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GIOVEDI

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Notiziario Marketpress di Giovedì 24 Ottobre 2013
MIGLIORI INTUIZIONI PER CURARE L´EPATITE C  
 
Bruxelles, 23 ottobre 2013 - Con quasi 200 milioni di persone infettate in tutto il mondo, il virus dell´epatite C (Hcv) rappresenta un problema notevole per la sanità pubblica. Una delle difficoltà più grandi è che, benché il sistema immunitario sembri essere responsabile di gran parte della morbilità associata alla malattia, compresa la cirrosi epatica, riesce comunque anche a eliminare l´infezione virale in un numero significativo di pazienti. Nell´ambito del progetto Hcv_immunology ("The paradoxical role of type I interferons in hepatitis C disease pathogenesis and treatment"), finanziato dal Consiglio europeo della ricerca (Cer), il dott. Albert e il suo team stanno cercando di spiegare la complessa interazione tra l´Hcv e la risposta immunitaria dell´ospite, dalla prospettiva degli interferoni (Ifn) di tipo I e dei prodotti genetici indotti dagli Ifn. Il progetto mira principalmente a sviluppare cure più efficaci. Il team ha già formulato un approccio migliore per prevedere se i pazienti risponderanno a una determinata terapia. Prima di Hcv_immunology, il dott. Albert aveva lavorato diversi anni presso l´Istituto nazionale francese della sanità e della ricerca medica, sviluppando partenariati con medici ed epidemiologi in Francia, Egitto e Stati Uniti. Questo gli ha dato una visione più chiara del modo in cui si sviluppa la malattia e di come risponde il sistema immunitario nelle infezioni gravi e croniche da Hcv. Gli Inf sono proteine prodotte e rilasciate dalle cellule ospite in reazione alla presenza di patogeni come virus, batteri, parassiti o cellule tumorali. Permettono la comunicazione tra le cellule e innescano le difese protettive del sistema immunitario. La ricerca di Hcv_immunology è suddivisa in tre filoni. In primo luogo, viene esaminato il ruolo degli Ifn prodotti in modo endogeno nell´eliminazione dell´Hcv durante l´infezione acuta nei campioni dei pazienti. Si sta studiando il ruolo paradossale che questi Ifn endogeni rivestono nel rendere i pazienti infettati in modo cronico resistenti alla terapia con Ifn esogeni. In secondo luogo, il dott. Albert sta lavorando per caratterizzare l´effetto degli Ifn e dei prodotti genetici indotti dagli Ifn sull´attivazione indiretta delle cellule reattive all´Hcv e Cd8+ T tramite un meccanismo chiamato priming incrociato. Infine, si stanno usando modelli con topi per determinare gli effetti in vivo pro e contro infiammatori degli Ifn e dei prodotti genetici indotti dagli Ifn e la patogenesi della malattia. Il dott. Albert crede che il lavoro del suo team contribuirà a una più profonda comprensione della patogenesi dell´Hcv e porterà allo sviluppo di nuovi strumenti diagnostici e migliori strategie terapeutiche. Il team ha già scoperto biomarcatori che predicono l´eliminazione del virus. Questo potrebbe aiutare i medici a identificare, prima della cura, gli individui che risponderanno a una terapia a base di Ifn. Il dott. Albert ha ricevuto una sovvenzione Starting Grant del Consiglio europeo della ricerca (Cer) di circa 1,1 milioni di euro. Il progetto si conclude a giugno 2014. Per maggiori informazioni, visitare: Scheda informativa del progetto http://cordis.Europa.eu/projects/rcn/89072_it.html  Istituto nazionale francese della sanità e della ricerca medica http://www.Inserm.fr/    
   
   
IRE: GRAZIE AI MICRORNA NUOVO BERSAGLIO TERAPEUTICO CONTRO I TUMORI TESTA-COLLO ANNALS OF ONCOLOGY, STUDIO SU GENE TP53 MUTATO PREDICE L’ANDAMENTO CLINICO DELLA MALATTIA  
 
Roma, 24 Ottobre 2013 - Studio multidisciplinare svela la correlazione tra una mutazione genica, l’espressione di specifici microRna e la prognosi dei tumori della testa e del collo. I risultati del lavoro, pubblicato su Annals of Oncology e condotto dal team di Giovanni Blandino dell’area di Medicina Molecolare Ire, in collaborazione con l’Otorinolaringoiatria, diretta da Giuseppe Spriano, parlano chiaro: specifici microRna sono associati alle mutazioni del gene Tp53, da cui dipende una minore sopravvivenza dei pazienti con tumori della testa-collo. In altre parole le mutazioni di Tp53 e i microRna associati, sono un fattore prognostico negativo nei carcinomi squamosi della testa e del collo e sono indipendenti dalle altre variabili cliniche. I tumori della testa e del collo (laringe, faringe e cavità orale) rappresentano il sesto tipo di malattia neoplastica più frequente al mondo, con circa 500.000 nuovi casi per anno. Queste patologie sono note per avere sviluppi molto differenti da paziente a paziente. Da qui nasce la necessità di studiare alcuni geni come possibili marcatori molecolari, capaci di predire il decorso clinico del paziente e la risposta alla terapia. “Dalle analisi svolte su una casistica di 121 tumori della testa e del collo afferenti al nostro Istituto, - spiega Giulia Fontemaggi coautrice del lavoro- è emerso che il 60% dei pazienti ha una o più mutazioni nel gene Tp53 e la presenza delle mutazioni è associata ad una minore sopravvivenza libera da malattia. Questa associazione è ancor più significativa nel sottogruppo di pazienti che sono stati sottoposti a terapia adiuvante dopo l’intervento chirurgico.” “La successiva analisi di espressione dei microRna – prosegue la ricercatrice - ha portato all’identificazione di 49 microRna associati alla mutazione del gene Tp53. L’espressione di alcuni di questi microRna correla con la sopravvivenza libera da malattia, e/o con la sopravvivenza totale. Da sottolineare è il fatto che questi microRna sono prognostici sia se considerati individualmente che come gruppi.” “L’analisi dei microRna ci ha permesso di identificare i tumori più aggressivi – commenta Ruggero De Maria, Direttore Scientifico del Regina Elena - ci sono ottime possibilità che queste molecole possano in futuro essere utilizzate come bersagli per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche.” Il lavoro è stato finanziato da Airc e da fondi Ire (New Idea Award).  
   
   
L’INTERVENTO DI UN ESPERTO INGLESE A ‘PANORAMA DIABETE’ RISCHIO DI FALLIMENTO PER LE CASSE DEL SSN ITALIANO  
 
Riccione, 24 ottobre 2013 - Il diabete non si vede e non si sente, almeno non prima di rivelarsi attraverso le sue complicanze. Ma intanto sono 250 milioni le persone nel mondo e l’8,6% della popolazione europea affette da questa condizione, che non risparmia neppure i bambini. Solo nel nostro Paese sono più di 200 le persone che ogno giorno si ammalano di diabete. Questa presenza ‘silenziosa’ ma ‘minacciosa, rappresenta la prima causa di ictus e di infarto oltre a causare complicanze a livello di occhio, rene e nervi e “assorbe il 10-15% dell’intero budget sanitario - ricorda la dottoressa Paola Pisanti, Presidente della Commissione Nazionale Diabete del Ministero della Salute. L’italia – ricorda sempre Pisanti – detiene però il ‘primato’ per essersi dotata per prima, nel mondo, di una legge ‘visionaria’ e ancora molto attuale come la 115/87 interamente dedicata al diabete. A questa, qualche mese, si è aggiunto anche il ‘Piano Nazionale Diabete’, in ottemperanza a quanto richiesto dalla Comunità Europea”. Il ‘Piano Nazionale Diabete’ tricolore è stato formalmente approvato all’unanimità in Conferenza Stato-regioni alla fine dello scorso anno ma, finora, è stato di fatto recepito solo da 9 Regioni, peraltro con le differenze e le disparità che caratterizzano la nostra sanità regionalizzata. Tanto per fare un esempio, la regione Marche sta di fatto smantellando la rete dei centri diabetologici, trasferendo tutta l’assistenza di questa condizione sulla medicina generale. “E’ paradossale – commenta il professor Stefano Del Prato, Presidente della Società Italiana d Diabetologia - che mentre da un lato, finalmente si sia giunti a un Piano Nazionale del Diabete, dall’altro si insista su una regionalizzazione che tuttora fonte di disparità di trattamento tra cittadini italiani. Questo processo è contrario ai principi enunciati dal Piano che tra il suo decalogo elenca proprio la riduzione delle disparità e la valorizzazione della rete specialistica che così fortemente ha caratterizzato la diabetologia italiana. Se è ragionevole che i centri ‘glicemologici’ non abbiano più ragione di esistere, sarebbe altrettanto ragionevole operare una razionalizzazione della specialistica diabetologica potenziando in modo adeguato i centri di secondo e terzo livello”. Ma al di fuori dell’Italia, qual è la migliore assistenza per un persona con diabete? “In Gran Bretagna – afferma deciso Simon Griffin, professore di Medicina Generale all’Università di Cambridge – è quella basata sui medici di famiglia ma appoggiata a centri specialistici di riferimento. I migliori risultati infatti sono stati ottenuti laddove esiste una collaborazione tra medici di famiglia consentendo il passaggio del paziente ad un’assistenza di secondo livello, cioè a quella specialistica, in qualsiasi momento in caso di necessità”. Il processo passa anche attraverso il monitoraggio di una serie di parametri in tempo reale e questo grazie al fatto che i medici di medicina generale (Mmg) immettono i dati relativi ai loro pazienti nei loro computer dotato di un software, grazie al quale possono essere estratti in un attimo a livello centralizzato. La partecipazione dei medici di famiglia a questo progetto è stato scuramente favorito dall’incentivo economico che deriva dall’immissione dei dati nel sistema. Oggi i medici di famiglia lavorano molto meglio di quanto prevedesse il Governo, ma questo sistema è risultato alla fine molto più costoso delle aspettative”. Ma potrebbe un sistema come questo funzionare in Italia? Nel nostro Paese sono ormai numerosi gli esempi di gestione integrata tra medicina generale e medicina specialistica. Un esempio è quello portato dal vicepresidente della Società Italiana di Medicina Generale (Simg) Ovidio Brignoli. “Utilizzando un sistema di monitoraggio elettronico simile a quello illustrato da Griffin – elucida Brignoli – è stato possibile allargare l’assistenza a un numero maggiore di persone con diabete, ma ancor più è stato possibile coinvolgere sempre più medici di famiglia nel processo di gestione e ottenere tangibili miglioramenti, tra l’altro senza dovere ricorrere a incentivi economici. Questa azione rappresenta comunque il risultato della interazione e collaborazione tra medico di medicina generale e diabetologo. Con lo specialista condividiamo le linee d’azione e lo specialista partecipa ai nostri audit e processi di verifica”. “L’integrazione è parte essenziale del Piano Nazionale del Diabete – ricorda il professor Del Prato – che nasce nella logica di porre al centro dell’azione sanitaria la persona con diabete cui corrisponde, a seconda delle necessità e complessità clinica, la disponibilità di specifiche competenze. In quest’ottica è necessario rafforzare la figura specialistica del diabetologo come referente culturale di un processo di condivisione e verifica continua. Il diabetologo non è un esperto di “glicemia”. Piuttosto è il gestore all’interno di un processo complesso e coordinato della complessità ed evolutività della patologia diabetica. Il diabete costa molto, troppo. Ma questo costo è dovuto per oltre a metà ai ricoveri ospedalieri per le complicanze della malattia. Solo un’accurata integrazione delle cure potrà garantire la necessaria assistenza a un numero così ampio di persone con diabete, assistenza fondamentale per ridurre il rischio di complicanze.  
   
   
OSTEOPOROSI E PAZIENTI CON IL DIABETE COMPLICANZA POCO NOTA MA ‘PESANTE’  
 
Riccione, 24 ottobre 2013 - Mentre nel diabete di tipo 1 ad essere alterata è soprattutto la capacità di formare nuovo tessuto osseo – fatto che comporta un bilancio ‘negativo’ a livello dello scheletro – nel tipo 2, paradossalmente la massa ossea risulta addirittura aumentata, ma ad essere compromessa è la qualità dell’osso. “Questo è provocato dal fatto che le fibre collagene presenti nella matrice dell’osso – spiega Claudio Marcocci, professore ordinario di endocrinologia all’Università di Pisa e direttore dell’U.o. Di endocrinologia 2 dell’azienda ospedaliera universitaria pisana nel suo intervento a ‘Pianeta Diabete’, il meeting della Società Italiana di Diabetologia (Sid) in corso a Riccione – nella persona con diabete di tipo 2 subiscono una glicosilazione; è un po’ come se nel diabete fuori controllo, l’eccesso di glucosio si andasse ad ‘incollare’ sulle proteine (anche il collagene è una proteina), come una melassa, andandone così ad alterarne della qualità. In questa maniera, l’osso diventa più fragile, nonostante la sua densità risulti aumentata. Nel caso dei ‘tipo 2’ poi bisogna anche ricordare che l’osteoporosi è una patologia molto legata all’età”. Quando l’età ha il suo ‘peso’. E paradossalmente è proprio il miglioramento delle cure del diabete che prolungando l’aspettativa di vita, già aumentata nella popolazione generale, a far sì che il soggetto diabetico sia esposto a quella terza parte della vita dove il rischio di fratture osteoporotiche è aumentato proprio in quanto evento legato alla senescenza. Il problema delle fratture da osteoporosi nel paziente con diabete è legato in gran parte anche alle complicanze vascolari e neurologiche che, unite all’età avanzata, rendono più frequenti e più facili le cadute. E se ad essere più colpite dall’osteoporosi in età avanzata sono certamente le donne, va altresì ricordato che neppure gli uomini sono immuni: il rapporto di prevalenza per le fatture osteoporotiche tra femmina e maschio è di 3 a 1. Il rischio di fratture da osteoporosi poi è particolarmente evidente nei soggetti con ‘tipo 1’, col diabete giovanile. In questi soggetti c’è un’aumentata evidenza di rischio fratturativo in una fascia di età nella quale i soggetti non diabetici difficilmente si fratturano a causa della fragilità ossea. Da non dimenticare poi che per alcuni farmaci anti-diabetici, quali i glitazoni, è stato messo un effetto ‘pro-osteoporotico’. E’ importante dunque portare a conoscenza sia i soggetti con diabete che i medici di famiglia che il diabete rappresenta un fattore di rischio per fatture osteoporotiche non trascurabile. E’ dunque fondamentale mettere in atto tutte le misure che possono ridurre questo rischio – dal migliorato controllo glicemico, all’ottimizzazione dei livelli di vitamina D – oltre ad instaurare terapie anti-osteoporosi specifiche e alla prevenzione delle cadute. “La presenza dell’osteoporosi, soprattutto nella donna diabetica – afferma il professor Stefano Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia – rappresenta un’ulteriore dimostrazione della complessità di questa patologia. Un motivo in più, perché il diabetologo sia quello specialista in grado di governare le alterazioni metaboliche e le complicanze che interessano tutti gli organi del corpo. Comprese le ossa”.  
   
   
NELLE INSULINE ‘CON IL CERVELLO’ IL FUTURO DELLA CURA DEL DIABETE?  
 
Riccione, 24 ottobre 213 - L’insulina è uno dei capisaldi della terapia del diabete. Lo è da quando è stata scoperta e introdotta in terapia negli anni ’20 e lo resta ancora oggi, anche se nella versione ‘terzo millennio’ l’insulina (o meglio i diversi tipi di insuline utilizzate ogni giorno da milioni di pazienti in tutto il mondo) ha subito modifiche radicali rispetto all’ antenata. “Nonostante i grandi progressi fatti in questo campo però - ammette il professor Stefano Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia – l’insulina ha ancora il grosso limite di dover essere somministrata attraverso iniezioni sottocutanee e in maniera un poco ‘cieca’, nel senso che non si sa quanta glicemia ci sia in giro. Quello che il nostro organismo invece riesce a fare con un incredibile grado di precisione è di produrre insulina in quantità sufficiente per controllare la glicemia, senza farla scendere troppo (cioè senza provocare crisi ipoglicemiche) e senza farla salire eccessivamente”. Per cercare di imitare il più possibile la perfezione del funzionamento del nostro organismo, si stanno studiando varie soluzioni: dal trapianto di isole pancreatiche, al pancreas artificiale. Ma si sta profilando all’orizzonte anche una terza via. “Si tratta di una prospettiva molto affascinante, anche se ancora puramente sperimentale – commenta Del Prato – quella della cosiddetta ‘insulina intelligente’. In pratica si tratta di un’insulina ‘inglobata’, racchiusa in sostanze particolari, dei polimeri che hanno la capacità di ‘sentire’ la glicemia. Quando la glicemia si alza, i polimeri si aprono e fanno uscire l’insulina, mentre se invece la glicemia scende troppo, i polimeri lo ‘avvertono’ e si richiudono impendendo così la fuoriuscita dell’insulina e la sua entrata in circolo. Di questa insulina ‘intelligente’, sono allo studio anche delle versioni ‘per bocca’. Il vantaggio dal punto di vista terapeutico è quello di avere un’insulina che garantisca il controllo della glicemia, riducendo il rischio dell’ipoglicemia, evento non solo spiacevole per il paziente ma anche potenzialmente pericolosa. Lo stato della ricerca. La ricerca sulle insuline intelligenti è per ora arrivata agli studi sugli animali da esperimento - precisa Marco G. Baroni, professore associato di endocrinologia all’Università di Roma ‘La Sapienza’ - che hanno dato risultati molto promettenti. La durata d’azione di queste insuline sperimentali va dalle 12 ore fino a 300 giorni”. Al momento le ricerche sono condotte da gruppi scientifici indipendenti, come l’Mit di Boston nel Massachusetts e gruppi di ricerca cinesi; a questi studi sono interessate anche alcune industrie ma lo stato di queste ricerche è avvolto dal più impenetrabile segreto. Le prime ricerche sulle insuline intelligenti risalgono al 2006, ma è solo negli ultimi tre anni che si sono raggiunti risultati molto promettenti. Le insuline intelligenti di ultima generazione sfruttano le nanotecnologie e la glucosio-ossidasi, l’enzima utilizzato anche sulle strisce reattive per la lettura della glicemia da sangue capillare (quello che si ottiene con la puntura del dito). L’enzima ‘sensore di glicemia’ quando riconosce valori troppo alti, induce una modificazione del pH del sistema che fa allargare le maglie del polimero che ingloba l’insulina, permettendo all’ormone di uscire dal ‘guscio’ e di entrare in circolo dove esercita la sua azione e riporta alla norma i valori di glicemia. L’opposto accade in presenza di ipoglicemia: le maglie del guscio si stringono e l’insulina non entra in circolo. Per ora, almeno nell’animale, il sistema ha dimostrato di funzionare. Anche per molti giorni”.  
   
   
LA SALUTE AI TEMPI DELLA CRISI, UNA RICERCA DELL´ARS SUI TOSCANI  
 
Firenze, 24 ottobre 2013 - Si mangia meno carne, e questo è un bene per la salute, ma anche meno frutta, pesce, latte. Le "abbuffate" alcoliche aumentano soprattutto tra i disoccupati. Cresce il consumo di ansiolitici e antidepressivi. Stabile il fumo nella popolazione generale, ma in diminuzione tra i meno istruiti, si fuma soprattutto il trinciato e non le sigarette. Aumentano i sedentari tra i meno scolarizzati, e si fa meno sport. Rallenta il trend del sovrappeso, ma questo può dipendere anche dalla riduzione dei consumi alimentari. E´ la crisi. Che peraltro ha anche effetti benefici: per esempio, si va meno in auto, riducendo così sia l´inquinamento che il numero di incidenti. La crisi economica mondiale iniziata nel 2008 interferisce con molte dimensioni del benessere, tra cui la salute. Per approfondire la relazione tra crisi economica e salute in Toscana, l´Ars (Agenzia Regionale di Sanità) ha prodotto il rapporto "Crisi economica, stato di salute e ricorso ai servizi in Toscana": il rapporto verrà presentato al convegno "Gli effetti della crisi economica sulla salute della popolazione toscana. Come cambia il ricorso ai servizi?", che si terrà domani, 24 ottobre dalle 9 alle 13.30 al Convitto della Calza, piazza della Calza 6, a Firenze. Stamani l´assessore al diritto alla salute Luigi Marroni ha presentato i risultati della ricerca dell´Ars nel corso di una conferenza stampa. Con lui, li hanno illustrati e commentati il direttore dell´Ars, Francesco Cipriani e il direttore dell´Irpet, Stefano Casini Benvenuti. "Gli effetti della crisi - ha detto l´assessore Marroni - si registrano anche per quanto riguarda la domanda sanitaria. Per esempio, si sono ridotte (anche se in quantità minore rispetto alla media nazionale) le richieste di prestazioni specialistiche. Una riduzione che può essere anche letta in senso positivo, come maggior appropriatezza. Ma, ci dicono i ricercatori dell´Ars, altri effetti della crisi potrebbero essere avvertiti più avanti nel tempo. Questa ricerca, quindi, è per noi di grande utilità, perché ci consente di calibrare meglio i nostri servizi e i nostri interventi, in una fase, come questa, in cui stiamo riorganizzando il nostro sistema sanitario nel senso di una maggiore efficienza e rispondenza ai bisogni sanitari dei toscani". Il contesto economico della crisi «Anche in Toscana, come nel resto del Paese – sottolinea il direttore Irpet Stefano Casini Benvenuti - la situazione dall´inizio della crisi è andata via via peggiorando: dal 2007 al 2013 il reddito delle famiglie si è ridotto del 14%. E sono peggiorati anche tutti gli indicatori occupazionali: tasso di disoccupazione generale al 9% e giovanile al 22%, in aumento anche il tasso di inattività tra le donne e tra i giovani ed il numero di coloro che non cercano lavoro né studiano (Neet)». Fino al 2010 gli ammortizzatori sociali ed il patrimonio accumulato dalle famiglie hanno attutito gli effetti negativi della crisi. Ma con il suo acuirsi, la situazione si è fatta più pesante: nel 2013 la caduta del Pil regionale sarà dell´1.3% e l´occupazione nel primo semestre si è ridotta di altre 22 mila unità. Nel 2012 e nel 2013 si registra anche una riduzione rilevante degli acquisti delle famiglie, anche di tipo alimentare: ne conseguono cambiamenti significativi anche negli stili di vita della popolazione. I dati del rapporto Ars su crisi e salute I dati toscani su fumo, alcol, sedentarietà, uso di droghe sembrano indicare che la crisi incide maggiormente su alcuni gruppi della popolazione, spesso su quelli più fragili dal punto di vista socio-economico. Non mancano però eccezioni a questa regola. Ecco i dati principali del rapporto Ars che verrà presentato al convegno di domani. Crisi e fumo - In Toscana il numero dei fumatori è passato dal 35% del 1980 al 23% del 2007 (ultimo anno prima della crisi), in calo costante come in Italia. Nel periodo di crisi la percentuale dei fumatori in Toscana è sostanzialmente stabile: si registra un leggero incremento indipendentemente dal genere, solo nei più istruiti. Con la crisi cresce la vendita dei trinciati (tabacco sfuso) e cala quella delle sigarette, segnale di un maggiore orientamento dei consumatori verso prodotti più economici. Crisi e alcol - La Toscana si è sempre caratterizzata, rispetto all´Italia, per un maggior numero di bevitori, soprattutto di vino, e per una maggiore quantità media di alcol consumata pro capite. In Toscana (come in Italia) la quantità di alcol consumata è in riduzione costante fin dagli anni ´60, e nel periodo della crisi continua a ridursi con lo stesso ritmo degli anni immediatamente precedenti. Durante la recessione economica, in Toscana continua a diminuire - come prima della crisi - il cosiddetto "consumo a rischio" di alcol (cioè oltre 40 grammi al giorno per gli uomini, oltre 20 grammi per le donne). Nella popolazione generale si accentua la diminuzione del consumo smodato di alcol (le cosiddette "abbuffate" di alcol o binge drinking, cioè almeno 6 bicchieri di qualunque bevanda alcolica in un´unica occasione). Il binge drinking è aumentato invece tra i disoccupati, in particolare tra quelli in cerca di nuova occupazione. Ciò fa pensare che la recessione concorra in modo marginale a ridurre il consumo di alcol a livello generale, ma giochi invece un ruolo non secondario nel favorire il bere problematico nelle classi sociali più svantaggiate. Crisi e attività fisica, alimentazione e peso corporeo - Con la crisi si accentua la riduzione di consumatori di carne bovina in Toscana, con un effetto paradossalmente benefico per la salute. Purtroppo però, dal 2010-2012 è diminuito anche il consumo di frutta, pesce, e latte, alimenti protettivi per molte malattie della vecchiaia. Nel periodo pre-crisi (2000-2007), la popolazione sedentaria in Toscana si era assestata intorno al 35% (rispetto al 40% dell´Italia), mentre cresceva progressivamente la quota di chi praticava una qualche attività sportiva. Con la crisi aumentano lievemente i sedentari, soprattutto tra i meno scolarizzati. Un effetto benefico della crisi è il rallentamento del trend storico in aumento del sovrappeso, in Toscana come in Italia: questo potrebbe essere la diretta conseguenza della riduzione dei consumi alimentari. Con l´avvento della crisi si accentuano in Italia e in Toscana le differenze di classe sociale, con una prevalenza dell´obesità e del sovrappeso maggiore nei meno istruiti. Crisi e consumo di droghe - Anche nel periodo della crisi è in aumento nei giovani toscani l´uso di tutte le tipologie di sostanze (tranne l´eroina, il cui consumo resta stazionario), probabilmente a causa della riduzione dei costi sul mercato illecito e della facilità di approvvigionamento anche in internet. Per lo stesso motivo si accentua con la crisi anche il fenomeno della poliassunzione (mix di sostanze diverse). Crisi e malattie – Sappiamo che, con la crisi economica, aumenta la probabilità di episodi di violenza, omicidi, suicidi e tentati suicidi, ed aumenta il consumo di farmaci ansiolitici e antidepressivi. Anche se non disponiamo ancora di dati aggiornati al 2012, possiamo affermare che con l´acuirsi della crisi la costante diminuzione del tasso di suicidio, evidente negli ultimi 20 anni in Toscana e in Italia, si interrompe. Dalla letteratura internazionale sappiamo anche che, in situazioni di deprivazione materiale, è frequente riscontrare un peggioramento delle malattie cardiovascolari, respiratorie e materno infantili. Al momento, in Toscana la crisi non sembra invece aver modificato gli andamenti di queste malattie. Crisi e ambiente - La crisi può produrre alcuni paradossali effetti benefici sull´ambiente. Si è infatti fortemente ridotto in Toscana (come in Italia) l´uso dei mezzi privati, con una conseguente diminuzione delle emissioni di inquinanti in atmosfera, in particolare nei centri urbani. Per lo stesso motivo anche gli incidenti stradali, in costante aumento fino al 2006, hanno cominciato a ridursi con l´inizio della crisi e sono tuttora in diminuzione. Alla lunga gli effetti benefici della crisi sull´ambiente potrebbero però essere controbilanciati da quelli negativi indotti dall´esaurirsi delle risorse pubbliche e degli investimenti pubblici e privati per la tutela ambientale. Crisi economica e servizi sanitari - La crisi finanziaria rischia di compromettere la sostenibilità dei sistemi sanitari. In Toscana si è scelto di applicare sistemi di compartecipazione alla spesa sanitaria modulati per capacità contributiva degli assistiti, tutelando così le fasce più deboli. Con la crisi si è assistito in Toscana ad una modesta riduzione della domanda di prestazioni specialistiche (-3% rispetto al -9% in Italia), che può anche essere letta (almeno inizialmente) come un ridimensionamento di quell´eccesso di medicalizzazione che per molti anni è stato denunciato da più parti. In controtendenza rispetto alla modesta riduzione della diagnostica per immagini e delle indagini di laboratorio, le attività cliniche e la diagnostica strumentale sono invece aumentate (rispettivamente del 3% e 5% circa). Il volume delle prestazioni è diminuito, ma si registra un incremento del 4% circa della spesa complessiva. Al momento non sono disponibili informazioni sulle prestazioni erogate nelle strutture private non convenzionate. In periodo di crisi, in Toscana il sistema pubblico continua ad essere preferito, rispetto ai soggetti privati, per le prestazioni ad alto contenuto professionale e per gli esami che richiedono tecnologie più avanzate. Rassicura anche la buona tenuta, almeno fino a tutto il 2012, degli indicatori di esito del sistema sanitario toscano, anche se alcuni effetti della crisi potrebbero evidenziarsi con tempi di latenza maggiori. «Anche se in modo non del tutto ancora evidente – conclude il direttore dell´Ars Francesco Cipriani - per la domanda di salute e per molti degli stili di vita stanno aumentando le differenze fra i diversi strati sociali della popolazione: pur con qualche eccezione, risultano più svantaggiati i meno abbienti, meno svantaggiato chi ha più risorse». L´ars continua comunque a monitorare, insieme ad altri enti ed istituti regionali, l´impatto sociale e sanitario della crisi e l´efficacia delle politiche di contenimento messe in piedi dalla Regione Toscana. Ll convegno potrà essere seguito anche in diretta streaming sul sito web Ars, www.Ars.toscana.it, e su Twitter con l´hashtag #crisiesalutetoscana.  
   
   
ALZHEIMER: UNO STUDIO BRITANNICO GUIDATO DA UNA SCIENZIATA DI ORIGINI ITALIANE HA SCOPERTO UN COMPOSTO CHE BLOCCA DANNI NEI TOPI  
 
Lecce, 24 ottobre 2013 - Ricercatori britannici dell´unità di Tossicologia del Medical Research Council, che ha sede presso l´Università di Leicester hanno scoperto una sostanza chimica in grado di prevenire la morte del tessuto cerebrale tipica di malattie neurodegenerative come l´Alzheimer, ma anche il Parkinson e la corea di Huntington. Per ora si tratta di test effettuati su modello animale: nei topi, la molecola si è dimostrata in grado di prevenire la distruzione delle cellule cerebrali. Il gruppo di ricerca, si è focalizzato sui meccanismi di difesa naturali delle cellule cerebrali, come riporta “Science Translational Medicine”. Il team è riuscito a dimostrare che i topi affetti da patologie neurodegenerative che avevano causato gravi problemi di memoria e di movimento e destinati a morire entro 12 settimane, se ricevevano il composto, non mostravano alcun segno di deperimento del tessuto cerebrale. La sostanza ha completamente impedito la neurodegenerazione ed è la prima sino ad ora a dimostrarsi in grado di farlo. Secondo gli scienziati non può essere ancora utilizzato sulle persone, ma si può iniziare a studiarlo per arrivare a mettere a punto farmaci che proteggano dai danni delle malattie neurodegenerative. Per Giovanni D´agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione che da anni si occupa anche di diffondere le più importanti notizie in campo scientifico per l’informazione e la tutela degli ammalati, si tratta di una nuova speranza per migliaia di persone affette da patologie che sconvolgono l’esistenza propria consumandola lentamente e dei propri familiari.  
   
   
CONTROLLO SPESA SANITARIA; REGIONE UMBRIA E GUARDIA DI FINANZA FIRMANO PROTOCOLLO  
 
Perugia, 24 ottobre 2013 - Individuare irregolarità nel delicato settore della sanità pubblica, con particolare attenzione all´attività delle strutture convenzionate con il servizio sanitario nazionale, alle anomale prescrizioni di medicinali, alle esenzioni dal pagamento del ticket, all´acquisto di materiali sanitari, fino al controllo dell´esercizio della libera professione in generale ed a quella in regime di "intramoenia". E´ questo quanto si propone il "protocollo d´intesa" sottoscritto il 22 ottobre a Perugia, tra la Regione Umbria e il Comando regionale della Guardia di finanza. L´atto è stato sottoscritto dalla presidente della Regione, Catiuscia Marini, e dal Comandante regionale umbria della Guardia di Finanza, Generale di Brigata Cristiano Zaccagnini. Tra Regione Umbria e Gdf già in passato era stato sottoscritto un analogo protocollo che ora viene rinnovato per una durata di tre anni. "Ogni euro sottratto indebitamente alla spesa sanitaria - ha affermato la presidente Marini - è un euro in meno per la sanità pubblica e quindi per i cittadini". Per la presidente Marini, dunque, la collaborazione con la Guardia di finanza "rappresenta una funzione integrativa al controllo che già le strutture regionali mettono in atto per verificare la correttezza della spesa sanitaria". "Grazie a questo protocollo - ha aggiunto la presidente - metteremo in atto azioni che avranno sia un carattere preventivo che repressivo, al fine di garantire, anche per ciò che riguarda l´utilizzo di risorse pubbliche in sanità, l´appropriatezza della spesa, e con ciò tutelare il nostro servizio sanitario ed in generale la buona qualità del nostro welfare che vanta buone performance anche grazie alla correttezza dell´operato della stragrande maggioranza degli operatori sanitari e degli stessi cittadini umbri". La presidente Marini ha voluto quindi ringraziare la Guardia di Finanza "per questa importante collaborazione con la Regione che, grazie alla professionalità ed alla competenza della ´Finanza´ contribuirà a garantire la correttezza di comportamenti in questo importante settore della spesa pubblica". "Con la firma di questo ´protocollo´ - ha affermato il Generale Zaccagnini - il nostro ´Corpo´ si dota di uno strumento importante e si mette a disposizione dell´amministrazione regionale per tutte le attività ispettive e di verifica che si renderanno necessarie. Il nostro compito è, infatti, anche quello di tutelare il settore della spesa pubblica, individuando eventuali scorrettezze o utilizzo improprio di denaro pubblico. Se, infatti, i soldi pubblici non sono spesi in maniera corretta si creano danni allo stesso sistema sociale, facendo venir meno - ha concluso - la funzione solidaristica del servizio sanitario".  
   
   
SALUTE. MILANO: UN PATTO CON LA REGIONE PER POTENZIARE SERVIZI ALTERNATIVI ALL’OSPEDALE  
 
Milano, 24 ottobre 2013 - Un patto con la Regione per rafforzare i servizi sanitari sul territorio. È la proposta lanciata dal Comune di Milano durante il convegno “Ospedale e dintorni” che si è svolto ieri a Palazzo Marino. L’incontro è stato organizzato dal progetto “A casa lontani da casa”, in collaborazione con l’assessorato alle Politiche sociali e Cultura della Salute del Comune di Milano. “Chiediamo alla Regione – ha detto Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali e Cultura della salute – di aprire un tavolo di confronto per potenziare i servizi che consentono al cittadino di trovare risposte diagnostiche e terapeutiche prima dell’ospedale e fuori dall’ospedale. Ci sono diverse prestazioni sanitarie, come le fasi post-acute di una malattia o quelle che richiedono riabilitazioni brevi, che potrebbero essere erogate in modo diverso dall’attuale”. Durante il convegno, dal Comune è stata rilanciata anche l’opportunità di sviluppare le cosiddette case mediche, vale a dire spazi dove più medici associati possono offrire ai cittadini maggiori possibilità in termini di orari e disponibilità. Sempre nell’ottica di un’implementazione dei servizi territoriali, in particolare quelli più utili alla popolazione anziana, è stato proposto il rafforzamento dell’assistenza domiciliare e della modalità low care, cioè quella delle cure a bassa intensità dove il lavoro infermieristico prevale su quello medico. “Con la Regione – ha aggiunto Majorino – vogliamo ragionare su forme alternative alla rete ospedaliera. In questo quadro è arrivato il momento di iniziare a sperimentare anche le ‘Case della salute’, strutture dove le cure primarie possono essere integrate con attività specialistiche, servizi sociali e sociosanitari”. Nel corso del convegno, le associazioni promotrici del progetto “A casa lontani da casa” ne hanno illustrato il contenuto. Si tratta di un’iniziativa finalizzata a trovare un alloggio temporaneo ai malati in cura negli ospedali milanesi e ai loro famigliari e accompagnatori. Il progetto è realizzato da Associazione Prometeo con Avo-associazione volontari ospedalieri Milano, Associazione Casamica, Lilt-lega italiana per la Lotta contro i Tumori Sezione Provinciale di Milano, Associazione Marta Nurizzo. “La costruzione e il successo di un progetto così importante, in grado di rispondere a un problema avvertito come urgenza per la città di Milano – ha dichiarato Guido Arrigoni, segretario generale Associazione Prometeo – non può prescindere dall’aiuto concreto delle istituzioni coinvolte. Comune, Asl e Regione prima di tutti. L’apertura nei confronti del problema è stata dimostrata, ad oggi, dal Comune che si è impegnato ad affiancarci in maniera attiva e ci auguriamo che questo convegno sia seguito da azioni concrete e costruttive. Il fatto che Asl partecipi al dibattito indica la sua volontà di contribuire a migliorare il problema della continuità assistenziale per connettere in maniera più efficace “Ospedali e Territorio” . Gli ospedali sicuramente si stanno muovendo. Anche questo aspetto è rappresentato dalla partecipazione al convegno. Sarebbe auspicabile e fondamentale il contributo degli enti preposti regionali. E’ la partecipazione di queste istituzioni che permetterà a Milano di trasformarsi in una città solidale, in grado di accogliere i malati che vengono a farsi curare nei suoi centri di eccellenza sanitaria”.  
   
   
LIGURIA: APPELLO AI MEDICI DI FAMIGLIA PER INVITARE CATEGORIE A RISCHIO A VACCINARSI  
 
Genova, 24 Ottobre 2013 - Un appello ai medici di medicina generale e ai pediatri affinché promuovano attivamente la vaccinazione antinfluenzale a tutti gli anziani di età superiore ai 65 anni e alle categorie a rischio. È stato lanciato mercoledì 23 ottobre mattina dall´assessore alla salute, Claudio Montaldo attraverso una lettera indirizzata a tutti i medici di famiglia della Liguria. L´obiettivo è quello di raggiungere un tasso di copertura vaccinale del 75% per le categorie a rischio, come indicato dal piano nazionale e del 95% come obiettivo ottimale negli ultra 65enni. "In questo senso – spiega Montaldo – la Liguria non rappresenta una realtà virtuosa sul fronte della copertura vaccinale antinfluenzale. Nella precedente stagione i tassi sono risultati infatti del tutto insoddisfacenti, basti pensare che negli ultra 65enni sono stati pari al 41,63%, quindi ben lontani dall´obiettivo minimo". L´assessore rimarca l´importanza di prevenire le complicanze dell´influenza e l´apporto che in questo senso possono dare i medici, suggerendo alle persone di vaccinarsi. Prenderà il via in tutta la Liguria lunedì 28 ottobre e si concluderà a fine dicembre la campagna antinfluenzale per assicurare la vaccinazione gratuita agli anziani, ai bambini e agli adulti con patologie croniche. L´elenco di chi dovrebbe vaccinarsi comprende: persone con piu´ di 65 anni, bambini di età superiore ai 6 mesi e adulti fino a 65 anni che per le loro condizioni di salute corrono un maggior rischio di andare incontro a complicanze associate all´influenza. Tra questi chi soffre di malattie cardiovascolari, respiratorie, renali, neoplastiche, le donne nel secondo e terzo trimestre di gravidanza, i familiari dei soggetti a rischio e alcune categorie professionali come i medici. Come nelle altre campagne sarà possibile farsi vaccinare negli ambulatori dei medici di medicina generale e dei pediatri che aderiscono alla campagna antinfluenzale e negli ambulatori di Igiene e sanità pubblica delle Asl liguri.  
   
   
SANITA´ IN ABRUZZO: CHIODI A CISL,SU RIABILITAZIONE NESSUNA CONFUSIONE  
 
Pescara, 24 ottobre 2013 - Il commissario ad acta per la Sanità, Gianni Chiodi, in relazione alle dichiarazioni del segretario della Cisl sulla riabilitazione spiega che "é stato confuso l´andamento tendenziale dei costi con la fissazione dei budget che afferiscono all´andamento programmatico degli stessi". "Nel richiamato Programma Operativo alla tabella Programmatico 2013-2015 - aggiunge Chiodi - è prevista una manovra di contenimento dei costi per l´anno 2013 di 9,144 milioni di euro scaturente dalla negoziazione con gli erogatori privati accreditati ai fini della sottoscrizione dei contratti che ricomprende anche la manovra di riduzione dei tetti dell´ex art. 26. A maggior conferma di quanto evidenziato, nello stesso Programma Operativo è stato previsto espressamente quale tetto per la riabilitazione ex art. 26 per l´anno 2013 un importo pari a 66 milioni, come risulta dal decreto n. 65/2013". Per quanto riguarda il tavolo regionale degli erogatori privati e dei sindacati "è tutt´ora attivo - chiarisce il Commissario - e la prossima settimana le strutture saranno riconvocate. La pausa mensile è stata concordata con i soggetti del tavolo per permettere alle strutture residenziali e semiresidenziali di formulare delle proposte di rimodulazione dei setting assistenziali indicati nel fabbisogno del decreto 52/2012". Invece, relativamente al costo della mobilità extraregionale afferente l´anno 2012 di 7,1 milioni di euro, tale costo deriva soprattutto dalle Asl di Lanciano Vasto Chieti e di Teramo, "le stesse in cui i posti letto della riabilitazione intensiva ed estensiva sono eccessivi rispetto al fabbisogno e quindi le strutture ex art. 26 che persistono su tale territorio sono tra quelle oggetto di riconversione. Questo dimostra che le strutture sono occupate con pazienti che hanno setting assistenziali diversi dalla riabilitazione, tanto che, chi effettivamente ne ha bisogno è costretto molte volte ad andare fuori regione. Poi, nella maggioranza dei casi ci si rivolge a strutture specializzate e di eccellenza, quali quelle che dovrebbero essere attivite presso la Regione Abruzzo e per le quali ogni proposta di riconversione sarà presa in considerazione, data la richiesta di fabbisogno soprattutto per setting assistenziali come le residenze per minorazioni plurisensoriali e per il disturbo al comportamento. A maggior conferma che l´offerta di posti letto delle residenziali e semiresidenziali per riabilitazione sono in Abruzzo il triplo di quelli imposti come limite massimo dalla normativa nazionale è riportato nel verbale del tavolo di monitoraggio di luglio in cui nella nostra regione risultano 1,6 posti letto ogni 1000 abitanti contro uno standard di 0,6"."Mi rendo conto - conclude il Commissario - che si tratta di argomentazioni complesse che non possono avere una lettura superficiale della documentazione, ma le nostre scelte sono controllate e convalidate dai Ministeri competenti e hanno sempre gli stessi obiettivi ovvero quello di garantire l´appropriatezza delle prestazioni e la corretta allocazione delle risorse finanziarie del sistema sanitario regionale".  
   
   
MARCHE: AVVIO DEL PROGRAMMA REGIONALE PER LA DIFFUSIONE DEI DEFIBRILLATORI SEMIAUTOMATICI .  
 
Ancona, 24 ottobre 2013 - Parte il programma regionale di diffusione dei defibrillatori semiautomatici nelle Marche. I primi due apparecchi verranno collocati negli Uffici della Giunta regionale. Venerdì 25 ottobre, nell’ambito di un incontro promosso presso Palazzo Raffaello, verranno consegnati i defibrillatori e gli attestati ai dipendenti che hanno seguito il corso per il loro utilizzo. Alla cerimonia parteciperanno l’assessore regionale alla Salute, Almerino Mezzolani; il direttore del dipartimento della Protezione civile, Roberto Oreficini; il responsabile della Centrale operativa 118, Riccardo Sestili; il dirigente Ars (Agenzia sanitaria regionale) per le Tecnologie sanitarie, Riccardo Luzi; il responsabile della prevenzione della Giunta regionale, Lorenzo Antonelli. La Regione Marche, insieme al 118, ha predisposto un programma di diffusione dei defibrillatori semiautomatici, finanziato con risorse statali che sono state poi assegnate alle Aziende del servizio sanitario regionale. La normativa nazionale consente l’utilizzo del defibrillatore semiautomatico, in sede extra ospedaliera, anche al personale non sanitario che abbia ricevuto una specifica formazione nelle attività di rianimazione cardiopolmonare. La defibrillazione precoce, praticata prima dell’arrivo degli operatori sanitari del 118, è in grado di salvare il 50% delle vittime, a condizione che siano disponibili gli strumenti per effettuarla. Un’alta mortalità, in particolare, si registra nei luoghi pubblici e o aperti al pubblico, per cui è necessario prevedere un’ampia diffusione dei defibrillatori, da utilizzare ai primi sintomi premonitori, attivati da personale preparato. La cerimonia di consegna degli apparecchi e degli attestati ai dipendenti regionali che hanno seguito il corso, rappresenta, da questo punto di vista, un momento simbolico, ma anche una scelta operata in considerazione dell’alto numero di utenti che frequentano i palazzi istituzionali della Regione..  
   
   
SANITA´ IN ABRUZZO: EROGATI A ASL 476 MLN.CHIODI, RIDOTTI TEMPI PAGAMENTO E DA NOVEMBRE SI ARRIVERA´ A 120 GG.  
 
 Pescara, 24 ottobre 2013 - La Regione Abruzzo ha erogato ad oggi, alle Asl, 476 milioni di euro per il pagamento dei debiti verso i fornitori. L´erogazione di cassa straordinaria è stata possibile grazie alla disponibilità di risorse, sia regionali che trasferite recentemente dallo Stato con l´anticipazione di liquidità che ha sostituito il mutuo. Le Aziende sanitarie stanno saldando i loro debiti con i fornitori secondo un ordine di anzianità delle fatture emesse. La notizia è stata resa nota dal Commissario ad acta per la Sanità, Gianni Chiodi, che rivela anche le ultime stime di Assomedica, al mese di settembre, per i tempi di pagamento. "I tempi di pagamento per i biomedicali - spiega Chiodi dati alla mano - hanno raggiunto i 158 giorni, il valore più basso dal 1997 ad oggi. L´abruzzo è al nono posto in Italia con una media nazionale di 243 giorni, con 200 giorni per l´Emilia Romagna, 205 per il Veneto e 211 per la Toscana. Dal mese di gennaio lo scoperto verso Assobiomedica è passato da 112.5 milioni di euro a 89.5. L´abruzzo dopo la Liguria è la regione in piano di rientro che ha i tempi di pagamento più bassi, e già per il prossimo mese ci aspettiamo che i tempi di pagamento arrivino a 120 giorni". Secondo il Commissario, si sono ridotti anche i tempi delle singole aziende sanitarie, con le Asl di Teramo e Pescara con tempi rispettivamente di 90 giorni e 110, che valgono il 30esimo e il 58esimo nella classifica nazionale delle Asl. "Tutto questo - conclude Chiodi - equivale ad immettere maggiore liquidità nel sistema delle imprese, ovvero sostenere la ripresa del nostro Paese, aumentare gli investimenti delle aziende e limitare l´aumento della disoccupazione". Una manovra virtuosa che segue la riduzione della tassazione di Irpef e Irap già operata in Abruzzo lo scorso anno e che il Governo regionale si impegna a riproporre anche per il 2014.  
   
   
CON LA RICERCA PER LA SALUTE LA TOSCANA VA IN EUROPA  
 
 Firenze 24 ottobre 2013 - La ricerca nel campo della salute anche come occasione per la Toscana per qualificarsi in ambito europeo e accedere ai finanziamenti Ue. E´ questo il tema del convegno "Le opportunità dell´Europa per la ricerca nel campo della salute", che si tiene domani, giovedì 24 ottobre, a Firenze, nell´Auditorium Sant´apollonia, via San Gallo 25. Il convegno, organizzato dall´assessorato al diritto alla salute della Regione Toscana, in collaborazione con il Distretto toscano di scienze della vita, con il supporto e la collaborazione dell´Ufficio della Regione Toscana a Bruxelles e il Progetto Mattone Internazionale, nell´ambito del ciclo di incontri Meet the Life Sciences, durerà l´intera giornata, dalle 9.30 alle 17.30. Qual è il contributo della Regione Toscana allo sviluppo della ricerca biomedica, clinica e della sanità pubblica nel contesto europeo? Quali i finanziamenti dell´Ue per la ricerca sanitaria e la sanità pubblica? Queste alcune delle domande cui si cercherà di dare risposta nel corso del convegno, che servirà a focalizzare l´attenzione su come la Commissione Europea ha da sempre riconosciuto alla politica regionale un ruolo chiave per tradurre le priorità individuate a livello comunitario in azioni pratiche nei singoli territori. Essere in Europa rappresenta per la sanità della Toscana un´opportunità di crescita e di attrazione di nuove risorse. Il settore sanitario rappresenta infatti l´8% della forza lavoro totale e il 10% del Pil della Ue, con 8 potenziali milioni di posti di lavoro entro il 2020. La Regione Toscana è impegnata in partenariati e network europei e internazionali, tra cui le reti Euregha, Enrich, Regions for Health. Iniziative come il Programma pluriennale d´azione per la salute o il programma quadro Horizon 2020 costituiscono opportunità alle quali il nostro sistema regionale dovrà presentarsi preparato. Dopo i saluti di Arnd Hoeveler, della Direzione generale ricerca e innovazione della Commissione europea, nella mattinata si parlerà del contributo che la Regione Toscana sta dando allo sviluppo della ricerca biomedica, clinica e della sanità pubblica nel contesto europeo, grazie alla presentazione di progetti di ricerca illustrati dalle Università di Firenze, Pisa e Siena e dalla Scuola Superiore Sant´anna di Pisa. A fine mattinata Rino Rappuoli presenterà il Distretto Toscano Scienze della Vita (di cui è il presidente) e il Cluster nazionale Alisei. Nel pomeriggio si parlerà delle opportunità di finanziamento previste dall´Unione Europea 2014-2020 per quanto riguarda la ricerca sanitaria e la sanità pubblica, con interventi di rappresentanti della Regione Toscana, della Commissione Europea e del Ministero della salute. Prima della discussione finale, sarà presentato il progetto "Rete dei destinatari istituzionali per l´Europa". Poi le conclusioni di Alberto Zanobini, dirigente del settore ricerca e innovazione dell´assessorato al diritto alla salute.  
   
   
CURE PALLIATIVE, A CONGRESSO MEDICI, INFERMIERI E OPERATORI SANITARI  
 
 Bologna, 24 ottobre 2013 - L’integrazione dei servizi, dei medici, degli infermieri e di tutti gli operatori coinvolti a vario titolo, vale a dire delle competenze e dei saperi, per favorire lo sviluppo delle reti di cure palliative, in modo da raggiungere i bisogni del più alto numero di persone possibile. Su questo tema si svolge il Xx Congresso nazionale della Società italiana di cure palliative, da domenica 27 al 30 ottobre a Bologna (Palazzo dei Congressi), con il patrocinio di molte istituzioni (tra cui Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, ministero della Salute), compresa la Regione Emilia-romagna. Il Servizio sanitario regionale partecipa al congresso, contribuendo al confronto nelle diverse sessioni e nei tre convegni precongressuali in programma nei prossimi giorni, sempre in Emilia-romagna (una giornata di studi si svolge anche a Padova). I temi dei tre convegni sono: - “Il senso e l’utilità del lavoro di equipe e di rete. L’integrazione tra i professionisti nelle organizzazioni e nel territorio” giovedì 24 ottobre a Reggio Emilia (Hotel Posta, all’organizzazione contribuiscono l’Azienda Usl e l’Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia); - “Etica della cura: approcci integrati per una cura etica” venerdì 25 ottobre a Bentivoglio, provincia di Bologna (all’Accademia delle scienze di medicina palliativa); - “Cure palliative: qualità e sostenibilità” sabato 26 ottobre a Ravenna (Banca popolare di Ravenna, Sala di rappresentanza). In Emilia-romagna, l’attuale sviluppo delle cure palliative ha preso avvio, anticipando la normativa nazionale (la legge nazionale 38/2010), già dal 1994 attraverso un programma specifico di assistenza domiciliare. Il modello assistenziale si basa sulla gradualità dell’intensità di cura e sull’integrazione di diverse figure professionali: l’équipe di base, composta da medico di famiglia e infermiere, si arricchisce di nuove competenze in relazione ai bisogni assistenziali della persona. Le cure palliative sono erogate in hospice (centri residenziali per l’assistenza nella fase avanzata della malattia), in assistenza domiciliare, nelle strutture residenziali, in ospedale. In ogni Azienda sanitaria sono presenti équipe domiciliari, affiancate dai medici palliativisti. La nascita degli hospice, in continuità con l’assistenza domiciliare, ha favorito la realizzazione della rete delle cure palliative. Gli hospice oggi in Emilia-romagna sono 22, distribuiti in tutte le province, con 283 posti letto. Nel 2012 le persone ricoverate sono state 4.702 (4.105 l’anno precedente). Il Servizio sanitario regionale dell’Emilia-romagna è impegnato a riconoscere e a curare il dolore in tutta la rete dei servizi, garantendo terapie appropriate a tutti i livelli dell’assistenza. In ogni Azienda sanitaria sono operativi i "Comitati Ospedale-territorio senza dolore", composti da medici specialisti e da personale infermieristico, a cui partecipano anche le associazioni di volontariato. Il loro compito è assicurare un osservatorio specifico sulla cura del dolore, coordinare la formazione continua del personale medico e infermieristico, dare impulso all´applicazione di protocolli di trattamento del dolore post operatorio, oncologico, cronico, pediatrico. Per informazioni sul congresso e sui convegni, consultare il sito http://web.Aimgroupinternational.com/2013/sicp/ e il portale del Servizio sanitario regionale www.Saluter.it.  
   
   
MOSTRE. A PALAZZO REALE “WARHOL”, OLTRE 160 OPERE DALLA COLLEZIONE PETER BRANT MILANO DAL 24 OTTOBRE 2013 AL 9 MARZO 2014  
 
Milano, 24 ottobre 2013 - Andy Warhol, padre della Pop Art americana, torna a Milano con una grande monografica a Palazzo Reale, che per la prima volta ospita una mostra dell’artista statunitense. L’evento attesissimo è al centro della programmazione dell’Autunno Americano, iniziata il 24 settembre con la mostra “Pollock e gli Irascibili. La scuola di New York”. Promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e prodotta da Palazzo Reale e 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore in collaborazione con Arthemisia Group, la mostra è curata da Peter Brant con il contributo di Francesco Bonami: appassionato collezionista, fin da giovanissimo Brant iniziò a comprare opere di artisti contemporanei americani mettendole poi a disposizione per fini di studio e divulgazione attraverso la Brant Foundation. Come scrive Francesco Bonami: “La mostra è un’occasione rarissima per il pubblico di poter vedere uno dei gruppi di opere più importanti dell’artista Americano (…) raccolto non da un semplice, per quanto appassionato, collezionista ma da un personaggio, Peter Brant, intimo amico di Warhol con il quale ha condiviso gli anni artisticamente e culturalmente più vivaci della New York degli anno ‘60 e ‘70”. Oltre 160 opere, dai primi disegni di Warhol per finire con le spettacolari Ultime Cene - presentate proprio a Milano nel 1987 in quella che fu l’ultima mostra di Warhol, prima della morte per una banale operazione - e gli autoritratti, passando attraverso le opere più iconiche come le “Electric Chairs” (1964), il grande ritratto di Mao, i fiori e uno dei più famosi capolavori di Warhol “Blue Shot Marilyn” (1964), il ritratto della famosa attrice americana che ha in mezzo agli occhi il segno restaurato di uno dei colpi di pistola esploso da un’amica dell’artista nel 1964 che Brant avrebbe poi acquistato per 5000 dollari nel 1967 con i proventi di un piccolo investimento. “Dai divi del cinema alle bottiglie di Coca Cola, fino ad autentici capolavori come il Cenacolo di Leonardo da Vinci, Andy Warhol ha trattato democraticamente tutti i suoi soggetti con tecniche nuove prodotte dai linguaggi della contemporaneità, trasformando il suo lavoro di artista in un’officina di produzione di icone, destinate a segnare un’epoca ed entrare a pieno titolo nella storia dell’arte – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno –. Per questo possiamo affermare che Warhol ha contribuito in modo determinante a definire e trasformare il moderno concetto di icona: ormai lontana dall’etimologia che lega in maniera indissolubile il sostantivo al mondo religioso, alla devozione e all’adorazione, l’accezione corrente di icona è laica, ed è ‘pop’. Proprio come la sua arte”. Quando un’opera d’arte, da semplice espressione del talento, della tecnica, della creatività di un artista, diventa un’icona? Perché la ripetizione di un’immagine, anche diversa e finanche trasfigurata, a volte persino snaturata, invece di sminuirlo ne aumenta in maniera esponenziale il potenziale iconico? Storici dell’arte, filosofi e artisti si sono spesso misurati con queste domande, ma quel che è certo è che Andy Warhol ne conosceva le risposte. Attraverso capolavori e opere altrettanto sorprendenti, ma meno conosciute, come una serie di Polaroid mai viste prima in Europa, la mostra della Collezione Brant non racconta semplicemente il Warhol star del mondo dell’arte e del mercato, ma anche il Warhol intimo, l’amico, l’uomo. Pur a distanza di anni e pure in una società profondamente cambiata, le opere che il visitatore potrà ammirare a Palazzo Reale, dimostrano come la grande arte non invecchi mai. Come scrive Francesco Bonami: “I grandi artisti possono avere periodo più o meno interessanti, ma nella loro produzione avranno sempre qualcosa che riesce a comunicare. Warhol parla dalla nostra società, oggi come allora”. Accogliendo l’invito di portare a Milano la propria collezione Peter Brant ha dichiarato “Sono molto onorato di avere questa opportunità anche perché Andy sarebbe stato felice di tornare a Milano una città che lo amava e che lui amava e gli era rimasta profondamente nel cuore”. Dopo Milano la mostra proseguirà per il prestigioso museo Lacma di Los Angeles a conferma di come Palazzo Reale e Milano facciano oramai parte del grande circuito dell’arte moderna e contemporanea. Info E Prenotazioni Prenotazioni: 0254913 http://www.Warholmilano.it  | http://www.Comune.milano.it/palazzoreale  Social Fb: facebook.Com/24orecultura | facebook.Com/palazzoreale Hashtag: #warhol; #bepop15  
   
   
OLIMPIADI INVERNALI, LA PROVINCIA DI TORINO AVVERTE I RUSSI DI SOCHI: “PREVEDETE PER TEMPO UNA GESTIONE PUBBLICO-PRIVATA DEGLI IMPIANTI”  
 
Torino, 24 ottobre 2013 - La gestione degli impianti realizzati per le Olimpiadi Invernali del 2006 deve prevedere un utilizzo multifunzionale, con la possibilità di ospitare sia eventi sportivi che spettacoli ed iniziative di aggregazione. Inoltre, la gestione post-olimpica delle “venue” montane non può prescindere dal coinvogimento dei Comitati Olimpici nazionali, delle Federazioni sportive e del Comitato Olimpico Internazionale. Il Cio dispone infatti di risorse e competenze per supportare i territori nella delicata fase del dopo-Olimpiadi. E’ questo, in sintesi il messaggio che la Provincia di Torino ha voluto trasmettere stamani a Palazzo Cisterna alla delegazione della città russa di Sochi, che in questi giorni sta visitando Torino e le vallate olimpiche, a poco più di tre mesi dall’inizio delle Olimpiadi Invernali 2014 nella città della Crimea. La delegazione di Sochi rappresentava ufficialmente l’Accademia Presidenziale Russa dell’Economia Nazionale e della Pubblica Amministrazione ed era guidata da Irina Krasnova, Vicecapo del Dipartimento Direzione Controllo della Presidenza della Federazione Russa. A fare gli onori di casa a Palazzo Cisterna sono stati il Vice-presidente della Provincia e Assessore allo Sport e al Post-olimpico Gianfranco Porqueddu e l’Assessore provinciale alla Cultura, al Patrimonio ed alle Relazioni Internazionali Marco D’acri. L’incontro di stamani è stato dedicato ad un approfondimento sulle modalità di gestione post-olimpica degli impianti realizzati per i Giochi del 2006. Agli ospiti di Sochi è stato spiegato che, in una prima fase, durata tre anni, i soci pubblici della Fondazione Xx Marzo 2006 si erano accollati la gestione diretta e l’organizzazione di eventi agonistici nelle ex venue olimpiche di montagna. L’attenzione è stata focalizzata in particolare sui trampolini di Pragelato e sulla pista di bob di Cesana-pariol, che, all’indomani delle Olimpiadi, erano state prese in carico dalla Provincia di Torino, la quale a sua volta, le aveva conferite alla Fondazione Xx Marzo 2006. L’elevato costo di gestione dell’intero complesso degli impianti olimpici ha convinto gli Enti pubblici a cercare un partner privato, che si assumesse il rischio d’impresa di organizzare sia gli eventi sportivi che quelli di intrattenimento, compensando le inevitabili perdite derivanti dai poco remunerativi eventi nei siti montani con gli utili realizzabili con gli spettacoli organizzati nel Palavela e nel Palasport Olimpico di Torino. “A conti fatti, - hanno spiegato alla delegazione russa il Vice-presidente Porqueddu e l’Assessore D’acri – il bilancio delle Olimpiadi per Torino e per l’intero territorio è positivo, grazie alle importanti ricadute economiche immediate, alla grande visibilità ottenuta nel mercato turistico mondiale e alle trasformazioni urbanistiche, infrastrutturali e culturali innescate dai Giochi Invernali. A chi organizza eventi olimpici consigliamo però di impostare con largo anticipo le modalità di gestione post-olimpica degli impianti e di copertura delle spese per il loro mantenimento in piena efficienza. Un investimento pubblico a tempo indeterminato è impossibile e conviene prevedere per tempo un forte coinvolgimento dei privati: una strada che anche Torino ha percorso”.