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Notiziario Marketpress di Lunedì 31 Gennaio 2011
MEDIAZIONE DELLE CONTROVERSIE CIVILI E COMMERCIALI: LA NORMATIVA  
 
Lo scorso 20 marzo 2010 è entrato in vigore il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 53 del 5 marzo 2010, che contiene disposizioni in materia di mediazione delle controversie civili e commerciali. Il provvedimento dà attuazione all’art. 60 della legge delega n. 69/2009, di riforma del processo civile e alla Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2008/52/Ce in materia di mediazione. Le nuove norme introducono nel nostro ordinamento uno strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia civile e commerciale aventi a oggetto diritti disponibili (ad es. Diritti di proprietà, di obbligazione, sui beni immateriali ecc.), comprese quelle relative ai rapporti di diritto privato tra Pubblica Amministrazione e soggetti privati. Lo strumento, volontario e informale, consente alle parti, assistite da un soggetto terzo e qualificato, di giungere alla composizione di una lite in tempi certi e brevi. La ratio dell’istituto è di deflazionare il contenzioso davanti ai tribunali attraverso un sistema alternativo e complementare al tradizionale processo davanti al giudice - il decreto equipara, sotto il profilo degli effetti esecutivi, l’atto di conciliazione alla sentenza di condanna - e di garantire risposte celeri e adeguate alla domanda di giustizia di imprese e cittadini. Alcune disposizioni del decreto sono state immediatamente operative, altre invece saranno efficaci dal 20 marzo 2011. L’art 23 del decreto ha abrogato i procedimenti conciliativi in materia societaria, disciplinati dal decreto legislativo n. 5/2003, ma lascia inalterata la disciplina dei sistemi di risoluzione delle controversie in materia bancaria e finanziaria (art. 128-bis, d.Lgs. N. 385/1993 – Tub - e d.Lgs n. 179/2007, emanati in attuazione della legge n. 262/2005) e quella dei procedimenti di conciliazione e mediazione obbligatori per effetto di disposizioni vigenti (ad es. In materia di contratti di sub-fornitura nelle attività produttive o di telecomunicazioni). Le nuove norme sono coordinate anche con la disciplina dell’azione di classe ex art. 140-bis del Codice del Consumo, in particolare con il comma 15 dell’art. 140-bis, che subordina l’efficacia delle eventuali transazioni intervenute tra chi promuove l’azione di classe e l’impresa convenuta al consenso espresso manifestato dai singoli consumatori-utenti che abbiano aderito all’azione. L’art. 15 del decreto prevede infatti che la conciliazione, intervenuta all’esito del procedimento di mediazione e dopo la scadenza del termine per l’adesione dei singoli consumatori-utenti all’azione di classe, è efficace sia per il promotore che per gli aderenti che vi abbiano espressamente consentito  
   
   
L’ATTIVITÀ DI MEDIAZIONE  
 
La mediazione è l’attività svolta da un soggetto terzo ed imparziale, che assiste le parti nella ricerca di un accordo idoneo a risolvere una controversia (cd. Mediazione facoltativa), ovvero nella formulazione di una proposta (cd. Mediazione aggiudicativa) diretta allo stesso fine. La disciplina contenuta nel decreto è prevalentemente modellata sulla mediazione facoltativa, in quanto tipologia che il legislatore preferisce. La mediazione costituisce espressione della libertà negoziale delle parti, in quanto consente loro di risolvere in modo autonomo e consensuale una controversia. Ne è conferma la mancanza di poteri decisionali e coercitivi in capo al mediatore, il quale si limita ad agevolare le parti nella ricerca di un accordo soddisfacente. Il procedimento di mediazione ha natura volontaria. La volontarietà consiste nel fatto che le parti sono libere di farvi ricorso (o di aderirvi quando sollecitate dalla controparte), evitando così l’azione giudiziaria, e di definire il contenuto dell’accordo risolutivo della lite nel modo che reputino più conveniente. La volontarietà caratterizza la mediazione anche quando questa è prevista come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, in quanto è rimessa comunque alle parti la facoltà di accettare/rifiutare le soluzioni prospettate dalla controparte o, se richiesto, dal mediatore. La mediazione si distingue così sia dall’arbitrato che dalla transazione (art. 1965 c.C.), anch’essi strumenti di risoluzione delle controversie alternativi al giudizio. Infatti, con l’arbitrato la lite è rimessa al giudizio dell’arbitro, il quale decide secondo diritto o, nel caso in cui le parti ne facciano richiesta, secondo equità (art. 822 c.P.c.), con la mediazione le parti risolvono autonomamente la controversia e al mediatore è affidato esclusivamente il compito di assisterle, in modo da favorire l’accordo conciliativo. La transazione, invece, è il contratto con cui le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite (o la prevengono), e si distingue dalla mediazione, in quanto si perfeziona con il mero incontro della volontà delle parti, senza l’intervento di soggetti terzi  
   
   
TIPOLOGIE DI MEDIAZIONE: OBBLIGATORIA, DELEGATA DAL GIUDICE E FACOLTATIVA  
 
La mediazione obbligatoria che sarà efficace a partire dal prossimo 20 marzo 2011 e troverà applicazione ai processi iniziati successivamente a tale data. Ai sensi dell’art. 5, co. 1, la mediazione è condizione necessaria per poter iniziare un giudizio, pena l’improcedibilità della domanda, in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di azienda, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Pertanto, la parte che intende agire in giudizio in uno di questi ambiti ha l’onere di avviare il procedimento di mediazione prima di presentare la domanda giudiziale. L’improcedibilità della domanda può essere eccepita dal convenuto ovvero rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Se il giudice accerta che il procedimento conciliativo non è stato avviato, concede alle parti quindici giorni per presentare la domanda di mediazione e fissa una nuova udienza dopo la scadenza del termine massimo di durata del procedimento, vale a dire quattro mesi. Qualora, invece, il giudice rilevi che il procedimento è stato iniziato ma non si è ancora concluso, rinvia l’udienza all’esito della mediazione. Se ne desume che la mediazione obbligatoria non comporta la sospensione del processo già instaurato, ma un suo mero differimento, per cui, qualora il procedimento non dovesse avere esito favorevole, non sarà necessario un atto formale per la riassunzione del processo. L’obbligatorietà non opera per le azioni inibitorie e risarcitorie ex artt. 37, 140 e 140-bis del Codice del Consumo che abbiano ad oggetto uno dei rapporti per i quali la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda. Per le azioni inibitorie tale esclusione si giustifica in quanto la relativa disciplina già contempla una condizione di procedibilità, vale a dire la diffida al soggetto responsabile (art. 140, co. 5, del Codice del Consumo) e un tentativo facoltativo di conciliazione (art. 140, co. 2 e ss.). Lo svolgimento della mediazione non impedisce la concessione di provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale. E’ invece immediatamente operativa la mediazione obbligatoria prevista da un contratto, dallo statuto o dall’atto costitutivo di un ente (cd. Clausola di mediazione o conciliativa), il cui svolgimento è reso obbligatorio dalla comune volontà delle parti. La mediazione delegata dal giudice. I giudice, tenuto conto della natura della causa, dello stato dell’istruzione della stessa e del comportamento delle parti, può invitarle a risolvere la lite davanti un organismo di mediazione. L’invito può essere rivolto alle parti anche in sede di giudizio d’appello, purché prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. In questi casi occorre che le parti aderiscano all’invito del giudice: se ciò accade, quest’ultimo fissa una successiva udienza dopo la scadenza del termine massimo per lo svolgimento del procedimento, assegnando contestualmente 15 giorni per la proposizione dell’istanza di mediazione. La mediazione facoltativa. In tutte le altre controversie civili e commerciali, che abbiano ad oggetto diritti disponibili, la mediazione può essere liberamente scelta dalle parti, prima o durante lo svolgimento del giudizio. A tal fine, non è necessario un preventivo accordo tra le parti in lite, dal momento che chiunque può accedere alla mediazione per tentare di risolvere la controversia, utilizzando il procedimento disciplinato dal decreto e invitando gli altri soggetti coinvolti a parteciparvi. Se la controparte (o le controparti) non raccoglie l’invito e rifiuta ingiustificatamente di partecipare alla mediazione, il giudice, nel successivo giudizio che abbia ad oggetto la medesima questione, può desumere da questo comportamento argomenti di prova  
   
   
GLI ORGANISMI DI MEDIAZIONE E L’ATTIVITÀ DEL MEDIATORE  
 
Il decreto affida la mediazione a organismi costituiti nell’ambito di enti pubblici o privati che diano garanzie di serietà ed efficienza. Gli organismi, per poter svolgere tale attività, devono essere iscritti nel registro tenuto dal Ministero della Giustizia e istituito dal Decreto Ministeriale n. 180 del 18 ottobre 2010. L’iscrizione è subordinata a un’autorizzazione rilasciata dal responsabile del registro ministeriale, che verifica la sussistenza dei presupposti indicati all’art. 4 del Decreto ministeriale. Ai fini dell’iscrizione nel registro, gli organismi trasmettono al Ministero della Giustizia la necessaria documentazione, vale a dire la domanda di iscrizione (redatta secondo il modello approvato dal responsabile del registro), il codice etico, il regolamento di procedura e la tabella delle indennità. Alla domanda devono essere allegati, inoltre, l’elenco dei mediatori disponibili a svolgere l’attività di mediazione per l’organismo e la scheda di valutazione del servizio. La trasmissione della domanda e dei relativi allegati al Ministero deve avvenire con modalità, anche telematiche, che assicurino la certezza dell’avvenuto ricevimento. Il procedimento di iscrizione si conclude entro 40 giorni dal ricevimento della domanda. Se entro questo termine il responsabile del registro non provvede, si procede comunque all’iscrizione dell’organismo richiedente. Al Ministero della Giustizia è attribuita la vigilanza sugli organismi di mediazione iscritti, il potere di provvedere alla sospensione e alla cancellazione degli organismi stessi dal registro, nonché il monitoraggio statistico dei procedimenti di mediazione  
   
   
ANNO GIUDIZIARIO, ZAIA: IL VENETO VUOLE RISORSE PER LA GIUSTIZIA ADEGUATE ALLA SUA RILEVANZA  
 
Venezia - “Una Regione come il Veneto che ogni anno regala allo Stato centrale 7 miliardi di euro ha il diritto a una giustizia efficiente, con risorse adeguate alle necessità. Sono certo che le relazioni del procuratore generale Pietro Calogero e della presidente della Corte d’appello Manuela Romei Pasetti e le loro denunce sull’inadeguatezza delle risorse per la Giustizia non sono una critica al governo, quanto piuttosto una giusta denuncia di una situazione insostenibile. Mi riconosco totalmente nel loro appello in difesa di valori comuni”. Così il Presidente dalla Regione del Veneto Luca Zaia commenta gli interventi e i dati emersi in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Venezia. “E’ iniquo – prosegue il presidente Zaia - che Regioni che si distinguono per sprechi, inefficienze e incapacità gestionale abbiano mezzi uguali e qualche volta scandalosamente superiori alle risorse del Veneto. Da tempo la presidente Romei Pasetti segnala la disorganizzazione e le carenze del sistema giudiziario nella nostra Regione. La mole dei procedimenti pendenti nel Veneto, quasi 250 mila cause civile e 57 mila procedimenti penali, indica che questa è una vera emergenza, sulla quale non è più possibile chiudere gli occhi. Non si può che essere pienamente d’accordo con il dottor Vittorio Borraccetti che giustamente denuncia l’impostazione sabauda del sistema giudiziario e auspica che si possa ripartire dalle esigenze e dalle conformazioni dei singoli territori”. “Il Veneto – prosegue Zaia - deve tornare ad essere uno dei centri nodali dello Stato nei confronti dei cittadini, con un magistratura in grado di lavorare con efficacia, efficienza e celerità. I temi della ragionevole durata del processo e del principio di uguaglianza di fronte alla legge richiamati il 29 gennaio sono questioni che riguardano la libertà di tutti i cittadini perché una giustizia che non funziona significa una democrazia monca”. Commendando i dati sul sovraffollamento carcerario del Veneto dove contro una presenza regolamentare di 1815 detenuti e una soglia tollerabile di 2.848 a ottobre 2010 c’erano 3.295 reclusi, il governatore veneto ha ricordato che “in carcere ci vanno persone che hanno diritto a una punizione giusta e non possono essere considerate reiette e abbandonate in strutture orribili e fatiscenti”. “In particolare – aggiunge Zaia – la troppo lunga carcerazione preventiva è una grave incrinatura del patto sociale. Da mesi la Regione del Veneto sta lavorando con il ministero della Giustizia per offrire tutto l’aiuto possibile nel reperire strumenti e luoghi in grado di restituire decoro alle nostre strutture detentive. Garantisco al procuratore Calogero, alla presidente Romei Pasetti e a tutta la magistratura le più viva attenzione di tutta la Regione su questi temi fondativi del patto sociale e istituzionale”.  
   
   
IL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE  
 
Il decreto individua i principi generali del procedimento di mediazione, la cui disciplina di dettaglio è invece rimessa, come visto, ai singoli organismi conciliativi. I procedimento non è soggetto ad alcuna formalità, per cui seguirà la scansione dettata dal regolamento di procedura dell’organismo prescelto dalle parti. Il procedimento viene avviato mediante il deposito della domanda presso uno degli organismi iscritti nel registro ministeriale e, per non alimentare contenziosi, non sono previsti specifici criteri di competenza, per cui le parti sono libere di presentare la domanda presso l’organismo che ritengano più idoneo. Il principio viene peraltro parzialmente mitigato dal fatto che la mancata partecipazione al procedimento è elemento che il giudice può valutare nella successiva fase contenziosa, a condizione che non sussista un giustificato motivo, individuabile anche nella notevole distanza territoriale tra la sede dell’organismo e la parte assente. Nel caso in cui vi siano più domande di mediazione aventi a oggetto la medesima controversia, il procedimento si svolge davanti all’organismo presso cui è stata proposta la prima domanda e, per individuarne il tempo, si tiene conto della data in cui la controparte ha ricevuto la relativa comunicazione. La domanda di mediazione deve quindi essere presentata per iscritto (o perlomeno documentata con un verbale, redatto al momento del deposito) e indicare l’organismo prescelto, le parti della controversia, l’oggetto della lite e le ragioni della pretesa. Al fine di assicurare la necessaria celerità al procedimento, si prevede poi che questo debba concludersi entro quattro mesi, che decorrono dal deposito della domanda o, nel caso di mediazione demandata dal giudice, dalla scadenza del termine fissato da quest’ultimo per l’avvio della procedura. I quattro mesi previsti per lo svolgimento della mediazione non rilevano ai fini della valutazione della ragionevole durata del processo ex legge n. 89/2001, cd. Legge Pinto ciò anche qualora il giudice disponga il rinvio della causa dopo aver accertato il mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria o la sua mancata conclusione. Una volta ricevuta la domanda, il responsabile dell’organismo nomina un mediatore e fissa entro quindici giorni il primo incontro tra le parti. Per le controversie che richiedono particolari competenze tecniche possono essere nominati uno o più mediatori ausiliari, ovvero è prevista la facoltà per il mediatore di avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti tenuti dai Tribunali. Il ricorso agli ausiliari costituisce la prima opzione disponibile nelle ipotesi di controversie di particolare complessità: solo laddove non sia possibile procedere in questo modo il mediatore si avvarrà dei consulenti tecnici. La nomina di uno o più ausiliari non incide sulle spese di mediazione. I compensi spettanti ai consulenti costituiscono una distinta - e ulteriore - voce di costo. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate, anche a cura della parte che assume l’iniziativa, all’altra parte coinvolta con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione. Dal momento della comunicazione, l’istanza di mediazione interrompe e sospende la prescrizione fino al termine del procedimento, allo stesso modo della domanda giudiziale, e produce l’effetto impeditivo sulla decadenza dei diritti. A quest’ultimo riguardo, per evitare che vengano reiterate una serie di istanze al solo fine di differire nel tempo il termine di decadenza, il decreto precisa anche che l’effetto impeditivo appena citato può verificarsi per una sola volta. Il decreto contiene poi disposizioni dirette ad assicurare la riservatezza e la successiva inutilizzabilità delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’ambito del procedimento. Al riguardo, va infatti considerato che una delle tecniche su cui il mediatore può far leva per addivenire a un accordo è di sentire le parti in sessioni separate, che gli consentono di acquisire informazioni che non verrebbero rivelate in presenza della controparte, ma che possono risultare utili per la soluzione della controversia. Il mediatore non può quindi essere ascoltato come testimone sul contenuto delle suddette informazioni e dichiarazioni nel giudizio che segue all’insuccesso della mediazione, né tantomeno sulle stesse può essere deferito giuramento decisorio. Il segreto professionale cui è tenuto il mediatore è tutelato anche sul piano penale, in quanto il decreto, nel prevedere che lo stesso non possa essere chiamato a deporre sul contenuto delle informazioni e dichiarazioni, gli estende le garanzie assicurate al difensore dall’art. 103 c.P.p. E quelle riservate dall’art. 200 c.P.p. A soggetti che esercitano determinati uffici o professioni. Questi specifici presidi posti a tutela della riservatezza rappresentano, nelle intenzioni del legislatore, uno dei punti qualificanti della nuova disciplina, in quanto diretti a superare possibili reticenze dei soggetti coinvolti nella rivelazione di informazioni inerenti alla controversia e, quindi, a favorire la buona riuscita della mediazione  
   
   
ESITO DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE  
 
La fase conclusiva del procedimento di mediazione è disciplinata dall’art. 11 del decreto ministeriale. Le parti possono raggiungere l’accordo sulla composizione della controversia sia spontaneamente, sia accettando la proposta conciliativa formulata dal mediatore. Una volta trovato l’accordo, spontaneo ovvero raggiunto a seguito dell’adesione di tutte le parti coinvolte alla proposta del mediatore, quest’ultimo redige il verbale di conciliazione e lo deposita presso la segreteria dell’Organismo. Il verbale deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia delle sottoscrizioni. Nel caso in cui con l’accordo venga concluso un contratto o stipulato un atto avente ad oggetto beni immobili, quindi soggetto a trascrizione ex art. 2643 c.C., la sottoscrizione del verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale. Il verbale può anche prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione, inosservanza o ritardo nell’adempimento degli obblighi stabiliti in sede di accordo conciliativo. In questo modo, il legislatore ha inteso rafforzare l’efficacia e la portata vincolante dell’accordo per le parti, legittimando possibili forme di astreintes convenzionali, vale a dire misure con cui le parti disciplinano le conseguenze del mancato rispetto di quanto stabilito all’esito - positivo - del procedimento di mediazione. Il mediatore è tenuto a redigere un apposito verbale anche in caso di esito negativo, indicando l’eventuale proposta conciliativa formulata, ma non accettata dalle parti. Il mancato intervento di una delle parti al procedimento può essere considerato dal giudice quale elemento di valutazione delle prove assunte nel processo, necessarie per formare il proprio convincimento. In caso di esito positivo, invece, il verbale di accordo è omologato, su istanza di parte, dal Presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo che ha gestito il procedimento di mediazione o, per le controversie transfrontaliere, dal Presidente del Tribunale nel cui circondario l’accordo deve essere eseguito. Ai fini dell’omologazione, il giudice verifica la regolarità formale del verbale e l’assenza di ragioni di contrarietà all’ordine pubblico o a norme imperative. In particolare, in sede di omologazione il giudice sarà chiamato ad accertare, tra le altre condizioni, che l’organismo di mediazione davanti al quale si è svolto il procedimento sia iscritto nel registro ministeriale, che la controversia abbia a oggetto diritti disponibili, che il verbale sia stato sottoscritto dalle parti e che il mediatore abbia certificato l’autografia delle sottoscrizioni. Il verbale omologato costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Pertanto, in caso di inadempimento degli obblighi risultanti dal verbale omologato, il creditore potrà rivolgersi al giudice dell’esecuzione per ottenerne l’adempimento. Si tratta di un importante incentivo per le parti ad avvalersi della mediazione, in quanto nei quattro mesi, che costituiscono il termine massimo di durata del procedimento, esse possono ottenere gli stessi effetti di una sentenza di condanna  
   
   
ULTERIORI MISURE PER INCENTIVARE IL RICORSO ALLA MEDIAZIONE  
 
Per incentivare il ricorso alla mediazione in ambito civile e commerciale, sono previste agevolazioni di natura fiscale, come l’esenzione per l’imposta di bollo e quella di registro, integrale per la prima e parziale per la seconda. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. Il verbale di omologazione è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50 mila euro. Alle parti che fanno ricorso alla mediazione è riconosciuto, in caso di esito positivo del procedimento, un credito d’imposta commisurato all’indennità corrisposta all’organismo e fino a concorrenza di 500 euro. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d´imposta è ridotto della metà