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Notiziario Marketpress di Lunedì 23 Settembre 2013
UNA NUOVA RICERCA SULLE CELLULE STAMINALI PANCREATICHE POTREBBE TRASFORMARE LE TERAPIE  
 
Bruxelles, 23 settembre 2013 - La ricerca sulle cellule staminali è di enorme importanza perché potrebbe portare a drastici cambiamenti del modo in cui curiamo certe malattie. Queste cellule, che possono differenziarsi in cellule specializzate e che si dividono per produrre più cellule staminali, sono già usate in una serie di casi medici, come i trapianti di midollo spinale e la cura della leucemia. I ricercatori credono che nuove tecnologie per le cellule staminali dovrebbero essere usate per curare una più ampia varietà di malattie e si stanno facendo progressi in continuazione. All´istituto Hubrecht nei Paesi Bassi per esempio, gli scienziati sono appena riusciti a far crescere cellule staminali con la capacità di svilupparsi in due diversi tipi di cellule che formano un pancreas sano. I risultati potrebbero in definitiva portare a nuovi modi di riparare le cellule beta danneggiate che producono insulina o i dotti cellulari pancreatici. Le strategie terapeutiche per le patologie del pancreas sono state storicamente ostacolate da una mancanza di sistemi di coltura cellulare che permettessero agli scienziati di coltivare tessuti sostitutivi in provetta o su un piatto. I metodi alternativi come il trapianto di tessuti sono limitati dalla scarsità di donatori e dalla possibilità di rigetto del tessuto. È per questo che questo particolare studio si è concentrato su un nuovo sistema di coltura cellulare che potrebbe ottenere una fornitura illimitata di cellule staminali pancreatiche. Il team di ricerca, coordinato dal dott. Hans Clevers, è riuscito a isolare e far crescere cellule staminali dal pancreas dei topi usando un sistema di coltura cellulare specializzato in 3D. Anche se la coltura cellulare in due dimensioni è stata usata di routine in migliaia di laboratori negli ultimi quarant´anni, la coltura di cellule in due dimensioni non riproduce l´anatomia o la fisiologia del tessuto. Studiare le cellule in 3D d´altra parte permette ai ricercatori di "imitare" o di avvicinarsi alle condizioni fisiologiche che esistono nel corpo, aiutando gli scienziati a stabilire funzioni cellulari differenziate. I ricercatori sapevano già che le molecole di segnalazione cellulare, conosciute come Wnt, e una proteina chiamata Lgr5 sono essenziali per produrre cellule staminali adulte in grado di crescere e dividersi rapidamente. La difficoltà in questo caso era che questi percorsi di segnalazione e queste molecole sono inattive nel pancreas adulto. Il team quindi doveva trovare un modo di attivare il percorso Wnt. Nello studio questo è stato ottenuto cambiando certe condizioni di crescita. I pancreas dei topi sono stati alterati per far proliferare e differenziare i dotti cellulari. Alcune cellule in questa nuova popolazione erano cellule staminali in grado di autorinnovarsi, gli scienziati sono riusciti a coltivare queste cellule per produrre grandi numeri di cellule pancreatiche o piccolissimi pezzi di tessuto chiamati organoidi. Anche se questo lavoro è ancora in una fase iniziale, i risultati sono promettenti. Il prossimo passo per gli scienziati è l´ulteriore raffinamento dei metodi di coltura cellulare sviluppati in questo studio e lo studio di nuovi modi di estendere questo approccio alle cellule pancreatiche umane. Per maggiori informazioni, visitare: Embo http://www.Embo.org    
   
   
TRENTO, SALUTE MENTALE: ECCO LE LINEE GUIDA  
 
Trento, 23 settembre 2013 - La Giunta provinciale, su proposta dell´assessore alla salute e politiche sociali, ha approvato l´atto di indirizzo in materia di programmazione delle attività e dei servizi per la tutela della salute mentale in provincia di Trento. Si tratta del documento di programmazione sanitaria che definisce i servizi e le attività di prevenzione, diagnosi, assistenza e riabilitazione di salute mentale, garantiti come livelli essenziali o aggiuntivi di assistenza. Questo atto si pone nel solco tracciato dalla legge di riforma del servizio sanitario provinciale che ha tra i suoi obiettivi l’effettiva presa in carico dei bisogni delle persone e una reale umanizzazione delle cure. Nell´illustrare il provvedimento in Giunta l´assessore ha evidenziato l´importanza del tema della salute mentale all´interno delle politiche sanitarie della Provincia. Fondamentale, ha aggiunto, si conferma l’integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali perché i servizi siano portati sempre più vicino ai domicili e agli ambienti di vita delle persone. Ha poi rivolto un ringraziamento all’Azienda provinciale per i servizi sanitari, al Dipartimento lavoro e welfare della Provincia e agli enti del cosiddetto terzo settore per la preziosa collaborazione che ha permesso di redigere le linee guida. Dopo una parte introduttiva di definizione del contesto epidemiologico di riferimento, con l’indicazione della rilevanza delle diverse patologie e disturbi, vengono illustrate le modalità di erogazione dei servizi e di svolgimento delle attività. Luogo di sintesi risulta essere il Dipartimento di salute mentale che a sua volta si articola nelle aree della “Psichiatria”, “Neuropsichiatria infantile” e “Psicologia clinica”. Vengono successivamente indicate le strutture che offrono, con diversa intensità, servizi di carattere residenziale o semiresidenziale. Una particolare sezione è dedicata agli specifici ed emergenti ambiti di intervento, quali l’infanzia e l’adolescenza, i disturbi del comportamento alimentare, la sanità penitenziaria, la disabilità e i disturbi dello sviluppo: ambiti che presentano proprie e peculiari problematiche, alle quali è necessario dare risposta attraverso percorsi di cura e assistenza estremamente personalizzati. Sono poi definiti alcuni indirizzi programmatici, in sintonia con i più recenti studi nazionali e internazionali, diretti a favorire la tempestività del riconoscimento del disturbo (anche attraverso criteri predefiniti e il maggior coinvolgimento dei medici di famiglia), il contrasto allo stigma e al pregiudizio, la creazione di un contesto familiare e scolastico di supporto alla crescita, e il coinvolgimento delle associazioni di volontariato e dei familiari nei percorsi di cura. Inoltre è stato dato rilievo alla definizione di un modello incentrato sempre più sui servizi territoriali e domiciliari, con una previsione, laddove possibile, di una residenzialità cosiddetta “leggera”. Si è attribuita importanza poi allo sviluppo di esperienze di mutualità e condivisione - per il rafforzamento dell’autonomia e dell’autostima - nonché alla valutazione dell’efficacia e appropriatezza degli interventi. L’adozione di uno sano stile di vita può prevenire l’insorgenza di problemi di salute mentale ed essere utilizzato con successo anche nella terapia. In prospettiva viene sottolineata l’importanza della promozione di corretti stili di vita che sono connessi con la salute mentale, con particolare riferimento alla formazione degli operatori. Si tratta di un documento complesso e articolato, che “fa il quadro” dei servizi, individuando altresì linee d’indirizzo e di prospettiva del servizio sanitario provinciale, ma anche precisi obiettivi operativi per i servizi di tutti i giorni. I disturbi mentali più diffusi in Trentino sono i disturbi nevrotici, la depressione, seguiti dalla schizofrenia, dai disturbi bipolari e dai disturbi della personalità. In infanzia e adolescenza i problemi mentali sembrano presentarsi più spesso sotto forma di difficoltà scolastiche, dell’eloquio e del linguaggio. Nell’ambito della promozione della salute mentale, appare fondamentale tenere in considerazione aspetti non solo strettamente sanitari, ma che coinvolgono i fattori sociali, economici, culturali e di contesto di vita e lavoro con interventi di sostegno alla popolazione, a partire dalla gravidanza lungo l’intero arco della vita.  
   
   
TRENTO, SLA: UN NUOVO MODELLO DI INTERVENTO PER ASSISTERE I PAZIENTI  
 
Trento, 23 settembre 2013 - La Giunta provinciale ha varato il 20 settembre il nuovo modello organizzativo, e il relativo Piano diagnostico-terapeutico-assistenziale, in favore delle persone affette da Sla, predisposto assieme all´Azienda provinciale per i servizi sanitari e alla sezione trentina di Aisla, la onlus di riferimento per le persone affette da sclerosi laterale amiotrofica. Il Piano si pone nel solco di un impegno già consolidato della sanità trentina in questo settore e ne conferma i risultati positivi; al tempo stesso esso ridefinisce compiti e attribuzioni delle figure professionali di riferimento e garantisce maggiore uniformità e omogeneità di accesso e di trattamento. I malati di Sla attualmente in Trentino sono 36. La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa, che provoca una progressiva paralisi muscolare. La sua causa è ancora sconosciuta, nonostante negli ultimi anni siano stati effettuati numerosi studi e siano state avanzate molte ipotesi. Attualmente si ritiene che la malattia sia prodotta da una molteplicità di cause: la maggior parte dei casi di Sla è sporadica, si tratta di oltre il 90% dei casi di malattia, mentre il 5-10% dei casi ha una trasmissione ereditaria. La Sla coinvolge progressivamente diverse parti del corpo e "attacca" anche funzioni vitali quali la respirazione e la deglutizione, creando una disabilità molto acuta. La malattia colpisce entrambi i sessi, con una lieve prevalenza di uomini. In Italia, non essendo stati ancora completati i relativi registri, non si conosce il numero esatto di casi, ma si stima ci siano, ad oggi, circa 5.000 ammalati. In Trentino l’incidenza della malattia è nella media nazionale: circa 2 casi ogni 100.000 residenti all´anno. L’età media di esordio della patologia è pari a 63 anni (compare nella maggior parte dei casi dopo i 50 anni). La durata media della malattia dall’esordio è di circa 2,5-3 anni, sebbene si registrino casi con sopravvivenza superiore ai 12 anni. Dei 36 malati attualmente residenti in Trentino 31 vengono curati a casa e 5 in una Rsa. Per fronteggiare la complessità della malattia, si rende necessario strutturare una rete di servizi multidisciplinari e multiprofessionali che operino secondo criteri di appropriatezza ed efficacia, all´interno di percorsi di continuità assistenziale, con un elevato livello di integrazione sociosanitaria. Ciò permette, infatti, di ridurre sensibilmente la mortalità del malato di Sla e di migliorarne la qualità di vita, mediante l’adeguato trattamento, farmacologico e non, di riduzione dei sintomi. L’approccio globale e continuativo - coinvolgendo più attori istituzionali, diverse strutture e molti professionisti, medici e non - ha richiesto dunque una ridefinizione dell´assetto organizzativo per l´assistenza dei malati e la messa a punto di uno specifico Percorso diagnostico terapeutico. Il Percorso è basato su evidenze scientifiche, sull’esperienza clinica quotidiana e sulla valutazione della situazione organizzativa in essere, con le sue criticità o le buone prassi già applicate. Esso indica in sostanza per ogni bisogno assistenziale e per ogni fase della malattia − definita in base a scale valutative internazionalmente condivise − gli attori, le competenze, le responsabilità, le prestazioni assistenziali integrative fruibili. Inoltre esso definisce un percorso tra il Governo, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e le Autonomie locali, per la "Presa in carico globale delle persone con malattie neuromuscolari o malattie analoghe dal punto di vista assistenziale". I principali professionisti coinvolti sono il medico neurologo, che è un po´ la figura di riferimento, e quindi fisiatra, psicologo, pneumologo, nutrizionista, gastroenterologo, ma anche il medico di famiglia e tutte le altre figure professionali ritenute necessarie per ogni singolo caso. In definitiva, il documento approvato oggi indica la strada per una presa in carico ancora più efficace, globale e continuativa della persona in tutte le fasi evolutive della malattia, perseguendo la migliore qualità di vita possibile per i pazienti e per le loro famiglie, nel rispetto delle scelte consapevoli e responsabili del malato di Sla.  
   
   
TRENTO: AGGREGAZIONI FRA MEDICI, APPROVATO L´ACCORDO  
 
Trento, 23 settembre 2013 - Su proposta dell´assessore alla salute e politiche sociali, la Giunta provinciale ha ratificato, approvandolo, l´Accordo provinciale per i medici di medicina generale che era stato firmato il 12 settembre scorso dall´assessore, dal direttore generale dell´Azienda provinciale per i Servizi sanitari e dai rappresentanti sindacali dei medici di medicina generale. L´atto modifica il precedente accordo del 2007 e introduce, come principale novità, le aggregazioni funzionali territoriali fra medici di assistenza primaria e medici di continuità assistenziale. A regime sarà garantita la continuità dell´assistenza medica a tutta la popolazione 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. L´approvazione dell´accordo da parte dell´esecutivo provinciale ha offerto all´assessore l´opportunità per ribadire la soddisfazione per il contributo che, grazie alla disponibilità di tutte le parti coinvolte, si è dato ad un nuovo disegno di sanità pubblica che vuole offrire ai cittadini un servizio esteso, continuativo e qualificato in materia di medicina generale. L´organizzazione della medicina territoriale, è stato sottolineato, procede verso una sempre più piena presa in carico dei bisogni dei cittadini in un´ottica di continuità assistenziale efficace e capillare. Entro 3 mesi sarà individuata la mappatura delle aggregazioni funzionali territoriali sul territorio provinciale. Nella fase iniziale sarà attivata una aggregazione in ciascun distretto sanitario. L’azienda provinciale per i servizi sanitari concorderà, attraverso patti aziendali di durata triennale, specifici obiettivi per le aggregazioni, in coerenza con la programmazione provinciale e aziendale. Le aggregazioni funzionali territoriali avranno un bacino di utenza di riferimento di circa 20.000 abitanti. Dovranno essere tutte (circa 25) attivate entro il primo gennaio 2017, assicureranno attività ambulatoriale presso una sede unica di riferimento per un determinato territorio. La sede, che sarà riconoscibile da tutta la popolazione, sarà messa a disposizione dall’azienda sanitaria. Presso le sedi delle aggregazioni saranno in particolare assicurate: attività assistenziali ambulatoriali dedicate ai pazienti cronici, fragili, a rischio; attività rientranti nella medicina di iniziativa ed in particolare: promozione della salute e prevenzione primaria; attività ambulatoriali, anche al fine di ridurre l´uso improprio del pronto soccorso. A supporto del medico sarà presente personale infermieristico e di segreteria. Ciascun medico di medicina generale continuerà ad assicurare la propria attività anche in altri ambulatori. Attraverso le aggregazioni si vuole anche che il medico contribuisca all´integrazione fra assistenza sanitaria e assistenza sociale a partire dall´assistenza domiciliare in raccordo con il proprio distretto sanitario e collaborando con i soggetti istituzionali competenti in materia e con i poli di assistenza; tutto ciò per assicurare ai pazienti percorsi assistenziali integrati e coordinati tra ospedale e territorio. I medici saranno impegnati anche ad incentivare le attività che rientrano nelle medicina di iniziativa, ed in particolare la promozione della salute e della prevenzione primaria, ed inoltre a prendere in carico gli assistiti a rischio e a fare informazione, attività di consulenza e supporto.  
   
   
LOMBARDIA.RIFORMA SANITARIA,NOTA CONGIUNTA MARONI-MANTOVANI  
 
Milano, 23 settembre 2013 - "Il dibattito di questi giorni in merito alla attesa riforma del Sistema sanitario regionale (Legge 33) è frutto dell´iniziativa di consiglieri regionali, partiti e associazioni, che esprimono cosi la volontà di apportare il proprio apprezzabile contributo alla riforma stessa". Lo dice una nota congiunta del presidente di Regione Lombardia Roberto Maroni e del vice presidente Mario Mantovani. "La stessa Regione - prosegue la nota - segue il dibattito con interesse e procederà nel programma stabilito dei lavori. A tal proposito è già stata convocata per giovedì prossimo la Consulta Sanità, con lo scopo di presentare a tutti gli operatori del settore le linee guida della proposta di riforma ad opera della Giunta". "La Regione Lombardia - conclude la nota - ascolterà quindi tutti i loro contributi, insieme a categorie e parti sociali, approfondendo inoltre modelli (anche internazionali), con lo scopo di rendere ai cittadini lombardi un Sistema sanitario ai massimi livelli".  
   
   
NEL LAZIO LE FAMIGLIE SPENDONO DI TASCA PROPRIA PER LA SANITÀ PIÙ CHE NEL RESTO D’ITALIA  
 
Roma, 23 settembre 2013 – L’integrazione familiare dell’offerta sanitaria pubblica. Le famiglie del Lazio spendono di tasca propria per le prestazioni sanitarie più di quanto avviene nel resto d’Italia. Nel Lazio l’88,7% delle famiglie ha sostenuto spese nell’ultimo anno per acquistare farmaci a prezzo intero o per pagare i ticket in farmacia (il 78,2% nella media italiana), l’83,5% ha sostenuto spese out of pocket per prestazioni ambulatoriali come visite mediche specialistiche o accertamenti diagnostici (il 60,3% a livello nazionale), il 43,6% per visite e prestazioni odontoiatriche private (contro una media del 38,6%). Data la scarsa copertura da parte del sistema sanitario pubblico, negli ultimi due anni il 31% delle famiglie del Lazio ha effettuato solo le cure odontoiatriche indispensabili, preferendo strutture pubbliche o puntando al massimo risparmio in caso di accesso alle strutture private, anche rinunciando alla qualità. E il 23% è stato costretto a rinunciare o rimandare il ricorso al dentista, sebbene fosse necessario, perché troppo costoso. È quanto emerge da una ricerca sul welfare nel Lazio realizzata nell’ambito del progetto «Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali» di Censis e Unipol, con la collaborazione del Consiglio regionale Unipol Lazio. I tagli alla sanità pubblica. Nel Lazio la sanità pubblica regionale è soggetta a processi di razionalizzazione dell’offerta ospedaliera, con la riduzione dei posti letto per acuti. E il Lazio è una delle Regioni con piano di rientro, dovuto al deficit accumulato nelle precedenti gestioni, per cui gli amministratori regionali si sono trovati a dover operare in questi anni una riduzione complessiva dei costi, che potrebbe aver avuto un impatto anche sulla qualità e la capillarità dei servizi erogati. Dal 2007 al 2011, sia le strutture ospedaliere pubbliche che quelle private accreditate si sono ridotte nella regione del 7% circa, mentre nel resto d’Italia sono aumentate. I posti letto sono diminuiti del 19,7% nelle strutture pubbliche e del 28,4% in quelle private accreditate, più che nelle altre aree del Paese (nella media nazionale la variazione è pari a -6,6%). Anche il personale medico e infermieristico si è ridotto nel Lazio rispettivamente del 5,7% e del 5% contro una sostanziale stabilità registrata a livello nazionale. La spesa sanitaria pubblica per abitante nel Lazio è diminuita del 4%, con una riduzione particolarmente sensibile tra il 2009 e il 2010 (-2%), a fronte di un andamento pressoché invariato nelle altre aree del Paese. La rete del welfare familiare. Il 40% delle famiglie italiane è impegnato in una vera e propria rete di supporto informale, fornendo aiuto ai familiari in difficoltà. Questa tendenza appare ancora più spiccata nel Lazio (55%). Nella regione la tipologia di supporto scambiata più frequentemente consiste nell’aiuto a persone sole o malate (riguarda il 22,9% delle famiglie), il prestito infruttifero di denaro o di altri beni (il 18,1% nel Lazio contro l’8,2% a livello nazionale) e l’assistenza agli anziani (il 17,6% contro il 9,8% medio). Le voci di spesa più diffuse nel Lazio sono orientate all’assistenza ad anziani e bambini e al mantenimento dei Neet, i giovani che non studiano e non lavorano, con costi che gravano sulle famiglie a fronte di una copertura pubblica carente. I consumi al tempo della crisi. La congiuntura economica sfavorevole influenza le scelte e i comportamenti delle famiglie. La strategia prevalente per fronteggiare le difficoltà è la razionalizzazione, con la riduzione di sprechi ed eccessi, adottata dall’82,5% delle famiglie del Lazio. Molte sono le famiglie orientate alla ricerca di opportunità di risparmio e alla riduzione dei consumi in vari ambiti, da quello alimentare (il 64,5% nel Lazio e il 72,8% in Italia), alla convivialità del ristorante (il 53,2% nel Lazio e il 58,7% in Italia), fino agli spostamenti e ai mezzi di trasporto (il 48,6% nel Lazio e il 59,6% in Italia). Le preoccupazioni maggiori: il futuro dei figli. La paura più diffusa nel Lazio è il rischio di ammalarsi (per il 37,7% delle famiglie). Ma il timore più avvertito dalle famiglie della regione rispetto al resto del Paese è il futuro dei figli (per il 32,3% contro il 26,6% registrato a livello nazionale), poi la non autosufficienza (27%), la situazione economica (23,4%) e il lavoro (22,4%). Con quali strumenti affrontare i bisogni socio-assistenziali di domani? Il 44,7% delle famiglie nel Lazio si aspetta da parte del soggetto pubblico una copertura sufficiente (si tratta di chi non ha alternative alla copertura pubblica per ragioni economiche), il 46,1% integrerà i servizi pubblici con quelli privati pagando di tasca propria, il 9,2% (contro il 9,8% a livello nazionale) considera il ricorso a strumenti assicurativi e finanziari privati. Di questi ultimi, il 7,1% (il 5,7% nella media Italia) propende per un modello di welfare mix, integrando la copertura pubblica con le prestazioni finanziate tramite mutua o assicurazione, e il 2,1% (il 4,1% a livello nazionale) pensa di affidarasi completamente al privato grazie a strumenti assicurativi. Emerge così una consapevolezza diffusa che la copertura pubblica necessiterà di integrazioni private. Ma la cultura dell’autoregolazione e dell’out of pocket rimane ancora largamente dominante, con un mercato delle prestazioni assistenziali fortemente disomogeneo. «La fotografia restituita dalla ricerca presentata quest’oggi ci conduce a prendere sempre più consapevolezza del fatto che gli attuali assetti di welfare non sono più in grado di rispondere ai nuovi bisogni socio-assistenziali della famiglie italiane, nonché ai cambiamenti strutturali dell’economia, ai trend demografici e al nuovo mercato del lavoro», ha detto Pierluigi Stefanini, Presidente di Unipol. «Il progetto “Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali”, che quest’anno giunge alla seconda annualità, si pone l’obiettivo di riflettere in maniera permanente e di concerto con tutti i soggetti impegnati nel settore sulle modalità attraverso le quali rendere il sistema del welfare più efficiente, dunque strumento di sviluppo economico, occupazionale e di inclusione sociale», ha concluso Stefanini. «Preoccupa quanto emerge da questa ricerca. Preoccupa e allarma perchè vi si legge un progressivo sgretolamento nel corso degli anni del sistema di welfare anche nel nostro territorio, falcidiato da una recessione economica senza precedenti», ha detto Claudio Di Berardino, Segretario Generale della Cgil Roma e Lazio e Presidente del Consiglio regionale Unipol Lazio. «E’ necessario un nuovo modello di welfare, a partire dal rilancio del ruolo e delle scelte strategiche del pubblico, capace di includere e dare risposte ai disagi vissuti quotidianamente dalle famiglie», ha concluso Di Berardino. Questi sono i principali risultati della ricerca «Welfare, Italia: focus sul Lazio. Ridare valore alle risorse di famiglie e lavoratori» che è stata presentata oggi a Roma presso il Tempio da Adriano da Giuseppe Roma, Direttore Generale del Censis, e discussa, tra gli altri, da Claudio Di Berardino, Segretario Generale della Cgil Roma e Lazio e Presidente del Cru Lazio, Pierluigi Stefanini, Presidente di Unipol, Ignazio Marino, Sindaco di Roma, e Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio.  
   
   
AL SUD LA "MAGLIA NERA" PER LA CORRUZIONE NELLA SANITÀ. LA MAPPA: FARMACI, NOMINE, APPALTI DI BENI E SERVIZI, SANITÀ PRIVATA E NEGLIGENZA MEDICA. LO DICE UNO STUDIO DI TRANSPARENCY INTERNATIONAL ITALIA, IN COLLABORAZIONE CON RISSC E ISPE-SANITÀ. SOLO 4 REGIONI IMMUNI ANCHE SE IL FENOMENO È DIFFICILE DA MONITORARE.  
 
Lecce, 23 settembre 2013 - Uno studio condotto da Transparency International Italia, in collaborazione con Rissc e Ispe-sanità ha raccolto numerosi dati sulla corruzione nell’ambito della Sanità anche se non è possibile quantificare con precisione il fenomeno. Certo è che alberga ovunque, a qualsiasi livello, dal direttore all´azienda di pulizia. In particolare, le indagini da parte delle forze dell’ordine per arginare il fenomeno, si sono fatte sempre più complicate poiché negli ultimi anni la corruzione è diventata molto più sofisticata. Infatti non l´imprenditore che consegna la valigia piena di soldi al direttore generale della Asl non si riesce sorprenderlo più, né tanto meno l´informatore scientifico dell´azienda farmaceutica che fa avere regali e favori al primario o al medico, finte consulenze, benefici fiscali tutte modalità che rendono più difficile intercettare il reato di corruzione. Nel 2012 solo quattro regioni sembrano esserne state immuni, o aver registrato al massimo due casi di corruzione. Per tutte le altre si va da un minimo di 2 ad un massimo di 10, con in cima a questa poco onorevole classifica la Campania, con oltre 10 casi. La seguono a ruota Calabria, Puglia e Sicilia con 8-10 casi e Lombardia e Umbria con 6-8. Tra gli 87 casi rilevati, dallo studio, nel 2012, sulla base dei casi denunciati, le indagini aperte, i processi iniziati o chiusi, oasi ´pulite´ appaiono essere solo 4 regioni, cioè Val d´Aosta, Trentino Alto-adige, Friuli Venezia Giulia e Basilicata. In mezzo ci sono Piemonte, Liguria, Marche e Abruzzo con 2-4 casi, e infine Veneto, Emilia-romagna, Toscana, Lazio, Molise e Sardegna con 4-6 casi. In termini strettamente economici, per valutare l’entità della questione basti pensare che la ‘Rete europea contro le frodi e la corruzione nel sistema sanitario’ ha stimato che in Europa il 5,6% del budget per la sanità sia assorbito dalla corruzione. A rendere più difficile la lotta alla corruzione vi sono anche delle caratteristiche proprie del reato in sé, e in particolare nella sanità. “Il reato corruttivo, si legge nel rapporto, è un accordo tra persone, in cui nessuno ha interesse a denunciare, e dove non ci sono vittime dirette, né una conseguenza immediata. Ad esempio probabilmente non si sarebbe scoperto il caso della fornitura di valvole cardiache difettose se non fosse morto qualche paziente. E´ quasi impossibile calcolare il danno indiretto, senza contare che c´è la commistione con altri fenomeni. Le inefficienze in sanità rappresentano il 3-5%, ma all´interno di queste cifre non si può stabilire quanto sia rappresentato dalla corruzione. Non si può scindere insomma lo spreco dalla corruzione”. Poi ci sono caratteristiche del mondo sanitario che rendono ancora più difficile l´emersione dei fenomeni corruttivi, come il fatto che avvengono in strutture molto grandi, con migliaia di dipendenti e prestazioni erogate, dentro cui è facile nascondere operazioni poco pulite. I casi di corruzione analizzati da Transparency Italia rientrano in cinque categorie: nomine, farmaceutica, appalti di beni e servizi, sanità privata e negligenza medica. Nel primo caso lo studio rileva come la politica usi la sanità come serbatoio e spartizione di voti. Qui le merci di scambio sono la nomina a direttore generale, sanitario o primario in cambio di voti e finanziamenti. “E´ la corruzione più dannosa perché mina l´implementazione delle politiche sanitarie”. La corruzione più diffusa è invece quella che riguarda i farmaci: in questo caso in cambio della scelta di un farmaco da parte di uno studio medico, un ospedale o una asl, la ricompensa è costituita da regali, macchinari, finanziamenti. La corruzione più costosa è quella degli appalti di beni e servizi, visto che rappresentano il 20-30% dei bilanci sanitari. In questo caso il beneficio viene elargito per avere l´appalto con gare tagliate su misura, trattative negoziali, abuso della contrattazione diretta, o anche in fase di fornitura, dando servizi di qualità e prezzo minore rispetto a quanto promesso nel capitolato d´appalto. “Oppure le aziende pagano per essere pagate prima delle altre dalla pubblica amministrazione, senza contare il rischio di infiltrazione mafiosa, specialmente nei servizi di bassa specializzazione, come le pulizie o la vigilanza”. Altro fenomeno anche se non è stato radiografato dal rapporto, secondo Giovanni D´agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” è quello dell’abusivismo: casi di persone che svolgono attività senza i necessari requisiti. Le stime degli ordini professionali parlano di circa 30.000 abusivi, di cui 15.000 falsi dentisti, mentre i controlli dei Nas parlano, per il 2009, di 1.170 persone denunciate per esercizio abusivo della professione medica, di cui la metà falsi odontoiatri. Anche il settore infermieristico non è esente dal fenomeno, come confermano i dati dei Nas del biennio 2010/11 che segnalano 1.023 casi di abusivismo tra gli infermieri. Il problema della corruzione si è certamente esacerbato con l’imperversare della crisi e in particolare dei pagamenti delle aziende sanitarie, sempre più in ritardo e quindi inevitabilmente esposte al rischio di scelte discrezionali circa le priorità di pagamento. La corruzione nella sanità privata è invece giudicata quella più pericolosa per la salute del cittadino. In questo caso si cerca di intervenire sugli accreditamenti, i drg o modificare il valore delle prestazioni, senza dimenticare che anche qui si annida il rischio di infiltrazioni mafiose, con il riciclaggio di denaro sporco con cui magari vengono acquisite intere cliniche. Infine la negligenza medica: qui la corruzione è meno rilevante economicamente, ma più iniqua, perchè limita l´accesso alle cure in base alle possibilità economiche del paziente. Per cercare di arginare il fenomeno in qualche modo, Giovanni D´agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” propone di puntare i riflettori sul tema della legalità in ambito sanitario per estirpare il fenomeno della corruzione e arginare gli effetti negativi, sia economici che sociali. Un tema che ‘merita attenzione perché nel settore sanitario e sociale la corruzione produce effetti non solo economici, in particolare sulle finanze pubbliche, ma anche sulla salute della popolazione: riduce l’accesso ai servizi, soprattutto tra i più vulnerabili; peggiora in modo significativo, a parità di ogni altra condizione, gli indicatori generali di salute ed è associata a una più elevata mortalità infantile’.  
   
   
LOMBARDIA: OLTRE 4 MILIARDI L´ANNO PER CECITÀ  
 
Milano, 23 settembre 2013 - "E´ necessaria la corresponsabilità generalizzata di tutto il mondo medico". "I medici di medicina generale sono i professionisti della prima linea e devono avere un confronto costante con i loro colleghi degli ospedali, con gli specialisti, con il mondo della ricerca". Queste due affermazioni del vice presidente e assessore alla Salute di Regione Lombardia Mario Mantovani, intervenuto il 20 settembre nella sala conferenze del Gruppo Il Sole 24 ore a Milano, al convegno organizzato da Novartis e Alcon intitolato ´Il valore della vista. La salute degli occhi tra bisogni e realtà´, sintetizzano il suo pensiero in merito alla necessità di condividere con tutti gli operatori della sanità l´importanza di coniugare una migliore qualità delle prestazioni sanitarie con il risparmio prodotto dalla lotta contro gli sprechi. "Uno studio condotto dall´Università Luiss di Roma ha evidenziato come nel nostro Paese le patologie che causano cecità hanno un impatto economico di circa 4,4 miliardi di euro all´anno, di cui 2,8 miliardi di costi sanitari, mentre il resto viene utilizzato per finanziare gli strumenti assistenziali (circa 1 miliardo in sussidi/pensioni), tasse, istruzione/cultura e aiuti vari. Senza contare i costi derivanti dalla perdita di produttività" ha evidenziato l´assessore Mario Mantovani, sottolineando come Regione Lombardia abbia da sempre mostrato grande attenzione per le malattie della vista in considerazione del rilevante impatto individuale e sociale che esse hanno e del loro aumento correlato all´invecchiamento della popolazione. Sul territorio lombardo sono infatti attive 72 strutture sanitarie per la cura e la prevenzione delle malattie che possono causare gravi disturbi visivi e di queste 12 sono centri di riabilitazione funzionale.  
   
   
MALATTIE TROMBOTICHE: NUOVO ANTICOAGULANTE ORALE CON DUE NUOVE INDICAZIONI TERAPEUTICHE  
 
Milano, 23 settembre 2013 – In seguito al provvedimento Aifa sulla rimborsabilità inserito in Gazzetta Ufficiale il 29 agosto scorso, rivaroxaban, il Nuovo Anticoagulante Orale di Bayer Healthcare, è ora disponibile anche in Italia con due nuove indicazioni terapeutiche: la prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale e il trattamento della trombosi venosa profonda (Tvp) e prevenzione delle recidive di Tvp ed embolia polmonare (Ep). Indicazioni che vanno ad aggiungersi a quella già approvata della prevenzione del tromboembolismo venoso (Tev) nei pazienti adulti sottoposti a intervento elettivo di sostituzione dell’anca e del ginocchio. Si tratta di un importante passo avanti nella lotta contro le malattie trombotiche, dal momento che il nuovo farmaco, un inibitore diretto, specifico e reversibile del fattore Xa della coagulazione, offre un regime terapeutico più efficace rispetto alle terapie standard e la propria maneggevolezza consente l’utilizzo in diverse aree terapeutiche. Rivaroxaban non richiede il monitoraggio della coagulazione ed è l’unico Nuovo Anticoagulante Orale in monosomministrazione giornaliera, una garanzia di compliance e aderenza alla terapia. E’, inoltre, un farmaco che ha le più alte conferme di efficacia e sicurezza in diversi contesti clinici e una consolidata esperienza clinica, con più di cinque milioni di pazienti trattati nel mondo, considerando tutte le indicazioni approvate. La prima indicazione approvata di recente per rivaroxaban è quella della prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale, aritmia cardiaca che è causa del 15-20% di tutti gli ictus trombo embolici, il disturbo cardiovascolare più comune dopo le cardiopatie, che colpisce 9,6 milioni di persone in Europa, con un’incidenza di 2 milioni di soggetti l’anno. La gestione efficace della fibrillazione atriale tende a prevenire la formazione di trombi attraverso una terapia con anticoagulanti orali (principalmente gli antagonisti della vitamina K), che implicano regolari controlli con esami di laboratorio per aggiustarne il dosaggio, a causa dell’alta variabilità di risposta inter-individuale, oltre che per le molteplici interazioni con alimenti o con altri farmaci che ne variano l’assorbimento. L’approvazione di rivaroxaban per la prevenzione dell’ictus correlato a fibrillazione atriale, si basa su importanti benefici clinici dimostrati nello studio Rocket Af, un rigoroso trial internazionale che ha confrontato rivaroxaban (20 mg o 15 mg per pazienti con insufficienza renale moderata) in monosomministrazione giornaliera, con warfarin in oltre 14.000 pazienti. I risultati dimostrano che rivaroxaban ha raggiunto l’endpoint primario di efficacia per la prevenzione di ictus in pazienti con Fa non valvolare e ha dimostrato di non essere inferiore a warfarin. Inoltre, durante il periodo di trattamento attivo, è stata dimostrata la superiorità di rivaroxaban rispetto a warfarin. Questi risultati sono stati ottenuti in una popolazione real life, a più alto rischio trombo embolico ed emorragico. L’endpoint primario di sicurezza (composito di eventi emorragici maggiori e non clinicamente rilevanti), era similare in entrambi i bracci di trattamento. I pazienti trattati con rivaroxaban hanno, però, presentato incidenze significativamente più basse di emorragie intracraniche, sanguinamento di organo critico, e decesso correlato al sanguinamento rispetto a warfarin. “Rivaroxaban è un’alternativa sicura ed efficace nella prevenzione dell’ictus in pazienti con fibrillazione atriale - ha dichiarato Riccardo Cappato, Direttore del Centro di Aritmologia Clinica ed Elettrofisiologia dell’ Irccs Policlinico San Donato (Mi) – inoltre, da un punto di vista pratico, l’effetto terapeutico viene ottenuto senza la necessità di frequenti prelievi sanguigni per il monitoraggio della coagulazione, con la facilità di somministrazione di una compressa al giorno.” Per quanto riguarda il trattamento della trombosi venosa profonda e in generale la cura del Tromboembolismo Venoso, che a livello globale è causa di morte di una persona ogni 37 secondi (ovvero più di 843 mila morti ogni anno), l’approccio terapeutico attuale si basa sulla somministrazione di eparina a basso peso molecolare per via sottocutanea, per almeno 5 giorni, seguita da un farmaco orale, antagonista della vitamina K (warfarin) per 3 mesi ma, nei pazienti con alto rischio di recidiva, anche per tutta la vita (prevenzione secondaria). Questo approccio è molto efficace, anche se a volte complesso, perché la terapia sottocutanea deve essere somministrata fino a che gli esami di laboratorio indicano che l’effetto del warfarin è divenuto pienamente efficace, e questo richiede esami ematici inizialmente frequenti. Una volta stabilizzata, la terapia deve proseguire con gli antagonisti della vitamina K, i cui limiti sono ben noti. Rivaroxaban, invece, fornisce una soluzione semplice per il trattamento della Trombosi Venosa, con un solo farmaco orale, sin dal primo giorno. “Questa è una vera novità nella terapia acuta della trombosi venosa e nella prevenzione delle recidive della stessa – dichiara Walter Ageno, Professore Associato di Medicina Interna presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università degli Studi dell’Insubria (Va) - Nell’ambito dei farmaci orali (quelli generalmente prescritti per terapie a lungo termine), da 70 anni abbiamo sempre usato un solo farmaco, il warfarin. Ora abbiamo la possibilità di un’alternativa veramente importante. Non solo, ma possiamo affermare che, in questo caso, si tratti di una doppia innovazione, perché rivaroxaban non è solo la prima alternativa ai vecchi farmaci orali (gli antagonisti della vitamina K) nella terapia a lungo termine, ma è anche e soprattutto il primo farmaco che elimina la necessità di sottoporre il paziente, nella fase acuta della patologia, a una terapia parenterale, costituita dall’eparina a basso peso molecolare. Questo perché è efficace fin dalla prima somministrazione. Oltre a costituire un vantaggio per il paziente, questo è anche un aiuto per il medico che finalmente vede ampliata la scelta di opzioni terapeutiche nella terapia e nella prevenzione di alcune importanti terapie trombotiche attraverso farmaci realmente innovativi. Semplificando - conclude Ageno - possiamo affermare che ci troviamo di fronte a un farmaco ‘per tutte le stagioni’: per la fase acuta, che può essere assunto anche come terapia cronica”. L’approvazione di rivaroxaban per le indicazioni di trattamento della trombosi venosa profonda (Tvp) e prevenzione delle recidive di Tvp ed embolia polmonare (Ep), si basa sui risultati degli Studi Einstein (Einstein – Dvt, Einstein – Pe, Einstein – Ext), dove l’approccio con il farmaco è risultato altrettanto efficace e sicuro rispetto alla terapia standard (eparina a basso peso molecolare e antagonisti della vitamina K). E’, inoltre, importante sottolineare che in tutti e tre gli studi clinici gli episodi di sanguinamento maggiore siano stati numericamente inferiori rispetto ai gruppi di controllo. La semplificazione della terapia viene ribadita anche dal Dottor Alessandro Filippi, Responsabile dell’Area Cardiovascolare della Simg (Bergamo): "Ogni medico di famiglia ha ben presente i propri pazienti con fibrillazione atriale, soprattutto anziani, che fino ad ora non potevano utilizzare una protezione adeguata nei confronti dell´ictus: ora gran parte di questi malati può utilizzare farmaci efficaci, che possono essere gestiti da ogni medico e in ogni città d´Italia, anche lontano da laboratori di analisi e presidi ospedalieri. La terapia con i Nuovi Anticoagulanti Orali – continua Filippi - è sicuramente molto più agevole da gestire per pazienti, familiari e medici, semplifica la vita dei malati e ne può migliorare la qualità, ma non deve essere banalizzata: per dare i migliori risultati in termini di efficacia e sicurezza deve essere seguita con estremo scrupolo, regolarità ed attenzione".  
   
   
SCHIACCIARE UN PISOLINO POTREBBE AUMENTARE IL RISCHIO DI DIABETE. UNA RICERCA CINESE SMENTISCE ALTRE CHE RITENEVANO SALUTARE LA PENNICHELLA  
 
 Lecce, 23 settembre 2013 - E noi che pensavamo che una breve siesta oltreché ricaricare le batterie potesse aiutarci a farci stare in salute. A leggere i risultati di una ricerca cinese ci stavamo sbagliando un pò tutti e forse dovremmo ridurre a meno di una mezz´oretta l´abituale pennichella. Gli scienziati dell´Università della Scienza e della Tecnologia di Huazhong hanno infatti scoperto che chi sonnecchia per più di 30 minuti può aumentare il rischio di sviluppare il diabete di tipo due. Lo studio che ha riguardato 27.009 persone di 45 anni, ha rilevato che tra coloro che hanno l´abitudine dei "sonnellini" diurni, il 40 % aveva la pressione alta, rispetto al 33 % che non facevano le sieste. Il 24 % di coloro che si addormentano il pomeriggio aveva il colesterolo alto, contro il 19 % di coloro che rimangono svegli. I risultati sono in contrasto con altri studi recenti che hanno rivelato che i sonnellini possono aumentare la potenza del cervello e ridurre il rischio di infarti e ictus di oltre un terzo. I ricercatori ha fatto sapere che dormire per meno di mezz´ora per un pisolino, o non del tutto, riduce le probabilità di sviluppare il diabete. I ricercatori hanno controllato la salute dei soggetti sottoposti ai test misurando i livelli di zuccheri nel sangue. Alti livelli, infatti, sono un segno di allarme precoce del diabete di tipo due. Hanno anche scoperto che i volontari erano nelle prime fasi della malattia e hanno rilevato che livelli di glucosio erano molto più elevati tra coloro che dormivano di giorno. La risposta starebbe nel fatto che tra i dormiglioni vi é un aumento del rischio di diabete perché fanno meno movimento e le pennichelle potrebbero anche interrompere l´orologio interno del corpo e causare ulteriore stress sugli organi. Dopo aver appreso di questo studio, Giovanni D´agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, sottolinea come i detti antichi abbiano sempre ragione quando si dice che "in medio stat virtus" perché una breve siesta di qualche minuto per ricaricare le pile certamente non può fare male.  
   
   
UNIVERSIADE INVERNALE: PRONTA LA MACCHINA DELLA SALUTE  
 
Trento, 23 settembre 2013 - L’azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (Apss) del Trentino, con i suoi operatori sanitari è pronta ad accogliere gli atleti e tutti coloro che verranno nella nostra provincia in occasione delle Universiadi. Durante le Universiadi, l’Apss garantirà gratuitamente assistenza medica di base e di emergenza ai soggetti accreditati, atleti, delegazioni e funzionari Fisu (Federazione Internazionale Sport Universitario), dal loro arrivo fino alla partenza e per tutto il periodo dell’evento dall’11 al 21 dicembre 2013, secondo quanto stabilito dal Regolamento della stessa Fisu, su tutti i 6 cluster di ospitalità: Trento, Monte Bondone, Baselga di Piné, Levico e Pergine Valsugana, Val di Fiemme e Val di Fassa). In preparazione all’evento e durante i giorni della manifestazione, l’Azienda sanitaria provinciale attiverà le necessarie misure organizzative e operative clinico-assistenziali e di sanità pubblica utilizzando il proprio personale, le strutture e i mezzi disponibili. I servizi saranno organizzati tenendo conto della dislocazione territoriale dei cluster di ospitalità e dei siti di gara. Le strutture dell’Azienda sanitaria maggiormente coinvolte saranno l’Ospedale di Trento e di Cavalese in Val di Fiemme, in particolare i Pronto Soccorso; gli ambiti territoriali del Distretto che comprende la Valsugana, Fiemme, Fassa e Primiero e il sistema dell’Emergenza territoriale sul territorio provinciale. Per il coordinamento delle attività è stato istituito un gruppo di lavoro che avrà il compito di garantire: - assistenza sanitaria di base medicalmente necessaria in forma gratuita e continuativa, per tutti i soggetti accreditati, sia nei due ospedali di Trento e Cavalese, negli ambiti territoriali toccati dalla manifestazione, attraverso i Pronto Soccorso e gli altri eventuali servizi di ricovero ospedaliero, sia nelle strutture ambulatoriali del Distretto già esistenti come il primo intervento traumatologico di Pozza di Fassa, guardia turistica e guardia medica in tutti cluster site; - presidi di assistenza presso le strutture sportive, secondo i requisiti Fisu, durante gli allenamenti ufficiali e le gare, oltre che, se necessario, presso il Centro Accrediti di San Bartolomeo di Trento; per tutti i presidi di assistenza è già stata pianificata l’organizzazione, anche alla luce della recente e positiva esperienza dei mondiali delle Val di Fiemme. Il personale medico e infermieristico impiegato per assicurare l’assistenza sarà quasi totalmente costituito da personale dell’Azienda Sanitaria con esperienza nell’area dell’Emergenza-urgenza; - emergenza territoriale con autoambulanze ed elisoccorso, H24, nel contesto delle attività istituzionali; - prevenzione e sanità pubblica, ovvero adozione di misure di prevenzione collettiva, sorveglianza epidemiologica e gestione di eventuali epidemie, nel contesto delle proprie attività istituzionali; - supporto, per gli aspetti sanitari, dell’attività di informazione e formazione del personale volontario coinvolto nell’Universiade, secondo quanto concordato con il Comitato Organizzatore; - informazione e comunicazione sui servizi e sulle modalità di accesso, in particolare per i soggetti accreditati. La disponibilità dei servizi previsti per l’evento non interferirà comunque con l’attività ordinaria delle strutture e non inciderà in alcun modo sulla quantità e sulla qualità dei servizi sanitari quotidianamente erogati ai cittadino.  
   
   
JOSEF ALBERS. SUBLIME OPTICS MILANO, FONDAZIONE STELLINE 26 SETTEMBRE 2013 – 6 GENNAIO 2014  
 
Milano, 23 settembre 2013 - Dal 26 settembre 2013 al 6 gennaio 2014 la Fondazione Stelline, in collaborazione con la Josef & Anni Albers Foundation, ospita la prima esposizione monografica a Milano delle opere di Josef Albers, grande artista modernista ed esponente del Bauhaus. “Josef Albers: Sublime Optics” esplora la componente spirituale dell´arte dell’autore tedesco. Albers, di formazione cattolica, religione che non ha mai abbandonato per tutta la sua vita, ha incorporato il linguaggio figurativo della tradizione cristiana in molti dei suoi lavori, interpretando la trasformazione del colore e del tratto come eventi spirituali se non addirittura di natura mistica. Curata e allestita da Nick Murphy (Projects Director della Josef and Anni Albers Foundation), sulla base di un progetto ideato e curato da Nicholas Fox Weber (Executive Director della Josef and Anni Albers Foundation), “Josef Albers: Sublime Optics” offre una prospettiva unica su questo maestro del Bauhaus. L’iniziativa alla Fondazione Stelline è il primo “ritorno a Milano” delle opere dell’artista dopo quasi 80 anni di assenza da quando - nel 1934 - Wassily Kandinsky organizzò una mostra di stampe di Albers nel capoluogo lombardo a un anno dalla chiusura della Bauhaus (di cui Albers fu studente e docente dal 1920 al 1933). E torna a Milano a pochi passi da quel “Cenacolo” di Leonardo da sempre ammirato dall’artista tedesco. La mostra raccoglie rari disegni giovanili, vetri colorati, vetri sabbiati e una selezione di dipinti astratti. Il percorso espositivo presenta oltre settanta lavori realizzati all´inizio della sua carriera artistica, quando insegnava in Vestfalia fino agli ultimi giorni della sua vita: dal primissimo disegno conosciuto fino all´ultimo Omaggio al Quadrato. Tutte le sue opere sono pervase dalla purezza e dall’onestà di pensiero dell’artista, ma soprattutto dal suo credere fermamente che, applicando il talento artistico con dedizione e verità, sia possibile trasformare la realtà quotidiana in modo miracoloso. La Fondazione Stelline e la Josef and Anni Albers Foundation sono liete di annunciare che questa mostra si avvarrà per la prima volta della preziosa collaborazione di E.s.t.i.a. Cooperativa Sociale Onlus, grazie alla quale le persone detenute del Carcere di Bollate saranno impegnati in diverse fasi del processo espositivo, dalla creazione degli allestimenti, fino alla partecipazione a momenti artistici e teatrali. In contemporanea, dal 2 ottobre al 1 dicembre 2013, la Josef and Anni Albers Foundation, in collaborazione con l´Accademia di Brera che ospita la mostra, porta a Milano i metodi di insegnamento di Josef Albers e le opere dei suoi allievi con una esposizione dal titolo: Imparare a vedere: Josef Albers professore, dal Bauhaus a Yale. In questa rassegna complementare si rivela l’impatto dirompente del suo rivoluzionario modo di insegnare sviluppatosi nell´arco di quattro decenni. Albers ritiene che l´arte ha origine dalla “discrepanza fra fatto fisico ed effetto psichico”. L’amplificazione della percezione visiva stimolata nel visitatore dalle sue opere, costituisce lo strumento ideale per gestire la disarmonia contemporanea provocata dalle distrazioni che ci circondano. “E´ per noi motivo di grande orgoglio poter offrire a Milano una personale di Josef Albers dopo 80 anni che l´artista non era presente con proprie esposizioni nella nostra città” – ha dichiarato la Presidente della Fondazione Stelline Piercarla Delpiano – “Voglio ringraziare per la collaborazione The Josef and Anni Albers Foundation.” – ha proseguito la Delpiano – “Come Fondazione siamo consapevoli dell´importanza che rivestiva per Albers la necessità di rendere accessibile l´arte al maggior numero di persone, compresi coloro che non possono liberamente godere di questo privilegio. Ecco perché, insieme alla Josef and Anni Albers Foundation, abbiamo avviato la preziosa collaborazione con E.s.t.i.a. Cooperativa Sociale Onlus e il carcere di Bollate, per avvicinare i detenuti all´arte tramite attività culturali e artistiche. Quest´iniziativa afferma ancora una volta lo spirito solidale Ambrosiano di cui la sede della Fondazione è un simbolo.” Ha concluso la Delpiano. Josef Albers nacque il 19 marzo 1888 a Bottrop, in Vestfalia. Dopo aver compiuto studi artistici a Berlino e Monaco, nel 1920 entrò nella Bauhaus a Weimar. Nel 1923 Albers fu nominato docente del Corso Preparatorio, un corso obbligatorio per tutti i nuovi studenti che continuò quando la scuola si trasferì a Dessau nel 1925. Nel 1933 l’artista emigrò con la moglie Anni Albers negli Stati Uniti, dove fu incaricato di istituire una Facoltà di Arte presso il Black Mountain College, nella Carolina del Nord. Lì rimase insieme alla moglie Anni fino al 1949. Nel 1950 Albers iniziò la serie di opere Omaggio al Quadrato, dipinti a olio su masonite, e nello stesso anno accettò la nomina a Direttore della Facoltà di Design dell’Università di Yale. Nel 1963 la Yale University Press pubblicò il volume Interazione del colore scritto dall’artista, in cui vengono sintetizzati i principi della sua incessante esplorazione della mutabilità e relatività del colore. L’opera è basata sulle sue rinomate lezioni sulle proprietà del colore note come “The Color Course.” Nel 1971 Josef Albers fu il primo artista vivente a cui il Metropolitan Museum of Art di New York dedicò una retrospettiva. Www.albersfoundation.org    
   
   
PAPA FRANCESCO ACCENDERA’ LA TORCIA DELL’UNIVERSIADE TRENTINO 2013  
 
Trento, 23 settembre 2013 - Sarà Papa Francesco ad accendere la fiaccola della 26/a Universiade invernale in calendario in Trentino dall´11 al 21 dicembre prossimi. La cerimonia è prevista il sei novembre al termine dell´udienza nella Città del Vaticano. Lo ha annunciato oggi Sergio Anesi, presidente del C.o. Trentino 2013, durante la conferenza stampa di presentazione nel Salone d’Onore del Coni, a Roma. Vi hanno preso parte Giovanni Malagò (Presidente Coni), Leonardo Coiana (Presidente Cusi), la rettrice dell’Università di Trento Daria de Pretis, il sindaco di Trento Alessandro Andreatta, il presidente del Comitato d’Onore Innocenzo Cipolletta. Al tavolo dei relatori c´era anche la Provincia autonoma di Trento rappresentata dal presidente Alberto Pacher e dall´assessore provinciale allo Sport Marta Dalmaso. La torcia è stata progettata dal Dipartimento di Ingegneria Industriale dell´Università di Trento e la sua linea richiama un fiore di montagna. Dopo il via Città del Vaticano sarà protagonista di un Tour internazionale con tappe nella principali università italiane. E’ la decima volta che l’Italia ospita le Universiadi e l´evento - promosso da Provincia autonoma di Trento, Università degli Studi di Trento, Comune di Trento e Cusi - si annuncia come il più grande appuntamento sportivo invernale previsto in Italia fino al 2020. E’ annunciata la partecipazione di 3.600 tra atleti, dirigenti e tecnici, provenienti da oltre 60 Paesi. Si tratta del record di presenze nella versione invernale di questa competizione multidisciplinare, seconda solo alle Olimpiadi. Come ha ricordato il presidente Malagò - nell’annunciare la riunione straordinaria della Giunta Coni a Trento per festeggiare i 100 anni di attività del Coni – Trentino 2013 potrebbe essere il biglietto da visita per il 2024. “L’italia ha grandi prospettive – ha detto -. L’universiade è una grande vetrina, un grande evento, con dei numeri da record – ha aggiunto -.La Provincia autonoma di Trento ha fatto una splendida figura ai mondiali di sci nordico, come riconosciuto in ambito internazionale. La fiducia data alla vostra terra è ben riposta, siamo felici che il Coni vi abbracci sportivamente in questa avventura”. “Il Cusi ha accettato di svolgere questa manifestazione perché per la prima volta le strutture pubbliche, come la Provincia autonoma e l’Università di Trento si sono adoperate e impegnate in prima persona per l’organizzazione di questi eventi legati a Sport e cultura – ha detto il presidente Coiana -. Siamo grati a tutti coloro che hanno partecipato, certi che anche questo evento sarà di grande valore”. Il presidente della Provincia autonoma di Trento ha lodato il grande lavoro del comitato organizzatore. “Qui si parla di metodo, di serietà, di un coinvolgimento importante che saranno la cifra di questo evento – ha chiarito -. L’universiade è occasione di sport, ma anche per parlare positivamente del Trentino e dell’Italia. Un evento ben organizzato mostrerà come il nostro Paese è in grado di realizzare una grande manifestazione che sarà luogo di incontro per migliaia di atleti e accompagnatori. Nasceranno in quei giorni grandi performance sportive, ma anche relazioni fra i Paesi partecipanti. Un grande occasione per far scorrere fluidamente lo spirito sportivo. Il presidente del Comitato d’Onore Innocenzo Cipolletta ha annunciato che i ministri Maria Chiara Carrozza e Graziano Delrio hanno accettato la copresidenza del Comitato. La rettrice Daria de Pretis ha definito l’Universiade Trentino 2013 “un grandissimo evento che sosteniamo con grande convinzione, per il rilievo che lo sport ha per l’innovazione e la ricerca. Lo sport è fatica, combattimento, stimolo alla risoluzione dei problemi e la ricerca in questo fa la sua parte – ha chiarito -. L’università ha senza dubbio una missione, quella di legarsi al tessuto sociale e al mondo del lavoro: l’Universiade è un’occasione privilegiata per realizzare questi intenti”. Del ruolo di Trento ha parlato il sindaco Alessandro Andreatta: Siamo una città aperta, un corridoio per l’Europa, per la sua Università, i centri di ricerca e gli eventi internazionali. Abbiamo accolto questa sfida e abbiamo cercato di garantire sicurezza e serenità per promuovere al meglio i valori dello sport”. Anesi e il segretario generale Filippo Bazzanella hanno quindi fornito i dati della competizione sinora ospitata in Italia per cinque volte (Sestriere 1966, Livigno 1975, Belluno 1985, Tarvisio 2003, Torino 2007) nella versione inverale e altre quattro in quella estiva (Torino 1959 e 197), Roma 1975 e Sicilia 2007). “Siamo pronti a garantire all’Italia e al mondo universitario sportivo un grandissimo evento mondiale – ha detto Anesi -. Dietro questa manifestazione c’è molto entusiasmo, professionalità, volontariato. L’italia sarà al centro del movimento sportivo universitario. In Trentino si è creata una legacy che sarà patrimonio del futuro, costituita da comunità locali, federazioni, associazioni sportive, enti pubblici e privati”. Le località sede di gara sono Trento (pattinaggio artistico e short track), il Monte Bondone (snowboard e freestyle), Pergine (hockey femminile), Baselga di Pinè (pattinaggio velocità e curling), la Val di Fiemme (sci nordico, biathlon e hockey maschile) e la Val di Fassa (sci alpino e hockey maschile); il comitato organizzativo avrà il proprio quartier generale nella nuovissima struttura Sanbapolis realizzata per conto dell’Opera universitaria a Trento. Il capoluogo ospiterà anche la cerimonia inaugurale, nella splendida Piazza Duomo, mentre quella di chiusura è prevista allo stadio del Ghiaccio di Canazei, sabato 21 dicembre al termine della finale del torneo di hockey su ghiaccio maschile. In gara, tra gli altri, gli squadroni di Usa, Russia, Cina, Giappone, Francia e Germania. Presenti anche le piccole nazioni sparse nel Mondo. Paolo Bouquet ha illustrato i dettagli della Conferenza internazionale interdisciplinare “University Sport: Inspiring Innovation”, promossa dall’Ateneo Trentino e in programma a Rovereto il 9 e 10 dicembre 2013 (http://events.Unitn.it/en/wu-conference2013). Ma sono molte altre le iniziative collaterali dell’Universiade invernale italiana: dal concorso per la scelta dell’’Inno che sarà selezionato da una giuria presieduta da Mogol, al progetto che punta a far diventare Trentino 2013 un evento a "emissioni zero", ai premi dedicati a Pietro Mennea che verranno assegnati ai quattro vincitori delle prove veloci: discesa libera, short track, pattinaggio velocità e sprint di sci nordico. Tra i punti forti che hanno favorito l´arrivo dell’Universiade invernale in Trentino vi sono la tradizionale esperienza di questa terra nell´organizzazione di grandi eventi sportivi e il consolidato patrimonio in tema di ospitalità, turismo, sicurezza e infrastrutture. Basti ricordare il successo degli ultimi Campionati Mondiali di Sci Nordico 2013 tenutisi in Val di Fiemme e gli impegni del prossimo triennio tra cui: Campionati del Mondo universitari di vela (val di Ledro), di canoa (val di Sole) e di corsa orientamento (Primiero). Vi è poi l´importante ruolo riconosciuto a Trento in ambito internazionale di città universitaria, la posizione geografica strategica in Europa e il recente riconoscimento delle Dolomiti a patrimonio Unesco, leva ideale per costruire una manifestazione all´insegna della piena sostenibilità ambientale. Alla cerimonia hanno partecipato i rappresentanti delle realtà territoriali coinvolte. Tra queste Il sindaco di Pine Ugo Grisenti e la procuratore della val di Fassa Cristina Donei, l’assessore al Turismo della Comunità di Fiemme Manuela Felicetti, e il vicesindaco di Cavalese Michele Malfer. Presenti anche, con i campioni Damiano Tommasi, Mara Santangelo e Enrico Fabris. In rappresentanza degli sponsor Franco Tomasi amministratore delegato di Dexit Dedagroup. Presente anche Giovanni Panebianco, ufficio sport presidenza del Consiglio dei Ministri.  
   
   
LA RICERCA SULLO SPORT TROVA CASA IN TRENTINO  
 
Trento, 23 settembre 2013 - Un’università e oltre una ventina di centri di ricerca: è il sistema trentino della ricerca e dell’alta formazione impegnato in una nuova sfida, quella di valorizzare lo sport come driver di innovazione e opportunità per i giovani. 100 mila euro sono stati resi disponibili per cinque nuovi progetti di ricerca sullo sport, collegati all’Universiade. Lo sport come veicolo di valori positivi nella formazione, come incentivo a promuovere l’inclusione sociale e il volontariato, come spunto e traino per la ricerca scientifica e per l’innovazione. Dalle indicazioni del Libro bianco sullo Sport, emanato nel 2007 dalla Commissione europea, emerge un invito a considerare lo sport come una risorsa a disposizione dei giovani europei, ma anche come veicolo per un rilancio dell’economia. E in questa sfida le università e i centri di ricerca possono giocare un ruolo di primo piano come catalizzatore di idee, progetti e nuove opportunità. Sport, ricerca e innovazione sono temi particolarmente sentiti in Trentino, provincia che da anni ha messo in campo investimenti strategici di lungo periodo per sostenere lo sviluppo di un sistema di ricerca e alta formazione creativo e competitivo. Grazie all’Università di Trento – ateneo al vertice delle classifiche nazionali e valutato nel ranking Qs tra le migliori 450 università al mondo – e a una ventina fra fondazioni e centri di ricerca dalla crescente reputazione internazionale, il Trentino si presenta come player di primo piano nelle reti della ricerca, non soltanto a livello europeo. Ict, neuroscienze, biologia integrata, nanotecnologie, genomica, green tech e ingegneria ambientale sono solo alcuni degli ambiti strategici in cui la ricerca made in Trentino sta conquistando riconoscimenti a livello internazionale nella comunità scientifica e nel mondo imprenditoriale, che possono trovare ambiti di applicazione interessanti al servizio dello sport. Una provincia “laboratorio” che, grazie alla sua autonomia speciale, può sperimentare forme di cooperazione e reclutamento internazionale che garantiscono più efficienza e competitività. Sviluppare le potenzialità dello sport nella ricerca e nell’innovazione è la prossima sfida che attende il Trentino in vista dell’Universiade. Per quella occasione l’Università di Trento e i centri di ricerca del territorio mostreranno le linee di ricerca e i nuovi progetti avviati. A margine della conferenza internazionale che precederà l’Universiade – e che si terrà dal 9 all’11 dicembre a Rovereto – saranno presentati i progetti finanziati a dicembre 2012 dall’ateneo trentino sul bando collegato all’Universiade invernale per 100 mila euro complessivi. Si tratta di progetti di ricerca che spaziano dall’ingegneria dei materiali (Skiwax 2013, caratterizzazione comparata di scioline da competizione del professor Luca Fambri e Acqua di cocco: bevanda per sportivi a contenuto vitaminico e nutrizionale della ricercatrice Sara Spilimbergo), all’ingegneria ambientale (Universiadi ad emissione zero del professor Maurizio Fauri), dalle neuroscienze (Oz - Osservare l’attenZione del professor Nicu Sebe) alle scienze cognitive (Decision making under risk in winter sports della professoressa Lucia Savadori). Il binomio sport e innovazione si declina anche in progetti di ricerca che abbracciano vari ambiti strategici, come la salute, la nutrizione, la sicurezza, le nuove tecnologie e l’informatica. In questa direzione lavorano anche la Fondazione Edmund Mach, la Fondazione Bruno Kessler e i centri di ricerca trentini, tra cui Trento Rise, Eit Ict Labs, Create-net, il Cosbi –(The Microsoft Research - University of Trento Centre for Computational and Systems Biology).  
   
   
VENDOLA SU CAMPIONATI MONDIALI PALLAVOLO: "TAVOLO TECNICO PER CONTESTO"  
 
 Bari, 23 settembre 2013 - “Un grande evento può essere attrattore di un flusso di presenze turistiche nel nostro territorio. Io credo che dobbiamo immediatamente attivare un tavolo tecnico presso l’Assessorato regionale al turismo per studiare misure che siano un vero e proprio corredo di altri eventi attrattivi. Dobbiamo cioè rendere molto conveniente la presenza, in questa città, in quel periodo”. Lo ha detto il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola intervenendo il 19 settembre, in Fiera del Levante, alla conferenza stampa di presentazione dei campionati mondiali femminili di pallavolo che si svolgeranno a Bari dal 23 settembre al 12 ottobre 2014 (Bari sarà una delle sei città italiane che ospiterà l’evento). Insieme con il presidente Vendola, l’assessore regionale allo Sport Guglielmo Minervini. “Un grande evento – ha continuato Vendola - non può essere la coperta che occulta il vuoto di una politica che consente l’accessibilità per tutti agli sport. Noi in Puglia abbiamo fatto un salto culturale dal punto di vista normativo volendo fortemente una legge di regolamentazione del settore sportivo che assumesse questo elemento come elemento centrale, l’elemento cioè della divulgazione dello sport per tutti e per tutte e dello sport come fattore di lotta per la salute e di promozione del benessere”. Per Vendola “promuovere un grande evento e promuovere lo sport dilettantistico di massa sono le due gambe con cui una politica seria deve confrontarsi”. “Dobbiamo continuare a lavorare - ha concluso Vendola - perchè lo sport rappresenti sempre di più, nelle scuole e nei quartieri, il vettore di un modello sano di socializzazione, perchè lo sport rappresenti un ingrediente attivo di promozione della padronanza di sè e dell’autonomia di indipendenza delle giovani generazioni”.  
   
   
BARI NEL 2014 CITTÀ DEI MONDIALI DI VOLLEY  
 
Bari, 23 settembre 2013 - Nel 2014, Bari sarà una delle città mondiali del volley femminile. Il capoluogo pugliese è l’unica città del Sud Italia ad essere stata inserita fra le sei tappe nazionali (le altre sono Milano, Modena, Roma, Trieste e Verona) della rassegna iridata che prenderà il via il 23 settembre 2014. Il tempio del volley azzurro pugliese sarà il Palaflorio, che in passato ha ospitato gare della World League maschile e femminile. “Bari è onorata di ospitare i mondiali di pallavolo femminile – ha esordito l’assessore regionale allo Sport Guglielmo Minervini – La scelta della nostra città è il segno che abbiamo lavorato bene. Il volley ha un profondo radicamento nel territorio e quando le idee sono valide si ottengono grandi riconoscimenti. Lo spettacolo offerto dai grandi eventi sportivi è un forte richiamo verso luoghi e ricchezze della regione; dobbiamo sfruttare questo evento per mettere in mostra le bellezze del nostro territorio. Lo sport diventa così una risorsa per far crescere la Puglia”. “La Puglia si prepara ad affrontare una sfida importante – ha detto Giovanni Malagò, presidente nazionale del Coni – e questo deve essere un impulso alle capacità organizzative della regione, grande appassionata di sport, per dare ancora più risalto alla passione per la pallavolo”. “La nostra regione si prepara ad affrontare la preparazione a questo importantissimo evento – ha aggiunto il presidente del Coni Puglia Elio Sannicandro – e il nostro lavoro è quello di portare avanti tutti i grandi eventi collegati ad un percorso promozionale-educativo molto più ampio. Per questo appuntamento saranno infatti coinvolte le scuole nell’ottica della promozione dello sviluppo dell’attività sportiva”. La Puglia ha ospitato, nel 2010/2011, il girone di qualificazione Europei a Gioia del Colle e l’Eurovolley Cup (torneo giovanile per club under 18) a Castellana Grotte; quest’anno, i Mondiali studenteschi di beach volley a Manfredonia e il Torneo 8 nazioni juniores ad Andria, Trinitapoli e Corato. La presentazione della fase del campionato a Bari si è svolta oggi nella sala conferenze del padiglione della Regione Puglia (n.152) all´interno della Fiera del Levante, con la partecipazione di Nichi Vendola, presidente Regione Puglia, Giovanni Malagò, presidente nazionale Coni, e Carlo Magri, presidente Federazione Italiana Pallavolo.  
   
   
SPORT: POSTI IN PALIO IN AZZURRO? PERCHÈ NO  
 
Milano, 23 settembre 2013 - "Mettere nelle Nazionali più posti in palio per i giovani e per atleti che giocano non nelle serie maggiori è un´idea affascinante e si potrebbe sempre più applicare ad altri sport oltre che al volley". Lo ha detto Antonio Rossi, assessore allo Sport e alle Politiche per i giovani di Regione Lombardia, commentando quanto fatto da Mauro Berruto, allenatore della Nazionale azzurra di pallavolo che, è impegnato con i suoi atleti negli Europei in Danimarca. "Ricordare questo innovativo metodo - ha detto Rossi - mi permettere di augurare alla squadra un ottimo campionato, visto che sarà in campo con otto esordienti e quattro giocatori provenienti dalla serie A2: il tutto è frutto di quel ´Progetto Rio 2016´, che ha aperto le porte a questi giovani, che si sono guadagnati la convocazione sul campo; ottima prova di meritocrazia". "Bisogna - ha detto ancora Rossi - innovare e modernizzare anche nello sport, soprattutto riguardo le Nazionali, per valorizzare talenti con sistemi anche più vicini ai modelli della nostra società. In bocca al lupo a questi ragazzi e a Berruto".