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LUNEDI

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Notiziario Marketpress di Lunedì 23 Settembre 2013
LE CRITICITÀ NEL RAPPORTO BANCHE-CLIENTI: FOCUS SU CONTI CORRENTI E MUTUI FONDIARI  
 
Venerdì 20 settembre, dalle 9.00 alle 13.30, presso la sede dell’Ordine in corso Europa 11, l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano, con gli esperti della Commissione Banche, Intermediari finanziari e Assicurazioni, ha analizzato il tema nell’ambito del convegno Conti Correnti e Mutui Fondiari: le principali cause di contenzioso nei rapporti con i privati e clausole vessatorie. Al rapporto tra banche e clienti privati è spesso dedicata meno attenzione rispetto a quello tra banche e imprese. Tuttavia, i privati sono i soggetti che hanno maggiore necessità di tutele. Il convegno ha preso in esame i principali comportamenti contra legem e le clausole vessatorie con l’obiettivo di promuovere un rapporto equo e virtuoso tra banche e cittadini - attirando l’interesse dei soggetti tenuti a vigilare - e di rendere più informati gli utenti. Il focus si è concentrato su conti correnti, mutui fondiari e credito al consumo, sempre più spesso oggetto delle segnalazioni fatte al Conciliatore e all’Arbitro Bancario Finanziario: nel 2012, su un totale di 5.653 ricorsi ricevuti dall’A.b.f, il 14% erano relativi a conti correnti, il 10% a mutui e il 37% a bancomat e carte di credito. Info: www.Odcec.mi.it  
   
   
LILY COLLINS È LA CELEBRITÀ PIÙ PERICOLOSA NEL CYBERSPAZIO DEL 2013 SECONDO I RICERCATORI MCAFEE  
 
La settima edizione dello studio conferma la pericolosità delle donne e vede aumentare il rischio connesso ai musicisti - In Italia il pericolo corre sul web alla ricerca di Sara Tommasi. Lily Collins, star di Shadowhunters - Città di ossa (The Mortal Instruments: City of Bones) e di Biancaneve (Mirror Mirror) ha sostituito Emma Watson nel ruolo di celebrità più pericolosa online secondo Mcafee. Per il settimo anno consecutivo, Mcafee ha analizzato i risultati delle ricerche effettuate sul Web sui personaggi più popolari alla ricerca dei più pericolosi, tra attori di Hollywood, politici, atleti, musicisti, comici e personaggi pubblici famosi a vario titolo. Lo studio Mcafee Most Dangerous Celebritiestm conferma ancora una volta che le donne sono più pericolose rispetto agli uomini, essendosi aggiudicate la bellezza di 9 posti nella top 10. Dopo Lily Collins, Avril Lavigne si piazza al secondo posto e Sandra Bullock al terzo. Jon Hamm è l’unico uomo tra i primi dieci. Inoltre, sono nove i musicisti a trovare posto tra i 20 più pericolosi. Spesso i criminali informatici sfruttano i film in arrivo, le tendenze più in voga e i nomi delle celebrità più popolari per attirare le persone verso siti che in realtà nascondono software dannoso e che sono stati progettati per installare del malware a insaputa degli utenti e rubare password e informazioni personali. Chiunque cerchi i video o le immagini più recenti, potrebbe ritrovarsi con un computer infetto di malware invece che di foto o altri sperati contenuti. I risultati più pericolosi di quest’anno erano associati alla ricerca del nome delle celebrità con "download App gratuite" e "foto nuda". "Oggi i consumatori sono perlopiù ignari dei rischi cui si espongono effettuando la ricerca online sui propri beniamini, in particolare ricercando notizie, immagini e video, sacrificando la sicurezza per il desiderio di novità o gossip", ha dichiarato Paula Greve, direttore della ricerca sulla sicurezza Web di Mcafee. "I criminali informatici sfruttano la curiosità delle persone per le ultime notizie, per condurli a siti non sicuri che possono infettare gravemente i loro computer e dispositivi e rubare dati personali." Specchio specchio delle mie brame… chi è la più pericolosa del reame? Quasi una ricerca su sette su Lily Collins può condurre a un sito dannoso I fan alla ricerca di "Lily Collins e download gratuiti", "Lily Collins e immagini di nudo", "Lily Collins e falsi" o "Lily Collins e download di App gratuite" rischiano di incorrere in minacce online progettate per carpire le informazioni personali, come indirizzi e-mail e password. Cliccando su questi siti pericolosi e scaricando file come foto e video, i navigatori sono esposti a un rischio elevato di scaricare virus e malware. I ricercatori di Mcafee hanno scoperto che volendo ricercare le più recenti immagini di Lily collins c’è una probabilità del 14,5% di arrivare su un sito web positivo alle minacce online, come spyware, adware, spam, phishing, virus e altro malware. Lo studio utilizza le valutazioni dei siti di Mcafee Siteadvisor che indicano quali siti sono rischiosi per la ricerca dei nomi delle celebrità sul web e ha calcolato la percentuale di rischio complessivo. Le prime 10 celebrità dello studio di quest´anno che hanno avuto la più alta percentuale di rischio sono state:
Celebrità Percentuale di rischio
1 Lily Collins 14.5%
2 Avril Lavigne 12.7%
3 Sandra Bullock 10.8%
4 Kathy Griffin 10.6%
5 Zoe Saldana 10.5%
6 Katy Perry 10.4%
7 Britney Spears 10.1%
8 Jon Hamm 10.0%
9 Adriana Lima 9.9%
10 Emma Roberts 9.8%
Le donne sono più pericolose degli uomini Jon Hamm (n. 8) è l´unico uomo nella top 10, seguito da Justin Timberlake (n. 12) e Patrick Dempsey (n. 13) nella top 20. Le celebrità del mondo della musica scalano la classifica La ricerca di musicisti, soprattutto delle giovani pop star femminili, conduce a malware e siti web rischiosi. Sono diciassette i musicisti all’interno della top 50, e di questi 3 nella top 10: Avril Lavigne (n. 2), Katy Perry (n. 6) e Britney Spears (n. 7). Gli altri musicisti pericolosi sono: Shakira (n. 11), Justin Timberlake (n. 12), Selena Gomez (n. 14), Demi Lovato (n. 16), Miley Cyrus (n. 20), Rihanna (n. 28), Lady Gaga (n. 30), Beyoncé ( n. 34), e Pitbull (n. 50). Pericolosamente comici Sandra Bullock (n. 3), Kathy Griffin (n. 4), Amy Poehler (n. 17), Ellen Degeneres (n. 23), Jimmy Fallon (n. 24) e Jimmy Kimmel (n. 39) trovano spazio nella top 50. Conduttori sullo schermo e concorrenti nella classifica di Mcafee Blake Shelton e Adam Levine si danno battaglia fuori dello schermo! La ricerca di Blake Shelton (n. 21 ) è più pericolosa di quella di Adam Levine (n. 32). La ricerca di download di Kanye West ( n. 22) è più rischiosa rispetto alla ricerca della sua nuova famiglia Kardashian: Kourtney Kardashian ( n. 27), Kim Kardashian ( n. 35), Khloe Kardashian ( n. 36), e Kris Jenner (n. 38). Il magnate dei media e conduttore televisivo Ryan Seacrest (n. 40 ) conclude la top 40. Il sangue latino riscalda la lista Quest´anno, quattro donne latine sono nella top 20: Shakira (n. 11), Selena Gomez (n. 14), Demi Lovato (n. 16) ed Eva Mendes (n. 19). Ma non è finita, scorrendo la lista verso la top 50 troviamo altre donne latine Sofia Vergara (n. 26 ), Jessica Alba (n. 31 ), e Salma Hayek (n. 43). Da un anno all´altro Dopo essersi classificate n ° 1, n ° 2, e n ° 6 nel 2012 Emma Watson, Jessica Biel, e Megan Fox hanno tutte abbandonato la lista di quest´anno. Sara Tommasi: pericolo italiano Nel nostro paese la ricerca ha evidenziato delle precentuali di pericolo allarmanti (16.6% di probabilità di trovare risultati dannosi) connesse alla ricerca di Sara Tommasi, mentre la neo “bis-mamma” Michelle Hunziker si colloca al secondo posto con il 12.4% di rischio, seguita da Belén Rodriguez al terzo posto (con il 10.6%). Anche in Italia gli uomini sono meno pericolosi, con Mario Balotelli al quarto posto (5%) e Papa Francesco al quinto (3%). Consigli per proteggersi: · Prestare attenzione alle pagine in cui richiedono di scaricare qualsiasi cosa prima di fornire il contenuto. Si consiglia di guardare i video in streaming o scaricare i contenuti da siti ufficiali di content provider.  I termini "Download gratis" sono significativamente i termine di ricerca a più elevato rischio di contagio. Chiunque sia alla ricerca di video o file da scaricare deve fare molta attenzione per non ritrovarsi il proprio computer carico di malware.  Utilizzare sempre password per la protezione del telefono e altri dispositivi mobili. Se il telefono viene perso o rubato, chi raccoglie il dispositivo potrebbe pubblicare le informazioni on-line.  I siti di notizie autorevoli non cercano di attirarti con delle esclusive per un chiaro motivo: di solito non sono notizie vere. Per le ultime notizie, meglio affidarsi alle fonti riconosciute. Ciononostante, anche siti attendibili possono cadere preda di hacker. Assicurarsi di utilizzare uno strumento di ricerca sicuro in grado di segnalare la pericolosità del link prima di visitarlo. · Non scaricare video da siti sospetti. Potrebbe essere sufficiente il buonsenso, ma vale la pena di ripeterlo: non scaricare nulla da un sito web di cui non si ha piena fiducia - in particolare video. La maggior parte delle clip di notizie che ci si vuole vedere può essere facilmente trovato su siti di video ufficiali, e per vederli non è necessario scaricare nulla. Se un sito web offre un video esclusivo solo per il download, non fatelo. · Non "registrarsi" o effettuare “log-in” o fornire qualsiasi altra informazione: se per poter accedere a un’ esclusiva si propri beniamini si riceve un messaggio di testo o e-mail o si visita un sito web di terze parti che richiede informazioni relative alla propria carta di credito, email, indirizzo di casa, credenziali di accesso a Facebook, o altre informazioni, non compilare niente del genere. Tali richieste sono una tattica di phishing abbastanza diffusa che potrebbe portare al furto di identità. · Se si decide di cercare informazioni su un evento importante o su una celebrità nelle notizie, assicurarsi che i dispositivi di tutta la tua famiglia abbiano una protezione, come ad esempio Mcafee Livesafe, in grado di protegge tutti i dispositivi dal Pc, Mac e tablet allo smartphone e cellulare, e include anche Mcafee Mobile Security, per proteggere smartphone o tablet da tutti i tipi di malware. Una versione gratuita di Siteadvisor può essere scaricata sul sito www.Siteadvisor.com . Info: Mcafee - www.Mcafee.com  - www.Mcafee.com/most-dangerous-celebrities
 
   
   
PROFESSIONI LEGALI E SCRITTURA DEL DIRITTO  
 
Partirà il prossimo 4 ottobre il nuovo Corso di perfezionamento post lauream su “Professioni legali e scrittura del diritto” organizzato dall´Università degli studi di Firenze, con il contributo dell’Accademia della Crusca, dell’Istituto di teoria e tecniche dell’informazione giuridica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ittig-cnr), e della Fondazione per la formazione forense dell’Ordine degli avvocati di Firenze, sotto il patrocinio dell’Ordine degli avvocati di Firenze e della Scuola superiore dell’Avvocatura. Il Corso, tenuto da linguisti, giuristi ed esperti di informatica giuridica, intende fornire gli strumenti per ribaltare un luogo comune: che la lingua del diritto sia sempre ridondante, artificiosa, oscura. I discenti apprenderanno nozioni teoriche e saranno introdotti all´uso di strumenti utili a costruire un testo e una prassi comunicativa più chiari, appropriati ed efficaci. Particolare attenzione sarà dedicata alle modifiche introdotte nel lessico italiano del diritto dalla spinta delle lingue straniere, in particolare dall’inglese, lingua di lavoro dell’Unione europea e della prassi internazionale, che sempre più spesso richiama istituti e principi nati in ordinamenti diversi, ma che trovano posto nel discorso giuridico italiano. Direttore del Corso: Prof. Paolo Cappellini Referente organizzativo: Prof. Federigo Bambi Referente per l´Ittig-cnr: dott.Ssa Marina Pietrangelo Termine iscrizioni: 24 settembre 2013 Durata 40 ore, tutti i venerdi pomeriggio dal 4 ottobre al 13 dicembre 2013. Sede delle attività didattiche Le lezioni si svolgeranno presso il polo delle scienze sociali dell’Università di Firenze, in via delle Pandette 35, aula D4/010. Info: segreteria.Corsiperfezionamento@dsg.unifi.it . Il corso prevede il riconoscimento di 6 Cfu, previo superamento di una prova finale. La Fondazione per la formazione forense dell’ordine degli avvocati di Firenze ha attribuito alla frequenza al corso un massimo di 24 crediti formativi professionali in Area di diritto pubblico interdisciplinare (delibera del Comitato direttivo del 5 luglio 2013); riconosce inoltre agli avvocati iscritti al Foro di Firenze il rimborso della somma di euro 200,00 ciascuno fino al limite massimo di complessivi euro 2000,00 da erogarsi in via di rimborso a fronte della presentazione della ricevuta di pagamento e dell’attestato di partecipazione (delibera del Comitato direttivo del 14 marzo 2013). La scheda Che cosa: Corso di perfezionamento post lauream “Professioni legali e scrittura del diritto” Chi: Università degli studi di Firenze, Istituto di teoria e tecniche dell’informazione giuridica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ittig-cnr), Accademia della Crusca, Fondazione per la formazione forense dell’Ordine degli avvocati di Firenze, sotto il patrocinio dell’Ordine degli avvocati di Firenze e della Scuola superiore dell’Avvocatura. Per informazioni: prof. Federigo Bambi (federigo.Bambi@unifi.it ), responsabile organizzativo del Corso; dott.Ssa Marina Pietrangelo (pietrangelo@ittig.Cnr.it ), referente per l´Ittig-cnr. Termine delle iscrizioni 24 settembre 2013  
   
   
CONCILIAZIONE: DAL 20 SETTEMBRE È OBBLIGATORIO IL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE PER LITI CONDOMINIALI, EREDITÀ, RESPONSABILITÀ MEDICHE, CONTRATTI ASSICURATIVI E BANCARI - A MILANO DUEMILA CASI IN DUE ANNI, 250 MILA EURO LA CONTROVERSIA MEDIA  
 
E´ stato ripristinato l’obbligo del tentativo di conciliazione. Così dal 20 settembre chi litiga va dall’avvocato in mediazione e non più in tribunale. Le dispute si risolvono più celermente e vicino a casa. E sono 2 mila i casi di conciliazione, per risolvere liti, gestiti dalla Camera di commercio di Milano attraverso l’azienda speciale Camera Arbitrale negli ultimi due anni (2011-2012) per un valore medio di 250 mila euro. Con la legge di conversione del Decreto Legge n. 69/2013), a partire dal 20 settembre, chi litiga su: condominio, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, deve obbligatoriamente farsi assistere da un avvocato in mediazione. Il procedimento di mediazione dura non più di tre mesi a partire dalla data di deposito della domanda di mediazione presso l´organismo scelto. A tal proposito (diversamente dal passato) è stata introdotta la "competenza territoriale" dell´Organismo di mediazione che dovrà essere scelto tra quelli presenti "nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia". Viene reintrodotta la sanzione prevista in caso di mancata partecipazione all´incontro di mediazione senza giustificato motivo. Il giudice infatti può condannare la parte non comparsa senza giustificato motivo al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. In base alla nuova disposizione gli avvocati risultano mediatori di diritto per il conseguente obbligo di essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione costantemente aggiornata tramite corsi a ciò finalizzati. Per cosa si litiga? Contratti bancari/finanziari e contratti assicurativi (25%), locazione (15%), successioni e divisioni ereditarie (10%): sono i temi su cui i milanesi litigano di più. Questi gli argomenti principali dei circa 2 mila casi di conciliazione, per risolvere liti, gestiti dalla Camera di commercio di Milano attraverso l’azienda speciale Camera Arbitrale negli ultimi due anni (2011-2012) per un valore medio di 250 mila euro. E quando le parti si siedono attorno ad un tavolo alla presenza di un mediatore, la metà degli incontri si conclude con la risoluzione della controversia, in media in 41 giorni. Per informazioni www.Conciliazione.com. Conciliazione, come funziona. Dalla classica controversia tra il consumatore (privato cittadino) e l´azienda a seguito dell´acquisto di un bene o dell´utilizzo di un servizio, dai contratti di locazione alle successioni e divisioni ereditarie, dalle liti condominiali alle controversie tra aziende. La mediazione è uno strumento duttile e utile per svariate tipologie di controversie e per molteplici soggetti (persone fisiche o giuridiche) ma anche banche (contratti finanziari e bancari), assicurazioni (contratti assicurativi e danni da circolazione), strutture mediche (risarcimento danno da responsabilità medica) e società (controversie anche tra soci di una stessa azienda). Oltre al Servizio di conciliazione, sono attivi il Servizio Internazionale di conciliazione (per le controversie tra parti di differente nazionalità), l’Italy-china Business Mediation Center (Icbmc) per le liti insorte tra imprese italiane e cinesi e Risolvionline.com, la piattaforma nata per gestire controversie interamente online. Per informazioni http://www.conciliazione.com/ , tel. 02 85154430.  
   
   
D´ANTONA&PARTNERS CAMBIA NOME IN HAVAS PR MILAN  
 
Il mercato dei servizi della comunicazione deve rispondere a clienti con esigenze sempre più internazionali e sempre più integrate con gli altri strumenti della comunicazione: dall´advertising, al web fino agli eventi e alla pianificazione media. Per questo l´agenzia di comunicazione D´antona&partners è entrata a far parte del grande network internazionale Havas Worldwide. D´antona&partners ha cambiato il suo nome ed oggi è Havas Pr Milan, ma non cambiano i valori e la passione per le persone, per l’etica e per la qualità del lavoro. Si rafforza così la relazione, iniziata nel 2008, con gli altri protagonisti del gruppo Havas Worldwide presenti in Italia: a quell’anno risale l’accordo che ha portato alla cessione di D´antona&partners a Havas Pr Milan con un assetto azionario che ora è così suddiviso: il 51% ad Havas Worldwide Milano ed il 49% suddiviso tra i soci storici, che hanno assunto i seguenti incarichi: Rosanna D’antona, Presidente e Ceo, Caterina Tonini, Consigliere Delegato con delega allo sviluppo, marketing e comunicazione, Maria Manfredini, Consigliere Delegato con delega al controllo di gestione e finanza, e Corrado Tomassini, Partner per lo sviluppo area Health Care e Public Affairs. Hr Manager. Immutato è anche il management impegnato nella guida e nello sviluppo delle opportunità per clienti e professionisti. Il cambiamento consentirà all’Agenzia di continuare ad attrarre talenti esperti nelle strategie di comunicazione integrata per sostenere le aziende italiane in Italia e all´estero e le aziende straniere pronte ad investire nel nostro Paese. Tutto ciò anche nell’ottica di contribuire alla crescita e alla ripresa della nostra economia. Quando abbiamo iniziato, nel 2003 - sostiene Rosanna D´antona, Presidente e Ceo di Havas Pr Milan - comparivano i primi cenni di una crisi da cui non siamo ancora usciti e così abbiamo strutturato i servizi della neonata agenzia per rispondere alle esigenze di un cliente allora sempre più attento all´efficienza degli investimenti di comunicazione come propedeutici a sostenere il business e i risultati d´esercizio. Da allora abbiamo affiancato negli anni ben 200 aziende-clienti con piani di corporate reputation, comunicazione interna e marketing pr ed abbiamo creato circa 150 posizioni professionali, ottenendo una crescita costante e ottimi risultati d´esercizio. Cambia il nome – prosegue– ma non i valori e la passione per le persone, per l’etica e per la qualità del lavoro. Un passaggio dovuto in risposta alle necessità di un mercato della comunicazione sempre più esigente, globale e interattivo; dettato da una volontà internazionale, un omogenizzazione della coroporate identity che facilita i rapporti tra i vari uffici e le varie strutture. Questo consentirà all’agenzia di continuare ad attrarre talenti esperti nelle strategie di comunicazione integrata per sostenere le aziende italiane in Italia e all’estero e le aziende straniere pronte ad investire nel nostro Paese. Oggi, all´interno del network Havas Pr, Havas Pr Milan, certificata Iso 9001, con un elevato indice di gradimento per i servizi erogati, rappresenta una realtà importante di riferimento, che cresce del 6% rispetto al 2012 e preannuncia un fatturato di 5 milioni di euro nel 2013. Con i suoi 40 professionisti e i suoi programmi di comunicazione Havas Pr Milan agisce in diversi settori: Comunicazione corporate, Comunicazione finanziaria, Comunicazione di brand, Comunicazione Healthcare, Relazioni con i media, Stakeholder Management e sustainable stakeholder management, Personal communication trainer, Comunicazione digitale, Comunicazione interna, employer branding e formazione, Issue e crisis management, Litigation Pr, Studi e ricerche, Servizi editoriali. Tra tutti questi settori Salute e Benessere rappresenta circa il 30% del fatturato, Banche e Assicurazioni circa il 20% del fatturato, Business to Business circa il 15% del fatturato e Largo consumo & Lifestyle circa il 35% del fatturato. Nel 2013 – sottolinea D’antona – il fatturato onorario previsto di Havas Pr Milan è circa 3 milioni e mezzo pari a una crescita di circa il 6 % rispetto al 2012 e ci attendiamo di chiudere il 2013 a circa 5 milioni di fatturato gestito. Havas Pr Milan, che si è appena aggiudicata in una gara a tre la comunicazione di Banca Popolare di Vicenza, è sempre più orientata verso una visione cross media relation. L’agenzia vede in forte espansione i settori dell’Employer Branding e della Litigation Pr Ad esempio, l’agenzia, ha gestito, di recente, il caso italo-kazako di Alma Shalabyeva, su incarico dello studio legale di Andrè De Pfyffer,. Siamo soddisfatti di ciò che abbiamo realizzato in questi primi anni della nostra attività – commenta a sua volta Caterina Tonini - e abbiamo le idee ben chiare su come proseguire e come sviluppare i nostri servizi, cogliendo le opportunità del network internazionale, valorizzando i nostri punti di forza in ambito corporate e brand e dando un nuovo sviluppo alla comunicazione digitale. Info: Havas Pr Milan già D´antona&partners - Strategie di comunicazione - Via San Vito 7, 20123, Milano - tel. +39028545701 - www.Dantonapartners.it    
   
   
PRIVACY: SCUOLE - NO ALLE IMPRONTE DIGITALI PER PROFESSORI E PERSONALE AMMINISTRATIVO - VIETATO L´USO DI IMPIANTI BIOMETRICI PER LA RILEVAZIONE DELLE PRESENZE IN TRE ISTITUTI SUPERIORI  
 
No all´uso delle impronte digitali dei professori e del personale amministrativo tecnico e ausiliario (Ata) per rilevare la loro presenza a scuola. Lo ha stabilito il Garante privacy [doc. Nn. 2578547, 2502951 e 2503101] nel vietare a un istituto tecnico industriale e a due licei scientifici l´ulteriore trattamento dei dati biometrici dei lavoratori effettuato in violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali. Il Garante, intervenuto a seguito di segnalazioni e notizie di stampa, ha detto no all´uso generalizzato delle impronte digitali perché eccedente e sproporzionato rispetto allo scopo perseguito dalle scuole di controllare le presenze sul posto di lavoro e contrario quindi ai principi di liceità, necessità e non eccedenza stabiliti dal Codice. Come più volte precisato dal Garante, infatti, l´impiego di dati così delicati può essere ritenuto lecito solo in specifici casi: ad esempio, per accedere ad aree aziendali riservate in cui si svolgono particolari attività o a imprese collocate in zone a rischio. Per controllare il rispetto dell´orario di lavoro - ha affermato il Garante - la scuola può disporre di sistemi meno invasivi della sfera personale, della libertà individuale e della dignità del lavoratore. L´autorità, infine, ha dichiarato illecito e ha vietato anche l´uso delle immagini raccolte tramite un impianto di videosorveglianza installato all´interno di uno dei due licei, all´insaputa di docenti, personale Ata e studenti. Il divieto riguarda il trattamento effettuato nel periodo antecedente alla sua disattivazione da parte della Direzione territoriale del lavoro per violazione delle norme sul controllo a distanza dei lavoratori  
   
   
PRIVACY: CONSIGLIERI REGIONALI - ACCESSO AI DATI SANITARI A PROVA DI PRIVACY  
 
Il diritto dei consiglieri regionali ad accedere alle informazioni utili all´espletamento del loro mandato deve bilanciarsi con il diritto alla privacy, in particolare quando si tratta di consultare documentazione sanitaria riferita a persone. E´ il principio affermato dal Garante per la privacy intervenuto [doc. N. 2604062] a seguito di segnalazioni di amministrazioni regionali che avevano ricevuto, da parte di consiglieri, alcune richieste di accesso a certificati medici e cartelle cliniche per verificare la correttezza dei servizi erogati dagli organi sanitari regionali. Due i casi esaminati dal Garante. Nel primo caso, il Presidente di un Consiglio Regionale aveva chiesto di conoscere i nominativi del personale medico e infermieristico di Asl, aziende e presidi ospedalieri giudicato inabile a svolgere alcune mansioni. Aveva inoltre chiesto di visionare le copie delle certificazioni di invalidità e verificare la composizione degli organi di accertamento. Sebbene le attività di controllo dei consiglieri nell´espletamento del loro mandato debbano essere garantite, le richieste di informazioni possono essere soddisfatte, ha precisato Il Garante, solo se indispensabili ad adempiere alla funzione pubblica rivestita dai consiglieri, assicurando comunque particolare tutela per i dati sanitari, dalla cui circolazione può derivare un grave pregiudizio per gli interessati. L´autorità ha quindi prescritto che il Presidente del Consiglio regionale possa accedere alle informazioni richieste solo previo oscuramento dei nominativi del personale giudicato inabile. Nel secondo caso un consigliere regionale aveva richiesto alla Asl l´accesso alla cartella clinica di un paziente sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio (Tso) per effettuare delle verifiche. Il Garante ha disposto che il consigliere regionale può accedere alla cartella clinica del paziente solo dopo avere interpellato la persona sottoposta a Tso (o il suo legale rappresentante). Quest´ultimo, infatti, può opporsi per motivi legittimi al trattamento di informazioni che lo riguardano. Trattando dati sensibili occorre, infatti, recare il minor pregiudizio possibile alla vita privata degli interessati. Sulle misure prescritte alle due Regioni il Garante ha ritenuto opportuno acquisire il previo parere della Commissione per l´accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri  
   
   
PRIVACY: CONTENZIOSO BANCARIO - NO A DATI ECCENDENTI NELLE MEMORIE DIFENSIVE  
 
Per difendersi in giudizio la banca non può inserire nelle memorie difensive considerazioni relative al procuratore della controparte che esulano dal merito del contenzioso e risultano eccendenti il concreto diritto di difesa. E´ il principio stabilito dal Garante per la privacy in un provvedimento [doc. N. 2577071] con il quale ha dichiarato illecito il trattamento di dati svolto da una banca nei confronti di un procuratore che rappresentava in giudizio alcuni clienti della banca stessa. L´interessato aveva lamentato, con una segnalazione al Garante, l´uso improprio - nell´ambito di memorie difensive presentate dall´istituto bancario davanti all´Arbitro bancario e finanziario competente - di suoi dati personali riferiti ad un pregresso rapporto di lavoro con il medesimo istituto bancario. La banca aveva chiesto, infatti, al Collegio arbitrario di considerare incompatibile l´attività di rappresentanza svolta dal procuratore perché questi, già dipendente dall´istituto, era stato licenziato per giusta causa e la vertenza instaurata era ancora pendente. Nel suo provvedimento, il Garante ha ricordato i principi stabiliti dal Codice privacy e quanto contenuto in particolare nelle Linee guida in materia di rapporti tra banche e clienti e cioè che i dati prodotti in giudizio devono essere solo quelli pertinenti a far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, evitando la comunicazione di informazioni non rilevanti per le citate finalità di difesa. Nel caso specifico, invece, il trattamento dei dati personali del segnalante in occasione dei procedimenti celebrati dinanzi all´Arbitro bancario è risultato eccedente rispetto alle concrete esigenze difensive della banca perché volto, non tanto a dimostrare la eventuale scarsa attendibilità delle affermazioni rese dai clienti che avevano fatto ricorso contro la banca, quanto a rendere un immagine negativa, per fatti extraprocessuali, e comunque estranei alla materia del contendere, del loro procuratore. Il trattamento di dati operato dalla banca è risultato dunque illecito. Di conseguenza, i dati eccedenti riferiti al procuratore non potranno essere più utilizzati dalla banca  
   
   
PRIVACY: SORVEGLIANZA DI MASSA, PRIVACY E LIBERTÀ DI ESPRESSIONE - INCONTRO A ROMA TRA ANTONELLO SORO E L´INVIATO DELL´ONU, FRANK LA RUE  
 
Si è svolto a Roma, nella sede dell´Autorità garante per la privacy, un incontro tra Antonello Soro, Presidente dell´Autorità, e Frank La Rue, relatore speciale delle Nazioni Unite per la promozione e la tutela della libertà di espressione. L´incontro è preliminare alla visita ufficiale che lo stesso La Rue compirà a novembre in Italia in vista del prossimo rapporto che l´inviato dell´Onu dovrà stilare. Al centro dei colloqui il rapporto tra privacy e libertà di informazione e le preoccupazioni per la proliferazione della nuove forme di sorveglianza di massa, attraverso Internet e i sistemi di telecomunicazioni, venute alla luce dopo il caso "Datagate". Il presidente Soro ha manifestato all´inviato dell´Onu la necessità di far crescere una autentica cultura della protezione dei dati nel mondo digitale. Occorre, ha sottolineato Soro, opporsi fermamente alla raccolta indiscriminata ed abnorme di dati di milioni di cittadini, portato avanti dalle autorità Usa e da alcuni Paesi europei. E questo anche per evitare che monitoraggi così invasivi ed arbitrari possano minare la fiducia nella Rete. Frank La Rue ha puntato la sua riflessione sul dovere degli Stati di garantire la sicurezza dei cittadini operando entro i confini della democrazia, perché "senza privacy non si può avere democrazia". Privacy e libertà di informazione, ha evidenziato l´inviato dell´Onu, sono strettamente connesse e interdipendenti. Senza leggi adeguate e regole che assicurino confidenzialità nelle comunicazioni, giornalisti, difensori dei diritti umani, semplici cittadini rischiano di vedere compromessi irrimediabilmente i loro diritti fondamentali  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: IL TRIBUNALE ANNULLA LA DECISIONE DELLA COMMISSIONE CHE HA CONSIDERATO AIUTO DI STATO LA REMUNERAZIONE DI POSTE ITALIANE, DA PARTE DEL TESORO, DELLA LIQUIDITÀ RACCOLTA CON I CONTI CORRENTI POSTALI  
 
Poste Italiane Spa («Pi») è un’impresa controllata dallo Stato italiano. Essa fornisce il servizio postale universale ed esercita attività bancarie su tutto il territorio italiano. Le attività bancarie non sono comprese nei suoi obblighi di servizio di interesse economico generale. Esse sono gestite da una divisione interamente integrata, Bancoposta, che offre un servizio di conto corrente postale. Dal 2001 in poi, le caratteristiche di tale servizio sono simili a quelle di un comune conto corrente. Inoltre, Pi colloca diversi prodotti finanziari e di investimento, tra cui alcune polizze assicurative emesse da una società da essa controllata al 100%, Poste Vita Spa. Il servizio dei conti correnti postali era essenzialmente disciplinato da una legge del 1917 e sin dal 1945 era previsto l’obbligo di versare su un conto corrente fruttifero, aperto presso la Cassa Depositi e Prestiti, le somme raccolte tramite i conti correnti postali («vincolo d’impiego»). La legge finanziaria 2006 ha previsto che, attraverso una convenzione, il Ministero dell’economia e delle finanze e Pi definissero i parametri di mercato e le modalità di calcolo del tasso di remunerazione che Pi avrebbe percepito per il deposito presso la Tesoreria dello Stato di dette liquidità. La remunerazione annua era calcolata come media ponderata dei rendimenti medi annui dei Buoni del Tesoro Poliennali («Btp») a 30 anni (per l’80% del deposito) e a 10 anni (per il 10% del deposito) e dei Buoni Ordinari del Tesoro («Bot») a 12 mesi (per il 10% del deposito). Gli interessi, in tal modo calcolati per gli anni 2005 e 2006, del 3,9% e del 4,25%, sono stati liquidati alla ricorrente, rispettivamente, nel 2006 e nel 2007. La legge n. 296/2006 ha poi modificato la legge finanziaria 2006 e ha stabilito le somme provenienti dai conti correnti postali appartenenti alla clientela privata dovevano essere investiti in titoli di Stato dell’area euro. Nel dicembre 2005, l’Associazione Bancaria Italiana presentava denuncia alla Commissione contro Pi. A suo parere, il deposito presso la Tesoreria dello Stato delle somme provenienti dai conti correnti postali (tasso d’interesse attivo) apportava alla ricorrente un interesse del 4% circa, mentre Bancoposta remunerava i conti correnti a un tasso dell’1% circa (tasso d’interesse passivo). Il differenziale positivo tra il tasso passivo e il tasso attivo sarebbe superiore rispetto a quello di mercato e rappresenterebbe pertanto un aiuto di Stato. Nel 2006, la Commissione comunicava alla Repubblica italiana la sua decisione di avviare il procedimento di verifica dell’aiuto di Stato. In esso, le autorità italiane hanno sostenuto che il tasso di remunerazione previsto dalla Convenzione era stato fissato in funzione dei parametri di mercato e che esso non attribuiva a Pi alcun vantaggio. Il 16 luglio 2008, con la decisione 2009/178/Ce la Commissione ha concluso che la remunerazione concessa dal Ministero alla ricorrente costituiva un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune e ne ha ordinato il recupero. Al fine di stabilire l’esistenza di un vantaggio, la Commissione si è basata su un confronto tra il tasso versato alla ricorrente dal Ministero in virtù della Convenzione («tasso della Convenzione») e il tasso che, a suo parere, sarebbe stato fissato da un mutuatario privato diligente in un’economia di mercato, in condizioni comparabili («tasso del mutuatario privato»). Pi fa valere fondamentalmente l’errore manifesto di valutazione in merito alla fissazione del tasso del mutuatario privato e l’esistenza di un vantaggio e alla valutazione degli investimenti alternativi. Nella sua sentenza odierna, il Tribunale ricorda che nel settore degli aiuti di Stato, sebbene la Commissione goda di un ampio potere discrezionale il cui esercizio implica valutazioni di ordine economico, il giudice dell’Unione è tenuto a verificare non solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se siano rilevanti per valutare una situazione complessa. Tuttavia, non spetta al giudice dell’Unione, nell’ambito di tale controllo, sostituire la propria valutazione economica a quella della Commissione. La Commissione è tenuta ad effettuare un’analisi completa di tutti gli elementi rilevanti dell’intervento statale controverso e del suo contesto, compresa la situazione dell’impresa beneficiaria e del mutuatario privato esaminando, in particolare, la questione se l’impresa avrebbe potuto procurarsi presso altri investitori fondi che le procurassero gli stessi vantaggi e, eventualmente, a quali condizioni. Nel caso di specie, il Tribunale sottolinea che la fissazione del tasso di interesse non può essere disgiunta dall’imposizione, da parte dello Stato, del vincolo d’impiego. Lo Stato remunera il deposito delle somme provenienti dai conti correnti postali presso la Tesoreria dello Stato e obbliga Pi ad effettuare tale deposito. Il Tribunale esamina allora se la Commissione abbia dimostrato che queste due conseguenze, complessivamente considerate, abbiamo posto Pi in una situazione più vantaggiosa rispetto a quella in cui si sarebbe trovata in assenza di tale intervento. Ritiene che il differenziale positivo tra il tasso della Convenzione e il tasso del mutuatario privato costituisce un indizio di un vantaggio, ma non sia sufficiente per affermarne l’esistenza. Peraltro, il tasso del mutuatario privato nella decisione non è stato calcolato a partire da un’analisi di convenzioni o meccanismi di prestito e non costituisce un vero e proprio «tasso di mercato». La Commissione non ha dimostrato poi che senza un vincolo d’impiego, Pi avrebbe potuto ragionevolmente ottenere sul mercato un tasso superiore a quello previsto dalla Convenzione. La Commissione è quindi incorsa in un errore manifesto di valutazione nel concludere nel senso dell’esistenza di un aiuto di Stato a partire dalla semplice constatazione di un differenziale positivo tra il tasso della Convenzione e il tasso del mutuatario privato. Inoltre, anche la conclusione, secondo la quale le possibilità alternative di investimento, in assenza di vincolo d’impiego, non avrebbero permesso a Pi di conseguire rendimenti simili o superiori al tasso della Convenzione, si fonda su elementi erronei o insufficienti. Di conseguenza, anche l’analisi del rendimento di taluni investimenti alternativi, non dimostra l’esistenza di un vantaggio. Per questi motivi, il Tribunale annulla la decisione 2009/178/Ce della Commissione, del 16 luglio 2008, relativa all’aiuto di Stato cui l’Italia ha dato esecuzione per remunerare i conti correnti di Poste Italiane Spa presso la Tesoreria dello Stato [C 42/06 (ex Nn 52/06)]. (Tribunale, Sentenza nella causa T‑525/08, Poste Italiane Spa / Commissione)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: IL TRIBUNALE RESPINGE I RICORSI DI DUE CITTADINI SIRIANI CONTRO IL LORO INSERIMENTO NELL’ELENCO RELATIVO AL CONGELAMENTO DI CAPITALI NELL’AMBITO DELLE MISURE RESTRITTIVE ADOTTATE NEI CONFRONTI DELLA SIRIA  
 
Il Consiglio dell’Unione europea non ha commesso alcun errore di diritto e non ha violato i diritti fondamentali del sig. Eyad Makhlouf, ufficiale dell’esercito siriano, e del sig. Issam Anbouba, importante uomo d’affari, inserendoli nell’elenco. Condannando fermamente la violenta repressione delle pacifiche manifestazioni di protesta avvenute in varie località della Siria e chiedendo alle autorità siriane di dar prova di moderazione anziché procedere a repressioni, il Consiglio ha adottato, Il 9 maggio 2011, una decisione che impone misure restrittive nei confronti della Siria. Una di queste misure restrittive consisteva nel congelamento dei capitali e delle risorse economiche di determinate persone ed entità responsabili della violenta repressione perpetrata contro la popolazione civile siriana. Con decisione del 23 maggio 2011, il nome del sig. Eyad Makhlouf, ufficiale con cittadinanza siriana, avente il grado di tenente-colonnello, è stato inserito nell’elenco relativo al congelamento di capitali con l’indicazione «Fratello di Rami Makhlouf e agente del Gid, coinvolto nella repressione della popolazione civile». In seguito, il Consiglio ha adottato varie decisioni e regolamenti che hanno aggiornato l’elenco in parola. Il nome del sig. Makhlouf vi è sempre stato mantenuto. Nel settembre 2011, il Consiglio ha deciso che l’elenco relativo al congelamento di capitali doveva del pari includere le persone ed entità che beneficiavano delle politiche condotte dal regime o che lo sostenevano. In tal modo, il Consiglio ha applicato una presunzione di sostegno del regime siriano nei confronti dei dirigenti delle principali imprese siriane. Pertanto, il 2 settembre 2011, il nome del sig. Issam Anbouba è stato inserito nell’elenco del congelamento di capitali con l’indicazione secondo la quale egli era presidente di una importante società dell’industria agroalimentare (Issam Anbouba Establishment for agro-industry) e forniva un sostegno economico al regime siriano. In sede di revisione dell’elenco mediante un regolamento del maggio 2012, le ragioni del suo inserimento sono state modificate nel modo seguente: «Fornisce sostegno finanziario all´apparato repressivo e ai gruppi paramilitari che esercitano atti di violenza contro la popolazione civile in Siria. Fornisce proprietà (locali, magazzini) per centri di detenzione improvvisati. Rapporti finanziari con alti ufficiali siriani». I sig.Ri Makhlouf e Anbouba hanno proposto dei ricorsi dinanzi al Tribunale dell’Unione europea al fine di ottenere l’annullamento delle decisioni e dei regolamenti che li hanno inseriti nell’elenco. Con la sua sentenza in data odierna, il Tribunale respinge i ricorsi. Il Tribunale rileva che il Consiglio non ha violato i diritti della difesa o il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva di queste due persone adottando le misure in parola. In seguito all’inserimento di ciascuna di esse nell’elenco, il Consiglio ha pubblicato un avviso nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea informandoli del loro inserimento e indicando loro la possibilità di presentare le proprie osservazioni al Consiglio. La circostanza che tale comunicazione sia intervenuta dopo il primo inserimento nell’elenco non può essere considerata in sé come una violazione dei diritti della difesa. Infatti, siffatta comunicazione preliminare dei motivi sarebbe tale da compromettere l’efficacia delle misure di congelamento dei capitali e delle risorse economiche che devono, per loro stessa natura, beneficiare di un effetto sorpresa e applicarsi con effetto immediato. In entrambi i casi, è evidente che queste due persone sono state poste nelle condizioni di difendersi efficacemente contro le misure restrittive in quanto hanno proposto dei ricorsi dinanzi al Tribunale entro i termini prescritti. Il Tribunale rileva del pari che il Consiglio ha rispettato il suo obbligo di motivazione. Negli atti impugnati, il Consiglio enuncia chiaramente i motivi generali dell’adozione delle misure restrittive nei confronti della Siria. Peraltro, nella decisione del settembre 2011, il Consiglio espone il contesto generale che l’ha condotto ad ampliare il campo di applicazione di tali misure alle persone che forniscono un sostegno al regime siriano. A livello individuale, le indicazioni fornite dal Consiglio in occasione della prima iscrizione di ciascuna di queste persone nell’elenco hanno consentito loro di constatare utilmente la fondatezza di tali atti. In seguito, per quanto concerne il sig. Anbouba, il Tribunale ritiene che il Consiglio potesse legittimamente presumere che, a motivo della sua qualità di importante uomo d’affari in Siria, egli forniva un sostegno al regime siriano. Il Tribunale rileva che, tenuto conto della natura autoritaria del regime siriano e del rigido controllo esercitato dallo Stato sull’economia siriana, il Consiglio poteva correttamente considerare che le attività di uno dei principali uomini d’affari della Siria, attivo in numerosi settori, non avessero potuto prosperare salvo che lo stesso avesse beneficiato di favori del predetto regime e quest’ultimo gli avesse fornito in cambio un certo sostegno. Tenuto conto dell’importanza e della natura degli scopi perseguiti mediante tali misure, che consistono segnatamente nel porre fine alla repressione perpetrata dal presidente siriano Bashar Al Assad e dal suo regime contro la loro stessa popolazione, questa presunzione sembra proporzionata. Infine, il Tribunale considera che né il sig. Makhlouf, né il sig. Anbouba hanno addotto elementi di prova idonei a consentire di accertare che il Consiglio abbia commesso un errore manifesto di valutazione nel considerare che essi fornivano un sostegno al regime siriano. (Tribunale dell’Unione europea, Lussemburgo, 13 settembre 2013, Sentenza nelle cause T-383/11 Eyad Makhlouf / Consiglio e T-563/11 e T-592/11 Issam Anbouba / Consiglio)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: IL TRIBUNALE CONFERMA LA DECISIONE DELLA COMMISSIONE SECONDO CUI IL TRASFERIMENTO GRATUITO, AD OPERA DELLA GERMANIA, DI TERRENI DEL SUO PATRIMONIO NATURALE AD ORGANIZZAZIONI DI TUTELA DELL’AMBIENTE CONFIGURA UN AIUTO DI STATO  
 
Poiché tali organizzazioni offrono direttamente prodotti e servizi su mercati concorrenziali, esse devono essere considerate quali imprese In considerazione dei notevoli costi connessi alla conservazione e allo sviluppo delle aree del patrimonio naturale nazionale, la Germania ha deciso di trasferire, a titolo gratuito, fino a 125 000 ettari di tali aree a beneficio dei Länder, delle loro fondazioni, della Deutsche Bundesstiftung Umwelt (fondazione tedesca per l´ambiente) e di altre organizzazioni di tutela dell´ambiente. I beneficiari dei suddetti trasferimenti sono tenuti a rispettare taluni obblighi di diritto ambientale e ad assumere i costi relativi al trasferimento, le spese per la gestione e i rischi connessi ai siti contaminati. Nel caso in cui i ricavi derivanti dallo sfruttamento autorizzato dei terreni siano superiori alle spese effettive, la differenza dovrà essere versata allo Stato federale o reinvestita nella conservazione del patrimonio. Inoltre, la Germania aveva previsto un sostegno finanziario a grandi progetti di tutela dell´ambiente. Siffatti progetti potevano essere proposti da qualunque soggetto interessato, congiuntamente al Land competente, ma solo gli enti statali o le organizzazioni di tutela dell´ambiente potevano essere incaricati della loro gestione. Il sostegno accordato dal governo federale non poteva eccedere il 75% dei costi ammissibili del progetto e i Länder o i gestori del progetto potevano completare il saldo delle spese, mentre, in ogni caso, il 10% doveva restare a carico del gestore che dava attuazione al progetto. Fatte salve le restrizioni ambientali di sfruttamento imposte dal governo, gli enti privati di conservazione avevano la possibilità di ottenere redditi dai terreni da essi gestiti, in particolare dagli affitti di caccia e di pesca, dalle vendite di legname provenienti dalle attività di manutenzione delle foreste e dal turismo. Tuttavia i costi dovevano essere compensati dai ricavi di ciascun progetto e, nel caso in cui questi fossero stati superiori ai costi, il saldo doveva essere rimborsato allo Stato federale. Nel 2007 la Germania aveva notificato tali due misure alla Commissione, confidando nel fatto che questa avrebbe constatato che non configuravano aiuti di Stato. Orbene, nel 2009 la Commissione ha deciso che le misure in questione costituissero effettivamente aiuti di Stato, ma che fossero compatibili con il mercato comune. La Germania ha quindi proposto un ricorso dinanzi al Tribunale allo scopo di ottenere l´annullamento della decisione della Commissione. La Francia, i Paesi Bassi e la Finlandia sono intervenuti in tale controversia a sostegno della Germania. Ad avviso della Germania, la Commissione ha a torto considerato le organizzazioni di tutela dell´ambiente – le quali non perseguirebbero uno scopo economico ed avrebbero ad oggetto un´attività di interesse generale – alla stregua di imprese ai sensi del diritto dell´Unione in materia di aiuti di Stato e avrebbe ingiustamente affermato che le misure conferiscono un vantaggio a dette organizzazioni. Con la sua sentenza odierna il Tribunale respinge il ricorso della Germania. Sebbene l´attività di tutela dell´ambiente, oggetto delle misure, abbia carattere esclusivamente sociale e non costituisca un´attività economica, la Commissione ha correttamente rilevato che le organizzazioni di tutela dell´ambiente si occupano di altre attività, le quali rivestono carattere economico e rispetto alle quali tali organizzazioni devono essere considerate come imprese. Infatti, con le attività autorizzate nell´ambito delle misure in parola – quali la vendita di legname, l’affitto per caccia e pesca e il turismo – le organizzazioni di tutela dell´ambiente offrono direttamente prodotti e servizi su mercati concorrenziali. Mediante tali attività, esse perseguono un interesse distinto, che può essere separato dall´obiettivo esclusivamente sociale di tutela dell´ambiente. Dal momento che le organizzazioni di tutela dell´ambiente si trovano, quando esercitano tali attività, in concorrenza con operatori che perseguono uno scopo di lucro, il fatto che esse offrano i loro beni e servizi senza scopo di lucro resta privo di rilevanza. Inoltre, giustamente la Commissione ha rilevato che la messa a disposizione gratuita di terreni che consentono uno sfruttamento commerciale configura un vantaggio per le organizzazioni di tutela dell´ambiente. Infatti, una simile misura favorisce tali organizzazioni rispetto ad altre imprese attive nei settori interessati e che dovrebbero investire in terreni per poter esercitare le stesse attività economiche. La necessità di tener conto delle esigenze relative alla tutela dell´ambiente, per quanto legittime, non giustifica l´esclusione di siffatte misure selettive dal campo di applicazione del diritto dell´Unione in materia di aiuti di Stato. In aggiunta, la Commissione ha concluso correttamente che nemmeno la giurisprudenza cosiddetta «Altmark», secondo cui una misura statale a vantaggio di un´impresa incaricata di servizi di interesse economico generale può, ricorrendo determinate condizioni, sottrarsi alla qualificazione come aiuto di Stato, consente di escludere che le misure di cui trattasi siano qualificate quali aiuti. (Tribunale dell’Unione europea, Lussemburgo, il 12 settembre 2013, Sentenza nella causa T-347/09, Germania / Commissione)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA : RACCOLTA SCOMMESSE  
 
La legge italiana stabilisce che l’attività di raccolta e di gestione delle scommesse presuppone una concessione previa pubblica gara, nonché di un’autorizzazione di polizia. Qualsiasi violazione è passibile di sanzioni penali. Fino al 2002, le società di capitali quotate nei mercati regolamentati non potevano ottenere una concessione per i giochi d’azzardo e quindi sono rimaste escluse dalle gare del 1999. L’illegittimità di tale esclusione è stata dichiarata nella sentenza del 2007, Placanica e a. (C-338/04 e.A.). Il decreto legge n. 223/2006, cd «decreto Bersani» (misure di contrasto del gioco illegale) ha proceduto ad una riforma del settore del gioco in Italia, destinata ad adeguarlo alle norme dell’Unione. I ricorrenti nei procedimenti principali gestiscono «centri trasmissione dati» («Ctd») per conto della Goldbet Sportwetten Gmbh, società di diritto austriaco, con sede a Innsbruck, con licenza di bookmaker rilasciata dal governo del Tirolo. L’organizzazione delle scommesse compete solamente a tale società. Infatti, dopo aver ricevuto la proposta di scommessa inoltrata dal Ctd, la Goldbet può accettare o meno la scommessa, mentre al titolare del Ctd spetta esclusivamente il compito di mettere in contatto lo scommettitore e il bookmaker straniero. Il servizio offerto sarebbe, dunque, solo quello di proporre agli scommettitori la connessione e la trasmissione dati, inoltrando al bookmaker la scommessa. Le loro istanze di autorizzazione di polizia sono state respinte sulla base del fatto che la Goldbet non era titolare in Italia della concessione rilasciata dall’Aams. Il signor Biasci e.A. Hanno allora proposto ricorsi separati dinanzi al Tar Toscana, deducendo la violazione del principio del mutuo riconoscimento fra Stati membri a causa del rifiuto di concedere alle società, debitamente autorizzate in altri Stati membri, l’autorizzazione ad esercitare in Italia. Lo Snai (Sindacato Nazionale Agenzie Ippiche Spa), la Stanley International Betting Ltd e la Stanleybet Malta ltd. Sono intervenuti a sostegno del convenuto, il Ministero dell’Interno. I procedimenti si inseriscono in un contesto giuridico e fattuale sostanzialmente identico a quello che ha dato origine alla sentenza del 16 febbraio 2012, Costa e Cifone (C-72/10 e C-77/10). Il giudice del rinvio chiede alla Corte se il diritto Ue ammetta una normativa nazionale che imponga alle società interessate l’obbligo di ottenere un’autorizzazione di polizia, in aggiunta a una concessione sempre rilasciata dallo Stato e che ne limiti il rilascio a coloro che già sono in possesso della concessione. La giurisprudenza della Corte ha già giudicato che un sistema di concessioni può costituire un meccanismo efficace per prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se il sistema di concessioni italiano risponda realmente all’obiettivo. Un’autorizzazione contribuisce chiaramente all’obiettivo di evitare che questi operatori siano implicati in attività criminali o fraudolente e sembra una misura del tutto proporzionata a tale obiettivo. Tuttavia, poiché le autorizzazioni sono rilasciate unicamente ai titolari di una concessione, irregolarità commesse nell’ambito della procedura di concessione vizierebbero anche la procedura di rilascio di autorizzazioni. La mancanza di autorizzazione non potrà perciò essere addebitata a soggetti che non siano riusciti a ottenerla per il fatto che essa presuppone l’attribuzione di una concessione, di cui i detti soggetti non hanno potuto beneficiare in violazione del diritto dell’Unione. Il giudice del rinvio chiede poi se il diritto dell’Unione ammetta una normativa nazionale che tuteli le posizioni commerciali degli operatori esistenti prevedendo distanze minime tra gli esercizi dei nuovi concessionari e quelli degli operatori esistenti, ma che preveda la decadenza della concessione nell’ipotesi che il concessionario gestisca direttamente o indirettamente attività transfrontaliere di gioco assimilabili a quelle gestite dall’Aams ovvero giochi d’azzardo proibiti dall’ordinamento giuridico nazionale. La Corte ha già dichiarato che il Trattato Ue non ammette che uno Stato membro che abbia escluso, in violazione del diritto dell’Unione, una categoria di operatori dall’attribuzione di concessioni cerchi di rimediare a tale violazione, proteggendo però le posizioni commerciali acquisite prevedendo distanze minime tra gli esercizi dei concessionari nuovi e quelli esistenti. Per quanto riguarda la decadenza dalla concessione, la Corte ha già osservato che le disposizioni non erano formulate in modo chiaro, preciso e univoco e che, in tali circostanze, non si può addebitare ad un operatore il fatto di aver rinunciato a presentare una candidatura per una concessione, in assenza di qualsiasi sicurezza sul piano giuridico. Spetta al giudice del rinvio valutare il contesto fattuale e le conseguenze della citata sentenza Costa e Cifone, per verificare se le situazioni nelle cause odierne siano o meno paragonabili. Nell’ipotesi in cui dovesse constatare che, nel caso di specie, la Goldbet, prima di decadere dai suoi diritti, ha partecipato alle procedure di rilascio di concessioni e ne ha ottenute alcune tramite una società italiana controllata, tale giudice dovrà valutare se la Goldbet debba essere considerata far parte degli operatori esistenti che, in realtà, erano avvantaggiati dalle norme sulla distanza minima. Se invece la Goldbet non ha partecipato a dette procedure, il giudice del rinvio dovrà verificare se abbia rinunciato a candidarsi a causa dell’incertezza dello schema di convenzione. Inoltre, tale giudice dovrà stabilire se tale decadenza dei diritti sia stata pronunciata per il fatto che la Goldbet ha offerto giochi non autorizzati o perché esercita attività transfrontaliere. In quest’ultima ipotesi, il diritto dell’Unione non ammette una normativa nazionale che impedisca di fatto qualsiasi attività transfrontaliera nel settore del gioco, in particolare, nei casi in cui avviene un contatto diretto fra il consumatore e l’operatore ed è possibile un controllo fisico, per finalità di pubblica sicurezza, degli intermediari dell’impresa presenti sul territorio. Infine, il giudice del rinvio chiede se il diritto dell’Unione, qualora un operatore disponga, nello Stato membro in cui è stabilito, di un’autorizzazione, ammetta che un altro Stato membro subordini al possesso di un’autorizzazione rilasciata dalle proprie autorità la possibilità di offrire siffatti servizi a consumatori che si trovino nel suo territorio. La Corte ha già dichiarato che gli Stati membri dispongono di ampio margine discrezionale riguardo agli obiettivi che intendono perseguire ed al livello di tutela dei consumatori. Non esiste un obbligo di mutuo riconoscimento delle autorizzazioni rilasciate dai vari Stati membri. Ne discende che ogni Stato membro conserva il diritto di imporre agli operatori che propongono giochi d’azzardo l’ottenimento di un’autorizzazione, senza che un’autorizzazione rilasciata in un altro Stato membro possa esservi d’ostacolo. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: 1) Il diritto dell’Unione non osta a una normativa nazionale che imponga alle società interessate a esercitare attività collegate ai giochi d’azzardo l’obbligo di ottenere un’autorizzazione di polizia, in aggiunta a una concessione rilasciata dallo Stato, e che limiti il rilascio di una siffatta autorizzazione segnatamente ai richiedenti che già sono in possesso di una simile concessione. 2) Per contro, osta a che uno Stato membro che abbia escluso, in violazione del diritto dell’Unione, una categoria di operatori dall’attribuzione di concessioni per l’esercizio di un’attività economica e che cerchi di rimediare a tale violazione mettendo a concorso un numero rilevante di nuove concessioni protegga le posizioni commerciali acquisite dagli operatori esistenti prevedendo, in particolare, determinate distanze minime tra gli esercizi dei nuovi concessionari e quelli di tali operatori esistenti. Risulta dall’obbligo di trasparenza, nonché dal principio di certezza del diritto che le condizioni e le modalità di una gara e le norme contemplanti la decadenza di concessioni devono essere formulate in modo chiaro, preciso e univoco, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Il diritto dell’Unione osta a una normativa nazionale che impedisca di fatto qualsiasi attività transfrontaliera nel settore del gioco, in particolare, nei casi in cui avviene un contatto diretto fra il consumatore e l’operatore ed è possibile un controllo fisico, per finalità di pubblica sicurezza, degli intermediari dell’impresa presenti sul territorio. 3) La circostanza che un operatore disponga, nello Stato membro in cui è stabilito, di un’autorizzazione non osta a che un altro Stato membro, nel rispetto degli obblighi posti dal diritto dell’Unione, subordini al possesso di un’autorizzazione rilasciata dalle proprie autorità la possibilità di offrire siffatti servizi. (Sentenza nelle cause riunite C-660/11 e C-8/12 Daniele Biasci e.A./ Ministero dell’Interno, Questura di Livorno e.A.)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: IL TUE ANNULLA VARI BANDI DI CONCORSI UE, A CAUSA DELLA PUBBLICAZIONE SULLA GUUE IN SOLE 3 LINGUE E DELL’IMPOSIZIONE PER LE PROVE DI UNA SECONDA LINGUA (EN, DE, FR), SENZA GIUSTIFICAZIONE  
 
L’italia ha chiesto l’annullamento di vari bandi di concorso: Concorso generale Epso/ad/116/08 (Ad8) e Epso/ad/117/08 (Ad11) (30 posti di Amministratore (Ad8) e a 20 posti di Amministratore principale (Ad11) nel settore della lotta antifrode) in quanto pubblicati nelle sole edizioni in lingua inglese, francese e tedesca della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (T-142/08) Concorso generale Epso/ad/125/08 (Ad7 e Ad9) (4 medici nel canale Commissione e 9 nel canale Altre Istituzioni), pubblicato nelle edizioni in lingua inglese, francese e tedesca (T-164/08) Concorso (Ad 5) Epso/ad/144/09 (sanità pubblica), Epso/ad/145/09 (igiene degli alimenti - politiche e legislazione), Epso/ad/146/09 (igiene degli alimenti - ispezioni, controllo e valutazione) (35, 40 e 55 amministratori (Ad 5) di nazionalità Bulgara, Cipriota, Ceca, Estone, Ungherese, Lettone, Lituana, Maltese, Polacca, Rumena, Slovacca, Slovena, nel campo della sanità pubblica). Le prove e le comunicazioni con i candidati dovevano svolgersi unicamente in una lingua fra francese, inglese e tedesco, a scelta del candidato (T-126/09) Test di accesso e concorsi generali per esami, al fine di costituire un elenco di idonei in vista di una futura assunzione Epso/ast/91/09 (Assistenti (Ast 3) nel settore "Offset" e, al fine di costituire un elenco di idonei in vista di una futura assunzione Epso/ast/92/09 - Assistenti (Ast 3) nel settore "Prestampa). Le prove dovevano svolgersi necessariamente in inglese, francese o tedesco (T-218/09). Con le sentenze odierne, il Tribunale Ue ha annullato tutti i bandi oggetto dei ricorsi. Innanzitutto il Tribunale ha considerato che la pubblicazione nella Guue, in tutte le lingue, lo stesso giorno di un avviso sintetico contenente un certo numero di informazioni relative ai concorsi, ha posto rimedio all’omessa pubblicazione integrale in tutte le lingue ufficiali. Peraltro, un cittadino dell’Unione europea legge la Guue nella propria lingua materna e pertanto, un candidato la cui lingua materna non fosse una di quelle in cui erano stati pubblicati integralmente i bandi avrebbe dovuto procurarsi la Guue in una di queste tre lingue e leggere il bando in questa prima di decidere se presentare la propria candidatura. In tal senso era svantaggiato rispetto ad un candidato la cui lingua materna fosse una delle tre lingue nelle quali i bandi di concorso controversi erano stati pubblicati integralmente, sotto il profilo sia della corretta comprensione di tali bandi sia del termine per preparare ed inviare una candidatura. Tale svantaggio è la conseguenza della diversità di trattamento a motivo della lingua. La diversità di trattamento a motivo della lingua è vietata dalla Carta dei diritti fondamentali e dallo Statuto del funzionari Ue (che prescrive che, nel rispetto del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, ogni limitazione di tali principi deve essere oggettivamente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale). Inoltre il Tribunale rileva che i bandi di concorso controversi non contenevano alcuna motivazione che giustifichi la scelta, come seconda lingua per le prove dei concorsi, fra le tre lingue in questione. In applicazione del principio di tutela del legittimo affidamento ed al fine di preservare il legittimo affidamento dei candidati prescelti, questa sentenza non rimette in discussione i suddetti concorsi o elenchi di riserva (in applicazione di quanto stabilito nella sentenza del 27 novembre 2012, Italia/commissione, C-566/10 P, (Sentenza nelle cause T-142/08, Italia/commissione, T-164/08, Italia/commissione, T-126/09, Italia/commissione, T-218/09, Italia/commissione)