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GIOVEDI

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Notiziario Marketpress di Giovedì 30 Novembre 2006
BRUXELLES: PRIMI PASSI PER L´OK AL PIANO DI SVILUPPO RURALE  
 
Bolzano - Tra sei settimane scatta il nuovo periodo di programmazione dell´Ue 2007-2013 e va a scadenza anche il programma di sviluppo rurale in vigore dal 2000. "Per essere pronti a partire dobbiamo chiarire ogni questione con Bruxelles", sottolinea l´assessore provinciale all´Agricoltura Hans Berger, che oggi (29 novembre) ha avviato i contatti con i funzionari dell´Ue. Sono 117 i milioni € che tra il 2007 e il 2013 vengono destinati da Bruxelles allo sviluppo rurale in Alto Adige, "e serviranno tra l´altro per le zone disagiate, per la promozione dei prodotti dell´agricoltura, per il sostegno all´attività forestale e per i premi destinati all´alpeggio e alla tutela ambientale", sottolinea l´assessore Berger. Ma il piano regionale deve ancora attendere perchè manca la necessaria cornice del piano stategico statale: "Il documento dello Stato è ancora in sede Ue per l´approvazione", spiega Berger, che nell´incontro di Bruxelles con i funzionari della Direzione generale Agricoltura ha appreso di una sua possibile approvazione entro metà gennaio. Parallelamente Berger ha chiarito informalmente alcune questioni che riguardano il piano di sviluppo altoatesino: "Nelle sue linee fondamentali è pronto, si tratta di modificare solo alcuni dettagli. " Il chiarimento anticipato con l´Ue serve per accelerare l´approvazione del piano locale una volta che Bruxelles avrà dato il suo via libera a quello statale. "contiamo quindi di veder approvato il piano provinciale per febbraio 2007", confida Berger. Sempre negli uffici dell´Ue l´assessore Berger ha in agenda per domani un incontro sul nuovo regolamento del mercato vinicolo e successivamente un colloquio, assieme ai responsabili dell´agricoltura di diverse Regioni tedesche, sulla riforma del regolamento del settore ortofrutticolo. .  
   
   
AGRICOLTURA IN LOMBARDIA: 28,3 MILIONI PER SOSTENERE LA RICERCA BECCALOSSI: RISORSE IMPORTANTI PER EVITARE LA "FUGA DI CERVELLI"  
 
Supera i 28 milioni di euro l´investimento complessivo previsto dal "Programma regionale 2007-2009 per la ricerca in campo agricolo". Il provvedimento è stata approvato dalla Giunta regionale, su proposta della vicepresidente e assessore all´Agricoltura, Viviana Beccalossi. Dodici milioni di euro saranno destinati a finanziare progetti che avranno un valore complessivo superiore ai 20 milioni, mentre il resto della quota (16,3 milioni) contribuirà a sostenere i centri di eccellenza e gli enti di ricerca lombardi. "Si tratta - ricorda Viviana Beccalossi - del terzo Programma regionale di ricerca in campo agricolo, uno strumento particolarmente importante per sostenere la ricerca nelle filiere agroalimentari e per supportare le politiche regionali di settore". "In un quadro generale di grande preoccupazione per le sorti della ricerca italiana, alle prese con significativi ridimensionamenti in quasi tutti gli ambiti - prosegue Viviana Beccalossi - il segnale lanciato dalla Regione va in controtendenza a tutela dei moltissimi giovani che lavorano per innovare e rendere sempre più competitivo non solo l´agricoltura ma l´intero sistema Lombardia". Questi i principali contenuti del nuovo Programma. Undici i settore sui quali verranno orientate le risorse: zootecnico e foraggicoltura, produzioni di origine di animale, orticolo, grandi colture erbacee, vitivinicolo ed enologico, frutticolo, florovivaismo e colture officinali, foresta-legno, ittico e faunistico venatorio, territorio e ambiente, analisi economiche. Obiettivi: incrementare la caratterizzazione dei prodotti di interesse regionale, potenziare la produzione di energia da biomasse, lavorare ulteriormente nell´ambito della "sanità degli allevamenti e delle colture" e della sicurezza delle produzioni e monitorare le valutazioni territoriali dell´attività agricola. Sostegno dell´eccellenza della ricerca agraria e biotecnologica regionale attraverso lo sviluppo dell´Accordo di Programma per il Polo dell´Università e della Ricerca di Lodi e investimenti per il sostegno alle istituzioni tecnico scientifiche. "Portando un esempio concreto e guardando proprio al Parco Tecnologico di Lodi - aggiunge la vicepresidente Viviana Beccalossi - va sottolineato che in questo centro operano 40 scienziati con esperienze di altissimo livello internazionale. Un progetto intelligente e lungimirante che è sempre più una risorsa di livello nazionale e internazionale per il settore agro-zootecnico. La Lombardia, anche attraverso questa realtà, si conferma all´avanguardia cercando di invertire la tendenza della ´fuga dei cervelli´, offrendo mezzi e strutture agli scienziati italiani di altissimo livello internazionale". "A Lodi - conclude Viviana Beccalossi - operano ricercatori che, dopo anni di esperienze in sedi universitarie degli Stati Uniti, dell´Australia e del nord Europa, sono tornati in Italia per affermare tutte le potenzialità scientifiche e istituzionali su cui può contare la nostra regione". Sintesi complessiva dei Programmi di Ricerca 2001-2006. Il valore complessivo dei 285 progetti finanziati nel periodo 2001-2006 supera i 40,2 milioni di euro, con una spesa regionale di circa 27 milioni di euro e una compartecipazione finanziaria da parte degli Enti proponenti, attuatori e partner del 33%. Al primo posto come valore dei progetti attivati si trova il comparto zootecnico e foraggicoltura con 49 progetti, per complessivi 9 milioni di euro (22% del totale). Rilevante, con 54 progetti, il comparto territorio e ambiente che comprende progetti per un valore complessivo di 7,2 milioni di euro (18% del totale). Gli interventi strutturali, infrastrutturali e di supporto ad alcuni Enti di ricerca di interesse regionale hanno avuto un valore complessivo di 14,7 milioni di euro 10,3 dei quali sono andati al Polo di Lodi. .  
   
   
MAGGIORI RESE E MINORE USO DI AGROFARMACI: LE COLTURE GENETICAMENTE MODIFICATE CONFERMANO ANCHE NEL 2005 L’IMPATTO POSITIVO SULL’AGRICOLTURA  
 
 La continua crescita delle superfici coltivate negli Usa con piante geneticamente modificate è legata ai chiari vantaggi economici e ambientali che queste assicurano agli agricoltori americani. Gli agricoltori che nel 2005 hanno coltivato varietà geneticamente modificate di soia, colza, cotone e mais hanno infatti beneficiato di maggiore produttività, migliori ritorni economici e una sostanziale riduzione di agrofarmaci utilizzati in campo per il controllo degli insetti e delle infestanti. Sono queste le conclusioni di uno studio recentemente pubblicato dal National Center for Food and Agricultural Policy (Ncfap) e disponibile sul sito del Cedab. Il rapporto relativo al 2005, decimo anno di coltivazione commerciale di piante geneticamente modificate, conferma che le superfici coltivate negli Usa con queste piante sono ulteriormente aumentate. Nel 2005 gli agricoltori americani hanno coltivato nove diverse colture geneticamente modificate su una superificie di circa 50 milioni di ettari (+4% rispetto al 2004). Questo ha portato a un incremento delle rese pari a circa 3,78 milioni di tonnellate, con un beneficio economico complessivo per gli agricoltori che ha raggiunto i 2 miliardi di dollari e una riduzione di 31. 593 tonnellate di agrofarmaci utilizzati in campo. Il maggiore beneficio economico è stato tuttavia meno evidente perché in parte controbilanciato dall’incremento dei costi di produzione e da una flessione dei prezzi del cotone e del mais sul mercato. Meno evidente perché in parte controbilanciato dall’incremento dei costi di produzione e da una flessione dei prezzi del cotone e del mais sul mercato.
Anno Superificie coltivata (mln di ettari) Incremento dele rese (mln tonn) Ricavi netti (mld Usd) Uso agrofarmaci (tonn)
2005 49,77 3,78 2,0 - 31. 593
2004 47,75 3,00 2,3 - 28. 123
2003 42,90 2,40 1,9 - 21. 047
In generale le piante modificate per tollerare i i diserbanti continuano a garantire agli agricoltori una semplificazione delle pratiche colturali garantendo maggiore flessibilità nel diserbo. Questo implica significative riduzioni dei costi di produzione e nell’uso di diserbanti in campo a fronte di rese stabili. Le piante resistenti all’atacco degli insetti hanno assicurato agli agricoltori rese maggiori, maggiori ricavi e una riduzione dell’impiego di inseticidi in campo.
Pianta Superificie coltivata (mln di ettari)* Incremento dele rese (mln tonn) Ricavi netti (mln Usd) Uso agrofarmaci (tonn)
Soya Rr** 26,14 Invariata + 1. 169 - 9. 299
Colza Rr** 0,45 Invariata + 14 - 312
Mais Rr** 11,29 Invariata + 269 - 9. 888
Cotone Rr** 4,49 Invariata + 39 - 8. 074
Mais resist. Ala piralide 11,29 2,777 + 197 - 2. 200
Mais resist. Ala diabrotica 1,41 0,666 + 55 - 826
Cotone resist. Agli inseti 3,28 0,304 + 251 - 994
Altre*** 0,036 + 23
Totali: 3,783 + 2. 017 - 31. 593
*Il totale non viene evidenziato perché sulla stessa superficie possono essere coltivate piante con caratteristiche multiple **Rr tolleranza ai diserbanti. ***Papaya e zucchino. Lo studio dell’Ncfap aggiorna i dati di studi precedentemente pubblicati e relativi all’impatto delle agriobiotecnologie sull’agricoltura americana. .
 
   
   
BIOMASSE, INAUGURATO IMPIANTO PER RISCALDARE UN INTERO PAESE CENNI: "QUESTA FORMA DI ENERGIA RINNOVABILE PUÒ ESSERE UTILIZZATA IN TANTE REALTÀ COME QUESTA"  
 
Firenze - "Da questo piccolo centro del Casentino parte un segnale molto importante: tante realtà rurali come questa possono essere riscaldate utilizzando gli impianti a biomasse, che garantiscono energia rinnovabile rispettando l´ambiente e permettendo l´utilizzo del legname locale". Lo ha detto l´assessore regionale a agricoltura e foreste Susanna Cenni intervenendo a Cetica all´inaugurazione dell´impianto di teleriscaldamento. Grazie all´utilizzo di piccole scaglie provenienti dai tagli selvicolturali (il cosiddetto cippato) L´impianto permetterà di riscaldare l´abitato del piccolo paese (15 case in tutto) la Pieve, il museo del carbonaio e la sede della Pro Loco. Si realizzeranno economie sui costi (il costo annuo di cippato sarà di 6mila euro rispetto a una spesa alternativa di gasolio di 36. 700 euro), e soprattutto si salvaguarderà l´ambiente: questi impianti permettono una fortissima riduzione nell´emissione di andiride carbonica. "Il varo di questo impianto - ha evidenziato l´assessore - apre scenari nuovi e promettenti per tutto il Casentino, un´area fortemente vocata allo sviluppo di questa fonte energetica ed all´attività forestale. Quello di Cetica è uno dei cinque progetti pilota realizzati in Toscana per mostrare fattivamente le potenzialità di questa forma energetica che si alimenta con gli scarti della nostra selvicoltura". L´assessore ha ricordato il forte impegno della Regione per stimolare l´utilizzo di questa forma di energia (recentemente è stata approvato un piano da 4 milioni di euro destinati a soggetti pubblici che realizzeranno impianti a biomasse) e la volontà di giocare questa carta soprattutto in prospettiva: non a caso le agrienergie occupano un capitolo rilevante nel nuovo Piano di sviluppo rurale con possibilità di sostegno finanziario anche per soggetti privati e con la previsione di azioni per lo sviluppo delle filiere agrienergetiche. Dal punto di vista tecnico l´impianto di Cetica avrà una potenza di 406 Kilowatt e funzionerà con 100 tonnellate di cippato all´anno. Il costo (210mila euro) verrà ammortizzato nel giro di 4-5 anni. (mo) .  
   
   
CADUTE LE ULTIME BARRIERE PER LE ESPORTAZIONI DI PROSCIUTTI CRUDI IN CINA  
 
Risultato Che Premia L’azione Tenacemente Perseguita Da Ass. I. Ca. , A Fianco Del Governo Italiano, Negli Ultimi 4 Anni Prime Aperture Anche Per I Prodotti Cotti: Prosciutto Cotto, Mortadella E Cotechino Positiva conclusione della missione in Cina del Ministro delle Politiche Agricole De Castro che ha annunciato il definitivo via libera ottenuto per 36 impianti di stagionatura italiani di prosciutti crudi. A partire dai prossimi mesi, si potranno esportare nel gigante asiatico i prosciutti crudi stagionati, in primis i prosciutti Dop di Parma e di San Daniele. A questo si aggiungono importanti aperture anche per i salumi cotti, come il prosciutto, la mortadella e il cotechino che potrebbero portare a chiudere presto anche questo dossier. Successivamente all’incontro tra i Ministri, inoltre, si è tenuto un seminario tecnico sui prodotti Dop e Igp che ha creato le premesse per una positiva collaborazione con la Cina sulla tutela internazionale delle denominazione di origine. Grande soddisfazione è stata espressa dal Direttore dell’Ass. I. Ca. , Dr. Gianni Gorreri, che fa parte della delegazione italiana del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali insieme a esponenti del Ministero della Sanità, che ha dichiarato: “Il via libera ai prosciutti crudi è un risultato doppiamente importante, sia per le dimensioni e l’importanza del mercato cinese, sia perché arriva a coronamento di un’azione tenacemente perseguita da Ass. I. Ca. , negli ultimi 4 anni. I rappresentanti di Ass. I. Ca. , infatti, sono stati sempre presenti, promuovendo e coordinando la presenza della parte industriale e produttiva al fianco del Governo italiano, nelle quattro missioni chiave in Cina che, dal 2002 al 2006, hanno consentito di giungere al risultato odierno. Questa apertura, unita alla recente possibilità di esportare in Corea del Sud, accresce in maniera significativa le potenzialità di penetrazione sui mercati esteri dei prodotti della salumeria italiana, in particolare del prosciutto crudo. Nel primo semestre 2006 gli invii verso i Paesi esteri di prodotti di salumeria hanno raggiunto le 47mila tonnellate, in crescita del 6,8%, e un corrispettivo di 346 milioni di euro con un aumento del 7,5% sullo stesso periodo dell’anno precedente. ” Con l’invio dei primi prosciutti crudi stagionati verrà avviato un programma di promozione della salumeria italiana a cura di Ivsi – Istituto Valorizzazione Salumi Italiani che, in collaborazione con l’Ice e i contributo dell’Unione Europea e dell’Italia, realizzerà nel biennio 2007/2008 una corposa e articolata serie di iniziative indirizzate ai giornalisti, agli operatori del settore, alla ristorazione e ai consumatori cinesi. La firma dell’accordo finale conclude con successo l’attività negoziale, durata quattro anni, del Governo italiano con la Cina, anche se un ruolo di “apripista” va riconosciuto anche alla Regione Lombardia, la quale organizzò, nel 2002, una delegazione di operatori per favorire i rapporti commerciali tra Italia e Cina. A questo incontro partecipò una delegazione dell’agro-alimentare con una serie di prodotti tra cui quelli della salumeria italiana. Per quest’ultimi l’iniziativa in Cina si rivelò un grande successo politico/istituzionale, perché, grazie alla presenza in Cina della delegazione di Ass. I. Ca. E al suo ruolo propositivo e di stimolo, si crearono le premesse per i successivi contatti tra i Ministeri della salute italiano e cinese. Infatti, dopo mesi di intense trattative e contatti, nel luglio 2003, fu sottoscritto tra i due Governi il primo fondamentale Memorandum d’intesa, che conteneva rilevanti aperture per consentire l’export in Cina dei prodotti della salumeria italiana. A seguito di questa firma e di diverse missioni dei rappresentanti del Governo italiano, sempre coadiuvati da Ass. I. Ca. Nei passaggi strategici, il 6 dicembre 2004 vennero firmati - in occasione della visita in Cina del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi - i protocolli veterinari per l’esportazione in Cina dei prosciutti crudi stagionati e dei salumi cotti (prosciutto cotto, mortadella e cotechino). Dopo due visite degli ispettori del Ministero cinese della Salute a febbraio/marzo 2005 e ad agosto/settembre di quest’anno, e grazie a un ulteriore intervento negoziale, a gennaio 2006, del prof. Romano Marabelli del Ministero della Salute, si è giunti oggi all’importante risultato dell’apertura di questo nuovo mercato. “Vogliamo nuovamente esprimere uno speciale ringraziamento a tutte le autorità che hanno reso possibile questo straordinario risultato - ha concluso il Direttore Gorreri da Pechino - a partire dal Ministero della Salute, e in particolare il prof. Romano Marabelli, oltre che l’Ambasciatore italiano in Cina, Gabriele Menegatti per l’impegno assiduo profuso in questi anni. Ringraziamo, inoltre, tutti i Ministri e i sottosegretari che, in questi quattro anni, nelle varie missioni ed incontri hanno operato per una positiva conclusione di questa trattativa e, in particolare, il Presidente del Consiglio che, nella sua recente visita in Cina, ha creato, nei colloqui con il primo Ministro Cinese, le premesse politiche per una più rapida conclusione delle trattative tecniche. ” . .  
   
   
MIGLIORAMENTO ZOOTECNICO, SI INAUGURA NUOVA STALLA SERVIRÀ ALLA SELEZIONE DEI MIGLIORI TORI DEL CIZ, CONSORZIO PER L´INCREMENTO ZOOTECNICO  
 
Firenze L´assessore regionale all´agricoltura Susanna Cenni sarà , giovedì 30 novembre a San Miniato (Pisa) per l´inaugurazione della nuova stalla del Ciz, Consorzio per l´ incremento zootecnico. La nuova stalla del centro, che alleva tori con finalità di miglioramento genetico, presenta alcune caratteristiche peculiari: è dotata di un sistema di ventilazione e di aereazione speciale, presenta la possibilità di isolamento assoluto per evitare il contatto fra gli animali e qualsiasi forma di organismo patogeno esterno, garantisce una attenta gestione di tutti i parametri ambientali (temperatura, umidità, luce); il tutto per favorire le migliori condizioni di accoglienza ai tori (alcuni dei tori allevati al Ciz figurano al vertice delle graduatorie mondiali). L´iniziativa per la nuova stalla, denominata ´Porte aperte al Ciz´ si aprirà alle 15. 30 con un programma di interventi (l´assessore Cenni parlerà su ´Il supporto regionale al miglioramento zootecnico´) e proseguirà alle 17 con il taglio del nastro alla nuova struttura e con una degustazione dei prodotti tipici del territorio. Il Ciz si trova in via Maremmana 17/A, La Serra, San Miniato. . .  
   
   
DALLA COMUNITA’ SCIENTIFICA ANCORA NOTIZIE POSITIVE SUL CONSUMO DI CAFFE’  
 
Domani convegno a Massafra (Taranto) con l’Istituto Mario Negri e l’Aimef. Per sfatare falsi miti e leggende e scoprire le virtù di una delle bevande più studiate dalla comunità scientifica Ancora buone notizie sul rapporto caffé e salute. La scorsa settimana, in occasione del congresso Sinu, la metanalisi presentata da Andrea Alberto Conti (Ricercatore Universitario in Storia della Medicina e Bioetica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Firenze) ha evidenziato come un consumo di caffè da lieve a moderato (riferendosi al caffè all’italiana può intendersi “moderato” un consumo di 3-4 tazzine di espresso moka al giorno, pari a circa 280-300 mg di caffeina in toto) non è associato ad un aumento significativo del rischio di cardiopatia ischemica (infarto miocardico o coronaropatia) Nella meta-analisi sono stati valutati 9. 487 casi di cardiopatia ischemica e 27. 747 “ casi controllo”, oltre a 403. 631 partecipanti seguiti per un periodo compreso fra i 3 e i 44 anni di studi di coorte. Nel convegno che ha visto la partecipazione di oltre 200 nutrizionisti, Claudio Borghi (Direttore della Unità Operativa di Medicina Interna del Policlinico S. Orsola-malpighi di Bologna) ha anche evidenziato che la caffeina ingerita attraverso il caffè ha un effetto sulla pressione molto modesto ed accompagnato, talora, allo sviluppo di una condizione di tolleranza; inoltre il consumo abituale di caffè non sembra associato ad un incremento del rischio di comparsa di ipertensione arteriosa anche se è difficile, in questo ambito, giudicare gli effetti del consumo di caffè, perché possono influire altri fattori confondenti come fumo o alcool. Queste nuove informazioni scientifiche e ulteriori approfondimenti su caffé e patologie dell’apparato digerente saranno oggetto del Convengo organizzato a Massafra (Taranto) dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” e dall’Aimef (Associazione Italiana Medici di Famiglia) di Taranto. L’incontro avrà luogo domani, sabato 18 novembre e sarà inaugurato da Giacomo Tritto, presidente Nazionale Aimef, con la moderazione di Antonio Aiello, dirigente del Dipartimento di Diabetologia del Presidio Ospedaliero della Valle d’Itria. Da sempre il caffé è stato associato a sintomi e disturbi del tratto gastrointestinale e, di conseguenza, il suo consumo è stato talvolta sconsigliato a chi ne soffre. Ma recentemente, una serie di studi epidemiologici, condotti a livello internazionale, hanno ribaltato questa convinzione, mettendo in evidenza come il caffé, oltre a non avere effetti nocivi, possa giocare un ruolo positivo nella prevenzione di alcune patologie epatiche, quali cirrosi, neoplasie epatiche, tumori dell’intestino ed anche di altre patologie dell’apparato digerente. Il convegno vedrà come relatori Carlo La Vecchia, capo del Laboratorio di Epidemiologia Generale dell’Istituto Ricerche Farmacologiche Mario Negri che ha condotto diversi studi sul caffè, Amleto D’amicis dell’Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) che fornirà un overview sul tema “Caffé e salute”, Vincenzo Bagnardi ricercatore dell’Università degli Studi di Milano che parlerà nel dettaglio di “Caffè e cirrosi epatica”, Giovanni Di Dio, Responsabile Nazionale del Dipartimento di Gastroenterologia dell’Aimef di Taranto che approfondirà il tema del “Caffè e funzione gastrointestinale” e Alessandra Tavani, capo dell’Unità di Epidemiologia delle Malattie Croniche del Laboratorio di Epidemiologia Generale dell’Istituto Mario Negri che concluderà i lavori parlando di “Caffè e rischio di tumori del fegato e del colon retto”. Caffe’ E Patologie Epatiche “Alcuni studi internazionali – dice Amleto D’amicis, direttore dell’Unità Documentazione e Informazione Nutrizionale dell’Inran – hanno messo in evidenza l’importanza del caffé nel prevenire alcune patologie epatiche, in particolare la cirrosi epatica e la calcolosi biliare, grazie all’effetto protettivo di due sostanze, i diterpeni kawehol e cafestol. Sfatiamo anche il mito della correlazione caffé – colesterolo. Un altro recente studio ha dimostrato come il caffé, consumato durante un pasto a base di alimenti ad alto potenziale ossidante, come i cibi fritti ricchi di radicali liberi, protegga le lipoproteine a bassa densità (Ldl) dall’ossidazione, reazione che sta alla base del processo di aterosclerosi. Al contrario lo stesso pasto, consumato senza il caffé, o altri elementi antiossidanti, provoca una forte ossidazione delle Ldl”. “Per quanto riguarda la cirrosi epatica – aggiunge Vincenzo Bagnardi– uno studio italiano, concluso da poco, ha messo in evidenza che la caffeina non solo non è imputabile di effetti nocivi sui pazienti, ma che addirittura è in grado di contrastare i danni che l’alcol provoca al fegato”. Altra convinzione da rivedere è quella relativa agli effetti gastrointestinali del caffè. “E’ documentato che il caffé rilascia il fondo gastrico – osserva Giovanni Di Dio– ma non riduce il tempo di svuotamento dello stomaco e non si correla con manifestazioni come nausea, dolore e senso di pienezza, che sono soggettive”. Caffe’ E Tumori Dell’apparato Digerente Anche per quanto riguarda la correlazione di incidenza di patologie digerenti e tumori del colon retto con l’assunzione di caffè, le notizie che arrivano dai più recenti studi internazionali sono confortanti. “In uno studio giapponese basato su 344 casi – aggiunge Carlo La Vecchia, - i soggetti che consumavano caffé quotidianamente erano caratterizzati da un rischio inferiore di carcinoma epatocellulare rispetto a coloro che non lo assumevano quasi mai. Il rischio di carcinoma diminuiva con l’aumentare della quantità di caffé consumato”. “Anche per quanto riguarda i tumori del colon – conclude Alessandra Tavani, – la maggioranza degli studi ha mostrato rischio relativi inferiori all’unità nei bevitori di caffè. Una meta-analisi ha indicato un rischio relativo globale pari allo 0. 76 per chi assume questa bevanda”. .  
   
   
ARRIVA IN ROMA LA CAMPAGNA ‘ALIMENTARE L’AUTOSTIMA: DISORDINI ALIMENTARI TOGLIETE IL DISTURBO!’ NELLA CAPITALE SARANNO COINVOLTE 63 CLASSI DI SCUOLA MEDIA PER UN TOTALE DI CIRCA 1.365 STUDENTI, I LORO INSEGNANTI E GENITORI.  
 
Arriverà dal 30 novembre a Roma, la campagna informativa e di prevenzione ‘Alimentare l’autostima: Disordini alimentari togliete il disturbo’, promossa dal Moige e con il contributo del Ministero della Solidarietà Sociale al fine di sensibilizzare i ragazzi sui disturbi del comportamento alimentare, ossia sull’alterato rapporto tra cibo e proprio corpo. Il primo appuntamento del tour nel Lazio sarà presso la scuola media “Vincenzo Bellini” e rimarrà nelle scuole della capitale fino al 6 dicembre. La campagna, di portata nazionale, consiste in una mostra itinerante ospitata all’interno di un bus: ad essere coinvolte 12 province italiane dislocate in 7 regioni, per l’esattezza Milano, Como, Bologna, Pescara, Isernia, Bari, Taranto, Salerno, Avellino, Caserta, Napoli e Roma. Nei prossimi due giorni sarà dunque la volta della Puglia, dove circa 1. 365 studenti di scuola media, di 63 differenti classi e di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, visiteranno la mostra-bus con un tour guidato di circa 25 minuti per ciascun gruppo e potranno osservare dei pannelli informativi illustrati sull’argomento. Per tutta la durata della lezione di prevenzione i ragazzi potranno rivolgere domande alle psicolghe messe a disposizione dal Moige. Ai ragazzi verranno anche consegnati poster e opuscoli che serviranno loro da promemoria e potranno sensibilizzare anche famiglie ed insegnanti in merito ai disturbi del comportamento alimentare e le loro conseguenze. In tutta Italia la campagna coinvolgerà circa 4. 700 ragazzi. Secondo l’ultimo rapporto dell’Eurispes sono circa due milioni i giovani italiani tra i 12 e i 25 anni, che hanno disturbi del comportamento alimentare; anoressia nervosa, bulimia nervosa e bing eating disorder (disturbo da alimentazione incontrollata, Bed), ed altri disturbi del comportamento alimentare non identificati. Nella maggior parte dei casi si tratta di donne; circa il 5% delle giovani tra i 13 e i 35 anni ne soffre, ma l’incidenza sta tornando a salire anche tra i quarantenni e tra gli uomini. “Questa nuova campagna di sensibilizzazione – dice Maria Rita Munizzi, presidente del Moige –oltre a voler contribuire alla prevenzione dei Dca mira, in completa assonanza con l’appello lanciato dal ministro per le Politiche giovanili Giovanna Meandri, a sensibilizzare tutti quegli attori sociali che hanno influenza sui giovani. L’ennesima morte di una giovane modella dimostra ad esempio come sia ormai indispensabile che il mondo della Moda, e i Media, si assumano delle responsabilità ed agiscano di conseguenza dicendo non al mito della magrezza estrema a tutti i costi. E’ necessario fare più informazione su questi problemi ed evitare accuratamente di fornire ai minori modelli e canoni estetici fuorvianti e pericolosi per la loro salute psicofisica Una parte importante poi spetta, indubbiamente, a noi genitori e alla scuola, dalla quale passa appunto questa campagna”. Spesso la diagnosi dei Dca avviene tardivamente, anche dopo 6-7 anni dall’esordio, quando i sintomi fisici e psichici sono divenuti particolarmente evidenti. In questi disturbi l’alimentazione può assumere caratteristiche disordinate ed ossessive, con rituali tali da compromettere la possibilità di consumare un pasto in modo “abbastanza normale”. Anche per questo motivo è prevalente l’opinione che l’incidenza di questi disturbi sia largamente sottostimata; a conferma di ciò il dato che solo il 10% di chi soffre di Dca chiede spontaneamente aiuto. I più noti Dca sono anoressia e bulimia; secondo i dati del Cidap, il Centro italiano disturbi alimentari psicogeni, in Italia ci sarebbero circa 1. 450. 000 ragazze bulimiche e 750. 000 anoressiche. La bulimia nervosa, che significa letteralmente “fame da bue”, si manifesta con la tendenza ad ‘abbuffarsi’ per poi eliminare velocemente quanto ingerito attraverso il vomito o con abuso di lassativi. Questo disturbo è anche piuttosto difficile da diagnosticare in quanto generalmente non si accompagna a significative variazioni di peso, tanto che molti specialisti lo considerano un “disturbo epidemico nascosto”. I dati epidemiologici parlano di un’incidenza di circa il 3% nella popolazione femminile. Al contrario l’anoressia nervosa si manifesta con il rifiuto del cibo e con una forte perdita di peso; questo disturbo in un 3 - 5% circa di casi porta alla morte. Questa malattia, considerata 50 anni fa come rara e diffusa solo tra le giovani delle classi elevate riguarda ormai tutti gli strati sociali del mondo occidentale. I dati epidemiologici parlano di una incidenza, nella popolazione femminile tra i 12 e i 25 anni, vicina all’1%. Entrambi i disturbi sono accomunati dal pensiero ossessivo del cibo, dalla paura morbosa di diventare soprappeso uniti ad una percezione deformante del proprio corpo e ad una bassa stima di sé. Le forme di disturbo da alimentazione incontrollata e i disturbi non specificati riguarderebbero invece circa il 6% delle adolescenti italiane. Secondo i dati del Ministero della Salute l’insorgere di nuovi casi di anoressia è al momento stabilizzato su una media di 6 nuovi casi ogni 100. 000 abitanti, mentre è in crescita l’incidenza della bulimia nervosa, circa 12 nuovi casi ogni 100. 000 abitanti. Stando a questi dati dunque ci sarebbero in Italia, ogni anno, oltre 9. 000 nuovi casi l’anno, prevalentemente nella fascia di età 12 – 25 anni. Differente anche l’età di inizio dei due disturbi; mentre l’anoressia si presenta tipicamente all’inizio dell’adolescenza, verso i 12 anni, la bulimia raggiunge il picco massimo intorno ai 18-19 anni, nel momento che segna il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. In questi anni però si sta registrando, in Italia ma anche all’estero, un certo abbassamento della soglia d’età di rischio che è scesa, per le ragazze, dai 14–16 anni agli 11–13, con casi di insorgenza precoce già a 7 anni. “I disturbi dell’alimentazione sono spesso la spia di un disagio più profondo – dice la Munizzi – le cui cause possono essere varie. Bisognerebbe smettere di attribuire sempre la “colpa” ai rapporti familiari. E’ vero che il clima familiare e l’educazione ricevuta sono determinanti ma ci sono molti altri fattori che intervengono. La moda non è l’ultima delle “colpevoli”; fisici perfetti e scolpiti, esibiti costantemente in ogni dettaglio, propongono fin da piccoli canoni estetici non reali e che per lo più possono essere raggiunti sono grazie a sapienti ritocchi al computer e che in molti casi sono al confine con la patologia”. Date Tour A Roma: Giovedì 30 novembre – Roma, Scuola Media Statale ‘Vincenzo Bellini’ - via Circonvallazione Tuscolana (no riprese); Venerdì 1 dicembre – Roma, Scuola Media Statale ‘Winckelmann’ - Piazza Winckelmann, 20; Sabato 2 dicembre – Roma, Scuola Media Statale ‘Gioacchino Belli’ - via Mordini, 19; Lunedì 4 dicembre - Roma, Scuola Media Statale ‘Gioacchino Belli’ (succursale) – Via Coldilana, 5; Martedì 5 dicembre - Roma, Scuola Media Statale ‘Salvo d´Aquisto’ – via Collatina, 286 (no riprese); Mercoledì 6 dicembre – Roma, Scuola Media Statale ‘Andersen’ (succursale ‘Salvo d´Acquisto’) - via Delia, 46 (no riprese). .  
   
   
ACQUA MINERALE SAN BENEDETTO PER PADOVA FITNESS & DANCE CONVENTION  
 
Consueto bagno di folla per la tradizionale partecipazione di Acqua Minerale San Benedetto, come sponsor, alla undicesima edizione della Fitness & Dance Convention 2006, tra i più importanti appuntamenti nazionali riservati al mondo del fitness e della danza. La manifestazione si è svolta alla Fiera di Padova, nell’ambito di “Tuttinfiera 2006”, dedicata allo sport e al tempo libero. Due giorni di divertimento, con i migliori presenters del mondo, 37 masterclass d’ogni genere e 1500 atleti che si sono alternati in 2 sale in contemporanea, di cui una interamente dedicata al Ragga Jam, all’Hip Hop, alla Dance e l’altra allo Step, al Bodyfly e all’Aerobica. E con il “Corner Point” San Benedetto, sempre generosissimo nel distribuire i prodotti più amati dagli sportivi per un bere sano e naturale è possibile trovare: dalla classica Acqua San Benedetto Naturale, a Libera, l’acqua minerale da bere in movimento, comoda e pratica grazie al tappo Push & Pull, a San Benedetto Ice, la forza dissetante dei sali minerali unita al delicato sapore degli estratti naturali della frutta. Sport e divertimento ancora una volta con Acqua Minerale San Benedetto, la preferita di chi vuol prendersi cura di sé e del proprio corpo con l’allegria del connubio fitness & dance, sempre più un vero e proprio stile di vita per un vasto pubblico di tutte le età. E con la garanzia di un marchio leader di mercato e di un´ampia gamma di prodotti, ben conosciuti da milioni di famiglie italiane, nei quali sono racchiuse le qualità indispensabili per un bere piacevole e moderno. Www. Sanbenedetto. It .  
   
   
UN LABORATORIO PER I CONTROLLI ALIMENTARI DEL CAMERUN  
 
Udine - Il primo laboratorio per i controlli alimentari del Camerun sarà realizzato con la collaborazione delle Università di Udine e di Yaounde I, grazie a un finanziamento di 52 mila euro messo a disposizione dalla Regione, è stato presentato a Udine dall´assessore regionale all´Istruzione, Cultura e Politiche della Pace, Roberto Antonaz, dal rettore dell´ateneo friulano, Furio Honsell e da Victor Chatue, coordinatore e ideatore del progetto e presidente dell´Associazione studenti universitari camerunensi in Italia. Tale iniziativa nasce dalle politiche della Regione per la cooperazione allo sviluppo. Il Governo regionale, nell´ambito del suo programma, ha previsto di destinare l´1 per cento del bilancio a tale settore. Finora, in questo contesto, come ha specificato Antonaz, sono stati compiuti notevoli passi avanti, e dalla somma di 250 mila euro stanziata per il 2005, si è passati a un milione e 750 mila euro nel bilancio di previsione per il 2007. L´assessore poi ha ricordato le azioni già avviate da parte della Regione in Africa e nell´America latina, volte a favorire la crescita delle popolazioni locali. Si tratta di una metodologia di cooperazione di carattere strutturale. "E´ una forma di solidarietà - ha spiegato Antonaz - che non si attiva soltanto in occasione delle emergenze, bensì, come in questo caso, mira ad agire direttamente sullo sviluppo e sulla creazione di condizioni di vita migliori per le comunità locali". E´ infatti in corso di completamento un´altra parte del progetto rivolto al Camerun, nel contesto della quale 36 laureati camerunensi sono stati formati in veterinaria, per essere messi in grado di affrontare l´analisi dei prodotti alimentari. L´azione è stata caratterizzata dall´impegno di dodici insegnanti della facoltà di Medicina veterinaria dell´Università di Udine, i quali hanno svolto 360 ore di lezione di formazione nel Paese Subsahariano per la specializzazione in ispezione e controllo dei prodotti alimentari di origine animale. I tre allievi del corso che hanno ottenuto il miglior punteggio frequenteranno ora uno stage di perfezionamento di due mesi nei prosciuttifici e nei caseifici del Friuli Venezia Giulia. L´iniziativa di cooperazione dell´Università di Udine, che si è avvalsa della collaborazione dell´Asl n. 6 Pordenonese, sarà allargata al Ciad. A conclusione della presentazione, l´esperienza vissuta in Camerun è stata raccontata dal vicepreside della facoltà di veterinaria dell´ateneo udinese, Bruno Canavese, e dal professor Edi Piasentier. .  
   
   
SABATO 16 DICEMBRE 2006 APPUNTAMENTO A VIBO VALENTIA CON LA SUPERZEPPOLATA  
 
Migliaia le persone attese alla 6a edizione della manifestazione gastronomica realizzata dalla Pro Loco di Vibo Valentia in collaborazione con Friol per celebrare la Festa della zeppola, la famosa frittella foriera di buone nuove Sabato 16 dicembre 2006 si rinnova a Vibo Valentia l’appuntamento per tutti i golosi delle zeppole, le famose frittelle nate per auspicare buone nuove. Giunta quest’anno alla sua 6^ edizione, la Superzeppolata si conferma una manifestazione gastronomica di assoluto rilievo a livello nazionale. Diventata famosa in tutto il territorio italiano per l’utilizzo della maxi padella (pesa 1. 120 kilogrami e ha un diametro di quattro metri) grazie alla quale verranno fritte ben 100. 000 zeppole, la Superzeppolata oggi si riconferma quale appuntamento tra i più attesi dell’anno e chiude il calendario del progetto “Friol per le Sagre 2006”, appuntamenti gastronomici organizzati dai Comuni e dalle Pro loco dei Paesi per creare momenti di festa e di spettacolo dove le maxi fritture sono le regine di casa. I “Zeppuli” - così come vengono chiamati a Vibo Valentia - appartengono alla tradizione di quella cucina povera calabrese che utilizza ingredienti semplici che, sapientemente abbinati ad ingredienti più nobili, conferiscono, a seconda del gusto personale, un sapore salato o dolce. A forma di ciambella, di sfera, di 8 o ad anello, le zeppole sono frittelle a base di farina, lievito, patate, acqua e sale. Il segreto della loro bontà risiede proprio nella frittura del composto che deve avvenire in olio abbondante, con caratteristiche tali da garantire una frittura croccante e asciutta, proprio per questo motivo la Pro loco di Vibo Valentia ha siglato una collaborazione con Friol, l’olio specifico per friggere che grazie alla sua equilibrata composizione di oli resiste alle alte temperature consentendo di ottenere una frittura croccante ed al contempo asciutta. Sono più di 10. 000 le persone attese nel giorno della manifestazione gastronomica vibonese che sabato 16 dicembre, in Piazza Diaz a partire dalle ore 17. 00 potranno gustare le buonissime zeppole, quest’anno infatti la Pro Loco stima di poterne offrire più di 100. 000 ai suoi ospiti, il tutto accompagnato da un ottimo bicchiere di vino. La Superzeppolata è organizzata dalla Pro Loco di Vibo Valentia, con il patrocinio della Regione Calabria, della Provincia e del Comune di Vibo Valentia e in collaborazione con Friol, sponsor della manifestazione che offrirà oltre 800 litri di olio. Sabato, si accenderanno i 10 bruciatori che permetteranno ai 50 cuochi che si alterneranno ai lati della maxi pentola di friggere i 10 quintali di impasto di zeppole che saranno distribuiti gratuitamente ai “pazienti” ed affamati partecipanti della Zeppolata. Perché la Sagra della Zeppola ha deciso di collaborare con Friol? Perché Friol è l’olio specifico per friggere più utilizzato in Italia, consumato da più di tre milioni di famiglie (fonte: Iha Agosto 2006). L’equilibrata composizione di oli permette a Friol di essere un olio resistente alle alte temperature, consentendo di ottenere un fritto croccante e al contempo asciutto. Proprio per questo Friol è un collaboratore prezioso e molto apprezzato sia per i “grandi fritti” che per i “piccoli fritti” preparati nelle case degli italiani. La zeppola, nata per auspicare fortune e buone nove, per accompagnare il vino tosto, o come semplice stuzzichino di supporto a Bacco e a giochi di gruppo invernali, continua la sua antica avventura nella nostra Città. La storia della “Superzeppolata” Nata per auspicare fortune e buone nuove… grazie alla Pro Loco di Vibo Valentia, da anni è la vera protagonista del dicembre vibonese. La “Superzeppolata” di Vibo Valentia è stata vista sulle reti televisive più importanti, passando come vip nelle più importanti trasmissioni. “Zìppula : frittella che si fa nelle feste tra Natale e Capodanno nella zona del Vibonese. In altre aree della Calabria il nome varia in pittula, grispella, pittulèlla, grispelluzza, pittulilla, pittulicchia, curuicchia, grispedda… "I zippuli sono frittelle di farina impastata, che si mangiano nelle feste di Natale; In omaggio alle consuetudini calabresi, le frittelle le inaugura il pater familias nella vigilia di Natale tenendo un po’ la padella sul fuoco quando si comincia a friggerle, oppure gettando nell´olio caldo il primo pezzetto di pasta a questo uso preparato. Le zeppole appartengono a quella cucina povera calabrese che utilizza ingredienti semplici quali farina, lievito, acqua e sale; a volte sapientemente accoppiato ad elementi più nobili che conferiscono, a piacimento, un sapore dolce o salato. Uno dei detti popolari ricorda che, arrivato l´otto dicembre, il giorno dell´Immacolata, bisogna iniziare a impastare e friggere le prime zeppole: "A ´Mmaculata a prima padejata" oppure "A ´Mmaculata ogni casa na padejata". Quando anche i detti scandivano un virtuale calendario, questi modi di dire servivano per delimitare l´inizio del tempo della festa e del periodo speciale del Natale. Zeppole dolci e salate, di farina e di patate, di San Giuseppe, a vento, di Carnevale, di Natale… sono tante le variazioni sul tema "zeppole", con uva passita di zibibbo, con miele, con zucchero, o con le sarde o acciughe salate: abbiamo trovato anche una antica ricetta che vede la zeppola fritta con un ripieno di ricotta caprina, fresca o salata. La ricetta più comune prevede un chilo di patate bollite, 800 grammi di farina, lievito di birra, sale, acqua tiepida e uva sultanina. Certamente le zeppole preparate senza le "moderne" patate, con il "levatu di pasta" al posto del cubetto di lievito, farina di grano duro e zibibbo passito al posto dell´uvetta, hanno un sapore più intenso che ci trasporta indietro nella storia più antica. Salate o dolci, calde o fredde, le zìppule vengono preparate nel cavo della mano dove, come in uno scrigno, vengono poggiate per essere formate prima di essere immerse nell´olio bollente. In molti paesi della Calabria, ancora oggi, le zeppole si preparano nella stessa identica e arcaica forma di come si prepara da centinaia di anni. In altri paesi della Calabria le zeppole si preparano anche a forma di piccola sfera, di otto o ad anello. E-mail: info@prolocovibovalentia. It - www. Prolocovibovalentia. It.  
   
   
BRESCIALAT: UNA SELEZIONE DI ANTICHI SAPORI DI MONTAGNA  
 
Brescialat dall’inizio degli anni ‘90 è sapientemente impegnata nell’arte del “fare il formaggio”, coniugando tradizione e innovazione nel segno della qualità. L’amore per la proprio terra ha spinto l’azienda ad affiancare alla vasta gamma di prodotti tipici italiani, una selezione di specialità regionali per meglio soddisfare la domanda dei suoi consumatori. In particolare l’attenzione è rivolta agli antichi sapori della zona di Brescia e delle montagne circostanti. In alta quota, dove l’aria è tersa e i pascoli incontaminati nascono il Bagoss e la Formaggella di Bagolino, formaggi della linea Stagionati Brescialat. Qui il latte viene sapientemente lavorato nelle malghe e trasformato in formaggio secondo le più antiche tecniche artigianali. Si ottiene così il gusto deciso e caratteristico dei formaggi di montagna. In particolare, il Bagoss è un formaggio tipico del bresciano. In dialetto, infatti, “Bagoss” significa “di Bagolino”, un antico comune di montagna a nord di Brescia. Prodotto con latte di vacca, parzialmente scremato per affioramento, il Bagoss è un formaggio stagionato dal gusto robusto. E’ un prodotto da tavola, che può essere gustato a scaglie, consumato grattugiato oppure servito arrostito sulla piastra. Il periodo di stagionatura di 18-24 mesi lo rende un formaggio a pasta dura, dal tipico colore giallo paglierino. Il Bagoss è disponibile in forme dal peso di 16-20kg oppure grattugiato in confezioni da 100g. Ha un valore energetico di 286 kcal per 100g, un apporto di proteine di 18g, 22g di grassi e carboidrati pari a 1,5g. A fianco del nobile Bagoss, Brescialat ha messa a punto la produzione della Formaggella di Bagolino. Ottenuto dalla lavorazione del latte intero, questo formaggio ha in sé tutto il sapore genuino dei prodotti gastronomici delle montagne bresciane. E’ un prodotto da tavola a pasta morbida e bianca e dall’aspetto vellutato, per i palati più raffinati. Può essere gustato da solo o accompagnato ad altri piatti. La Formaggella di Bagolino è disponibile in forme dal peso di 1,6 – 1,8 kg. Ha un valore energetico di 286 kcal per 100g, un apporto di proteine di 18g, 22g di grassi e carboidrati pari a 1,5g. Il ricettario Brescialat: alcuni consigli per gustare al meglio i formaggi di montagna - Tortino al Bagoss - Ingredienti per 4 persone: gr 250 Bagoss, 4 uova, verdure grigliate a piacere, sale, olio. Per la besciamella: dl 250 latte, gr 25 burro, gr 20 farina Preparazione: Preparare la besciamella con il latte e il burro. Una volta pronta, togliere dal fuoco e aggiungere il Bagoss tritato; amalgamare in modo da ottenere un impasto ben liscio e lasciare intiepidire. Stemperare le uova nell’impasto. Riempire gli stampini d’alluminio, dopo averli imburrati e infarinati. Cuocere in forno a 180° per circa 25 min. Servire con verdure alla griglia condite con olio extravergine di oliva e schegge di Bagoss. Polenta di patate e Bagoss con spezzatini vegetariani . Ingredienti per 4 persone: gr 500 patate, gr 800 verdure a piacere (cipolle, porri, carote, melanzane, funghi, peperoni), gr 400 farina gialla, 1 rametto di rosmarino, gr 200 Bagoss, basilico, prezzemolo, erba cipollina, olio, burro, sale e pepe. Preparazione: Cucinare le patate in acqua leggermente salata con olio e rosmarino. Una volta cotte passarle nello schiacciapatate, rimetterle a bollire nella stessa acqua di cottura dove si farà stemperare la farina gialla, cucinandola per circa 30 min. Tagliare le verdure a tronchetto e cucinarle separatamente in una padella con olio e burro. Raggruppare le verdure in un’unica teglia, dove verranno cucinate insieme per qualche minuto e insaporirle con basilico, prezzemolo ed erba cipollina. Terminare la cottura della polenta aggiungendo il formaggio tagliato a cubetti e amalgamando per una decina di minuti. Servire in piatti fondi ben caldi guarnendo con erba cipollina e basilico intero. .  
   
   
CAVIT: È ADRIANO ORSI IL NUOVO PRESIDENTE DI CAVIT, LA COOPERATIVA LEADER NELLA PRODUZIONE DI VINO TRENTINO  
 
 Adriano Orsi è stato chiamato a presiedere Cavit, una delle più importanti cantine italiane attive nella produzione vitivinicola che, con 11 cooperative associate, 4. 500 viticoltori e 7. 000 ettari di coltivazione, rappresenta il 70% della produzione trentina. Trentino, nato nel 1950, fortemente legato alla sua terra, coniugato con un figlio, Orsi è laureato in Ingegneria. Attualmente è Presidente delle Cantine Vivallis di Calliano e Nogaredo, della cooperativa Sav - Vivallis di Rovereto e della Cassa Rurale Bcc Alta Vallagarina. Dall´anno scorso fa parte inoltre del Consiglio della Federazione Trentina della Cooperazione. Orsi è da sempre convinto sostenitore della cooperazione che ritiene il migliore modo di fronteggiare la globalizzazione dei mercati. Nel suo percorso professionale molti i ruoli istituzionali ricoperti nell´ambito dell´amministrazione pubblica e grande attenzione alle tematiche ambientali di tutela del territorio. Per 10 anni Sindaco di Besenello di Trento, responsabile tecnico di varie commissioni urbanistiche e finanziare a livello comunale e provinciale, Orsi ha maturato quelle competenze di gestione e capacità di mediazione che Cavit ha ritenuto determinanti per la sua conduzione. Contestualmente alla carica di Orsi è stata rinnovata in Cavit anche la carica di vicepresidenza con l´elezione di Carlo Malfatti, classe 1954, trentino, coniugato con due figli e appassionato di montagna. Laureato in Pedagogia a Verona, oggi è insegnante presso le scuole medie di Mezzocorona e presidente della Cantina Rotaliana di Mezzolombardo. .  
   
   
A DICEMBRE CIBI E VINI DI "BUON GUSTO"  
 
Delizie dolci e salate abbinate ai migliori vini del Lazio, sfileranno sotto gli occhi e saranno a portata dei palati di quanti vorranno partecipare agli eventi dedicati all’enogastronomia, che si terranno a Roma per tutto il mese di dicembre. Si chiama “Buon gusto sapere” la manifestazione resa possibile grazie al contributo della Regione Lazio, con la collaborazione della Coldiretti e della Confagricolturam dell´associazione Strada del Vino Doc del Lazio e dell´Asssociazione Frantoi aperti. I momenti dedicati alle degustazioni più prestigiose si terranno presso la Wine Academy, che metterà a disposizione degli amanti del vino particolari annate e confezioni realizzate per l´occasione. Anche i più esigenti buon gustai saranno accontentati ma dovranno aspettare fino a giovedì 7 dicembre per partecipare agli assaggi più golosi di prodotti enogastronomici, presso il Grand Hotel St. Regis. A condurre l’organizzazione e le scelte dei prodotti è “L’arte dei Vinattieri”, che raggruppa a Roma le più importanti enoteche e negozi di ricercatezze. Inoltre, presso le enoteche associate verrà distribuita la guida “Dop e Doc del Lazio-buon Gusto&sapere” redatta dai giornalisti enogastronomici Giancarlo Panarella e Ian D’agata, con una spiegazione dei disciplinari e delle produzioni Dop e Doc e sarà disponibile anche una guida per reperire prodotti e produttori di qualità segnalati da L’arte dei Vinattieri. .  
   
   
PER LA VITE UN FUTURO OGM? RICERCA E SLOWFOOD A CONFRONTO IN UN CONVEGNO ORGANIZZATO DAL CLUB DEL BUTTAFUOCO STORICO  
 
Non c´è la rincorsa al brevetto come per i cereali o la soia, ma anche per la vite si prospetta un futuro transgenico. Almeno per alcune varietà e limitatamente ad alcune funzioni. E´ quanto emerso da un convegno organizzato dal Club del Buttafuoco storico e dedicato, per l´appunto, agli Ogm (organismi geneticamente modificati) nella viticoltura. L´incontro, realizzato in collaborazione con l´istituto agrario Gallini di Voghera, ha visto la partecipazione di Gabriele Milanesi, biologo dell´università di Milano e membro del Cnr di Pavia, e di Maurizio Gily, agronomo e collaboratore di Slowfood. Come dire il diavolo e l´acqua santa, in materia di transgenico. Posizioni ragionevoli Chi si aspettava lo scontro frontale, però, è rimasto deluso. Sono emerse, infatti, le diversità di opinioni, che in alcuni casi sono piuttosto nette, ma anche la disponibilità ad ascoltare la controparte per capirne le ragioni. A dimostrazione del fatto che quando due persone sono ragionevoli si può discutere di tutto trovando anche dei punti d´incontro. Lo stato degli Ogm "Si potrebbe pensare che il transgenico non interessi la viticoltura. Io stesso lo credevo, ma documentandomi per questa occasione mi sono reso conto che, invece, molto si è già fatto", ha esordito Milanesi. Senza dubbio, ha spiegato il biologo, il campo in cui la ricerca ha ottenuto i maggiori risultati è quello dei lieviti, tanto che oggi non esiste praticamente lievito degli ultimi decenni che non sia ottenuto da modificazione genetica. "Il sequenziamento del genoma del lievito è stato finanziato dall´industria della birra, che evidentemente ha un grosso interesse verso l´argomento. Inoltre - ha continuato il docente - i batteri sono organismi molto ben conosciuti e facili da trattare, quindi la modificazione genetica in questo campo è alla portata di un normale laboratorio genetico". I lieviti Ogm si usano nella panetteria, nella produzione di formaggi e birra. Per esempio, per avere una schiuma più densa. Per la viticoltura sono stati messi a punto diversi ceppi. Per esempio il lievito Ml01, contenente batteri della fermentazione malolattica e quindi capace di favorire la fermentazione alcolica e malolattica allo stesso tempo. "In Canada, invece, si è prodotto un lievito che riduce del 90% la presenza di etilcarbanato, una sostanza probabilmente carcinogena. Inoltre è già disponibile un lievito contenente un gene del pioppo che permette di aumentare notevolmente il tasso di resveratrolo, uno degli antiossidanti più preziosi del vino per i suoi effetti positivi sulla salute umana". Altri studi su lieviti transgenici mirano ad aggiustare l´acidità, ridurre la formazione di So2, favorire la liberazione di nuovi aromi. E la vite? Non c´è però dubbio che l´interesse maggiore - parliamo di opinione pubblica, almeno - si concentri sulla vite Ogm. In questo settore, ha spiegato Milanesi, la ricerca è più arretrata, ma si sta comunque muovendo su direttive ben precise. "Gli obiettivi sono ambiziosi: aumentare la resistenza del frutto e della pianta ai patogeni, migliorare le caratteristiche qualitative delle uve e infine migliorare la qualità dei vini prodotti". Per il primo punto, si lavora sulle virosi (arricciamento fogliare, per esempio), sulla resistenza agli insetti e ai funghi. Ma si punta anche alla resistenza gli erbicidi, come il glufosinato. Per quanto riguarda le caratteristiche dell´uva e del vino, attraverso la modificazione genetica si vuol evitare l´imbrunimento dei vini bianchi, migliorare il colore di certi rossi o togliere i vinaccioli dagli acini dell´uva da tavola. "Attualmente sono state fatte 43 prove in campo negli Stati Uniti, sette in Canada - principalmente per la resistenza al freddo - cinque in Francia e una in Italia e Germania. Le controindicazioni Secondo Milanesi, non esiste rischio di trasmissione di batteri resistenti agli antibiotici dalla pianta all´uomo (uno dei cavalli di battaglia di chi critica il transgenico) in quanto le molecole del vino vengono degradati durante la digestione. Nel caso della vite, inoltre, non vi è il pericolo di impollinazione tra viti Ogm e tradizionali, dal momento che la moltiplicazione si fa per talea e innesto. "Il vero problema resta quello dell´accettazione da parte del consumatore e, se vogliamo, della denominazione: un vino transgenico può essere considerato Doc? E può stare nella stessa categoria del vino non trasgenico?". Il parere di Slowfood Identico interrogativo è stato sollevato da Maurizio Gily: "Un Bonarda transgenico può essere definito ancora Bonarda? E può essere venduto a fianco di quello tradizionale". L´agronomo, vicino a Slowfood, naturalmente, ha verso gli Ogm una posizione molto più critica rispetto al ricercatore milanese. "Noi di Slowfood abbiamo catalogato 580 vitigni italiani, di cui 350 iscritti nel registro nazionale. Si calcola che, in tutto, i vitigni in Italia siano più di mille, contro i 200 circa della Francia. Con tutta questa varietà c´è bisogno di creare vitigni trasgenici? Inoltre in natura esiste già una gran varietà di mutazioni. Per esempio, il Pinot bianco, nero e grigio è, dal punto di vista genetico, praticamente la stessa cosa". Con un simile ventaglio di possibilità a disposizione, dice Gily, non ha senso tentare di migliorare la vite con l´ingegneria genetica. "Soprattutto - ha aggiunto - i rischi sono sproporzionati ai vantaggi, almeno per la maggior parte degli obiettivi che si propongono i ricercatori nel campo degli Ogm. Che senso ha modificare la vite per fare un po´ più di colore? Per quanto riguarda le virosi, vi sono già sistemi di contenimento efficaci anche senza ricorrere al transgenico. La resistenza alle malattie crittogamiche potrebbe essere interessante, ma la genetica in questo campo ha ottenuto finora scarsi risultati. Infine, la riduzione nell´uso della chimica non è possibile soltanto con gli Ogm, ma anche con altre soluzioni". Quello di Gily, comunque, non è un no definitivo agli Ogm: "La ricerca è sacrosanta e si deve fare. Ma il principio di precauzione deve prevalere, anche se sono convinto che il rischio per l´uomo sia basso. Quello che mi preoccupa è l´eccessiva e univoca corsa degli scienziati verso una sola strada, dimenticando qualsiasi linea di ricerca che non riguardi gli ogm". Per il rappresentante di Slowfood, comunque, quando la posta in gioco è alta si potrebbe anche provare. "Le modifiche al portinnesto sono interessanti, perché permetterebbero di ottenere importanti risultati, per esempio nella lotta ai fitoplasmi, e in più non vanno a toccare la pianta fruttifera. In questo senso si potrebbe dare all´Ogm un´apertura di credito". Genetica, ma non Ogm C´è infine un filone di genetica che utilizza incroci di tipo tradizionale. Lo ha ricordato Gabriele Milanesi. "Grazie al sequenziamento del genoma, oggi si possono fare incroci in modo molto più veloce e sicuro, inserendo dei marcatori nel Dna della pianta, laddove sappiamo esservi i geni che ci interessa trasferire. Questi marcatori funzionano come spie che segnalano il passaggio del gene desiderato dalla sorgente alla pianta di destinazione. E´ un sistema utile soprattutto per specie, come la vite, che richiedono tre o più anni di tempo prima di dare frutti. In questo modo si possono fare incroci tradizionali avendo conferma dell´avvenuto passaggio dei geni ancor prima che la pianta cresca. Questo accelera notevolmente i lavori senza ricorrere al transgenico". Buttafuoco, avanti così Nel corso del convegno c´è stato spazio anche per parlare del Club del Buttafuoco storico, che compie 10 anni e che proprio nell´ambito delle celebrazioni per questa ricorrenza ha organizzato il dibattito sugli Ogm. All´incontro erano presenti diversi sindaci del territorio di produzione, ma anche l´assessore provinciale all´agricoltura Mario Anselmi, il presidente della Camera di Commercio di Pavia Piero Mossi ed Elena Brugna, delegata dell´Assessorato regionale all´Agricoltura. La quale ha ricordato come la Regione guarda con attenzione al problema Ogm, tanto da aver attivato fin dal 2001 un comitato scientifico ad hoc. Dicevamo del Buttafuoco storico, però. Le parole più lusinghiere sono forse quelle di Maurizio Gily: "Avevo sentito parlare del Club, ma l´ho conosciuto bene soltanto in questa occasione. Devo dire che è un´iniziativa che dovrebbe essere presa a modello da tutte le imprese. Vi siete dati regole di valutazione interne, fornite ai consumatori una garanzia non richiesta per legge, siete stati capaci di creare una rete di piccole aziende, solo modo per permettere a viticoltori "artigianali", come quelli italiani, di fare promozione su un vino di alta gamma quale il Buttafuoco storico. L´unico consiglio che posso dare è di non dimenticare l´importanza del vino comune, perché esistono i grandi vini, ma vi deve essere anche il vino per tutti i giorni e l´Oltrepò ha in questo la sua grande forza". Club del Buttafuoco storico info@buttafuocostorico. It www. Buttafuocostoricio. It . .  
   
   
A BOLZANO LA GRAPPA VAL DI ROSE PREMIATA CON LA MEDAGLIA DI BRONZO TENUTA VILLANOVA SUL PODIO NEL CONCORSO “ACQUAVITI D’ORO”  
 
Importante riconoscimento per Tenuta Villanova di Farra d’Isonzo nel settore della produzione di grappa. La storica azienda isontina ha ottenuto con la “Grappa Val di Rose monovitigno di Sauvignon” la medaglia di bronzo nella categoria “Grappe giovani” nella 1° edizione del Concorso internazionale “Acquaviti d’Oro”, organizzato dall’Anag. La cerimonia di premiazione si è tenuta nella suggestiva cornice di Castel Mareccio a Bolzano. Soddisfazione per il premio è stata espressa dalla proprietaria di Tenuta Villanova, sig. Ra Giuseppina Grossi Bennati, che sottolinea come sia estremamente raro in Italia per un’azienda vitivinicola produrre non solo vini, ma anche distillati. La garanzia di una distillazione di qualità a Tenuta Villanova è data dal fatto che si utilizzano solo vinacce o uve di proprietà, materia prima fresca distillata contemporaneamente alla vendemmia. Tutti i distillati dell’azienda si possono dunque considerare unici, perché la vinaccia e il mosto sono prodotti esclusivamente nella Tenuta e vengono mantenuti in uno stato di conservazione ottimale, fino al momento ritenuto dai tecnici più adatto alla distillazione. Negli ultimi decenni, oltre alla tradizionale “acquavite di vinacce” (questa la definizione corretta della grappa), l’azienda ha messo in produzione anche i distillati d’uva. Adiacente al reparto di vinificazione si trova il piccolo opificio dotato di due alambicchi discontinui a bagnomaria e di quattro caldaiette, sempre discontinue, in controcorrente di vapore. L’impianto permette di riprodurre tutti i sistemi di distillazione discontinua utilizzati dal 1500 ad oggi. .  
   
   
NATALE,11 MILIONI BOTTIGLIE PER BRIDISI ECCELLENTE  
 
Un Natale rigorosamente all´insegna delle bollicine italiane. I dati che inquadrano le tendenze dei consumi in vista delle feste natalizie sono chiari e inequivocabili: lo spumante sarà assoluto protagonista del brindisi del 25 dicembre. Secondo la Confederazione Italiana Agricoltori, per Natale verranno acquistate più di 80 milioni di bottiglie, oltre il 90% di queste saranno prodotti "made in Italy". La Coldiretti comunica invece che per la prima volta la vendita all´estero di spumante italiano raggiungerà, entro la fine dell´anno, il traguardo dei 100 milioni di bottiglie (+62% dell´export in Giappone e +21% negli Stati Uniti). In questo panorama incoraggiante la Lombardia recita un ruolo di "primatista" assoluta della qualità. "Con una produzione di 11 milioni di bottiglie - ricorda Viviana Beccalossi, vicepresidente e assessore regionale all´Agricoltura - la nostra regione è infatti leader nel settore delle ´bollicine eccellenti´, quelle realizzate con il metodo classico, ovvero con la rifermentazione in bottiglia e non, come per la stragrande maggioranza degli spumanti, in autoclave". Un primato, quello lombardo, divenuto tale dopo che l´Oltrepò nel 2004 ha varato un programma di produzione di pinot nero metodo classico da 4 milioni di bottiglie, più di un milione e mezzo delle quali sono già sul mercato. Questo dato, sommato alle oltre 9 milioni di bottiglie già presenti nella provincia di Brescia, e in particolare nella Franciacorta, pongono la Lombardia come l´area vitivinicola più importante nel settore delle bollicine top. "Le bollicine della Lombardia - continua Viviana Beccalossi - non hanno più nulla hanno da invidiare a nessuno, champagne compreso. E non sono io a dirlo, ma i massimi esperti internazionali che ci riconoscono come eccezionali interpreti di questo settore. Prodotti di altissima qualità che possono essere definiti, senza timore di smentita, unici e inimitabili". .  
   
   
IL MOLINO DI GRACE, GIOVANE AZIENDA CHIANTIGIANA TRA LE MIGLIORI 10 AZIENDE VINICOLE AL MONDO  
 
Il Molino di Grace, giovane azienda chiantigiana che si estende su 29 ha. Per una produzione di 150. 000 bottiglie annue, è orgogliosa di comunicare che la prestigiosa rivista internazionale Wine & Spirits ha inserito l’azienda tra le migliori 10 Aziende vinicole al mondo ed il suo vino, il Chianti Classico Riserva Il Margone 2000 tra i migliori 100 vini al mondo, leader nella sua categoria. Il gruppo selezionatore, tra dicembre 2005 e ottobre 2006, ha degustato ben 8600 vini di 5300 aziende, ed ha premiato solo quelli che rappresentano al meglio le caratteristiche del territorio e quelle varietali delle loro uve. Il proprietario dell’azienda Frank Grace ha acquistato Villa Castagnoli nel 1997 ribattezzandola Il Molino di Grace in virtù del fatto che, al suo interno, esisteva un vecchio mulino da lui ristrutturato. Il Chianti Classico Riserva Il Margone è una selezione effettuata in vigna del miglior sangiovese e delle migliori uve rosse che, con la sapiente assistenza del consulente enologico Franco Bernabei, danno vita ad un vino ricco, con tannini molto equilibrati in grado di garantire una splendida evoluzione negli anni. Al suo interno l’azienda ha una importante collezione di arte moderna a cominciare dalla grande scultura di Sylvester Anthony - The Grape Bearers - che riceve gli ospiti all’entrata e prosegue con i due angeli in legno di Dotlef Schultz a “protezione” della facciata in pietra della cantina. .  
   
   
I VITIGNI AUTOCTONI: ASPETTI TECNICI NORMATIVI E COMMERCIALI  
 
Si aprono giovedì 30 novembre alle ore 9 presso la sede della Fondazione di Biotecnologie a Villa Gualino (viale Settimio Severo 63, Torino) i lavori del Convegno nazionale “I vitigni autoctoni minori; aspetti tecnici normativi e commerciali” organizzato dal dott. Franco Mannini e dalla dr. Ssa Anna Schneider dell’Ivv-us, Cnr, Grugliasco (To) e dal professor Vincenzo Gerbi del Di. Va. P. R. A. Dell’università di Torino. Il convegno, che proseguirà anche nella giornata di venerdì 1 dicembre (inizio ore 9. 00), e a cui prenderanno parte oltre 200 i partecipanti, sarà incentrato sui vitigni autoctoni minori e molte saranno le tematiche affrontate nelle diverse sessioni: gli aspetti storici legati al territorio, le nuove politiche di settore per la valorizzazione, gli strumenti tecnico-scientifici a disposizione per la caratterizzazione e il recupero, l’ enologia varietale, gli aspetti sanitari e vivaistici nonché attraverso testimonianze di alcune grandi aziende vitivinicole italiane che hanno investito proprio sui vitigni “locali” cercare di analizzare le dinamiche di mercato per la valorizzazione e il marketing. I vitigni autoctoni o tradizionali costituiscono un elemento di forte impatto: sono i custodi, ma nel contempo i narratori, il veicolo di un patrimonio culturale locale che si presenta originale, unico, autentico. L’interesse per i vitigni autoctoni pone il problema di saper utilizzare un patrimonio biologico che è superfluo definire complesso ed è così che la genomica applicata, tecnica ormai consolidata nell’utilizzo in campi differenti, diventa strumento indispensabile per la vitivinicoltura. Centri di ricerca italiani hanno condotto studi approfonditi sul legame tra patrimonio genetico delle diverse varietà di vite e caratteristiche importanti per la vinificazione. Gli strumenti della ricerca genetica sono inoltre indispensabili per garantire l’autenticità del prodotto. Il programma si svolgerà attraverso relazioni presentate da esperti che fanno riferimento a centri scientificamente riconosciuti in tutta Italia; E’ inoltre prevista una speciale sessione poster che, all’interno di ciascuna area di riferimento, consentirà la visibilità ad attività di ricerca applicata messa in opera da tutti gli esperti sul territorio nazionale. L’iniziativa è stata organizzata nell’ottica di promuovere una maggiore sicurezza e qualità nelle produzioni alimentari e a tutela della tipicità, risorsa per l’economia vitivinicola nazionale. Per informazioni: tel. 011 6600187 .  
   
   
GOCCE DI VINO FRANCESE MANUALE DEI VINI DI FRANCIA DI ANTONELLA BEVILACQUA  
 
<Questo libro è indirizzato a quanti incuriositi dai vini francesi desiderano risposte semplici>, così introduce il suo libro Antonella Bevilacqua che accompagna il lettore alla scoperta della vitivinicoltura francese: un viaggio affascinante tra vigneti, territori e celebri vini raccontato in modo semplice. Una guida rigorosa ma al tempo stesso di facile consultazione per avvicinarsi a un mondo che appare difficile e complesso, dove l’autrice descrive i principali vini di ciascuna regione di Francia, raccontandone qualità ed aromi. Alla presentazione intervengono Antonio Corbo giornalista di Repubblica, il Prof. Luigi Mojo Ordinario di Enologia Università degli Studi di Napoli Federico Ii, Pina Amarelli Mengano Vicepresidente Associazione Internazionale Les Henokiens di Parigi e l’editore Tullio Pironti. A seguire una degustazione guidata di Champagne Nicolas Feuillatte Réserve Particuliére e ciliegine di mozzarella di bufala offerte dall’Enoteca Mercadante. Antonella Bevilacqua è nata e vive a Napoli. Sommelier, comunicatrice ed esperta di vini, insegna vitivinicoltura della Francia e si occupa della diffusione del vino italiano con collaborazioni a riviste specializzate e interventi a convegni. Tra i suoi racconti, nei quali mescola vino e fantasia, “Le sorelle Bottiglia” è stato premiato al concorso letterario Il racconto mai scritto. Gocce di vino francese. Manuale dei vini di Francia Tullio Pironti Editore 160 pagine 22 euro .  
   
   
BARBERA D’ASTI SUPERIORE ROCCANIVO CONFERMA IL SUO PRIMATO PER IL DECIMO ANNO CONSECUTIVO IL GAMBERO ROSSO RICONOSCE IL MIGLIOR RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO  
 
 Al “Barbera d’Asti Superiore Roccanivo” vendemmia 2004 va l’Oscar dell’Almanacco “Gambero Rosso” Berebene 2007 per il migliore rapporto qualità/prezzo. Un riconoscimento che, per il decimo anno consecutivo, dal 1998 al 2007, testimonia non solo il livello qualitativo, ma anche la stabilità di prezzo di questo grande, unico, prodotto della Cantina Scrimaglio di Nizza Monferrato. Il “Roccanivo” vendemmia 2004 si conferma tradizionale e affidabile: prodotto con uve Barbera (100%) si offre fresco e intenso all’olfatto, con note di piccola frutta rossa ed erbe aromatiche. L’impatto gustativo è energico e si dispiega con sorprendente finezza e persistenza grazie a una acidità viva che sostiene il vino fino alla chiusura lunga e avvolgente. “I riconoscimenti ottenuti con continuità nel corso dell’ultimo decennio dal nostro Barbera d’Asti”, dichiara Pier Giorgio Scrimaglio, bisnipote del fondatore Francesco Scrmiaglio e oggi responsabile dell’Azienda “confermano la grande vocazione dei nostri vini a incontrare i gusti del pubblico dei consumatori e quelli della critica più qualificata. “Consideriamo questo decimo Oscar”, continua Pier Giorgio Scrimaglio, ”un punto di arrivo, a coronamento di anni nei quali abbiamo impegnato risorse economiche, finanziarie e umane, ma anche un punto di partenza, che ci induce a continuare nella ricerca della qualità con l’impegno e la determinazione di sempre”. Lo staff tecnico Scrimaglio è composto da Vincenzo Munì Enologo Scrimaglio da 17 anni sotto supervisione di Giuliano Noè (Premio Enologo dell’anno 2005 – Gambero Rosso – Slow Food). .  
   
   
"LES EFFERVESCENTS DU MONDE": TRE MEDAGLIE D’ARGENTO AGLI SPUMANTI CESARINI SFORZA  
 
Ancora una volta la Cesarini Sforza Spumanti di Trento è stata riconosciuta per l’alta qualità dei suoi prodotti al concorso Les effervescents du monde, che ha avuto luogo all’École Hôtellerie du Lycée Le Castel di Digione (9 e 10 novembre 2006). Gli spumanti Tridentum Brut Rosé – Trento Doc, Tridentum 2002 – Trento Doc e Cuvée Brut Riserva - Vsq sono stati insigniti della medaglia d’argento dopo un’attenta selezione fra 351 etichette di 24 Paesi. I 60 giudici, provenienti da numerose nazioni, hanno espresso i loro pareri secondo il regolamento dei concorsi internazionali e nella stretta applicazione delle procedure che assicurano il rispetto della più alta qualità, garantita Iso 9002. Questi premi confermano il crescente successo degli spumanti Cesarini Sforza che dimostrano di non temere confronti con le prestigiose produzioni provenienti dalle aree più vocate e che esprimono l’attento lavoro in vigna e in cantina, tanto da diventare vini emblematici per il Trentino e per l’Italia. .  
   
   
“LE VIE DELL’OLIO” A GIANO DELL’UMBRIA SUCCESSO DEL RICCO PROGRAMMA DELLA DUE GIORNI OLEARIA  
 
È partita sabato 25 novembre da piazza del Popolo a Bastardo l’Xi edizione gianese de Le Vie dell’Olio 2006, iniziativa inserita nell’appuntamento “Pane e olio in frantoio”, organizzato dall’Associazione Nazionale Città dell’Olio e che, durante questa quinta edizione, ha visto aderire 11 città umbre tra le 140 “capitali” dell’extravergine d’oliva partecipanti sul territorio italiano, per celebrare l’extravergine novello e il pane tipico. Insieme ad una nutrita comitiva di persone si è partiti sabato 25 novembre alle ore 10 alla volta della centrale Enel “Pietro Vannucci”, prima tappa del viaggio alla scoperta dei sapori unici dell’Umbria. Durante il tragitto, un’originale itinerario guidato da Paolo Morbidoni, sindaco di Giano dell’Umbria, ha fatto sosta all’abbazia benedettina di San Felice, per continuare nel centro storico di Giano con la visita alla mostra “Ulivolio” e poi ancora all’ulivo millenario di Macciano e al molino ottocentesco Bartoloni in loc. S. Stefano. All’arrivo presso la centrale a carbone Enel i partecipanti sono stati accolti dal Direttore dell´Unità Business Termoelettrica Enel di Bastardo, Giancarlo Millucci e da Giulio Scatolini, Capo Panel Umbria. Un momento di approfondimento sui 27000 ettari di olivi presenti nel territorio umbro, le caratteristiche delle diverse cultivar tra i 6,5 milioni di piante e 250 frantoi che riescono a produrre mediamente 90000 quintali di olio, di cui 9000 certificati Dop. Un dato, questo della produzione certificata dell’Umbria, che potrebbe sembrare basso, ma che in realtà - come ha spiegato Scatolini - si colloca tra i quantitativi più alti d’Italia. Ma la visita in centrale non è stata solo teoria: ai partecipanti sono state spiegate alcune delle tecniche per riconoscere le qualità dell’olio ed è stata data la possibilità di assaggiare direttamente tre diverse tipologie e qualità d’olio, alla ricerca dell’”intruso”. Nel pomeriggio di sabato 25 novembre, seconda tappa e novità di questa edizione de Le Vie dell’Olio è stata, a partire dalle 16, la premiazione di “Ulivolio – visioni maiviste dell’albero di Ulisse”, il 1° concorso internazionale per autori ed immagini sul tema della civiltà e della cultura dell’ulivo e dell’olio, organizzato in collaborazione con l’associazione “Repubblica di Frigolandia”. Tra le oltre 100 opere di 60 autori arrivate non solo dall’Italia ma anche da altri paesi europei, il primo premio è stato assegnato a “Ulivi famosi” di Ugo Delucchi; il secondo ex aequo a Alessandro Bruni per il lavoro in legno d´ulivo Il Cucchiaio e Andrea Colusso per l´acquerello Foglie d´ulivo zen; e il terzo in ex equo a Giuseppe Teobaldelli con “Il trucco di Penelope” e ad “Olio essenziale” di Francesca Carta. “un elemento universale, l’ulivo, è entrato in questa piccola iniziativa locale e ha visto pervenire tante opere ricche di spirito e di animo, un viaggio attraverso stili e modi diversi, una messa in parallelo di ricerche estetiche che possono sembrare assai lontane ma che convergono nel cercare di raccontare il mondo, la natura, la società, il futuro, il presente e il passato”, come ha affermato Vincenzo Sparagna, fondatore dell’editoriale “Frigidaire”. E per chiudere in bellezza la prima della due giorni olearia, sabato sera presso l’Hotel Park di Montecerreto si è svolto l’appuntamento, organizzato in collaborazione con l’Università dei Sapori di Perugia, con l’ormai tradizionale “Galà dell’Olio” - Presi per la Gola dall’executive chef Massimo Infarinati, un vero e proprio evento gastronomico in cui l’olio di Giano è stato il protagonista indiscusso del palato di oltre 160 golosi. Un tripudio del gusto il filo di monocultivar “San Felice” che ha introdotto la cena sopra un filetto di persico reale, seguito da un flan di cipolla di Cannara al Moraiolo, da un ottimo risotto ai carciofi, maggiorana e barbozzo, e da un filetto di vitello in crosta di olive nere e lardo. Per l’occasione è stato servito anche un originalissimo e delicato gelato all’olio extravergine di oliva che ha anticipato il dolce, un tortino di cioccolato fondente con polvere di liquirizia su salsa di vaniglia. Il tutto accompagnato dagli ottimi vini delle terre del Sagrantino. A chiudere in bellezza l’undicesima edizione de Le Vie dell’Olio, domenica 26 novembre, altri due momenti hanno rafforzato il legame indissolubile tra le terre gianesi e l’olio: primo fra questi, a partire dalle 10,30, l’incontro “Esperienze e culture da Terra Madre 2006” della Comunità dell’Olivo dell’Umbria. Un momento di approfondimento curato da Sonia Chellini, Responsabile umbra di Slow Food e da Saverio Pandolfi, ricercatore all’Istituto sperimentale per l’Olivicoltura di Spoleto e responsabile della Comunità dell’Olivo dell’Umbria, dedicato ai monovarietali che caratterizzano la nostra regione: dalla “San Felice”, tipica “cultivar” di Giano e dintorni, passando per la “Dolce Agogia”, caratteristica varietà del Trasimeno, alla “Raja” di Spoleto, fino a concludere con il “Moraiolo”, la “cultivar” autoctona maggiormente diffusa in Umbria. Varietà di oli locali che si sono sposati con altri prodotti caratteristici della tradizione contadina tra cui olive condite, pane con le olive, olive e cacio. “Un’occasione – ha sostenuto Sonia Chellini – che accresce il numero delle iniziative di Slow Food per la salvaguardia della biodiversità, ovvero di tutto ciò che è sempre stato presente, curato e coltivato da un punto di vista agroalimentare in determinati territori. A Giano, in occasione de Le Vie dell’Olio, si parla della Comunità dell’Olivo, perché in Umbria esiste una Comunità del cibo che raggruppa le popolazioni intorno a delle particolari cultivar d’olivo e non si può ignorare l’importanza della socialità e dell’aggregazione che esistono intorno a questi prodotti agroalimentari”. Il secondo e ultimo appuntamento di questa edizione de Le Vie dell’Olio ha, invece, coinvolto gianesi e visitatori nella “Festa della Frasca”, l’antica tradizione legata alla “buonfinita” della raccolta e della lavorazione delle olive che un tempo si svolgeva nelle grandi aie contadine. Per l’occasione, la popolazione locale ha addobbato un grande tralcio di ulivo con fiocchi, nastri e piccoli doni sopra un carro trainato da buoi e seguito dai coglitori in abito tradizionale ed ha attraversato le vie del centro storico di Giano fino ad arrivare nella piazza principale per festeggiare la “buonfinita” con prelibate degustazioni di bruschette, olio novello, prodotti tipici locali e bevendo vino a suon di “saltarello” con la compagnia del gruppo folkloristico “Agilla e Trasimeno”. “Uno straordinario successo di pubblico ma anche di una formula che unisce folklore e degustazioni a contenuti più spiccatamente culturali e di divulgazione – ha sottolineato il Sindaco di Giano dell’Umbria Paolo Morbidoni, che ci confermano come il “turismo dell’olio”, sia uno strumento fondamentale non solo per la promozione dei territori, ma anche per la conoscenza del prodotto olio di oliva e per favorire forme di commercializzazione diretta di cui beneficiano soprattutto i piccoli produttori e i piccoli frantoi che non hanno mezzi adeguati per competere su mercati sempre più complessi” .  
   
   
ACETO DI POMODORO MUTTI: UN’INNOVAZIONE NATA DALLA PASSIONE PER IL POMODORO  
 
Da una tradizione di lavorazione più che centenaria, dall’esperienza e dalla passione per il pomodoro lavorato in modo attento e scrupoloso nasce una specialità tutta nuova: l’Aceto di Pomodoro Mutti. Una novità unica ed esclusiva dal profumo gradevole e intenso, dal gusto sapido, ricco e deciso, non aspro ma meno dolce dei condimenti balsamici. Un gusto rotondo, in linea con il desiderio crescente dei consumatori di nuovi e imprevedibili sapori per allietare e sorprendere il palato. L’aceto di Pomodoro Mutti è il frutto di una lunga sperimentazione condotta nel corso delle ultime due campagne produttive, finalizzata ad un ottenimento del prodotto solo con metodi naturali. Il risultato della prima fase di produzione è un semilavorato, che deve avere specifiche proprietà, quali l’elevata percentuale di zuccheri, l’assenza totale di parti fibrose e, soprattutto, deve mantenere le caratteristiche organolettiche del pomodoro fresco. La base di partenza del semilavorato è il famoso Triplo Concentrato Mutti, un prodotto assolutamente naturale ottenuto per evaporazione del frutto, che presenta un elevato residuo zuccherino. Quindi, ottenuta la giusta quantità di zuccheri e garantito il mantenimento delle caratteristiche organolettiche del pomodoro, la seconda fase consiste nell’eliminare la presenza di fibre. Coerentemente alla propria filosofia, Mutti non impiega alcun additivo chimico ma, come sempre, opta per un processo totalmente naturale che permette, senza alterare le qualità organolettiche del pomodoro, di separare la parte liquida (il succo) da quella solida (le fibre). A questo punto il semilavorato viene affidato a mani esperte, alle maestranze di uno storico acetificio italiano: una garanzia di qualità e tradizione verificata direttamente da Mutti con ripetute visite allo stabilimento che hanno permesso di conoscerne meglio i processi produttivi e testarne l’affidabilità. La genuinità e la qualità finora preservate devono ritrovarsi integralmente nel prodotto finito. La differenza tra l’Aceto di Pomodoro Mutti e un condimento tradizionale risiede nella materia prima: solo pomodoro, attentamente selezionato da un’azienda che ha alle spalle oltre un secolo di cultura del pomodoro. Dell’aceto tradizionale mantiene solo la doppia fermentazione alcolica e acetica, completata da un processo di chiarificazione, per eliminare eventuali impurità residue, a cui segue l’imbottigliamento in bottiglie da 500 ml. Un gusto nuovo e inaspettato, non solo condimento ma complemento di gusto, capace di soddisfare i palati più esigenti. Qualche consiglio sull’utilizzo dell’Aceto di Pomodoro… § aggiunto in cottura ad arrosti, carni ai ferri e in padella sprigiona tutta la sua piacevole § morbidezza e l’intensità del suo aroma e rende più saporiti i bolliti § valorizza i ripieni di carne, verdure e pesce § rende più appetitosi polpette, polpettoni, e hamburger § esalta il gusto dei contorni a base di verdure cotte o crude § è perfetto per tutte le ricette di pesce alla griglia, al cartoccio, marinato o saltato in padella § aggiunto in cottura al sugo di pomodoro gli conferisce un aroma gradevole e unico § unito al mascarpone o a formaggi molli come crescenza, ricotta o taleggio e scaglie di grana permette di portare in tavola un secondo veloce, stuzzicante e goloso. Scheda prodotto Confezione: bottiglia in vetro da 500 ml Prezzo al pubblico consigliato: 1,90 Euro. Canali distributivi: catene retail, iper e super .  
   
   
BRISU’, UNA DELIZIA PER IL PALATO TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE, LA BRISAOLA AFFUMICATA  
 
A Livigno nasce Brisù, la prima brisaola affumicata, una nuova delizia per i gourmet d’alta quota. Tra storia e leggenda Nelle lunghe serate innevate, a Livigno si racconta che tra i boschi viveva un animaletto vivace e goloso, il Daϋ. Nella sua baita nascondeva i cibi che preferiva: pigne, pane, cannella e bresaola, anzi brisaola come si dice a Livigno. Un giorno però la baita del Daϋ si incendiò e tra i legni carbonizzati, il nostro piccolo amico ritrovò le sue brisaole, ma tutte annerite dal fumo. Ne assaggiò una, il sapore era nuovo, leggermente affumicato, ma talmente buono che da quel giorno le sue brisaole sarebbero state tutte affumicate. La chiamò Brisù, “la Brisaola affumicata consigliata dal Daϋ”, e solo oggi la ricetta segreta ci è stata svelata e tutti potranno assaggiare questa delizia. Chi è il Daϋ Il Daϋ, da sempre mascotte di Livigno, è stato anche testimonial dei Mondiali di Mountain Bike nel 2005. E’ un animale schivo e solitario che sfugge il contatto con l´uomo. Si racconta che a Livigno, percorrendo la valle che dalla Tresenda porta al Ghiacciaio delle Mine, con un po´ di fortuna lo si può incontrare, ma è bene sapere che è possibile vederlo una sola volta nella vita. Il Daü vive sopra i 2000 metri. Per adattarsi ai pendii scoscesi, le sue zampe sono cresciute in modo asimmetrico, più lunghe sul lato destro nel maschio e sul lato sinistro nella femmina. E´ per questo che il Daü non scende mai a fondovalle: sui terreni pianeggianti, si dice che continui a girare in tondo. Sono grandi divoratori di pigne, pinoli, bastoncini di cannella e brisù, amano rilassarsi a fine giornata rotolandosi su legnetti di larici per grattarsi la schiena e profumarsi il pelo. Da oggi il nostro piccolo amico, è diventato testimonial del Brisù, prodotto tipico livignasco di cui va ghiotto. I gioielli di Livigno Livigno, regno dell’extra doganalità, a circa 2000 metri dal livello del mare, dove l’aria pulita, le piste sciistiche e le tipiche passeggiate montane si uniscono perfettamente alla cucina tradizionale valtellinese e allo shopping tax free, oggi si arricchisce di un nuovo ed esclusivo prodotto: il Brisù. Le origini del Brisù La parola Brisù prende spunto dal termine ‘brasa’, cioè la brace, usata in passato per l’asciugatura dei salumi. Ed è proprio da questa antica tradizione che Sergio Cantoni, proprietario della Alpi di Livigno, è stato ispirato per lasciare ai buon gustai d’alta quota il Brisù con il suo sapore senza eguali. Com’è fatto il Brisù E’ ottenuto da carne di manzo (punta d’anca), che dopo essere stata massaggiata per giorni con erbe aromatiche rupestri spontanee, sale, pepe e vino rosso delle terrazze retiche valtellinesi, viene fatta essiccare all’aria, non prima di subire un affumicamento in apposite celle con legni pregiati di pini e conifere che lasciano un leggero ed intrigante sapore di fumo ed al taglio rende ancora più intenso il tipico colore della brisaola. Dove trovare il Brisù Per tutti i palati sopraffini, i golosi o i semplici curiosi che desiderano gustare il Brisù nel luogo in cui è nato e scoprire nuovi sapori tra il rispetto della tradizione e la ricerca di innovazione c’è la Casa del Formaggio, con una saletta, riscaldata da un antico camino, con tavoli e panche in legno per le degustazioni. Inoltre il Brisù, “la Brisaola affumicata consigliata dal Dau”, può essere acquistato in tutti i punti vendita di Livigno insieme ad altri sapori antichi ormai dimenticati come la luganega de pasola, ovvero il salame alle rape di alta montagna, il pane al colostro, il formaggio d’alpe, il formaggio a crosta rossa, quello ubriaco, il borsat e potol-insaccato di carni di pecora, e molti altri prodotti tipici valtellinesi. Qualche suggerimento Brisù e champignon - Per esaltare il sapore speziato del Brisù Eliminare la parte terminale del gambo degli champignon, raschiare con la lama di un coltellino il gambo rimasto per eliminare la terra e pelate le cappelle, quindi affettarli a julienne nel senso della lunghezza. Disporre il Brisù nei piatti individuali, distribuire al centro gli champignon. Condite con un filo d´olio, sale, pepe e cospargete di origano. Fettuccine al Brisù – Per dare un gusto nuovo alla pasta Tagliare il Brisù a striscioline; tritare finemente la cipolla. In una padella scaldare l´olio, unirvi la bresaola e la cipolla e farle rosolare per 3 minuti circa. Aggiungere i pomodori tagliati a dadini e il vino da far evaporare a fuoco vivace. Nel frattempo cuocere la pasta, scolarla e condirla con il sugo e il pepe: mescolare e portare a tavola. Il Brisù è prodotto e distribuito da Alpi S. R. L. .  
   
   
ILLY E BIALETTI: UNA SCOPERTA CHE RIVOLUZIONA IL MODO DI PREPARARE IL CAFFÈ CON LA MOKA  
 
Illycaffè e Bialetti Industrie, leader di qualità nel mondo del caffè, hanno siglato una partnership strategica per l’applicazione di una scoperta – il taglio della coda di estrazione – che fa evolvere la storica tecnologia di estrazione della moka express, verso un nuovo standard d’eccellenza. L’invenzione è frutto di sei anni di studio del centro di Ricerca & Sviluppo della illycaffè, finalizzato a raggiungere la massima esaltazione aromatica del caffè preparato con la moka. La possibilità di ottenere una bevanda con una elevata corposità e priva di difetti è stata risolta, definendo e controllando strettamente tutto il processo di estrazione e rimuovendone la fase finale, denominata “coda di estrazione”, causa degli aromi negativi del caffè preparato con la moka. Bialetti, inventore nel 1933 della Moka Express, ha sviluppato una tecnologia che permette di applicare su scala mondiale la scoperta di illycaffè contribuendo alla messa a punto organolettica del caffè estratto con il “taglio della coda”. Dalla collaborazione delle due aziende, nascerà una nuova caffettiera Bialetti che sarà lanciata in occasione del prossimo Macef. .