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LUNEDI

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Notiziario Marketpress di Lunedì 21 Gennaio 2013
GIUSTIZIA ITALIANA: DIFFAMAZIO​NE SU FACEBOOK EQUIPARATA A QUELLA SULLA STAMPA  
 
Una sentenza del Tribunale di Livorno ha riconosciuto l´aggravante alle offese diffuse in rete: insultare qualcuno sulla propria pagina facebook può essere considerato "un delitto di diffamazione aggravato dall´aver arrecato l´offesa con un mezzo di pubblicità" equiparato "sotto il profilo sanzionatorio alla diffamazione commessa con il mezzo della stampa". Come riferisce Il Tirreno, al centro del caso le affermazioni offensive contro l´azienda e l´ex datore di lavoro pubblicate sulla sua bacheca facebook da Rossella Malanima, 27 anni, dopo essere stata licenziata dal centro estetico in cui lavorava. La ragazza ha usato anche espressioni a sfondo razzista nei confronti del datore di lavoro, che è albanese. Il giudice ha richiamato l´articolo 595, terzo comma del codice penale, in cui il reato di diffamazione è punito più severamente nel caso in cui l´offesa sia recata con il mezzo della stampa così come attraverso "qualsiasi altro mezzo di pubblicità". Secondo il giudice livornese, facebook ha una "diffusione incontrollata". Esprimersi su facebook implica quindi una "comunicazione con più persone alla luce del cennato carattere pubblico dello spazio virtuale in cui si diffonde la manifestazione del pensiero del partecipante che entra in relazione con un numero potenzialmente indeterminato di partecipanti e quindi la Conoscenza da parte di più persone e la possibile sua incontrollata diffusione". La giovane è stata condannata a pagare una multa di 1.000 euro  
   
   
GIUSTIZIA TEDESCA: GOOGLE NON È RESPONSABILE PER IL SERVIZIO “AUTOCOMPLETE”  
 
Secondo i giudici di Colonia, Google non è responsabile della funzione di completamento automatico del suo motore di ricerca. Ciò perchè l’utente medio di internet è in grado di comprendere che le parole visualizzate non hanno alcun riferimento sostanziale rispetto al termine inserito, ma anticipano il risultato di una analisi tecnica fondata su query simili (Olg Köln, Az. 15 U 199/11, 10 maggio 2012)  
   
   
GIUSTIZIA NEOZELANDESE: GOOGLE NON HA RESPONSABILITÀ EDITORIALE PER I RISULTATI OTTENUTI CON IL SUO MOTORE DI RICERCA  
 
In Neo Zelanda il giudice è stato adito per ottenere un provvedimento d’urgenza contro Google perchè il suo motore di ricerca presentava tra i risultati alcune affermazioni, postate negli Stati Uniti, che lo diffamavano. Il giudice ha ritenuto di dover rigettare la domanda perché non vi è condivisione di opinioni sulla natura editoriale di Google e, quindi, non è possibile attribuirgli la responsabilità per i materiali diffusi (High Court of New Zealand, A v Google New Zealand Ltd [2012] Nzhc 2352 , 12 settembre 2012)  
   
   
VULNERABILITÀ ZERO DAY DI JAVA  
 
Symantec è a conoscenza ed ha reso noti i dettagli tecnici riguardanti la recente vulnerabilità Zero Day di Java, che consente ai criminali di installare un malware sui computer degli utenti interessati che visitano siti web compromessi: - Java Zero-day Dished Up from Cool Exploit Kit - Additional Protection for Recent Java Zero-day Il Department of Homeland Security degli Stati Uniti ha consigliato agli utenti di disabilitare Java nei browser fino a quando Oracle abbia rilasciato una patch per questa vulnerabilità. Oracle ha rilasciato, domenica 13 gennaio, una patch per risolvere questa vulnerabilità. I clienti di Symantec sono protetti contro questa vulnerabilità. Symantec rileva i file Jar provenienti dai diversi exploit kit quali Trojan.maljava e offre inoltre la protezione con Trojan.maljava!gen26. Inoltre, Symantec ha rilasciato le seguenti signature Ips per bloccare in modo proattivo i file Jar maligni associati a questi tentativi di exploit: - 26102 - Trojan.ransomlock.g Download - 25738 - Web Attack:malicious Jar File Download 11 - 26084 - Web Attack: Cool Exploit Kit Website - 26250 - Web Attack: Cool Exploit Kit Pdf Download - 26364 - Web Attack: Malicious Java Download Cve-2013-0422 - 26357 - Web Attack: Java Jmx Rce Cve-2013-0422 - 26358 - Web Attack: Java Jmx Rce Cve-2013-0422 2 Bloccando i file Jar contenenti l´exploit, non si verificheranno il download e l´esecuzione di altri file dannosi. “Questo tipo di attacchi, rivela come i cyber criminali siano sempre attivi e cerchino con tutti i mezzi di sfruttare le vulnerabilità degli utenti,” ha dichiarato Marco Bavazzano, Director Security Strategist per la Southern Region di Symantec. “Mantenersi costantemente aggiornati sull’evoluzione delle minacce, è il primo passo fondamentale per garantire una corretta gestione dei rischi legati alla cyber security. Per questo motivo, Symantec ha organizzato la Cyber Readiness Challenge, una sfida di sicurezza per le aziende che si terrà a Milano e Torino nel prossimo mese di marzo 2013, il cui obiettivo è dare alle aziende la possibilità di verificare l’adeguatezza delle proprie conoscenze di fronte all’attuale scenario delle minacce.”  
   
   
IMPENNATA DI ROGUE CLOUD E ALTRI COSTI NASCOSTI  
 
Secondo quanto emerge dalla recente ricerca di Symantec Corp. Avoiding the Hidden Costs of Cloud 2013 Survey, le aziende stanno in larga parte migrando al cloud per ottenere vantaggi competitivi per quanto riguarda la velocità, l’agilità e la flessibilità. Però altri risultati chiave della ricerca dimostrano che le aziende enterprise e le Pmi stanno subendo un aumento dei costi legati all’uso di rogue cloud, di backup e recovery complessi e di un cloud storage inefficiente. Per rogue cloud si intende l’utilizzo da parte delle aziende di applicazioni cloud pubbliche che non sono gestite o integrate all’interno dell’infrastruttura It dell’azienda. Gli esperti del settore prevedono che nel 2013 sorgeranno diverse questioni riguardanti le pressioni finanziarie e le sfide alla sicurezza poste dal cloud computing: le implementazioni rogue cloud rappresentano una insidia in termini di costi, riscontrata in più di tre quarti (77%) delle aziende nel corso dell’ultimo anno. · Sembra anche essere un problema vissuto maggiormente da parte delle aziende enterprise (83%), a causa della loro maggiori dimensioni, piuttosto che dalle Pmi (70%).· Tra le aziende che hanno segnalato problemi di rogue cloud, il 40% ha subito l’esposizione di informazioni riservate, e più di un quarto ha affrontato problemi di acquisizione di account, cancellazione di proprietà Web, o furto di beni o servizi. · Il motivo più comunemente citato per la realizzazione di progetti di rogue cloud è il risparmio di tempo e di denaro. La ricerca mostra che ignorare i costi nascosti avrà un impatto cruciale sulle imprese. Tuttavia, questi problemi possono essere facilmente mitigati grazie ad un’attenta pianificazione, implementazione e gestione: focalizzazione delle policy in materia di informazioni e persone, non delle tecnologie o delle piattaforme; educare, monitorare e far rispettare le policy; adottare strumenti che siano indipendenti dalla piattaforma; deduplicare i dati nel cloud  
   
   
SICURO E SODDISFATTO: LA VITA DEL COMMESSO VIAGGIATORE NELL´ECONOMIA DEL PRECARIATO  
 
Un´indagine Univendita traccia il profilo dei professionisti del "porta a porta". Sicuro e soddisfatto: la vita del commesso viaggiatore nell´economia del precariato Oltre un terzo degli addetti alla vendita non cambierebbe lavoro neppure per un impiego fisso e per oltre la metà dai 35 anni in su è una scelta di vita. Una professione di facile accesso, che garantisce sicurezza, che è frutto di una scelta precisa, che si sta dimostrando anticiclica in anni di crisi e con un alto livello di soddisfazione. È l´istantanea dell´attività di incaricato alla vendita "scattata" dall´indagine "Vita di un commesso viaggiatore: una professione stabile nell´economia del precariato" condotta da Univendita fra gli incaricati delle aziende associate. L´indagine, effettuata tramite un questionario compilato on line, ha visto la partecipazione di 750 incaricati alla vendita, rappresentativi per sesso, età e stato civile della composizione della forza vendita delle dieci aziende associate Univendita, che nel 2012 hanno superato i 60mila addetti. Il campione di incaricati vede, infatti, una netta prevalenza della componente femminile (81,3%), la maggioranza di persone coniugate (77%) e una distribuzione anagrafica che colloca gli addetti per il 33,2% nella fascia 45/54 anni, per il 26,3% nella fascia 35/44, per il 17,7% nell´intervallo 25/34 anni e per il 15,1% nell´intervallo 55/64 anni. Primo aspetto che emerge dall´indagine: quella dell´incaricato alla vendita è un´occupazione sicura. Infatti il 42% degli incaricati è in azienda da oltre 6 anni e un ulteriore 13,1% da 3 a 6 anni. Indicativo il trend nelle fasce dei cosiddetti esodati, ossia chi ha perso il lavoro in età matura, ma è ancora lontano dalla pensione: l´alta percentuale di persone fra i 45 e i 54 anni che lavorano per un´azienda di vendita a domicilio da meno di un anno è pari al 17%, fra 1 e 3 anni del 20%; se ci si sposta alla fascia d´età successiva, fra gli addetti alla vendita di età compresa fra i 55 e i 64 anni, quasi il 10% ha un´anzianità aziendale tra 1 e 3 anni. «Questa è la prova che la vendita a domicilio svolge una funzione anticiclica per le dinamiche del mondo del lavoro -commenta il presidente di Univendita Luca Pozzoli- rappresenta, infatti, un´occasione concreta di impiego con il vantaggio di non avere barriere all´ingresso sia per chi in età matura, come gli over 55, ha perso l´occupazione, sia per i giovani, come gli under 35, alla faticosa ricerca di un´occupazione». A testimoniarlo la percentuale di under 25 (il 24%) che è in azienda da più di un anno e meno di tre, quindi che ha vissuto con ogni probabilità nelle aziende della vendita a domicilio una delle prime esperienze lavorative, e il 33% delle persone nella fascia 25/34, quindi nel momento in cui si matura una professionalità. A riprova del carattere di sicurezza della professione, la tipologia di attività: il 64,7% del campione ha nella vendita a domicilio l´unico lavoro, contro il 35,3% che ne svolge anche un altro; il 59,3% lo svolge part time e il 40,7% a tempo pieno. A sfatare un luogo comune, che vorrebbe l´addetto alla vendita a domicilio come ultima ratio di chi è alla ricerca di un lavoro, l´alta percentuale, il 57%, di chi ha intrapreso la professione entro un mese dall´ultimo impiego. «E se per il 57% degli incaricati sono passati meno di trenta giorni per cominciare questo lavoro è segno che siamo in presenza di una precisa volontà e di una chiara scelta professionale» -nota Pozzoli. Ma c´è un altro aspetto da considerare nella professione dei commessi viaggiatori del ventunesimo secolo: il fattore soddisfazione. Dall´indagine emerge un grado di soddisfazione altissimo: il 95% degli incaricati, infatti, spende un giudizio positivo sulla propria attività. Una percentuale ancor più significativa se confrontata con i risultati emersi nel convegno organizzato in dicembre a Roma da Isfol ed Eurofound sulla qualità del lavoro in Europa e Italia. Se, come detto, il 95% del campione addetti Univendita esprime soddisfazione per il proprio impiego, la percentuale scende a meno dell´85% in Europa e a meno dell´80% in Italia. Tornando all´indagine, e a ulteriore riprova della sicurezza della professione, c´è il fatto che oltre un incaricato su tre non cambierebbe lavoro neppure per un posto fisso da dipendente. «È indicativo che nemmeno un mito come quello del posto fisso, radicato così profondamente nella cultura italiana, convinca a lasciare questa professione -conclude Pozzoli-; soltanto il 26% cambierebbe il proprio lavoro di incaricato alla vendita con uno più "tradizionale", mentre il 35,6% si dice pronto a valutare l´opzione. Se pensiamo che il 52% degli addetti dai 35 anni in su si dice sicuro di svolgere ancora questa professione tra 5 anni è segno che il lavoro di incaricato alla vendita offre prospettive nel medio periodo; il che non è poca cosa in tempi di precariato diffuso». Info: Univendita - www.Univendita.it  
   
   
VERIZON: ATTACCHI AI SISTEMI DI AUTENTICAZIONE E ALLE APPLICAZIONI WEB SONO LE MINACCE PIÙ PROBABILI NEL 2013  
 
Nonostante numerosi esperti di sicurezza concordino sulle tipologie di minacce che più probabilmente le aziende dovranno affrontare nel 2013, ovvero attacchi contro il cloud, i dispositivi mobili e una cyberwar globale, i ricercatori del “Verizon Data Breach Investigations Report” sono giunti a considerazioni diverse: gli attacchi più probabili riguarderanno i sistemi di autenticazione, lo spionaggio e l´hacktivismo, gli attacchi alle web application e il social engineering. I risultati ottenuti dai membri del Risk (Research Intelligence Solutions Knowledge) Team di Verizon si basano su dati relativi a un periodo di otto anni e migliaia di casi documentati, e sono stati presentati nel 2012 Data Breach Investigation Report, pubblicato qualche mese fa. ”Molti esperti in sicurezza si limitano a fare previsioni fondate su opinioni e aneddoti, mentre i ricercatori di Verizon si basano su prove empiriche per aiutare le imprese a focalizzarsi su ciò che sarà, e non sarà, realmente importante in questo 2013”, ha commentato Wade Baker, autore principale del Data Breach Report. “In primo luogo non ci sarà, a nostro avviso, una cyberwar globale, sebbene sia comunque possibile”, ha proseguito. “Piuttosto riteniamo che, nel 2013, i possibili attacchi ai danni delle aziende possano essere rappresentati da attacchi poco visibili, lenti ma sistematici”. Il Risk Team di Verizon ha identificato le minacce più probabili: · Primi fra tutti, con il 90% di probabilità, gli attacchi e i malfunzionamenti correlati ai sistemi di autenticazione, come username e password vulnerabili o sottratte, che spesso costituiscono l´evento iniziale di uno scenario di violazione. “Nove intrusioni su dieci hanno compromesso sistemi di autenticazione o identificazione, per questo le imprese devono necessariamente assicurarsi di poter fare affidamento su di un solido processo di creazione, gestione e monitoraggio degli account e delle credenziali per tutti i loro sistemi, i dispositivi e le reti”, ha evidenziato Baker. · Gli attacchi alle applicazioni Web, che tendono a colpire in maniera particolare grandi imprese ed enti governativi piuttosto che le aziende di piccole e medie dimensioni. Secondo quanto riferito dal Risk Team, le probabilità che si verifichino questi tipi di attacchi sono 3 su 4. “Sulla base di queste valutazioni, le imprese che scelgono di ignorare lo sviluppo di applicativi di sicurezza e di assessment incorreranno in seri pericoli durante il 2013”, ha sottolineato Baker. · Il social engineering, che mira agli individui piuttosto che alle macchine, si basa sull´inganno per avere successo. “L´uso di tattiche social come il phishing triplica quando si parla di grandi imprese ed enti governativi”, ha precisato Baker. “È impossibile eliminare completamente l´errore umano o la debolezza all’interno di un´azienda; è però possibile adottare comportamenti di vigilanza e formazione dei dipendenti con l´obiettivo di agevolare i controlli e limitare questo tipo di schemi”. Baker ha aggiunto che gli attacchi mirati, architettati da potenziali avversari per ragioni di spionaggio e hacktivismo – ovvero azioni dirette contro un sistema per motivi di natura politica o sociale – sono destinati a permanere, perciò “è essenziale restare vigili su questo fronte”. Il Risk Team inoltre non ritiene che un problema nella tecnologia o nella configurazione cloud di un´azienda possa essere la principale causa di una violazione. Tuttavia, il service provider di un’organizzazione potrebbe inavvertitamente aumentare la probabilità di una violazione non adottando provvedimenti adeguati o applicando quelli inappropriati. Per quanto concerne i dispositivi mobili persi, rubati e non criptati, i ricercatori Verizon prevedono che questi casi continueranno a superare per numero gli eventi di hacking e malware. Il Risk Team ritiene inoltre che gli attacchi ai dispositivi mobili da parte di gruppi criminali aumenteranno con il cresere dei pagamenti mobili nel mondo business e consumer. “Ci sono buone possibilità di assistere a questo cambiamento nel 2013; i nostri ricercatori ritengono però che i dispositivi mobili resteranno un vettore per la realizzazione di attacchi ai danni delle grandi imprese anche oltre il 2013”, ha puntualizzato Baker. Le grandi organizzazioni tendono a inorgoglirsi delle proprie strategie di sicurezza e dei relativi piani; la realtà è un po´ diversa, in quanto è meno probabile che una grande realtà identifichi autonomamente una violazione piuttosto che questa venga notificata dalle forze dell’ordine. “E laddove riuscisse a identificarla, sarebbe per puro caso”, ha concluso Baker. “Ricordate che tutte queste violazioni possono continuare a rappresentare un problema per le aziende. Detto questo, riteniamo che vi sia una sopravvalutazione in merito, almeno stando ai nostri dati storici, e che siano meno importanti ai fini del successo degli attacchi di quanto si possa pensare”. Info: Verizon - www.Verizon.com    
   
   
AAA CERCANSI GIOVANI FACEBOOKIANI E TWITTERIANI  
 
Sicuramente non è sfuggito a nessuno che negli ultimi tre anni sempre più aziende, piccole o grandi che siano, locali, nazionali ed internazionali, chiudono le proprie pubblicità in tv, per radio e su ogni altro mezzo con la frase: “Seguici su Facebook, Twitter e Youtube”, ossia invitano la propria clientela, effettiva e potenziale, a non limitarsi al messaggio promozionale appena ricevuto ma a continuare a restare “in contatto” con l’azienda attraverso i social media. Quello che probabilmente invece sfugge ai più è che “dietro” a questo servizio ci deve essere una persona (in alcuni casi anche più di una) che fisicamente legge, risponde, posta, twitta, consiglia, promuove, insomma, gestisce i vari profili per conto dell’impresa, questo vuol dire che si sta quindi sempre più delineando una nuova professione che va sotto il nome di “Social Media Marketing Expert”. Questo interessante aspetto lavorativo non è però sfuggito all’Istituto “Galilei Costa” di Lecce che ha come prassi consolidata quella di osservare con attenzione e con lungimiranza quello che succede “fuori” dalle proprie aule, in maniera tale da indirizzare la preparazione tecnica rivolta ai propri studenti nella direzione più giusta e più opportuna, ossia là dove la possibilità di trovare un lavoro è più elevata. Lo ha fatto nel 1995 quando albeggiava la parola “Internet” (prima scuola in Italia ad attivare un web server in casa), lo ha fatto nel 2002 quando cresceva la domanda di progettisti di siti e portali (web manager) e lo sta facendo di nuovo ora, quando all’orizzonte si sta delineando questo nuovo profilo professionale. D’altronde, non poteva non accorgersene in quanto, essendo i suoi stessi studenti impegnati ad utilizzare e a “sfruttare” tutte le potenzialità dei social network per le proprie attività di studio e di applicazione, in campo turistico (con “Repubblica Salentina”), agro-alimentare (Dieta Med-italiana), ambientale (Salento Ecoday, Movimento 5 Selle) e sociale (Gpace), inizia a ricevere da parte di alcune aziende del territorio sempre più richieste e proposte proprio in termini di applicazione approfondita di Facebook, Twitter, Youtube e gli altri “social” per la promozione di prodotti e servizi. E’ il caso, ad esempio, della pasticceria Cafè dei Napoli di Alliste che ha affidato a quattro studenti della scuola la promozione del suo “Pansorriso”, è il caso di alcuni panifici che hanno chiesto ad alcuni altri studenti di promuovere l’immagine delle locali “friselle” ed è il caso di altre due aziende che proprio in questi giorni stanno stringendo rapporti di lavoro con l’attenta scuola leccese. Ed è per questo motivo che i docenti del “Galilei Costa” hanno deciso, dall’anno venturo, di orientare parte della formazione in termini di marketing, di comunicazione e di informatica proprio nell’uso e nell’applicazione dei più importanti social media, cosa che va ben oltre l’uso “normale” che i giovani ne fanno oggi (postare stati, twittare, taggare, commentare e condividere). Nello specifico, la figura del Social Media Marketing Expert deve avere adeguate capacità di scrittura, padroneggiando registri linguistici differenti, deve avere una vasta cultura generale, sia umanistica che economica, che gli permetta di interfacciarsi in modo idoneo con diversi tipi di interlocutori, deve avere una conoscenza del web approfondita, deve conoscerne i meccanismi, le dinamiche e l’estrema flessibilità, deve avere una buona conoscenza dei più comuni software informatici, ma anche una conoscenza discreta del linguaggio html, infine deve essere anche a conoscenza del marketing tradizionale. Tutte competenze, queste appena descritte, a cui i docenti della scuola salentina lavorano già da diverso tempo e, a giudicare dalla considerazione e dal prestigio che l’istituto negli ultimi anni è riuscito a guadagnarsi in tutta Italia, stanno ottenendo un discreto successo  
   
   
MBA TIME: SALONE INTERNAZIONALE VIRTUALE DEDICATO ALLA FORMAZIONE  
 
Nei giorni 24, 25 e 26 gennaio 2013, giovani dirigenti ad alto potenziale potranno accedere al Mba-time, il salone completamente virtuale degli Mba, che riunisce le scuole e le istituzioni di fama mondiale più prestigiose, riconosciute per la loro eccellenza nella formazione manageriale. Per tre giorni, 24 ore su 24, nel corso del salone, organizzato dall’agenzia di comunicazione online Btob Espace Direct, ognuno potrà spostarsi, virtualmente e intuitivamente, su questa piattaforma 3D per scoprire e scegliere la formazione adeguata. Mba-time è un concetto adattato ai giovani dirigenti che garantisce un innegabile risparmio di tempo e un accesso semplificato alle informazioni: presso ogni stand, i visitatori/candidati potranno vedere i filmati di presentazione, scaricare gli opuscoli dei programmi e discutere in tempo reale con i responsabili pedagogici di ciascuna scuola, i quali risponderanno a tutte le loro domande. Mba-time propone conferenze su temi e argomenti di attualità manageriale come, ad esempio, “Opportunità e rischi nel mondo”. Riunioni plenarie che possono ospitare fino 100 persone, oppure workshop più confidenziali organizzati dalle scuole fuori dall’orario di lavoro (durante la pausa pranzo o in serata). Al salone saranno presenti le scuole internazionali più prestigiose, europee e nord-americane, ognuna con le sue caratteristiche, le sue specificità, la sua visione del management e la sua cultura del business. Al salone saranno presenti, in particolare, le scuole francesi Hec Parigi, Essec & Mannheim, Escp Europa e l’Eml, la Said Business School (Oxford), l’Ie Business School (Madrid) e Hec (Montréal). Per Essec Executive Education partecipare al Mba-time, salone virtuale dell´Mba, corrisponde a una duplice strategia. - dice Laurent Ploquin, Direttore Commerciale per i programmi inter-società - Innanzitutto, appropriarsi di un nuovo strumento di comunicazione di sicuro avvenire; poi, acquisire rapidamente visibilità internazionale e sensibilizzare le nuove generazioni di quadri e dirigenti a forte potenziale. Partecipare al salone Mba-time è un´iniziativa coraggiosa, perché per noi la selezione del personale ha un ruolo molto importante. – dice Michel R. Fillion, Direttore dell’ Mba Mcgill-hec Montréal - Questa piattaforma, ben progettata e organizzata, ci permetterà di scambiare pareri sul nostro Emba con giovani dirigenti provenienti dal mondo intero. Info: http://www.mba-time.com/  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA (CORTE DI GIUSTIZIA): CONCESSIONE DIRETTA DEI LAVORI DI COSTRUZIONE E DELLA SUCCESSIVA GESTIONE DI UNA TRATTA AUTOSTRADALE (SENTENZA T-182/10, ASSOCIAZIONE ITALIANA DELLE SOCIETÀ CONCESSIONARIE PER LA COSTRUZIONE E L’ESERCIZIO DI AUTOSTRADE E TRAFORI STRADALI (AISCAT) / COMMISSIONE SOSTENUTA DA CONCESSIONI AUTOSTRADALI VENETE – CAV SPA) )  
 
Il «Passante di Mestre»,aperto nel 2009 in alternativa alla «tangenziale di Mestre» (A57) e all’autostrada A27, per collegare Padova o con Belluno o con Trieste, si proponeva di decongestionare le A57 e A27. La costruzione è stata affidata alla Cav Spa, partecipata dalla Regione Veneto e dell´Anas (a sua volta appartenente allo Stato italiano). La concessione per la gestione scadrà il 31 dicembre 2032. Quanto derivante dall’aumento del pedaggio applicato sulla Tangenziale consente allo Stato di recuperare le somme erogate per la costruzione. Nel 2008, l´Aiscat - ritenendo che le autorità italiane avessero affidato direttamente alla Cav la gestione e la manutenzione ordinaria e straordinaria del Passante, ha denunciato la violazione, da parte del governo italiano, delle norme Ue relative all’accesso al mercato, alla concorrenza e agli aiuti di Stato. La Commissione, escluso qualsivoglia ingiustificato vantaggio a favore della Cav, non ha dato seguito. L´aiscat reiterava però la denuncia, sotto il profilo dell’aggiudicazione senza gara e per l’aumento dei pedaggi sulle A57 e A27. La Commissione, con decisione del 2010, ha ritenuto soddisfatte le condizioni stabilite dalla giurisprudenza della Corte per l’aggiudicazione diretta della concessione e non ha rilevato violazione della direttiva 1999/62/Ce, sulla tassazione degli autoveicoli pesanti per trasporto di merci su strada per l’uso delle infrastrutture (essendo il pedaggio versato dagli utenti direttamente alla Cav, non sembrerebbero coinvolte risorse statali). Inoltre, considerando gli obblighi imposti alla Cav, ha escluso qualsiasi vantaggio indebito in suo favore. Infine, la circostanza che il governo italiano avesse riconquistato, attraverso l’aggiudicazione della concessione alla Cav, impresa detenuta da pubblici poteri, un mercato precedentemente liberalizzato, non comportava aiuto di Stato a favore della Cav. Non ha quindi dato seguito alla denuncia. L´aiscat ha chiesto al Tribunale Ue di annullare la decisione ed ha fatto valere che la costruzione del Passante è stata finanziata attraverso un aumento tariffario sulla Tangenziale ed ha prodotto un effetto distorsivo della concorrenza, sviando parte del traffico dalla Tangenziale al Passante. Il Tribunale giudica il ricorso irricevibile nella parte in cui contesta che la Commissione abbia escluso che l’attribuzione diretta della concessione per il Passante costituisce un aiuto di Stato. Lo considera invece ricevibile sotto il profilo della natura di aiuto di Stato dell’aumento del pedaggio (in merito, la Commissione ha fatto valere che quanto derivante dall’aumento del pedaggio sulla Tangenziale consente allo Stato di recuperare le somme erogate per la costruzione del Passante) Il Tribunale osserva che le somme sono riscosse dalle concessionarie che gestiscono le stazioni di esazione del pedaggio (Autovie Venete per la stazione di Venezia-est, Autostrade per l’Italia per la stazione di Venezia-nord e Cav per la stazione di Venezia-padova) o in loro nome da una società di Autostrade per l’Italia, per essere successivamente trasferite alla Cav, secondo modalità che variano in funzione del mezzo di pagamento utilizzato dall’utente. Le somme derivanti dall’aumento del pedaggio sono versate quindi alla Cav o dalla Autovie Venete e dalla Autostrade per l’Italia o dalla Telepass, quali società private. Esse circolano quindi direttamente ed esclusivamente fra società private, senza che alcun organismo pubblico ne acquisisca, nemmeno in modo temporaneo, il possesso o il controllo e non costituiscono pertanto un aiuto di Stato. Per queste ragioni, il Tribunale respinge il ricorso dell´Aiscat.  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: APPLICANDO ALIQUOTE IVA RIDOTTE AL DI LÀ DI QUANTO CONSENTITO DALLA DIRETTIVA IVA, LA SPAGNA È VENUTA MENO AI SUOI OBBLIGHI DERIVANTI DAL DIRITTO DELL’UNIONE  
 
La Spagna applica un’aliquota ridotta a categorie di beni più ampie rispetto a quelle previste dalla direttiva Iva nel settore dei prodotti farmaceutici e degli apparecchi medici La direttiva Iva [elenca le categorie delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi a cui gli Stati membri possono applicare un’aliquota Iva ridotta. In tali categorie rientrano i prodotti farmaceutici normalmente utilizzati per le cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per i trattamenti medici e veterinari, nonché gli apparecchi medici, il materiale ausiliario e gli altri strumenti medici, normalmente destinati ad alleviare o a curare invalidità, per uso personale esclusivo degli invalidi. Considerando che, in tale settore, la Spagna applicava un’aliquota ridotta a categorie più ampie rispetto a quelle previste dalla direttiva Iva, il 25 novembre 2010 la Commissione ha emesso un parere motivato invitando la Spagna a conformarvisi. Tale Stato membro ha ribadito la sua posizione secondo cui la legge spagnola sull’Iva era conforme alle disposizioni della direttiva Iva. In tale contesto, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso. Nella sentenza odierna la Corte di giustizia dichiara che la Spagna è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva Iva. In primo luogo, la Corte considera che l’applicazione di un’aliquota Iva ridotta alle sostanze medicinali che possono essere utilizzate abitualmente e in modo idoneo per la produzione di medicinali è contraria alla direttiva Iva. Infatti, la direttiva consente di applicare un’aliquota Iva ridotta soltanto ai prodotti finiti che possono essere utilizzati direttamente dal consumatore finale, ad esclusione dei prodotti utilizzabili per la produzione dei medicinali, i quali di norma devono essere ulteriormente trasformati. Tale interpretazione è corroborata dalla finalità delle aliquote ridotte, consistente nel rendere meno onerosi, e dunque più accessibili, taluni beni ritenuti particolarmente necessari al consumatore finale, sul quale, in definitiva, grava l’Iva. Tuttavia, la Corte rileva che, quando le sostanze medicinali possono essere commercializzate come prodotti finiti, senza dover essere mescolate ad altre sostanze – e sono dunque idonee ad essere utilizzate direttamente dal consumatore finale – esse possono essere assoggettate a un’aliquota Iva ridotta. In secondo luogo, la Corte dichiara che la direttiva Iva non consente l’applicazione di un’aliquota Iva ridotta ai «dispositivi medici, al materiale, agli apparecchi e agli strumenti che, oggettivamente considerati, possono essere utilizzati solamente al fine di prevenire, diagnosticare, trattare, alleviare o curare malattie o affezioni dell’essere umano o degli animali». Da un lato, la Corte segnala che tale tipo di beni non può essere compreso nella categoria di cui all’allegato Iii della direttiva Iva relativa agli apparecchi medici, al materiale ausiliario e agli altri strumenti medici, normalmente destinati ad alleviare o a curare invalidità, per uso personale esclusivo degli invalidi, in quanto la suddetta categoria riguarda soltanto l’uso umano, escludendo in tal modo qualsiasi uso veterinario. Dall´altro, tali beni non possono neppure essere considerati come rientranti nella nozione di «prodotto farmaceutico» ai sensi dell’allegato Iii della direttiva Iva. Pertanto, pur ammettendo che la nozione di prodotto farmaceutico ha un significato più ampio rispetto alla nozione di medicinale, la Corte respinge l´argomento della Spagna secondo cui tale nozione potrebbe comprendere ogni dispositivo, strumento, materiale o apparecchio per uso medico generale. Tra l’altro, l’applicazione delle aliquote Iva ridotte è intesa segnatamente a diminuire il costo di taluni beni essenziali a vantaggio del consumatore finale. Orbene, il costo dei dispositivi, degli strumenti, del materiale nonché degli apparecchi medici e veterinari è raramente sostenuto direttamente dal consumatore finale, trattandosi di prodotti principalmente utilizzati dai professionisti del settore sanitario per la fornitura di servizi, i quali possono, a loro volta, essere esentati dall’Iva. In terzo luogo, la Corte dichiara che l’applicazione di un’aliquota Iva ridotta agli strumenti e ai sussidi tecnici che possono essere utilizzati per alleviare le disabilità fisiche degli animali è contraria alla direttiva Iva. Infine, la Corte afferma che agli strumenti e ai sussidi tecnici essenzialmente o principalmente utilizzati per alleviare le disabilità fisiche degli esseri umani, e che non sono però destinati all’uso personale ed esclusivo degli invalidi, non può applicarsi un’aliquota Iva ridotta. Infatti, la direttiva Iva impone al riguardo che tali beni siano destinati all’uso personale esclusivo degli invalidi. Pertanto, non è giustificata l’applicazione di un’aliquota Iva ridotta ai dispositivi medici di uso generale utilizzati negli ospedali e dai professionisti dei servizi sanitari. Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento della Spagna secondo il quale alcuni dispositivi possono essere oggetto sia di un uso generale sia di un uso personale esclusivo da parte degli invalidi. La Corte ricorda la sua giurisprudenza secondo la quale l’applicazione di un’aliquota Iva ridotta ad un bene utilizzabile per svariati scopi, dipende, per ogni operazione di cessione, dalla concreta destinazione d’uso scelta dall’acquirente. (Corte di giustizia dell’Unione europea Lussemburgo, 17 gennaio 2013, Sentenza nella causa C-360/11 Commissione / Spagna)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: IL PUBBLICO DEVE AVERE ACCESSO ALLA DECISIONE URBANISTICO‑EDILIZIA SULL´INSEDIAMENTO DI UN IMPIANTO CON UN NOTEVOLE IMPATTO AMBIENTALE - LA TUTELA DEL SEGRETO COMMERCIALE NON PUÒ ESSERE INVOCATA PER RIFIUTARE L´ACCESSO  
 
Ai sensi della Convenzione di Aarhus, ove venga avviato un processo decisionale in materia ambientale, il pubblico interessato deve potervi partecipare sin dall´inizio, vale a dire dal momento in cui tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un´influenza effettiva. Inoltre, in via di principio, il pubblico deve poter consultare gratuitamente tutte le informazioni rilevanti ai fini del processo decisionale e deve poter contestare in sede giurisdizionale la legittimità di qualsiasi decisione adottata al termine di tale processo. Nel 2006, l´Ufficio urbanistico regionale di Bratislava (Slovacchia) ha adottato una decisione di assenso urbanistico‑edilizio all´insediamento di una discarica di rifiuti in una cava di terra per mattoni, denominata «Nová jama» (cava nuova). Successivamente, l’amministrazione slovacca per il controllo dell’ambiente ha avviato una procedura di autorizzazione, nell´ambito della quale alcuni privati cittadini, abitanti della città di Pezinok, hanno chiesto la pubblicazione della suddetta decisione urbanistico‑edilizia ed ha quindi autorizzato la costruzione e la gestione della discarica senza previamente pubblicare la decisione. A seguito di un ricorso amministrativo, l´organo di secondo grado per la protezione dell´ambiente ha confermato la decisione dell’amministrazione per il controllo dell’ambiente, previa pubblicazione della decisione urbanistico‑edilizia. Gli interessati hanno quindi adito i giudici slovacchi e il Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema di cassazione della Repubblica slovacca) ha chiesto alla Corte di giustizia di precisare la portata del diritto del pubblico di partecipare alle procedure di autorizzazione dei progetti aventi un notevole impatto sull´ambiente. Nella sua sentenza odierna, la Corte ricorda anzitutto che una norma procedurale nazionale non può rimettere in discussione la facoltà, spettante ai giudici nazionali, di investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale qualora essi nutrano dubbi in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione. Il giudice nazionale conserva dunque tale facoltà, anche quando una norma nazionale lo obblighi a conformarsi alla valutazione in diritto espressa dalla corte costituzionale slovacca e dovrà disapplicare gli apprezzamenti formulati da quest´ultimo giudice qualora essi si rivelassero in contrasto con il diritto dell’Unione. In quanto corte suprema, il Najvyšší súd Slovenskej republiky è peraltro obbligato a sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale. La Corte constata poi che la decisione di assenso urbanistico‑edilizio all’insediamento della discarica costituisce una delle misure in base a cui viene adottata la decisione definitiva di autorizzare o meno tale impianto. Inoltre, detta decisione contiene informazioni in merito all’impatto ambientale del progetto, alle condizioni imposte al gestore al fine di limitare tale impatto, alle obiezioni mosse dalle parti della procedura di assenso urbanistico‑edilizio e alle ragioni che hanno motivato le scelte effettuate dall’autorità competente per rilasciare tale decisione di assenso urbanistico‑edilizio. Essa contiene dunque informazioni pertinenti ai fini della procedura di autorizzazione alla quale il pubblico interessato deve poter avere accesso ai sensi della convenzione di Aarhus e della direttiva sulla prevenzione e la riduzione dell´inquinamento, la quale riprende le disposizioni di detta convenzione. La Corte precisa quindi che il rifiuto di mettere a disposizione del pubblico la decisione di assenso urbanistico‑edilizio non può essere giustificato invocando la tutela della riservatezza di determinate informazioni commerciali o industriali. La Corte sottolinea del pari che il pubblico interessato deve disporre di tutte le informazioni pertinenti sin dallo stadio del procedimento amministrativo di primo grado, anteriormente all’adozione di una prima decisione, purché esse siano disponibili alla data in cui si svolge tale fase procedurale. Tuttavia, il diritto dell´Unione non impedisce che il rifiuto ingiustificato di mettere a disposizione del pubblico interessato una decisione di assenso urbanistico‑edilizio nel corso del procedimento amministrativo di primo grado possa essere sanato nel corso del procedimento amministrativo di secondo grado, a condizione che tutte le alternative siano ancora praticabili e che la regolarizzazione in tale stadio procedurale consenta ancora al pubblico di esercitare un’influenza effettiva sull’esito del processo decisionale. La Corte constata poi che l´obiettivo della direttiva, consistente nella prevenzione e nella riduzione degli inquinamenti, non potrebbe essere raggiunto se fosse impossibile evitare che un impianto, in ipotesi beneficiario di un’autorizzazione concessa in violazione della citata direttiva, continui a funzionare in attesa di una decisione definitiva in merito alla legittimità di tale autorizzazione. Di conseguenza, la direttiva esige che i membri del pubblico interessato abbiano il diritto di chiedere l´adozione di misure provvisorie idonee a prevenire tali inquinamenti, come ad esempio la sospensione temporanea dell’autorizzazione contestata. Infine, la Corte constata che la decisione di un giudice nazionale che annulla un’autorizzazione concessa in violazione della direttiva sopra citata non è idonea, in quanto tale, a configurare un’ingiustificata lesione del diritto di proprietà del gestore. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 15 gennaio 2013, sentenza nella causa C-416/10 Jozef Križan e a. / Slovenská inšpekcia životného prostredia)