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Notiziario Marketpress di Mercoledì 19 Ottobre 2011
SECONDO GLI SCIENZIATI L´IPERTENSIONE PUÒ AUMENTARE IL RISCHIO DI CANCRO  
 
Bruxelles, 19 ottobre 2011 - Alcuni ricercatori in Europa hanno scoperto che l´ipertensione fa aumentare potenzialmente il rischio di sviluppare un cancro o di morire di questa malattia. I risultati sono stati presentati al recente Congresso europeo multidisciplinare sul cancro 2011 a Stoccolma, in Svezia. Si è trattato del più ampio studio di questo tipo per studiare il legame tra queste due malattie. Gli studi precedenti, più limitati, hanno trovato risultati inconsistenti nella ricerca di un link tra la pressione arteriosa e il cancro. Il dott. Mieke Van Hemelrijck del Gruppo di epidemiologia del cancro presso il King´s College di Londra nel Regno Unito e i suoi colleghi però hanno scoperto che una pressione arteriosa più alta del normale statisticamente era significativamente associata a un rischio di sviluppare il cancro più alto del 10 - 20% negli uomini e di un più alto rischio di morire della malattia sia negli uomini che nelle donne. Hanno calcolato i risultati ottenuti usando valori medi di pressione arteriosa con sette gruppi di partecipanti in Austria, Norvegia e Svizzera. Gli esperti definiscono la pressione arteriosa media come la pressione arteriosa sistolica più la pressione diastolica, diviso due. La pressione arteriosa media per questo studio era di 107 mmHg per gli uomini e 102 mmHg per le donne. Il team ha diviso i risultati in cinque gruppi (o quintili); le persone che avevano la pressione arteriosa media più bassa erano nel primo quintile e quelli con la pressione arteriosa media più alta erano nel quinto quintile. I ricercatori hanno scoperto che dopo una media di 12 anni di follow-up (escluso il primo anno), a 22.184 uomini e 14.744 donne era stato diagnosticato il cancro e 8.724 uomini e 4.525 donne erano morti della malattia. I dati mostrano un aumento del 29% nel rischio generale di sviluppare qualsiasi forma di cancro tra gli uomini nel quintile più basso e quelli in quello più alto. I risultati rivelano anche che più è alta la pressione arteriosa maggiore è il rischio di cancro orale, colorettale, dei polmoni, della vescica e dei reni, e di melanoma e di cancro della pelle diverso dal melanoma negli uomini. Mentre la più alta pressione arteriosa nelle donne non era statisticamente legata in modo significativo al rischio generale di sviluppare un cancro, era connessa a un maggiore rischio di cancro del fegato, del pancreas, della cervice e dell´endometrio e di melanoma. Lo studio dimostra che gli uomini del quinto quintile avevano un rischio più alto del 49% di morire di cancro rispetto a quelli del primo quintile. Le donne del quinto quintile avevano un rischio più alto del 24% rispetto alle donne del primo quintile. "Questo significa che abbiamo scoperto che gli uomini con una pressione arteriosa nel quinto più alto avevano un rischio assoluto di sviluppare un cancro del 16% rispetto a un rischio assoluto del 13% di coloro che avevano una pressione arteriosa media nel quinto più basso," spiega il dott. Van Hemelrijck. "Gli uomini del quinto più alto avevano un rischio assoluto di morire di cancro dell´8%, rispetto a un rischio assoluto del 5% per quelli del quinto più basso; e per le donne, quelle del quinto più alto avevano un rischio assoluto di morire di cancro del 5%, rispetto a un rischio assoluto del 4% nel quinto più basso," aggiunge. "Il nostro studio mostra che la pressione arteriosa è un fattore di rischio per il cancro incidente negli uomini e per il cancro letale per uomini e donne. Sebbene le stime di rischio relativo e assoluto siano abbastanza modeste, questi risultati sono importanti dalla prospettiva della salute pubblica poiché una grande proporzione della popolazione in molti paesi occidentali soffre di ipertensione." È necessario precisare che lo studio non è stato in grado di dimostrare che la pressione arteriosa è responsabile del più alto rischio di cancro. "Non possiamo sostenere che ci sia un legame causale tra l´ipertensione e il rischio di cancro, né possiamo dire che la causa del cancro sia un fattore legato all´ipertensione," spiega il dott. Van Hemelrijck. "Si è però dimostrato che uno stile di vita sano con sufficiente attività fisica e un peso normale riduce il rischio di diverse malattie croniche. Per esempio, l´ipertensione è un fattore di rischio conosciuto per le malattie cardiovascolari e il nostro studio adesso indica che l´ipertensione potrebbe anche essere un fattore di rischio per il cancro." Per maggiori informazioni, visitare: King´s College London: http://www.Kcl.ac.uk/index.aspx  Ecco: http://www.Ecco-org.eu/    
   
   
SVELATO IL MISTERO DELLA MORTE NERA GRAZIE ALLA RICOSTRUZIONE DEL GENOMA  
 
Bruxelles, 19 ottobre 2011 - Scienziati in Canada, Germania e Stati Uniti sono riusciti a ricostruire l´antico genoma del Yersinia pestis, il batterio responsabile della famigerata Morte Nera, una devastante epidemia che raggiunse il suo culmine in Europa a metà del Xiv secolo. Presentato nella rivista Nature, il risultato di questo studio all´avanguardia potrebbe aiutare a gettare nuova luce sui meccanismi di evoluzione e adattamento dell´agente patogeno per infezioni emergenti o che si ripresentano. I ricercatori potrebbero usare queste nuove informazioni per accrescere la propria conoscenza delle moderne malattie infettive. Condotto dall´Università di Tubinga in Germania e dalla Mcmaster University in Canada, questo studio è il primo in assoluto a ricostruire il genoma di un antico agente patogeno. Il team scientifico comprendeva esperti provenienti dall´Istituto Max Planck per l´Antropologia Evolutiva in Germania e dall´Università della Carolina del Sud negli Stati Uniti. I ricercatori hanno presentato un nuovo approccio metodologico per estrarre minuscoli frammenti degradati di acido deossiribonucleico (Dna) dell´agente che causa la Peste Nera. Una volta dimostrato come una variante specifica del batterio Yersinia pestis fosse la responsabile della peste che causò la morte di 50 milioni di europei tra il 1347 e il 1351, il team ha messo nel mirino la "preda" e il sequenziamento dell´intero genoma. "I dati genomici mostrano che questo ceppo batterico, o variante, è l´antenato di tutte le pestilenze moderne presenti oggi nel mondo," spiega il professor Hendrik Poinar, un genetista della Mcmaster University e uno degli autori della ricerca. "Ogni scoppio in tutto il pianeta oggi ha origine da un discendente della peste medievale. Con una migliore comprensione dell´evoluzione di questo patogeno mortale, noi stiamo entrando in una nuova era della ricerca sulle malattie infettive." Commentando il risultato dello studio, l´autore anziano Johannes Krause dell´Istituto di Scienze Archeologiche e del Dipartimento di Genetica Umana dell´Università di Tubinga afferma: "Usando la stessa metodologia, dovrebbe essere ora possibile studiare i genomi di tutti i tipi di agenti patogeni storici. Questo ci fornirà una cognizione diretta dell´evoluzione dei patogeni umani e delle epidemie storiche." I ricercatori affermano che i discendenti diretti della stessa peste bubbonica sono presenti ancora oggi e sono responsabili della morte di circa 2000 persone ogni anno. "Noi abbiamo scoperto che in 660 anni di evoluzione come agente patogeno umano, ci sono stati relativamente pochi cambiamenti nel genoma dell´antico organismo, ma questi cambiamenti, per quanto piccoli, potrebbero giustificare il noto aumento di virulenza del microbo che ha devastato l´Europa," dice il professor Poinar. "Il prossimo passo è quello di determinare perché questo è stato così mortale." Grazie a sofisticate tecniche per il recupero e il sequenziamento del Dna, gli scienziati sono riusciti a espandere in modo significativo la portata dell´analisi genetica di antichi reperti. Alcuni membri del team hanno esaminato i resti scheletrici di vittime sotterrate nelle fosse comuni di East Smithfield a Londra nel Regno Unito, nella zona oggi conosciuta come Royal Mint. I ricercatori hanno estratto, depurato e arricchito in modo specifico il Dna dell´agente patogeno. In effetti, essi hanno ridotto il Dna di sfondo costituito da Dna umano, fungino e altro non relativo alla peste per meglio concentrare il loro esame dell´agente patogeno. Questo studio è stato supportato sia da enti di finanziamento canadesi che tedeschi. Per maggiori informazioni, visitare: Nature: http://www.Nature.com/  University of Tübingen: http://www.Uni-tuebingen.de/en/landingpage.html  Mcmaster University: http://www.Mcmaster.ca/    
   
   
SANITA’: IL VENETO RIVOLUZIONA E RAFFORZA LA MEDICINA TERRITORIALE. NASCERANNO LE MEDICINE DI GRUPPO OPERATIVE H24 7 GIORNI SU 7. COLETTO: “PORTIAMO LA SANITA’ PIU’ VICINA ALLA GENTE”  
 
Venezia, 19 ottobre 2011 - Con una delibera approvata ieri su proposta dell’assessore alla sanità Luca Coletto, la Giunta regionale ha dato il via ad un’articolata riorganizzazione della medicina territoriale che, una volta a regime, potrà garantire al cittadino un’assistenza sul territorio (medici di base, guardie mediche, distretti) organizzata in rete e operativa 24 ore su 24. Il fulcro della nuova organizzazione sono le “medicine di gruppo integrate”, forme associative di medici di medicina generale che garantiranno la disponibilità per i cittadini 24 ore su 24 7 giorni su 7, ovviamente operando in rete ed in sinergia con le guardie mediche. “E’ un’operazione – sottolinea con soddisfazione Coletto – che risponde appieno ad uno dei cardini fondamentali del nuovo piano socio sanitario regionale: rafforzare la medicina sul territorio, spostare dall’ospedale al territorio tutti i servizi non prettamente ospedalieri, alleggerire la pressione dei codici bianchi impropri sui pronto soccorso, portare insomma la sanità più vicina al cittadino, che possa così trovare vicino a casa tutti quei servizi che non riguardano le acuzie, per le quali ci sono gli ospedali”. “Abbiamo sempre sostenuto – aggiunge Coletto – che i medici di medicina generale sono uno snodo fondamentale del nostro sistema sanitario: ebbene, con questa riorganizzazione, anche la loro figura e le loro professionalità verranno fortemente valorizzate”. L’operazione sarà finanziata con 20 milioni 705 mila euro, dei quali quasi 6 milioni 902 mila già per il 2012; 13 milioni 803 mila per il 2013, per arrivare così ad aver investito l’intero stanziamento già nel 2014, quando l’intera riorganizzazione entrerà completamente a regime. Una specifica commissione tecnica verificherà in corso d’opera la concreta realizzazione di quanto previsto, alla luce della quale scatteranno i finanziamenti previsti. Lo sviluppo, l’operatività e la messa in rete delle medicine di gruppo saranno supportati da Aggregazioni Funzionali Territoriali (Aft), con compiti di coordinamento tra gli studi medici in esse presenti. Le Aft saranno istituite dalle Ullss sulla base di criteri che prevedono una popolazione assistita non superiore a 30.000 abitanti e comunque un numero di medici di norma non inferiore a 15/20, organizzati in team. Si prevede l’attivazione di 3 Aft per ciascuno dei 53 distretti attualmente presenti, per un totale di 159. Coletto ha posto l’accento anche sulla spiccata impronta socio-sanitaria della nuova organizzazione: “ le medicine di gruppo integrate infatti – sottolinea l’assessore – saranno supportate anche dalla presenza di figure professionali importanti come gli infermieri e gli assistenti sociali”.  
   
   
DA GIOVEDÌ PARTE LA BANCA DEL SANGUE CORDONALE DELLA SARDEGNA  
 
 Cagliari, 19 Ottobre 2011 - Viene attivata ufficialmente giovedì mattina all’ospedale Binaghi di Cagliari, sotto la gestione dell’azienda ospedaliera Brotzu, la Banca del sangue cordonale della Sardegna. La notizia è stata data ieri mattina dal presidente della Regione, Ugo Cappellacci, e dall’assessore della Sanità Simona De Francisci. La Banca sarda, che diventa il diciannovesimo centro in Italia ed entra a far parte della rete mondiale degli istituti del sangue cordonale, ha il compito di prelevare e conservare le cellule staminali emopoietiche raccolte nei Punti nascita accreditati dell’Isola. Il sangue del cordone ombelicale è la terza fonte di cellule staminali dopo il midollo osseo e il sangue periferico e le sue cellule sono utili nella cura di numerose patologie come leucemie, linfomi, alcuni tumori solidi, deficit immunitari, patologie genetiche come la talassemia. Il sangue da cordone ombelicale costituisce una valida alternativa trapiantologia per tutti quei pazienti, soprattutto pediatrici, in attesa di trapianto che non riescono a reperire un donatore di midollo osseo familiare o attraverso i registri nazionali e internazionali. "Si tratta di una struttura fondamentale - ha spiegato il presidente della Regione Cappellacci - per dare nuove speranze di vita e di cura a tutti i sardi che soffrono di linfomi, leucemie e altri gravi patologie che necessitano di un trapianto. La piena operatività della Banca è una conquista per la nostra sanità, un punto di partenza importante per offrire ai sardi la possibilità di poter donare senza più onerose trasferte in Italia o all’estero e per garantire cure nuove e aggiuntive rispetto, ad esempio, al trapianto del midollo". Soddisfatto anche l’assessore De Francisci: “Finalmente la Sardegna si allinea con altre realtà nazionali e internazionali, con una Banca che già possiede elevati standard di qualità di riferimento e che consentirà a tante donne e coppie sarde di poter donare in sicurezza”. Contestualmente, sono previsti aggiornamenti e formazione per il personale coinvolto nel programma (trasfusionisti, ginecologi, pediatri, neonatologi, biologi, ostetriche, infermieri, tecnici di laboratorio, assistenti sociali).  
   
   
L´IMPATTO DELL´EPIGENETICA SUI DISTURBI NEUROPSICHIATRICI  
 
Bruxelles, 19 ottobre 2011 - Le malattie neuropsichiatriche come la schizofrenia e il disturbo bipolare sono influenzate dai processi epigenetici, è quanto dimostra una nuova ricerca condotta nel Regno Unito. Presentato sulla rivista Human Molecular Genetics, questo studio ha analizzato le differenze epigenetiche di tutto il genoma in casi di gemelli affetti da psicosi. I risultati potrebbero portare a nuovi metodi di cura. La ricerca è stata finanziata in parte dallo studio Eutwinss ("European twin study network on schizophrenia") che ha ricevuto un contributo di formazione per la ricerca Marie Curie del valore di 2,4 milioni di euro nell´ambito del Sesto programma quadro (6° Pq) dell´Ue. Studi precedenti hanno collegato i cambiamenti epigenetici nel cervello a vari processi biologici e cognitivi come la neurogenesi, la dipendenza dalle droghe e la neurodegenerazione. I ricercatori hanno anche identificato come i cambiamenti genetici nel cervello possono avere un ruolo nello spettro dei disturbi psichiatrici come la psicosi. Nella prima analisi completa delle differenze dell´acido deossiribonucleico (Dna) legate a malattie nei gemelli discordanti per schizofrenia e disturbo bipolare, i ricercatori dell´Istituto di psichiatria del King´s College di Londra nel Regno Unito non hanno scoperto cambiamenti nella metilazione globale del Dna tra gemelli affetti e non affetti. Hanno però trovato un legame tra le differenze dei gemelli in loci specifici del genoma. "Il nostro modello sperimentale senza ipotesi ci ha permesso di identificare le differenze di metilazione del Dna legate a malattie in loci non precedentemente coinvolti nelle malattie psichiatriche, ma abbiamo trovato anche prove di differenze di metilazione del Dna in geni precedentemente coinvolti nelle psicosi," scrivono gli autori dell´articolo. "L´analisi dei percorsi dei loci principali ha messo in luce un significativo aumento del dissesto epigenetico verso le reti e i percorsi biologici rilevanti per le malattie psichiatriche e lo sviluppo neurologico. In generale, i nostri dati forniscono ulteriori prove che le differenze di metilazione del Dna hanno un ruolo nell´eziologia sia della schizofrenia che del disturbo bipolare." I risultati ottenuti suggeriscono che sebbene il 70% dei casi di schizofrenia e disturbo bipolare siano ereditari, la concordanza della malattia tra coppie di gemelli è lontana dal 100%. Questo mostra che fattori non-genetici sono coinvolti nell´insorgenza della malattia. "Abbiamo studiato un gruppo di 22 coppie di gemelli non identici, quindi 44 soggetti in tutto, uno dei più grandi studi sui gemelli mai realizzato per malattie complesse," dice il dott. Jonathan Mill dell´Istituto, autore principale dello studio. "In ogni coppia di gemelli, uno aveva la schizofrenia o il disturbo bipolare. Poiché sappiamo che i gemelli sono geneticamente identici, possiamo escludere le cause genetiche della malattia nei gemelli che ne sono affetti - lo scopo del nostro studio era analizzare le variazioni epigenetiche legate a questi disturbi." Secondo i ricercatori, c´è un collegamento tra i meccanismi epigenetici e i cambiamenti ereditari, ma reversibili, nell´espressione genetica. Precisiamo comunque che non avvengono cambiamenti nella sottostante sequenza del Dna. Questo è provocato attraverso cambiamenti della metilazione del Dna e della struttura della cromatina. "I nostri risultati suggeriscono che non sono importanti solo le variazioni genetiche," dice il dott. Mill. "Le differenze epigenetiche osservate potrebbero fornirci informazioni sulle cause della schizofrenia e del disturbo bipolare, visto che alcune alterazioni erano specifiche di una delle malattie. I processi epigenetici sono potenzialmente reversibili, il che significa che la nostra ricerca potrebbe aprire nuove vie per lo sviluppo di farmaci curativi innovativi." Per maggiori informazioni, visitare: Human Molecular Genetics: http://hmg.Oxfordjournals.org/  Istituto di psichiatria presso il King´s College di Londra: http://www.Kcl.ac.uk/iop/index.aspx    
   
   
NASCE SALUTEUROPA “NOTIZIE CHE NON FANNO NOTIZIA, MA FANNO SALUTE”  
 
Milano, 19 ottobre 2011 - Nel web adesso c´è un luogo dove ogni giorno confluiscono 30-40 notizie direttamente dai Centri di Ricerca medico scientifici mondiali. Sono notizie autocertificate perché passano attraverso l´Ema - European Medical Association a Bruxelles, e ognuna di queste ha un ‘commentino’ dicendo questa è bella, questa è importante, sono suddivise sotto i vari organi, apparati o i tipi di funzione dell´organismo. La gente può cliccare sulla stellina di questo o quest´altro organo e vedere che cosa c’è di nuovo, di recentissimo, appena appena sfornato dai Centri di Ricerca. Assieme a noi c’è un folto gruppo di professori, di studiosi, che in questo caso chiamiamo ´apicali´, per ciascuna delle materie che trattiamo via via, cui noi stessi di Saluteuropa, ma anche il pubblico tramite noi, potrà porre delle domande di approfondimento, e quindi di sempre maggior chiarezza verso ciò che viene proposto. In definitiva, Saluteuropa è un radiotelescopio - quei padelloni immensi - che ricevono le emissioni elettromagnetiche da tutto il cosmo, da tutto l’Universo: da questo caos dove le emissioni sono infinite, Saluteuropa riesce a discernere quelle giuste, quelle che arrivano da questa o quella stella, da questa o quella galassia e a riproporvele così come sono state emesse e come le abbiamo ben configurate e fotografate. Www.saluteuropa.eu/    
   
   
"EVOLVING CHALLENGES IN PROMOTING CARDIOVASCULAR HEALTH"  
 
Barcellona, 19 ottobre 2011 - Spagna Il 4 e 5 novembre 2011 si terrà a Barcellona, in Spagna, una conferenza intitolata "Evolving challenges in promoting cardiovascular health" (Sfide in continua evoluzione nella promozione della salute cardiovascolare). Il convegno sarà caratterizzato dalla discussione sulla salute cardiovascolare attraverso la biologia molecolare, la fisiopatologia clinica e la ricerca svolta sulla popolazione con l´intento di ridurre l´onere sanitario pubblico che le malattie cardiovascolari rappresentano. L´evento promuoverà il dialogo multidisciplinare tra ricercatori e clinici provenienti dal mondo accademico e dell´industria, e con le altre parti coinvolte nella prevenzione e nel trattamento delle malattie cardiovascolari. Http://www.nyas.org/events/detail.aspx?cid=116dc806-0b05-4ba2-9046-ad1c2fa52cd6    
   
   
PREVENIRE LE MORTI IN CULLA: A MILANO L´ESPERIENZA DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO  
 
 Trento, 19 ottobre 2011 - La sindrome della morte improvvisa del lattante è la prima causa di decesso dei bambini nati sani nel loro primo anno di vita, le incidenze nei Paesi occidentali sono di un caso ogni 750-1000 nati; ancora più grave è la morte del feto verso il termine della gravidanza, perché la sua incidenza è 10 volte superiore a quella della "morte in culla". Prevenire, secondo gli ultimi studi, è possibile. Questa mattina, l´assessore alla salute e politiche sociali, Ugo Rossi, ha portato l´esperienza della Provincia autonoma di Trento - prima in Italia a dare attuazione concreta alla legge 31 - al convegno organizzato presso la Biblioteca ambrosiana dal Centro di Ricerca "Lino Rossi" dell´Università di Milano, evento sotto l´Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Ad affiancare l´assessore provinciale vi erano: i dottori dell´Unità di Anatomia patologica dell´ospedale di Rovereto, Francesco Piscioli e Teresa Pusiol, nonché il primario di Ginecologia dell´ospedale di Rovereto, Marco Ioppi, e il direttore dell´Osservatorio epidemiologico, Silvano Piffer. "Ancora una volta la nostra Provincia si dimostra fra le più attive in Italia nel campo sperimentale: in questo caso, grazie al lavoro delle nostre Unità Operative di Anatomia patologica degli ospedali di Trento e Rovereto, stiamo dando da tempo concreta attuazione alla legge nazionale 31 relativa al riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome delle morti improvvise infantili - sono le parole dell´assessore Ugo Rossi -. Dalle ultime ricerche svolte dal centro Lino Rossi di Milano, infatti, si è potuto stabilire che, accanto a cause genetiche, uno dei fattori di rischio più incisivi è rappresentato dal fumo di sigaretta materno. Questa ricerca ha portato ad alcuni risultati inattesi e straordinari, perché sembra che molte delle patologie che colpiscono gli adulti nel corso della vita, siano dovute proprio alle condizioni in cui il feto si sviluppa. Risulta quindi evidente - sono le conclusioni dell´assessore provinciale alla salute - che dobbiamo sempre più agire in un´ottica di prevenzione. Per questo oggi a Milano abbiamo stabilito di sottoscrivere in tempi rapidi una convenzione che faccia entrare la Provincia autonoma di Trento all´interno di questo network di ricerca sulle morti in culla, che vede fra i partner il Centro Lino Rossi e referenti della comunità scientifica internazionale. E nei prossimi mesi intendiamo elaborare una campagna di sensibilizzazione rivolta agli operatori sanitari e alle famiglie per contrastare l´esposizione a fattori di rischio ambientali e stimolare le persone verso stili di vita corretti, al fine di ridurre l´incidenza di queste morti inaspettate". Oggi alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, la Provincia autonoma di Trento è stata dunque ospite d´onore per il suo programma di attuazione del riscontro diagnostico delle morti in culla. La legge 31, infatti, detta i provvedimenti fondamentali per prevenire le affezioni che possono svilupparsi non solo nel corso dello sviluppo fetale (disturbi dell’accrescimento, malformazioni, emorragie cerebrali del prematuro, morte improvvisa perinatale e in culla) ma anche nell’età infantile e nell’adulto: campagne di sensibilizzazione e di informazione, programmi di formazione continua, promozione della ricerca anatomo-clinica, genetica ed epidemiologica e progetti di sostegno psicologico ai familiari delle vittime. La Legge prevede che le Regioni individuino i Centri per il riscontro diagnostico dei lattanti deceduti improvvisamente, che per la Provincia autonoma di Trento sono le Unità di Anatomia patologica degli ospedali di Trento e Rovereto, mentre l´Osservatorio epidemiologico dell´Apss trentina si occupa della raccolta dei dati per la banca dati nazionale. La morte improvvisa del feto, nelle nazioni più sviluppate, secondo recenti dati dell’Oms (Neonatal and Perinatal Mortality, Ginevra 2006), ha l’incidenza di un caso ogni 100-200 gravidanze. Essa si manifesta nel 90% dei casi nelle ultime settimane di gestazione e nel 10% durante il travaglio; il 50-75% di tali morti improvvise risulta inspiegabile a causa principalmente della mancanza di approfondite indagini specie anatomo-patologiche. La morte fetale inaspettata e “inspiegabile” al termine della gravidanza è quindi la singola causa di decesso più frequente nel periodo perinatale nel mondo occidentale. La sua incidenza è circa 10 volte superiore a quella della sindrome della morte improvvisa del lattante (Sids o “morte in culla”) che colpisce un lattante apparentemente sano ogni 750-1000 nati e si pone come la più frequente causa naturale di decesso nel primo anno di vita. I fattori di rischio determinanti sono rappresentati dal fumo di sigaretta materno (i cui effetti altamente lesivi sono incrementati dall’azione sinergica degli inquinanti atmosferici), da altre droghe, dall’alcolismo materno e da farmaci per lo più sedativi. Che modificano l’assetto genetico delle cellule del sistema nervoso autonomo. Incommensurabili saranno le ricadute scientifico-finanziarie che deriverebbero dalle accresciute conoscenze di questa patologia, conoscenze proprio centrate su quel periodo perinatale ancora così oscuro, ma oggi “scrigno” di molte “risposte" preventive a patologie dell’adulto e persino dell’anziano; sono state già individuate numerose affezioni post-natali ad insorgenza fetale, quali disturbi di maturazione del polmone, substrato dell’aumento di frequenza delle malattie infiammatorie ed allergiche dell’apparato respiratorio nella prima infanzia, anomalie di sviluppo della corteccia cerebrale, plausibile substrato di disturbi comportamentali, dell’attenzione e della memoria, e le malformazioni cranio-facciali. Spicca il riconoscimento dell’origine fetale dell’aterosclerosi provocata dal fumo di sigaretta, per lo più materno, favorita dall’inquinamento atmosferico.  
   
   
BOLZANO, CORSO: “PRENDERSI CURA ALLA FINE DELLA VITA: LE CURE PALLIATIVE" PRESSO LA SCUOLA PER LE PROFESSIONI SOCIALI  
 
Bolzano, 19 ottobre 2011 - Il corso “Prendersi cura alla fine della vita: le cure palliative” si svolgerà presso la Scuola per le professioni sociali mercoledì 9 novembre 2011. Sempre più spesso persone anche giovani o giovanissime sono coinvolte da diagnosi di malattie inguaribili. Chi si occupa sia degli aspetti sanitari, sia assistenziali delle persone ammalate deve farsi carico da un lato di accogliere e di far fronte all’impatto psicologico e sociale provocato sul malato e sulla sua famiglia, e dall’altro di fornire prestazioni e cure atte a garantire una qualità di vita rispettosa del malato, anche negli ultimi istanti di vita. Il corso, “Prendersi cura alla fine della vita: le cure palliative”, con inizio mercoledì 9 novenbre 2011, offre l’opportunità a chi si prende cura di una persona alla fine della sua vita di approfondire l’approccio delle cure palliative. Per ulteriori informazioni ed iscrizioni: Scuola Provinciale per le Professioni Sociali Bolzano, Via S. Geltrude, 3 Uff. Formazione Continua tel.0471/414456--4418 – fax 0471/414455 Sito internet: http://www.Sociale-einaudi.fpbz.it  
   
   
BOLZANO, CONVEGNO RIVOLTO AI MEDICI DI BASE PER SENSIBILIZZARE RIGUARDO ALLE MALATTIE LEGATE ALL’ETÀ  
 
Bolzano, 19 ottobre 2011 - Le malattie legate all’età sono state al centro di un convegno organizzato recentemente per i medici di medicina generale presso la “Kolpinghaus” di Bolzano. Il principale obiettivo del convegno era quello di sensibilizzare i medici riguardo alle specifiche esigenze delle persone con handicap in età avanzata. Il convegno è stato organizzato dalla “Società altoatesina di medicina generale”, su richiesta ed in collaborazione con l’Ufficio soggetti portatori di handicap. I problemi sanitari legati all’età vengono facilmente trascurati in persone con handicap grave. “Spesso le persone con handicap non sono in grado di comunicare il dolore. Incominciano a vedere o sentire peggio, ma non riescono a segnalarlo. Mostrano però un cambiamento nel modo di comportarsi “ questa una delle osservazioni espresse dal docente universitario Meindert Haveman dell’Università di Dortmund nel suo intervento durante il convegno. Per questo motivo è necessario che i medici, ma anche i familiari e gli operatori, che lavorano presso le strutture abitative per persone con handicap, conoscano bene le loro particolari esigenze sanitarie e le osservino con attenzione. “Molte persone con sindrome di down, per esempio, soffrono di demenza, ma ciò non viene sempre rilevato e di conseguenza nemmeno curato nel modo appropriato”. Nella seconda parte del convegno Daniela Dalla Costa e Franca Delladio, dell’Ufficio provinciale soggetti portatori di handicap, hanno informato riguardo alle agevolazioni lavorative, previste dalla legge statale n. 104/1992, per persone in situazione di gravità ed i loro familiari ed hanno sottolineato l’importanza che anche i medici di medicina generale forniscano ai familiari informazioni sulle misure di sostegno economico e sociale e sugli indirizzi a cui rivolgersi. Questa iniziativa ha rappresentato un primo passo per la sensibilizzazione dei medici di medicina generale sul tema. “L’aspettativa di vita delle persone con handicap aumenta, così come quella della popolazione generale, quindi anche il numero di pazienti anziani con handicap continuerà a crescere“ ha rilevato Luciana Fiocca dell’Ufficio Soggetti portatori di handicap ed ha concluso “Per noi è pertanto fondamentale trasmettere ai collaboratori dei servizi sociali e sanitari le competenze ed il sapere necessari“.