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Notiziario Marketpress di Giovedì 09 Giugno 2011
UE: BULGARIA E ROMANIA PRONTE PER ADERIRE ALL´AREA SCHENGEN  
 
Strasburgo, 9 giugno 2011- Il Parlamento ha dato il via libera ieri all´entrata nello spazio Schengen senza frontiere di Bulgaria e Romania. I deputati precisano che, in base alle relazioni di valutazione, i due Paesi hanno soddisfatto le condizioni necessarie. Tuttavia, il Parlamento dovrà essere informato sulle ulteriori misure da adottare nell´area Bulgaria-turchia-grecia per poter rispondere al possibile forte incremento della pressione migratoria. Il parere del Parlamento europeo sarà ora inviato ai ministri dell´Interno dell´Ue, che si riuniscono oggi a Lussemburgo. Dopo aver esaminato le valutazioni sui progressi dei due Stati membri nonché i risultati delle visite di valutazione da parte di gruppi di esperti, i deputati hanno concluso che, sebbene alcune questioni siano ancora aperte e in futuro dovranno essere seguite da vicino con regolarità, esse non costituiscono un ostacolo alla piena adesione a Schengen di Bulgaria e Romania. Nel dibattito in Aula, il relatore Carlos Coelho (Ppe, Pt), ha dichiarato che "siamo in grado di accogliere la Bulgaria e la Romania nell´area Schengen e auspico che il Consiglio adotterà la stessa posizione non appena riceverà il nostro parere favorevole (...). I cittadini dei due paesi dovrebbero essere trattati come cittadini europei al 100% e non dovrebbero essere alla mercé di discorsi populistici". Zona di frontiera Bulgaria-turchia-grecia - Il relatore ha sottolineato che si dovrebbe tuttavia tener conto del fatto che l´area Bulgaria-turchia-grecia rappresenta una delle zone più sensibili delle frontiere esterne dell´Ue. Ciò rende necessario che la Bulgaria adotti alcune misure addizionali, vale a dire prepari un piano speciale contenente le azioni da attuare al momento di entrare in Schengen e anche un approccio comune con Grecia e Turchia per poter rispondere al possibile forte aumento della pressione migratoria. I deputati hanno approvato un emendamento che invita gli Stati membri interessati a informare per iscritto il Parlamento europeo e il Consiglio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della decisione di integrazione, sull´attuazione di tali misure supplementari e su eventuali carenze I prossimi passi - Verificare che i nuovi membri abbiano soddisfatto tutti i requisiti di Schengen (controllo di terra, mare e le frontiere aeree, il rilascio dei visti, cooperazione di polizia, la disponibilità a connettersi e utilizzare il Sistema d´informazione Schengen e protezione dei dati), è un presupposto per il Consiglio dei Ministri per decidere, previa consultazione del Parlamento europeo, di abolire i controlli alle frontiere interne con gli Stati membri. Il parere del Parlamento europeo, approvato con 487 voti a favore, 77 contrari e 29 astensioni, sarà ora trasmesso al Consiglio Giustizia e affari interni" del 9-10 giugno, che discuterà la questione. Il Presidente del Parlamento, Jerzy Buzek, ha dichiarato che "Schengen rappresenta uno dei più grandi successi raggiunti dall´Ue. Non dobbiamo distruggerla con decisioni affrettate. Il sistema Schengen fornisce i più elevati standard di gestione delle frontiere. Romania e Bulgaria oggi hanno soddisfatto tali standard, quindi, non dobbiamo ritardare la loro integrazione. Invito il Consiglio a seguire le raccomandazioni del voto espresso oggi dalla grande maggioranza del Parlamento europeo ". La decisione di integrazione deve essere presa dal Consiglio, con decisione unanime di tutti i governi degli Stati che fanno già parte dell´area Schengen.  
   
   
UE: RAFFORZARE LE REGOLE DELLE AGENZIE DI RATING DEL CREDITO  
 
Strsburgo, 9 giugno 2011 - I deputati hanno chiesto che le agenzie di rating siano ritenute civilmente responsabili per il loro rating, sollecitato la creazione di una Fondazione europea di rating creditizio e auspicano una particolare attenzione al rating del debito sovrano. Le nuove regole per le agenzie di rating del credito dovrebbero inoltre chiarire i loro metodi di lavoro, stimolare la concorrenza e ridurre la dipendenza sui rating esterni. La risoluzione non legislativa, redatta da Wolf Klinz (Alde, De), precede di alcune settimane la proposta legislativa che dovrebbe presentare la Commissione per regolamentare ulteriormente le agenzie di rating (Cra) e chiude per il momento la discussione su un tema che ha visto divisi i gruppi politici. Rating del debito sovrano - La risoluzione si astiene dal ridurre in modo significativo la possibilità per le Cra private di quotare il debito sovrano, come inizialmente sostenuto dai Socialisti e dal gruppo Gue/ngl. Invita tuttavia a fare più chiarezza su come le Cra calibrino il loro rating sovrano, chiedendo al settore di spiegare le loro metodologie e perché le loro valutazioni si discostano dalle previsioni delle principali istituzioni finanziarie internazionali. Infine, chiede che vengano valutati gli effetti delle valutazioni sull´incremento degli spread. Fondazione europea di rating creditizio - Un altro punto controverso riguarda la struttura da proporre per controbilanciare a livello europeo le tre maggiori agenzie di rating, ritenute troppo dominanti sulla scena europea. La risoluzione invita la Commissione a procedere a una valutazione dettagliata per una Fondazione di rating creditizio completamente indipendente, dotata di fondi iniziali per coprire al massimo i primi cinque anni d´attività. I gruppi di centro-sinistra avrebbero preferito una Cra pubblica, che avrebbe potuto usufruire di fondi pubblici per un periodo più esteso. Ridurre la dipendenza - La risoluzione sostiene una serie di misure per ridurre l´attuale dipendenza da pochissime fonti di rating. Tali misure includono un maggiore utilizzo del rating di credito interno, in particolare da parte di grandi istituzioni finanziarie con la capacità di svolgere le proprie valutazioni dei rischi, ma anche l´aumento della concorrenza. Agli operatori di mercato che non fossero in grado di effettuare analisi di rischi interne non dovrebbe essere concesso investire in prodotti strutturati, oppure potrebbero farlo solo alla ponderazione del rischio più elevato Per aumentare la concorrenza, la risoluzione invita la Commissione a valutare le possibilità di istituire una rete europea di agenzie di rating che permetterebbe a quelle più piccole di competere con i "big 3", evitando tuttavia il cosiddetto fenomeno del "rating shopping" e l´abbassamento degli standard. Responsabilità e trasparenza - La risoluzione esamina le modalità per rendere civilmente responsabili le Cra per le indicazioni fornite. Inoltre, il testo chiede alla Commissione di individuare i modi in cui le Cra possano essere ritenute responsabile ai sensi del diritto civile degli Stati membri. Viene anche proposto che tutte le agenzie di rating registrate svolgano un riesame annuo per valutare i propri risultati in termini di rating dei crediti e tali informazioni dovrebbero essere fornite alle autorità di vigilanza. Infine, il testo propone che l´Esma svolga controlli a campione per garantire un elevato livello di qualità dei rating creditizi.  
   
   
UE, 2014-2020: NON È POSSIBILE CONGELARE IL BILANCIO SE NON SI CONCORDANO TAGLI  
 
Bruxelles, 9 giugno 2011 - Il Parlamento europeo lancia la sfida agli Stati membri che chiedono di congelare il prossimo bilancio a lungo termine dell´Ue (2014-2020). Per i deputati, i paesi in questione dovrebbero precisare quali priorità sarebbero da abbandonare causa del congelamento. Se tutti gli obiettivi e le politiche concordate per l´Ue devono essere portate a compimento, sarà necessario un aumento minimo del 5% rispetto al bilancio del 2013. "Dobbiamo porre fine a questa cattiva abitudine di prendere un impegno politico senza le risorse finanziarie sufficienti per sostenerlo. La riduzione del bilancio Ue non rappresenta un´opzione per coloro che credono in un´Europa competitiva" dice Salvador Garriga Polledo (Ppe, Spagna), responsabile della relazione sul bilancio settennale, meglio conosciuto come " prospettive finanziarie". Per Jutta Haug (S&d, Germania), presidente della commissione speciale incaricata del futuro del bilancio, "il quadro finanziario pluriennale deve riflettere la strategia Ue 2020 e altre politiche concordate. Quando chiediamo aumenti, non è perché ci inventiamo delle cose, ma perché desideriamo un bilancio realistico e realizzabile". La relazione della commissione è stata approvata mercoledì con 468 voti a favore, 134 voti contrari e 54 astensioni. Serve un aumento del 5% almeno - I deputati ritengono che il congelamento dei bilanci al livello del 2013 "non rappresenti un´opzione auspicabile". Un aumento di almeno il 5% sopra il livello del 2013 - come si propongono - vorrebbe dire che il bilancio dell´Ue dovrebbe essere di circa l´1,11% del Reddito Nazionale Lordo dell´Ue, rispetto all´1,06% previsto per il 2013. Su cosa tagliare? I deputati invitano gli Stati membri che auspicano un congelamento dei fondi a individuare con chiarezza quali delle priorità o progetti politici intendano abbandonare, per poter far fronte a un taglio di bilancio. Il Parlamento teme che le restrizioni di bilancio possano infatti compromettere sia la ricerca e l´innovazione sia gli investimenti per le infrastrutture, la politica estera e l´allargamento. La risoluzione ricorda che la politica regionale (fondi di coesione e strutturali) e la spesa agricola dovrebbero rimanere ai livelli attuali. Per quanto riguarda le regioni con un Pil pro-capite compreso tra il 75% e il 90% del Pil dell´Unione, i deputati invitano la Commissione a conferire loro uno status più chiaro. Inoltre, gli investimenti in infrastrutture energetiche dovrebbero essere incrementati. L´amministrazione Ue potrebbe realizzare risparmi, per esempio, se il Parlamento dovesse avere una sola sede. Nuove risorse, fine delle compensazioni - I deputati criticano l´attuale sistema di finanziamento, basato quasi esclusivamente sui contributi nazionali e diventato estremamente complesso. Il trattato Ue sancisce che il bilancio dell´Unione europea "è finanziato integralmente tramite risorse proprie". Il metodo di finanziamento attuale pone un´enfasi eccessiva sui saldi netti tra gli Stati membri, contraddicendo così il principio della solidarietà dell´Unione. Un sistema di vere risorse proprie dovrebbe essere "più giusto, trasparente, semplice ed equanime ", ma la riforma del bilancio non deve accrescere l´onere fiscale complessivo per i cittadini. Il Parlamento dice anche che è ora di abolire "compensazioni, eccezioni e meccanismi di correzione" accumulatisi all´interno del sistema attuale. Flessibilità - La mancanza di flessibilità all´interno dei bilanci annuali rappresenta un problema del quadro finanziario pluriennale in quanto, se accade qualcosa di nuovo o di inaspettato, è difficile adattare il bilancio per farvi fronte. I deputati chiedono quindi l´introduzione di un "margine complessivo", composto dai margini inutilizzati e dagli stanziamenti annullati dell´anno precedente. I prossimi passi - Il Parlamento è la prima istituzione dell´Ue a definire la propria posizione sul prossimo bilancio a lungo termine. Il 29 giugno, la Commissione presenterà due proposte, una sulle prossime prospettive finanziarie e l´altra sulle risorse proprie. I negoziati potranno quindi avere inizio. L´attuale quadro finanziario pluriennale si conclude nel 2013.  
   
   
LA COMMISSIONE EUROPEA SI RALLEGRA DEL SOSTEGNO DEL PARLAMENTO A UN DIRITTO EUROPEO DEI CONTRATTI FACOLTATIVO  
 
Strasburgo, 9 giugno 2011 – Con il voto dei suoi 736 membri riuniti in plenaria, a grande maggioranza (521 favorevoli, 145 contrari e 8 astenuti) il Parlamento europeo si è pronunciato ieri a favore di norme europee che le imprese e i consumatori di tutta l´Unione possono scegliere di applicare ai contratti conclusi nel mercato unico. Il voto del Parlamento fa seguito a una recente dichiarazione di Viviane Reding, Vicepresidente della Commissione europea, in cui la Commissaria annuncia che presenterà in autunno una proposta di strumento facoltativo di diritto europeo dei contratti (Speech/11/411). L’obiettivo è garantire maggiore coerenza in Europa nel settore del diritto contrattuale agevolando nel contempo le operazioni transfrontaliere, in particolare per le piccole imprese e i 500 milioni di consumatori europei. “Sono molto soddisfatta del sostegno espresso dal Parlamento europeo con il voto odierno a favore di un diritto europeo dei contratti facoltativo”, ha dichiarato la Vicepresidente Viviane Reding, Commissaria europea per la Giustizia. “Stiamo esaminando attentamente tutte le possibilità per agevolare le operazioni transfrontaliere e credo che l’opzione voluta dal Parlamento europeo possa rivelarsi ottima. 500 milioni di consumatori europei avrebbero maggiori possibilità di fare acquisti transfrontalieri e si ridurrebbero di conseguenza i costi per le piccole imprese, che costituiscono la spina dorsale della nostra economia. Collaborerò strettamente con il Parlamento europeo e tutti gli Stati membri per definire le modalità per trasformare il voto odierno in una realtà giuridica attraente”. I costi di transazione (ad esempio, adattare le clausole contrattuali e le politiche commerciali o far tradurre le norme) e l´incertezza giuridica che implica l’avere a che fare con il diritto contrattuale di un altro paese rendono assai difficile l´espansione sul mercato unico delle piccole e medie imprese, ossia del 99% delle imprese dell´Unione. I consumatori e le imprese che intendono acquistare o vendere beni in un contesto transfrontaliero potrebbero liberamente scegliere di applicare ai loro rapporti contrattuali uno strumento facoltativo di diritto europeo dei contratti, in alternativa ai diritti contrattuali nazionali vigenti. Una piccola impresa di vendite online che desidera commerciare in Europa potrebbe così risparmiare circa 9 000 euro di costi legali e traduzione per mercato, ovvero oltre 230 000 euro se vuole operare sull’intero territorio dell’Unione. L’approvazione politica espressa oggi all’idea di un diritto europeo dei contratti facoltativo fa seguito alla votazione di aprile della commissione giuridica relativa a una relazione di iniziativa della relatrice Diana Wallis (Memo/11/188).  
   
   
LA CORTE DEI CONTI EUROPEA PUBBLICA UNA RELAZIONE SPECIALE SULL’EFFICACIA DELLO STRUMENTO RELATIVO ALLE GARANZIE PER LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE  
 
 Lussemburgo, 9 giugno 2011 - Le piccole e medie imprese (Pmi) rappresentano il 99 % della totalità delle imprese e occupano 75 milioni di lavoratori nell’Unione europea. Secondo l’Osservatorio delle Pmi europee, l’accesso al credito costituisce un problema per le Pmi europee. Il settore pubblico può svolgere un ruolo fondamentale nel fornire sostegno alle Pmi, segnatamente per quanto concerne la concessione di finanziamenti adeguati. Lo strumento relativo alle garanzie per le Pmi (Smeg) è uno strumento finanziario, gestito dal Fondo europeo per gli investimenti per conto della Commissione europea, che fornisce garanzie o controgaranzie agli intermediari finanziari per i prestiti concessi dalle istituzioni finanziarie alle Pmi al fine di incrementare l’offerta di finanziamenti. La Corte dei conti europea (Cce) ha pubblicato i risultati di un audit sull’efficacia dello strumento relativo alle garanzie per le piccole e medie imprese, in particolare sulla progettazione e pianificazione di questo strumento, nonché sulla gestione delle operazioni e sul conseguimento degli obiettivi. La Cce ha rilevato che gli obiettivi dell’attuale strumento Smeg sono più precisi di quelli dei programmi precedenti per quanto riguarda le realizzazioni attese. Il quadro relativo alla gestione delle operazioni correnti è considerato idoneo, ma non include norme riguardo all’attribuzione di punteggi in fase di valutazione né requisiti minimi per la selezione degli intermediari finanziari. Gli obblighi in materia di rendicontazione sono ritenuti soddisfacenti, anche se sono limitati al monitoraggio delle realizzazioni piuttosto che a quello dei risultati e degli impatti della misura. La Cce ha concluso che almeno un terzo dei prestiti è stato concesso a Pmi che avrebbero potuto ottenere i necessari finanziamenti senza il sostegno pubblico, mentre solo il 12% è stato destinato a Pmi che volevano investire in progetti innovativi. Inoltre, il valore aggiunto Ue dello strumento non è stato palesemente dimostrato. Sulla base di tali constatazioni, la Cce ha formulato una serie di raccomandazioni. In futuro la Commissione dovrebbe definire target quantificabili più specifici per facilitare il monitoraggio del conseguimento degli obiettivi dello strumento finanziario. Nel corso della vita dello strumento, i progressi compiuti in termini di raggiungimento di tali target dovrebbero essere misurati per consentire di adottare, laddove necessario, misure correttive. Inoltre, sarebbe opportuno creare un sistema di valutazione basato su punteggi che consenta di confrontare le domande presentate. Andrebbero adottate misure adeguate per accertarsi che i fondi Ue siano assegnati efficacemente alle Pmi che attuano progetti validi che altrimenti non riceverebbero finanziamenti.  
   
   
FACILITARE IL TRASPORTO DI EURO IN CONTANTE TRA GLI STATI MEMBRI  
 
 Bruxelles, 9 giugno 2011 - L´euro contante in circolazione vale più di qualsiasi altra moneta al mondo, dollaro incluso. Eppure il trasporto transfrontaliero è ostacolato da una moltitudine di norme nazionali divergenti. Ieri il Parlamento europeo ha votato una proposta della Commissione per facilitare il movimento di liquidità tra gli Stati e scongiurare future carenze di liquidità nella zona euro. Più di 330 milioni di persone, nei 17 paesi della zona euro, utilizzano ormai la moneta unica. Ogni estate, molti di loro raggiungono le spiagge del sud del continente, per godersi le vacanze al sole, e lasciano nelle tasche di albergatori e ristoratori milioni di euro. Sembra un dettaglio, ma può diventare un problema molto grave per la zona euro. Infatti, servono immissioni regolari di banconote e monete per rifornire le aree meno turistiche dell´Unione e evitare carenze di liquidità. Ma un´eccessiva serie di norme nazionali rende il trasporto di denaro molto difficile. Unificare le legislazioni nazionali - La Commissione, in una proposta al Parlamento, ricorda come le leggi differiscano molto da paese a paese nel permettere, ad esempio, l´uso di armi al personale di sicurezza dei camion che trasportano euro o nel decidere se i veicoli debbano essere blindati. Il problema si è aggravato ulteriormente durante la crisi finanziaria, quando lo spettro del fallimento delle banche e del congelamento dei beni, ha aumentato notevolmente la domanda di denaro contante da parte dei cittadini. La circolazione di euro è cresciuta del 240% tra il febbraio 2002 e il dicembre 2010, secondo quanto riportato dalla Banca Centrale Europea. Per migliorare la normativa attuale e evitare carenze di liquidità in futuro, il Parlamento europeo ha votato ieri nel pomeriggio il rapporto della deputata popolare francese Sophie Auconie, la cui priorità è unificare i regolamenti europei nel completo rispetto della sicurezza. "Condividiamo la stessa moneta. È arrivato il momento di fare in modo che circoli facilmente all´interno della zona euro" ha commentato la Auconie.  
   
   
UE: INVITO A PRESENTARE PROPOSTE PER MIGLIORARE LA MOBILITÀ PER LA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI GIOVANILI E IL SOSTEGNO AL LAVORO NEL SETTORE GIOVANILE PER I GIOVANI DISOCCUPATI  
 
Bruxelles, 9 giugno 2011 - La Commissione europea ha pubblicato un invito a presentare proposte per migliorare la mobilità per la formazione degli operatori giovanili e il sostegno al lavoro nel settore giovanile per i giovani disoccupati L´invito a presentare proposte si prefigge di sostenere la mobilità e gli scambi tra gli operatori giovanili allo scopo di promuovere l´acquisizione di nuove capacità e competenze per arricchire il loro profilo professionale nel settore giovanile. Promuovendo esperienze di apprendimento transnazionale a lungo termine per gli operatori giovanili, questa nuova azione sarà inoltre mirata a rafforzare le capacità delle strutture coinvolte nel progetto, che beneficeranno dell´esperienza e della nuova prospettiva apportata da un lavoratore giovanile proveniente da un ambiente diverso. Il presente invito agevolerà pertanto la creazione di reti tra le strutture giovanili in Europa e contribuirà a promuovere la priorità politica di sostenere, riconoscere e professionalizzare il lavoro nel settore giovanile quale strumento politico trasversale in Europa. Inoltre, il presente invito contribuirà a incoraggiare lo sviluppo di approcci o metodi innovativi con i quali gli operatori giovanili possono sostenere i giovani disoccupati nell´acquisire le conoscenze, le competenze e la fiducia necessarie per entrare nel mercato del lavoro. I progetti devono essere basati su uno stretto rapporto di collaborazione tra due partner di due diversi paesi aderenti al programma, di cui almeno uno di uno Stato membro dell´Unione europea, che agiscano rispettivamente come organizzazione di invio, che provvede ad inviare operatori giovanili, da un lato, e organizzazione ospitante degli stessi interessati, dall’altro. Uno dei due partner assume il ruolo di organismo di coordinamento e si rivolge all´Agenzia esecutiva per tutto il progetto a nome di entrambi. Per leggere il bando ufficiale, consultare: Gu n. C 165 del 7 giugno 2011 http://eur-lex.Europa.eu/lexuriserv/lexuriserv.do?uri=oj:c:2011:165:0007:0011:it:pdf  
   
   
CROAZIA, 1,7 MILIONI DI EURO DA FONDI IPA PER MEDJIMURJE  
 
Zagabria, 9 giugno 2011 - La Contea di Medjimurje è la seconda contea nella Croazia per i migliori risultati ottenuti su come attirare i fondi Ipa della seconda componente (che riguarda la cooperazione regionale e transfrontaliera tra Croazia e Ungheria). Per i 16 progetti ai quali sta partecipando la Contea di Medjimurje, sono stati stanziati 1,7 milioni di euro da fondi Ipa. I capofila del progetto sono Medjimurske vode (Società acque di Medjimurje), Redea (Agenzia di sviluppo regionale) e Cakra (Agenzia di sviluppo della città di Cakovec). I fondi sono stati destinati a vari progetti, tra i quali vi sono anche la rete fognaria a Prelog e un parco industriale a Gorican. Recentemente è stato presentato un nuovo progetto Sprint, che ha l´obiettivo di aumentare la crescita economica e la concorrenza con collegamenti tra le aziende (circa 40) e gli istituti di ricerca scientifica. Si tratta di un progetto della durata di due anni del valore complessivo di 641.109 euro, con partner principale Redea. L´ipa finanzierà più dell´84 p.C. Del progetto.  
   
   
"PRIMAVERA ARABA", NORDAFRICA, ITALIA PARTNER ECONOMICO PRIVILEGIATO  
 
Trento, 9 giugno 2011 - Gli investimenti italiani nella sponda Sud del Mediterraneo sono solidi e, nonostante l’instabilità dovuta alla cosiddetta “primavera araba”, è probabile che la situazione economica nell’area sarà soggetta ad una crescita continua ed elevata. I problemi, invece, sono principalmente causati dalla frammentazione dell’Unione europea, che non è stata in grado di affrontare le rivolte – appoggiando un forte incentivo alle riforme – prediligendo spesso una politica internazionale incentrata sui rapporti bilaterali tra gli Stati piuttosto che sulla partecipazione estesa. Questi, in breve, i concetti più significativi che sono emersi, il 5 giugno, nel corso dell’incontro patrocinato dal Gruppo economisti d’impresa (Gei) in collaborazione con l’Istituto per gli studi di politica internazionale presso la Sala di Palazzo Calepini. Un convegno, moderato dal giornalista del “Sole 24 ore” Ugo Tramballi, intitolato “La sponda Sud del Mediterraneo e l’economia italiana: quale futuro?”. Ad introdurre l’argomento di grande attualità, Gianpaolo Vitali, docente di economia applicata dell’Università di Torino. Sono poi intervenuti anche Giorgia Giovannetti, professoressa di economia presso l’Università di Firenze e all’European University Institute, Gregorio De Felice, presidente dell’Associazione italiana degli analisti finanziari (Aiaf), e Paolo Magri, direttore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano (Ispi). Ad oggi, sebbene la crescente instabilità nei Paesi arabi abbia inciso anche sul mercato internazionale, la situazione sembra essere economicamente propizia e, a detta di Vitali, “risulta essere vantaggiosa in modo particolare per l’Italia, che beneficia della sua posizione strategica e di una politica di scambio consolidata da tempo”. Secondo i dati riportati, infatti, a fine 2008 erano circa 620 le imprese nazionali con investimenti diretti negli Stati della zona “Mena – Middle East and North Africa” (un acronimo diffuso a livello accademico per indicare le zone mediorientali e quelle nordafricane). Uno scenario che, complessivamente, vede impegnati circa 40mila connazionali – con interessi localizzati soprattutto in Tunisia (30% del totale), in Algeria (18%), in Egitto (16%) ed in Marocco (15%) – nei settori del tessile e dell’abbigliamento (per un terzo del totale), nelle costruzioni di opere pubbliche, nell’elettronica e in ambito estrattivo. “In genere – ha precisato Vitali – siamo presenti nei settori complementari alla produzione, oppure di rilievo per l’economia locale”. “I Paesi Arabi, ha chiarito Giovanetti, si trovano in territorio dove è possibile reperire diverse materie prime necessarie all’Italia (in particolar modo, petrolio e gas naturale), mentre la richiesta di prodotti lavorati risulta molto alta”. Per tale ragione, ed in considerazione che la crescita media dell’area “Mena” è pari al 4% annuo, i commerci sono stabili: dal nostro Paese arrivano prodotti meccanici e chimici, oltre ad alimentari e mobili, mentre in cambio riceviamo impiego di manodopera nelle costruzioni e idrocarburi. “Il settore con più investimenti – ha aggiunto Giovannetti – è quello della meccanica, che si aggira introno ai 40miliardi di euro. In generale, anche in relazione alla popolazione giovane ed in continua crescita, si può dire che i benefici per il mercato sono maggiori dei rischi”. Ma se il futuro economico appare roseo, la situazione politica sembrerebbe critica: “”L’unione europea – ha illustrato De Felice – procede in modo disunito, spesso si ricorre ad accordi bilaterali e L’unione per il Mediterraneo voluta dal presidente francese Nicolas Sarkozy ha ottenuto pochi risultati. Servirebbe un’alleanza costruttiva tra Italia, Francia e Spagna per contrastare gli interessi cinesi e statunitensi nell’area”. Difficile, infine, anche la condizione sociale, come ha rilevato Magri: “Ci siamo sempre approcciati in modo ipocrita nei confronti dei Paesi arabi – ha detto – chiudendo gli occhi sui governi autocratici e approfittando delle opportunità offerte dai loro mercati. Ora, nel momento in cui la Libia viene bombardata, si parla di aiuti: i fondi però provengono da alcune banche che solitamente investono in infrastrutture, mentre sarebbero necessari interventi per far fronte all’enorme disoccupazione giovanile e in favore della formazione di figure professionali”.  
   
   
VERSO LE ELEZIONI IN TURCHIA  
 
Milano, 9 giugno 2011 -. Domenica 12 giugno la Turchia vota per il rinnovo della Grande Assemblea Nazionale. Abbiamo il piacere di segnalare la pubblicazione da parte dell´Ispi di un dossier ad hoc "Il ´modello Turchia´ alla prova del voto", con commenti, interviste e scenari sul futuro della Turchia. Su questo tema i nostri esperti sulla Turchia sono a disposizione dei media per interviste o approfondimenti: Carlo Marsili, Senior Advisor Ispi, già ambasciatore italiano ad Ankara. Valeria Talbot, Research Fellow Ispi Osservatorio Mediterraneo e Medio Oriente. Carlo Frappi, Research Fellow Ispi, Osservatorio Caucaso e Asia Centrale. Www.ispionline.it/    
   
   
COME LE BANCHE CENTRALI REAGISCONO ALLA CRISI LUCREZIA REICHLIN: «AUTORITÀ CHE DEVONO RIMANERE INDIPENDENTI PER TUTELARCI DAI RISCHI»  
 
 Trento, 9 giugno 2011 - Cosa sono le banche centrali e come si muovono nella crisi? Dalla condanna di Fazio, al trasferimento di Mario Draghi alla Bce, fino al posto vuoto alla Banca d’Italia e alla crisi dell’euro: il Festival dell’Economia di Trento prende appuntamento, il 3 giugno, con l’attualità e si occupa del ruolo delle Banche centrali e del bene prezioso dell’indipendenza dei banchieri centrali nei confronti dei poteri nazionali. Di questo ha parlato Lucrezia Reichlin, economista della London Business School e del Centre for Economic Policy Research (ma anche prima donna ad occupare il ruolo di direttore generale per la ricerca alla Bce), che ha ripercorso le varie tappe della crisi, dal suo esordio fino alla stabilizzazione ad opera della banche centrali. A introdurre il tema, la giornalista di Repubblica, Elena Polidori. «I confini della libertà economica, tema del Festival di quest’anno, c’entrano molto con il ruolo delle banche centrali, che devono rimanere autorità indipendenti rispetto ai governi nazionali» ha esordito Lucrezia Reichlin, davanti al pubblico riunito nella sala conferenze della Facoltà di Economia dell’Università di Trento. «Nella recessione che ha caratterizzato il 2008-2009, le banche centrali hanno agito in modo diverso rispetto a quanto fanno di solito. La risposta alla crisi dei governi e della banche è stata infatti senza precedenti e ha portato a risultati di stabilizzazione. Gli interventi sono infatti serviti ad evitare il disastro che avvenne, ad esempio, negli anni ’30.» Per capire meglio come è andata bisogna capire il funzionamento delle banche centrali in tempi normali: «La Banca centrale è il manager del sistema dei pagamenti, la banca del governo, la banca delle banche. Ha il compito di stabilire le regole che garantiscono il buon funzionamento del sistema finanziario e interviene in caso di crisi per effettuare salvataggi. Soprattutto, ha il monopolio di creazione di moneta, perché gode di credibilità, aumentando le riserve creando ad hoc i fondi. Durante questa crisi ne ha creati molti. Con implicazioni sul piano fiscale perché i profitti così ottenuti sono pagati al governo, costituendo così un’importante fonte di entrate. Ma se ne produce troppo, il rischio è quello di produrre inflazione. Inoltre, la Banca Centrale esercita un’influenza sul sistema economico attraverso la determinazione dei tassi di interesse di politica monetaria, compresi quelli a breve termine che sono quelli che influiscono sulle condizioni dei mutui per i cittadini. In tempi di crisi, quando tutti questi tassi non sono collegati, per la Banca centrale è molto complicato svolgere il suo ruolo». Ma cosa è successo durante la crisi alle banche centrali? «Nell’agosto 2007 si apre la prima fase della crisi, quella relativa alla liquidità. La Bce decide di immettere temporaneamente liquidità nel mercato per tentare di evitare un blocco delle operazioni. Con il fallimento della Lehmann nel settembre del 2008 il problema di liquidità si trasforma in un problema di solvibilità, di crisi bancaria con conseguenze che hanno portato verso la recessione. Tutte le banche erano colpite perché potenzialmente ritenute non solvibili. Oltre ad abbassare il tasso di policy, la Bce ha messo in campo uno strumento non standard, completamente nuovo: quello di sostituirsi al mercato, come “intermediario di ultima istanza” rimpiazzando le transazioni con operazioni a tasso fisso per offrire liquidità alle banche e per tentare così di ristabilire il funzionamento del mercato. Una soluzione che è servita a restaurare un allineamento tra i vari tassi e nel controllare l’offerta di moneta, evitando anche un crollo dei depositi, come invece si era verificato nella crisi del ’29». Durante la crisi però, oltre a prendere liquidità dalla Bce, le banche hanno anche depositato. «Ciò è indice di una segmentazione del mercato e di una divisione tra banche “buone” e “cattive”, solvibili e non. Questa segmentazione è un indice preoccupante. Il compito delle banche centrali è infatti quello di dare liquidità contro “collaterale”, non di tenere in vita delle banche non più solvibili. Questo è eventualmente compito dei governi. Se poi il collaterale (le garanzie) non è buono, sorgono ulteriori problemi.» Poi l’ultima fase: «Con la crisi sovrana scoppiata nel maggio 2010, la Bce lancia il Securities Market Program per restaurare liquidità nei mercati dove c’è bisogno (ad esempio sul debito greco), riassorbe la liquidità creando depositi a termine e comperando buoni del Tesoro (ad oggi 75 miliardi di cui due terzi sono greci). Il principio era quello di dare al governo il tempo necessario per trovare una soluzione per il debito dei Paesi periferici e le banche insolvibili, ma il problema persiste e questo ha creato un conflitto di interessi, perché si sostiene una parte particolare del sistema finanziario. Il rischio di fallimento di questi Paesi si estende così al resto del sistema con rischi di credito generalizzati che potrebbero sfociare anche in un’estensione della bancarotta e di fallimento della Bce (che potrebbe verificarsi in caso di bancarotta di Grecia, Portogallo e Irlanda), che sarebbe da ricapitalizzare con i soldi dei cittadini europei. Questa relazione stretta tra politica monetaria e fiscale è ciò che sta oggi alla base del sistema». A questo punto, la soluzione è quella di accettare il compromesso per evitare una crisi finanziaria oppure evitare il conflitto d’interesse e chiudere il rubinetto verso i Paesi in difficoltà? «La risposta non è semplice – chiude la Reichlin – ma in ogni caso il sistema rimarrà fragile e occorre chiedersi se si debba ragionare per arrivare col tempo ad un’unione fiscale».  
   
   
I RISCHI DELLE ASIMMETRIE INFORMATIVE E DEL DILUVIO DI DATI TRA NEUROECONOMIA, CONOSCENZA, IGNORANZA E "SENTITO DIRE"  
 
Trento, 9 giugno 2011 - “Il confine vero è tra chi sa e chi non sa” aveva detto durante l´inaugurazione Alberto Orioli – vicedirettore del Sole 24 Ore. E il tema dell´informazione e le asimmetrie tra il possesso e la carenza di questa risorsa sono stati al centro dell´incontro che ha visto confrontarsi – il 3 giugno - moderati dal giornalista Giancarlo Santalmassi - Enrico Giovannini, presidente dell´Istat, Giuseppe Mussari, presidente di Abi, Associazione Bancaria Italiana, Matteo Motterlini, professore di Economia cognitiva e Neuroeconomia presso l´Università Vita-salute del San Raffaele di Milano e Marco Onado, docente presso il dipartimento di Finanza della Bocconi e autore di numerose pubblicazioni tra cui "I nodi al pettine" (Laterza, 2009) presentato durante la scorsa edizione del Festival dell´Economia. Non si discute di un problema di quantità. “C´è forse troppa informazione, anche istituzionale - ha esordito Giuseppe Mussari - ma è difficile comprendere ciò che viene comunicato e distinguere tra ciò che è corretto e ciò che non lo è; viviamo in un mondo che da una parte finge, spendendo molti soldi, di informare e dall´altra non raggiunge il suo scopo”. Esiste dunque una profonda difficoltà nell´elaborare e assimilare, per poi utilizzarli, i dati di carattere economico-finanziario. Il presidente dell´Istat avanza alcune osservazioni che confermano tale analisi. Il mensile "Wired" ha presentato una graduatoria delle sette professioni più importanti che però nessuno insegna mai. Qual è la prima? Il “saper navigare tra il diluvio dei dati.” E la carenza di competenze in questo campo fa sì che gli italiani - ma non fanno una figura migliore gli altri cittadini europei o gli americani - difficilmente ricordino e sappiano interpretare informazioni importanti e largamente diffuse come il Pil o il tasso di disoccupazione, a meno che tali informazioni non riguardino un evento rilevante per chi li legge. “Il cittadino è un disattento razionale” conclude Giovannini. L´informazione posseduta sembra dunque essere frutto anche del modo in cui il soggetto destinatario la rielabora. Su questo passaggio molto ha da dire Matteo Motterlini che descrive il nostro cervello come un filtro distorcente. “Due messaggi come “Alitalia vola” e “bruciati decine di miliardi” attivano aree distinte nel nostro cervello ma in nessuno dei due casi si tratta della parte più razionale” spiega il professore di neuroeconomia. “Nel primo caso pensiamo ai nostri risparmi, e lavorano i centri detti della ricompensa che condividiamo con rettili e mammiferi e che si attivano anche con aspetti legati al sesso, al cibo e alla cocaina; il secondo caso invece lo ricolleghiamo al rischio e lavorano i centri del disgusto, dell´ansia e della paura”. Anche le nostre decisioni economiche insomma dipendono non solo da un calcolo razionale basato sul guadagno di denaro, ma anche da emozioni ben più “calde” come l´invidia, l´orgoglio e la fiducia. Meccanismi che cominciano ad essere conosciuti attraverso la neuroeconomia. Da qui l´invito ad utilizzare i risultati di tale disciplina perché consentono di elaborare ambienti e proposte che consentano alle persone di fare le scelte per loro migliori. Uno degli eventi che più ha risentito della carenza di informazione e di comprensione è stata la crisi economico-finanziaria degli ultimi anni. E´ Marco Onado ad illustrare questo aspetto prendendo in considerazione due fattori: bolle speculative e eccesso di credito. “In entrambi i casi l´informazione ha fatto pochissimo, ci sono stati molti comportamenti collusivi e omertosi e la crisi all´inizio è stata sottovalutata ridotta ad un leggero sinistro scricchiolio del sistema. I comportamenti omertosi sono una distorsione della nostra società, il vero male sottile” ha concluso Onado. Anche il sistema bancario italiano è stato sottoposto ad una breve riflessione in questo incontro. Una riflessione che è partita da un sondaggio presentato da Enrico Giovanni. Secondo tale rilevazione, la maggior parte del campione intervistato ritiene che le banche non forniscano informazione adeguata sui prodotti offerti alla clientela. Ma questa opinione predominante è espressa in particolare da coloro che non hanno rapporti con le banche. “Siamo in un paese – precisa Giovannini - in cui la riflessione seria sui problemi è spazzata via dal sentito dire”. Il presidente di Abi Mussari risponde difendendo il sistema bancario italiano - considerato meno spregiudicato di quello di altri paesi – pur ammettendo l´esistenza di un grave problema di comunicazione”. Problema che riguarda anche la raccolta e la diffusione di dati statistici, spesso non sottoposta nei mass media ad un attento controllo. Un quadro non roseo dunque: “Come dicono gli inglesi knowledge is power, but ignorance is super power” sottolinea Matteo Motterlini. L´asimmetria informativa genera controllo su chi ignora. “Perciò - conclude il docente di Economia cognitiva - è importante non solo che le persone conoscano la statistica ma anche che imparino a ragionare statisticamente”.  
   
   
L´EUROPA E LA GRECIA: FALLIMENTO O SALVATAGGIO?  
 
Trento, 9 giugno 2011- L´obiettivo dell´incontro in diretta radiofonica sulle frequenze di Radio 3 è quello di pedinare i grandi temi del Festival grazie alla presenza di importanti ospiti quali Innocenzo Cipolletta, presidente dell´Università di Trento, Dani Rodrik, professore di Economia politica internazionale alla John F. Kennedy School of Government presso l´Università di Harvard e celebre ospite della kermesse, e Lucrezia Reichlin, docente di Economia alla London Business School. Il percorso verso un´Unione Europea coesa e in grado di condividere lo stesso orientamento politico dinnanzi alla crisi finanziaria ed economico-sociale di alcuni paesi membri, è ancora molto lungo e tortuoso. Sotto la direzione del giornalista Giorgio Zanchini, la trasmissione “Tutta la città ne parla” in diretta nazionale su Radio 3 da piazza Duomo, ci consente di riflettere su alcuni temi lanciati ieri sera dal professore Dani Rodrik durante la conferenza su “Il futuro della globalizzazione”. La situazione della Grecia rappresenta una forte minaccia per gli equilibri interni dell´intera area Euro. Infatti, l´aggravarsi della crisi greca porterebbe all´uscita del paese ellenico non dall´Ue ma esclusivamente dall´area di interesse della moneta unica europea. Un tale scenario “danneggerebbe gli interessi privati di numerosi investitori, il crollo degli stipendi pubblici e degli equilibri nazionali”, conclude uno dei più autorevoli critici della globalizzazione intesa come assoluta ricerca di internazionalizzazione delle imprese e non regolamentazione della governance di mercato che consentirebbe una maggiore stabilità delle transazioni commerciali e finanziarie. Le soluzioni paventate da Lucrezia Reichlin sono principalmente due: “Lasciare la Grecia al totale fallimento oppure procedere verso un suo salvataggio. Per quanto riguarda questa seconda soluzione le Banca Centrale europea ha cercato di garantire una certa liquidità delle banche nazionali attraverso la politica dei tassi fissi garantiti da titoli collateralizzati, come si dice nel gergo tecnico, che hanno evitato una grave crisi in tutta Europa. Gli unici paesi a ricorrere ancora a queste politiche finanziarie dopo la lieve ripresa economica di quest´anno sono Grecia e Irlanda che dovranno essere in grado di sollevare se stesse tramite il meccanismo dei trasferimenti fiscali, in cui i cittadini dei paesi membri più ricchi andrebbero in soccorso dal punto di vista fiscale ai paesi cosiddetti di periferia o di seconda fascia”. Politica, questa, encomiabile ma di difficile applicazione senza una politica economica comune all´interno dell´Ue. Con Innocenzo Cipolletta, invece, si torna a dare un punto di osservazione sulla situazione italiana a seguito anche delle ultime dichiarazioni del governatore della Banca d´Italia, Mario Draghi. Il nostro paese non può aspettare il 2014 per varare la nuova manovra finanziaria ma dovrà procedere in maniera imminente. L´economia italiana non può attendere le riforme con la prossima legislatura, infatti, “l´intervento dello Stato nell´economia si è rivelato senza dubbio utile per il salvataggio dalla grave depressione anche se ha notevolmente prolungato i tempi della ripresa”.  
   
   
PHILIPPE AGHION: RIPENSARE LA CRESCITA E LO STATO  
 
Trento, 9 giugno 2011 - Lo scorso 5 giugno, durante il dibattito "Alla frontiera" Philippe Aghion, economista francese dell´Università di Harvard, Stati Uniti, sostiene che non abbiamo bisogno di uno Stato meno ingombrante per promuovere la crescita, ma piuttosto di uno Stato di dimensioni adeguate Al castello del Buonconsiglio Aghion, docente da oltre 10 anni ad Harvard e consulente di numerosi policy makers europei, discute riguardo l´intervento o meno dello Stato all´interno delle economie nazionali. Nella teoria espressa dall´economista francese forti sono i rimandi agli insegnamenti di Schumpeter, in cui l´innovazione tecnologica è a servizio dello sviluppo economico di un paese. Obiettivo della nostra società è quello di ripensare al significato della crescita e al ruolo dello Stato. “Dopo la crisi eravamo portati a pensare che un intervento forte dello Stato nell´economia fosse normale più che importante. Invece, le notizie di cronaca ci raccontano che molti paesi europei, come il Regno Unito governato da Cameron, tendono a mettere in secondo piano il ruolo statale. Per oltre trentanni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, le economie dei paesi europei, sono state contrassegnate dall´imitazione. Ora, invece, che siamo chiamati a concorrere con paesi molto più popolati dove il costo della manodopera è molto basso, dobbiamo spostarci da quel modello ad una economia dell´innovazione e dello sviluppo tecnologico. Per fare questo si dovrà procedere con la realizzazione di nuovi prodotti e investimenti”. In questo scenario i ruoli delineati per lo Stato sono essenzialmente due: il primo quello di investitore, ponendo in essere finanziamenti non verso specifiche aziende ma proponendo prestiti agevolati a interi settori; lo Stato non deve finanziare individui ed imprese in difficoltà a fondo perduto ma cercare di far percorrere a questi soggetti od organizzazioni dei percorsi di ripresa fortemente regolamentati. Intervenire, quindi, per reinserire nel mercato del lavoro non per mera sussistenza. Il secondo ruolo statale è quello di garante. Quando c´è un investimento di qualsiasi genere da parte di soggetti privati, infatti, il risultato non è mai certo ne assicurato. Di fronte a questo rischio lo Stato dovrebbe intervenire a garanzia delle imprese che hanno deciso di investire in ricerca, innovazione e sviluppo. Gli altri ambiti pronosticati dallo studioso francese in cui il ruolo dello Stato dovrebbe fungere da garanzia sono il rischio di fronte ad una recessione macroeconomica, alla minaccia ambientale e ad una disgregazione all´interno della base sociale di una qualsiasi nazione. La qualità, rispetto alla quantità deve risultare di particolare interesse in tutte le agende politiche dei governanti. Ad esempio, secondo alcuni indicatori presentati durante la conferenza da Aghion, maggior anni di scuola non corrispondono ad una miglior crescita professionale se le scuole o le università scelte non sono di massima qualità e valore. Lo stesso per quanto riguarda la corruzione: in un paese dove c´è maggior fiducia nei governanti il livello di crescita è molto più alto. Ridurre la corruzione rafforza inoltre anche gli effetti positivi della tassazione sulla crescita. Dal punto di vista delle misure fiscali attuate dai governi secondo Aghion, gli Stati dovrebbero applicare una politica maggiormente anticiclica, cioè con tassi di interesse reali di breve termine più bassi durante le recessioni e più alti durante i periodi floridi. “La soluzione non può essere quella pronosticata da Keynes di un forte aumento della spesa pubblica per far ripartire l´economia perché non prevede la variante della globalizzazione e neppure quella proposta da Cameron, dove lo Stato si ridurrebbe ad osservatore di un mercato regolato dalle leggi della contrattazione economica e finanziaria. La terza via, da me proposta, è quella di non tagliare per motivi di bilancio i finanziamenti a Pmi, sanità e istruzione in quanto ciò causerebbe minor gettito d´imposta e così minore crescita del paese, ma un generale cambio nella governance sia strutturale che delle scelte messe in atto dai governi”. L´idea è di riuscire ad introdurre politiche fiscali anticicliche, cioè politiche che aumentano il deficit pubblico durante le recessioni e lo riducono durante le fasi positive. Sono più favorevoli alla crescita in paesi o settori che hanno maggiori problemi di credito. Tesi che sottolinea, a differenza dei sostenitori del moltiplicatore keynesiano che pongono invece l´attenzione sugli effetti di breve periodo sulla domanda, i vantaggi sulla crescita di lungo periodo e derivanti soprattutto dal lato dell´offerta economica.  
   
   
LA GUERRA AL CENTRO DELLA CRISI GLOBALE  
 
Trento, 9 giugno 2011 - Paolo Guerrieri, docente di economia all’università La Sapienza, ha effettuato un’estesa analisi comparativa del libro “Banchieri, politici e militari” di Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Università di Trento e di “America Vs America” di Lucio Caracciolo, direttore di Limes, evidenziandone similarità, differenze ed interconnessioni. Il quadro che emerge, il 5 giugno, è quello di un’Europa e soprattutto di un’Italia che devono emanciparsi dalla dipendenza psicologica dagli Stati Uniti, di un’America guerreggiante, sempre in crisi per la propria sicurezza energetica e di una Cina in crescita che dovrà suo malgrado abbandonare il basso profilo internazionale stabilendosi al centro dell’economia e della politica mondiale. In questo contesto, gli autori rintracciano nella guerra la causa di fondo della crisi finanziaria attuale. La discussione ha messo in luce quelli che sono stati, sono e saranno i ruoli degli Stati Uniti, dell’Europa e dell’Asia, in una logica che è ormai tripolare e fa emergere un quadro complesso e foriero di tensioni tra localismi e globalismi. Guerrieri inquadra così la tesi di fondo di entrambi i testi: quando una grande nazione perde il controllo delle proprie risorse, perde l’influenza e la libertà di azione. Gli Stati Uniti, grazie al signoreggio del dollaro, hanno potuto vivere e controbilanciare gli squilibri creati dalle guerre che hanno posto in atto. Nel contempo sono cresciuti al di sopra delle proprie possibilità, portando però ad un eccesso di liquidità che ha trovato sfogo solo nelle bolle speculative che hanno originato la crisi attuale. I libri lanciano assieme questo monito: “Chi dirà ora agli americani che occorre cambiare registro e che la crescita degli ultimi 20 anni non è più sostenibile?". La tesi di Cipolletta è che l’aumento delle spese dovute alle campagne di guerra degli Stati Uniti abbia portato e porti a squilibri economici interni che a loro volta creano un aumento indiscriminato della liquidità e pertanto all’evoluzione di bolle finanziarie che prima o poi scoppiano, portando alla recessione ed alla crisi come quella in cui ci troviamo. In questa situazione l’Europa, “unica vera innovazione dopo le nazioni”, sarà una soluzione per la crisi, anche se appare irrazionale perché “ancora non esiste politicamente”. In realtà Cipolletta, che nel suo libro vuole far riflettere sulla connessione tra guerra ed economia, è drastico nei confronti delle guerre “esportate” (e di qualsiasi guerra, sembrerebbe) oltre che per motivi sociologici e storici evidenti nel palese imperialismo americano, anche per un motivo economico. “Una volta in Vietnam andarono i figli di tutto il popolo, e ciò portò alla ribellione delle madri americane che diedero l’avvio alle proteste contro la guerra. Oggi la guerra dei professionisti ci lascia freddi perché non sembra toccarci da vicino. Non tocca più i nostri figli. E se toccasse (come fa) i nostri portafogli?”. Caracciolo dal canto suo vede la parabola americana in fase discendente, a partire in special modo dall’11 settembre 2001. Da quel momento in poi, l’ideologia americana, la fede in quella “way of life” fatta di libertà, indipendenza, individualità, poco intervento del governo nell’economia e basso regime fiscale si è ritrovata senza coordinate ed ha portato alla necessità di creare quel cosiddetto “impero a credito”, sia di risorse hard che soft che tuttavia da qualche anno è evidente come non possa proseguire. Cosa fare infatti con la Cina, pericolo economico oggi ma forse militare nel futuro? Come provvedere alla sicurezza energetica? La poca curiosità “americana”, a partire dallo stesso Bush figlio fino ad Obama oggi, il credere di aver capito un Paese quando invece si è forse capito un solo villaggio, è espressione della modalità americana di agire per lessons learned, per modelli e non per un mondo fatto di persone con pensieri diversi. Questo utilizzare i “muscoli e non la ragione” creerebbe, secondo l’autore, un meccanismo che si autoalimenta e che punta ad irradiare sé stesso, portando a guerre ormai disgiunte dai fini previsti.  
   
   
SVILUPPO: MR PMI: ACCELERARE SU STATUTO IMPRESE  
 
Roma, 9 giugno 2011 - Si è tenuta ieri, presso la 10° commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato, l’audizione di Mister Pmi, Giuseppe Tripoli, sullo Statuto delle imprese, considerato un fondamentale strumento per riconoscere il ruolo nell’economia e nella società delle piccole e medie imprese e per stabilire un rapporto più positivo con la pubblica amministrazione, basato sulla certezza dei tempi e sull’eliminazione degli adempimenti inutili. “E’ importante – ha affermato Giuseppe Tripoli nel corso dell’audizione - che il Senato approvi rapidamente lo Statuto delle imprese, che ha già avuto unanime consenso alla Camera nel mese di marzo, per risponde alle esigenze di sviluppo e competitività delle stesse e dare attuazione alla direttiva europea sullo Small Business Act”. “Con lo statuto delle imprese – ha concluso Tripoli – si avvia un percorso di maggiore attenzione verso le imprese che avrà ogni anno uno step fondamentale nella legge annuale sulle Pmi, in modo che possano essere rimossi tutti quegli ostacoli normativi che ne frenano le potenzialità di crescita”.  
   
   
ITALIA – USA: POLIDORI, RILANCIARE RELAZIONI NOSTRA PRIORITA’  
 
Roma, 9 giugno 2011 - “Nonostante qualche nodo ancora da sciogliere, in particolare sull’agroalimentare, le relazioni commerciali tra Italia e Stati Uniti sono molto buone e c’è spazio per ulteriori miglioramenti: nella mission del mio mandato (aumentare l’interscambio dell’Italia con il resto del mondo) vi sarà così un’attenzione tutta particolare agli Usa”. È quanto ha affermato ieri il Sottosegretario allo Sviluppo economico, Catia Polidori, nella sua Lectio Magistralis all’American University di Roma, dove ha illustrato un suo vero e proprio manifesto programmatico sul ruolo dell’Italia nel commercio internazionale. “Il nostro interscambio con diversi Paesi emergenti é cresciuto rapidamente negli ultimi anni, soprattutto con i cosiddetti Bric. Tuttavia”, ha precisato Polidori, “accanto ai tassi di crescita vanno anche considerate attentamente le quote di mercato in valore assoluto: i Paesi industrializzati restano infatti la destinazione di gran lunga predominante delle nostre esportazioni, assorbendone circa l’80% del totale”. Più in particolare, se i Paesi dell’Unione europea restano mercati privilegiati, per molti versi ormai assimilati al nostro mercato interno (l’interscambio italiano con la Germania supera i 100 miliardi di euro, quello con la Francia sfiora i 70), gli Stati Uniti restano un partner imprescindibile. Il nostro interscambio annuo con gli Usa negli ultimi 10 anni ha quasi sempre superato i 30 miliardi di Euro. E se le imprese italiane negli Usa sono oggi circa 2.300 (soprattutto nei settori dell’energia e del retail trade), quasi 2 mila aziende americane sono presenti oggi sul territorio italiano, un quarto di tutte quelle straniere che operano nel nostro Paese. C’è spazio tuttavia per compiere ulteriori progressi. Oltre ad una intensificazione dei flussi commerciali e ad ulteriori investimenti, il Sottosegretario ha ricordato infatti che “la normativa internazionale attuale non tutela sufficientemente le indicazioni geografiche italiane. L’italia ne conta moltissime in particolare nel settore agrofood, come il prosciutto di Parma, il Parmigiano Reggiano, il prosciutto di San Daniele. Non tutti i Paesi accordano loro la tutela che noi auspichiamo, nell’interesse del produttore e del consumatore. Con gli Stati Uniti”, ha proseguito il Sottosegretario, “condividiamo comunque una particolare attenzione al commercio internazionale, tanto è vero che il Presidente Obama ha lanciato un piano per rafforzare proprio l’export americano nel mondo. La strategia a cui sto lavorando in stretto contatto con il ministro Romani”, ha concluso Polidori, ”mira a rafforzare appunto il ruolo internazionale del nostro Paese anche nel commercio internazionale, dal quale dipende un quarto del nostro intero Pil”. -  
   
   
FORMIGONI-PISAPIA, PARTE COLLABORAZIONE INCONTRO DI UN´ORA NELLO STUDIO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE  
 
Milano, 9 giugno 2011 - Primo incontro, ieri sera al 35mo piano del Palazzo della Regione, tra il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, e il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Un colloquio di lavoro, all´insegna della volontà di collaborazione istituzionale, durato una buona ora e principalmente dedicato ad Expo 2015, al termine del quale le due personalità hanno avuto un breve incontro con la stampa. ´Saremo insieme all´incontro con il Bie il prossimo 14 giugno - ha annunciato Formigoni - con identità di vedute, per confermare la nostra determinazione a proseguire intensamente nel cammino di realizzazione della esposizione del 2015´. Anche Pisapia ha parlato di consonanza di obiettivi, e cioè il successo di Expo a beneficio di Milano, della Lombardia e di tutto il Paese. A Parigi il 14 potrà essere documentato che le aree per l´esposizione sono nella ´piena disponibilità definita da atti giuridici vincolanti´ della Arexpo, la società pubblica che la Regione ha costituito e nella quale entreranno altri soci, a cominciare dal Comune di Milano e da Fondazione Fiera. Il sindaco ha anche avuto parole di apprezzamento per la bellezza artistica della scultura in multiplo della Rosa camuna di Giò Pomodoro donatagli da Formigoni, come pure di apprezzamento per la bellezza architettonica di Palazzo Lombardia che, ha detto, sino ad oggi aveva ammirato solo dall´esterno.  
   
   
COMUNICAZIONE CON P.A.:SODDISFATTI 75% CITTADINI INCORAGGIANTI I DATI DELLA RICERCA DI LORIEN CONSULTING 5,4 MILIONI DI LOMBARDI USANO WEB, RECORD NAZIONALE  
 
Milano, 9 giugno 2011 - I Lombardi sono per la maggior parte soddisfatti del loro dialogo con la Pubblica Amministrazione anche grazie a internet, che rende più veloci ed efficienti i servizi e viene utilizzato ben oltre la media nazionale. Sono questi alcuni dei dati emersi oggi durante il convegno per la presentazione della ricerca ´Comunicare la Pubblica Amministrazione´, organizzato dalla Regione Lombardia in collaborazione con l´Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale e aperto dall´intervento dell´assessore regionale alla Semplificazione e Digitalizzazione Carlo Maccari. L´indagine è stata realizzata da Lorien Consulting, nel periodo marzo-aprile, su un campione di 1.250 comunicatori pubblici lombardi e di 2.000 cittadini rappresentativi della popolazione regionale. Dalla ricerca emerge che il 49.1% del campione, pari a una proiezione di oltre 4 milioni di cittadini, è entrato in contatto negli ultimi 3 mesi con la Pa, esprimendo un giudizio molto o abbastanza positivo (72.7%), rispetto a chi ha risposto poco o per nulla positivo (27.3%). Tra le criticità, prevalgono quelle legate ai tempi di attesa, segnalati dal 28.1% del campione. ´Un dato interessante - ha osservato Maccari - che conferma la tendenza dei nostri Enti a comunicare in modo moderno e all´altezza della regione più digitale d´Italia. Oltre 5,4 milioni di cittadini lombardi, infatti, conoscono e utilizzano internet. Si tratta del 65.8% della popolazione, ben superiore alla media nazionale che si ferma al 51.7%´. I cittadini indicano come propri principali interlocutori il Sistema Sanitario Regionale (50.7%) e il Comune di residenza (46.9%). I temi più cari agli intervistati riguardano la salute (16%), le informazioni dal Comune (11,9%), i pagamenti di bollette e tasse (10.4%), la Crs (9.1%), l´istruzione (5.9%), le pensioni (4.1%), il traffico (3.7%). Nette anche le preferenze dei Lombardi rispetto a ciò che si aspettano dalla comunicazione pubblica. I cittadini chiedono chiarezza e semplicità (82.2%), tempestività (72.9%), personalizzazione dei linguaggi a seconda del target (51.9%) e utilizzo di strumenti innovativi (46.1%) tra i requisiti per giudicare positivo il servizio. Non passano inosservati nemmeno i temi della semplificazione e della digitalizzazione: il 90.2% degli intervistati ritiene urgente lo snellimento dell´apparato burocratico e l´84.7% vede la digitalizzazione dei servizi come una priorità. Per il cittadino, infine, semplificare significa ridurre i tempi delle procedure (67%), diminuire la mole di documenti da presentare (37.3%) e tagliare il numero di leggi e regolamenti (33.8%). ´Questi dati - ha concluso Maccari - ci consegnano una fotografia essenzialmente positiva del rapporto tra cittadino e Pubblica Amministrazione e, allo stesso tempo, ci segnalano quali sono le criticità sulle quali lavorare per migliorare ulteriormente. Dal convegno di oggi emerge inoltre la volontà di consolidare la rete formata da chi si occupa di comunicare al cittadino e all´impresa, dal più piccolo dei Comuni fino ai grandi Enti come la Regione e inoltre la necessità di offrire servizi e risposte su misura, a seconda del target di riferimento. Bene quindi l´uso di internet, senza per questo dimenticare che una buona fetta della popolazione ha ancora bisogno di un contatto diretto e quindi di Urp e sportelli efficienti´.  
   
   
FEDERALISMO DEMANIALE: STATO COMPLETI TRASFERIMENTO BENI A REGIONE SICILIA  
 
Palermo, 9 giugno 2011 - "Il federalismo demaniale ha sin qui determinato il trasferimento alla Regione di alcuni importanti beni culturali e poco piu´. E´ tuttavia necessario che il Governo nazionale completi, entro breve termine, il trasferimento dei beni che spettano alla Regione, senza tentare scorciatoie incompatibili con il nostro statuto come sta avvenendo con i beni del Ministero della difesa. Si intendono, infatti, vendere fari e caserme in Sicilia al miglior offerente senza alcuna considerazione dei lavori svolti dalla Commissione paritetica che gia´ si e´ pronunciata al riguardo. Abbiamo impugnato il bando e lo faremo con tutti gli atti successivi. Sino a quando la Difesa non consegnera´ quanto appartiene al patrimonio dei siciliani. La stessa attenzione alle prerogative della Sicilia chiediamo al Governo nazionale per i beni confiscati alla mafia da assegnare alle istituzioni regionali e locali. Nonostante nell´Isola vi sia un numero crescente di beni immobili (4.476) ed aziende (517, pari al 37,6 % del totale) confiscati alla mafia (sono dati dell´Agenzia nazionale per i beni confiscati e sequestrati) si registrano ancora troppi ritardi nelle assegnazioni, mentre resta sulla carta l´istituzione della sede regionale a Palermo, da tempo annunciata. Quando poi non si giunge al paradosso di immobili appartenenti a societa´ confiscate e locati dalla Regione o dalle Aziende sanitarie che pesano per milioni di euro sulle casse regionali. Si faccia presto e si diano alla Sicilia le risposte che merita, altrimenti si costringono i siciliani a pagare due volte, prima come vittime della mafia e poi come contribuenti. Sul piano delle valorizzazioni, definiti gli aggiustamenti gestionali, stiamo andando avanti creando nuove opportunita´ per il bilancio regionale". Cosi´ l´assessore regionale per l´Economia, Gaetano Armao, aprendo i lavori della manifestazione promossa dalla Regione all´ Eire (Expo Italia Real Estate) svoltasi ieri Milano.  
   
   
BOLZANO: FONDO SOCIALE EUROPEO - OBIETTIVO 2: GIÀ APPROVATI 652 PROGETTI PER 90 MILIONI DI €  
 
Bolzano, 9 giugno 2011 - “Entro la fine del 2010 sono stati approvati nell’ambito del Programma Operativo del Fondo sociale europeo Obiettivo 2 2007–2013 incentrato su “Competitività regionale e Occupazione” ben 652 progetti per un finanziamento complessivo di circa 90 milioni di euro” questo uno dei dati più significativi resi noti questa mattina dal presidente Luis Durnwalder nel corso della riunione del Comitato di sorveglianza tenutasi presso la sede del emersi dalla riunione Bauernbund in via Gamper,5 a Bolzano. Il Comitato di Sorveglianza, guidato dal presidente della Provincia, Luis Durnwalder, è composto dai rappresentanti della Commissione europea, Andrea Mancini, del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del Ministero dello Sviluppo economico, del Dipartimento per i diritti e le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ne fanno parte anche l’assessore Roberto Bizzo, il direttore della Ripartizione affari comunitari, Thomas Mathà, e la direttrice dell’Ufficio Fse Judith Notdurfter, i rappresentanti delle parti economiche e sociali della Provincia e rappresentanti e funzionari di diverse Ripartizioni provinciali. Il Comitato di sorveglianza ha il compito di accertare l´efficacia e la qualità dell´attuazione del Programma operativo del Fondo sociale europeo della Provincia ed ha altresì lo scopo di promuovere la competitività provinciale, la piena occupazione e la coesione sociale attraverso politiche finalizzate all’innovazione del sistema economico e dei sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro, all’adattabilità dei lavoratori e dell’imprese, all’innalzamento delle conoscenze e delle competenze del capitale umano, garantendo la qualità e la sicurezza dei posti di lavoro e le pari opportunità per tutti. La Provincia autonoma di Bolzano ha proseguito la programmazione su tutti gli Assi prioritari di intervento utilizzando le opportune procedure di evidenza pubblica. Nel corso del 2010 l’Ufficio Fse ha pubblicato due bandi per la presentazione di proposte progettuali: un bando per la presentazione di progetti di formazione e orientamento e un bando per la presentazione di azioni di sistema. Vista la crisi economica in atto, anche se ha coinvolto marginalmente la nostra Provincia rispetto alle altre realtà nazionali, i bandi hanno visto come priorità il superamento della crisi e l’inclusione sociale. Dal 31 luglio 2007, data di inizio della programmazione Fse, al 31.12.2010 sono stati approvati 652 progetti, a fronte dei 1093 progetti presentati. L’asse I – Adattabilità vede il maggior numero di progetti approvati pari a 229, seguito dall’Asse Iv – Capitale umano con 161. Questo a dimostrare la grande attenzione delle imprese del nostro territorio alla formazione e all’aggiornamento delle competenze dei propri lavoratori e l’importanza che viene data dalle strutture formative pubbliche e private al cosiddetto capitale umano. Al 31.12.2010 la Provincia autonoma di Bolzano ha impegnato 90.481.957,74 Euro pari al 56% circa del finanziamento complessivo a valere sul programma operativo del Fse e ha erogato pagamenti pari a 45.321.327,85 Euro che dimostrano una buona gestione delle risorse. I destinatari avviati sono pari a 26.757 di cui il 32,6% donne. Nel corso della riunione odierna è stato sottolineato il fatto che la Provincia autonoma di Bolzano ha superato l’importo di spesa necessaria per evitare il disimpegno automatico per l’anno 2010. Rispetto alla condizione sul mercato del lavoro gli occupati sono il 77,9% (quasi 10 punti percentuali in più rispetto al 2009), seguiti dagli inattivi 17,1% e dai disoccupati con il 5%; la fascia di età prevalente è quella degli adulti 71,2% (25–54) seguita dai giovani dai 15 a 24 anni con il 25,2%. In riferimento ai gruppi vulnerabili la categoria maggioritaria è rappresentata dai migranti con il 51,9%, seguita dalle persone disabili con il 26,1% e da “altri soggetti svantaggiati” con il 22%. Il 37,7% dei destinatari possiede rispettivamente un livello di istruzione secondaria superiore, il 35,8% di istruzione primaria e secondaria inferiore, mentre solo il 12,2% dei destinatari ha una formazione universitaria o post-universitaria. I partecipanti totali nel 2010 sono stati 11.692, di cui 8.395 sono stati avviati e 7.772 sono in uscita. In termini di incidenza percentuale rispetto al programmato è emerso che l’Asse Iv ha un impegno del 65,3% sul relativo stanziamento, registrando lo stesso trend dello scorso anno, seguito dagli Assi I e Iii, rispettivamente con il 57,9% e il 56,7% (nel 2009 invece l’Asse Iii raggiungeva il 46,1% e l’Asse I il 43,8%). Il presidente Durnwalder ha posto l’accento sull’importanza dell’inserimento delle donne e delle persone disabili nel mondo del lavoro. L’inserimento nel mondo del lavoro di ulteriori 2000 persone degli 8000 disoccupati attualmente presenti in Alto Adige consentirà, secondo Durnwalder, di evitare il ricorso a forza lavoro proveniente da fuori provincia. Nel corso del suo intervento il rappresentante della Commissione Europea, Andrea Mancini, ha sottolineato che l’Alto Adige può essere considerato un modello per altre regioni italiane ed ha già raggiunto gli obiettivi posti dall’Ue per il settore dell’occupazione. Ora secondo Mancini l’Alto Adige deve dedicare il proprio impegno a far fronte alle future sfide nel campo sociale ed economico.  
   
   
DOMENICA 12 E LUNEDI’ 13 GIUGNO 2011: SI VOTA PER QUATTRO REFERENDUM POPOLARI. I RISULTATI SUL SITO DELLA REGIONE VALLE D´AOSTA  
 
 Aosta, 9 giugno 2011 - Domenica 12 giugno , dalle ore 8 alle 22, e lunedì 13 giugno, dalle ore 7 alle 15, si svolgeranno le operazioni di voto per 4 referendum popolari. In Valle d’Aosta gli aventi diritto al voto sono in totale 100.336 di cui 49020 maschi e 51316 femmine. Il referendum è valido se andrà a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto. I quesiti riguardano: 1 scheda di colore rosso - Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica - Il quesito prevede l’abrogazione di norme che attualmente consentono di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a operatori economici privati. 2 scheda di colore giallo - Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all´adeguata remunerazione del capitale investito - Il quesito propone l’abrogazione delle norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore.. 3 scheda di colore grigio - Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare - Il quesito propone l’abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare. 4 Scheda di colore verde - Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale - Il quesito propone l’abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale. I documenti necessari - Per votare è necessario presentare un documento d’identità e la tessera elettorale personale. Chi l’avesse smarrita o mai ricevuta, potrà richiederla al Comune di residenza, i cui uffici restano aperti nei cinque giorni antecedenti l’elezione, almeno dalle ore 9 alle 19, e nei giorni della consultazione per tutta la durata delle operazioni di voto. Facilitazioni per i disabili - Per i disabili sono previsti percorsi privi di barriere architettoniche. Vi è comunque la possibilità di recarsi in un seggio facilmente raggiungibile, indipendentemente dalla sezione in cui si è iscritti. I ciechi e gli invalidi impossibilitati a esprimere il proprio voto autonomamente possono essere accompagnati in cabina da un elettore di loro fiducia. Modalità di voto - All’elettore saranno consegnate quattro schede di colore diverso. Su ogni scheda sono riportati il numero del referendum e la rispettiva denominazione nonché il quesito posto. Ogni elettore ha diritto di esprimere il voto tracciando un segno sul riquadro corrispondente alla risposta prescelta (“sì” o “no”). Le operazioni di scrutinio avranno inizio lunedì 13 giugno 2011 -, subito dopo la chiusura della votazione e l’accertamento dei votanti per ciascun referendum. Sul sito internet della Regione, www.Regione.vda.it/  saranno consultabili i dati relativi alle affluenze e i risultati d elle operazioni di voto.  
   
   
IL TRENTINO CAPOFILA NELL´INTEGRAZIONE TRA RICERCA E MERCATO  
 
Trento, 9 giugno 2011 - Le aziende del Trentino sono riuscite, soprattutto in questi ultimi anni, a creare dei legami saldi con il proprio territorio, collaborando tra loro e rivolgendosi all’innovazione ed alle nuove tecnologie per affacciarsi sul mercato internazionale. Un traguardo importante, raggiunto anche grazie alle politiche di incentivo all’industria varate dal governo provinciale, che ha permesso di rilanciare i centri di ricerca, proiettandoli ai più alti livelli nell’orizzonte europeo e mondiale, e dare nuovo respiro all’economia locale. E’ quanto emerso nel corso dell’incontro, il 4 giugno presso la “Tenda aperta” in piazza Duomo. Il tema del dibattito – patrocinato dal Dipartimento industria, artigianato e miniere della Provincia – era “Ricerca, tecnologie ambientali, reti di impresa”. Un argomento, introdotto e coordinato dalla giornalista Adele Gerardi, trattato dai relatori Renata Diazzi, direttrice del Centro europeo di impresa e innovazione (Ceii), Giuliano Muzio, responsabile dell’area innovazione e rapporti con il territorio della Fondazione Bruno Kessler, e Alberto Bertolini, vicepresidente dell’Associazione albergatori del Trentino. “L’obbiettivo di Fbk – sostiene Muzio – è quello di sostenere lo sviluppo della nostra provincia, promuovendo anche quello delle aziende. Da tempo, prestiamo particolare attenzione nei confronti dei bisogni latenti di innovazione delle imprese, cercando di sostenere una pluralità nella ricerca che ci possa permettere di rispondere alle esigenze di mercato”. Un intento che, da parte dei diversi centri di ricerca presenti sul territorio, sembra essere già stato raggiunto, e le parole del responsabile appaiono ottimistiche: “In soli sei anni – continua – siamo riusciti a dare vita a sei spin-off, diventando uno degli istituti di punta nello studio del web semantico e richiamando ricercatori da tutto il mondo (ad oggi, centotrenta di questi si occupano dello studio del linguaggio applicato all’informatica)”. Ma i vantaggi portati in Trentino da questo virtuoso connubio tra ricerca e impresa non sembrano essere solo riferiti ad un’utilità di mercato: le stesse opportunità di studio, con l’aumento della quota di mercato ricavata in modo autonomo grazie ai finanziamenti esterni, sono aumentate in modo considerevole. “Ora – conclude Muzio – Fbk è inserita in un sistema di rapporti internazionali che agevola le nostre aziende, mentre le sovvenzioni che percepisce dai privati (circa un terzo del bilancio complessivo) permettono di investire ingenti risorse nella formazione”. Di questa rete, fa parte anche la Ceii, un consorzio di artigiani che raccoglie e rappresenta diverse ditte, per lo più di piccole dimensioni o a carattere famigliare, come ha precisato Diazzi: “E’ uno dei nostri compiti principali, quello di sostenere ed incoraggiare i progetti di ricerca, in vista di un perfezionamento dei servizi offerti ai consumatori”. “Per ora sono ancora poche – aggiunge – le aziende che si avvalgono di sistemi gestionali informatici, anche se è già presente una comunità apprezzabile di imprese informatiche (circa, duecento)”. In ultimo – non certo per importanza – l’attenzione nei confronti dell’ambiente, un principio che sembra trovare comune accordo tra tutti gli attori del panorama trentino. “Il turismo – chiarisce Bertolini – vive solo se l’ambiente rimane inalterato, soprattutto nel nostro arco alpino. Una ragione per cui gli albergatori sono ben attenti alle nuove tecnologie ecologiche e, in generale, è più sostenibile (dal punto di vista dell’impatto naturale e per lo sviluppo del territorio) la costruzione di una struttura alberghiera rispetto ad una seconda casa”.  
   
   
NORDEST (+1,5 %) TRAINA RIPRESA ECONOMICA ITALIANA ANCHE GRAZIE AD AGRICOLTURA E GIOVANI  
 
Venezia, 9 giugno 2011 - “Nel Nordest, ma non solo, l’agricoltura sta riconquistando il suo ruolo di settore primario per l’economia. Tutti i dati ci dicono che dai campi è partita la ripresa del Pil. E, per quanto riguarda il Veneto, io aggiungo che è partita anche la ripresa dell’occupazione e dell’imprenditoria giovanile”. Lo ha affermato l’assessore all’agricoltura veneto Franco Manzato commentando i dati Istat che annunciano la ripresa economica italiana, che parte proprio dal Nord est italiano. “Secondo l’Istat – ha aggiunto Manzato – sembra infatti che l’agricoltura Veneta e del Nordest stia contribuendo in maniera significativa ad aumentare il Pil, segnalando una percentuale in crescita pari all’1,5 %, in netto vantaggio rispetto alla media nazionale che si attesta appena ad un punto percentuale”. “Questo evidenzia che il Veneto offre opportunità di sviluppo anche nel comparto dell’economia rurale e agroalimentare, soprattutto per i giovani”, ha affermato Manzato, che sta attuando una riforma agricola finalizzata proprio ad accrescere il reddito del settore, anche ma non solo grazie alla sburocratizzazione e semplificazione delle procedure. “I giovani imprenditori agricoltori sono la nostra principale risorsa – ha concluso l’assessore – e il loro numero continua a crescere a fronte di una diminuzione del numero delle imprese. Nell’ultimo trienni abbiamo favorito circa mille ragazzi che si sono inseriti alla guida di un azienda agricola, portando conoscenza, innovazione ed entusiasmo in un settore dove si parte già con un bel carico di debiti da coprire. E non è solo un fenomeno del settore primario, visto che 13 mila giovani in Veneto sono imprenditori nei più disparati comparti: dalla sanità alle costruzioni, dai servizi al manifatturiero”.  
   
   
BOLZANO, DURNWALDER AGLI IMPRENDITORI: LE PRIORITÀ NEL PROSSIMO FUTURO  
 
Bolzano, 9 giugno 2011 - Formazione, semplificazione, telecomunicazioni, mobilità, ricerca: sono le principali direttrici lungo cui la Giunta provinciale si muove per consolidare la crescita economica dell’Alto Adige. A tracciare la rotta è stato il presidente della Provincia Luis Durnwalder l’ 8 giugno a Bolzano nel suo intervento all´assemblea annuale di Assoimprenditori. “Affrontiamo i problemi in modo pragmatico, dialogando per trovare soluzioni praticabili perché la concertazione e la pace sociale sono la base della crescita": il senso della collaborazione tra politica ed economia è stato ribadito da Luis Durnwalder nel suo intervento all’assemblea annuale di Assoimprenditori nel Centro congressi Sheraton (Fiera di Bolzano). All´industria locale il Presidente ha ricordato le principali direttrici dell´azione del governo provinciale con l’obiettivo di consolidare la crescita economica dell´Alto Adige, lo sviluppo delle imprese, la salvaguardia dell´occupazione e un futuro sostenibile per i giovani. Tra i temi centrali “per rispondere ai bisogni e alle esigenze dei cittadini” Durnwalder ha citato l’avviata riforma dell´istruzione, "a cui deve accompagnarsi la conoscenza di più lingue e delle moderne tecnologie. Le persone devono capire l’importanza di padroneggiare la seconda e anche la terza lingua”, ha ripetuto Durnwalder. La Provincia intende anche lavorare sull’orientamento scolastico e formare quelle figure professionali di cui c’è effettiva richiesta in Alto Adige. Un secondo piano di intervento riguarda ricerca, sviluppo e innovazione, "con uno sforzo maggiore sia dell’ente pubblico che delle imprese per rispondere alle esigenze del mercato e restare competitivi nell´Europa dei 27", così Durnwalder. Coordinare l’attività di ricerca, e Durnwalder ha fatto riferimento a Lub e Eurac, "non significa limitare le capacità e l’autonomia dei due istituti, ma sfruttare meglio le loro potenzialità." Le altre priorità toccano le telecomunicazioni ("il completamento della connessione a banda larga su tutto il territorio entro il 2013, anche per evitare l´esodo nei centri urbani"), la semplificazione amministrativa con una serie di misure che riducono la burocrazia e facilitano in particolare l´accesso ai bandi di gara. Durnwalder ha ricordato l´importanza strategica di una mobilità moderna ("negli ultimi cinque anni per ferrovia, stazioni e treni è stato fatto più che nei precedenti quaranta") e le opportunità che si aprono per le aziende locali e all´occupazione con il via alla realizzazione del Bbt e dell´ammodernamento della linea Verona-monaco e con la riqualificazione dell´areale ferroviario di Bolzano. Sull´energia alternativa il Governatore ha esortato le categorie economiche "ad essere creative, a proporre nuove idee per sfuttare le possibilità che si aprono sul mercato. Come Provincia stiamo facendo dell´Alto Adige un modello nelle rinnovabili." Infine una precisazione agli imprenditori sulle voci del bilancio provinciale: "La Giunta è impegnata a trovare nuove strade per mantenere questi livelli e ripartire le risorse in modo sostenibile, a vantaggio di tutta la popolazione. Non ci sono vacche sacre - ha detto Durnwalder - ma la politica è responsabile dello sviluppo generale di un territorio e di una comunità, e quindi deve agire in maniera obiettiva, tanto nei risparmi che negli investimenti, senza ridurre servizi e qualità."  
   
   
FVG: DIMINUZIONE SU BASE TENDENZIALE CASSA INTEGRAZIONE MAGGIO ´11  
 
Trieste, 9 giugno 2011 - L´assessore regionale al Lavoro Angela Brandi comunica che nel corso del mese di maggio 2011 le ore di Cig autorizzate in Friuli Venezia Giulia sono state 2.162.211, un risultato questo in forte calo sul piano tendenziale, pari al -20 per cento in valore percentuale e 541.865 ore in meno. L´incremento sul piano congiunturale è invece stato del 95,7 per cento, con 1.057.506 ore in più. La diminuzione tendenziale interessa tutte le gestioni ordinaria ed in deroga che diminuiscono, la prima del 46,5 per cento, la seconda del 61,2 per cento, mentre la straordinaria aumenta lievemente del +2,8 per cento, pari a 45 mila ore. Passando ad analizzare la distribuzione per province, il calo tendenziale risulta più significativo nella provincia di Trieste, la cui diminuzione è del 51,1 per cento, seguita da Gorizia con -48,9 per cento. Inferiori sono le diminuzioni di Pordenone (-16,5 p.C.) e Udine (-6,2 p.C.). Sul piano congiunturale, netta è la ripresa a Pordenone, con 675 mila ore in più rispetto ad aprile 2010, di cui 592 mila relative alla Cigs: l´incremento di Pordenone da solo assorbe il 64 per cento dell´incremento regionale complessivo. Segue Udine con 237.410 ore in più (+32,4 p.C.). Assai minori gli aumenti per Trieste, con 76.593 ore, e di Gorizia con 64.605 (+60,2 p.C.) Nel corso dei primi cinque mesi del 2011, osserva l´assessore Brandi, sono state autorizzate complessivamente 7.506.238 ore con una diminuzione del 27,5 per cento rispetto al medesimo periodo del 2010, quando le ore complessivamente autorizzate erano state 10.350.834. Diminuisce quindi del 39,2 per cento la Cigo, del 14,7 per cento la Cigs e del 53,2 per cento la Deroga. Si tratta di un andamento positivo che, nonostante il dato odierno relativo al mese di maggio, speriamo possa consolidarsi e migliorarsi ulteriormente nel corso dei prossimi mesi, sottolinea l´assessore.  
   
   
LE ELEZIONI? UNA FORMIDABILE STRATEGIA PER PERDERE SENZA RISCHIO  
 
Trento, 9 giugno 2011 - Nelle democrazie elettorali il potere politico non può essere illimitato. A regolarlo, sia in termini temporali che di intensità, ci pensano le tornate elettorali. Chi viene eletto lo è per un determinato periodo di tempo e con un compito specifico. In Italia questo viene meno. I cittadini non hanno una voce sulla composizione delle liste elettorali. Se poi a questo aggiungiamo la crisi dei partiti, le armi per far sentire la nostra voce e per influire sulle decisioni dei politici sembrano davvero ridotte al lumicino. La possibilità della sconfitta è uno degli elementi fondanti la democrazia. Oggi questo, però, lo si è dimenticato. Nel nostro Paese i più non vogliono arrendersi alla dèbacle. Abbandonare la poltrona, per loro, è un´idea inconcepibile. E se proprio proprio non c´è storia, sanno che possono rimettersi in gioco e ripresentarsi al "prossimo giro" . Nulla, in poche parole, sembra in grado di limitare il loro potere. Nemmeno i due strumenti ideati proprio con questo scopo dalle democrazie rappresentative: l´elezione e il partito. A sostenerlo, il 4 giugno, la titolare della cattedra di Scienze politiche alla Columbia University di New York, Nadia Urbinati, protagonista dell´incontro "Che cosa limita il potere dei politici?", ospitato al Castello del Buonconsiglio. "E´ interessante interpretare la democrazia in senso negativo. Per ciò che ci impedisce, piuttosto che per quello che ci dà", precisa la Urbinati." La democrazia non ci porta verso uno scopo determinante, non è una visione teleologica della politica. Prima delle elezioni, spiega la relatrice, c´erano sistemi di selezione per competenze territoriali o nobiliari. Il potere era quasi un peso. Con l´arrivo delle elezioni è stato invece introdotta la "competizione per...". Le elezioni diventano un fatto di straordinaria importanza perché rendono fattuale l´ìdea di circolazione del potere e impongono di rendere conto. Rappresentano, in termini semplici, un sistema che crea la funzione legislativa e al contempo limita il potere per intensità e durata. L´elezione dà, dunque, una possibilità di esercizio del potere e non il potere in sè. Oggi come oggi ciò non sussiste più. Le elezioni sono una formidabile strategia per perdere senza rischio. E ancora: i cittadini non possiedono più alcuna voce nella composizione delle liste elettorali. I candidati vengono, infatti, scelti dalle segreterie dei partiti. Una forma di oligarchia che ha generato nei votanti una mancanza di fiducia e un calo continuo dell´affluenza alle urne. La partecipazione al voto sembra non contare più. Molti pensano che la gara elettorale sia già decisa, che il voto del singolo non sia fondamentale. A questo si aggiunge un altro aspetto: le campagne elettorali sono costosissime e allontanano i cittadini dalla politica. Si crea un divario perchè la gente comune sa di non poter partecipare ad una competizione politica e questa disuguaglianza crea disaffezione. Complica il tutto la crisi dei partiti. Nati con lo scopo di selezionare le elite e di limitare il potere degli eletti, essi hanno perso la capacità di monitoraggio al proprio interno. Gli incontri tra il "dentro" e il "fuori" non si organizzano più e spesso i componenti del partito fanno mero supporto alla linea del leader. "Tre i motivi alla base di questa crisi - dichiara Nadia Urbinati -, ovvero la sfiducia della gente nei loro confronti; il finanziamento significativo con la società civile e il problema del finanziamento. Grazie al low cost della Rete chiunque può fare democrazia. La macchina dei partiti, tuttavia, continua a mantenere costi esorbitanti". Non si può però, è stato sottolineato, costituire un´opinione senza un partito. Occorre quindi risolvere il problema di ricreare i partiti, di riorganizzare i finanziamenti. "La sensazione che i politici abbiano un potere senza limiti può essere generata dalla mancanza di pluralismo nell´informazione? - chiede Giuliano Giubilei, vicedirettore del Tg3. "Senza dubbio - risponde la Urbinati - Abbiamo bisogno di renderlo reale nell´informazione. Il pluralismo è la nostra salvezza perché il mercato delle idee è la soluzione migliore tra quelle possibili. La mancanza di libertà d´informazione fa male anche al potere perché un´informazione corretta rende la politica più efficace. Lo dimostra la storia: dove non c´è pluralismo il sovrano perde, perché non ha più un contatto reale con il mondo". Altro strumento utile per limitare il potere è far sì che i potenti temano di perderlo. "La democrazia non è un´imposizione - conclude Nadi Urbinati - è volontaria. Dobbiamo riprendercela in mano".  
   
   
SÌ ALL´IMPOSTA DI SUCCESSIONE L´ULTIMO PRO E CONTRO DEL FESTIVAL DELL´ECONOMIA  
 
Trento, 9 giugno 2011 - Imposta di successione sì o no? Il dibattito dell´ultimo "Pro e contro" organizzato, il 5 giugno, dalla rivista online "lavoce.Info", nell´ambito del Festival dell´Economia di Trento, non poteva essere più vivace, al punto da segnare significativi scostamenti nel voto del pubblico prima e dopo la discussione. Se inizialmente i favorevoli erano al 45% e i contrari al 43%, al termine del dibattito non vi erano dubbi: il 67% degli astanti si sono pronunciati a favore di questa imposta patrimoniale, perché può contribuire a redistribuire la ricchezza e in definitiva a raggiungere una società più equa. A confrontarsi Graziella Bertocchi (favorevole), professoressa presso la Facoltà di Economia dell´Università di Modena e Reggio Emilia, e Alessandro De Nicola (contrario), presidente dell´Adam Smith Society, moderati da Alberto Orioli, vicedirettore de "Il Sole 24 Ore", e introdotti da Tullio Jappelli, professore di Economia all´Università di Napoli e direttore del Csef, Centre for Studies in Economics and Finance. Il primo voto del pubblico, non orientato dal dibattito, ha visto i favorevoli all´imposta di successione al 45%, i contrari al 43% e gli astenuti all´11%. Quindi la parola è passata a Tullio Jappelli, professore dell´Università di Napoli, che ha illustrato le peculiarità dell´imposta di successione e il suo iter in Italia rispetto a quello di altri paesi. Questa imposta era stata abolita nel 2001 e pertanto per tutte le successioni che si sono aperte dopo tale data e fino al 2006 non veniva più versata. Con la nuova finanziaria del governo Prodi è stata reintrodotta, ma in forma attenuata: è stata infatti elevata la franchigia a un milione di euro per successioni tra genitori e figli e a centomila euro per successioni tra fratelli, l´aliquota è del 4%. A favore dell´imposta di successione Graziella Bertocchi, che ha portato alcuni esempi autorevoli, come Luigi Einaudi e Warren Buffet (il secondo uomo più ricco del mondo): "Attualmente l´imposta di successione è ai minimi storici - ha commentato Bertocchi - nei fatti è pagata solo dai più ricchi e colpisce non il reddito bensì il patrimonio che, in Italia, è distribuito in modo molto più diseguale del reddito. La disuguaglianza della ricchezza si sta allargando: in Italia la ricchezza è infatti ampiamente ereditaria e non è dovuta al merito, ovvero alla capacità individuale di produrre reddito e risparmiare. Siamo in una situazione ingessata. L´imposta di successione ha un intento redistributivo e favorisce equità sociale". Incisiva l´arringa di Alessandro De Nicola, che è partito da alcuni esempio autorevoli, come Adam Smith padre della moderna economia, per smontare la tesi proposta da Graziella Bertocchi: "La tassa di successione è costruttivista, ovvero è imposta da politici e burocrati per i loro fini. È inefficiente, perché non c´è nessuno certezza che possa contribuire a redistribuire la ricchezza o ad aumentare la mobilità sociale, anzi alcuni paesi del Nord Europa dove la mobilità è fra le più alte hanno abolito questa tassa. Senza considerare che favorisce l´evasione fiscale, presenta elevati costi di enforcement e causa una diminuzione dello stock complessivo di ricchezza con evidenti ripercussioni sugli investimenti - ha commentato De Nicola -. È ingiusta ed iniqua perché abbiamo già pagato le tasse, abbiamo versato l´imposta di registro, le imposte sul reddito, in questo paese che è quello con la maggiore tassazione". Infine, prima della seconda votazione, le domande dei 30 studenti del focus group, selezionati in tutta Italia, che hanno fornito spunti interessanti al dibattito. La seconda votazione del pubblico ha incoronato la tesi di Graziella Bertocchi: il 67% dei presenti si è pronunciato a favore dell´imposta di successione, rispetto al 31% dei contrari, solo il 2% gli astenuti. In chiusura Marco Malgarini ha presentato una ricerca Istat del maggio 2011 su un campione di 2.000 italiani, selezionati su base geografica e demografica. Leggermente diversa la domanda presentata al campione di intervistati, ai quali è stato chiesto di rispondere se si era a favore di una maggiore progressività dell´aliquota dell´imposta di successione, ovvero di una tassa più elevata per i patrimoni maggiori. Il 53% ha risposto positivamente, il 36% si è detto contrario, il 9% si è astenuto e il 2% si è rifiutato di rispondere. Poche le differenze fra gli intervistati con figli o senza figli, mentre significative le differenze a seconda del tasso di scolarizzazione: il 74% dei laureati ha infatti risposto di essere favorevole all´imposta, rispetto al 50% delle persone in possesso del diploma.  
   
   
IMMIGRAZIONE, ASSESSORE RAMBAUDI A SINDACO DI ALBENGA: “SE ARRIVANO RISORSE NAZIONALI PRONTI A INDIVIDUARE UN ALTRO CENTRO DI ACCOGLIENZA”  
 
Genova, 9 giugno 2011 - “Se il sindaco di Albenga, Guarnieri, ci aiuta a sollecitare la ristrutturazione del centro delle Rapalline sul suo territorio, per cui abbiamo chiesto i finanziamenti al Governo e alla protezione civile nazionale, siamo disponibili a collocare gli immigrati altrove e rivedere la scelta, al momento obbligata, dell´ex ospedale di Albenga”. Lo ha detto ieri mattina l´assessore regionale alle politiche sociali e coordinatrice del piano profughi, Lorena Rambaudi, a margine del consiglio regionale, rispondendo così alla diffida lanciata dal sindaco di Albenga alla Regione contro l´utilizzo dell’ex ospedale di Albenga per ospitare una quarantina di immigrati provenienti dal centro di accoglienza di Ventimiglia chiuso ieri. “La città di Albenga – spiega l´assessore Rambaudi – ci aveva proposto due siti, uno in località Rapalline che era stato preso in considerazione dalla Giunta, ma che necessitava di una ristrutturazione e sul quale il dipartimento di protezione civile nazionale non ci ha ancora dato una risposta e un magazzino privato ritenuto non idoneo ai criteri di abitabilità dalla Protezione civile e inoltre alcuni posti nei campeggi che non rispondono alle soluzioni definitive di accoglienza di secondo livello necessarie in questa fase”. “Le soluzioni proposte – continua Rambaudi - sono state ritenute non idonee. Al contrario abbiamo ricevuto una proposta da un privato che ha nella sua disponibilità il bene immobile dell´ex ospedale di Albenga, che non richiede allestimenti o ristrutturazioni e la protezione civile regionale ha ritenuto che fosse la soluzione più confacente, vista la possibilità di ospitare al suo interno circa 40 persone e in presenza di una situazione di emergenza con meno posti a disposizione di quelli necessari”.  
   
   
PROFUGHI, REGIONE LOMBARDIA REPLICA A PD: BASTA PANTOMIME  
 
Milano, 9 giugno 2011 - ´I consiglieri del Pd continuano nella pantomima di ignorare che in Lombardia le responsabilità della gestione dei profughi sono state da tempo chiaramente definite e poi ufficialmente confermate e dettagliate nel vertice in Prefettura il 9 maggio. In quella occasione Regione Lombardia - ricorda una Nota della Regione in replica ai consiglieri Alfieri e Pizzul - ha preso atto positivamente della decisione del prefetto Gabrielli, che è il responsabile nazionale di tutta l´operazione profughi, di mantenere in capo al Dipartimento di Protezione civile nazionale la competenza del piano di individuazione delle strutture ricettive cui destinare i profughi del Nord Africa, in Lombardia, e della conseguente designazione del dr. Roberto Giarola, dirigente del Dipartimento stesso, quale soggetto incaricato di tale compito. Mentre in capo a tutta la catena sta ovviamente la responsabilità del Ministero degli Interni´. ´Egualmente - prosegue la Nota - è stato ribadito già in quella occasione che il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, è soggetto responsabile della gestione delle strutture individuate´. ´Insieme ad Anci e Upl, rappresentanti di Comuni e Province, Regione Lombardia ha sempre confermato ed effettivamente prestato piena volontà di collaborazione con il Dipartimento di Protezione Civile e con il prefetto, partecipando tra l´altro, con il suo assessore alla Sicurezza e Protezione civile Romano La Russa, o con i suoi dirigenti e funzionari, a tutte le riunioni e a tutte le operazioni necessarie´. ´Chi poi afferma, compresi alcuni sindaci, che Regione Lombardia sarebbe l´unica a non avere la responsabilità ultima sulla gestione dei profughi - aggiunge la Nota - dovrebbe invece sapere che altre Regioni, in primis il Veneto, governato dal presidente Luca Zaia, hanno adottato la stessa soluzione lombarda e cioè di nominare come soggetto attuatore un delegato del capo della Protezione civile nazionale, Gabrielli, o un prefetto´. ´La campagna elettorale - conclude la Nota - è finita per tutti: cessino le polemiche e tutti collaborino come fa Regione Lombardia´.  
   
   
HO SCELTO, MI SPOSO UN HOMO OECONOMICUS...  
 
Trento, 9 giugno 2011- Compiere scelte esatte. Calcolare matematicamente benefici e perdite. La crisi così non farebbe più paura. Ma la realtà è ben diversa. Siamo completamente privi di informazioni economiche e incapaci di orientarci nella quotidianità delle nostre azioni finanziarie. Un terzo della popolazione non sa leggere l’estratto conto e – ancora peggio – l’economia non ha ancora elaborato strumenti validi, metodi e schemi, per prevenire periodi di recessione e crisi. I nostri giovani appaiono dunque scevri di una libertà economica e depauperati dei loro sogni. A raccontarci questa storia, o per meglio dire, questa cruda realtà sono uomini di scienza, docenti di economia di alcune tra le più prestigiose università italiane e figure istituzionali del mondo finanziario che grazie all’incontro intitolato “La cultura economica come esercizio di libertà”, organizzato da Aeee Italia (Associazione Europea per l’Educazione Economica) all’interno dell’area “Confronti” del Festival dell’Economia di Trento, il 4 giugno, hanno tenuto una lezione di vita, propedeutica al mondo economico e finanziario a cui ciascuno di noi è chiamato a confronto, anche se il più delle volte ignaro di esserlo. Attraverso la moderazione dal presidente di Aeee Italia, Enrico Castrovilli, gli oratori hanno così iniziato il percorso tra i meandri del “regno economico”. “Ebbene – ha esordito Roberto Fini, docente di Politica economica all’Università di Torino, citando una frase della regina Elisabetta Ii - come è possibile che nessuno abbia previsto una crisi economica come questa? E come è possibile che agli albori della crisi c’era chi scriveva che il mercato stava andando bene? La soluzione è semplice: l’economia non ha elaborato istruzioni utili per le situazioni di pericolo. Abbiamo una sorta di manuale di bordo solo per quando il cielo è azzurro e sereno. E questa ignoranza, forse, è proprio un’ignoranza deliberatamente scelta”. “L’economia è ambigua – ha proseguito Luigi Campiglio, docente di Politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – è incerta, perché i comportamenti sono eterogenei. Si dovrebbero fornire delle previsioni come fa il meteorologo, ma non lo abbiamo fatto. E credo proprio perché l’incertezza, la non conoscenza, è desiderabile. Noi abbiamo però il compito di attrezzarci per superare questi eventi economici traumatici”. Ed è proprio in questa direzione che l’insegnamento sta andando come ha testimoniato Andrea Boitani, docente di Economia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano: “Oggi abbiamo imparato che la macroeconomia va insegnata dando rilevanza ai mercati finanziari, a quel blocco che fino a ieri sembrava di poco conto. Ai nostri giovani, ora, noi insegniamo a difendersi anche da quei piccoli falsi allarmi, dalle piccole bolle, ma non abbiamo ancora elaborato dei modelli, abbiamo solo dei racconti recenti. È positivo però che la ricerca stia andando avanti e presto anche gli intermediari finanziari avranno un luogo decisivo nei nostri schemi economici”. L’approvazione a questa visione non si fa tardare dal mondo finanziario: “Vi è uno stretto legame tra conoscenza e crescita economica – ha continuato Ignazio Vasco, vicedirettore generale della Banca d’Italia – ed è per questo che il nostro recente traumatico vissuto va indagato, conosciuto per trarre strumenti utili di prevenzione e scelta. La maggioranza delle persone si informano di tassi di inflazione, Pil, disoccupazione solo quando sono coinvolti in prima persona. Ed è qui che bisogna agire, sull’analfabetismo economico: un terzo della popolazione non sa leggere il proprio estratto conto, metà delle nostre famiglie non capisce l’importanza di suddividere i risparmi in più istituti di credito, i due terzi non sanno la differenza tra obbligazione e azione, il 70% non ha assicurazioni aggiuntive per far fronte a qualsiasi imprevisto. C’è un forte problema di educazione finanziaria che va risolto. Bisogna conoscere per agire, conoscere per vivere bene”. Ed è per queste ragioni che a chiunque potrebbe forse – apparentemente – piacere l’idea che la propria figlia sposasse un homo oeconomicus, vale a dire un uomo perfettamente razionale, come ha commentato Roberto Tamborini, docente di Economia politica all’Università di Trento: “Peccato però che l’uomo perfettamente razionale non esista. E poi sarebbe un uomo privato della sua emotività, incapace di provare sensazioni che vanno al di là dei propri interessi. L’umanità è ben diversa. L’essere umano medio compie delle scelte poco razionali. Per esempio è stato provato che se perdiamo un biglietto per uno spettacolo la maggioranza non lo ricompra, mentre se perdiamo la stessa cifra del costo del biglietto andremo comunque ad acquistarne un altro. La psicologia ha così spiegato che all’interno della mente umana si celano diversi “cassetti” relativi alle varie voci-spesa che dobbiamo sostenere. Perciò se perdiamo il biglietto, nel cassetto “spese spettacolo” non troviamo più i soldi necessari per procedere con un altro acquisto, mentre se perdiamo i soldi faremo rientrare questa perdita nel “cassetto spese generiche” e così lo ricompreremo”. “A mio parere – ha così concluso Armando Massarenti, responsabile “Scienza e Filosofia” de “Il Sole 24 Ore Domenica” – ci vuole una consapevolezza metodologica di fondo. Già Aristotele diceva che è proprio delle persone colte attribuire il giusto grado di importanza alle varie discipline. L’economia necessita di stabilire una rete attorno a sé e di introdurre degli esperimenti concreti. Deve dialogare con le discipline umanistiche, come con la psicologia e specialmente deve essere semplificata. In altre parole resa comprensibile a chiunque. In questa direzione, sono convinto che il primo strumento utile da prendere in considerazione sia una buona conoscenza matematica.”  
   
   
SICILIA: PRESENTATA CARTA PER LE PARI OPPORTUNITA´ E L´UGUAGLIANZA  
 
 Palermo, 9 giugno 2011 - Palazzo dei Normanni ha ospitato stamani uno degli eventi nazionali previsti per la promozione della "Carta per le pari opportunita´ e l´uguaglianza sul lavoro". Il Workshop, organizzato dalla consigliera regionale di Parita´, Natalina Costa, fa parte del Progetto Progress "Reti territoriali contro le discriminazioni". La Regione siciliana con la Provincia regionale di Messina e insieme all´Emilia Romagna e alla Provincia di Modena, sono state le realta´ territoriali destinatarie, da parte dell´U.n.a.r. (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Pari Opportunita´), di un "Progetto Pilota" nazionale, destinato non solo alle aziende private ma anche alle pubbliche amministrazioni. L´iniziativa promuovera´, sul territorio regionale e provinciale, la "Carta delle Pari Opportunita´" per valorizzare le diversita´ all´interno dell´organizzazione aziendale con particolare riguardo alle pari opportunita´ tra uomini e donne e a diffondere le buone pratiche delle aziende private e delle pubbliche amministrazioni aderenti alla Carta. La "Carta" e´ gia´ stata sottoscritta da un centinaio di Aziende presenti su tutto il territorio nazionale per un totale di circa 500.000 dipendenti coinvolti. In Sicilia l´hanno sottoscritta, tra gli altri, comuni e province, Confindustria Sicilia, Gesap, Unicoop, e sindacati. La "Carta per le pari opportunita´ e l´uguaglianza sul lavoro", nasce nel 2009 ed e´ una dichiarazione di intenti che le imprese di tutte le dimensioni sottoscrivono volontariamente per contribuire alla lotta a tutte le forme di discriminazione sul luogo di lavoro (genere, disabilita´, etnia, fede religiosa, orientamento sessuale), impegnandosi al contempo a valorizzare la diversita´ all´interno dell´azienda, con particolare riguardo alle pari opportunita´ tra uomo e donna, e ad assicurare il benessere organizzativo, ma e´ anche strumento per concretizzare la responsabilita´ sociale d´impresa. La Carta e´ promossa da Aidda, Aidaf, Impronta Etica, dalla Fondazione Sodalitas, da Ucid e dall´Ufficio Nazionale della Consigliera di Parita´ con l´adesione dei Ministeri del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e per le Pari Opportunita´.  
   
   
IL WELFARE MADE IN TRENTINO FAMIGLIA E NUOVA IMPRENDITORIALITÀ  
 
Trento, 9 giugno 2011 - Il welfare trentino ha finora visto in prima linea pensioni, la sanità, e l’assistenza a favore delle generazioni più anziane. Oggi però sono sempre di più i giovani a trovarsi in difficoltà: se in Italia il 30% dei giovani tra i 15 e i 29 anni è disoccupato in Italia, in Trentino troviamo un tasso del 18% . Alla "Tenda aperta" di Piazza Duomo, il 5 giugno, si è parlato di come il Trentino ha ripensato il sistema di welfare alla luce della crescente disoccupazione giovanile e femminile. La nuova legge per la famiglia varata dal governo provinciale nel 2011 è un esempio di sostegno mirato a non fare della famiglia il primo ammortizzatore sociale a costo zero. “La legge provinciale per la famiglia ha come primo obiettivo quello di incidere sulle aspettative della famiglia e dunque sostegno anche alla natalità che in Trentino come nel resto d’Italia è tra i più bassi del mondo". A dirlo è Luciano Malfer, dirigente generale del progetto coordinamento politiche familiari e sostegno alla natalità della Provincia autonoma di Trento. “La legge 1 del 2011 ha individuato una serie di passaggi interessanti anche a livello nazionale. In provincia di Trento le politiche familiari non sono quelle socio assistenziali, ma riguardano tutte le politiche della Giunta: dal reddito di garanzia, all’alloggio a canone moderato. Il costo dell’abitazione incide in modo altissimo sulla famiglia. La conciliazione famiglia lavoro, quando lavorano i due genitori, è stato il fattore attorno al quale si è costruito il Trentino ‘distretto per la famiglia´. Si tratta di un Trentino che vuole realizzare capitale relazionale con progetti che lavorano per il benessere delle famiglie, per accrescere l’attrattività territoriale, su ispirazione del modello tedesco ‘die grosse Allianz fuer die Familie”. Oggi ci sono 200 operatori che si avvicinano a questi obiettivi. Ci sono tre distretti attivi, più altri cinque in avvio. Abbiamo creato lo standard Family auditel con 50 organizzazioni che vi si riferiscono". Di ‘welfare integrato’ ha parlato, quindi, Claudia Loro (Cgil del Trentino): “Il benessere familiare deve partire anche dalle pari opportunità nel lavoro. L’eguaglianza dentro il mercato del lavoro è anche un problema di Pil, di crescita per le famiglie. Bisogna dare prima di tutto la possibilità alle donne di accedere al mondo del lavoro. Le donne vivono nel mercato del lavoro un gap retributivo rispetto agli uomini, anche a fronte di un rendimento scolastico migliore. Inoltre sono inserite in quei settori in cui la prestazione del lavoro è valutata inferiore ad altre: tessile, servizi, terzo settore. Poi c’è il fenomeno del tetto di cristallo che impedisce loro di arrivare ai vertici di aziende pubbliche e private. Infine quando le statistiche ci dicono che, se in presenza di uno o più figli, le donne lasciano il mondo del lavoro e qui deve intervenire il welfare. La legge provinciale va in questa direzione perché interviene molto sulla conciliazione famiglia e lavoro, creando un welfare di servizi in Trentino. Nel comune di Trento abbiamo superato il 33% di asili nido , quota richiesta dalla Ue, ma ancora si attende un aumento nelle Valli. Altro punto importante è l’aiuto alla donna nel suo ruolo di cura nella famiglia, per esempio per la parte di norme che regola la non autosufficienza. Come organizzazioni sindacali dovremo lavorare su modelli produttivi e sugli orari, ma soprattutto sulla precarietà che coinvolge donne e giovani prevalentemente”.  
   
   
TRENTO: VALLE DI SOLE VERSO IL DISTRETTO FAMIGLIA  
 
Trento, 9 giugno 2011 - "In Trentino non si sta disinvestendo sul welfare, al contrario le politiche sanitarie, sociali e quelle per la famiglia sono le uniche per le quali la legge finanziaria 2011 ha incrementato le risorse". E´ quanto ha affermato l´assessore alle politiche sociali Ugo Rossi, intervenuto a Malè all´incontro con la popolazione e la Comunità della Val di Sole per illustrare le opportunità offerte dalla nuova legge provinciale sul benessere familiare e lo sviluppo della natalità. Un invito al quale hanno risposto in molti, riempiendo la sala della sede della Comunità, aperto dal presidente della stessa, Alessio Migazzi ("Tutta la giunta della Comunità è fortemente motivata a creare percorsi coerenti con la legge"), ed al quale sono intervenuti il dirigente del Progetto speciale Coordinamento politiche familiari e natalità Luciano Malfer, il direttore del Forum delle Associazioni familiari del Trentino Paolo Robecchi e la neo presidente dello stesso Forum, Silvia Guandalini, nonchè l´assessore della Comunità con delega alle pari opportunità e alla famiglia Katia Nardelli. Rossi ha presentato i filoni portanti del welfare trentino, ovvero le politiche - che l´assessore ha definito di natura "generalista" - sanitarie (riforma socio sanitaria), del lavoro (delega sugli ammortizzatori sociali), le politiche di welfare a partire dal reddito di garanzia. Un contesto nel quale si inseriscono le specifiche politiche per la famiglia e la promozione del benessere. Su un concetto, in particolare, ha insistito l´assessore Rossi: "I servizi alla persona sono un fattore di successo dello sviluppo di un territorio". Una convinzione che sempre più si fa strada anche tra le realtà amministrative solandre, a partire dalla Comunità di valle. Anche in Val di Sole, infatti, è in fase di avanzata costruzione, con il coinvolgimento di molte realtà sociali, istituzionali, economiche e del privato sociale, un Distretto Famiglia. Prima concreta realizzazione, una Baby Little Home, sull´esempio di quella già realizzata a Pinzolo a servizio delle mamme con bambini piccoli e/o in allattamento, che sorgerà lungo la pista ciclabile. L´architettura complessiva delle politiche famigliari promosse in Trentino è stata illustrata da Luciano Malfer: "Si tratta di azioni produttive, di investimenti sul territorio: sostenere la famiglia - attraverso ad esempio i servizi di conciliazione famiglia-lavoro e il Distretto famiglia - significa anche sostenere lo sviluppo economico del territorio". Centrale, in tale architettura, è poi il ruolo affidato al Forum delle associazioni familiari. "Il ruolo del Forum - ha affermato Paolo Rebecchi - è in particolare quello di creare cittadinanza attiva e promuovere il fare rete per favorire la nascita del Distretto famiglia". E proprio il Distretto è stato l´argomento sul quale si sono registrate le maggiori curiosità, interessi e domande del pubblico. L´incontro di ieri sera a Malè è stata la prima "tappa" di un giro del Trentino che porterà l´assessore Rossi in tutte le valli del Trentino. Il prossimo appuntamento è per il 20 giugno prossimo a Cles.