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Notiziario Marketpress di Mercoledì 19 Gennaio 2011
"WORKSHOP INTERNAZIONALE SULL´ELABORAZIONE DEL SEGNALE GENOMICO"  
 
Bucarest, 19 gennaio 2011 - Il 27 e 28 giugno 2011 si terrà a Bucarest, in Romania, il workshop internazionale sull´elaborazione del segnale genomico (Gsp2011). L´elaborazione del segnale genomico studia gli eventi misurabili - principalmente la produzione di mRna e di proteine - che vengono svolti dal genoma. Importanti progressi recenti nel campo degli studi di genomica hanno stimolato la ricerca sinergica in molte aree interdisciplinari. Il volume sempre crescente di dati prodotti dalle attuali tecnologie di sequenziamento ad alta velocità e microarray, di solito disponibili nelle grandi banche dati genomiche, richiede tecniche di elaborazione del segnale genomico specifiche per estrarre informazioni e conoscenze utilizzabili. Lo scopo principale della manifestazione sarà quello di riunire specialisti di diversi settori dell´ingegneria, matematica e informatica, nonché della biologia e medicina, interessati nell´elaborazione del segnale genomico, nella genomica funzionale e nella biologia dei sistemi. Per ulteriori informazioni, visitare: http://gsp2011.Dsp.pub.ro/    
   
   
LE ZANZARIERE NON SONO SUFFICIENTI PER FERMARE LA MALATTIA DI KALA AZAR  
 
Bruxelles, 19 gennaio 2011 - Le zanzariere insetticide a lunga durata sono state una vera e propria rivoluzione nella prevenzione della malaria. Tuttavia, come mette in evidenza un nuovo studio internazionale, questi utilissimi oggetti non proteggono dalle malattie trasmesse dalle punture degli insetti. La ricerca è l´esito del progetto Kalanet ("Efficacy, acceptability and cost-effectiveness of long lasting insecticidal nets in the prevention of Kala-azar"), che ha ricevuto 2,11 milioni di euro in riferimento alle attività di cooperazione internazionale (International cooperation activities) del Sesto programma quadro (6° Pq) dell´Ue. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista British Medical Journal. Un gruppo di ricercatori guidato dal Professor Marleen Boelaert (Istituto di medicina tropicale di Anversa, Belgio) ha appunto confermato che gli studi condotti dimostrerebbero che le reti non sono state sufficienti a proteggere gli abitanti di India e Nepal dalla febbre Kala azar. La malattia, conosciuta anche come leshmaniosi viscerale, colpisce ogni anno mezzo milione di persone. È causata dal parassita Leshmania e viene trasmessa da alcuni insetti che vivono nella sabbia, definiti sandfly. Il parassita colpisce e distrugge le cellule ematiche della persona infettata, causando l´ingrossamento della milza, l´infiammazione e il conseguente deperimento degli organi. Un decorso che ha un esito fatale se la malattia non viene trattata tempestivamente. Fino ad oggi, per il controllo di questi insetti in India e Nepal era stata sufficiente la nebulizzazione negli ambienti chiusi di alcuni insetticidi come il Ddt (diclorodifeniltricloroetano). La nebulizzazione, tuttavia, avviene solo a livello locale e non regolarmente il che permette a un numero consistente di insetti di sopravvivere e continuare a trasmettere la malattia. Alcune famiglie utilizzano le zanzariere che non sempre, però, sono trattate con insetticidi a lunga efficacia. Nel tentativo di fermare la trasmissione della malattia, i ricercatori hanno lanciato una campagna su vasta scala che ha visto la distribuzione a tutti gli abitanti di alcune regioni di una zanzariera trattata con un insetticida dall´efficacia pluriennale. Gli scienziati dell´Istituto di medicina tropicale belga, insieme ad alcuni colleghi provenienti da India, Nepal, Svizzera e Gran Bretagna si sono trovati concordi nel confermare la bontà di questo approccio, che ha portato a buoni risultati in Sudan, dove tuttavia la malattia è trasmessa da un altro insetto. Inoltre, in Iran e Siria le reti avrebbero permesso di arginare il problema della leshmaniosi cutanea, provocata da un´altra specie del gene Leishmania. I ricercatori hanno specificato che l´insetto responsabile della trasmissione della malattia in India di solito colpisce in ambienti chiusi e nelle ore notturne: un dato che fa apparire sensato proteggersi con le apposite reti durante il sonno. Secondo lo studio, questa supposizione sarebbe però parzialmente inesatta. Dopo aver seguito 20.000 persone in 26 piccoli villaggi caratterizzati da un´elevata incidenza della leshmaniosi virale in India e Nepal per un periodo di più di due anni, gli scienziati sono giunti alla conclusione che l´uso delle zanzariere non incide in modo significativo sul numero di casi. Gli scienziati hanno diviso i villaggi presi in considerazione a coppie, secondo il numero di affinità, e hanno poi scelto causalmente quale dei due dovesse continuare con le misura di prevenzione più tradizionali e quale invece dovesse ricevere le zanzariere appositamente trattate. Durante il periodo dello studio, circa nella metà dei villaggi sono stati nebulizzati gli insetticidi previsti dal normale programma di prevenzione nazionale. Nei villaggi dotati dagli scienziati di zanzariere impregnate di insetticida, il numero di insetti è sceso del 25%, ma il numero di casi non si è rivelato inferiore rispetto al villaggio di controllo, dove il numero di casi non si è rivelato significativamente più alto. L´incidenza della malattia, infatti, ha fatto registrare una riduzione di appena l´1%. Tuttavia, il team che ha condotto la ricerca ha osservato che nei villaggi di campagna appena il 90% degli abitanti si proteggeva con le zanzariere durante il riposo notturno per più dell´80% delle notti, mentre il 30% degli abitanti dei villaggi di controllo dormiva regolarmente protetto da zanzariere non trattate. Il numero dei casi di malaria, è emerso dallo studio, è calato drasticamente nei villaggi equipaggiati di zanzariere extra. I ricercatori hanno concluso che i risultati sono stati determinati dal fatto che i cosiddetti sandfly tendono a colpire all´esterno più di quanto si ritenesse in passato, dove le zanzariere non sono dunque di facile impiego. Per maggiori informazioni, visitare: Istituto di medicina tropicale - Anversa: http://www.Itg.be/itg/generalsite/default.aspx?wpid=513&l=n  British Medical Journal: http://www.Bmj.com/    
   
   
L’AIRC HA FINANZIATO UNA RICERCA SUL CANCRO IN CALABRIA  
 
Catanzaro, 19 gennaio 2011 - E’ stata presentata ieri mattina, nella sede della Presidenza della Regione, l’iniziativa a sostegno della ricerca medica, finanziata dall’Airc (associazione italiana ricerca sul cancro). Si tratta di un importante studio sviluppato da un ricercatore calabrese, Pierfrancesco Tassone, che ha messo a punto una nuova classe di farmaci molecolari per il contrasto del mieloma multiplo e delle leucemie. L’obiettivo della di ricerca, finanziata dall´Airc, grazie ai fondi del 5 per mille, vedrà coinvolti il Polo Oncologico e l´Universita´ Magna Grecia di Catanzaro, insieme ad altri 78 giovani ricercatori calabresi, che si propone di ottenere, in cinque anni, farmaci molecolari di utilizzo immediato per pazienti attraverso lo sviluppo di terapie basate sull’inibizione di microRna. “Non abbiamo mai abbandonato l´idea di mettere la ricerca in cima all´attività del nostro esecutivo – ha affermato il Presidente della Regione, Scopelliti - superata questa fase di tagli e di ristrettezze imposta dalla necessità di salvaguardare i livelli essenziali, garantiremo attenzione e risorse al settore. Importante e´ da questo punto di vista la collaborazione con l´Airc e l´Università. Si tratta di un risultato - ha proseguito il Governatore Scopelliti - frutto di una sanità di qualità che esiste in Calabria”. Alla conferenza hanno preso parte, inoltre, il Rettore dell’Università di Catanzaro, Saverio Costanzo, il Presidente della Fondazione Campanella, Paolo Falzea, mentre per l’Airc Calabria sono intervenuti, Rossella Pellegrino Serra e Amalia Laino.  
   
   
DALLA CINA A SCUOLA DI BUONA SANITÀ IN TOSCANA  
 
Firenze, 19 gennaio 2011 - Funzionari cinesi a scuola di buona sanità in Toscana. Una delegazione proveniente da Shanghai, guidata dalla dottoressa Huang Hong, direttore generale dell’Ufficio salute della municipalità della città cinese (che conta 18 milioni di abitanti), si è incontrata stamani, nella sede di via Alderotti, con l’assessore al diritto alla salute Daniela Scaramuccia e alcuni dirigenti dell’assessorato, per gettare le basi di una collaborazione che prenderà corpo entro il 2011: la School of Policy, una Scuola di Formazione in ambito socio-sanitario, che si terrà in Toscana, rivolta agli amministratori di Shanghai. Il progetto è nato in seguito alla partecipazione del presidente Enrico Rossi all’Expo, nel luglio 2010: nel corso di un seminario, Rossi aveva presentato il modello organizzativo toscano della sanità sia in ospedale che sul territorio. Il governo cinese ha deciso di investire 125 miliardi in tre anni per garantire il diritto alla salute di tutti i suoi cittadini. “Per questo le autorità e gli esperti cinesi guardano con grande interesse all’esperienza della Toscana in termini di management e di organizzazione – dice l’assessore al diritto alla salute Daniela Scaramuccia – La Scuola di Formazione sarà l’avvio di una proficua collaborazione nell’ambito della cooperazione socio-sanitaria tra la Toscana e la municipalità di Shanghai, che potrà avere sviluppi interessanti anche in altri campi, come la ricerca e i brevetti per i prodotti biomedicali”. La Scuola di Formazione tratterà i seguenti temi: il sistema sanitario italiano: basi legislative, inquadramento, sua articolazione in Toscana; organizzazione territoriale e gestione delle strutture sanitarie; organizzazione della sanità di iniziativa (l’applicazione del Chronic Care Model); la ricerca clinica e le strutture dedicate (aziende ospedaliere e universitarie, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico); la prevenzione sanitaria: la sicurezza alimentare, la gestione delle malattie infettive e la sicurezza sul lavoro; valutazione, monitoraggio e controllo; metodologie organizzative e tecnologie abilitanti; l’offerta di beni: le filiere, i distretti, le imprese; la produzione di conoscenza e il trasferimento all’industria. Dopo l’incontro in assessorato, la delegazione cinese ha visitato il distretto della Asl 10 di viale Morgagni, e l’ospedale pediatrico Meyer. Nel pomeriggio, è stata ricevuta in Palazzo Vecchio dall’assessore alle politiche sociali del Comune Stefania Saccardi.  
   
   
UMBRIA, “REPARTINO”; MARINI A TERZO SETTORE: “TRASFERITO ENTRO APRILE”  
 
Perugia, 19 gennaio 2011 – Gli atti pre-adottati dalla Giunta regionale relativi alla istituzione della “rete” regionale dei servizi psichiatrici e alla riorganizzazione del servizio Spdc di Perugia, sono stati illustrati ieri a Palazzo Donini dalla presidente della Regione, Catiuscia marini, ai rappresentanti di tutte le associazioni regionali del terzo settore e del volontariato che rappresentano le famiglie di persone in cura presso i servizi psichiatrici. Alla riunione ha partecipato anche il sindaco della città di Perugia, Wladimiro Boccali, presenti anche i direttori generali dell’azienda sanitaria di Perugia e di quella ospedaliera. “Ho voluto incontrarvi oggi – ha affermato la presidente – perché una riunione partecipativa senza un ‘atto’ non avrebbe avuto alcun senso. Oggi invece possiamo discutere delle proposte che la Giunta ha pre-adottato e che, dopo la fase partecipativa con le associazioni oggi e nella giornata di domani con le organizzazioni sindacali, vuole adottare in via definitiva nella seduta di lunedì prossimo”. “Il nostro obiettivo è quello di avviare una concreta riorganizzazione dei servizi psichiatrici, nel rispetto di quanto affermato nel Piano sanitario regionale. Nello specifico dell’Spdc di Perugia abbiamo chiesto alle due aziende di definire entro e non oltre il prossimo 30 aprile tutte le questioni organizzative e logistiche, affinché dal giorno successivo si possa avviare il concreto trasferimento nella nuova sede che le aziende autonomamente individueranno”. La presidente ha quindi ricordato come l´istituzione della “rete” regionale “ci permetterà di rispondere in maniera più efficace ai bisogni dei malati e delle loro famiglie attraverso il coordinamento dei percorsi clinico-assistenziali e diagnostico-terapeutici, degli standard di appropriatezza delle prestazioni, delle "migliori pratiche" e dei modelli organizzativi”.  
   
   
PUGLIA, TASK FORCE STRUTTURE OSPEDALIERE: COSÌ IL CRONOPROGRAMMA  
 
Bari, 19 gennaio 2011 - E’ stato stabilito ieri mattina il crono programma delle attività della task force convocata dall’assessore Fabiano Amati a Bari, presso la sede dell’assessorato regionale alle Opere pubbliche e Protezione civile, per l’analisi e la determinazione del partenariato pubblico – privato e project financing (finanza di progetto), per la realizzazione di nuove strutture ospedaliere nell’ambito del servizio sanitario regionale della Regione Puglia. La task force costituita presso l’assessorato alle Politiche della Salute, proprio con l’incarico di definire l’iter e le procedure per l’attivazione del partenariato pubblico-privato e delle iniziative di finanza di progetto in coerenza con la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale, ha incardinato il procedimento delle sue attività presso l’assessorato alle Opere pubbliche e Protezione civile, prevedendo anche la partecipazione del Dirigente del Servizio Lavori Pubblici, sulla base dell’esperienza acquisita nel campo dallo stesso servizio. Al tavolo tecnico riunitosi oggi e presieduto dall’assessore Fabiano Amati, hanno partecipato il dirigente del Servizio Lavori pubblici, il direttore dell’ Area Politiche per la programmazione della salute, delle persone e delle pari opportunità, il direttore dell’Area Programmazione e finanza, il dirigente del servizio Affari generali e il funzionario dell’Agenzia regionale sanitaria pugliese. “Questa prima riunione – ha dichiarato Amati a margine dell’incontro – è stata utile per far conoscere al Servizio Lavori Pubblici lo stato dei lavori svolti fino a questo momento, puntualizzare lo stato dell’arte e stabilire un preciso crono programma delle attività da svolgere. Il nostro scopo sarà quello di assegnare costantemente precise scadenze alle singole Asl rispetto agli impegni assunti. Abbiamo deciso che dopo la prossima riunione di una cabina di regia istituita presso l’assessorato alla Sanità, che si svolgerà già la prossima settimana e che si occuperà di fare una verifica della programmazione sanitaria entro il 10 febbraio prossimo, questa task force convocherà, a partire dal 18 febbraio, le singole Asl, con i rispettivi direttori generali, cominciando da quelle che hanno già presentato uno studio di prefattibilità o di fattibilità per la realizzazione di nuove strutture ospedaliere nei rispettivi ambiti provinciali, così come richiesto da parte dell’assessorato alla Sanità. Saranno poi convocate – ha concluso - la altre Asl per eseguire una ricognizione relativa al rispetto della programmazione regionale”.  
   
   
INCONTRO ALLA REGIONE CALABRIA CON I SINDACATI PER L’ATTUAZIONE DEL TICKET SANITARIO  
 
Catanzaro, 19 gennaio 2011 - Si è svolto ieri, nella sede della Presidenza di palazzo “Alemanni”, il tavolo di confronto con la Regione, richiesto dai Sindacati confederati, Cgil, Cisl, Uil e dall’Ugl, per entrare nel merito dei provvedimenti assunti, relativamente all’attuazione del ticket sanitario in Calabria. Alla riunione ha preso parte il Presidente Scopelliti, affiancato dal Dirigente Generale della Presidenza Francesco Zoccali, dal Sub Commissario della Sanità Luciano Pezzi e dai dirigenti del dipartimento regionale “Tuela della salute”. A conclusione del tavolo di confronto si è convenuto di accogliere la richiesta unitaria, rappresentata dai Sindacati, per superare questo momento di difficoltà burocratico-amministrativo da parte delle Asp. Venerdì prossimo sarà sottoscritto un protocollo d’intesa finalizzato a regolamentare i rapporti tra i sindacati e le Asp, in riferimento alle attività che gli stessi sindacati svolgeranno sul territorio con le loro strutture, in affiancamento agli uffici, al fine di rendere meno disagevole l’iter burocratico cui sono obbligati i cittadini per il rilascio del documento di esenzione dal ticket. Inoltre, al fine di di chiarire e consentire il corretto recepimento della regolamentazione di riferimento, in questo protocollo sarà chiarita l’applicazione e l’interpretazione delle categorie destinatarie del provvedimento, in riferimento a ciò che dispone la normativa nazionale. All’esito della verifica del ‘tavolo Massicci’, il Presidente Scopelliti, inoltre, s’impegna a rivedere la normativa relativa all’esenzione del ticket, con riferimento amche ai lavoratori dipendenti, autonomi ed inoccupati.  
   
   
MARIO SCHIFANO OPERE SCELTE MILANO 20 GENNAIO - 12 MARZO 2011  
 
 Milano, 19 gennaio 2011 - Nel 1962 andai a New York ad una mostra organizzata da Sidney Janis, dal titolo New Realist Show. C’erano tutti, Rauschenberg, Oldenburg, Jasper Johns. Entrai così in un circolo che era un circolo d’affari. La società mi rincorreva, e la trappola fu il denaro. Mario Schifano. Gli anni passano e la popolarità di Mario Schifano aumenta. Secondo un recente sondaggio dell’autorevole rivista Exibart.com, il 2010 ha visto in Italia primeggiare proprio “il Puma”, con un attivo di oltre ottanta mostre a lui dedicate. Mario Schifano è stato uno dei primi a fuoriuscire, come un satellite che tange un pianeta per accelerare la sua corsa verso lo spazio siderale, dalla cultura massimalista per protrarsi verso le più lontane e desolate frontiere dell’individualismo. Artista geniale e solo, Schifano è stato amato dalle donne, dagli amici, dall’intellighenzia italiana e dai colleghi di New York. Ma era anche solo di fronte a se stesso e spesso preda di quella fame di vita e di sensazioni che hanno segnato i momenti più drammatici della sua vita. Schifano ci ha raccontato per primo l’avvento della comunicazione globale ed è stato dalla parte della democrazia intesa come inizio della fine delle ideologie. La sua arte ha rappresentato una forza di rinnovamento che questa mostra permette di leggere in controluce. Portatrice di valori come l’individualismo, la libera creatività e l’anti-ideologia, la pittura di Schifano ci ha insegnato che malgrado possano esistere epoche fortemente ideologizzate, l’arte può e deve restare un’avventura profondamente umana, personale, esistenziale. Soltanto così può aspirare a quell’eterna giovinezza che le spetta di diritto. La mostra alla Whitelabs di Milano raccoglie opere provenienti da collezioni private e appartenenti ai due decenni d’oro di Schifano, quegli anni Sessanta e Settanta che lo hanno visto creare serie di opere che hanno segnato i tempi, come i Paesaggi anemici ed i Paesaggi tv. Una delle prime Palme del 1970 e un Albero della vita del 1970, rappresentano invece il retaggio dell’infanzia libica dell’artista e il segno di un’attenzione per la natura che Schifano alimenta negli anni Ottanta. A tredieci anni dalla sua scomparsa, avvenuta nel 1998, la mostra vuole ricordare la figura di uno dei più originali artisti italiani del secondo dopoguerra. Mario Schifano è un artista mediterraneo (istintivo, caldo, armonico e violentemente cromatico) che guarda all’America. E’ l’Andy Warhol italiano che diventa presto un “personaggio pubblico”, amico del jet set e dei grandi artisti americani, da Robert Rauschenberg a Jasper Johns, ma anche di una generazione di artisti romani, tra cui Tano Festa, Franco Angeli e Renato Mambor, Giosetta Fioroni e altri, passati alla storia come Scuola di Piazza del Popolo. Grazie alle sue vivaci intuizioni, alla sua arte graffiante, alla sua estetica (colta e popolare insieme) e ad una vita intessuta di sregolatezze (e coup de théâtre), Schifano è uno degli ultimi artisti contemporanei iscritto nel Pantheon dei “maledetti”, in un’epoca in cui questa figura scompare a vantaggio dell’artista-businessman o dell’artista-pubblicitario o dell’artista-artigiano. Parabola Schifano - Forse la storia di Mario Schifano è quella di un’infanzia perduta, attesa o inseguita lungo il corso della vita e giunta sfinita, sfibrata esausta nella sua arte candida e arrabbiata, irriverente e giocosa. Con la famiglia viene deportato dalla natia Homs in Libia (dov’era nato nel 1934) in un centro raccolta sfollati di Roma a soli dieci anni. Studia poco e per questo si condanna ad un “masochismo volontario” che lo porta a fare il garzone di pasticceria, dove impara ad essere simpatico a tutti. Nel 1960 lascia il lavoro d’assistente restauratore del padre, al museo archeologico di Villa Giulia, per l’arte: “Quando nel ’60 ho deciso di fare il pittore non si è trattato di vocazione, era una cosa più intelligente”, spiegherà anni dopo nelle tante interviste che rilascia. Dall’altra parte dell’oceano intanto, Andy Warhol vaticina: “è molto meglio fare della Business Art che della Art Art”, spiegando che “un artista è uno che produce cose di cui la gente non ha alcun bisogno, ma che lui – per qualche ragione – pensa sia una buona idea dargli”. A ventotto anni Schifano è a New York dove fa mostre importanti e vive come esule di lusso. Ama fare il dandy, vestire bene e le belle macchine. Tornato a Roma diventa una star, un personaggio da rotocalco. “Era molto pop, non era arte pop, lui viveva pop!” spiega di lui Eleonora Giorni, sua amica e modella. Schifano, secondo Enzo Siciliano, è un “ragazzo di vita”. Che dipinge monocromi originali: “i primi quadri gialli con dentro niente, immagini vuote, non volevano dire nulla – ricorda l’artista -, andavano di là o di qua di ogni intenzione culturale, volevano essere loro stessi”. In queste serie di monocromi “distratti”, fatti senza tensione ideologica si vede la volontà d’essere se stesso, magari trasformando il campo della pittura in un embrionale schermo televisivo frusciante. Tali possono apparire i suoi monocromi post-informali. Nel 1963 inizia una serie di opere in cui fa i conti con le avanguardie storiche, da Malevic al futurismo italiano, che “rivisita” a partire da una foto di gruppo dove Marinetti, Balla, Boccioni e altri sorridono alla Parigi degli anni Venti. La serie celebra ed elude l’ideologia estetica del futurismo e si concentra sull’avventura umana di questa banda di artisti in trasferta. Come e prima di Warhol, che dall’altra parte del mondo in silenzio risponde con le serigrafie dedicate a incidenti e camere della morte (Car crash e Electric chair), Schifano registra una icona, omaggio alla statura culturale ed economica dei padri dell’avanguardia italiana, proprio allora rivalutati da importanti critici italiani. Ha inizio la stagione del piacere. Schifano sembra dipingere quasi solo per scherzo. “Pensavo – racconta - che dipingere fosse partire da qualcosa di assolutamente primario, quel che vedevo, i cartelloni pubblicitari, la Coca-cola, gli ovali con Esso. Dipingevo quadri così, con il giallo, il blu e il rosso. Dicevo: questi sono segni di energia, segni di propaganda. Oppure rifacevo i segnali stradali e le strisce sull’asfalto”. Insieme al godimento fisico, prodotto da una dissipazione d’energia psichica eccedente, fa capolino nell’opera una “fame” di oggettività del tutto particolare. L’incontro-scontro tra Schifano e i dati minimi di un paesaggio urbano consumistico, scatena un’orgia d’energia tradotta in sfregamento tra una soggettività che funziona come un registratore con nastro smagnetizzato, interrotto e sporco, e l’opulenza tattile degli oggetti. Schifano prende le misure del mondo, dipingendolo e riprogettandolo. Nel titolo di un’opera nota, dichiara Io sono infantile. Chiassoso, ribelle e romantico, docile e indomito. Le sue contraddizioni e gli sbalzi caratteriali sono riassunti nella celebre definizione che ne dà Goffredo Parise nel ´65: “felino innocente e attonito come un piccolo puma di cui non si sospetta la muscolatura e lo scatto”. Schifano danza davanti alle tele. La sua arte ha della magia, impreziosita dall’estro di un’esecuzione in diretta. Il gioco diventa estasi. “Il suo lavoro era una specie di religione - ricorda Emilio Mazzoli, uno dei suoi galleristi - mi faceva pensare alle suore di clausura”. La doppia natura di Schifano: animale sociale da Factory e frenesie mondane, ma anche monaco claustrale alle prese con la propria vocazione. Un ossimoro vivente. Come resistere ad una simile tensione? I paradisi artificiali vengono in aiuto e presto si trasformeranno in colpe. Ma non manca in Schifano un tratto malinconico, che Maurizio Fagiolo Dell’arco avverte nelle opere dedicate alla natura (altro grande amore di Schifano insieme alla televisione) dopo il ritorno dagli Stati Uniti, quando gli smalti si fanno meno brillanti e la natura diventa Paesaggi anemici: “È una pittura – scrive Fagiolo Dell’arco che si rivolge agli uomini che cresce sempre su se stessa in una continuità spaziale e temporale, che è fatta d’impronte più che di cose, di tracce più che di oggetti”. Tra natura geometrizzata e geometria naturalizzata, la pittura di Schifano non decide e resta work in progress, opera aperta. Rifiuta l’immagine definita e rifinita, non è cartolina dal reale o souvenir di vita. È più come una pellicola fatta di tanti fotogrammi scorrenti l’uno a fianco all’altro, l’uno un po’ diverso dall’altro, tesi insieme a creare un movimento. Federico Fellini una volta gli dice: “Mario, vorrei essere come te e mettere tutto un mio film in una sola scena, come in un grande quadro”. Ma sarà Mario a imitare Federico e traghettare i suoi quadri dentro quel flusso pellicolare che ha nome “cinema”. Il passaggio è piuttosto brusco. Un bel giorno è il Sessantotto e Schifano dichiara i limiti della sua amata: “la pittura, nonostante tutto non riesce a completarmi”, dice e guardando le sue opere aggiunge: “quanto al destino di queste cose, vedi, sono destinate ad una società che non amiamo più”. A sua difesa chiama un ragionamento estetico di facile, ingenua linearità: “È che gli uomini assomigliano più al cinema che alla pittura: in un film camminano, mangiano, fanno l’amore, così come accade veramente; nella pittura no”. E poi sentenzia: “il cinema è uno strumento più rivoluzionario”. In due anni, tre film d’artista. Anche molti video a creare la costellazione cinematografica di uno che ha preso coscienza che fuori dallo studio i giovani contestano e sognano. “Nel ’68 – ammetterà - ho sentito il fascino della contestazione. Il motivo era uno: il rifiuto dei giovani ad essere assimilati dai padri. Mi piaceva. E questo era un rifiuto collettivo, non individuale”. Sull’onda di questo entusiasmo giovanile-infantile, gira la trilogia composta da Satellite (1968), Umano non umano (1969) e Trapianto, consunzione e morte di Franco Brocani (1969). L’“imagofilia” di Schifano trova nel cinema un nuovo sfogo e rigenerazione. La sua propensione alla frammentarietà del montaggio, fatto di “corrispondenze” tra immagini e suoni, ne fa uno dei primi e più grandi autori del cinema d´artista. Con esso contesta e fa politica, usando pellicola scaduta e privandosi di qualsiasi mercanti(sti)listico sviluppo narrativo. Come film-maker, nel 1964 in America ha già girato Round Trip, Reflex e filmato Mick Jagger. Dedica opere a Marco Ferreri, Jean-luc Godard e altri, e nel 1967 realizza Vietnam, usando immagini di repertorio. Uno dei video più famosi è Anna Carini vista in agosto dalle farfalle (1967) dove Schifano simula il modo di vedere degli insetti. Quando però Carlo Ponti si fa avanti per finanziare il primo film vero, Schifano si fa da parte. Human Lab lo aveva scritto nel 1970 con Tonino Guerra, ma non sarà realizzato. Lo stile frantumato e dispersivo di Schifano vince sulla sua debole volontà, vagamente narcisista, che lo porta a confessare: “vorrei arrivare alle sale di prima visione, ai titoli sui giornali”. Il suo collega, e corrispettivo americano, Julian Schnabel vi riuscirà decenni dopo con Venezia e Cannes ad adularlo, ma per ora la stagione del terrorismo e delle contrapposizioni ideologiche incombe. A Schifano risultano incomprensibili: “quello che non mi piace sono coloro che discutevano, e che discutono, con un accanimento, una cecità e una stupidità che è solo fascismo, come “Servire il popolo”; il popolo non lo servo con i colori o con la cinepresa, lo servo con il denaro. Dò denaro a questi ragazzi e perché no? Il denaro lo guadagno con brutale facilità”. Sulla base di questa avversione al pensiero sclerotizzato in forme di asservimento alle idee, la lucida incoerenza di Schifano, ancora una volta, lo porta a mettersi un gioco. Entra in crisi. La “trasformazione morale e politica” che solo nel 1970 Tommaso Trini gli attribuisce (sostenendo contestualmente che “sarebbe ozioso discutere dei suoi quadri dopo il sessantotto in termini puramente estetici; quella che può apparirci una fase artistica, questi quadri sono lì per dichiararlo, è in effetti una fase economica”) appare un anno dopo a Goffredo Fofi “un impegno politico idealizzato nato dai sensi di colpa”, per avere ottenuto con quella “brutale facilità” che lo contraddistingue, i privilegi di un ricco borghese piuttosto che la vita angusta di un artista engagé. Con un certo sussiego Fofi bolla il cinema di Schifano come “espressione magmatica della propria autobiografia”, ma alla fine lo stesso autore giudica così: “i quadri e i film sono la stessa cosa in seno alla cultura borghese”. Reset. Poi Mario ha un pensiero salvifico: “un uomo deve prima di tutto identificarsi con se stesso”. Schifano torna alla pittura attraverso un terremoto tecnologico. Usa tele emulsionate, fotografa con incessanti polaroid le sue innumerevoli televisioni sempre accese, che nello studio sono un paesaggio innaturale, anemico, privo di quei globuli rossi fluenti nella natura naturans della Libia rivissuta attraverso le ricche serie di Palme. Tratta meccanicamente la sua pittura e dorme con la televisione accesa. “Era un paesaggio anche quello – dichiarerà un decennio più tardi - che entra dentro casa, che ti vizia di più, che ti trovi dentro senza saperlo”. Il lavoro fluisce a ritmi serrati. Lui esce meno, quasi nulla. “Sembrava che vivesse come un dandy, in realtà lavorava ventiquattro ore al giorno”, racconta l’amico Gianni Michelagnoli. Ma la sua storia con la droga gli vale quattro incarcerazioni e una “gita” in manicomio. Deve subire la violenza di sentirsi trattare per ciò che non è: un criminale. “Sono prigioniero – dice - della parte più reale di me, del Mario Schifano conosciuto e giudicato per il suo comportamento”. La critica d’arte, impietosa perché lo venera, gli procura “amicizie alienate”. “Con Tano Festa – racconta - siamo stati messi in competizione dalla critica ed è stato tremendo”. Da qui in poi Mario sfodera una “natura retrattile, infastidita”: lo ritrae così Enzo Siciliano nel 1972 per Il Mondo. L’amico Alberto Moravia invece sostiene che Mario riesce a creare un personaggio e che “noi proviamo, per questo genere di creazione basata su un continuo e spontaneo happening, quasi lo stesso tipo d’interesse che c’ispira l’opera d’arte”. Schifano è un’opera d’arte vivente. “A livello vocale – prosegue Moravia - è una persona esclamativa”. Diffida della mediazione e comunicazione razionale, e così riduce il discorso ad esclamazione. La sua vera passione sono i mezzi di comunicazione “altri” dalla parola: la pittura, la fotografia, la televisione senza volume. Grazie a questi strumenti Schifano tende a Rifarsi un’ottica, come dice il titolo di una sua opera che Carlo Arturo Quintavalle analizza nel 1974, epoca delle opere con titoli quali Ossigeno ossigeno, Oasi, Con anima. Opere in cui si avverte una lucida presa di coscienza della realtà, una certa volontà di dissacrazione ed il coraggio di credere soltanto nelle proprie forze. Schifano è l’incarnazione della “sprezzatura” in epoca moderna. Questa fondamentale categoria estetica, che prevede la facilità d’esecuzione come un dono divino concesso a pochi, si rispecchia nell’immane produzione che Schifano realizza e che, alla fine della sua vita, sarà stimata in circa 100mila opere. Se per Theodor Adorno “il compito dell’arte è introdurre caos nell’ordine”, per Schifano il compito dell’arte sembra essere introdurre il mondo nel caos del suo studio e vedere cosa succede. “Il suo tratto poetico è l’instabilità – sostiene Maurizio Calvesi - che è tutt’uno con la continua capacità di rinnovamento e d’invenzione”. “Tutto nel mio lavoro è approssimativo”, rilancia Schifano con eleganza e orgoglio. Lui, che allo stile non ha mai saputo rinunciare. Il suo studio è invaso dai televisori perennemente accesi, dagli impianti musicali e dalle macchine fotografiche scattanti, pronte a cogliere immagini catodiche per farne quadri. Schifano rivolge gli uni “contro” gli altri i mezzi della tecnica, quella che uccide l’aura dell’opera secondo Walter Benjamin. E lui, in mezzo, a stendere colori in velocità, senza riflessioni e ripensamenti. “Lui dipingeva solo – ricorda Achille Bonito Oliva - non sceglieva i suoi quadri come un artista schizzinoso con un senso del museo a venire”. Schifano è un fiume in piena. E’ veloce, molto veloce. La velocità è l’imperativo moderno, celebrato già dai “suoi” futuristi. Con l’avvento del computer, suo ultimo invaghimento, Schifano inventa procedimenti complessi che accolgono l’immagine nella nuova macchina prima di essere stampate su tela. Internet lo esalta perché lo fa sentire ubiquo e asseconda la sua fame d’immagini. La rete cattura in sé tutte le cose del mondo, è un televisore portato all’ennesima potenza che può anche produrre oltre che trasmettere. Schifano né è stregato, ma non avrà il tempo di approfondirne appieno la conoscenza. La “felice indisciplina” che alimenta la sua sensibilità vorace produce una pittura ancora più gestuale, riassunta nella circolarità di un movimento che crea Ninfee e onde, cieli e prati in cui l’elemento figurale ed astratto, colorista e formalista si fondono in una sintesi visiva suggestiva: come nella mente di un bimbo, prima che il “sapere” gli faccia ri-conoscere ciò che vede; prima che la ragione e la parola sostituiscano, come mezzi mediatici, le impressioni confuse e brillanti del mondo. Con un istinto intellettuale unico, il Puma decostruisce i messaggi massmediali, di fronte ai quali siamo consumatori (dell’immagine come merce), e li libera restituendo loro quella primitiva forma di comunicazione che è la pittura-graffito, segno personale ed emotivo che registra impressioni profonde e tormenti: l’immagine torna a parlare dentro le sue tele lo slang farfugliante e onomatopeico dell’infante che è. “Era un inviato speciale nella pittura come uomo e un inviato speciale nella vita come pittore”, sostiene Abo. Lui, che diceva “mi piacciono le persone, quando mi accorgo che sono d’accordo con la propria natura”. Una saggezza che la vita gli ha infuso alla fine. Come in una parabola.  
   
   
JAMIE SHOVLIN THREE (AND A HALF) FILMS WITH MANY SHARED CHARACTERS ROMA, 1 FEBBRAIO - 26 MARZO.  
 
Roma, 19 gennaio 2011 - La galleria 1/9unosunove è lieta di annunciare la seconda mostra personale in Italia dell’artista inglese Jamie Shovlin (1978, Leicester, Uk). Risultato di una estesa ricerca e di una meticolosa ricostruzione, la mostra si propone come importante tassello all’interno dell’ambizioso Hiker Meat Project, una indagine sui meccanismi interni di ogni creazione artistica, sia essa un film o un’opera d’arte, e sul grado di controllo che il regista o l’artista detengono sul messaggio del proprio lavoro. Omaggio e insieme profonda analisi di un genere cinematografico controverso ma molto celebre negli anni 70 e 80, i film d’exploitation, il progetto si muove sul labile confine che separa la verità dall’invenzione: attraverso la sapiente combinazione di dati reali e immaginari Jamie Shovlin costruisce una elaborata operazione che ruota intorno a un film (Hiker Meat) mai realizzato e diretto da un regista (Jesus Rinzoli) mai esistito. Il corpo di nuove opere realizzate per 1/9unosunove descrive la genesi dei poster di tre diverse versioni del film: la versione italiana del 1979, la versione spagnola del 1981 e infine quella americana del 1981. I disegni preparatori, i materiali d’archivio, i documenti e le illustrazioni che delineano le varie fasi di sviluppo della storia e dei personaggi, vengono collocati retrospettivamente nel contesto in cui si suppone siano stati prodotti. Dalla tipologia dei personaggi ai costumi, dalla grafica ai caratteri tipografici, tutto rispecchia le convenzioni del genere cinematografico cui l’artista si ispira, contribuendo a confondere ulteriormente lo spettatore sulla effettiva esistenza del film attraverso una studiata presentazione delle informazioni. L’inaugurazione della mostra precede la performance live Hiker Meat (Rough Cut) di Jamie Shovlin e dei Lustfaust che avrà luogo mercoledì 2 febbraio alle ore 20 presso il foyer del Teatro Eliseo di Roma, evento promosso dalla Fondazione Giuliani (www.Fondazionegiuliani.org) in collaborazione con il museo Macro di Roma (www.Macro.roma.museum). Jamie Shovlin ha studiato presso il Royal College of Art e vive e lavora a Londra. Tra le principali mostre personali: Hiker Meat, Macro, Roma (2010-2011); The Nature of Our Business, Outpost, Norwich, Uk (2009); The Ties that Bind, 1/9unosunove, Roma (2008); A Dream Deferred, Haunch of Venison, Londra, Uk (2007); In Search of Perfect Harmony, Tate Britain, Londra, Uk, (2006). Tra le numerose mostre collettive ricordiamo How To Do, Iksv, evento collaterale della Biennale di Istanbul, Istanbul, Turchia (2009); She Said No, 1/9unosunove, Roma (2008); Desiring Necessities, John Hansard Gallery, Southampton, Uk (2009); Alchemy Artists, Manchester Museum, Uk (2007); Beck’s Futures, Ica, Londra, Uk (2006).  
   
   
MILANO AL FIANCO DI ROMA NELLA CANDIDATURA ALLE OLIMPIADI  
 
Milano, 19 gennaio 2011 - “Accogliamo con soddisfazione il passo indietro fatto da Roma sul progetto di realizzare un Gran Premio di Formula 1 all’Eur e annunciamo che Milano sarà al fianco della Capitale nella candidatura a organizzare le Olimpiadi del 2020. Questa grande opportunità non riguarda una sola città, ma tutta l’Italia; il Paese deve fare sistema con Roma, come noi abbiamo sostenuto fin dai primi annunci della sua candidatura. Proprio Milano, grazie all’appoggio di tutto il Paese, ha ottenuto l’organizzazione dell’Esposizione internazionale del 2015 e sta collaborando con numerose città italiane e con il Governo per la sua realizzazione”. Queste le parole dell’assessore allo Sport e Tempo libero, Alan Rizzi, all’annuncio ufficiale di ieri del Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, della rinuncia a disputare un Gran Premio di Formula 1 all’Eur e alla contestuale richiesta di sostegno alla candidatura di Roma a ospitare le Olimpiadi del 2020.  
   
   
SPORT CAPPELLACCI INCONTRA ANDREA MURA, PROSEGUE COLLABORAZIONE REGIONE-VENTO DI SARDEGNA  
 
Cagliari, 19 Gennaio 2010 - Il presidente Cappellacci ha ricevuto ieri mattina il velista Andrea Mura. "Esprimo il più sincero sentimento di soddisfazione - ha detto il presidente - e orgoglio per questa grande avventura. Mura ha già una sua storia di grandi successi sportivi, che viene ulteriormente certificata dalla vittoria della Route du Rhum. Il fatto che il primo italiano a vincere questa competizione sia un sardo è per noi un motivo di grande onore. Contemporaneamente vorrei manifestare al nostro velista la massima gratitudine per aver diffuso nel mondo un’immagine positiva della terra di Sardegna. Quella dei quattro mori, che per primi tagliano il traguardo è una fotografia che suscita emozione e che resterà impressa nella memoria di tanti sportivi". "E´stato il coronamento di un lavoro importante - ha detto Andrea Mura, nel ripercorrere il cammino che lo ha condotto alla vittoria. "Volevo andare oltre il Mediterraneo, nell’oceano. Abbiamo ristrutturato una barca di 10 anni, compiendo quasi tutti i lavori in Sardegna. Siamo arrivati a preparare una barca per una regata in solitario, che per me rappresentava una sfida nuova. Non volevo perdere questa opportunità e, superate i timori, sono partito da Cagliari. Da quel momento non ho più pensato alle difficoltà: mi sono buttato a testa bassa, da vero sardo” .Mura si è soffermato anche sull’ottimo ritorno mediatico inaspettato e ha annunciato che presto si vedranno i sorprendenti dati di una risonanza già percepibile dal numero di pagine dei quotidiani e delle riviste specializzate dedicate all’impresa del velista sardo. Il velista ha manifestato anche la volontà di andare avanti e di portare avanti nuove sfide. "La Regione - ha concluso il presidente - non farà mancare il suo appoggio per la prosecuzione di una collaborazione che ha dato buoni frutti e che potrà offrire anche in futuro una vetrina importante per la nostre tradizioni, la nostra cultura e le nostre eccellenze agro-alimentari".  
   
   
RUGBY EUROPEO OVER 35 A TRIESTE NEL 2012  
 
Trieste, 19 gennaio 2011 - L´assessore allo Sport del Friuli Venezia Giulia, Elio De Anna, sarà tra i 1500 atleti over 35 che, dal 14 al 19 giugno 2012, daranno vita all´European Golden Oldies Rugby Festival (Egor 2012) in programma a Trieste, sui cinque campi da gioco del comprensorio polisportivo di Prosecco che, anche grazie ai contributi della Regione, si presenterà all´appuntamento completamente rinnovato e potenziato. La manifestazione, un vero e proprio campionato europeo di categoria con 50 squadre provenienti da ogni parte d´Europa, è stata presentata oggi a Trieste dallo stesso De Anna, dall´assessore regionale al Turismo, Federica Seganti, dal vicesindaco giuliano, Paris Lippi, dall´assessore provinciale allo Sport, Mauro Tommasini, dal presidente del Coni triestino, Stelio Borri, dai rappresentanti della Federazione italiana rugby e, naturalmente, dagli esponenti del comitato organizzatore. "Sarà un evento ad alto impatto turistico e promozionale per la città e per l´intera regione", ha assicurato Seganti, sottolineando le oltre tremila presenze (tra addetti ai lavori e famigliari) attese a Trieste nel giugno del prossimo anno. Non a caso, ha aggiunto, a confermare la valenza agonistica e spettacolare di Egor 2012 basti citare le altre due candidate ad ospitarlo, Dubai e l´Isola di Man, battute con voto unanime (prima volta assoluta nella ventennale storia degli Egor) dal capoluogo del Friuli Venezia Giulia. "Per questi Europei - ha commentato De Anna, ex azzurro del rugby e pronto a rivestire maglia e pantoloncini con il team dei Dogi (nazionale delle Tre Venezie) per gli Egor 2012 - si sono mosse in maniera sinergica ed efficace tutte le istituzioni locali, confermando l´importanza di fare squadra in funzione di obiettivi utili alla collettività". "L´internazionalizzazione del Sistema Regione passa anche dallo sport", ha evidenziato ancora De Anna, deciso ad utilizzare in particolare modo il rugby per favorire la penetrazione geopolitica del Friuli Venezia Giulia nei Balcani, ovvero l´area di maggiore riferimento per l´apparato produttivo dell´estremo Nordest d´Italia, diventato sempre più il Sudest d´Europa.