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Notiziario Marketpress di Lunedì 08 Giugno 2015
USARE I BATTERI PER RILEVARE IL CANCRO E IL DIABETE  
 
Bruxelles, 8 giugno 2015 - Due team distinti di scienziati hanno pubblicato questa settimana i risultati delle loro ricerche sull’individuazione delle malattie tramite l’utilizzo di batteri geneticamente modificati. Un team in Francia, guidato da Jerome Bonnet dell’Università di Montpellier e che coinvolge anche l’azienda Sys2diag, ha usato dei batteri modificati per rilevare un livello elevato di glucosio (un segno del diabete) nelle urine di pazienti umani. Contemporaneamente, negli Stati Uniti, dei ricercatori guidati da Sangeeta Bhatia del Massachusetts Institute of Technology (Mit) e Jeff Hasty, della University of California, San Diego, hanno riprogrammato dei batteri in modo da renderli visibili nelle urine dei topi che hanno il cancro. Entrambi gli studi sono stati pubblicati nell’ edizione attuale di Science Translational Medicine. La rivista Science riferisce che il team di Montpellier ha aggiunto dei circuiti genetici ai batteri, in modo che essi producano una grande quantità di una proteina fluorescente rossa in presenza di un’elevata concentrazione di glucosio. I batteri, una forma di E. Coli, sono stati quindi aggiunti ai campioni di urine umane, in cui hanno prodotto un cambio di colore. Science aggiunge che per adesso questo approccio “non è migliore di un glucometro standard” ma, poiché lo schema di rilevamento può essere riproposto per individuare altri bersagli, “esso potrebbe servire da piattaforma per un’ampia gamma di strumenti diagnostici futuri”. I team negli Stati Uniti intanto si sono concentrati sull’individuazione del cancro usando campioni di urine provenienti dai topi. I team americani hanno modificato dei batteri in modo che producano un enzima di origine naturale chiamato Lacz quando si imbattono in un tumore. Essi hanno quindi iniettato nei topi dei composti che rilasciano luce quando interagiscono con il Lacz. Quindi, i topi che avevano il cancro al fegato producevano Lacz che interagiva con i composti, facendo cambiare colore da giallo a rosso ai campioni di urine. Science ha aggiunto: “Inoltre, Bhatia e i suoi colleghi riferiscono nell’edizione attuale di Science Translational Medicine questa settimana che, mentre le tradizionali tecniche di imaging hanno delle difficoltà a rilevare dei tumori al fegato di dimensioni inferiori a un centimetro quadrato, questo approccio è stato in grado di evidenziare tumori con un’area pari a solo un millimetro quadrato.” Questi studi sono sicuramente promettenti, ma devono essere superati molti ostacoli prima di poter vedere questi metodi applicati sui pazienti. Ad esempio, i ricercatori riconoscono che le questioni etiche riguardanti l’utilizzo di batteri geneticamente modificati devono essere ulteriormente discusse e studiate, secondo la Bbc. Inoltre, parlando con Science, Jim Collins, un biologo sintetico al Mit, ha avvertito che occorreranno ancora anni prima che entrambi gli approcci vengano autorizzati per l’uso clinico. Nonostante questi problemi, la speranza è che alla fine questi progressi ci portino più vicino all’essere in grado di diagnosticare in modo economico e facile un’ampia gamma di malattie. Per ulteriori informazioni, visitare: Detection of pathological biomarkers in human clinical samples via amplifying genetic switches and logic gates http://stm.Sciencemag.org/content/7/289/289ra83
Programmable probiotics for detection of cancer in urine http://stm.Sciencemag.org/content/7/289/289ra84  
 
   
   
SIAAIC - PSORIASI PER IL 3% DEGLI ITALIANI: +15% PROBABILITA´ TRASMISSIONE DA GENITORE A FIGLIO E STRETTO LEGAME CON OBESITA´. L´ACQUA TERMALE AIUTA A GUARIRE.  
 
Ischia, 8 giugno 2015 - Il 3% degli italiani è affetto da psoriasi: qualsiasi età ne è colpita, ma ci sono due picchi di inizio di malattia: uno intorno ai 20-30 anni, l´altro intorno ai 40-50. E´ una malattia che si può curare, ma non si avrà mai la certezza di debellarla definitivamente, in quanto si tratta di una malattia geneticamente determinata. Un soggetto predisposto potrebbe anche non sviluppare la malattia, ma è certo che chi ha la psoriasi deve essere geneticamente predisposto. Il 20% dei soggetti malati ha una psoriasi grave e non possono essere curate con le creme: per questi soggetti, soprattutto se sovrappreso, è alto il rischio di steatosi epatica, che potrebbe sfociare, nel 10% dei casi, in cirrosi epatica. Il Congresso - Farmaci biologici, intolleranze alimentari nello sport, celiachia e doping al centro dell´ottava edizione del Congresso Biological therapies in medicine, che si è aperto ieri a Ischia (Teatro Polifunzionale, in Via Delle Ginestre), presieduto dal Prof. Amato de Paulis. Durante l´evento saranno illustrate ai partecipanti le più recenti linee guida nella diagnosi, prevenzione e trattamento di diverse patologie autoimmuni ed allergiche. Ma saranno anche trattati temi relativi ai percorsi diagnostico-terapeutici delle principali patologie allergiche quali asma grave, rinite, angioedema, dermatite atopica e psoriasi, affrontandone gli aspetti salienti e specificandone le nuove terapie. "Quelle biologiche sono terapie innovative che permettono di ottenere ottimi risultati - spiega il Prof. Amato de Paulis, Professore di medicina interna del Dipartimento di Scienze mediche traslazionali di Napoli e membro del direttivo della Siaaic - tramite meccanismi immunologici: con queste nuove modalità possiamo approcciare a diverse patologie umane. Come l´angioedema ereditario, per il quale esiste un farmaco apposito, o l´orticaria cronica, il cui farmaco sarà presto sul mercato. Ma si parlerà anche delle diverse possibilità di somministrazione, nonché degli alti costi degli stessi. Nell´anno dell´Expo spazio anche all´alimentazione e cibo e alle terapie che riguardano le relative problematiche, ma anche ai nuovi presidi terapeutici per contrastare la fibrosi polmonare, malattia molto grave le cui condizioni di vita sono particolarmente gravose per tutti i pazienti. Come nelle precedenti edizioni ampio spazio sarà dato ai temi del doping e della medicalizzazione dei calciatori, con la presenza di autorevoli esponenti della Figc (Federazione Italiana Gioco Calcio)". Cos´e´ La Psoriasi - Esistono due casi di psoriasi: i soggetti che superano il 10% della superficie cutanea si considerano moderati gravi, hanno maggiore associazione con diabete, con ipertensione, con aumento del colesterolo, soprattutto cattivo, e con obesità. Soprattutto con quest´ultima, perché anche questa, diabete e arteriosclerosi sono malattie di tipo infiammatorio. Un soggetto che ha la superficie cutanea molto interessata dalla psoriasi produce sostanze chimiche che possono predisporre o peggiorare la sua tendenza ad ulteriori malattie infiammatorie. Quindi l´obesità potrebbe contribuire alla comparsa di psoriasi, e quest´ultima potrebbe far scattare ulteriori patologie. La Psoriasi E´ Ereditaria - Si eredita la tendenza ad avere la psoriasi: l´ereditarietà, infatti, non è semplice, e quindi immediata, che coinvolge il 50% dei figli del malato. Questa è una ereditarietà complessa, cioè sono più geni che messi insieme possono predisporre alla psoriasi: il soggetto con uno o entrambi i genitori affetti dal disturbo ha sicuramente una probabilità maggiore di averla, rispetto a chi non alcun familiare con la psoriasi. Si parla di un 15-20% come probabilità, ma riconoscere questi casi è più semplice perché spesso la malattia arriva prima dei 20 anni. Le Cause - "La causa della psoriasi non è la presenza di stress o di depressione - dichiara il Prof. Fabio Ayala - ma ci possono essere episodi traumatici che potrebbero determinarla, come un lutto importante o un incidente grave: essendo la malattia condizionata anche dalla risposta del sistema immunitario, essendo quest´ultimo anche sotto controllo psichico ed emotivo, potrebbe scattare un input che determina la malattia". I Farmaci Bio(tecno)logici - "Accanto ai farmaci tradizionali per via generale, lo specialista dermatologo può oggi attingere ai nuovi farmaci biotecnologici. In entrambi i casi la percentuale di risposta positiva alla cura è superiore al 95%; solo per la restante parte la cura non ottiene i risultati sperati. Il contributo dei farmaci biologici è fondamentale per quanti non hanno trovato risposta con i farmaci tradizionali, usati in seconda istanza anche perché possono avere costi elevati, pari anche a 12mila euro l´anno se in maniera continuativa. I vantaggi tuttavia che se ne ottengono sulla qualità di vita e sul reinserimento in una vita sociale e lavorativa normale sono immensi. I farmaci biologici, purtroppo, non possono essere prescritti in alcuni soggetti, come coloro che hanno avuto tumori, nei casi di epatiti gravi, o in malattie cardiache altrettanto gravi". Obesita´ In Campania - La Campania è al primo posto tra le regioni italiane per sovrappeso e obesità, anche infantile. "Infatti in media i pazienti che afferiscono ai nostri ambulatori, maschio o femmina che siano con psoriasi, pesano 15 chili in più - spiega il Prof. Ayala - Una persona obesa deve quindi non soltanto intervenire sulla psoriasi, ma anche sulla perdita di almeno 5-6 chili perché la diminuzione del peso avrà effetti estremamente positivi sull´eventuale rischio cardiovascolare futuro, più frequente negli psoriasici moderati gravi". La Terapia Termale - Gli specialisti confermano l´apporto delle terme nei confronti della psoriasi, "che migliorano la qualità di vita del soggetto psoriaco in condizione lieve, ma sono fondamentali l´apporto delle lampade ultraviolette B e la fotobalneoterapia. Anche i soggetti gravi possono trarvi giovamento, ma queste devono essere accompagnate da altri trattamenti". La terapia termale delle malattie dermatologiche utilizza bagni e fanghi con diverse acque, essenzialmente bicarbonato-calciche, sulfuree o salsobromoiodiche. Indipendentemente dalla metodica di somministrazione o di utilizzazione delle acque è fondamentale porre una corretta diagnosi per distinguere manifestazioni cutanee di origine propriamente dermatologica dalle componenti cutanee di altre patologie, per le quali la crenoterapia potrebbe essere inefficace o addirittura controindicata. Costituiscono controindicazioni certe le forme acute, essudative ed eritrodermiche. "La psoriasi è una malattia della pelle a decorso cronico e recidivante - spiega il Prof. Marco Vitale, Direttore dipartimento S.bi.bi.t., Facoltà di medicina e Chirurgia Università di Parma - le cui cause non sono note, anche se oggi si sa molto sulla sua patogenesi; presenta una componente ereditaria e può comparire per la prima volta a qualsiasi età. Lo stress può aggravare la psoriasi in soggetti che già ne sono affetti attraverso meccanismi neuroimmunologici complessi. La terapia termale genera effetti positivi locali sulla lesione psoriasica cui si accompagnano effetti benefici generali anche di tipo psichico, che sono rilevanti nella patogenesi di questa malattia. Citochine espresse ad alti livelli dai Keratinociti della cute psoriasica, come Il-6 e Il-8 inducono proliferazione dei keratinociti stessi e reclutamento di T linfociti, elementi tipici della lesione psoriasica. L’idrogeno solforato riduce la secrezione di Il-8 sia direttamente sia sopprimendo la produzione di Il-17 e Il-22 tramite l’inibizione di un enzima chiave dell’attivazione cellulare, la extracellular-signal-regulated kinase (Erk)".  
   
   
IL CONGRESSO DI STRESA SI CHIUDE CON LA NEUROELETTROCEUTICA LA FDA AMERICANA ANTICIPA DI UN ANNO L’APPROVAZIONE DELLO STIMOLATORE NVNS NEL TRATTAMENTO DI EMICRANIA E CEFALEA A GRAPPOLO  
 
Stresa, 8 giugo 2015 - Nell’ultima giornata del congresso di Stresa, 31 maggio, il Professor Alan Rapoport della Ucla University, Presidente dell’Ihs, l’International Headache Society, praticamente l’Oms delle cefalee, ha sottolineato come l’era della neuro-elettroceutica delle cefalee potrebbe presto superare quella dei trattamenti a base di farmaci. Ha infatti rivelato che anche la rigida Fda, l’ente americano di controllo dei farmaci, in forza dei risultati conseguiti oltreconfine, ha anticipato di un anno l’approvazione della stimolazione vagale esterna nVns tramite gammacore, lo strumento che si usa come un rasoio da strisciare sul collo, già disponibile in Europa, Gran Bretagna e Canada nel trattamento di emicrania e cefalea a grappolo. Depolarizzazione Elettrica Uno dei principali effetti di questo device è emerso meno di un mese fa al 17° Congresso dell’International Headache Society
 di Valenzia grazie ai ricercatori del Massachusetts General Hospital e dell’Harvard Medical School: i microstimoli elettrici che emette si oppongono all’onda di depolarizzazione della spreading depression, l’onda lenta di depolarizzazione diffusa che attraversa il cervello da dietro in avanti quando arriva l’attacco emicranico. Produce squilibrio ionico, aumentato metabolismo cellulare e alterazioni locali del flusso sanguigno, nonchè diffusione extraneuronale di citokine proinfiammatorie e aminoacidi eccitatori, primo fra tutti il glutammato, il neurotrasmettitore eccitatorio più potente del sistema nervoso che scatena l’ipereccitabilità neuronale da cui deriva l’attacco emicranico. Rapoport ha sottolineato che gli studi condotti nella cefalea a grappolo con 2 stimoli di 90 secondi 3 volte al giorno per 2 mesi si sono dimostrati efficaci e privi di effetti collaterali con una riduzione degli attacchi da 7,6 a settimana a 2 soltanto, riducendo anche la necessità di ricorrere a quelli che finora erano i trattamenti di scelta per questa grave forma di mal di testa: sumatriptan e inalazione di ossigeno. L’esperienza italiana con gammacore, altrettanto positiva, è stata riportata da Licia Grazzi del Besta di Milano che, insieme a Piero Barbanti del San Raffaele di Roma, è stata la prima a utilizzarlo nel nostro Paese: “A due ore dalla stimolazione anche in oltre metà (55,4%) dei nostri pazienti, che erano emicranici cronici, il ricorso ai loro soliti farmaci si è ridotto –conferma la Grazzi- Comunque in poco meno della metà (39,2%) il dolore si risolveva completamente entro mezz’ora e non c’è più bisogno di alcun farmaco di supporto” Programma Congresso: http://www.Anircef.it/opencms/sezioni/anircef/evanircef/pdf/stresa-headache-seminar-2015.pdf    
   
   
ARRIVA IL “VIAGRA ROSA” PER LA PRIMA VOLTA NEL MONDO, IL FARMACO FEMMINILE CHE STIMOLA IL CORPO E LA MENTE.  
 
Lecce, 8 giugno 2015 - Fda, l´ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, esaminerà nuovamente questo giovedì una richiesta per la commercializzazione della flibanserina che, se approvata, sarebbe la prima pillola al mondo capace di accrescere il desiderio sessuale nelle donne. Per la terza volta infatti la società farmaceutica tenta di farsi autorizzare la vendita del “flibanserin”. È il Santo Graal per cui i produttori di farmaci sono in fibrillazione poichè ci sono in ballo brevetti e denaro per milioni di dollari. Il cosiddetto Viagra rosa, è un farmaco che che stimola il corpo e la mente. Testato su un campione di circa 11.000 donne con risultati notevoli, il farmaco però è già stato bocciato due volte dalla “Fda”. Le motivazioni del rigetto hanno riguardato gli esiti non abbastanza chiari, soprattutto quando si parla di «soddisfazione sessuale». Tuttavia i medici e gli scienziati che hanno sovrinteso alla ricerca hanno spiegato che il farmaco non garantisce «soddisfazione» ma «desiderio» sessuale, cioè ha il compito di far rinascere la voglia e l’eccitazione nella donna, non di soddisfarla. Inoltre i fautori del “flibanserin” notano che mentre da un lato per gli uomini si riconosce l’importanza delle cure alle disfunzioni erettili, lo stesso atteggiamento non lo si tiene nei confronti delle esigenze femminili. Anche per questo è partita la campagna “Even the score” (Pareggiamo i conti) che unisce tante associazioni femminili e mira ad ottenere parità di trattamento a livello di salute sessuale. In aggiunta la flibanserina, chiamata anche "viagra rosa" o "viagra femminile" è rivolta alle donne che non sono andate in menopausa, produce non trascurabili effetti collaterali nausea, vertigini e sonnolenza. Il Comitato consultivo composto da esperti indipendenti e convocato dalla Fda, giovedì assisterà all´illustrazione di studi clinici e sentirà le testimonianze di gruppi di sostegno di specialisti e di donne. Alla fine della giornata, è prevista una votazione che solitamente segue la chiusura dei lavori di questi comitati.Per alcuni esperti, sottolinea Giovanni D’agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, ci sono fondati timori che la pillola possa creare degli eccessi femminili, folle abbuffate di infedeltà e frammentazione della società, cioè una donna sessualmente aggressiva.  
   
   
TUMORE DEL POLMONE: “LA NUOVA ARMA È L’IMMUNO-ONCOLOGIA IL 51% DEI PAZIENTI CON MALATTIA AVANZATA È VIVO A UN ANNO”  
 
Chicago, 8 giugno 2015 – Cambia la storia naturale del tumore del polmone, una delle neoplasie più frequenti. Grazie all’immuno-oncologia, un nuovo approccio che ha già evidenziato risultati significativi nel melanoma. Il 51% dei pazienti colpiti da tumore del polmone non a piccole cellule (Nsclc) non squamoso metastatico e trattati con nivolumab è vivo ad un anno rispetto al 39% con chemioterapia. Il dato emerge dallo studio Checkmate -057, presentato al 51° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco) svoltosi a Chicago fino al 2 giugno. “Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione in uno dei tumori più difficili da trattare, sia per la rapidità di evoluzione che per la scarsa risposta alle terapie convenzionali – spiega il prof. Lucio Crinò, Direttore dell’Oncologia medica all’Ospedale di Perugia e membro dello Steering Committee internazionale dello studio -. I risultati, in termini di aumento di sopravvivenza, ottenuti in questi pazienti non erano mai stati registrati in precedenza. Infatti una delle poche terapie disponibili finora era costituita da docetaxel, un farmaco chemioterapico, che offriva benefici modesti con rilevanti problemi di tossicità”. Nel 2014 in Italia si sono registrate 40.000 nuove diagnosi (circa il 30% fra le donne): rappresentano l’11% di tutti i nuovi casi di cancro nella popolazione generale. “I dati a disposizione sono ancora poco maturi per poter parlare di lungosopravviventi in questa neoplasia grazie all’immuno-oncologia – continua il prof. Crinò, che è anche coordinatore delle Linee Guida sul tumore del polmone dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) -. Ma, alla luce della tendenza già vista in precedenti studi condotti con questa nuova arma nel melanoma, è molto probabile che queste percentuali di sopravvivenza si mantengano anche negli anni successivi”. I risultati dello studio Checkmate -057 con nivolumab dimostrano per la seconda volta l’efficacia dell’immuno-oncologia nel tumore del polmone. Il farmaco infatti è già stato approvato dall’ente regolatorio statunitense (Fda, Food and Drug Administration), il 4 marzo scorso, per il trattamento dei pazienti con Nsclc squamoso metastatico in progressione durante o dopo chemioterapia a base di platino. L’fda ha rilasciato questa decisione molto prima della data prevista, il 22 giugno 2015. Si è trattato di un iter particolarmente veloce, perché giunto dopo solo tre giorni dall’aver accettato ufficialmente di rivedere la domanda di registrazione presentata da Bristol-myers Squibb. Infatti lo studio alla base dell’approvazione di nivolumab ha mostrato un vantaggio così rilevante in termini di sopravvivenza da indurre l’autorità regolatoria americana ad approvare questa indicazione in soli tre giorni. È la prima volta che si verifica un’approvazione così veloce in oncologia.  
   
   
LOMBARDIA: VIA A PROGRAMMA PER MIGLIORARE ORGANIZZAZIONE SISTEMA SANITARIO  
 
 Milano, 8 giugno 2015 - "Continua il processo di miglioramento del sistema sanitario lombardo. Da parte dell´Assessorato proseguono infatti azioni e provvedimenti di costante innovazione su aspetti organizzativi. La riforma sanitaria di prossima approvazione da parte del Consiglio regionale sarà così la cornice di sistema ad un processo di cambiamento che stiamo già affrontando". Così dichiara Mario Mantovani, vice presidente ed assessore alla Salute di Regione Lombardia commentando l´approvazione da parte della Giunta odierna del ´Nuovo programma integrato di miglioramento dell´organizzazione (Pimo)´. Obiettivo Qualità Sanitaria - Il provvedimento, per la prima volta, fornisce indicazioni uniformi per l´implementazione dei percorsi di miglioramento delle organizzazioni sanitarie in tutte le strutture ospedaliere lombarde. "L´efficacia dell´assistenza è il risultato finale di un complesso intreccio di fattori: la capacità di gestione, la razionalità dell´uso delle risorse disponibili, la capacità di governo dell´innovazione, la capacità di indirizzare i comportamenti professionali degli operatori e, non ultima, la gestione del rischio. La qualità è inoltre determinata -prosegue Mantovani- da specifiche scelte di politica sanitaria che intervengono sugli assetti organizzativi e sui meccanismi di trasferimento delle conoscenze scientifiche nella pratica. Per questa ragione -continua Mantovani- adottiamo tale nuovo strumento finalizzato al continuo processo di miglioramento". I Contenuti - Il Programma di miglioramento dell´organizzazione integra infatti in un unico atto le funzioni e i diversi strumenti di pianificazione e programmazione già in essere nelle singole aziende: Piano Qualità e sicurezza, Piano di Risk Management, Piano delle Performance, Piano della Formazione, Piano della Comunicazione, Codice Etico Comportamentale, Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, Piano triennale Trasparenza e Integrità. Il Programma stabilisce altresì aspetti di miglioramento definiti su base regionale che rappresenteranno le priorità di governo per ogni realtà del sistema sanitario. Un Modello Regionale Di Verifica Dell´offerta - Tale programma è stato elaborato da Gruppo di Lavoro istituito dalla Direzione Salute e costituito da rappresentanti di strutture pubbliche e private accreditate di tutto il territorio lombardo. Lo scopo ultimo del Programma è di promuovere sistemi di verifica della qualità non solo interni alle aziende ma anche direttamente coordinati dalla Direzione Salute. "Un modello - conclude Mantovani - che consentirà, in maniera oggettiva, di valutare complessivamente l´efficacia delle prestazioni, monitorando il miglioramento continuo della qualità e sicurezza del paziente attraverso indicatori uniformi e riconosciuti".  
   
   
AIOM: “IN 10 ANNI RADDOPPIATO IL PREZZO DEI FARMACI ANTI-CANCRO SERVE SUBITO UN FONDO NAZIONALE PER L’ONCOLOGIA”  
 
Chicago, 8 giugno 2015 – In dieci anni il prezzo dei farmaci anti-cancro è duplicato, passando da 4.500 dollari a più di 10mila al mese. L’italia finora è riuscita a reggere l’impatto di questa crescita esponenziale, grazie ai sistemi di rimborso concordati con l’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco). Infatti nel nostro Paese il prezzo medio dei trattamenti antitumorali è fra i più bassi d’Europa. E l’aumento della sopravvivenza garantito dalle nuove armi, come l’immunoterapia, garantisce un circolo virtuoso. Che però rischia di spezzarsi, se non si crea quanto prima un Fondo Nazionale per l’oncologia, che oggi manca. La richiesta alle Istituzioni viene dall’Associazione Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) al 51° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco) svoltosi a Chicago fino al 2 giugno. “Chiediamo di dare vita a questa fonte specifica di risorse da destinare a un settore delicato che richiede particolari attenzioni – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale Aiom, in un incontro con i giornalisti a Chicago -. Il tetto della spesa farmaceutica territoriale è stato ridotto e portato all’11,35% del Fondo Sanitario Nazionale, il tetto di quella ospedaliera è al 3,5%. La maggior parte dei farmaci anti-cancro rientra fra quelli ospedalieri e nel 2014 quest’ultima percentuale è stata superata attestandosi intorno al 4,5%. La copertura economica si sta stringendo in maniera consistente. È necessario istituire una sorta di fondo farmaceutico nazionale staccato, solo così potremo disporre di un maggior numero di risorse per garantire a tutti i pazienti le cure migliori. Serve anche una rivisitazione dei costi dei farmaci sulla base dell’efficacia”. Proprio al Congresso Asco si è aperta la discussione su quale sia il vantaggio minimo in termini di sopravvivenza che un nuova terapia dovrebbe portare. “In oncologia – continua il prof. Pinto - spesso i passi in avanti sono apparentemente irrilevanti, perché solo la somma dei progressi nel corso degli anni può condurre nel tempo a risultati importanti. Dovrebbero essere stabilite tre fasce di costo in rapporto al valore. Nella prima andrebbero inclusi i farmaci che garantiscano un prolungamento di oltre un terzo dell’aspettativa di vita. A seguire la fascia intermedia e nell’ultima rientrerebbero quelle terapie che offrono un prolungamento inferiore al 15% dell’aspettativa di vita”. Nel 2014 sono stati registrati in Italia 365.500 nuovi casi di tumore (circa 1000 al giorno), di cui 196.100 (54%) negli uomini e 169.400 (46%) nelle donne. Alla fine degli anni Settanta solo poco più del 30% delle persone colpite dal cancro sconfiggeva la malattia. Negli anni Novanta quasi il 47%, oggi circa il 60% (in particolare il 57% degli uomini e il 63% delle donne). In quarant’anni le guarigioni sono raddoppiate e si calcola che nel 2015 siano circa 3 milioni (3.036.741) le persone vive dopo una diagnosi oncologica (4,9% degli italiani) con un incremento, rispetto al 2010, del 17%. “In Europa i nuovi farmaci oncologici – spiega la dott.Ssa Stefania Gori, segretario nazionale Aiom - sono approvati dalla European Medicines Agency (Ema) con criteri di validità scientifica degli studi, ma senza alcuna valutazione farmacoeconomica, che viene delegata alle singole nazioni. Ogni Stato membro è obbligato a commercializzare le terapie con prezzi al pubblico che spesso risentono di contrattazioni già eseguite nei Paesi europei più rapidi a registrare. In Italia l’Aifa è riuscita a garantire l’erogabilità a carico del Servizio Sanitario Nazionale di molti farmaci ad alto costo con accorgimenti organizzativi (distribuzione diretta con gli sconti dovuti alle strutture pubbliche) e finanziari (cost-sharing, risk-sharing, payment by result) ”. In particolare nel cost-sharing è previsto uno sconto fisso sul prezzo dei primi cicli di trattamento per tutti i pazienti entrati in terapia (indipendentemente dagli esiti). Nel risk-sharing, rispetto al cost-sharing, lo sconto fisso (fino al 50%) nei primi cicli si applica esclusivamente ai pazienti che non rispondono al trattamento. Nel payment by result si estende il principio del risk-sharing con una copertura totale del prezzo del farmaco utilizzato (100%) in caso di fallimento terapeutico. Attualmente il 33% delle procedure negoziali risponde ai criteri del cost-sharing, il 32% al payment by result e solo il 3% al risk-sharing. “La scelta di utilizzare alcune terapie target – conclude il prof. Pinto - dipende dall’esito di test genetici, svolti per verificare che il paziente sia idoneo a ricevere il trattamento. Un indiscutibile vantaggio, anche in termini economici. Il sistema italiano di rimborsabilità funziona, ma ora è necessario introdurre alcune modifiche nella valutazione del prezzo dei farmaci, che si riferiscano anche all’efficacia. Innovazione, sostenibilità e appropriatezza vanno correlate alla organizzazione del sistema sanitario e del percorso assistenziale. In fase di disegno di uno studio clinico e di interpretazione dei risultati da parte delle autorità regolatorie deve cioè essere considerata anche la rilevanza clinica dei dati statisticamente significativi. I vantaggi dell’introduzione di un farmaco vanno cioè considerati nell’ambito dell’intero processo diagnostico-terapeutico”.  
   
   
TUMORE DEL SENO, ITALIA AL VERTICE DELLA RICERCA  
 
Chicago, 8 giugno 2015 – Oggi è possibile aumentare la concentrazione del farmaco antitumorale per colpire selettivamente le cellule malate. Grazie alla nanotecnologia particelle di dimensioni nanometriche trasportano il farmaco chemioterapico in dosi maggiori rispetto alla formulazione tradizionale (+33%), aumentandone l’efficacia con meno effetti collaterali. Nab-paclitaxel ha dimostrato di essere efficace anche in una forma di tumore del seno particolarmente aggressiva, quella metastatica “triplo-negativa”. E al 51° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco), il più importante appuntamento mondiale di oncologia in corso a Chicago fino al 2 giugno, viene presentato lo studio internazionale “tnAcity”, con l’Italia secondo Paese al mondo per numero di pazienti reclutate dopo gli Usa. “In questa forma di tumore a oggi è disponibile solo la chemioterapia – afferma il prof. Pierfranco Conte, direttore dell’Oncologia Medica dell’Istituto Oncologico Veneto (Iov) di Padova e principal investigator dello studio -. Quindi è essenziale trovare il miglior regime chemioterapico per queste pazienti. Nab-paclitaxel, cioè paclitaxel legato all’albumina in nanoparticelle, è un farmaco innovativo che coniuga un principio attivo di efficacia antitumorale comprovata, paclitaxel, con la tecnologia d’avanguardia basata sulle nanoparticelle”. Nel nostro Paese vivono più di 522mila donne con tumore del seno. Le percentuali di guarigione sono in costante crescita, oggi infatti l’87% è vivo a cinque anni dalla diagnosi. Nel 2014 si sono registrate 48mila nuove diagnosi. “All’asco – continua il prof. Conte – vengono presentati anche studi che dimostrano come regimi con nab-paclitaxel, somministrato prima dell’intervento chirurgico, siano in grado di indurre una maggior percentuale di risposte patologiche complete. Si tratta di un parametro molto importante perché consiste nell’assenza di tumore invasivo sia nel seno che nei linfonodi ed è strettamente legato all’esito favorevole a lungo termine, cioè alla sopravvivenza”. “Infine – conclude il prof. Conte - altri dati interessanti presentati a Chicago riguardano l´efficacia e la tollerabilità di nab-paclitaxel in donne anziane colpite da tumore del seno. Vi è una carenza di dati di studi clinici nelle pazienti over 65. Ed è importante dimostrare che anche queste malate, qualora necessitino di chemioterapia, possano essere trattate in maniera efficace senza compromettere la loro qualità di vita”. Il cancro della mammella rappresenta il tumore più frequentemente diagnosticato tra le under 50 (41% ), nella classe d’età compresa fra 50 e 69 anni (35%) e nelle over 70 (21%).  
   
   
LA REGIONE PIEMONTE AVVIA IL RIORDINO DELL´ASSISTENZA AI PAZIENTI PSICHIATRICI  
 
 Torino, 8 giugno 2015 - La Regione Piemonte avvia il riordino dell’assistenza ai pazienti psichiatrici Saitta e Ferrari: “Regole certe non per risparmiare, ma per spendere meglio” La Regione Piemonte riordina il settore dell’assistenza ai pazienti psichiatrici, “un impegno irrinunciabile – dice l’assessore alla sanità Antonio Saitta – sia perchè rientra nei programmi operativi imposti dal tavolo ex Massicci, sia perché da troppo tempo in Piemonte non si riusciva a disciplinare l’intera filiera dei servizi residenziali psichiatrici presenti sul territori, definendone i requisiti autorizzativi e di accreditamento, i criteri di accesso, il regime tariffario e la funzione di vigilanza e controllo. Non pensiamo di risparmiare, ma di spendere meglio i soldi pubblici”. Attualmente in Piemonte sono presenti tre tipologie di strutture residenziali riservate ad accogliere i pazienti adulti affetti da patologie psichiatriche: i gruppi appartamento, le comunità alloggio e le comunità protette (di tipo A e B). Una delibera del 2009 accreditava le comunità protette e le comunità alloggio, rinviando la previsione di modalità autorizzative e di accreditamento per i Gruppi Appartamento, che quindi ad oggi non sono erano mai stati accreditati. Da un’ultima rilevazione e dall’analisi dei piani di attività (al dicembre 2014) la situazione risulta: - Gruppi Appartamento: il numero di strutture è pari a 355, con 1.365 posti letto e 440.184 giornate erogate; - Comunità Alloggio: il numero di strutture accreditate è pari a 21 con 208 posti letto e 111.691 giornate erogate; - Comunità Protette: il numero di strutture accreditate è pari a 64 (di cui 54 di tipologia B e 10 di tipologia A) con un totale di 1.263 posti letto e 250.896 giornate erogate. “Su questo settore - aggiunge Saitta - c’è una forte attenzione da parte della Conte dei Conti e la Giunta Chiamparino si era impegnata fin dall’insediamento a fare chiarezza e rimettere ordine. Del resto è un settore che impegno ogni anno 200 milioni di euro del fondo sanitario ed io sento forte la necessità di capire come vengono spese le risorse pubbliche. Per questo partiamo facendo una fotografia dell’esistente, che ad oggi manca, garantendo il mantenimento dello status quo fino a fine anno, ma dal 2016 entreranno in vigore le nuove regole”. “Questa riforma era necessaria e doverosa - spiega l’assessore alle politiche sociali Augusto Ferrari – contiene un processo di accompagnamento proprio grazie alla fase transitoria fino a tutto il 2015 soprattutto per consentire ai gruppi di appartamento di accreditarsi continuando a lavorare alle attuali condizioni. Nessuna mannaia quindi, ma nuove regole certe e chiare dal prossimo anno, dopo il necessario confronto con i Comuni e gli Enti gestori dei servizi socio assistenziali. Ci sarà un ulteriore provvedimento di Giunta specifico sui gruppi appartamento e sui temi della compartecipazione successivo ad un momento di confronto e di approfondimento con i Comuni e i Consorzi dei servizi socio-assistenziali.” In Piemonte risulta un numero di posti di assistenza psichiatrica anche superiore ai parametri nazionali (l’indicatore di fabbisogno fissato nel “Progetto obiettivo tutela salute mentale” definiva un rapporto ottimale di 1 posto di assistenza residenziale ogni 5.000 abitanti, oggi si rileva una dotazione esistente media di 3,2 posti ogni 5.000 abitanti). Saitta ha sottolineato che sul territorio “risulta anche la presenza di alcune Rsa che accolgono utenti con patologie psichiatriche nonostante siano dedicate ad accogliere altre tipologie di pazienti” Il riordino prevede l’individuazione di tre tipologie di strutture residenziali psichiatriche sulla base dell’intensità terapeutico riabilitativa dei programmi attuati e dei livelli di intensità assistenziale: struttura residenziale psichiatrica per trattamenti terapeutico riabilitativi a carattere intensivo; struttura residenziale psichiatrica per trattamenti terapeutico riabilitativi a carattere estensivo; struttura residenziale psichiatrica per interventi socio riabilitativi, con differenti livelli di intensità assistenziale, articolata in tre sotto tipologie, con personale sociosanitario presente nelle 24 ore, nelle 12 ore, per fasce orarie. Le prime due sono strutture sanitarie, la terza tipologia è di natura sociosanitaria. Le Comunità Protette di tipo A e B confluiranno nelle prime due tipologie, mentre i gruppi appartamento e le comunità alloggio nella, invece, in quella socio sanitaria Per le Comunità Protette, inoltre, viene rivisto il sistema di classificazione dell’utenza, adeguandolo ai nuovi bisogni, attraverso un sistema che considera il livello di intensità assistenziale e di intensità terapeutico riabilitativa necessaria, prevedendone tre livelli. Coerentemente, viene aggiornato il sistema dei requisiti specifici di accreditamento ed il sistema tariffario. Nel caso dei Gruppi Appartamento, invece, vengono definiti i sistemi autorizzativi e di accreditamento fino ad oggi mancanti e le tariffe.  
   
   
SARDEGNA: EBOLA, FINE ISOLAMENTO MEDICI E PARENTI DEL COOPERANTE. NESSUN RISCHIO PER LA POPOLAZIONE  
 
Sassari, 8 Giugno 2015 - Si è concluso positivamente il periodo di autoisolamento del personale medico e dei familiari venuti a contatto con l´infermiere sassarese che il mese scorso aveva contratto in virus dell´ebola in Sierra Leone. Le misure precauzionali - previste dal protocollo - hanno imposto alla madre e alle due sorelle del cooperante l´autoisolamento per 21 giorni, durante il quale nessun sintomo della malattia si è manifestato. Mentre per il personale sanitario e i medici che hanno assistito l´infermiere 37enne si è proceduto all´isolamento cautelare, come misura precauzionale ulteriore rispetto al protocollo nazionale. "I familiari, il personale sanitario e la popolazione - ha detto l’assessore della Sanità Luigi Arru - non corrono più alcun rischio. E´ necessario rassicurare tutti: la gestione del primo caso di ebola in Italia si può dire al momento conclusa in maniera positiva. La struttura sanitaria ha risposto bene seguendo quello che è il protocollo nazionale e regionale, a disposizione delle Asl già dallo scorso ottobre". E sulle procedure seguite durante le operazioni di assistenza all’infermiere che ha contratto il virus, l´assessore della Sanità ha ribadito come si siano svolte in totale sicurezza. "Sia durante il trasferimento del paziente dalla sua casa al reparto di malattie infettive di Sassari, sia durante la degenza che nel passaggio successivo, ovvero il trasferimento all’ospedale Spallanzani di Roma, dove il cooperante si trova tutt’ora ricoverato”. "Dall´assessorato continuiamo a seguire con attenzione lo stato di salute del paziente sassarese - ha concluso il rappresentante dell´Esecutivo - siamo in contatto con l´ospedale Spallanzani, dal quale ci confortano sul miglioramento dello stato di salute del giovane e da dove attendiamo che i medici lo dichiarino quanto prima definitivamente fuori pericolo". Nei prossimi giorni l´assessore Arru, insieme ai rappresentanti del Ministero della Salute, sarà a Sassari per un ulteriore approfondimento del caso ebola, e per apportare eventuali integrazioni e modifiche al protocollo.  
   
   
PIEMONTE: PIANO REGIONALE DI PREVENZIONE 2015-2018: IMPORTANTE UN´INTEGRAZIONE IN MATERIA DI MEDICINA DI GENERE  
 
Torino, 8 giugno 2015 – Il 4 giugno durante la seduta della Giunta regionale del Piemonte è stato esaminato il testo del Piano regionale di Prevenzione 2015-2018 in ambito sanitario, un testo complesso e articolato che si rivolge ai cittadini, agli addetti ai lavori, alle imprese, alle associazioni, agli enti di ricerca e agli amministratori pubblici con il quale ci si pone l´obiettivo di promuovere la salute a 360 gradi. Monica Cerutti, assessora regionale alle Pari Opportunità , ha aggiunto nel testo gli obiettivi di genere : " Si introduce come obiettivo trasversale la medicina di genere, anzi la medicina delle differenze (una medicina basata sulle differenze è più efficace) naturale conseguenza dell´umanizzazione della cura basata sulle peculiarità biologico-ormonali e anatomiche delle donne. Si tratta di azioni d´integrazione da introdurre nei piani di prevenzione annuali finalizzate alla presa in carico delle persone che tengano presente le differenze di genere sotto l´aspetto psicologico ma anche biologico funzionale, psicologico sociale e culturale. Si pratica (o si dovrebbe praticare) medicina delle differenze non solo per motivi di attenzione all’altro e per motivi di efficacia, ma anche perché è un diritto, in questo caso delle donne, essere trattate come persone che responsabilmente compiono delle scelte sulla propria salute a partire dalla propria condizione umana e sociale dalla quale nessuna terapia potrà mai prescindere ". La medicina di genere riconosce lo specifico vissuto delle persone di fronte alla propria salute e tiene conto degli aspetti bio-medici, sociali e culturali della persona. " Non esiste una medicina per tutti e tutte, ma una medicina misurata sulle differenze è più efficace. È per questo che uno dei compiti di chi si occupa di Pari Opportunità all´interno delle istituzioni è quello di sensibilizzare anche il personale medico e paramedico su questi concetti e questa cultura. Gli ottimi risultati raggiunti dal programma Prevenzione Serena di screening per la prevenzione e la diagnosi precoce del tumore della mammella, del collo dell´utero e del colon- retto devono ad esempio essere replicati nell´ambito delle malattie cardiovascolari, erroneamente ricondotte nella pratica al solo genere maschile " - ha dichiarato Monica Cerutti . All´interno del Piano regionale di Prevenzione 2015-2018 sono già presenti alcuni aspetti importanti relativi alla medicina di genere : promozione dell´allattamento al seno, attraverso iniziative di formazione o aggiornamento per gli operatori dei Dipartimenti Materno-infantili e il monitoraggio dei dati sull´allattamento al seno; ancora in ambito materno si colloca il percorso formativo teso ad analizzare la sostenibilità delle home visiting quale strumento di elezione nel sostegno alla genitorialità, nonché messa a punto e la diffusione di strumenti comunicativi multilingue per le azioni di promozione della salute in continuità col Programma “Genitori più”; potenziamento degli interventi rivolti alle donne straniere; sviluppo di interventi rivolti alle donne con rischio ereditario per tumore della mammella.  
   
   
TUMORE DEL POLMONE: I NANOFARMACI SONO LA NUOVA ARMA  
 
Chicago, 8 giugno 2015 – Una nuova arma contro il tumore del polmone in fase avanzata. È costituita da un nanofarmaco, nab-paclitaxel, che associato a carboplatino (un farmaco chemioterapico) ha dimostrato maggiore efficacia nel trattamento tumore del polmone non a piccole cellule squamoso (la forma più diffusa), in particolare nei pazienti anziani colpiti da questa malattia. La notizia viene dal 51° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco) che si è chiuso a Chicago. Negli Stati Uniti questa associazione rappresenta già uno degli standard di trattamento. Nel nostro Paese negli over 70 il tumore del polmone è la seconda neoplasia più frequente fra gli uomini (17%) e la terza fra le donne (7%). “Il dato riportato negli anziani è determinato dall’ottima tollerabilità e dalla minore tossicità del farmaco – spiega il prof. Cesare Gridelli, Direttore del Dipartimento di Onco-ematologia dell’Azienda Ospedaliera Moscati di Avellino -. Con nab-paclitaxel, la concentrazione di paclitaxel libera nell’organismo è 10 volte superiore a quella di paclitaxel convenzionale, permettendo una maggiore esposizione al farmaco rispetto alla formulazione tradizionale. È in fase di studio l’utilizzo di nab-paclitaxel in mantenimento come agente singolo, dopo la prima fase del trattamento rappresentata dall’associazione con carboplatino”. Con 1.800.000 casi diagnosticati nel 2012, il tumore del polmone è la forma di neoplasia maschile più frequente al mondo, la terza per le donne dopo il tumore della mammella e del colon. Nel 2014 sono state stimate in Italia 40.000 nuove diagnosi (circa il 30% fra le donne). Rappresentano l’11% di tutte le nuove diagnosi di cancro nella popolazione generale (più in particolare, il 15% di queste nei maschi e il 6% nelle femmine). Negli ultimi anni si è registrato un progressivo e preoccupante aumento di casi nelle donne, dovuto al diffondersi del vizio del fumo. È infatti statisticamente dimostrato che il consumo di prodotti a base di tabacco sia responsabile dell’85-90% dei casi di neoplasie polmonari. La probabilità di sviluppare la malattia aumenta di 14 volte nei tabagisti rispetto ai non fumatori (e fino a 20 volte nelle persone che consumano oltre 20 sigarette al giorno). È una patologia subdola che, spesso, non presenta sintomi fino allo stadio avanzato. “Al Congresso Asco – conclude il prof. Gridelli - sono stati presentati anche dati provenienti dalla pratica clinica americana che hanno confermato l’ottima tollerabilità di questa terapia e la possibilità di eseguire trattamenti anche di lunga durata. Inoltre, sono stati presentati dati preliminari molto confortanti sull’associazione di nab-paclitaxel con nivolumab, un nuovo farmaco immunoterapico. Si prospetta di particolare interesse l’interazione della chemioterapia target costituita da nab-paclitaxel con l´immunoterapia, una delle aree più promettenti del trattamento di questa neoplasia”.  
   
   
SLOW MEDICINE, AL VIA PROTOCOLLO D´INTESA E CONVEGNO A CAGLIARI. STOP ALL´ABUSO DI ESAMI E FARMACI  
 
 Cagliari, 8 Giugno 2015 - "Fare di più non significa fare meglio". È questa la filosofia Slow Medicine, rete di professionisti e cittadini che si riconosce in una medicina sobria, rispettosa e giusta. La Regione sta portando avanti un protocollo d´intesa, che sarà stipulato a breve, con Slow Medicine per migliorare le pratiche di assistenza sanitaria sul territorio. "L´obiettivo per la Sardegna - ha detto l´assessore Arru - è rendere sempre più appropriate le pratiche cliniche e il rapporto tra professionisti e pazienti". Questo, in estrema sintesi, ciò che verrà spiegato durante la due giorni di convegno (il 5 e 6 giugno), organizzato dall´Ordine dei medici della Provincia di Cagliari nella sala Cis in viale Bonaria. Umanizzazione delle cure. Il convegno sarà un momento di riflessione sull’attuale modello sanitario che, ha detto l’assessore Arru, "è afflitto da un abuso di analisi e tecnologia, quasi come se valesse l’equivalenza che curarsi di più sia meglio. In realtà, spesso non si riscontrano reali benefici e tutte queste pratiche si rivelano uno spreco di risorse. L´obiettivo al quale dobbiamo tendere è una maggiore umanizzazione delle cure, e alla salute come bene comune". Il modello di Slow Medicine ha tre parole d´ordine: cure sobrie, rispettose e appropriate. Dunque, prescrizione solo di analisi e farmaci realmente necessari, senza eccessi per il paziente-cittadino, mettendo al centro il rapporto medico-paziente. "Abbiamo bisogno di una pratica medica di qualità, che tagli gli sprechi e accresca i benefici - ha precisato l´esponente dell’Esecutivo - e individui le pratiche inappropriate che condizionano l’agire dei professionisti del settore, cercando di cambiare rotta, rafforzando le competenze tecniche e relazionali". Il protocollo Regione-slow Medicine. Per fare questo, la Regione stipulerà a breve un protocollo d´intesa con Slow Medicine. La collaborazione terrà conto dei Piani di sviluppo approvati in ambito regionale per l’attivazione, negli ospedali e nelle organizzazioni territoriali, di iniziative finalizzate alla promozione della salute, con particolare riferimento ai principi di Slow Medicine, che sarà di supporto anche nello sviluppo dei programmi regionali e locali. Le aree di intervento. Nella fase di affiancamento e formazione, Slow Medicine sarà presente agli eventi ufficiali e presenterà il progetto, mettendo in evidenza quelle che sono le pratiche e il rischio di inappropriatezza. Saranno formati i medici e gli altri professionisti del settore sanitario e valutati i risultati delle ricerche cliniche e l’abilità di comunicazione e relazione con i pazienti.  
   
   
MICROCITEMICO. SARDEGNA, ALL´AISGOP: "IMPEGNO PER GARANTIRE PERSONALE INFERMIERISTICO"  
 
Cagliari, 8 Giugno 2015 - L´assessore della Sanità Luigi Arru, insieme al direttore Sanitario della Asl 8 Pierpaolo Pani, ha incontrato, negli uffici dell’assessorato di via Roma, i rappresentanti dell´Asgop (Associazione Sarda Genitori Oncoematologia Pediatrica). I genitori dei bambini, ricoverati nel reparto di oncoematologia dell’Ospedale Microcitemico di Cagliari, hanno rappresentato al titolare della Sanità la carenza di personale infermieristico e le criticità di tipo logistico venutesi a creare. L´esponente della Giunta Pigliaru ha dunque chiesto ai vertici della Asl un impegno per risolvere in tempi rapidissimi la carenza di personale. "Cercheremo di dotare il reparto quanto prima - ha detto Arru - di almeno altri tre infermieri che possano dare risposte ai bisogni di bambini e genitori". L´assessore ha inoltre ribadito ai rappresentanti dell´associazione presenti all’incontro la volontà di creare le condizioni affinché il Microcitemico diventi l’ospedale pediatrico della Sardegna.  
   
   
IN TRENTINO BASSO IL RISCHIO DI DIPENDENZA PATOLOGICA DA GIOCO MA NON SI DEVE ABBASSARE LA GUARDIA  
 
Trento, 8 giugno 2015 - I trentini giocano meno della media italiana e il rischio di sviluppare una dipendenza patologica è moderato per l’1,5% della popolazione, ma si può fare di più in chiave preventiva: questo in sintesi quanto emerge dal rapporto sul gioco d´azzardo patologico realizzato nell´ambito del Progetto Preg.io 2013-2014, presentato stamani nel corso di una conferenza stampa a cui hanno preso parte l´assessora provinciale alla salute e solidarietà sociale Donata Borgonovo Re e il direttore di Transcrime Ernesto Savona. Sviluppato dal centro di ricerca Transcrime nell´ambito di un´iniziativa che ha coinvolto la Provincia autonoma di Trento, l´Apss, l´Università e il Comune di Trento, il rapporto ha consentito di gettare nuova luce su un fenomeno che crea allarme sociale e che necessita al tempo stesso di un attento monitotraggio e di una accurata attività di educazione/prevenzione. Nessuno del campione dei 500 intervistati nel corso dell´indagine è risultato un giocatore patologico. Sono state però 116 nel 2013 le persone che si sono rivolte al Ser.d. (Servizi per le Dipendenze dell´Azienda provinciale per i servizi sanitari) per problemi legati al gioco d’azzardo. Il gioco preferito risulta essere il Gratta&vinci (67,6%) seguito da Lotto/superenalotto/simili (20,2%) e scommesse sportive (6,5%). Sulla base dei dati del campione esaminato, per l´87% dei giocatori non esistono aspetti problematici legati a questa attività mentre l’11% presenta un rischio basso di sviluppare una dipendenza. L’opinione pubblica trentina in questi anni ha dimostrato grande attenzione e sensibilità nei confronti dei danni da gioco d’azzardo patologico. Un allarme sociale che si è tradotto, anche, in numerose iniziative di prevenzione sul territorio provinciale. Al di là dei casi conclamati - 116 le persone che si sono rivolte al Ser.d. (Servizi per le Dipendenze dell´Azienda provinciale per i servizi sanitari) per problemi legati al gioco d’azzardo patologico nel 2013 - è emerso il bisogno, espresso da più parti, di monitorare con sempre maggiore attenzione il fenomeno del gioco d’azzardo in provincia di Trento. Non a caso - come ha ricordato l´assessora Borgonovo Re - la prossima settimana approderà alla Iv Commissione consiliare un disegno di legge sul tema, frutto della convergenza di due distinte proposte, una avanzata dal consigliere Viola, l´altra dalla consigliera Plotegher. In questa direzione si è mosso anche il progetto Pre.gio. (Monitoraggio e prevenzione del gioco d’azzardo patologico), i cui risultati sono stati presentati oggi in una conferenza stampa presieduta dall’assessora Borgonovo Re. Il lavoro multidisciplinare coordinato dal centro interuniversitario Transcrime, diretto dal professor Ernesto Savona, e curato da Stefano Caneppele e Marina Marchiaro, ha visto la partecipazione di ricercatori dell’Università di Trento, di funzionari dei Dipartimenti Salute e Conoscenza della Provincia autonoma di Trento, dell’Apss e del Comune di Trento. Alla conferenza stampa sono intervenuti Stefano Caneppele di Transcrime, Pirous Fateh Moghadam, dell´ Osservatorio per la Salute - Dipartimento Salute e solidarietà sociale della Provincia autonoma di Trento, Bruno Bertelli del Dipartimento di Sociologia dell´Università degli Studi di Trento, Nicolao Bonini, del Dipartimento di Economia e Management dell´ Università degli Studi di Trento e Raffele Lovaste, direttore del Ser.d. Dell´azienda provinciale servizi sanitari. Ecco in sintesi i principali risultati. La dimensione del gioco d’azzardo (patologico) tra gli adulti trentini: l’1,5% a rischio moderato di sviluppare una dipendenza patologica - I dati Ipsad (2010) elaborati dal Ser.d. Di Trento avevano già evidenziato come in Trentino Alto Adige le percentuali di giocatori fossero inferiori alla media nazionale. Il progetto Pre.gio. Ha raccolto dati specifici sulla realtà provinciale intervistando un campione rappresentativo di 500 adulti trentini. Dai dati raccolti nel 2014 si rileva che il 26% dei trentini ha dichiarato di aver giocato nei 3 mesi precedenti l’indagine. La quasi totalità dei giocatori svolge l’attività di gioco all’interno di bar/ tabacchi (92%). Il gioco preferito è il Gratta&vinci (67,6%) seguito da Lotto/superenalotto/simili (20,2%) e scommesse sportive (6,5%). In termini di tipologie di giocatori, l’87% gioca in assenza di aspetti problematici, l’11% presenta un rischio basso di sviluppare una dipendenza da gioco e l’1,5% un rischio moderato. Nessuno degli intervistati è risultato giocatore patologico. In questo senso, i nuovi dati sono in linea con i risultati della precedente indagine Ipsad (2010) condotta su base regionale. Inoltre, secondo l’indagine, il 44% della popolazione saprebbe come trovare aiuto per una persona con problemi di gioco. Tra questi il 29% si rivolgerebbe al Servizio delle dipendenze, ai servizi sociali o più in generale all’Asl, il 20% chiederebbe aiuto a uno psicologo, il 12% al medico di famiglia e un altro 12% a familiari e/o amici, mentre il 5% si rivolgerebbe ad associazioni di volontariato o alla parrocchia. L’indagine è stata condotta seguendo i protocolli previsti dal sistema di sorveglianza nazionale Passi (Progressi per le Aziende Sanitarie per la Salute in Italia). La provincia di Trento è stata la prima realtà a livello nazionale a sviluppare un modulo di rilevazione nel sistema Passi dedicato al gioco d’azzardo. Questo permetterà di ripeterla periodicamente per osservare le variazioni temporali sul fenomeno. La dimensione del gioco d’azzardo (patologico) tra gli studenti trentini: l’1,9% a rischio elevato di sviluppare una dipendenza patologica - Il progetto Pre.gio. Ha intervistato 1040 studenti di Licei, Istituti tecnici e Centri di formazione professionale della provincia di Trento per capire l’attitudine dei giovani verso il gioco d’azzardo. Dall’indagine è risultato che meno di un quinto degli studenti gioca d’azzardo. Il gioco offline (es. Gratta&vinci) è praticato in misura maggiore rispetto al gioco online, che interessa poco più del 3% degli studenti. Come per gli adulti, i giochi più praticati sono Gratta&vinci e scommesse sportive seguiti dai giochi di carte a soldi. Anche i giovani giocano prevalentemente al bar, al pub o ai tabacchi e in compagnia di amici. Più della metà degli studenti pratica questa attività meno di una volta al mese, per meno di mezz’ora e spendendo meno di 10 euro per volta. A giocare d’azzardo sono più i ragazzi delle ragazze. Fra gli studenti, tendono a giocare specialmente i più grandi. Sotto il profilo delle tipologie di giocatore, si è visto che poco meno di un terzo degli studenti che gioca manifesta un rischio di gioco d’azzardo patologico basso, l’11,7% un rischio moderato e l’1,9% un rischio elevato. Essere maschi, vivere in una famiglia mono-genitoriale, lo scarso profitto e impegno scolastico, la tendenza a mettere in atto contemporaneamente anche altri comportamenti a rischio, la familiarità con l’attività (amici e genitori che giocano) sono tutti fattori che aumentano la possibilità di giocare in modo eccessivo. Inoltre, l’indagine ha rilevato che gli studenti conoscono le caratteristiche del gioco d’azzardo (casualità, divieto di gioco per i minorenni, possibilità di sviluppare una dipendenza) e che l’aver seguito progetti di educazione sul tema in ambito scolastico migliora queste conoscenze. Impulsività e propensione al gioco d’azzardo patologico: un nesso che può essere usato per identificare precocemente i soggetti a rischio - Il progetto Pre.gio. Ha inoltre condotto un’indagine sperimentale per comprendere il ruolo dell’impulsività nello sviluppo di patologie legate al gioco d’azzardo. Lo studio ha coinvolto 120 soggetti residenti nelle province di Trento e Bolzano nel periodo compreso tra gennaio e settembre 2014. I soggetti sono stati distinti in 3 gruppi (non giocatori, giocatori sociali e giocatori patologici) e sono stati misurati i livelli di impulsività in diverse situazioni. L’indagine ha rilevato che i giocatori patologici sono risultati più impulsivi rispetto ai giocatori sociali e ai non giocatori. L’impulsività, come tratto della persona, è quindi un fattore di rischio nello sviluppo di patologie sul gioco d’azzardo. Ai fini pratici, i questionari sull’impulsività utilizzati potranno essere utilizzati per identificare precocemente i soggetti più a rischio di sviluppare una dipendenza. La prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico in Trentino: molte le iniziative, ma è carente la valutazione sull’efficacia - Nel periodo 2012-2014 sono state realizzate numerose iniziative educative per contrastare il gioco patologico (incontri e dibattiti, studi e materiale informativo, programmi radio, cortometraggi e cortei). Tuttavia, nella quasi totalità dei casi non è stata prevista la valutazione degli interventi. Non è stato quindi possibile identificare i progetti più virtuosi in termini di rapporto costo-efficacia. Per quanto riguarda il trattamento, i modelli attivi in Trentino sono 5 (trattamento individuale ambulatoriale, trattamento residenziale, trattamento psicoterapico gruppale, gruppi di auto aiuto per il gioco d’azzardo, terapeuti e realtà private attive nel trattamento del gioco patologico), gestiti dal Ser.d. In collaborazione con diversi soggetti formati sul tema (associazione Ama, Siipac). Per monitorare l´efficacia dei trattamenti il Ser.d. Ha adottato il modello del Total Quality Management (Tqm) che sta producendo risultati soddisfacenti. Cosa si può fare per migliorare il contrasto al gioco d’azzardo patologico: politiche di prevenzione e di trattamento che siano valutate in termini di costi e di risultati - Pre.gio. Suggerisce che la prevenzione primaria di tipo comunitario, con attenzione alle fasce più deboli ed esposte della popolazione (minori e anziani), è centrale per contenere i fattori di rischio e potenziare i fattori protettivi. Anche la prevenzione di tipo amministrativo da parte dei comuni può aiutare (ad esempio limitare la scelta nella collocazione di nuove sale giochi, definizione dell’orario massimo di apertura). È inoltre necessaria una maggiore sistematicità e un migliore coordinamento tra le iniziative di prevenzione che devono essere valutate per rendere la spesa pubblica più efficace ed efficiente. Per quanto riguarda la fase del trattamento, serve sviluppare una procedura che sia ancora più basata su evidenze scientifiche, tracciabile e valutabile dal punto di vista dei risultati e dei costi.  
   
   
BOLZANO: PRESENTATO DISEGNO DI LEGGE PROVINCIALE SULLE PERSONE DISABILI  
 
Bolzano, 8 giugno 2015 - “Partecipazione ed inclusione di persone con disabilità” sono questi i principi ispiratori del nuovo disegno di legge provinciale che è stato approvato recentemente dalla Giunta provinciale. I punti più significativi del testo ed il processo che ha portato alla sua stesura definitiva sono stati al centro della conferenza stampa organizzata il 3 giugno dall’assessora provinciale Martha Stocker. L´iter che ha portato alla definizione del testo della legge provinciale riguardante le persone disabili è durato oltre due anni ed è stato realizzato anche attraverso una piattaforma online, gruppi di lavoro e convegni sulle barriere architettoniche, nonché con il sostegno di 11 diverse Ripartizioni provinciali. Ora l´iter legislativo prevede che il testo della legge sulla "Partecipazione ed inclusione di persone con disabilità" passi all´esame della competente Commissione del Consiglio provinciale. Questa mattina (3 giugno) l´assessora provinciale alla sanità ed alle politiche sociali, Martha Stocker, ha presentato alla stampa il disegno di legge unitamente al direttore della Ripartizione politiche sociali, Luca Critelli, alla vice direttrice dell´Ufficio persone con disabilità, Ute Gebert, e la rappresentante dell´Intendenza scolastica di lingua italiana, Maria Rita Chiaramonte, il direttore della Federazione per il sociale e la sanità, Georg Leimstädtner, il presidente dell´Associazione genitori di persone disabili, Hansjörg Elsler, Robert Mumelter e Karin Pfeifer, dell´associazione "People first" che si occupa di persone con problemi di apprendimento. Nel corso del suo intervento l´assessora Stocker ha sottolineato l´esigenza che il processo di compartecipazione, che ha avuto luogo nella fase di definizione del testo del disegno di legge, prosegua anche nella successiva fase di definizione delle sue norme di attuazione. Le principali sfide in questo ambito riguardano, secondo l´assessora, il lavoro ed il settore abitativo e per l´anno in corso è previsto un ulteriore stanziamento a favore delle persone disabili per un ammontare di 1,2 milioni di euro. La vice direttrice dell´Ufficio persone con disabilità, Ute Gebert, ha quindi illustrato gli aspetti più significativi che caratterizzano il testo della nuova legge e che toccano un po´ tutti i settori della vita delle persone disabili, dalla famiglia all´abitare, dalla sanità, alla cultura, dal tempo libero al turismo, con particolare attenzione alla mobilità, alla partecipazione ed all´inclusione. Per quanto riguarda il settore della scuola, ha sottolineato Maria Rita Chiaramonte, in rappresentanza dell´Intendenza scolastica di lingua italiana, la nuova legge punta soprattutto sulla qualità di un modello scolastico inclusivo e sulla formazione del personale. Il direttore della Federazione per il sociale e la sanità, Georg Leimstädtner, ed il presidente dell´Associazione genitori di persone disabili, Hansjörg Elsler, hanno quindi espresso il loro apprezzamento per il testo del nuovo disegno di legge mentre Robert Mumelter dell´associazione "People first" ha posto l´accento sull´importanza della stesura della legge anche in lingua facilitata allo scopo di renderne comprensibili a tutti i contenuti.  
   
   
BOLZANO. “LA SICUREZZA DELL’ASSISTENZA DEI PAZIENTI È RESPONSABILITÀ COMUNE"  
 
Bolzano. 8 giugno 2015 - L’assessora provinciale alla sanità ed alle politiche sociali, Martha Stocker, sottolinea in una nota la necessità di definire un contratto integrativo provinciale per i medici di famiglia, dopo che lo stesso sindacato dei medici di famiglia Fimmg ha impugnato con successo il contratto collettivo provinciale della categoria. Nella sua nota l´assessora Stocker fa in primo luogo un quadro della complessa storia che ha portato all´attuale situazione: la Fimmg (Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale), uno dei quattro sindacati dei medici di famiglia presenti in Alto Adige, aveva impugnato il contratto collettivo provinciale dei medici di base ed ottenuto, di conseguenza, l´obbligo di applicazione a livello provinciale del contratto collettivo nazionale. Questo contratto nazionale prevede, in alcuni punt,i notevoli riduzioni dei compensi dei medici di medicina generale, soprattutto a causa della riduzione della quota pro-capite per il numero di pazienti che fissa un tetto massimo di 1.500 pazienti, mentre tale tetto massimo in Alto Adige prevede sino a 2.000 pazienti per ogni medico di famiglia. "L´obbligo di applicazione del contratto collettivo nazionale, che prevede alcuni peggioramenti, deve essere quindi attribuito dai medici di medicina generale al loro stesso sindacato Fimmg. Naturalmente la Provincia ha l´obbligo in primo logo di rispettare le sentenze ed in secondo luogo di farsi carico del fatto che sia garantita l´assistenza sanitaria dei pazienti. Per questa ragione era nostra intenzione, attraverso la definizione di un nuovo contratto integrativo di porre rimedio ai possibili aspetti peggiorativi legati alla sentenza, sempre tenendo presente la necessità che tutti insieme, Provincia, Azienda sanitaria e medici di medicina generale, abbiamo degli obblighi nei confronti dei nostri pazienti. Nel nostro sistema di assistenza sanitaria territoriale i medici di medicina generale rappresentano il partner più improntante" sottolinea nella sua nota l´assessora Stocker. Un gruppo di medici altoatesini di medicina generale ha annunciato il 27 maggio scorso all´Azienda sanitaria con una lettera il recesso, a partire dal 1° giugno, dal servizio di reperibilità durante il fine settimana. Motivo di tale presa di posizione: l´insoddisfazione in merito al nuovo contratto integrativo appena sottoscritto dalla Provincia rispetto al contratto collettivo nazionale. "Questa decisione è a mio avviso difficilmente comprensibile. Le quattro organizzazioni sindacali dei medici di medicina generale hanno concordato di apporre la loro firma preliminare alla bozza di contratto raggiunto dopo intense contrattazioni con la delegazione di esperti nominata dalla Provincia. Il percorso normale richiederebbe a questo punto che i rappresentanti sindacali dovrebbero raccogliere il consenso dei loro rispettivi iscritti per la firma definitiva del contratto. D´altro canto la delegazione della Provincia, che prende parte alle trattative, può effettuare tali trattative solamente con i rappresentanti sindacali e non con i singoli medici di base. Partiamo infatti dal presupposto che dall´altra parte del tavolo delle trattative vi siano dei partner a tale scopo legittimati" sottolinea l´assessora Stocker. L´assessora ha ora intenzione di invitare la delegazione della Provincia ed i rappresentanti sindacali dei medici di medicina generale ad un incontro chiarificatore. Naturalmente vi è anche la disponibilità a colloqui nei quali effettuare chiarimenti diretti con i medici di base, nel caso in cui pervenissero inviti in tal senso. A prescindere dal fatto che la Provincia si è sempre impegnata a favore di un numero più elevato di pazienti, ora ci si deve attenere a quanto prescritto dalla sentenza. Ciò ha come conseguenza che progressivamente il numero dei pazienti deve essere ridotto sino a 1.500, impedendo che vengano accolti nuovi pazienti da parte di coloro che eccedono tale numero. Sopra tutto ciò vi è la necessità di garantire l´assistenza dei pazienti, esigenza di cui naturalmente si deve tener conto in relazione alle necessitá di un territorio.  
   
   
TUMORE DEL PANCREAS, OGNI ANNO IN ITALIA OLTRE 12.000 NUOVI CASI LA RICERCA APRE UNA NUOVA ERA DEL TRATTAMENTO  
 
Chicago, 8 giugno 2015 – Si apre una nuova era per i pazienti colpiti da tumore del pancreas, una delle neoplasie a prognosi più sfavorevole. La combinazione nab-paclitaxel e gemcitabina, alla base dello studio Mpact, sta evidenziando risultati molto positivi che aprono nuovi filoni di ricerca. È quanto emerge dal 51° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco), che si chiude domani a Chicago con la partecipazione di oltre 25.000 specialisti provenienti da tutto il mondo. “Il tumore del pancreas nel 2014 ha colpito 12.700 italiani - afferma il prof. Michele Reni, dell’Oncologia Medica Irccs Ospedale San Raffaele di Milano -. Fino a poco tempo era una patologia orfana e gli oncologi avevano a disposizione pochi farmaci. La ricerca ha portato alla scoperta di nuove molecole che attualmente sono in fase di studio. Ad esempio demcizumab e pegph20 costituiscono terapie innovative e molto promettenti che si basano su meccanismi d´azione originali. La combinazione nab-paclitaxel e gemcitabina ha un profilo di tossicità molto basso, si tratta di un valore aggiunto fondamentale perché può essere utilizzata in associazione con questi farmaci biologici.” A Chicago è stato presentato un nuovo lavoro proprio su peghp20 in combinazione con nab-paclitaxel e gemcitabina che ha dimostrato come, in presenza di un marcatore biologico, il tasso di risposta, il tempo libero da progressione e la sopravvivenza migliorino. “Inoltre lo studio Mpact - conclude il prof. Reni - ha catalizzato l´entusiasmo dei ricercatori anche in altri stadi della malattia. Lo studio Apact, che impiega lo stesso schema dopo l´intervento chirurgico, ha quasi raggiunto la metà del numero di pazienti arruolati in poco più di un anno. L’italia è stata capofila per il maggior numero di malati arruolati. Un segno che conferma la validità della ricerca in campo oncologico nel nostro Paese”.  
   
   
BOLZANO: COMMISSIONE CONCILIATIVA PER QUESTIONI DI RESPONSABILITÀ MEDICA  
 
Bolzano, 8 giugno 2015 - È stata presentata l’ 1° giugno dall’assessora Martha Stocker la Relazione 2014 della Commissione conciliativa per questioni di responsabilità medica. Nel corso dell’incontro con la stampa è stato fatto un quadro dell’attività svolta dalla Commissione dal 2007 ad oggi. Presenti anche il presidente della Commissione, Edoardo Armando Mori, ed il segretario, Christian Leuprecht. La Provincia Autonoma di Bolzano è stato il primo ente pubblico territoriale in Italia ad istituire con legge provinciale 18 novembre 2005, n. 10, una Commissione conciliativa per questioni di responsabilità medica. La Commissione è operante dall´estate 2007. L´ambito di azione della Commissione conciliativa per questioni di responsabilità medica della Provincia Autonoma di Bolzano è circoscritto a due ipotesi ben precise: (a) ai "casi in cui un paziente ritiene che la propria salute sia stata danneggiata da un errore nella diagnosi o nella terapia quale conseguenza di un´azione od omissione proveniente da soggetti esercenti la professione medica"; (b) ai "casi in cui si sostiene che il danno alla salute è una conseguenza dell´omessa o irregolare informazione". La conciliazione si svolge sulla base di questi principi generali: (a) la volontarietà del procedimento; (b) la sua gratuità; (c) la non vincolatività dei pareri medico-giuridici espressi dalla Commissione conciliativa. Senza la partecipazione volontaria delle parti (la persona danneggiata o, nel caso del suo decesso, gli eredi, i medici coinvolti e, se dipendenti, la struttura sanitaria pubblica o privata) il procedimento non può essere iniziato. La partecipazione si realizza con la presenza, diretta o tramite un atto di procura, delle parti alla prima udienza con la conseguenza che non potrà essere attuato alcun tentativo di conciliazione se una di esse non compare a tale udienza, salvo ovviamente legittime richieste di rinvio. In questa ipotesi la domanda presentata da chi ne ha titolo viene archiviata venendo meno la possibilità di procedere al tentativo di conciliazione. Tra il 2007 ed il 2015 la Commissione ha preso in esame complessivamente 241 casi, 221 dei quali sono stati conclusi e 20 sono ancora pendenti. Il 25,8% dei casi è stato risolto con una conciliazione già nella prima fase mentre il 26,7% si è concluso in una seconda fase con una proposta di conciliazione o un provvedimento finale formulato dalla Commissione all´udienza finale, nel 12,7% dei casi è stata deliberata l´inammissibilità della domanda per manifesta infondatezza della medesima, nel 9% dei casi la richiesta è stata archiviata per mancata comparizione del medico alla prima udienza, il 15,4% dei casi si è concluso con archiviazione per mancato incarico alla Commissione dopo un l´insuccesso del tentativo di conciliazione. L´84,2% dei medici coinvolti appartenevano al Servizio sanitario provinciale mentre il restante 15,8% erano medici. La distribuzione territoriale dei casi ha riguardato nel dettaglio nel 37,9% dei casi il Comprensorio sanitario di Bolzano, il Comprensorio di Merano nel 31,5% dei casi, il Comprensorio di Brunico con il 16,8% e quello di Bressanone con il 13,8%. I reparti ospedalieri e medici maggiormente coinvolti nei procedimenti di conciliazione sono: ortopedia 79 casi, dentisti 25, chirurgia 23, pronto soccorso 19, oculistica 13, ginecologia 12, otorinolaringoiatria 8, medicina interna 7, chirurgia vascolare e toracica 7. Il 62% dei ricorrenti è di lingua tedesca ed il 37% di lingua italiana. L´importo medio del risarcimento è di 10.549 euro. L´assessora Martha Stocker nel suo intervento ha sottolineato l´importanza del ruolo ricoperto dalla Commissione conciliativa per questioni di responsabilità medica che consente spesso di raggiungere un accordo in tempi ragionevoli tra le parti senza fare ricorso alla giustizia ordinaria dove i tempi sono molto più dilatati. Grazie alla commissione, ha aggiunto, si può spesso di trovare un accordo e possono essere chiarite in un confronto extragiudiziale situazioni che coinvolgono pazienti e medici in una cornice di reciproco rispetto. Nel corso della conferenza stampa il presidente della Commissione, Edoardo Mori, ha espresso la propria soddisfazione per il lavoro svolto dal 2007 al 2015, che ha consentito di raggiungere nella maggior parte dei casi una proficua conciliazione tra le parti riducendo notevolmente i tempi per il raggiungimento di una soluzione. Si parla in media di 6-12 mesi a fronte degli oltre 5 anni che caratterizzano la giustizia ordinaria. Per quanto riguarda il futuro il presidente ha espresso l´augurio che venga ampliata la gamma dei casi che possono essere sottoposti all´esame della Commissione. La Commissione è composta oltre che dal presidente Edoardo Mori, Giudice del Tribunale di Bolzano, in pensione, Prof. Dott. Fabio Cembrani, medico specialista in medicina legale e delle assicurazioni, Direttore dell´U.o. Di Medicina legale dell´Azienda per i servizi sanitari della Provincia Autonoma di Trento, dalla Dott.ssa Antonia Tessadri, medico specialista in medicina legale e delle assicurazioni, libero professionista di Trento, dal Dott. Stephan Vale, avvocato in Bolzano e dalla Dott.ssa Silvia Winkler, avvocato di Bressanone. L´ufficio di segreteria della Commissione conciliativa si trova a Bolzano, in via Gamper 1, 3° piano (tel. 0471/418027) ed è coordinato dal Dott. Christian Leuprecht.  
   
   
ALEX ZANARDI: NELLO SPORT E NELLA VITA PASSIONE E COSTANZA UNA CHIACCHIERATA A CAVALLO TRA INNOVAZIONE, TECNOLOGIA E RICORDI PERSONALI  
 
Trento, 8 giugno 2015 - La forza del Festival è che ti porta in casa grandi personaggi ma soprattutto grandi persone. Questo è certamente vero nel caso di Alex Zanardi, accolto al Muse con un calore che tradiva affetto vero. Tecnologia, progresso sociale, idee innovative per fare business risolvendo problemi e dando risposte alla comunità: di questo si doveva parlare. In realtà, grazie ad un grande campione, si è parlato anche di molto altro: coraggio, passione, costanza, valori ma anche radici familiari e di come avvicinarsi alla felicità. Del bando ‘Think for Social’, a cura di Fondazione Vodafone in collaborazione con Polihub, sono state presentate alcune storie e progetti selezionati. "Credo di essere stato protagonista di una vita particolare, piena di esperienze diverse. Ne ho vissuta una che nell´immaginario collettivo porta solo ad una cattiva conclusione; io sono riuscito a costruirci sopra una nuova vita. Quell´incidente, lo dico anche se sembra una provocazione, è stata forse la più grande opportunità della mia vita". Si racconta così Alex Zanardi; bolognese, pilota e campione automobilistico, scrittore, presidente della Fondazione Vodafone. Nel 2001 ha subito un gravissimo incidente che gli ha cambiato il corpo ma non lo spirito. Quando parla Alex Zanardi va dritto al cuore, in una serata tutta dedicata alle idee, all´intelligenza, a come risolvere in modo semplice i bisogni più urgenti delle persone. Il bando "Think for social" di Fondazione Vodafone, è stato pensato per promuovere sviluppo sociale e migliorare il benessere delle persone anche attraverso la tecnologia. All´interno di questo sono stati proposti al pubblico, chiamato anche ad esprimere la sua preferenza, tre progetti: uno mirato a contribuire ad alleviare le malattie cardiovascolari attraverso la tecnologia, un altro volto alla valorizzazione delle competenze femminili nel campo della ristorazione d´asporto legata al turismo culturale, il terzo pensato per agevolare il rapporto tra scuola e aziende nello svolgimento di stage. Idee brillanti, tutte, a prescindere dai risultati della votazione. "La tecnologia può migliorare la nostra vita – ha detto Zanardi – ma sta a noi fare le domande giuste. Questi ragazzi stanno facendo cose che hanno un minimo comune denominatore in cui mi sono ritrovato: la passione. Così ogni giornata ti può aiutare a fare un passo avanti. Nella vita ti devi dare da fare e cogliere le opportunità che si presentano sapendo che non si può sempre vincere". Sentendo parlare Zanardi capisci che contano le idee ma anche i valori che sostengono la volontà di portarle avanti. E così il ricordo del campione va a quando suo padre lo sorprese addormentato nel Go Kart dopo che ci aveva lavorato per ore, o ai sacrifici di sua madre che cuciva di notte per dare una mano al bilancio famigliare messo a dura prova dalla passione di Alex per le quattro ruote. O di quando suo padre spiegò a un ragazzino che sognava di diventare pilota di Formula Uno che per il momento era importante acquisire nozioni e competenze a scuola, primo passo per essere pronti a prendere quello che di buono passa sul proprio cammino. E ti spieghi come quel ragazzino, diventato pilota e scampato alla morte, si sia reinventato campione nel paraciclismo e ancora corra con le macchine in competizioni come la 24 Ore di Spa. Un bell´esempio per i ragazzi che si cimentano nel bando "Think For Social", per coniugare bisogni sociali con risposte efficaci e sostenibili. Un bell´esempio anche per noi.