sia stata classificata come Zps dal momento in cui doveva esserlo. L’area geografica «Valloni e steppe pedegarganiche», situata nel Comune di Manfredonia, ospita alcune rare specie di uccelli selvatici, cosicché essa è stata classificata nel 1989 quale Iba, con la denominazione di «Promontorio del Gargano», da parte di Birdlife International. Essa è stata altresì classificata come Iba (Important Bird Area) nel catalogo Iba 1998. L’elenco delle Iba, per quanto non sia giuridicamente vincolante per gli Stati membri interessati, contiene elementi di prova scientifica che consentono di valutare l’osservanza da parte di uno Stato membro dell’obbligo di classificare come Zps i determinati territori. Pertanto tale area avrebbe dovuto essere classificata come Zps prima del 28 dicembre 1998. E´ pacifico che la realizzazione dell’area industriale nell’ambito del «patto d’area» ha comportato la distruzione di una parte della zona «Valloni e steppe pedegarganiche», prima in buono stato di conservazione, pregiudicando la conservazione di numerose specie di uccelli protetti che frequentavano tale area. Sulla situazione successiva alla classificazione dell’area come Zps (dal 28. 12. 1998) Per quanto riguarda le zone classificate come Zps, la direttiva sugli habitat prevede che gli obblighi della direttiva sugli uccelli siano sostituiti, dagli obblighi della direttiva sugli habitat, a decorrere dalla data di entrata in vigore di quest’ultima direttiva o dalla data di classificazione a norma della direttiva sugli uccelli, qualora tale ultima data sia posteriore. Dal momento che l’area è stata classificata come Zps il 28 dicembre 1998, la direttiva sugli habitat deve applicarsi a detta area a partire da tale data. Dopo il 28 dicembre, la situazione di distruzione ha continuato a persistere. La Repubblica italiana, non avendo adottato i provvedimenti adeguati per evitare, nella zona di protezione speciale «Valloni e steppe pedegarganiche», il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui tale zona è stata creata, è venuta meno, nel periodo precedente al 28 dicembre 1998, agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 4, n. 4, della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/Cee, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, e, nel periodo successivo a tale data, agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/Cee, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. |
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