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LUNEDI
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Notiziario Marketpress di
Lunedì 11 Gennaio 2010 |
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DOCUMENTI IN INTERNET: CODICE DI IDENTIFICAZIONE PERMANENTE |
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Un sistema nazionale di identificazione univoca e permanente delle risorse digitali: libri, articoli, file multimediali, news e ogni altro documento diffuso in Internet. Questo l’obiettivo dell’Accordo di collaborazione tra la Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali ed il Diritto d´Autore del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (Mibac) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). L’accordo, firmato dal Direttore Generale del Mibac, dott. Maurizio Fallace, e dal Vice Presidente del Cnr, Prof. Roberto de Mattei, dà il via ad una prima fase di attività sperimentale. “Il Ministero sostiene con forza una soluzione che può davvero essere rivoluzionaria per la Rete. Naturalmente, questo sistema sarà tanto più efficace e operativo quanto più le istituzioni che potranno coordinare e gestire le assegnazioni dei codici si dimostreranno collaborative”, dichiara Fallace. “Con questo accordo l’Italia si inserisce in un percorso sul quale si stanno avviando le pubbliche amministrazioni di tutto il mondo, come conferma il Federal Registrer 2. 0 lanciato dall’Amministrazione Obama”. “Siamo particolarmente soddisfatti di avere contribuito alla progettazione di un sistema che, una volta operativo, consentirà agli utenti della rete una maggiore e migliore reperibilità dei documenti di interesse”, commenta il Vice Presidente del Cnr, de Mattei. “E ai ‘content provider’ una tutela dei contenuti rispetto a possibili violazioni della originalità e del diritto autorale”. “A differenza dell’informazione diffusa attraverso i canali dell’editoria tradizionale”, spiega Brunella Sebastiani, direttore della Biblioteca Centrale del Cnr, “quella reperibile in Internet non è sufficientemente certificata da istituzioni che possano garantire la qualità dei dati e l’accesso permanente. Da qui l’esigenza di associare alle risorse digitali dei ‘codici di identificazione persistenti’ che possano certificarne l’autenticità, la provenienza, i diritti d’autore e la localizzazione”. Per garantire identificazione e accesso nel lungo periodo alle risorse identificate è necessario puntare sull’affidabilità e credibilità delle istituzioni garanti del sistema e su una soluzione concettualmente semplice che possa superare il rapido cambiamento delle tecnologie. “Le comunità di utenti che già usano gli identificatori persistenti adottano standard differenti”, precisa Maurizio Lancia, dirigente dei Sistemi Informativi del Cnr. “La soluzione italiana, basata sullo standard aperto National Bibliography Number (Nbn), presenta un’innovativa ‘architettura gerarchica’, distribuita su più livelli di responsabilità, che consente l’accesso immediato all’oggetto identificato e ai relativi ‘metadati’ descrittivi”. Tale modello prevede un registro nazionale di primo livello, gestito dalle strutture afferenti al Mibac (Biblioteche nazionali centrali e Istituto centrale per il catalogo unico), presso il quale si accreditano i registri di secondo livello, gestiti da organismi rappresentative dei diversi macrosettori culturali (‘media e stampa’, ‘università e ricerca’, ‘archivi’, etc. ). Alla base del sistema si trovano i registri di terzo livello, gestiti dalle istituzioni che effettuano l’assegnazione dei codici Nbn ai propri contenuti digitali. Per la realizzazione di questa infrastruttura, il Cnr, con il contributo della Fondazione Rinascimento Digitale di Firenze, ha sviluppato il software con interfaccia Web 2. 0, che consente la gestione dei registri ai differenti livelli e la comunicazione tra gli stessi. Il software permette l’assegnazione “decentrata” dei codici Nbn, garantendo all’infrastruttura un potenziale di crescita praticamente illimitato. Un articolo scientifico, ad esempio, potrebbe essere registrato dall’Università o Ente di afferenza del ricercatore, che utilizzerà un codice così composto: It (Italia, primo livello), Ur (Università e Ricerca, secondo livello), Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche, terzo livello), 12345 (Id progressivo). La soluzione italiana, già richiesta per la sperimentazione della gestione dei registri nazionali di Germania, Svizzera, Austria e Repubblica Ceca, è stata valutata positivamente dalla comunità scientifica come riferimento per la realizzazione di un ‘global resolver’ europeo, che garantisca il collegamento tra i diversi sistemi nazionali di identificazione persistente. “Definirei strategica la scelta della mia Direzione generale”, conclude Fallace, “proprio in ragione della missione istituzionale assegnata alle Biblioteche nazionali centrali di Roma e Firenze, destinatarie del deposito legale di tutta la produzione editoriale italiana, e dell’attività svolta dall’Istituto centrale per il Catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, cui è affidata la diffusione degli standard di catalogazione, digitalizzazione e gestione della rete del Servizio Bibliotecario Nazionale (Sbn), i cui direttori sono parte del Comitato di coordinamento, che coinvolge anche il Cnr, responsabile della sperimentazione del network italiano Nbn” . |
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FRANCIA: ENTRATA IN VIGORE LA NORMA “HADOPI” |
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In Francia, per ridurre drasticamente il fenomeno della pirateria, dopo un iter durato quasi due anni, è entrata in vigore la legge “Création et Internet” contro il download illegale, nota anche come Legge Hadopi, dal nome dell´autorità che dal 1° gennaio 2010 deve vigilare sui comportamenti degli utenti d´Oltralpe. La legge prevede un percorso educativo basato su un sistema di risposta graduale in tre tappe: gli utenti scoperti a scaricare file protetti da copyright (musica, film e altre opere d´ingegno) vengono avvisati, una prima volta, via mail, quindi, una seconda volta, attraverso una raccomandata cartacea, e al terzo errore vengono invitati a comparire davanti a un giudice, che potrà decidere se applicare una multa o la disconnessione forzata. Gli avvisi vengono avviati non a chi ha commesso il reato, ma al titolare dell´abbonamento internet. Su tutto il processo vigila l´Alta Autorità per la diffusione delle opere e la protezione dei diritti su internet (Hadopi), composta da nove membri. L´autorità fa da intermediario tra gli aventi diritto (artisti, major) e i fornitori di connettività, chiamati a cooperare per denunciare gli utenti che scaricano file illegalmente . |
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RETECAMERE PROMUOVE LA COESIONE E IL CONFRONTO TRA LE CAMERE DI COMMERCIO
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Martedì 15 dicembre, a Torino presso il Centro Congressi Torino Incontra si è concluso il secondo Win – workshop informativo – dal titolo Win&bilancio sociale: responsabilità, dialogo e chiarezza dal Sistema camerale. Realizzato da Retecamere (Società delle Camere di commercio che si occupa di progetti integrati per lo sviluppo) con la collaborazione di Unioncamere Piemonte e il patrocinio dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Ivrea, Pinerolo e Torino, il Win ha visto la partecipazione del presidente di Unioncamere Piemonte Ferruccio Dardanello e di altri esponenti del sistema camerale, oltre che amministratori locali, docenti universitari, giornalisti e imprenditori accomunati da una lunga esperienza sul tema della responsabilità sociale. “La rendicontazione sociale è un tema a noi caro, poiché già nel 2006 Unioncamere Piemonte, prima Unione regionale in Italia, presentava insieme al Bilancio d’esercizio il proprio Bilancio sociale, che si proponeva di far emergere nella sua globalità la dimensione operativa ed istituzionale dell’ente”, ha commentato Ferruccio Dardanello. “Siamo qui oggi per testimoniare la nostra volontà ed impegno a valorizzare e diffondere, a partire dalla rendicontazione sociale, la responsabilità d’impresa in senso più ampio. Il Sistema camerale, essendo il principale referente del sistema produttivo, è tra i soggetti più idonei a promuovere e diffondere la cultura della Csr nel territorio, valorizzando le pratiche esemplari”. Il Win ha offerto una mattina dedicata alla partecipazione attiva, alla discussione e alla condivisione di idee sulle attività legate alla realizzazione di uno dei principali strumenti utilizzati per rispondere alle necessità dettate dalla Social responsibility: il bilancio sociale. I partecipanti Paolo Bertolino (direttore Unioncamere Piemonte), Claudio Cipollini (direttore generale Retecamere), Enrico Sorano (docente di programmazione e controllo nelle aziende e nella Pa - facoltà di Economia, Università degli Studi di Torino), Giovanna Badalassi (ricercatrice per Gendercapp, dipartimento Economia Politica, Università di Modena e Reggio Emilia), Giuseppe Chiappero (referente Gruppo di Studio Bilancio sociale - Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Ivrea, Pinerolo, Torino), Maurizio Colombo (segretario generale Cdc Verbania), Giuseppe Bergesio (responsabile Controllo di Gestione, Gruppo Iride S. P. A), Biagio Caino (responsabile Progetto di Sistema “Bilancio Sociale”, Retecamere)] hanno confermato che il successo di un’organizzazione è sempre più valutato in base alla capacità di ricercare la sostenibilità economica, sociale e ambientale. E sempre secondo la stessa logica, ogni istituzione è responsabile degli effetti che la propria azione produce nei confronti dei suoi interlocutori e della comunità. Questa responsabilità richiede non solo di dare conto delle proprie azioni ai diversi interlocutori, ma anche di costruire con loro un rapporto di fiducia e di dialogo costante. Il bilancio sociale è uno degli strumenti principali che il Sistema camerale ha a disposizione per informare i propri stakeholder su quanto è stato realizzato, superando i limiti della rendicontazione economico-finanziaria e arrivando a esplorare e comunicare gli effetti positivi delle proprie azioni sul territorio. Per questo, per essere davvero efficace, il bilancio sociale non può ridursi a una semplice pubblicazione, ma dovrebbe essere supportato da una logica di definizione partecipata delle politiche, di valutazione dei risultati condivisa con gli stakeholder, di verifica sulla correttezza dei processi dell’ente e della partecipazione degli stakeholder alla definizione stessa del bilancio sociale. Infine, ma non meno importante, è stata sottolineata la necessità di considerare il bilancio sociale non solo come strumento di analisi dei risultati ottenuti, ma soprattutto come strumento che riesce a fare emergere i punti di forza e di debolezza di un’organizzazione, fatto estremamente utile sul piano della programmazione, sia in ambito aziendale che istituzionale. L’incontro è stato trasmesso in streaming e grazie alla sua forma particolarmente innovativa tutti gli interessati hanno potuto partecipare e intervenire in diretta, via e-mail, con domande e commenti. Per informazioni: win@retecamere. It - tel 064204031 . |
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GIUSTIZIA ITALIANA: ACCORDO TRA TRIBUNALE DI MILANO, MINISTERO, REGIONE E COMUNE MILANO
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"A Milano e in Lombardia lo Stato sa fare squadra". La constatazione è del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, intervenuto lo scorso 15 dicembre a Palazzo di Giustizia per firmare l´atto di nascita del Tavolo della Giustizia della Città di Milano, che si riunirà sotto la presidenza del presidente del Tribunale di Milano e al quale siederanno i rappresentanti di vertice delle istituzioni. Il Protocollo d´Intesa varato oggi è "prezioso, innovativo e, se ben tradotto ed attuato, potrà dare utili indicazioni anche ad altre realtà", ha commentato il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. L´atto è in effetti frutto di un lungo percorso di collaborazione tra le istituzioni a riguardo del funzionamento delle strutture e della macchina giudiziaria ed ha come obiettivi la semplificazione, l´efficacia, l´efficienza e la qualità dei servizi della giustizia penale, civile e minorile, soprattutto attraverso l´introduzione di tecnologie informatiche e telematiche. Lo hanno firmato stamane, oltre ad Alfano e Formigoni, il presidente del Tribunale Livia Pomodoro, il presidente dell´Ordine degli avvocati, Paolo Giuggioli, il sindaco Letizia Moratti, il prefetto Gian Valerio Lombardi, e rappresentanti della Provincia di Milano, della Camera di Commercio, del Consiglio superiore della Magistratura, della Corte d´Appello di Milano, e dei Ministeri della Funzione pubblica e della Semplificazione amministrativa. Formigoni ha spiegato gli ambiti di intervento che coinvolgono direttamente la Regione, in prima fila nell´operazione. Si tratta soprattutto dell´informatizzazione, e quindi della velocizzazione delle procedure e dell´accesso ai servizi. "La Carta Regionale dei Servizi, la Crs - ha detto - è nelle mani di 10 milioni di lombardi: potrà essere utilizzato anche per l´autenticazione dei servizi del Tribunale ed ospitare, anche in funzione del Tribunale stesso, la firma digitale". Regione Lombardia, inoltre, mette a disposizione le proprie esperienze già realizzate con successo a riguarda della dematerializzazione, della posta elettronica certificata, della sicurezza della rete, dell´interoperabilità dei sistemi. "Operiamo in sinergia con le altre istituzioni - ha sottolineato Formigoni, citando un passaggio chiave del Protocollo - per qualificare e semplificare l´accesso e la fruizione dei servizi della Giustizia civile, penale e minorile, in quanto fattori determinanti per lo sviluppo economico, di sicurezza dei cittadini, per la tutela e la salvaguardia dei diritti dell´individuo, della famiglia, dei minori". La collaborazione tra Regione Lombardia e istituzioni giudiziarie non nasce ora, ma è attiva da anni. In particolare dal 2007 è in corso una fornitura continuativa di materiale informatico per i Tribunali di tutta la Lombardia, e nel 2008 è partito il progetto "Riconoscimento vocale" per l´uso di tecnologie vocali nei processi . |
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GIUSTIZIA EUROPEA: CONSORZIO NAZIONALE INTERUNIVERSITARIO PER LE SCIENZE DEL MARE (CONISMA) CONTRO REGIONE MARCHE |
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La Regione Marche ha indetto una procedura di gara per l’affidamento di un appalto di servizi avente ad oggetto l’acquisizione di rilievi marini sismostratigrafici, l’esecuzione di carotaggi e il prelievo di campioni in mare nella fascia costiera compresa tra Pesaro e Civitanova Marche. Il Conisma si è candidato per tale gara ma ne è stato escluso dall’amministrazione aggiudicatrice. Il Conisma ha impugnato detta esclusione con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. In tale ambito, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ha chiesto il parere del Consiglio di Stato. La Corte ricorda innanzitutto che il Consiglio di Stato, quando emette un parere nell’ambito di un ricorso straordinario, costituisce una giurisdizione ai sensi dell’art. 234 Ce (sentenza Garofalo e a. , cause riunite da C 69/96 a C 79/96). La partecipazione di un consorzio di università ed amministrazioni pubbliche Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 2004/18, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, ostano alla partecipazione ad un appalto pubblico di servizi di un raggruppamento costituito esclusivamente da università e amministrazioni pubbliche. Inoltre, stando a tale domanda, il raggruppamento di cui trattasi non persegue un preminente scopo di lucro, non dispone di una struttura organizzativa d’impresa e non assicura una presenza regolare sul mercato Le disposizioni della direttiva 2004/18, da un lato, non contengono una definizione della nozione di «operatore economico» e non operano distinzioni tra gli offerenti a seconda che essi perseguano o meno un preminente scopo di lucro, e tantomeno prevedono in modo esplicito l’esclusione di enti come quello oggetto della causa principale. Tuttavia, la direttiva 2004/18 evoca la possibilità, per un «organismo di diritto pubblico», di partecipare in qualità di offerente ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico e riconosce la qualità di «operatore economico» anche, in modo esplicito, a ogni «ente pubblico», nonché ai raggruppamenti costituiti da tali enti, che offrono servizi sul mercato. Orbene, la nozione di «ente pubblico» può includere anche organismi che non perseguono un preminente scopo di lucro, che non hanno una struttura d’impresa e che non assicurano una presenza continua sul mercato. Inoltre, la direttiva vieta agli Stati membri di prevedere che i candidati o gli offerenti, i quali sono autorizzati a fornire la prestazione che costituisce l’oggetto di un bando, siano respinti soltanto per il fatto che, secondo la normativa dello Stato membro in cui è aggiudicato l’appalto, essi dovrebbero essere o persone fisiche o persone giuridiche. Lo Stato membro deve fare in modo che una possibile distorsione della concorrenza, a motivo della partecipazione ad un appalto di enti che vanterebbero una posizione privilegiata grazie a finanziamenti pubblici che vengono loro erogati, non si produca. In caso di offerte anormalmente basse dovute alla circostanza che l’offerente ha ottenuto un aiuto di Stato, l’amministrazione aggiudicatrice ha l’obbligo o la facoltà, di prendere in considerazione l’esistenza di sovvenzioni, ed in particolare di aiuti non compatibili con il Trattato, al fine di escludere gli offerenti che ne beneficiano. Tuttavia, una posizione privilegiata di un operatore economico in ragione di finanziamenti pubblici o aiuti di Stato non può giustificare l’esclusione dalla partecipazione a un appalto pubblico. Infine, la normativa comunitaria non richiede che il soggetto che stipula un contratto con un’amministrazione aggiudicatrice sia in grado di realizzare direttamente con mezzi propri la prestazione pattuita perché il medesimo possa essere qualificato come imprenditore, ossia come operatore economico; è sufficiente che tale soggetto abbia la possibilità di fare eseguire la prestazione di cui trattasi, fornendo le garanzie necessarie a tal fine. Di conseguenza, è ammesso a presentare un’offerta qualsiasi soggetto o ente che si reputi idoneo a garantire l’esecuzione di detto appalto, in modo diretto oppure facendo ricorso al subappalto, indipendentemente dal fatto di essere un soggetto di diritto privato o di diritto pubblico e di essere attivo sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale, o, ancora, dal fatto di essere sovvenzionato tramite fondi pubblici o meno. Un’interpretazione restrittiva della nozione di «operatore economico» avrebbe come conseguenza che i contratti, conclusi tra amministrazioni aggiudicatrici e organismi che non agiscono in base a un preminente scopo di lucro non sarebbero considerati come «appalti pubblici», potrebbero essere aggiudicati in modo informale e, in tal modo, sarebbero sottratti alla norme comunitarie in materia di parità di trattamento e di trasparenza, in contrasto con la finalità delle medesime norme. L’esclusione delle entità senza scopo principale di lucro La normativa nazionale (d. Lgs. 163/2006) è interpretata nel senso che essa riserva la partecipazione ai soli prestatori che offrano servizi sul mercato in modo sistematico e a titolo professionale, con esclusione dei soggetti che, come le università e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro. Come risulta dalla direttiva 2004/18, gli Stati membri hanno il potere di autorizzare o meno talune categorie di operatori a fornire certi tipi di prestazioni. Tuttavia, se, e nei limiti in cui, siffatti soggetti siano autorizzati a offrire taluni servizi sul mercato, la normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/18 nel diritto interno non può vietare a questi ultimi di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi. Per questi motivi, la Corte dichiara e statuisce: Le disposizioni della direttiva 2004/18/Ce, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un’impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le università e gli istituti di ricerca nonché i raggruppamenti costituiti da università e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi. La direttiva 2004/18 deve essere interpretata nel senso che essa osta all’interpretazione di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale che vieti a soggetti che, come le università e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, benché siffatti soggetti siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dell’appalto considerato (Sentenza del 23 dicembre 2009 nella causa C-305/08). |
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GIUSTIZIA EUROPEA: DIVIETO DI PARTECIPAZIONE ALLO STESSO APPALTO, IN MODO CONCORRENTE, DI UN “CONSORZIO STABILE” E DI UNA SOCIETÀ FACENTE PARTE DELLO STESSO |
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Il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/Ce e 2004/18/Ce, Decreto legislativo n. 163/06, disciplina in Italia complessivamente le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici nei settori dei lavori, servizi pubblici e forniture. Ai sensi del Decreto legislativo (art. 36, quinto comma) è vietata la partecipazione alla medesima procedura di affidamento del consorzio stabile a dei consorziati; l’inosservanza di tale divieto è passibile di sanzioni penali (art. 353 del codice penale). Il Comune di Milano organizzava nel 2007 una gara d’appalto ai fini dell’assegnazione di un appalto di lavori avente ad oggetto «interventi di emergenza e razionalizzazione nelle delegazioni anagrafiche e decideva di escludere dalla procedura di assegnazione dell’appalto la Serrantoni, membro del Consorzio stabile edili Scrl, nonché detto Consorzio, per violazione del Decreto legislativo (art. 36, quinto comma). Il Comune di Milano disponeva inoltre la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica e assegnava l’appalto ad un’altra impresa. La Serrantoni e il Consorzio stabile, cui essa appartiene, hanno proposto un ricorso contro detta decisione dell’amministrazione aggiudicatrice. Il giudice del rinvio sottolinea, anzitutto, che la normativa nazionale opera una distinzione tra i consorzi stabili, da una parte, e i consorzi di cooperative di produzione e lavoro, nonché i consorzi tra imprese artigiane, dall’altra. Per quanto concerne i primi, è previsto un divieto assoluto, per il consorzio e per le società che ne fanno parte, di partecipare contemporaneamente allo stesso appalto mediante offerte separate, pena l’esclusione automatica di questi e di sanzioni penali (art. 36, comma 5, Decreto legislativo n. 163/06). Per quanto riguarda i secondi, tale divieto si applica unicamente al consorzio e alla società nell’interesse della quale tale consorzio ha presentato un’offerta per l’appalto considerato. Il giudice del rinvio osserva che il Consorzio stabile edili non ha partecipato alla gara nell’interesse della Serrantoni. Il giudice del rinvio rileva, inoltre, che i vari tipi dei summenzionati consorzi non presentano tra loro differenze di finalità e di organizzazione tali da giustificare detta disparità di trattamento. Infine, il divieto assoluto di cui trattasi si basa esclusivamente su un dato formale, poiché la normativa controversa non richiederebbe una valutazione concreta della reciproca influenza esercitata dal consorzio e dall’impresa consorziata, ma stabilirebbe al contrario una presunzione astratta d’interferenza reciproca. La Corte constata che il valore del mercato, oggetto della procedura, è nettamente inferiore alla soglia prevista dalla direttiva 2004/18/Ce. Di conseguenza, tale appalto non rientra nella sfera di applicazione delle procedure previste da detta direttiva. Tuttavia, le norme fondamentali del Trattato e in particolare il principio della parità di trattamento devono essere rispettati se gli appalti in questione presentino un interesse transfrontaliero certo. Il giudice del rinvio chiede se i principi generali della parità di trattamento e di proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, che dispone l’esclusione automatica dalla partecipazione ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico e l’irrogazione di sanzioni penali nei confronti tanto di un consorzio stabile quanto delle imprese che ne sono membri, quando queste ultime hanno presentato offerte concorrenti a quella di detto consorzio nell’ambito della stessa procedura, anche qualora l’offerta di detto consorzio non sia stata presentata per conto e nell’interesse di tali imprese. Occorre sottolineare che l’esclusione automatica si applica unicamente ai consorzi stabili e alle imprese che li compongono, e non ad altri tipi di consorzi, quali quelli di società cooperative di produzione e lavoro nonché quelli di imprese artigiane a cui l’esclusione si applica, unicamente in caso di offerte concorrenti presentate dal consorzio di cui trattasi e da quelle delle imprese che lo compongono per conto delle quali lo stesso consorzio ha presentato un’offerta. Il giudice del rinvio rileva che tali forme di consorzi sono sostanzialmente identiche e non presentano tra di esse differenze di scopo e di organizzazione che possano giustificare una disparità di trattamento. Pertanto la misura di esclusione automatica, che concerne unicamente la forma di consorzio stabile e le imprese che ne sono membri ed è applicabile in caso di offerte concorrenti, indipendentemente della questione se il consorzio considerato partecipi o meno all’appalto pubblico di cui trattasi per conto e nell’interesse delle imprese che hanno presentato un’offerta, costituisce un trattamento discriminatorio a danno di tale forma di consorzio e non è conforme al principio di parità. Peraltro, ammesso che la disciplina di cui trattasi sia indistintamente applicabile a tutte le forme di consorzi, una norma di esclusione automatica non sarebbe, in ogni caso, compatibile con il principio di proporzionalità. Una norma del genere comporta, infatti, una presunzione irrefragabile d’interferenza reciproca, senza che sia stata consentita la possibilità tanto al consorzio quanto alle imprese interessate di provare che le loro offerte sono state formulate in modo pienamente indipendente e che, di conseguenza, non vi è un rischio d’influenza sulla concorrenza fra gli offerenti. Tale norma di esclusione sistematica, che comporta anche, per le amministrazioni aggiudicatrici, un obbligo assoluto di esclusione degli enti, è in contrasto con l’interesse comunitario a che sia garantita la partecipazione più ampia possibile di offerenti ad una gara d’appalto e va oltre quanto necessario per raggiungere l’obbiettivo consistente nel garantire l’applicazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza. Infine, una norma nazionale, che prevede una misura di esclusione automatica a danno dei consorzi stabili e delle imprese che ne sono membri, è tale da esercitare un’influenza dissuasiva sugli operatori economici stabiliti in altri Stati membri e costituisce una restrizione ai principi di libero stabilimento e libera prestazione di servizi, tanto più che tale effetto dissuasivo è accentuato dal rischio presentato dalle sanzioni penali previste dalla normativa nazionale. La restrizione in esame, nonostante il suo legittimo obiettivo di lotta contro le collusioni potenziali tra il consorzio e le imprese che lo compongono, non può essere giustificata poiché essa va oltre quanto necessario per raggiungere tale obiettivo. Il diritto comunitario osta a una normativa nazionale, che dispone, in occasione della procedura di assegnazione di un appalto pubblico il cui importo non raggiunge la soglia della direttiva 2004/18/Ce, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, ma che riveste un interesse transfrontaliero certo, l’esclusione automatica dalla partecipazione a detta procedura e l’irrogazione di sanzioni penali contro tanto un consorzio stabile quanto le imprese che ne sono membri, quando queste ultime hanno presentato offerte concorrenti a quella di detto consorzio nell’ambito dello stesso procedimento, anche qualora l’offerta di detto consorzio non sia stata presentata per conto e nell’interesse di tali imprese (Sentenza del 23 dicembre 2009 nella causa C-376/08, Serrantoni Srl contro Comune di Milano). |
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GIUSTIZIA EUROPEA: AFFIDAMENTO MINORI |
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Il giudice di uno Stato membro nel cui territorio si trova un minore non può concederne in via provvisoria l’affidamento ad uno dei genitori qualora un giudice di un altro Stato membro, competente nel merito, abbia già affidato tale minore all’altro genitore. Il riconoscimento di una situazione d’urgenza in un simile caso contravverrebbe al principio del reciproco riconoscimento delle decisioni emesse dagli Stati membri, nonché alla finalità del legislatore di ostacolare gli illeciti trasferimenti o mancati rientri di minori da uno Stato membro all’altro (Sentenza del 23 dicembre 2009 nella causa C-403/09 Ppu, Jasna Detiček / Maurizio Sgueglia) . |
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GIUSTIZIA EUROPEA: ABUSO INFORMAZIONI PRIVILEGIATE |
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La Corte interpreta la direttiva sugli abusi di informazioni privilegiate. La direttiva 2003/6 mira a combattere gli abusi di informazioni privilegiate e le manipolazioni del mercato (abusi di mercato) allo scopo di tutelare l’integrità dei mercati finanziari e di rafforzare la fiducia degli investitori. La Spector Photo Group Nv è una società belga. Nel 2003 la Spector ha acquistato un certo numero delle proprie azioni in Borsa (Euronext Bruxelles). Successivamente, la Spector ha pubblicato taluni risultati e informazioni sulla sua politica commerciale. Il prezzo delle azioni sarebbe così aumentato. Nel 2006 l’autorità nazionale competente, la Cbfa, ha qualificato alcuni di detti acquisti come abuso di informazioni privilegiate e ha inflitto ammende di Eur 80 000 alla Spector e di Eur 20 000 al sig. Van Raemdonck, un dirigente, i quali hanno proposto allora un ricorso contro tale decisione. Lo hof van beroep te Brussel (Corte d’appello di Bruxelles) interroga la Corte di giustizia sulla nozione di abuso di informazioni privilegiate. Il giudice del rinvio mira, più precisamente, a determinare se sia sufficiente, perché un’operazione possa qualificarsi come abuso vietato di informazioni privilegiate, che un’insider primario in possesso di informazioni privilegiate effettui un’operazione di mercato sugli strumenti finanziari cui le informazioni si riferiscono o se, inoltre, sia necessario dimostrare che tale persona abbia «utilizzato» queste informazioni consapevolmente. La Corte rileva che la direttiva 2003/6 definisce in modo oggettivo gli abusi di informazioni privilegiate senza che l’intento che ne sta alla base rientri esplicitamente nella loro definizione, e ciò allo scopo di introdurre un sistema efficiente e uniforme di sanzione degli abusi di informazioni privilegiate con il legittimo scopo di tutelare l’integrità dei mercati finanziari. Il principio della presunzione d’innocenza non osta a che l’intenzione dell’autore di un abuso di informazioni privilegiate si deduca implicitamente dagli elementi materiali costitutivi di tale violazione. Ne consegue che il fatto che un’insider primario, il quale detiene informazioni privilegiate, effettui un’operazione di mercato sugli strumenti finanziari cui esse si riferiscono comporta che tale persona ha «utilizzato tali informazioni» ai sensi della direttiva 2003/6, fatto salvo il rispetto dei diritti della difesa e, in particolare, del diritto di poter confutare tale presunzione. Tuttavia, al fine di evitare che il divieto degli abusi di informazioni privilegiate si estenda oltre quanto è adeguato e necessario, occorre fare riferimento alla finalità della direttiva, la quale consiste nel tutelare l’integrità dei mercati finanziari e nel rafforzare la fiducia degli investitori, che riposa, in particolare, sulla garanzia che questi ultimi saranno posti su un piano di parità e tutelati contro l’utilizzazione illecita delle informazioni privilegiate. Il divieto degli abusi di informazioni privilegiate si applica quando un’insider primario che le detiene utilizza indebitamente il vantaggio che dette informazioni gli conferiscono effettuando un’operazione di mercato corrispondente a queste ultime. Il giudice del rinvio chiede anche se, al fine di sanzionare un abuso di informazioni privilegiate nel rispetto del principio di proporzionalità, sia necessario prendere in considerazione il beneficio realizzato. La Corte ricorda che la direttiva 2003/6 prevede che gli Stati membri sono tenuti a garantire, conformemente al loro ordinamento nazionale, che possano essere adottate le opportune misure amministrative o irrogate le opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili del mancato rispetto delle disposizioni adottate in attuazione di tale direttiva. Gli Stati membri, al riguardo, sono tenuti a garantire che tali misure siano efficaci, proporzionate e dissuasive. La direttiva 2003/6 non stabilisce alcun criterio per la valutazione del carattere efficace, proporzionato e dissuasivo di una sanzione. La definizione di tali criteri rientra nella legislazione nazionale. Riguardo alla questione se si debba ritenere che la divulgazione di informazioni privilegiate abbia influito sul prezzo dello strumento finanziario interessato, la Corte ricorda che l’idoneità di un’informazione ad incidere sensibilmente sul prezzo degli strumenti finanziari cui essa si riferisce è uno degli elementi caratteristici della nozione d’informazione privilegiata. Conformemente alla finalità della direttiva 2003/6, per determinare se un’informazione sia privilegiata, non è necessario esaminare se la sua divulgazione abbia effettivamente influito in modo sensibile sul prezzo degli strumenti finanziari cui essa si riferisce. La Corte risponde negativamente alla questione se nella determinazione della sanzione amministrativa occorra tenere conto della possibilità e/o del livello di un’eventuale sanzione finanziaria penale ulteriore, nel caso in cui uno Stato membro, salvo le sanzioni amministrative, abbia previsto la possibilità d’infliggere una sanzione finanziaria penale (Sentenza del 23 dicembre 2009 nella causa C-45/08, Spector Photo Group Nv, Chris Van Raemdonck / Commissie voor het Bank, Financie-en Assurantiewezen (Cbfa) . |
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GIUSTIZIA EUROPEA: ANNULLATA LA DECISIONE DELLA COMMISSIONE SU AIUTI AD EDF |
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Il Tribunale annulla la decisione della Commissione che dichiara incompatibili con il mercato comune alcune misure adottate dalla Francia in favore di EDF. La Commissione non ha valutato se lo Stato francese, accordando le misure contabili e fiscali si è comportato alla stregua di un investitore privato (Sentenza nella causa T-156/04 Électricité de France (EDF) /Commission) . . |
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KASPERSKY ANTI-VIRUS PER WINDOWS WORKSTATIONS RELEASE 2 È UNA DELLE PRIME SOLUZIONI ANTIVIRUS A RICEVERE IL CERTIFICATO CHECKMARK PLATINUM PRODUCT AWARD |
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Il Checkmark Platinum Product Award è un nuovo prestigioso riconoscimento fornito da West Coast Labs, un centro di test indipendente. Il certificato viene rilasciato sulla base di un test in real time della protezione fornita agli utenti, che si avvicina molto alle normali condizioni di utilizzo del computer da parte degli utenti. Ogni soluzione viene testata 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, 365 giorni all’anno, durante i quali viene inviato un flusso costante di malware attraverso diversi protocolli di comunicazione. I campioni di virus da utilizzare vengono raccolti tramite le cosiddette honepot (strumenti informatici lasciati volutamente vulnerabili per raccogliere il maggior numero di minacce) di West Coast Labs sparse in tutto il Nord e Sud America, Europa e Asia. Con questo nuovo sistema di testing, le soluzioni antivirus devono fronteggiare le reali minacce che circolano in Rete, non solo dei campioni raccolti appositamente per il test. Questo approccio fornisce un indice molto accurato del livello di efficacia delle varie soluzioni, dato che i risultati dei test non sono compromessi da campioni di malware datati o poco efficaci. Questo approccio innovativo ha messo in luce i vantaggi offerti dalle avanzate tecnologie di Kaspersky Lab contro le complesse minacce che circolano oggi in Rete. Kaspersky Lab ha partecipato ai test di West Coast Labs sin dal principio, guadagnandosi il Platinum Certificate grazie alle ottime prestazioni delle sue soluzioni. Kaspersky Anti-virus per Windows Workstations Release 2 ha infatti mostrato un alto livello di rilevamento del malware; il prodotto è stato testato con gli 800 tipi di malware apparsi ogni mese, inclusi quei virus di ultima generazione per i quali non è stata ancora creata una signature nel database del programma. I test hanno simulato attacchi simultanei attraverso i diversi canali di comunicazione tramite i quali un computer può infettarsi: email, Internet browser, e traffico Ftp. Anti-virus per Windows Workstations Release 2 ha mostrato ottime prestazioni nel rilevamento di tutte le minacce attraverso i vari canali utilizzati, dimostrando quindi un elevato livello di protezione per gli utenti. Inoltre, Kaspersky Lab è stata la prima azienda a ricevere il certificato Checkmark di West Coast Labs, provando che la sua soluzione di sicurezza è pienamente compatibile con Windows 7. Tale riconoscimento assicura la stabilità di Kaspersky Anti-virus per Windows Workstations Release 2 su Windows 7, garantendo un’adeguata protezione a tutti gli utenti corporate. “Storicamente, le valutazioni dei prodotti - condotte senza tener conto di tempo e luogo del test - hanno prodotto enormi differenze tra aspettative e la reale user experience” ha commentato Lisa Myers, Direttore delle Ricerche dei West Coast Labs. “Il Checkmark Platinum Award mostra il nostro impegno nel fornire test che vadano oltre il metodo tradizionale di valutazione dei prodotti. Oltre a valutare l’andamento storico di ogni vendor, il Platinum Product Award include il nuovo Real Time Test, che mette alla prova ogni soluzione contro le reali minacce presenti in Rete. Il grande anticipo con cui è stato annunciato Windows 7, ha infatti fornito ai creatori di malware una nuova opportunità per cercare eventuali exploit nel nuovo sistema operativo. Siamo lieti di constatare che Kaspersky Anti-virus per Windows Workstations Release 2 abbia resistito agli attacchi del nostro test ottenendo il più alto riconoscimento”. “Siamo davvero contenti che un altro istituto di ricerca indipendente apprezzi il valore di un test dinamico e, soprattutto, l’impegno di West Coast Labs nel testare l’effettiva efficacia delle soluzioni antivirus in situazioni che siano il più vicine possibili al mondo reale, ha commentato Alex Gostev, Direttore del Global Research and Analysis Team di Kaspersky Lab. “Quello che rende l’approccio di West Coast Labs così importante, è che il test viene effettuato per un periodo di tempo sufficientemente lungo, e i vendor ricevono certificazioni aggiornate per ogni fase del test. Il Checkmark Platinum Product Award assegnato a Kaspersky Lab dimostra chiaramente che la decisione presa tempo fa, di focalizzarci sullo sviluppo di tecnologie come l’Hosted Intrusion Prevention è stata una buona scelta. Conferma inoltre che il nostro approccio alla sicurezza è realmente completo” . |
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KASPERSKY E TELEFONO AZZURRO |
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Kaspersky Lab, azienda specializzata in soluzioni per la sicurezza informatica, ha siglato un accordo annuale con Telefono Azzurro, diventando partner tecnico di riferimento dell’Associazione. Kaspersky Lab, leader riconosciuto nell´ambito della sicurezza, si è impegnato a fornire la soluzione Kaspersky Total Space Security per 250 nodi complessivi. Alexander Moiseev, Managing Director di Kaspersky Lab Italia, ha così commentato l’iniziativa: “Siamo davvero orgogliosi di poter collaborare con un’importante associazione come Telefono Azzurro, che da anni si occupa della protezione sui minori dagli abusi e di tutelarne i diritti. Da oggi, grazie alla partnership, saremo noi a proteggere Telefono Azzurro dalle minacce della rete”. Il Presidente di Telefono Azzurro, Professor Ernesto Caffo, ha così commenta l’accordo: “La partnership tra Telefono Azzurro ed un’azienda leader nel proprio settore come Kaspersky Lab rappresenta un modello di collaborazione tra mondo delle imprese e realtà del non profit ed è per noi motivo di grande soddisfazione. Telefono Azzurro deve garantire un’operatività 24 ore su 24 sia attraverso le proprie linee telefoniche (196. 96 linea d’ascolto e consulenza dedicata a bambini ed adolescenti, 199. 15. 15. 15 dedicata ad adulti ed operatori, 114-Emergenzia Infanzia, 116. 000 dedicata ai bambini scomparsi), sia tramite web, ed è per questo che un’efficace protezione di tutti gli strumenti informatici e dei dati personali relativi ai casi gestiti assume un’importanza fondamentale per l’Associazione e per i propri interlocutori”. Per maggiori informazioni www. Azzurro. It/site/renderc088. Html?channel=354. |
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EBOOK: CRISTINA MUSSINELLI, IN NOME DEGLI EDITORI ITALIANI, UNICA EUROPEA NEL BOARD DELL’IDPF, IL PIÙ IMPORTANTE OSSERVATORIO INTERNAZIONALE DEGLI EBOOK |
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E’ una donna, in nome degli editori italiani, l’unica europea eletta nel board dell’International digital publishing forum (Idpf), il più importante Osservatorio internazionale su eBook ed editoria digitale. Cristina Mussinelli, consulente per l’editoria digitale dell’Associazione Italiana Editori (Aie), è stata eletta, in nome di Aie, come unico membro europeo della più importante associazione internazionale dell´editoria digitale, responsabile tra l’altro dello sviluppo dello standard ePub, il formato più in crescita degli eBook. Un riconoscimento per tutti gli editori italiani che sull’eBook e sugli standard ad esso legati hanno aperto il dibattito e il confronto già da mesi, a partire dai lavori della Giornata dedicata a Innovazione ed Editoria Editech (in programma a giugno – www. Editech. Info) e successivamente alla Fiera nazionale della piccola e media editoria Più libri più liberi con l’allestimento di un corner eBook. Un lavoro ancora lungo se si considera che il mercato degli eBook comincia a muovere i primi passi negli Stati Uniti, dove vale oggi l’1,5% delle vendite nei canali trade. In Italia è a uno stadio ancora embrionale: insieme all’audiobook vale oggi, in base alle stime dell’Ufficio studi dell’Aie, lo 0,04%, in crescita, del mercato complessivo del libro. L’offerta si sta ampliando e comincia a coprire diversi settori (da dizionari a libri di cucina, da favole per bambini alla narrativa sino ai testi professionali) ma sarà il 2010 l’anno test in cui si verificherà l’esito degli sforzi e degli investimenti fatti. . |
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