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MARTEDI

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Notiziario Marketpress di Martedì 09 Giugno 2015
UNIONE DELL´ENERGIA: PROGREDIRE NELL´INTEGRAZIONE DEI MERCATI UNIONALI DELL´ENERGIA  
 
Bruxelles, 9 giugno 2015 - Ieri, la Commissione europea e i paesi della regione del Mar Baltico hanno firmato un memorandum d´intesa per ammodernare e rafforzare il Piano d´interconnessione del mercato energetico del Baltico. Nel contempo 12 paesi europei hanno firmato una dichiarazione di cooperazione regionale sulla sicurezza dell´approvvigionamento di energia elettrica nel mercato interno europeo, seguita dalla firma di una dichiarazione politica del Forum pentalaterale dell´energia. La cooperazione regionale con i paesi vicini nell´ambito di un quadro di riferimento unionale comune costituisce un elemento essenziale dell´Unione dell´energia, fondamentale per garantire la continuità dell´approvvigionamento energetico e prezzi accessibili per i consumatori. La cooperazione regionale aiuterà a realizzare l´integrazione del mercato a livello unionale e contribuirà ulteriormente a sfruttare appieno il potenziale delle fonti rinnovabili nel sistema energetico. Il Commissario responsabile per l´azione per il clima e l´energia Miguel Arias Cañete ha dichiarato: "Questi accordi sono una prima pietra miliare. Essi costituiscono la base politica di una cooperazione energetica in Europa più stretta. I paesi firmatari sono determinati a rafforzare la sicurezza dell´approvvigionamento attraverso un´ulteriore integrazione del mercato. Si tratta di uno dei principali elementi dell´Unione dell´energia, ossia una delle priorità chiave della Commissione Juncker. Oggi gli Strati membri iniziano a sincronizzare gli sforzi e a lavorare insieme per reperire soluzioni meno costose e più efficaci. Dove c´è la volontà, c´è la possibilità. Oggi gli Stati membri mostrano la loro volontà." La dichiarazione politica per la cooperazione regionale sulla sicurezza dell´approvvigionamento di energia elettrica nell´ambito del Mercato interno europeo è stata firmata da Germania, Danimarca, Polonia, Repubblica ceca, Austria, Francia, Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi, Svezia nonché dai paesi vicini Svizzera e Norvegia. Tale dichiarazione stabilisce impegni politici per coordinare meglio le politiche energetiche nazionali, anche in materia di sicurezza dell´approvvigionamento; un uso più efficiente delle reti elettriche esistenti e una maggiore integrazione delle energie rinnovabili nei mercati nazionali. La dichiarazione indica una significativa convergenza per quanto riguarda le principali sfide e opportunità di un´ulteriore integrazione del mercato dell´energia elettrica fra gruppi regionali di Stati membri. Per far fronte a queste sfide e sfruttare le potenzialità di un mercato integrato, la Commissione sta lavorando a proposte di revisione dell´assetto del mercato dell´energia elettrica che saranno pubblicate nel 2016. Una comunicazione consultiva sull´assetto del mercato dell´energia elettrica è prevista per l´estate. La seconda dichiarazione politica del Forum pentalaterale dell´energia è stata firmata da Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi. Il Forum rappresenta oltre un terzo della popolazione dell´Ue e oltre il 40% dell´energia elettrica prodotta nell´Ue. Esso mira a promuovere un dialogo regionale aperto e trasparente per aumentare la sicurezza dell´approvvigionamento, e l´integrazione del mercato e perseguire una maggiore flessibilità del mercato. In particolare, esso elaborerà una metodologia comune per valutare i rischi in materia di sicurezza dell´approvvigionamento a livello regionale e per creare condizioni propizie agli scambi transfrontalieri di energia elettrica. Il memorandum d´intesa sul rafforzamento del piano d´interconnessione del mercato energetico del Baltico (Bemip) è stato firmato da Estonia, Finlandia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Svezia e Norvegia (la Danimarca firmerà in una fase successiva). Per porre fine all´isolamento energetico della regione del Mar Baltico e integrarla pienamente nei mercati dell´energia dell´Ue, i paesi ampliano il campo d´azione dell´iniziativa Bemip, aggiungendo ai settori di cooperazione già esistenti (mercato interno dell´energia, interconnessioni e produzione di energia) nuovi settori, come l´efficienza energetica, le energie rinnovabili e la sicurezza dell´approvvigionamento. Il memorandum prevede anche una cooperazione più efficace intesa a integrare gli Stati baltici nell´area sincrona dell´Europa continentale.  
   
   
PUGLIA: AL VIA IL BANDO PER IL RISPARMIO ENERGETICO NELLE PMI.  
 
Nari, 9 giugno 2015 - Capone: “Abbattiamo i costi delle imprese per renderle più competitive” La Regione Puglia vara il primo bando in Italia per ridurre i costi energetici delle piccole e medie imprese. L’avviso si chiama “Aiuti per la tutela dell’ambiente” e vale 92,3 milioni di euro, diviso tra Fondo Mutui (prestito con condivisione del rischio erogato dalla società regionale Puglia Sviluppo Spa) per un importo pari a 32,3 milioni di euro, sovvenzioni dirette (a fondo perduto) per un importo di 27,7 milioni di euro, e mutui erogati dalle banche per un importo pari a 32,3 milioni di euro. “Con questo strumento - spiega l’assessore uscente allo Sviluppo economico Loredana Capone - stiamo aiutando le imprese ad abbattere una delle voci di spesa più onerose, rappresentate appunto dall’energia e, allo stesso tempo, tuteliamo l’ambiente riducendo i consumi e dunque le emissioni di carbonio. Questo doppio obiettivo ci aiuta a proseguire la nostra strategia industriale che è innanzi tutto quella di rendere le imprese pugliesi più competitive rispetto ai concorrenti nazionali e internazionali: aiutandole a risparmiare energia abbattiamo i costi delle loro produzioni e liberiamo risorse per investimenti che le stesse aziende potrebbero dirigere altrove, ad esempio, all’innovazione, all’internazionalizzazione, all’incremento del personale”. Le risorse disponibili derivano dal Fondo Sviluppo e Coesione, in pratica l’ex Fas (Fondo aree sottoutilizzate), ma si tratta solo di una dotazione iniziale che verrà ulteriormente arricchita con la nuova programmazione P.o. Puglia 2014-2020.(...) Grazie alle agevolazioni le imprese (micro, piccole e medie) potranno realizzare interventi per l’efficienza energetica, la cogenerazione ad alto rendimento e la produzione di energia da fonti rinnovabili. I progetti devono partire da un importo minimo di 80mila euro e risparmiare almeno il 15 per cento dell’energia utilizzata dalle sede aziendale dove saranno realizzati gli investimenti. Questi ultimi potranno arrivare fino a 2 milioni di euro per le imprese piccole e micro e fino a 4 milioni per le medie. Il piano di investimento sarà coperto per il 35% dal Fondo Mutui Pmi “Tutela dell’ambiente” erogato dalla società regionale Puglia Sviluppo Spa, per il 30% da sovvenzione diretta (a fondo perduto) e per il 35% da un mutuo a carico della banca finanziatrice. L’avviso è stato pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia (n. 77) ed è disponibile sui portali sistema.Puglia.it e puglia sviluppo.Eu. Le domande potranno essere presentate a partire dal 29 giugno direttamente alla banca finanziatrice o ad un Confidi, ma non c’è scadenza perché l’avviso è a sportello. La gestione dello strumento è di competenza della Regione Puglia che ha delegato a Puglia Sviluppo le funzioni di Organismo Intermedio e Finanziario.  
   
   
LA DIAGNOSI ENERGETICA, COSÌ LA CAMPANIA RIDUCE I CONSUMI E RISPARMIA SULLA BOLLETTA  
 

Napoli, 9 giugno 2015 - Ambiente, energia e risparmio. Se ne parla tanto ma quali sono gli strumenti per mettere in pratica concrete e sane strategie di miglioramento? Un valido mezzo di buona amministrazione, necessario, prima di intraprendere qualunque iniziativa di risparmio energetico è quello della diagnosi energetica. Ma che cos’è una diagnosi energetica? Una diagnosi energetica è una procedura sistematica volta a: - fornire un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di un’attività o impianto industriale o di servizi pubblici o privati - individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi-benefici - fornire un riscontro sui consumi A seguito di analisi condotte sulle imprese in Campania, è emerso che i consumi di energia elettrica sono pari a circa 4.469,50 [Gwh/anno] (4% del totale delle imprese in Italia). Considerando che un’impresa di grandi dimensioni consuma circa 200.000.000 [Kwh/anno] con una spesa pari a 14.000.000 €/anno, un intervento di efficienza energetica può ridurre i consumi di circa il 30% all’anno e dunque portare ad un considerevole risparmio di ben 4.200.000 €/anno. A queste esigenze risponde il corso di “Diagnosi e Certificazione energetica degli Edifici” che si terrà a Napoli dal 5 giugno al 12 settembre 2015 (ogni venerdì ore 14.30/18.30 e sabato 9.30/13.30) uno dei primi corsi abilitanti, autorizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico, dal Ministero delle Infrastrutture e dal Ministero dell’Ambiente. Il corso, valido per l´assegnazione di 24 Cfp per tutti gli iscritti al Collegio dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati della Provincia di Napoli, si rivolge ai laureati in ingegneria, architettura, fisica, matematica, chimica, geologia, agronomia, scienze ambientali, geometri, periti agrari o agrotecnici, periti industriali e diplomati di istruzione tecnica (per maggiori info: http://www.Anea.eu/materiale/dcee_tabella_aeb.pdf  Il corso può dare punteggio nella valutazione dei titoli per il processo di certificazione per gli Esperti in Gestione dell’Energia (Ege).ed è valido per l´assegnazione di 24 Cfp per tutti gli iscritti al Collegio dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati della Provincia di Napoli. A tutti partecipanti verranno consegnate le dispense del corso e un kit con licenza gratuita e temporanea, per la durata del corso, del software Termolog Epix 6 della Logicalsoft completo di materiale didattico, assistenza telefonica e offerta riservata. Www.anea.eu

  

 
   
   
REGGIO CALABRIA - BANDO EFFICIENZA ENERGETICA 2015  
 
Reggio Calabria, 9 giugno 2015 - Informa, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Reggio Calabria, rende noto che con decreto del 1° giugno 2015 il Mise ha fissato il termine di apertura e le modalità di presentazione delle domande di agevolazioni in favore di programmi integrati d´investimento finalizzati alla riduzione dei consumi energetici all’interno delle attività produttive localizzate nelle regioni dell’obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia). I progetti finanziabili consistono in programmi integrati d´investimento finalizzati alla riduzione e alla razionalizzazione dell´uso dell´energia primaria all´interno di unità produttive esistenti e devono prevedere spese ammissibili non inferiori a 30mila euro. La domanda di agevolazione e la relativa documentazione devono essere presentate, pena l’invalidità, a partire dalle ore 10.00 del 30 giugno 2015, esclusivamente attraverso l’apposita procedura informatica accessibile dalla sezione “Nuovo Bando Efficienza Energetica” del sito del Ministero dello sviluppo economico. Le agevolazioni sono concesse, attraverso una procedura valutativa a sportello e nel rispetto del Regolamento de-minimis, nelle forme alternative di: - contributo in conto impianti per una percentuale nominale massima delle spese ammissibili pari al 50%, per i programmi di importo fino a 400.000,00 euro che si concludano entro il 31/12/2015; - finanziamento agevolato per una percentuale nominale delle spese ammissibili complessive pari al 75%, per i programmi che si concludano entro il 31/12/2016. I programmi d´investimento ammissibili devono prevedere la realizzazione di interventi funzionali alla riduzione nominale dei consumi di energia primaria all´interno di un´unità produttiva esistente, tale da ottenere una riduzione nominale dei consumi in misura e avere ad oggetto una o più delle seguenti tipologie di interventi: - isolamento termico degli edifici al cui interno sono svolte le attività economiche; - razionalizzazione, efficientamento e/o sostituzione dei sistemi di riscaldamento, condizionamento, alimentazione elettrica, forza motrice ed illuminazione, anche se impiegati nei cicli di lavorazione funzionali alla riduzione dei consumi energetici; - installazione di impianti ed attrezzature funzionali al contenimento dei consumi energetici nei cicli di lavorazione e/o di erogazione dei servizi; - installazione, per sola finalità di autoconsumo, di impianti per la produzione e la distribuzione dell´energia termica ed elettrica all´interno dell´unità produttiva oggetto del programma d´investimento, ovvero per il recupero del calore di processo da forni e/o impianti che producono calore, o che prevedano il riutilizzo di altre forme di energia recuperabile in processi ed impianti che utilizzano fonti fossili. Per info consultare il testo completo del bando http://www.Mise.gov.it/index.php/it/normativa/decreti-direttoriali/2032819-decreto-direttoriale-1-giugno-2015-termini-e-modalita-di-presentazione-delle-domande-di-agevolazioni-bando-efficienza-energetica-2015    
   
   
TOSCANA, IMMOBILI PUBBLICI: ACCORDO DEL COMUNE DI CERTALDO COL DEMANIO PER ATTRARRE INVESTITORI  
 
Firenze, 9 giugno 2015 - La Giunta comunale di Certaldo ha approvato la bozza di convenzione da sottoscrivere con l’Agenzia del Demanio per la valorizzazione di alcuni immobili pubblici presenti sul territorio comunale, immobili oggi inutilizzati e che necessiterebbero di importanti lavori ristrutturazione per essere riutilizzati. La ex casa colonica Marzuoli, la ex casa colonica Il Bosco, l’area edificabile di Canonica Est e il complesso immobiliare della Villa e Fattoria di Canonica gli immobili inclusi nell´accordo, che sarà valido fino al 31 dicembre 2016 e servirà per creare un processo di valorizzazione il cui obiettivo finale è quello di trovare soggetti interessati al recupero e riutilizzo di questi immobili, situati nell’area di Canonica. La convenzione è stata possibile grazie al contatto con l’Agenzia del Demanio, che ha di recente avviato i progetti “Valore Paese – Dimore” e “Proposta immobili 2015” per la valorizzazione degli immobili pubblici localizzati sul territorio nazionale in tessuti storici e paesaggistici di qualità, come mete turistiche e culturali affermate che presentano una ricchezza di storia, tradizioni e prodotti locali. Ad oggi sono più di 200 gli immobili selezionati dall’Agenzia del Demanio, per metà di proprietà dello Stato e per metà di altri Enti pubblici, in maggior parte comuni, che hanno aderito all’invito pubblico lanciato dall’Agenzia del Demanio. "Siamo soddisfatti di poter stringere questo accordo con l´Agenzia del Demanio, perché questo ci consentirà di cercare investitori italiani e stranieri interessati al nostro territorio - dicono il sindaco Giacomo Cucini e il vicesindaco Francesco Dei - l´accordo consentirà al Comune di valorizzare i propri immobili contando su un supporto altamente qualificato, immobili importanti ma che necessitano di investimenti per i quali è evidente che con le sue sole risorse l´Ente locale non potrebbe provvedere. La Villa di Canonica è uno degli obiettivi che questa amministrazione si è data: per la sua valorizzazione intendiamo poter valutare ogni possibile strada. Agenzia e Comune concorderanno la strategia per la migliore valorizzazione possibile di ogni immobile in questione, in linea con gli obiettivi strategici e sociali che l’amministrazione comunale fisserà."  
   
   
L’ANALISI DEL SISTEMA CAMERALE SULLA NATI/MORTALITÀ DELLE AZIENDE IMPRESE UNDER 35 IN FORTE CRESCITA IN CAMPANIA NEL PRIMO TRIMESTRE 2015 SONO NATE 4.022 AZIENDE CON UN SALDO POSITIVO PARI A +1.854.  
 
 Salerno, 9 giugno 2015 - Nella graduatoria delle province italiane Caserta si colloca al terzo posto (12.923 imprese, con un tasso d’incidenza del 14,4% sulle imprese iscritte); Napoli al nono (35.691, 12,9%); Salerno all’undicesimo posto (15.211, 12,8%); Avellino al diciannovesimo posto (5.097, 11,7%); Benevento al ventitreesimo posto (3.894, 11,3%). In tutte le province campane – evidenzia il Centro Studi Ance Salerno, che ha estrapolato i dati dalla rilevazione trimestrale condotta da Infocamere e pubblicata il 1° giugno scorso – il tasso d’incidenza delle imprese under 35 sul totale delle aziende iscritte ai registri camerali risulta sensibilmente superiore alla media Italia (9,5%). L’analisi Settoriale L’analisi di Unioncamere conferma che i settori più attrattivi per le nuove leve imprenditoriali risultano il commercio e l’edilizia, ai quali occorre aggiungere i servizi alloggiativi e la ristorazione. Molte attività si inseriscono, inoltre, nell’ambito dei servizi alla persona e del commercio al dettaglio. Unioncamere fa, inoltre, notare che hanno contribuito in maniera rilevante ad alzare i tassi di incidenza i neo-imprenditori immigrati. Nel contesto nazionale su 35.442 nuove aziende giovanili, 7.773 (una su cinque) è guidata da una persona nata al di fuori dei confini italiani. Nel caso delle imprese guidate da immigrati, nel commercio si concentra il 29,5% di nuove aziende giovanili e nell’edilizia il 18,1%. Massiccia la presenza di stranieri anche nei servizi di alloggio e ristorazione. Tra i primi dieci settori nei quali sono confluite le nuove imprese i servizi finanziari costituiscono uno dei riferimenti più gettonati (il 48,3% in questo segmento è guidata da un under 35). I servizi alla persona (43,9%) e il commercio al dettaglio (39,6%) si configurano come aree di grande interesse. Gli Scenari Territoriali Delle oltre 115mila nuove imprese nate tra gennaio e marzo su tutto il territorio nazionale oltre 35mila (31%) sono guidate da giovani con meno di 35 anni. «La culla di questa vitalità imprenditoriale – è scritto nella nota di Unioncamere – continua ad essere il Mezzogiorno, dove ha sede il 36% delle imprese giovanili nate lo scorso trimestre con poco più di 13mila nuove iniziative». Unioncamere fa notare che – sempre su scala nazionale – quasi due aziende su tre hanno puntato fin dall’inizio su internet ed il 45% è pronto a vendere on line. Commercio (20%); costruzioni (9,5%) e servizi di ristorazione (5,1%) sono i settori nei quali si registra la maggioranza delle iscrizioni. Nel 76% dei casi siamo in presenza di imprese individuali e solo nel 17% di società di capitale. Il Contributo Delle Imprese Giovanili Il saldo tra aperture e chiusure di imprese giovanili a livello nazionale nel primo trimestre del 2015 è stato pari a +16.606 unità. «Pur rappresentando il 9,5% di tutte le imprese oggi iscritte alle anagrafi camerali – spiega la nota di Unioncamere – le imprese guidate da under 35 contribuiscono per oltre il triplo di questo valore (31%) all’afflusso di nuove forze imprenditoriali nel tessuto del Paese». Il Mezzogiorno «Il dato del Mezzogiorno rispetto alle imprese giovanili – rimarca il Centro Studi Ance Salerno – conferma il ricorso a forme di auto-imprenditorialità nelle aree con i maggiori tassi di disoccupazione giovanile e femminile. La riprova di questa tendenza si evince dal fatto che l’area geografica in cui i giovani imprenditori contribuiscono di meno alle nuove iscrizioni è il Nord Est (27%); e nel Nord Ovest e al Centro si va di poco oltre il 29%». L’imprenditoria giovanile offre, non a caso, riscontri molto positivi in Calabria: la provincia italiana dove si registra l’incidenza più elevata sul totale delle aziende esistenti (15,3%) è Crotone tallonata da Vibo Valentia (15,1%). Il Commento Del Presidente Antonio Lombardi «Il dinamismo giovanile nell’attività di impresa – ha dichiarato il presidente di Ance Salerno Antonio Lombardi – è un fenomeno che occorre valutare senza dubbio in maniera positiva. Ma non è un caso che i maggiori tassi di incidenza delle aziende under 35 si verifichino nelle aree del Mezzogiorno, con buone perfomance nelle province della Campania”. «È evidente – ha continuato Lombardi – che bisogna tenere presente le due facce della medaglia. Da un lato l’encomiabile forza di volontà dei giovani del Sud di non rimanere ai margini del mercato del lavoro; dall’altro la disperata necessità di mettere in campo fin da subito politiche strutturali di inclusione occupazionale non più rinviabili. Non ci si può certo accontentare di trend effimeri rispetto a quella che si configura a tutti gli effetti come un’emergenza sociale». «La natura giuridica e i settori maggiormente prescelti (quelli con barriere all’ingresso più fragili) confermano che l’auto-impiego molto probabilmente prevale sulle ragioni della scelta vocazionale. È su questi temi cruciali - ha concluso Lombardi - che la politica e le istituzioni devono al più presto dare segnali concreti e ed efficaci».  
   
   
ATER: FVG, 223.900 EURO PER 94 ALLOGGI A PALAZZOLO DELLO STELLA  
 
Trieste, 9 giugno 2015 - La Giunta regionale, su proposta dell´assessore All´edilizia, Maria Grazia Santoro, ha disposto una prenotazione contabile a favore dell´Ater di Udine in qualità di soggetto attuatore del programma innovativo in ambito urbano Contratto di quartiere Polesan ricadente a Palazzolo dello Stella per complessivi 94 alloggi. La somma prenotata è di 223.945 euro, a valere sull´esercizio finanziario 2015 quale apporto finanziario pubblico integrativo pari al 35 per cento delle risorse per l´attuazione del programma.  
   
   
ASSOLOMBARDA: CRESCE ECONOMIA REGIONE LOMBARDIA  
 
Milano, 9 giugno 2015 - "La presentazione del Rapporto della Banca d´Italia sull´economia della Lombardia è stata molto interessante, ma come ha detto anche il presidente di Assolombarda a noi lombardi non interessa sapere che la Lombardia è la prima Regione in Italia e va meglio di tutte le altre: a noi interessa confrontarci con le migliori Regioni europee sul mercato globale. E in questo senso i segnali sono incoraggianti, perché la Lombardia cresce, è forte nell´export, ed è forte soprattutto nell´innovazione, grazie all´eccellenza del nostro sistema universitario integrato con quello produttivo". Lo ha spiegato l´assessore regionale all´Economia, Crescita e Semplificazione, Massimo Garavaglia, al termine della presentazione del Rapporto della Banca d´Italia sull´economia della Lombardia nella sede di Assolombarda a Milano. Grandi Opportunita´ - "Proprio in questa ottica - ha sottolineato Garavaglia - si vedono grandi opportunità per migliorare ancora la nostra competitività e quindi ha ragione il presidente Roberto Maroni nel voler puntare sul raddoppio degli investimenti in ricerca e sviluppo e in proposito ricordiamo che si mette a disposizione circa un miliardo di euro per questo obiettivo. Mentre per quanto riguarda l´interazione tra università e imprese l´idea del grande campus universitario nelle aree del dopo Expo è sicuramente vincente ed è anche emblematica, perché rappresenta l´esempio di quello che va fatto per potenziare le aziende lombarde, ovvero - ha concluso Garavaglia - una sorta di Politecnico diffuso e integrato con le eccellenze anche della formazione professionale: la Lombardia ha le carte in regola per vincere anche questa sfida".  
   
   
PISAPIA: DA MILANO PARTE LA RIGENERAZIONE DEL PAESE  
 
Milano, 9 giugno 2015 - “ Da Milano parte un segnale chiaro. Un segnale che parte dalla città per andare oltre e indica che è arrivato il momento della rigenerazione italiana. Uso il termine rigenerazione, per indicare una doppia ripresa: economica e civile. Le due dimensioni infatti vanno insieme”. Lo ha affermato il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia all’assemblea di Confcommercio. “L’italia è chiamata a voltare pagina. E’ chiamata –ha proseguito il Sindaco- a crescere moralmente, a uscire dalla crisi e dalla corruzione, dalla disoccupazione e dagli sprechi. Questa è la via che Milano indica: favorire il merito e la competitività, anche attraverso la leva fiscale”. “In città c’è una grande vitalità che è progressivamente in grado di creare un indotto sempre più importante per il territorio. Dopo una crisi durata sette anni, Milano sta ripartendo, anche grazie alle migliaia di iniziative di questi mesi. Il mondo del commercio, dei servizi, dell’impresa ha reso vitale la città facendo squadra con il Comune. Se oggi tanti quartieri sono più vivi, più aperti, più attrattivi è anche grazie alla collaborazione proficua tra pubblico e privato che ha visto nella Confcommercio un interlocutore disponibile e attento. Il dialogo con le forze sociali, con i rappresentanti delle categorie e delle professioni, ognuno nel proprio ruolo, è infatti molto importante per realizzare l’obiettivo comune di un vero sviluppo economico e sociale”, ha concluso Pisapia  
   
   
SI È TENUTA PRESSO IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO LA PREVISTA RIUNIONE PER LA VERTENZA “OM” DI BARI-MODUGNO.  
 
Bari, 9 giugno 2015 - L’assessore al Lavoro, Leo Caroli, che ha partecipato al vertice (presenti, tra gli altri, il Ministro Guidi, il sindaco di Bari Decaro, il presidente della Regione Calabria Oliviero, il commissario del comune di Modugno, i rappresentanti sindacali e della azienda ex Om), ha dichiarato che “proprio quando arrivano i dati statistici che danno ragione al lavoro svolto in Puglia in questi ultimi anni per contenere la crisi e sostenere l’occupazione, con oltre 30.000 posti di lavoro in più, arriva oggi al Ministero la riunione sulla spinosa vertenza Om”. “Il ministro Guidi in persona, che ha voluto ricordare lo “scippo” subito dalla Puglia con lo spostamento delle produzioni Metec a Termini Imerese, ha riconosciuto la bontà dei criteri selettivi attraverso i quali avevamo selezionato, secondo un ordine di priorità, i piani per la reindustrializzazione della Om”. “In particolare, anche il ministro ha riconosciuto che la priorità è rappresentata dal piano americano che prevede la fabbricazione di auto elettriche con un investimento di 120 milioni di euro a cavallo tra Puglia (Modugno) e Gioia Tauro (Calabria). La Lcv, oltre alla sostenibilità del piano industriale, di quello finanziario e la sua solidità patrimoniale, ha anche dimostrato una coerenza procedurale, già costituendo tre società italiane: la holding di controllo e la Lcv Modugno e la Lcv Gioia Tauro, versando i relativi capitali sociali di partenza”. “Naturalmente rimangono valide anche le altre manifestazioni di interesse ricevute, quella della “Sandretto” e dell’altra compagnie pugliese, per cui rimangono fermi gli impegni di Regione Puglia e Ministero perché si avviino ugualmente nella nostra regione: Ministero e Regione sono pronti a cofinanziare le iniziative”. “Abbiamo infatti messo al centro il bene della Puglia, non di quello o quell’altro piano, esaltando in questa fase la forte attrattività della regione: in nessuna parte d’Italia ci sono richieste di investimenti strategici anche stranieri come da noi. Di questo sono orgoglioso e fiero”. “Nei prossimi giorni il Ministero incontrerà tutti i manifestatori di interesse per le ultime verifiche del caso, il prossimo 10 giugno gli americani presenteranno il loro ultimo piano e poi ci sarà il bando”.  
   
   
CRISI, GRUPPO KALE ITALIA STABILIMENTO DI BORGOTARO (PARMA): CONVOCATO D´URGENZA DALL´ASSESSORE REGIONALE PALMA COSTI PER GIOVEDÌ 11 GIUGNO UN INCONTRO DEL TAVOLO REGIONALE PER VALUTAZIONE DELLA SITUAZIONE AZIENDALE.  
 
Bologna, 9 giugno 2015 – Un incontro del Tavolo regionale per il Gruppo Kale Italia stabilimento di Borgotaro Parma, è stato convocato, con urgenza, dall’assessore regionale alle Attività produttive Palma Costi a seguito della comunicazione di apertura della procedura di mobilità. L’appuntamento è per giovedì 11 giugno alle ore 16 (viale Aldo Moro 44, 11° piano), in Regione, per una valutazione sulla situazione aziendale dello stabilimento ceramico di Borgotaro. «Faremo di tutto per salvaguardare lo stabilimento e i livelli occupazionali. La decisione della proprietà – ha sottolineato l’assessore regionale alle Attività produttive Palma Costi - ci sorprende e ci trova contrari: quel territorio non potrebbe sopportare una chiusura totale di una azienda. Auspichiamo un ritiro dei licenziamenti e la definizione di soluzioni alternative. Lo scorso anno era stato fatto un accordo che prevedeva l´attivazione di ammortizzatori sociali utili alla prosecuzione dell´attività aziendale definendo un´intesa anche sugli esuberi».  
   
   
BOLZANO: PROSEGUE LA RIPRESA DEL MERCATO DEL LAVORO PROVINCIALE  
 
Bolzano, 9 giugno 2015 - È stato presentato ieri mattina dall’assessora Martha Stocker, il Rapporto sul mercato del lavoro in provincia di Bolzano relativo al periodo novembre 2014 – aprile 2015. Si registra un aumento dello 0,8% dell’occupazione ed un tasso di disoccupazione del 4,6%; mentre alcuni settori come turismo e agricoltura evidenziano segni di ripresa altri settori come l’edilizia sono ancora in difficoltà. L´assessora al lavoro, Martha Stocker, il direttore della Ripartizione lavoro, Helmuth Sinn, ed il direttore dell´Osservatorio del mercato del lavoro, Stefan Luther, hanno illustrato questa mattina, nel corso di una conferenza stampa, i dati relativi al mercato del lavoro in provincia di Bolzano che confermano la ripresa in atto anche se con distinzioni tra i settori. Spicca tra tutti il dato relativo all´aumento dello 0,8% dell´occupazione rispetto allo stesso periodo del 2014, pari a 1477 persone i più. Nel suo intervento l´assessora al lavoro, Martha Stocker, ha comunque sottolineato che l´andamento positivo del mercato del lavoro, caratterizzato appunto da un aumento dello 0,8% degli occupati, evidenzia forti differenziazioni da un settore all´altro. I maggiori aumenti si registrano nel settore turistico alberghiero (+3,1%), nell´agricoltura (+2,6%) e nell´apprendistato (+6,2%). Più modesta è stata la crescita nelle attività manifatturiere (+1,2%), nella sanità (+1,2%), nell´istruzione (+1,1%) e nei rimanenti servizi privati escluso il commercio (+1,3%) e nell´assistenza sociale (+0,3%). Nell´edilizia (-2%), nella Pubblica amministrazione (-0,8%) e nel commercio (-0,1%) lo sviluppo è stato negativo. Lo stillicidio di posti di lavoro nell´edilizia ha portato il livello occupazionale in tale settore a livelli inferiori a quelli di 15 anni prima. Secondo il direttore della Ripartizione lavoro, Helmuth Sinn, dai dati si evince che il mercato del lavoro provinciale si è ulteriormente ripreso dalla crisi anche se con uno sviluppo non omogeneo. Il tasso di occupazione (20 - 64 anni) si colloca al 76,1% mentre quello di disoccupazione è pressoché stabile al 4,6%. Prosegue inoltre l´invecchiamento del mercato del lavoro locale. Durante il semestre novembre 2014 - aprile 2015 risultavano lavorare mediamente 47.619 lavoratori con 50 e più anni. Ciò corrisponde ad un aumento del +8,2% rispetto all´anno precedente, pari a +3.608 occupati. Complessivamente, al momento risulta che il 25,5% dei lavoratori dipendenti ha almeno 50 anni, +1,8 punti percentuali più dell´anno precedente e +7,2 punti più di cinque anni prima. Paragonata alle altre regioni europee la provincia di Bolzano ha un tasso di disoccupazione basso, un tasso di occupazione totale e femminile medio-alto ed un tasso di occupazione degli anziani medio. Paragonata alle altre regioni confinanti che mostrano caratteristiche geografiche, demografiche ed economiche simili, la provincia di Bolzano - pur avendo un tasso di occupazione e disoccupazione migliore della provincia di Trento - è pur sempre dietro ai valori del Tirolo e della Svizzera orientale. Il direttore Sinn ha inoltre fornito alcuni dati del mercato del lavoro locale riferiti allo scorso mese di maggio, quindi non inclusi nella relazione che comprende il periodo novembre 2014-aprile 2015. Nel dettaglio si registra un aumento dell´1,2% per quanto riguarda l´occupazione rispetto allo stesso mese del 2014, una riduzione della disoccupazione del 7% rispetto allo stesso periodo ed un aumento del 20% dei posti disponibili sul mercato. Ulteriori dati sono stati quindi forniti anche dal direttore dell´Osservatorio del mercato del lavoro, Stefan Luther. Alleghiamo il pdf integrale del Rapporto sul mercato del lavoro in provincia di Bolzano. Il testo è disponibile anche nel sito della Ripartizione lavoro all´indirizzo: http://www.Provincia.bz.it/lavoro/mercato-del-lavoro/929.asp  
   
   
INDUSTRIA, A TORTOLÌ LA FIRMA DELL´ACCORDO CON L´IRAQ. PIGLIARU: "DAI MERCATI ESTERI GRANDI OPPORTUNITÀ DI LAVORO E SVILUPPO"  
 
Tortoli´, 9 Giugno 2015 - Un investimento importante, dal quale la Sardegna e in particolare l´Ogliastra si aspettano ricadute economiche e lavorative di notevole rilevanza. È il frutto dell´accordo che sarà firmato a Tortolì dal Ceo della Saldimpianti Romeo Ingrosso e dalla delegazione irachena guidata dal governatore della provincia di Al-anbar, Sohaib Ismael Mahmoud, e in mattinata presentato al presidente della Regione Francesco Pigliaru e all´assessore regionale dell´industria Maria Grazia Piras. "Si tratta di una grande opportunità per la Sardegna", ha affermato il Presidente Pigliaru. "Dobbiamo abituarci a cogliere i vantaggi della globalizzazione superandone il timore. Il compito della Regione è quello di creare le condizioni perché gli investitori seri che arrivano dall´estero scelgano la Sardegna e c´è tutto il nostro impegno per accompagnare le nostre imprese in percorsi come questo", ha proseguito il presidente della Regione, ricordando che è solo di pochi giorni fa la partenza di un importante progetto con un altro paese arabo. "Siamo consapevoli di essere una regione piccola e pertanto dobbiamo cercare sempre piu spazio nei mercati esteri, gli unici in grado di farci crescere a ritmi sostenuti e di creare posti di lavoro", ha sottolineato Francesco Pigliaru intervenendo dopo il Governatore iracheno che, nel pomeriggio, firmerà il contratto con l´azienda ogliastrina per la progettazione e la costruzione di una raffineria di petrolio di grandi dimensioni, in parte da realizzarsi in Sardegna, per un valore stimato di 4/5 miliardi di euro. "Contratti di questa grandezza - ha proseguito il presidente Pigliaru - si trovano principalmente nei mercati esteri e generano opportunità che vanno ben oltre la singola impresa coinvolta, potendo aprire potenzialità per l´intera Sardegna, incluse le piccole imprese, a condizione che ci sia la volontà di lavorare insieme. Siamo ben felici di supportare le nostre aziende nei mercati internazionali e ci auguriamo che queste facciano da apripista a molte altre realtà produttive dell´isola", ha concluso il presidente della Regione. Molto positivo anche il commento dell´assessore dell´Industria, Maria Grazia Piras, che definisce il successo di Saldimpianti "un successo del territorio ogliastrino e dei lavoratori che rappresentano il prezioso capitale umano, di competenze e di professionalità dell’azienda. Dobbiamo prendere esempio da queste realtà virtuose non solo per fare, come già abbiamo fatto, dell’internazionalizzazione un asse portante del progetto di sviluppo regionale, ma anche per favorire in ogni forma i processi di aggregazione tra i soggetti d’impresa che ne aumentano la massa critica e la capacità di affrontare nuovi mercati", ha poi aggiunto la titolare dell´Industria della Giunta Pigliaru. La quale, in conclusione, ha ricordato l´importanza di dedicarsi tutti, governo regionale e locale, partenariato economico e consorzi, "a favorire i progetti di integrazione di filiera che rendono i sistemi produttivi locali più solidi e competitivi e favoriscono le azioni di chiamata selettive di nuove imprese esterne".  
   
   
CREARE IMPRESE PER CUI CONTA L´IMPATTO SOCIALE  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Tema complesso quello della finanza d´impatto, ovvero degli investimenti che hanno un impatto sociale misurabile. Ci sono dentro il welfare, gli investimenti pubblici, la capacità di stare sul mercato, la risposta a bisogni vecchi e nuovi, le prospettive di lavoro per i giovani, il rapporto fra pubblico e privato, tra profit e no profit e anche la mobilità sociale, tema di questa edizione del Festival. Ne hanno parlato questo pomeriggio, alla Fondazione Caritro, Mario Calderini, che insegna Social Innovation al Politecnico di Milano, Sergio Gatti, direttore generale Federcasse-federazione italiana Bcc, Stefano Granata, presidente Gruppo Cooperativo Cgm e Giovanna Melandri, presidente di Human Foundation. La particolarità degli investimenti ad impatto sociale è che, accanto a rischio e redditività, introducono una terza dimensione: ovvero l´impatto sociale misurabile, gli effetti che si realizzano nella comunità. La differenza con un investimento tradizionale sta proprio nella volontà di generare un impatto sociale positivo; meno importante è il rendimento dell´investimento, che può anche essere anche low profit. Fondamentale invece la misurabilità degli effetti e quindi l´individuazione di indicatori adeguati. "Cooperazione sociale e attenzione del sistema bancario - ha detto Giovanna Melandri - rappresentano punti di forza del sistema italiano per gli investimenti di questo tipo, che non sono sostitutivi degli investimenti pubblici". La sfida, ha aggiunto, è quella di creare un mercato, è quella di dimostrare che esiste un cuore invisibile dei mercati, è quella di incorporare la cultura di impresa nella dimensione sociale, è quella di chiedere agli investitori di sostenere investimenti non definiti solo da rischio e rendimento. " L´incontro - ha aggiunto Melandri - tra cultura di impresa e volontà di rispondere ai problemi sociali può generare un nuovo grande potenziale mercato; è una sfida al capitalismo tradizionale, al mercato, al regolatore pubblico, anche al sociale". Per Sergio Gatti anche le banche di credito cooperativo entrano a pieno titolo nella finanza di impatto. "Se è mobilità sociale tutto ciò che spinge verso l´alto le persone - ha detto - la finanza di impatto c´entra pienamente con il tema scelto per questa edizione del Festival". Il livello di istruzione, il reddito familiare, le opportunità di studio sono, per Gatti, fattori di mobilità sociale, ma lo è anche il contributo delle imprese cooperative. Stefano Granata ha posto l´accento sul fatto che la sfida riguarda soprattutto i giovani. Cgm, ha ricordato, si occupa di fornire servizi per le persone più fragili, lavorando sulla coesione e sull´inclusione. Oggi, ha aggiunto, le risorse pubbliche non sono più sufficienti, soprattutto per rispondere alle esigenze delle persone e le domande non possono trovare risposta solo nella leva fiscale e nell´intervento pubblico; bisogna fare investimenti strutturali e non ragionare solo in termini di spesa. Bisogna quindi essere attrattivi per gli investimenti. "La sfida di oggi – ha spiegato - è che l´impresa sociale può avere il ruolo di far ripartire lo sviluppo del paese. Se non si genera ricchezza non si può distribuire nulla. L´impresa sociale può rimettere in moto l´economia distribuendo in modo più equo la ricchezza prodotta. Per questo i giovani sono particolarmente coinvolti." Innovazione, ma anche coraggio nel cambiare paradigmi e modelli organizzativi, e poi entusiasmo sono essenziali. Mario Calderini ha ricordato che nel 2012 David Cameron ha invitato nella City la finanza che conta dicendo, in sintesi, che il welfare nel mondo stava arretrando e si aprivano importanti opportunità di investimento. La trasformazione portata dalla finanza di impatto deve però, secondo Calderini, avvenire mantenendo salvi i valori tradizionali delle esperienze italiane. Anche la tecnologia c´entra con il cambiamento: oggi ci sono opportunità a basso costo che aiutano a rispondere ai bisogni e produrranno una notevole trasformazione sociale.  
   
   
SFIDARE IL POTERE DELLA FINANZA: ALCUNE PROPOSTE CONCRETE  
 
Trento, 9 giugno 2015 - L’influenza della finanza sul funzionamento dell’economia globale e più in generale sulle nostre società è causa dei forti squilibri che hanno portato all’attuale crisi economica. Anche se oggi esiste un sempre maggior consenso fra gli economisti su questa diagnosi, risulta ancora difficile intravedere quali debbano essere i passi concreti per rimettere la finanza al servizio della società. Nel suo intervento di oggi Christoph Scherrer ha avanzato alcune proposte in questo senso, ma ha anche avvertito che non esistono “bacchette magiche” o soluzioni valide ovunque. In ogni paese devono essere trovate risposte che si adattino alle specifiche strutture economiche e finanziarie. Nell’introdurre il suo ospite, Michael Braun, giornalista della “Die Tageszeitung”, ha invitato la platea ad un esercizio di memoria. Nell’ormai lontano 2008, quando crollarono le prime banche negli Stati Uniti e scoppiò la crisi dei derivati finanziari, tutti concordarono nell’individuare nella finanza speculativa e nella deregolazione dei mercati l’origine della débâcle. In quel momento, sembrò esserci un ampio consenso sulla necessità di regolare le transazioni finanziarie, di tassare le attività speculative e tornare alle politiche keynesiane. Ad essere in discussione in quel momento non erano soltanto le riforme neo-liberali degli ultimi decenni, ma lo stesso sistema capitalistico. Sette anni dopo, queste idee sembrano oggi essersi smarrite nel nulla. I passi per contrastare il peso della finanza sono stati timidi e ambivalenti, hanno trionfato invece le politiche di austerità che hanno trasferito i costi della crisi sulle spalle dei cittadini, aumentando in questo modo le disuguaglianze. Chistoph Scherrer ha iniziato il suo intervento proprio da questo paradosso. Perché, se gli effetti nefasti della finanza sregolata sono chiari a tutti e se la scienza economica ha suggerito numerose ricette per contrastarla, questa battaglia è stata fino ad oggi sostanzialmente persa? A suo parere, la risposta è duplice. Da una parte, il dibattito sul controllo della finanza speculativa ha avuto la tendenza ad essere troppo semplicistico. Le modalità con cui la finanza ha penetrato le strutture dell’economia globale sono assai complesse e richiedono, per essere contrastate, di strategie altrettanto sofisticate. L’idea di una tassa globale sulla ricchezza può sicuramente aiutare ma non è certo la panacea per tutti i mali. Dall’altra, questa penetrazione è avvenuta in modo diverso a seconda del contesto. Le forme di azione della finanza si adattano alle caratteristiche e peculiarità di ogni luogo, alle strutture istituzionali e culturali. Per questa ragione, il contrasto efficace dei processi di financialization (la crescente influenza della finanza in diversi settori della vita sociale) può avere successo solo se avviene in modo differenziato e sulla base di analisi dettagliate dei contesti. Le strategie concrete proposte da Scherrer si muovono su due fronti. Il primo, riguarda il prosciugamento delle fonti dalle quali la finanza attinge risorse. Su questo fronte, in ogni contesto nazionale, devono essere valutati i modi per contrastare fenomeni quali: il shadow banking (banche senza garanzie che posso usare i propri fondi per speculare), la diffusione dell’uso di strumenti finanziari nella vita di tutti i giorni, l’indebitamento individuale per sopperire a bisogni fondamentali (educazione, salute, pensione). A questo proposito il ruolo dello Stato nelle politiche sociali diventa cruciale. Il secondo fronte riguarda l’immunizzazione della politica dal potere della finanza. A questo scopo, Scherer individua tre linee di azione indispensabili: la “riconquista del grande pubblico”, attraverso l’offerta da parte della politica di risposte pubbliche a bisogni quali la casa di proprietà, i capitali per iniziare un’attività, etc; il contrasto della capacità delle lobby e delle grandi ricchezze di influenzare le decisioni politiche; la critica alle distorsioni create dalla globalizzazione economica. Seppur la sfida che la finanza globale pone sia certamente complessa, in considerazione del suo potere e della sua pervasività, gli ambiti sui quali agire sono oggi indicati con maggiore chiarezza.  
   
   
RAMPINI: L´ERA DELLA CINA, DELLE BANCHE CENTRALI, DELLA RIVOLUZIONE ENERGETICA, DELL´INNOVAZIONE SENZA CRESCITA DELLA PRODUTTIVITA´  
 
Trento, 9 giugno 2015 - "2006-2015: 10 anni che hanno cambiato l´economia": questo il tema proposto a Federico Rampini in occasione del decennale di un Festival a cui lo scrittore e inviato di Repubblica ha sempre contribuito, senza perdere neanche un´edizione. Ma rampini non si è limitato a una pur intelligente riepilogazione: ha lanciato anche uno sguardo al futuro. "Il pendolo della storia dopo cinque secoli sta ritornando verso l´Oriente - ha detto ad esempio - e tutto questo senza la prevista democratizzazione della Cina. Clinton era convinto che sarebbe successo, e così Bill Gates, o Francis Fukuyama. Sbagliavano". Riguardo alla grande crisi degli ultimi anni, per Rampini si è persa l´occasione di fare almeno tesoro dei suoi insegnamenti e imporre un cambiamento di modello. "Tra noi progressisti, tra noi keynesiani, possiamo pensare che sia così, ma non è vero, negli Usa c´è stata una lettura di destra della crisi, e questa lettura e´ arrivata anche in Germania". Questo decennio ci ha portato inoltre ad una nuova stagione di protagonismo per le banche centrali, ultima la Bce di Draghi, anche se con notevole ritardo rispetto agli Usa. Infine, sullo sviluppo: esso si accompagna in genere a due fattori, la crescita demografica e l´innovazione. La prima oggi sembra essere preclusa all´Occidente. Riguardo all´innovazione, "sembra essere ovunque, e tuttavia non vi è traccia di un miglioramento della produttività umana, al punto tale che alcuni pensano che l´innovazione attuale assorba molte nostre energie e ci distragga piuttosto che renderci più produttivi". Introdotto da Giuseppe Laterza, Federico Rampini ha raccontato gli ultimi dieci anni della nostra storia. I cambiamenti economici, sociali, tecnologici, politici. Esattamente come ha fatto a lungo come inviato in vari paesi del mondo, fra cui Cina e Usa, e ultimamente anche mettendo in scena dei veri e propri spettacoli, uno dei quali, lo scorso anno, ha esordito proprio a Trento durante il Festival dell´Economia. In realtà Rampini è partito dal 1999, snocciolando alcuni eventi: la creazione del Wto, un salto in avanti nella globalizzazione, lo scoppio della bolla finanziaria dei titoli tecnologici, la guerra in Iraq condotta da Bush con la cOnseguente crescita del deficit pubblico americano. E via e via: il crollo del mercato immobiliare negli Usa, prima avvisaglia della grande crisi, poi la bancarotta di Lehman Brothers, seguita dalla maxi-manovra di investimenti pubblici di Obama (800 miliardi di spesa) e dall´immissione di nuova liquidità nell´economia reale. Nel 2011 l´epicentro della crisi si sposta in Europa. Anche la crescita della Cina inizia a frenare. Nel 2015 finalmente anche la Banca centrale europea comincia a stampare moneta, "copiando" ciò che avevano fatto gli Usa 6 anni prima. E la svalutazione dell´euro che ne è seguita sta cominciando a produrre i suoi frutti. Ma Rampini ha fatto spazio anche ai ricordi personali, in primis quelli legati al suo trasferimento in California. "La Silicon Valley - ha detto - è inimitabile. In molti hanno cercato di copiarla ma senza riuscirci. C´è un´esaltazione della creatività e persino della trasgressione che risale al 68, al movimento hippy, e ne fa uno straordinario laboratorio, libertario, anarchico, quello che ha dato vita ad internet. Pensiamo all´open source, all´idea che le innovazioni non vadano brevettate e debbano essere fruibili da tutti liberamente. Purtroppo questa cultura è stata progressivamente messa all´angolo". Nel frattempo la Cina diventava la grande manifattura del mondo. Rampini ha raccontato la crescita della Cina, il suo diventare, oggi, attrattiva anche per gli studenti italiani, poi il ritorno negli Usa, stavolta a New York, per trovare un´America all´epoca molto in affanno. Ma, con una rivoluzione spettacolare, le cose sono cambiate ancora. Grazie a una nuova ondata di innovazione, l´internet 2.0, e alla recentissima rivoluzione energetica, che è dovuta in buona parte all´evoluzione tecnologica, e ha reso indipendente l´America dal petrolio arabo. Quali conclusioni si posso trarre da questa lunga cavalcata attraverso la storia? "Noi stiamo assistendo alla fine del dominio dell´Occidente, ma senza la prevista democratizzazione della Cina. Anzi, il regime sta diventando più autoritario di come lo avevo conosciuto io dieci anni fa". Riguardo alla grande crisi degli ultimi anni, non c´è una lettura omogenea. "Negli Usa è molto forte una lettura di destra, che dà tutta la colpa allo stato. E il Tea party e´ oggi più forte che mai. Anche se il sistema bancario alla fine è stato salvato da Bush, con denaro pubblico, i repubblicani oggi incolpano l´interventismo statale dei democratici. Questa lettura e´ arrivata in Germania: una crisi generata dalla finanza ´tossica´, dai mutui subprimes, da Wall street, è stata di fatto imputata al debito pubblico, che terrorizza i tedeschi fin dai tempi di Weimar". Infine, in generale sullo sviluppo, che è necessario anche al fine di avere più uguaglianza sociale, perché nelle recessioni ci guadagnano solo coloro che possono contare su patrimoni e rendite finanziarie, secondo la lezione di Piketty. Stranamente, "anche se esso dovrebbe essere trainato dall´innovazione, e l´innovazione sembra essere ovunque, in tutti i prodotti a cui oggi abbiamo accesso, non vi è traccia di un miglioramento della produttività umana, al punto tale che alcuni pensano che l´innovazione attuale assorba molte nostre energie e ci distragga piuttosto che renderci più produttivi".  
   
   
IL CUPO REALISMO DEI GIOVANI DISOCCUPATI ITALIANI CHE IL JOBS ACT NON SA AIUTARE  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Né rassegnati né pessimisti. I neolaureati italiani che non trovano un’occupazione stabile sembrano avere aspettative certamente cupe rispetto al loro futuro lavorativo, ma del tutto in linea con la realtà dei fatti. Ed è una realtà tragica, che incide profondamente non solo sulle condizioni attuali dei giovani, ma anche sui loro progetti di vita a lunga durata. Lo dimostra una ricerca condotta da Chiara Binelli, che ha analizzato un campione di oltre 1.300 persone, tra i 25 e i 34 anni, in cerca di un posto di lavoro coerente con i loro studi e le loro qualifiche. Il Jobs Act? «Non è di simili politiche occupazionali che l’Italia ha bisogno» Ma è proprio vero che i neolaureati italiani senza lavoro sono eccessivamente pessimisti rispetto al loro futuro? Quali conseguenze produce l’incertezza occupazionale sulle condizione di vita dei giovani? E il Jobs Act propone delle soluzioni adeguate a risolvere una crisi che è drammatica? Sono queste le domande a cui Chiara Binelli, Assistent Professor di Economia all´Università di Southampton, cerca di rispondere attraverso la sua ricerca, i cui risultati sono stati presentati in anteprima questo pomeriggio, durante un dibattito svoltosi presso la Sala Filarmonica e organizzato nel contesto del Festival dell’Economia. Binelli ha esaminato un campione di 1.328 laureati, equamente ripartiti tra le varie aree geografiche del Paese. Si tratta di giovani compresi tra i 25 e i 34 anni che non trovano lavoro: il 19% del totale, a fronte di una media europea del 13%. Una categoria di cui fa parte oltre un milione di persone, secondo l’Istat. E i risultati raccolti hanno innanzitutto permesso a Binelli di smentire alcuni luoghi comuni piuttosto ricorrenti nel dibattito politico. È vero, i giovani disoccupati sono molto pessimisti circa il loro futuro: solo il 20% pensa di poter guadagnare più dei loro genitori, mentre 8 intervistati su 10 ritengono improbabile trovare un lavoro che offra una tutela previdenziale e una copertura pensionistica adeguata. Tuttavia, una ricerca approfondita dimostra che queste cupe aspettative non sono affatto distanti dalla realtà dei fatti. Se il guadagno medio mensile netto atteso ammonta a 1099 euro, quello effettivo è infatti di 1034; se la fiducia in un nuovo posto di lavoro nei prossimi 12 mesi è del 44%, quella reale è del 50%; se solo 17% degli intervistati confida in un’occupazione a tempo indeterminato, la quota di coloro che davvero riescono a ottenerla è appena quattro punti percentuali più alta. Quanto alla presunta rassegnazione dei giovani neolaureati circa la possibilità di trovare un lavoro, va detto che in realtà la ricerca di nuove opportunità cresce, ragionevolmente, in maniera proporzionale con la speranza di trovare nuove offerte coerenti con il percorso di studi svolto. «E in questo senso – dichiara Binelli – il Jobs Act dimostra una prima notevole debolezza: la sua incapacità di aumentare nei neolaureati le aspettative di una maggiore stabilità. Secondo i risultati di un’indagine di Demos & Pi dell’Aprile 2015, infatti, per il 49% dei giovani la nuova riforma del mercato del mercato del lavoro non produrrà alcun effetto, e per il 20% peggiorerà addirittura le cose». Nel corso della discussione finale, animata dalle domande di Maria Concetta Mattei del Tg2, Binelli ha spiegato che servono riforme molto più efficaci di quelle varate dal governo Renzi. «La vera necessità, oggi, è quella di creare opportunità lavorative che offrano sicurezza e tutele adeguate. Serve insomma non semplicemente un lavoro, ma un buon lavoro». Sembrerà un paradosso, ma la ricerca di Chiara Binelli sta aspettando ancora di ricevere dei finanziamenti. «È un lavoro che riguarda la disoccupazione dei giovani italiani: voglio che i finanziamenti per realizzarla siano italiani. Spero che il ministro del lavoro Poletti, che domani verrà qui a Trento, possa essere interessato».  
   
   
ALLORA CREALO! INNOVARE È ANCHE RIGENERARE SPAZI  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Allora Crealo! – evento del Festival dell’Economia mirato sull’innovazione sociale e le start up – nel pomeriggio di domenica ha proposto diversi interventi sul tema della rigenerazione di spazi urbani abbandonati. Dall’ex-fabbrica di Next Snia Viscosa a Rieti alla piattaforma Replace, specializzata appunto in riqualificazioni, passando per l’azienda Arbizzi, rilevata dai lavoratori. Presentate anche le storie della Fabbrica del Sole (Arezzo) – detentrice di un brevetto per l’energia rinnovabile e per il trattamento delle acque inquinate – e dello Smart Lab di Rovereto. Le storie delle giovani imprese di Allora Crealo hanno ricostruito in questi giorni di festival dell’Economia un mosaico di nuove idee, reti di innovazione e progetti. Ad esempio la storia di Smart Lab di Rovereto, uno spazio di aggregazione che valorizza la “creatività sommersa” dei giovani, mettendoli in relazione piuttosto che in competizione. La loro realtà è una di quelle cui si fa riferimento per trovare soluzioni per il recupero degli spazi abbandonati, spazi di cui le città sono piene. La ricerca di soluzioni innovative per rigenerarli e utilizzarli è uno dei motori della proposta progettuale del Comune di Trento “I giovani si prendono cura di spazi urbani - Il bello ci salverà” presentato da Clara Campestrini del Comune di Trento. Mentre Michele D’alena e Guglielmo Apolloni di Rena hanno portato un esempio concreto di riqualificazione urbana parlando del progetto dell’ex-Snia a Rieti, enorme complesso industriale abbandonato vicinissimo al centro cittadino diventato Next Snia Viscosa. Il tema della rigenerazione è tornato al centro della discussione con l’esperienza della piattaforma Replace (Firenze), vincitrice del bando Allora Crealo! “Innovazione, occupazione, sostenibilità”. L’idea di Replace è quella di applicare lo strumento del crowdfunding al problema della riqualificazione e gestione degli spazi e beni pubblici. Lo scopo è duplice: promuovere un sistema virtuoso e partecipato di gestione di parte degli spazi pubblici senza che ciò gravi sui bilanci locali, e utilizzare risorse collettive inutilizzate per creare opportunità lavorative ad impatto sociale positivo. Un altro caso di recupero, questa volta non di spazi ma di un’impresa è quello del particolare caso dei lavoratori dell’azienda Arbizzi (Reggio Emilia), raccontato oggi ad Allora Crealo! all’interno dello speech “cooperative oltre lo startup”, protagonisti di un “workers buyout” di successo. Un’impresa recuperata da una cooperativa di lavoratori, ma con una differenza fondamentale: l’azienda Arbizzi non era in crisi, semplicemente il proprietario ha deciso di andare in pensione, concordando con i suoi lavoratori il passaggio di un’azienda in perfetta salute. Un esempio pilota, replicabile in altri casi, con un grande impatto sociale in termini di mantenimento dell’occupazione. Impatto sociale che è anche un aspetto molto importante per La Fabbrica del Sole (Arezzo), un’altra esperienza vincitrice del bando Allora Crealo! L’idea della Fabbrica del Sole di fare qualcosa nel campo delle energie rinnovabili e della sostenibilità, si è concretizzata con Grid Box, un sistema tecnologico integrato che, in un container produce e accumula energia rinnovabile insieme alla raccolta e trattamento di acqua inquinata. Ogb sono stati installati in abitazioni private, agriturismi e orti sociali, all’estero nelle Filippine, per l’emergenza tifone, in Sud Africa e Rwanda per portare servizi essenziali in collaborazioni con Ogn e Onlus. Queste sono solo alcune delle oltre venti storie di start up protagoniste nello spazio di Allora Crealo! in Piazza Fiera.  
   
   
IL DIRITTO DELLA DONNE AD AVERE UNA PROPRIETÀ  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Le donne non hanno conquistato i loro diritti, bensì si è trattato di una concessione graduale degli uomini di fronte al calo della fertilità e all´aumento della ricchezza. È questa la tesi sostenuta dalla professoressa della New York University, Raquel Fernández oggi al Festival dell´Economia di Trento. Ad introdurre c´era Roberta Carlini, giornalista: "Quando sei giovane ti tirano su per fare quello che faceva tuo padre, diceva una famosa canzone di Bruce Springsteen, ma oggi i tempi sono cambiati, la mobilità sociale delle donne è l´unica rivoluzione promessa nel corso del secolo scorso che è stata realizzata; se guardiamo alla parabola madri-figlie dobbiamo rivedere le analisi pessimistiche". La professoressa Raquel Fernández, davanti a una platea attenta e numerosa, ha tracciato la storia del diritto alla proprietà delle donne negli Stati Uniti d´America a partire dall´Ottocento quando, nel sistema patriarcale, le donne sposate potevano "agire solo sotto l´ala protettiva del marito e il marito acquisiva i diritti della moglie" e quando un terzo dei bambini moriva entro i dieci anni di vita. Un sistema che si è incrinato con l´introduzione di due variabili: l´aumento della ricchezza e la diminuzione della fertilità. Fernández, cifre e grafici alla mano, ha dimostrato che, con il progredire dello sviluppo, è aumentata la "disparità di ricchezza fra i figli maschi e i figli femmine" e quindi i "mariti, una volta diventati padri, hanno cambiato prospettiva". Si è però trattato di una concessione perché "sono state sempre e comunque gli uomini a decidere". Più in generale, come illustrato dalla professoressa della New York University, "la crescita indipendente del sistema rende più felici e questo sia in un sistema patriarcale, che in uno paritario", ma "quando si è poveri la differenza fra i due sistemi è ovviamente minima". E´ solo quando aumenta la ricchezza che, in un sistema patriarcale come quello del secolo scorso, si iniziano ad intravedere le differenze e se inizialmente si è più felici, via via che cresce la ricchezza cresce la disuguaglianza fra i generi e qui "scatta il ribaltamento della situazione e si diventa più infelici". Se poi si introduce la variabile della fertilità, questa è inversamente proporzionale alla felicità e alla ricchezza: "Più è bassa la fertilità, più la ricchezza e la felicità aumentano, almeno inizialmente", ha proseguito Raquel Fernández che ha spiegato come i padri, avendo meno figli, iniziano a dare più peso ai diritti delle femmine. Come ha infine spiegato la professoressa, gli Stati Uniti costituiscano un ottimo modello di studio, visto che la concessione alle donne dei diritti alla proprietà è avvenuta in un intervallo temporale ampio e diverso Stato per Stato, dalla metà dell´Ottocento agli anni ´20 del Novecento.  
   
   
APPRENDISTATO: IL FALSO MITO DEL MODELLO TEDESCO  
 
Trento, 9 giugno 2015 - La sociologa Heike Solga: «In Germania l’immobilità sociale parte dai banchi di scuola». Forte nella promozione dell’inclusione sociale dei giovani, ma debole nel favorire la transizione verso impieghi più qualificati, il modello tedesco è ora davanti a una sfida: rinnovarsi per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro. Un modello che funziona, un “miracolo da imitare”: la stampa internazionale loda il modello dell’apprendistato tedesco per aver contributo ad arginare la disoccupazione giovanile durante la crisi. Ma davvero si tratta di una formula vincente? Tra luci e ombre la sociologa e docente dell’Università di Berlino, Heike Solga, ha illustrato oggi al pubblico del Festival dell’Economia di Trento, come funziona il sistema tedesco, quali sono i suoi punti di forza e i suoi limiti. Partendo da un’analisi globale: «Più che di una performance straordinaria della Germania nel contrasto alla disoccupazione giovanile, bisognerebbe parlare del problema cronico di disoccupazione dei giovani (nella fascia 15-24 anni) negli altri Paesi. Il sistema Sistema vocazionale, educativo tedesco (Vocational Educational System - Vet) porta con sé dei vantaggi: ingresso anticipato nel mondo del lavoro grazie all’apprendistato; alto tasso di permanenza in azienda (60%) per i laureati che vengono dall’apprendistato, un marcato impegno sull’aspetto vocazionale delle professione che invoglia un numero maggiore di giovani di proseguire negli studi». Vi sono però anche dei problemi. «Il programma di apprendistato garantisce l’accesso all’università. Di fatto però solo il 2% degli universitari è composto da giovani che hanno completato questo percorso. Dunque è un sistema molto frammentato, stratificato. In questo sta la debolezza del sistema tedesco. L’immobilità sociale parte dai banchi di scuola, perché fin dall’inizio del percorso, non vi è permeabilità tra i due modelli di formazione - universitario e di apprendistato - né mobilità tra i due nel corso della carriera formativa dello studente. Ad esempio è difficile cambiare occupazione o migliorare la propria posizione con la formazione, e questo aumenta il rischio di esclusione dal mercato del lavoro.» Ma come funziona il modello tedesco? «Alla base del sistema dell’apprendimento promosso dal Federal Vocational Training Act – spiega Solga – vi è un meccanismo duale di affiancamento scuola-lavoro che pesa per il 52% delle azioni intraprese in questo ambito e coinvolge il 59% dei giovani (40% uomini, 88% donne) ma solo il 25% delle imprese nell’apprendimento. Si regge sulla collaborazione tra Stato federale, governo locale, azienda e giovane. Sulla base di questo meccanismo (che pesa per il 52% nell’intero sistema dell’apprendimento professionale) rientrano per il 16% gli it-specialist, e i lavoratori del settore bancario e assicurativo, per il 33% idraulici e commessi, per il 20% operatori nel settore del management, assistenti alle vendite, tecnici elettronici, 32% assistenti di gestione, meccanici industriali. Nell’apprendistato vi sono poi i programmi scolastici che pesano per il 22%, soprattutto per la formazione dei profili professionali nel settore sanitario, dei lavori sociali e dell’educazione: professioni in cui l’accesso è oggetto di forte competizione. Infine, per il 26% pesa il Prevocational program, un programma messo a punto dalle agenzie del lavoro dei 16 Stati federali tedeschi che coinvolge ogni anni oltre 250mila giovani. Un programma molto capillare ma che però non sempre da esiti occupazionali soddisfacenti». Dunque un’analisi sulla mobilità sociale in Germania: «Non siamo più negli anni ’50. Nella classifica internazionale Pisa (2009) la relazione tra il titolo di studio dei genitori e quello dei figli è tra i più bassi. La Finlandia è il Paese con la maggior differenza, quindi la maggiore mobilità, al contrario dell’Ungheria. La Germania, al 13° posto, è terz’ultima, mentre l’Italia è al 9° posto. Oggi in Germania la maggior parte degli studenti (42%) ha un titolo di studio secondario (contro il 71% del 1970) e il 24% ha conquistato la laurea (contro il 3% del 1970). La maggior parte di coloro che proseguono gli studi provengono al sistema duale (soprattutto dai profili formativi più qualificati) o dai programmi scolastici». Solga ha quindi evidenziato le sfide che oggi attendono il sistema tedesco: «Innanzitutto modernizzare la regolamentazione in fatto di apprendistato sulla scia delle sollecitazioni che arrivano dall’industria 4.0, che tende a spingere verso i programmi duali. E poi puntare ad un modello ibrido che possa coniugare l’apprendistato con l’educazione universitaria per contrastare il fenomeno della scarsa attrattività per il mercato del lavoro degli studenti che abbandonano gli studi».  
   
   
COTTARELLI: "FARE IL POSSIBILE PER RIDURRE LA TASSAZIONE, SOPRATTUTTO SUL LAVORO"  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Biblioteca strapiena e molta gente fuori per incontrare il commissario alla spending review nominato dal Governo Letta. In un libro - “La lista della spesa” - elenca le inefficienze della Pubblica Amministrazione e suggerisce dove risparmiare. Dai commessi dei ministeri agli agenti che guidano le autoblu, fino all’illuminazione pubblica. La spesa primaria è calata del 10% dal 2009 al 2013, e negli ultimi due anni di altri 8 miliardi. Risparmiare sulla spesa pubblica è operazione difficile. Molto difficile. E spesso la politica dei tagli lineari è l’unica via possibile. Carlo Cottarelli, il commissario alla “spending review” portato via dal Fondo Monetario dal premier Letta per cercare di fare breccia su un grande tabù italiano come la spesa pubblica, è stato accolto da vera star dal pubblico del Festival, per contenere il quale la sala della biblioteca comunale si è mostrata decisamente insufficiente. Cottarelli, introdotto da una lunga presentazione dell’economista e senatore Pd Paolo Guerrieri, ha presentato il libro “La lista della spesa” in cui ha sintetizzato, con linguaggio chiaro, il lavoro fatto nei dodici mesi da commissario dentro il labirinto della “macchina” dello Stato. Egli ha elencato i cinque grandi temi che compongono il libro, che parte dalla constatazione della scarsa conoscenza della macchina pubblica, con molte leggende metropolitane che circolano spesso senza controllo, alla complessità della macchina dello Stato, alle differenze tra le regioni, alla esigenza di razionalizzazione fino ai tanti piccoli privilegi da superare, che vanno dalle auto blu ai costi della politica. “Ci sono costi diretti e indiretti – ha affermato l’ex commissario, che ora è tornato al Fondo Monetario a rappresentare l’Italia – ed ho trovato qualche reticenza sull’opportunità di contenere le spese. Il costo della politica è il doppio della Germania, gli stipendi dei dirigenti sono più alti che in Germania o Regno Unito, e il capitalismo delle amministrazioni locali che gestiscono diecimila partecipate ha portato spesso conti altissimi per lo Stato”. “Ma ho fiducia che il lavoro fatto sia servito a qualcosa. Dal 2009 la spesa pubblica è scesa del 10%, e dal 2014 la spesa è stata ridotta di 8 miliardi. Anche sui costi standard la legge recepisce le mie proposte. Nel 2015 il 20% delle risorse distribuite ai comuni utilizzano il criterio dei costi standard”. Si può fare di più, certo. Il libro elenca tante aree di miglioramento. I ministeri sono presenti in tutte le regioni, e impiegano personale non sempre necessario. In ogni corridoio c’è un commesso, e i corridoi sono tanti… Si possono anche razionalizzare gli spazi. La strada dell’efficienza è lunga, e riguarda tutti i settori: cinque corpi di polizia sono probabilmente troppi, la spesa per la sanità è leggermente diminuita, quella per le pensioni aumentata. Ci sono le superpensioni ma anche tante pensioni minime, che tuttavia sono eccessive rispetto a quanto versato di contributi. Le scelte in questi campi sono più politiche che economiche.  
   
   
MOBILITA’ SOCIALE E’ ANCHE QUESTIONE DI FAMIGLIA  
 
Trento, 9 giugno 2015 - La disuguaglianza di reddito e di status sociale influisce sullo stile della genitorialità. Laddove il tasso di disuguaglianza è alto, i genitori tendono a essere intrusivi e a considerare più dei loro figli le conseguenze delle loro scelte nel futuro, e tendono all’autoritarismo e al monitoraggio del loro rendimento scolastico. In genere questi atteggiamenti si verificano nelle classi medio alte che tendono, pertanto, a riproporre ai figli lo stesso lo modello di ascesa sociale ed economica creando la tendenza di riproduzione della classe dirigente sempre sullo stesso livello sociale. Diversamente, nei Paesi dove la disuguaglianza è minima, i genitori tendono ad essere permissivi e a lasciare che i figli scelgano in indipendenza studio e lavoro. Questa è la sintesi estrema di un lavoro di ricerca portato avanti dal professore di Macroeconomia e Economia all’Università di Zurigo, Fabrizio Zilibotti che è intervenuto oggi all’appuntamento ‘Interesezioni’. La scarsa mobilità sociale sarebbe per Zilibotti una conseguenza delle genitorialità autoritaria che preme perché i figli diventino competitivi per emergere in società. È un approccio sociologico quello che il professor Zilibotti ha proposto al pubblico del Festival dell’economia sul tema della Mobilità sociale. In particolare la sua analisi si è incentrata sul comportamento dei genitori e sulle conseguenze sulle scelte degli studi e del lavoro dei loro figli. Negli anni recenti, ha spiegato Zilibotti, tra le classi medio alte si è diffuso e in diversi Paesi, uno stile di esser genitori ‘attivo, intrusivo´ teso a fomentare l’ambizione scolare e professionale dei figli. L’aumento delle disuguaglianze di reddito sarebbe una delle cause di tale stile di genitorialità. Un ruolo preponderante dei genitori nell’educazione dei figli rischia di frenare la mobilità sociale, penalizzando le famiglie meno abbienti. Zilibotti ha anche illustrato sulla base dei suoi studi che tipo di evoluzione ha caratterizzato le diverse modalità di educazione. Innanzitutto , a suo avviso c’è un’influenza di carattere geografico e sociale: se l’atteggiamento dei genitori è di estrema liberalità in Svezia, in Svizzera i ragazzi sono stati educati a stringere la mano ai professori quando entrano a scuola. Poi di carattere storico: nel Seicento John Locke, teorico del liberismo moderno, affermò che libertà e indulgenza non fanno bene ai figli, ma con l’Illuminismo, Jean Jacques Rousseau invitò gli educatori a non interferire con la libertà e la felicità dei fanciulli (Emilio 1763) tanto che il pensiero anti autoritario influenzò gli educatori nel Xix secolo tra cui anche Maria Montessori, per la quale l’educazione doveva fomentare il desiderio innato educativo dei bambini senza costrizioni. Nella seconda metà del Xx secolo ci fu l’esplosione del radicalismo negli anni Sessanta e Settanta che ereditò il contributo di pensatori importanti come Sigmund Freud per cui l’educazione doveva essere impartita al minimo costo in termini di dispersione dell’energia originaria e che inibizione e repressione dovevano essere minime. La punizione corporale viene abolita legalmente dopo la seconda guerra mondiale, prima in Svezia, poi in Finlandia, Norvegia, Austria, oggi in 46 Paesi, ma è ancora legale in Italia, in Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Circa il 27% dei genitori italiani utilizza lo ’schiaffone’. All’inizio degli anni Ottanta, c’è un ritorno un certo conservatorismo e i genitori spendono più tempo per monitorare e tutorare i propri figli molto di più delle generazioni precedenti, Nel 2011 la professoressa di diritto Amy Chuan pubblica il best seller ‘L’inno di battaglia della mamma tigre’ apologia dello stile di genitorialità di mamme pro-attive e intrusive. A seconda che in una società ci sono gradi diversi di disuguaglianza di reddito si osservano tre macro categorie di stili di genitorialità: autoritario, autorevole, permissivo. I genitori non paternalisti derivano soddisfazione dal proprio successo e dal benessere del figlio, i genitori paternalisti valutano il benessere dei figli attribuendo un peso maggiore al successo futuro. Quando il successo scolastico ha un effetto pronunciato su successo del reddito futuro, cresce l’incentivo ad adottare una genitorialità intensiva e autorevole. In Cina la disuguaglianza crescente contribuisce a creare una forte competizione per entrare nelle scuole, così come nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Non si verifica lo stesso stato di cose in Scandinavia dove i ragazzi sviluppano una forte capacità di cooperazione, ma sono meno competitivi.  
   
   
RISCHI E OPPORTUNITÀ DEI BONUS  
 
Trento, 9 giugno 2015 - L’aumento delle disuguaglianze è dovuto anche alle retribuzioni legate alla performance, come i bonus, strumenti nati per incentivare e migliorare la competitività delle aziende ma che comportano anche rischi: una sentenza senza appello quella che esce dall´incontro con Roland Bénabou, professore di economia alla Princeton University, che è intervenuto questo pomeriggio a palazzo Geremia con Dario Di Vico, Giornalista del “Corriere della Sera”. La crescente importanza di questi strumenti è dovuta alla gara fra le imprese per trovare sul mercato competenze e capacità manageriali. Nascono per generare concorrenza e quindi produttività ed efficienza ma il loro culto, che si è diffuso negli ultimi anni, può mettere in discussione l’etica del lavoro e creare problemi per gli investimenti a lungo termine e nella gestione del rischio. " Alcuni mercati del lavoro sono troppo competitivi - ha detto Bénabou". L´aumento delle retribuzioni basate sulle performance sta avvenendo un po´ dappertutto. Nei lavori dove è cresciuto questo sistema si rilevano disuguaglianze anche nel campo dell´istruzione. Il passaggio da un sistema a retribuzione fissa a uno a retribuzione variabile, legato alle performance, ha creato una forte propensione a cambiare datore di lavoro, soprattutto nell´ambito bancario e finanziario. Ma gli incentivi hanno avuto anche effetti perversi, modificando la cultura del lavoro, aumentando la propensione a comportamenti non etici o addirittura illegali. Riflessi di questi cambiamenti si sono avuti anche nell´organizzazione delle giornate dei lavoratori e delle loro scelte in termini di investimento più su risultati a breve termine che a lungo. Si verifica anche che i dipendenti più talentuosi propendano per contratti con stipendi più variabili, con maggiori bonus legati ai risultati. "La concorrenza ha un valore - per Bénabou - ma in alcuni mercati del lavoro, molto competitivi e mobili, può rappresentare un pericolo. I pericoli sono più evidenti se l´incentivazione si concentra sulle figure apicali delle aziende." Le performance e i relativi incentivi sono importanti, si arriva a questa conclusione, ma non possono essere l´unico parametro per valutare la qualità del lavoro. Nei settori più globalizzati e più caratterizzati sotto il profilo della specializzazione professionale si verifica inoltre una maggiore propensione alla mobilità dei lavoratori tra aziende diverse e tra paesi diversi.  
   
   
LA RETE DEI NUOVI IMPRENDITORI PER COMBATTERE LA DISOCCUPAZIONE  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Allora Crealo! – evento del Festival dell’Economia dedicato alle start up e all’imprenditoria giovanile – nella terza giornata ha ospitato due iniziative che seguono i progetti degli aspiranti imprenditori con attività di tutoraggio che ne innalzano fortemente le probabilità di resistere alle sfide del mercato. La Boutique de Gestion ha parlato dell’esperienza francese e della possibilità di replicarla in Italia. Smart & Start di Invitalia ha presentato l’esperienza italiana su questo tema. Una sorta di agenzia del lavoro, ma per imprenditori. Un network dove persone con un’idea di impresa, ma anche disoccupati che cercano di tornare nel mondo del lavoro, trovano consulenza, training, spazi di coworking e un network di supporto. Ad Allora Crealo! la terza giornata di incontri ha ospitato una delle pratiche di successo a livello internazionale per creare occupazione supportando la nascita di nuove imprese, sviluppando nuovi talenti imprenditoriali: Boutique de Gestion (Bge) è infatti la prima rete indipendente di consulenti imprenditoriali in Francia, che nei suoi 35 anni di attività ha aiutato 120.000 imprese a diventare realtà, il 79% delle quali sono risultate sane a tre anni dalla nascita. Danielle Desguées, fellow di Ashoka* e fondatrice di Bge, ha raccontato al pubblico di Allora Crealo! la ricetta innovativa di un network che ad oggi nella sola Francia conta 2000 lavoratori, tra interni e associati, 10.000 volontari e 500 punti operativi su tutto il territorio nazionale, molti dei quali in aree popolari. Ricevere una formazione e un’approvazione ufficiale da parte di Bge aiuta anche il singolo imprenditore ad avere finanziamenti o credito dalle banche. Circa il 90% delle richieste di finanziamento, spiega Desguées, vengono soddisfatte quando c’è il marchio di Bge. Si tratta di un progetto replicabile che sta muovendo i primi passi anche in Italia, Spagna e Grecia con “This Works”, un’iniziativa di Ashoka per adattare a nuovi contesti alcuni modelli internazionali di successo per sostenere l’imprenditorialità e combattere la disoccupazione. Alcuni progetti pilota nati in Spagna, ad esempio, stanno provando a sviluppare all’interno dell’agenzia per il lavoro dei servizi dedicati all’autoimpiego ispirati dal modello di Bge. Insieme a Danielle Desguées hanno parlato di opportunità per “risvegliare l’imprenditore che è in te” le esperienze di Make a Cube, incubatore ad impatto sociale di Milano, del Master in Gestione di Imprese Sociali, esperienza postuniversitaria trentina che vanta l’88% di placement coerente con il percorso di studi entro 12 mesi, e il progetto Impact Hub di Rovereto, che porta il coworking in uno spazio non metropolitano. Un progetto di supporto all’imprenditorialità in qualche modo simile a quello di Bge è la misura agevolativa nazionale Smart & Start Italia, presentata nella mattina dagli esperti di Invitalia. Da entrambe le esperienze emerge che il tutoraggio ad hoc per le imprese è infatti ciò che rende le start-up particolarmente resistenti. Solo il 4% delle imprese finanziate da Invitalia in venti anni di attività fallisce a cinque anni dalla nascita. Come il 79% delle aziende aiutate da Bge è sana a tre anni dalla creazione. Di norma in Italia otto start up su dieci non riescono a sopravvivere così a lungo, ed è per questo che avere un network di sostegno e poter contare su un training adeguato diventano una risorsa importantissima per i nuovi imprenditori. *La sessione è stata a cura di Ashoka, network internazionale che riunisce oltre 3000 imprenditori sociali e che dall’anno scorso è attivo anche in Italia per sviluppare progetti a sostegno dell’imprenditoria. Maggiori informazioni su italy.Ashoka.org    
   
   
LA RISCOPERTA DELLE RADICI CONTADINE È L’ANTIDOTO ALL’ALIENAZIONE TECNOLOGICA  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Marco Paolini ha letteralmente stregato il pubblico del Festiva dell’Economia che ha gremito per lui il Teatro Sociale ieri nel tardo pomeriggio. Uno spettacolo in cui l’attore veneto ha messo in luce le contraddizioni del nostro presente sempre più frenetico e alienante, offrendo come antidoto gli elementi legati alla manualità contadina da contrapporre, perché no, anche a una tecnologia sempre più pervasiva. Segare l’erba diventa così un modo per riscoprire le radici del passato e provare a immaginare un presente e un futuro più a misura d’uomo. Il monologo di Marco Paolini ha preso le mosse proprio dal mondo contadino che ha ispirato il suo progetto “Fén” (fieno), proposto alla Biennale di Venezia. “Nella vita due cose vorrei saper fare bene: falciare l’erba e remare in pié. Remo e falce oggi sono considerate cose inutili, quasi folk direi. Ho messo un annuncio sul web, ma a pensarci i veri falciatori su internet non ci vanno proprio. Mi sono accorto che molti non sanno neppure cosa sia una falce e cosa sono le mede, i mucchi di fieno. Ma oggi la ragione economica di segare l’erba non c’è, nessuno va a prenderla neanche se te la regalano perché l’industria si foraggia in altro modo. Anche fare una meda è un’arte ed è un’arte che si sta perdendo, fagocitata com´è da abitudini che ci portano lontano dal “fén” da tagliare e così ho proposto diciotto serate di questo progetto, barattando le mie parole col fieno". Nelle parole del mattatore bellunese c’è poi spazio per le pagine partigiane de “I piccoli maestri” di Luigi Meneghello con i ragazzi sulle montagne, per le parole sul dopoguerra e sulle generazioni fortunate che non hanno vissuto i tempi dei conflitti. “Il dopoguerra – dice Paolini – è un generatore di speranze e di illusioni, di energie sovraumane e di ethos bellissimi. Difficile restare soli in quel momento, almeno che non si fosse stati “masa fascisti”, troppo, perché in fondo un pochino lo erano stati tutti, ma masa xè masa!”. Poi quel periodo finisce, incomincia la pace e si crea una certa entropia che resta addosso a tutti, alla società, allo Stato e alla democrazia, come una sensazione che le cose non fossero andate come volevamo". Tanti gli spunti offerti da Paolini che, con le sue doti affabulatori, parla di quella tecnologia che nel risolvere vecchi problemi finisce inevitabilmente per crearne di nuovi. La definizione del progresso che piace di più a Paolini diventa allora “un rimedio al danno provocato dal progresso, regresso”. Con una certa dose di coraggio Marco Paolini cita anche Ted Kaczynski, noto come Unabomber, e le sue teorie su come ormai siamo tutti schiavi della tecnologia che sta distruggendo anche la natura riportate in un saggio di Kevin Kelly. C’è poi ancora spazio per le divagazioni sul tamagochi, il terribile pulcino da polso nipponico che andava accudito virtualmente, per la transustanziazione di Steve Jobs presente in ogni smarthpone o iPad a colpi di aggiornamenti per stare a passo con la tecnologia. Nel finale ecco la rivelazione delle mazurke clandestine, sorta di società segrete del ballo che si trovano nelle piazze del nostro Paese senza autorizzazioni di sorta tramite un tam tam su Facebook. Il saluto di Marco Paolini è anche un messaggio diretto: “Bisogna costruirsi delle occasioni. Non si può combattere il degrado della democrazia semplicemente restando nel gioco delle sottomissione a cui ci stiamo adeguando tutti. Bisogna costruirsi delle alternative in proprio per vivere: segare il fieno, ballare la mazurka, aggiustare qualcosa, cose che hanno un valore aggiunto per la nostra vita e per quella degli altri senza avere un valore di mercato”.  
   
   
HERVÈ FALCIANI: "L´INFORMAZIONE È L´ANTIDOTO ALL´EVASIONE"  
 
Trento, 9 giugno 2015 - "E´ difficile non pagare le tasse illegalmente, ma è facile non pagarle legalmente". Hervè Falciani, l´uomo che con la sua "lista" ha fatto tremare il sistema bancario internazionale, va subito al nocciolo della questione. Davanti ad una sala della biblioteca comunale di Trento gremita, troppo piccola per accogliere quanti, con curiosità, volevano conoscere colui che ha consegnato ai media i nomi di oltre 130 mila correntisti della filiale svizzera del colosso bancario Hsbc, ha evidenziato come oggi sia possibile non pagare le tasse in modo del tutto legale, attraverso i tanti paradisi fiscali presenti nel mondo. "L´antidoto a questo - ha detto più volte Falciani - è l´informazione". Con il suo lavoro Falciani, ingegnere italo-francese, nato a Montecarlo, ha messo in imbarazzo molti Paesi che, almeno inizialmente, non hanno voluto utilizzare i nomi della lista. In Italia, poche settimane fa, la Corte di Cassazione ha autorizzato l’amministrazione fiscale ad usare la "lista Falciani" come fonte di prova, rendendo più semplice perseguire gli evasori fiscali. "Molti Paesi - ha detto Falciani - ancora non stanno ancora collaborando e permettono che le grandi aziende non paghino le tasse, a discapito di quelle più piccole che, alla fine, le pagano due volte. Per contrastare questo ci vuole più informazione e più partecipazione della gente. Le leggi non sono sufficienti - ha aggiunto - perché dentro le banche c´è chi opera per aggirarle. Il mio obiettivo principale- ha detto - è aiutare le autorità a sviluppare un metodo di difesa, per contrastare l´evasione". Per questo Hervè Falciani ha dato vita ad una piattaforma internazionale che si propone di aiutare i “lanciatori d’allerta”, le persone che, come lui e come tanti altri decidono di denunciare le situazioni illegali di cui sono testimoni. Negli Stati Uniti li chiamano whistleblowers e sono protetti per legge. La piattaforma si chiama Pila (Plateforme internationale de protection des lanceurs d’alerte) e sta già dando i primi frutti. Falciani, proprio recentemente, è diventato consulente per la lotta all´evasione del movimento politico spagnolo Podemos e collabora con altre autorità in diversi paesi del Mondo. "Senza l´informazione non possiamo adottare nessuna azione concreta. Dobbiamo occuparci dei punti deboli del sistema bancario e la Svizzera - ha detto - è uno di questi. Io voglio condividere la mia esperienza che può essere considerata come un´opportunità per tutti i Paesi per regolamentare meglio il settore delle tasse, coinvolgendo maggiormente i cittadini. I paradisi fiscali esisteranno sempre, fino a quando non riusciremo a togliergli il motivo per cui esistono. Solo con l´informazione possiamo combattere il segreto bancario che è all´origine dell´´evasione e delle disuguaglianze". Alla fine dal pubblico gli è stato chiesto se rifarebbe questa esperienza e Falciani, che per anni ha vissuto sotto scorta, ha risposto: “Certamente, anche se forse, sulla base dell’esperienza che ho vissuto, cambierei qualcosa”.  
   
   
"L´ESSERE UMANO HA CAPACITÀ CHE LE MACCHINE NON POTRANNO MAI AVERE"  
 
Trento, 9 giugno 2015 - "Vincerà la competenza sul job", ne è convinta Elisabetta Caldera, direttore Risorse Umane di Vodafone Italia, intervenuta oggi all´incontro promosso da "lavoce.Info" coordinato da Pino Donghi. Accanto a Caldera anche David Autor, professore e direttore associato del Dipartimento di Economia del Mit, e Chiara Criscuolo, senior economist dell´Ocse, che si sono confrontati sull´interazione fra tecnologia e uomo. Ad aprire il confronto Michele Pellizzari: "Mi sembra che il lavoro tenda a vedere il progresso tecnologico come un fattore esterno, mentre in realtà il progresso tecnologico è esso stesso frutto del lavoro, è però difficile - commenta il professore dell´Università di Ginevra - prevedere come avverrà la progressione tecnologica nel prossimo futuro e cosa cambierà". David Autor, per rispondere agli stimoli di Pellizzari, ha toccato temi come la rivoluzione industriale, "che ha richiesto persone istruite, con la professionalità giusta", e il secondo conflitto mondiale, che ha impresso una forte accelerazione alla tecnologia e, di contro, ha risolto il problema della disoccupazione visto che "l´industria lavorava a pieno ritmo per la guerra". Oggi: "la paura che le persone provano al progredire della tecnologia è sicuramente sproporzionata - spiega Autor - poiché la tecnologia non progredisce così velocemente, ci sono altri fattori di cui tenere conto. E se è difficile prevedere di cosa avremo bisogno nel futuro, sappiamo per certo che avremo bisogno di persone istruite, non specializzate ma brave a imparare e a ragionare in modo logico, ovvero a creare nuove idee". Chiara Criscuolo ha invece portato l´esempio di alcuni colossi di internet: "Le imprese, come Amazon o Ebay, che hanno trovato la chiave del successo stanno crescendo sempre più velocemente e la divergenza fra queste imprese e le altre sta diventando sempre più elevata. La disuguaglianza continua a crescere". In questo senso il governo può dare una mano alle imprese meno forti, come anche la scuola può aiutare a sviluppare competenze che siano sempre più multiculturali e multidisciplinari. Infine Elisabetta Caldera ha spiegato che le imprese italiano stanno uscendo lentamente dalla crisi ma ora devono abbandonare "l´istinto di sopravvivenza" e guardare al futuro. E questo passaggio si può fare solo "aprendosi all´esterno". "La tecnologia - commenta il direttore di Vodafone Italia - sta portando un grande cambiamento nella vita di tutti noi ed è fondamentale che le aziende si chiedano a cosa ci porterà questo cambiamento, cosa produrrà". Sulle competenze, poi, "saranno sempre più rilevanti, vincerà la competenza sul job, dobbiamo concentrarci sulla capacità di apprendimento, l’essere umano ha delle capacità che la macchina non potrà mai avere". In conclusione, come ha spiegato David Autor, "ci sono dei processi, come l´automazione, la routine, che possono essere governati dalle macchine, ma ci sono anche gli aspetti umani, come l’empatia, che non possono essere insegnati alle macchine, è importante quindi avere le competenze specifiche in un ambito e, al tempo stesso, possedere capacità umane. La combinazione di queste due cose è preziosa, le persone che hanno più successo degli altri sono quelle con una buona formazione di base in grado di applicarla".  
   
   
"LA MOBILITÀ SOCIALE? DIPENDE DALLA CITTÀ IN CUI VIVI"  
 
Trento, 9 giugno 2015 - L´america si è svegliata dal suo "sogno": oggi negli Usa la possibilità di crescere nella scala sociale non è più un dato di partenza, una possibilità data a tutti indipendentemente dalla propria condizione di reddito, appartenenza etnica o cultura. No, dipende da dove si è nati, dal luogo dove si vive, e da altri fattori quali la struttura familiare, il livello di segregazione razziale, la qualità del sistema di istruzione, il capitale sociale. A disegnare la nuova mappa americana è Nathaniel Hendren, giovane economista ad Harvard impegnato a studiare, con occhi da scienziato, i fattori che influenzano la mobilità intergenerazionale. La sua tesi è che tale mobilità è legata al contesto fisico, ai luoghi. Tesi ripresa dal Nyt che ha pubblicato una mappa interattiva degli Usa basata sugli studi di Hendren, intervenuto oggi al Festival, introdotto dal giornalista de La Stampa Stefano Lepri. L´analisi di Hendren parte dalla constatazione, suffragata da dati riguardanti ben 40 milioni di bambini americani, che negli Usa ci sono variazioni molto mancate nella percentuale dei bambini che possono salire alle fasce alte. La media è 7,5 per cento di probabilità, ma la percentuale varia dal 4 al 16 per cento. La parte occidentale ha una media del 10 per cento, viceversa alcune città del sud hanno una probabilità assai più bassa. Un bambino nato ad Atlanta ha metà possibilità di salire nella scala sociale di uno nato a Boston. Da cosa dipende? Non solo dal reddito della famiglia, spiega Hendren, ma soprattutto dalla città in cui si vive, le cui caratteristiche finiscono per avere un impatto sulle famiglie. La prova è fornita dallo studio sugli effetti, in termini di crescita del reddito e di "scalata" sociale, prodotti dal trasferimento delle famiglie in altre città diverse da quelle d´origine. Con una importante differenziazione tra i bambini che si trasferiscono giovanissimi (9 anni) e quelli adolescenti, laddove le maggiori possibilità di mobilità sociale sono riservate ai primi. Ma quali sono le caratteristiche che fanno di una città un luogo a maggiore o minore possibilità di mobilità sociale? Hendren individua alcune caratteristiche principali: la segregazione in termini reddituali e razziali, ad esempio: "Le zone a maggiore mobilità sono quelle dove ricchi e poveri vivono accanto. Il problema non è però essere ricco o povero, in tutti gli Usa dove ci sono disuguaglianze più marcate persiste una mobilità bassa. Sono le disuguaglianze nella fascia media che svolgono un ruolo importante. È questo che fa sì che le caratteristiche legate al posto siano importanti. Altra caratteristica è la qualità del sistema di istruzione ("Dove è migliore c´è più mobilità"), ed ancora la solidità della struttura familiare ("Dove ci sono più famiglie monoparentali la mobilità è più bassa, anche se va specificato che nelle famiglie con due genitori la mobilità è superiore solo là dove c´è una maggiore presenza di famiglie biparentali"), infine il capitale sociale, inteso come impegno civile, tasso di criminalità, partecipazione alla vita sociale, ecc... Potrà sorprendere, ma la cosa spiega l´approccio pragmatico di Hendren, sapere che anche la presenza di sale da bowling è un indicatore del grado di mobilitá intergenerazionale. La domanda allora è: quali politiche possono essere messe in atto per favorire la mobilità verso l´alto? Migliorare i quartieri? "Non c´è una correlazione chiara, ma nelle aree di grande povertà - spiega Hendren - la cosa può funzionare. Anche i sussidi per la residenza popolare possono migliorare la mobilità verso l´alto ma questo vale solo nel breve periodo e per un numero limitato di persone. Nel lungo periodo conta l´emancipazione delle aree più povere, la loro uscita dalla povertà. L´analisi di Hendren può in parte essere applicata anche al "caso Italia", dove si riscontra un maggiore tasso di mobilità sociale al nord che non al sud. Ma che dire del Trentino, dove - annota Lepri - c´è una bassa mobilità pur essendoci qui redditi più alti? Una domanda aperta.  
   
   
LA TRAPPOLA DELLA DISUGUAGLIANZA VINCOLA LE OPPORTUNITÀ  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Le disuguaglianze nocive per la crescita sono quelle di dotazione e di risorse che impediscono gli investimenti economici e in capitale umano. Peragine: «È difficile raggiungere un consenso su come misurare la differenza di opportunità, ma si possono stabilire i fattori che avvicinano o allontanano dall’obiettivo di una minore disuguaglianza, come l’origine familiare, la provenienza geografica, la razza o il genere» Occorre contrastare la disuguaglianza nelle opportunità è un concetto su cui tutti concordano. Ma su come farlo, le ricette sono diverse. Entra in campo il ragionamento sulla compensazione da mettere in atto rispetto alle circostanze esogene, quelle che non dipendono dal talento o dall’impegno dell’individuo. E anche quando si parla di meritocrazia bisogna fare attenzione: se si considerano solo i risultati scolastici la valutazione potrà essere insoddisfacente, se non addirittura pericolosa perché non tiene conto dei fattori esterni che influenzano la performance. A pesare sono l’origine familiare e soprattutto il background e il reddito dei genitori, la provenienza geografica e altri fattori come la razza, l’etnia o il genere. Vito Peragine, professore di Economia pubblica all’Università di Bari, ospite oggi Festival dell’Economia di Trento ha tracciato la mappa delle disuguaglianze partendo da un’amara constatazione: negli ultimi trent’anni sia negli Stati Uniti sia in Italia si è registrato un incremento della quota di reddito a vantaggio dei ceti più ricchi, il 10% circa della popolazione. Nel nostro Paese la crisi ha avuto un effetto repressivo: tutte le famiglie italiane l’hanno avvertita, ma le famiglie più povere l’hanno sentita di più. E tutto ciò ha generato un aumento delle disuguaglianze. Ma esiste un livello di disuguaglianze accettabile? Che differenza c’è tra disuguaglianze di risultati e di opportunità? «Le disuguaglianze sono più tollerate in alcune circostanze – spiega Peragine: quando il benessere aumenta per tutti, come capita in un periodo di crescita; quando vi è la percezione della mobilità infra-generazionale e anche inter-generazionale, quando il successo è generato dal talento individuale piuttosto che da fattori ereditari o di condizionamento sociale. Conta anche l’origine delle disuguaglianza: non è sufficiente guardare alla distribuzione delle risorse ma occorre guardare anche alla storia, a come sono state generate. Le disuguaglianze incidono sulla crescita economica in modo diretto: possono generare un utilizzo più o meno ampio delle risorse disponibili. Ma anche in modo indiretto, perché a maggior disuguaglianze corrisponde un maggiore intervento di tipo redistributivo. Le disuguaglianze nocive per la crescita sono quelle di dotazione e di risorse che impediscono gli investimenti economici e in capitale umano». Ma cosa intendiamo per disuguaglianza di opportunità? «A incidere sono fattori come la mobilità sociale (ad esempio l’origine familiare), la discriminazione (razza, genere), l’istruzione, il ruolo della ricchezza ereditata. A differenza della disuguaglianza nel patrimonio che è osservabile, l’analisi della disuguaglianza di opportunità è più complicata. Occorre un modello che combini le circostanze esogene (fattori genetici, socio-familiari ma anche istituzionali) con l’impegno individuale. Un modello a cui poi vanno aggiunti dei correttivi: il principio di compensazione o, al contrario, il principio di ricompensa. La parte più difficile sta proprio nel distinguere l’impegno dalle circostanze, perché questi due aspetti si influenzano a vicenda. Ma la misurazione è possibile ed è determinante per disegnare politiche di diminuzione delle disuguaglianze». Come stabilire la giusta ricompensa per l’impegno? «Il tema della ricompensa è un’altra questione aperta. Pur riconoscendo una differenza nel talento e nell’impegno non è detto che sempre sia legittimo una differenza molto alta nei salari. Per tentare una misurazione, il metodo più utilizzato è quello di valutare la posizione di un individuo in termini di impegno, all’interno di un gruppo omogeneo per caratteristiche (ad esempio, provenienza geografica e tasso di istruzione dei genitori). Ma gli economisti hanno elaborato anche altre possibilità». In tema di disuguaglianze il dibattito si sposta rapidamente sull’istruzione, terreno di acceso dibattito anche nelle ultime settimane. «La scuola è uno dei terreni su cui un’analisi è possibile, partendo da alcuni fattori: l’uguaglianza di accesso (realizzata nella maggior parte dei Paesi Ue), la spesa pubblica (che in Italia però non è ancora garantita), i risultati (un’analisi ancora da noi non possibile), le opportunità nell’accesso all’istruzione, i livelli di istruzione. I dati Invalsi ci dicono che non vi è uguaglianza di opportunità rispetto alle conoscenze acquisite. Anche la spesa per l’istruzione è molto diversa tra le varie regioni italiane. Le risorse monetarie disponibili incidono sulle possibilità nell’istruzione. Ma a condizionare è anche l’origine sociale e le preferenze personali che sono comunque legate all’origine sociale, all’area di residenza. Tra i dati più significativi, emerge come l’impatto del background familiare sull’istruzione in Italia sia tra i maggiori in Europa».  
   
   
IL MONDO DELLA RICERCA FRA MOBILITA’ E INCERTEZZA  
 
Trento, 9 giugno 2015 - In quale modo la mobilità sociale ma soprattutto quella geografica si intreccia con il merito e il talento del singolo nel mondo della ricerca? E’ questo l’interrogativo che ha fatto da sfondo all’incontro “Talento e incertezza nel mondo della ricerca” proposto sabato pomeriggio dal Festival dell’Economia nell’Aula Magna della Facoltà di Giurisprudenza. Protagonista, introdotta da Armando Massarenti Responsabile del supplemento culturale de “Il Sole 24 Ore Domenica”, Helga Nowotny professore emerito di Studi sociali della scienza presso Eth Zurigo e membro fondatore del Consiglio Europeo della Ricerca. Sullo sfondo anche quel senso dell’incertezza che caratterizza la mobilità nel mondo accademico, Helga Nowotny ha posto l’attenzione sull’importanza della mobilità intesa sia nella sua accezione sociale sia in quella di carattere geografico che caratterizza in forme diverse un sistema accademico sempre più interconnesso a livello globale. La mobilità delle carriere scientifiche mostra un quadro in cui molti possiedono un grande talento ma non tutti riescono a concretizzarlo in un percorso accademico soddisfacente e gratificante. Il talento e il merito devono essere riconosciuti in un contesto in cui si viene scelti in un mondo della ricerca che in quanto tale, non sapendo mai i risultati prima di iniziare la ricerca stessa, è intrinsecamente incerta. “Un’incertezza – ha spiegato la Nowonty che fra breve pubblicherà il suo nuovo libro “Le astuzie dell’incertezza” – di cui non bisogna avere paura e che si deve saper controllare con le giuste strategie per muoversi in un contesto accademico molto competitivo e riuscire ad emergere, a vincere”. Per scegliere le persone e le idee migliori secondo la Nowotny oggi è necessario quindi individuare sempre più regole giuste e una forte trasparenza nel mondo accademico. La sua esperienza nel Consiglio europeo della ricerca, di cui è stata anche vicepresidente del Cer dal 2007 al 2010 e presidente dello stesso Consiglio dal 2010 al 2013, e i numerosi studi sulla mobilità nel mondo accademico hanno messo in evidenza l’importanza di due fattori. Il primo riguarda l’età in cui si inizia il proprio percorso accademico, con i giovani che hanno maggiori vantaggi mentre il secondo concerne il luogo in cui si vive e ci si trovare a studiare ed operare. Da questa prospettiva il concetto di mobilità diventa una grande occasione per molti di confrontarsi con altre realtà e provare nuove carriere cercando e spesso trovando visibilità per il proprio talento. Se a livello internazionale ad attrarre maggiormente i giovani da ogni parte del mondo sono sempre gli Stati Uniti Helga Nowotny ha posto l’attenzione anche sulla situazione italiana di cui ha sottolineato un paradosso, l’ennesimo purtroppo, del nostro Paese: “Da una parte l’Italia ha un sistema educativo eccellente come dimostrano i dati sulle persone che cercano sbocchi accademici all’estero ma dall’altra non riesce ad attrarre giovani studiosi e ricercatori , se non in minima parte, da altre nazioni e nello stesso tempo fa fatica a trattenere le sue menti migliori”. Anche per questo sono necessarie riforme importanti e più attenzione alla ricerca che merita, senza dubbio, anche un maggiore supporto economico per valorizzare le eccellenze del nostro Paese.  
   
   
LA FABBRICA DELLE DISUGUAGLIANZE FRA JANE AUSTEN, BALZAC E PIKETTY  
 
 Trento, 9 giugno 2015 - Nel Xix secolo, nonostante le speranze generate dalla Rivoluzione francese, la disuguaglianza poggia su due pilastri: una rendita - in genere fondiaria o derivante da titoli di stato - e un buon matrimonio. Ereditare un patrimonio è determinante se si vuol far parte di quella fetta di società - circa l´1% del totale - che non lavora, quella descritta nei libri di Jane Austen o di Balzac. Poi, ad un certo punto, l´era dei patrimoni e della ricchezza ereditaria è sembrata destinata a scomparire. A metà circa del Xx secolo, il "mito" è diventato piuttosto quello meritocratico, del farsi strada con le proprie forze e in virtù di una buona professione. Oggi, negli anni 2000, l´importanza delle origini, dei patrimoni familiari, dei lasciti e delle eredità, sembra essere tornata in auge, se mai era davvero tramontata. Lo prova ad esempio il criterio rigorosamente censitario per l´accesso alle migliori università statunitensi: in pratica a frequentare Harvard e altri atenei di questo tipo sono solo i figli del 2% più ricco. Tutto questo lo scrive Thomas Piketty nel suo "Il capitale del Xxi secolo". Ma ieri a portarlo sul palcoscenico del teatro Sociale è stato l´attore Marco Baliani. In un’appassionante cavalcata attraverso più di due secoli di storia, sulle tracce di folgoranti intuizioni romanzesche che sin dagli albori del Xix secolo hanno messo a fuoco splendori e miserie di una società, quella europea, rigorosamente classista, il reading di Baliani, per la regia di Claudio Longhi, e con l´aiuto della fisarmonica di Olimpia Greco, ha incrociato i dati economici provenienti dall´opera di Piketty con i personaggi delle opere di Jane Austen e di Balzac. Da un lato, la realtà di un mondo dove solo una piccola fetta della popolazione ha accesso a certi agi, un´abitazione confortevole, carrozza e cavalli per muoversi, servitù, grazie a una rendita che vale circa 20-30 volte il reddito medio di un cittadino normale (quando anche la migliore delle professioni, quella legata al mondo forense, consente di guadagnare solo 5-8 volte di più rispetto alla media), dall´altra i borghesi di Balzac, alle prese con operazioni spericolate per incrementare il proprio patrimonio e avvicinarsi quindi alla "vera" aristocrazia, o le giovani della Austen, la cui prima e principale preoccupazione è quella di un buon matrimonio. Ad un certo punto tutto questo è sembrato scomparire: a tal punto che l´America dei self made men, società meritocratica per eccellenza, almeno formalmente, si poteva permettere di guardare con malcelato disprezzo ad un´Europa dove la mobilità sociale doveva sembrare certamente molto minore, e dove le vecchie aristocrazie continuavano a perpetuare i loro privilegi e le loro fortune. Ma agli inizi del Xxi secolo il peso della famiglia di origine, e del patrimonio che essa può trasmettere alle nuove generazioni, sembra tornato ad essere determinante. La base della ricchezza si è un po´ allargata, e l´1% di benestanti dell´Inghilterra di Jane Austen è diventato il 15% dell´America attuale (anche se naturalmente la percentuale di veri super-ricchi è molto più esigua). Tuttavia, il cammino verso una società più giusta e che assicuri a tutti le stesse opportunità sembra essere ancora lungo.  
   
   
PIKETTY: "PAESI EUROPEI RICCHI, SONO I GOVERNI AD ESSERE POVERI"  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Prendete un pool di ricercatori (almeno 30) e metteteli ad analizzare i dati relativi alla distribuzione del reddito e della ricchezza di una ventina di Paesi nell´arco di tre secoli, risalendo fino al Settecento, ed avrete "Il capitale nel Xxi secolo", l´ultimo libro di Thomas Piketty, un libro di economia che è diventato un best seller in Europa, Asia e America e che il professore di Economia alla Paris School of Economics, ieri al Festival per la seconda volta, ha cercato di riassumere in un´ora, introdotto dal giornalista Enrico Franco, all´Auditorium Santa Chiara. Ciò che ci si porta via dopo una siffatta "lectio magistralis" è che volgere lo sguardo al passato, proprio mentre ci stiamo ubriacando immaginando il futuro, è il più sobrio e intelligente antidoto allo smarrimento di senso nel quale ci ha precipitato la crisi. Perché così potremo mettere a nudo, ad esempio, l´ipocrisia di chi, senza concedere sconti sulla restituzione del debito, oggi pretende di imporre rigore a Paesi in difficoltà, dimenticando di essere stati un tempo (giustamente, dice Piketty) beneficiati dopo l´ultima Guerra mondiale da una ristrutturazione del proprio debito e dimenticando anche di non averlo mai restituito, quel debito. Ogni riferimento a Germania e Grecia non è, naturalmente, affatto casuale. Ciò che Piketty, dall´alto della sua monumentale inchiesta, arriva a dire è una doppia conclusione: primo, la disuguaglianza è andata via via aumentando nel corso dei secoli (e oggi è più marcata in Usa che non in Europa); secondo, c´è sempre stata e c´è un´alternativa, una soluzione diversa per ridurre il debito pubblico, per organizzare la risposta alla globalizzazione, perchè la storia della disuguaglianza, così come quella della ricchezza, è anche una storia sociale e politica, in cui le istituzioni, con le loro politiche fiscali e monetarie, hanno un ruolo determinante. "La divaricazione sempre più marcata della forbice nel rapporto tra reddito e ricchezza - avverte Piketty - è un gap che dovremo sempre più affrontare in futuro. Oggi la ricchezza cresce assai più in fretta nelle mani di pochi rispetto alla moltitudine. In Italia, ad esempio, in questo periodo la ricchezza privata cresce più in fretta di quanto stia calando il debito pubblico. Ci sentiamo in colpa, nella nostra Europa, per la montagna di debito pubblico che lasciamo in eredità alle future generazioni, ma non va dimenticato che lasceremo anche un sacco di ricchezza privata. I Paesi europei sono ricchi, sono i nostri governi che sono poveri. Anche se il governo italiano dovesse vendere tutti i beni pubblici, questo non basterebbe per rimborsare il debito pubblico; non consiglio di vendere i beni pubblici, ma dobbiamo sapere che in un certo senso lo stiamo già facendo, perché quando si pagano interessi che sono piú alti del valore del bene significa che in pratica lo stiamo già facendo." Far ripartire le aziende e le famiglie è la principale preoccupazione manifestata solo poche ore prima, sullo stesso palco, dal primo ministro francese Valls? "È più facile stampare miliardi di euro piuttosto che cambiare il codice fiscale" risponde Piketty. "Il problema è che così si crea una bolla. La politica monetaria non è inutile, ma abbiamo chiesto troppo a questo fronte, dovremmo forse pensare che è troppo complesso concentrarci solo sulla tassazione: se abbiamo inflazione zero, poca crescita, ci vorranno decenni per rimborsare il debito pubblico, forse ci vuole una inflazione più alta e forme di ristrutturazione del debito. Le misure adottate per ridurre le disparità non hanno funzionato, ci vogliono misure più realistiche, come una diversa tassazione sul reddito da lavoro rispetto a quello da capitali. Alla Grecia si chiedono oggi cose che non abbiamo chiesto alla Germania; anziché aspettare l´ultimo centesimo conviene alleviare la tensione, se vogliamo far decollare la crescita."  
   
   
MOBILITA´ GENERAZIONALE: DAL CONFRONTO AL DIALOGO  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Il conflitto generazionale è una delle possibili conseguenze di un mercato del lavoro dominato da logiche clientelari e poco trasparenti. La collaborazione fra giovani e adulti e il superamento del conflitto sono al centro di alcuni progetti promossi da Valore D per cercare di ridurre le barriere che ostacolano l’inserimento nel mercato del lavoro di giovani, donne e persone disabili. Ne hanno discusso con Maria Latella, Claudia Parzani, Presidente di Valore D, Paolo Braghieri, Ceo di Ge Capital, e Daniele Regolo, presidente di Jobmetoo. Per alcuni cittadini, il mercato del lavoro italiano assomiglia sempre di più a una corsa ad ostacoli. Sono numerose, infatti, le barriere che importanti categorie come i giovani, le donne, le persone con disabilità o gli immigranti, devono superare per accedere al mondo professionale o per progredire al suo interno. Ai problemi specifici che ognuno di questi gruppi deve affrontare, si aggiunge quello trasversale di una “società basata sulla raccomandazione” dove il merito spesso conta di meno che il contatto con la “persona giusta”. Paradossalmente, in questa situazione, le difficoltà che ognuna di queste categorie sperimenta, raramente portano allo sviluppo di forme di solidarietà e di collaborazione. Piuttosto, accade spesso, che si creino forme di competizione al ribasso o di “lotta per la sopravvivenza” che ben si adeguano alle logiche poco trasparenti e non meritocratiche. È di questi temi che si è discusso nell’incontro moderato da Maria Latella, al quale hanno partecipato Claudia Parzani, Presidente di Valore D, Paolo Braghieri, Ceo di Ge Capital, e Daniele Regolo, presidente di Jobmetoo. I partecipanti hanno presentato alcuni progetti che Stanno sperimentando forme concrete per il superamento delle barriere che ostacolano l’ingresso al mercato del lavoro dei giovani e delle persone con disabilità. Un esempio rilevante delle distorsioni create da un mercato del lavoro poco meritocratico è quello del cosiddetto “conflitto generazionale”. Nell’attuale contesto di prolungata crisi economica, dove le risorse e il lavoro sono diminuiti, il conflitto fra giovani e adulti può veicolare il malcontento tanto degli uni come degli altri. Proprio con l’obiettivo di superare la competitività generazionale, Valore C ha proposto il progetto Generazioni. Claudia Parzani spiega come l’intuizione di partenza sia stata quella di “mettere in rapporto le generazioni, e non in competizione”. Il dialogo diventa al contempo un modo per aiutare i giovani a inserirsi nel mercato del lavoro e gli adulti ad aprirsi a nuovi stimoli ed a nuove energie. Il progetto ha creato un programma di mentoring individuale nel quale 120 donne top-manager di grandi aziende italiane e multinazionali hanno seguito altrettanti studenti in un percorso di inserimento nel mercato del lavoro. Il secondo progetto, illustrato da Daniele Regolo, si rivolge alle persone con disabilità. L’iniziativa ha creato un’agenzia specializzata per l’attività di ricerca e selezione online di persone con disabilità e appartenenti a categorie protette. Jobmetoo ha l’obiettivo di mettere in contatto aziende e potenziali lavoratori, per favorire uno spazio d’incontro in cui si possa spostare lo sguardo dalle difficoltà alla valorizzazione delle competenze e dell’impegno personale.  
   
   
WOLF: LA CRISI DELLA MONETA UNICA ERA PREVEDIBILE  
 
Trento, 9 giugno 2015 - La crisi? È stata dirompente e non si è ancora conclusa. Ha messo in evidenza i limiti della politica, delle istituzioni, della capacità di comprensione della maggior parte degli economisti. Ha causato perdite di ricchezze incredibili che non sono state ancora recuperate. Come aver perso oltre 10 anni. Questo il pensiero espresso da Martin Wolf, editorialista del “Financial Times” e autore di studi e libri sulle crisi finanziarie ed economiche, intervenuto oggi a Palazzo Geremia. Tre le sale che si sono riempite per la sua conferenza “Cosa ci insegna la crisi”. Wolf, introdotto dal direttore del giornale “l’Adige” Pierangelo Giovanetti, ha commentato anche la fragilità della moneta unica europea. Era prevedibile – ha detto – perché mancano dei meccanismi di condivisione del rischio. Ma perché la crisi è stata così importante? Perché – spiega Martin Wolf - ha rappresentato un fallimento politico e istituzionale e anche della comprensione e della cosiddetta “vecchia ortodossia”. Per Wolf è sorprendente l’incapacità di capire quanto stava accadendo e di ascoltare chi metteva in guardia da possibili rischi. Qualche voce fuori del coro, infatti, c’era. Wolf cita Minsky, economista di Chicago, che aveva detto: la stabilità destabilizza. Una voce destinata a rimanere però inascoltata sia prima dello scoppio della crisi sia dopo. Wolf, infatti, osserva come anche di fronte all’evidenza e alle conseguenze della crisi che pesano tuttora, il punto di vista della maggior parte degli economisti non sia cambiato. Per Wolf è sorprendente vedere quanto gli economisti non abbiano cambiato visione. L’incapacità di capire e di pensare – commenta - merita il disprezzo del pubblico. Ribadisce: è stata una crisi estremamente costosa. Ha causato perdite di ricchezze incredibili che non sono state ancora recuperate. Ce ne portiamo l’eredità addosso. Abbiamo perso 10 anni e – sottolinea – l’Italia avrà bisogno di altri sei anni per riprendersi. Quindi analizza le cause e parla di una combinazione di cambiamenti macroeconomici e di scosse finanziarie. Ricorda un’espansione esagerata dei bilanci delle banche e lo scoppio della bolla del credito. Aggiunge: quando la crisi è esplosa, si è deciso di adottare le politiche più costose: le banche hanno tagliato i tassi di interesse. Si è permesso al debito pubblico di crescere. Per lui è stata una politica giusta, anche se impopolare. Quali le soluzioni possibili? Wolf non è ottimista. Parla di un vero e proprio disastro. Ma prova anche a indicare qualche strada: rilanciare la crescita, stabilizzare la finanza e ribilanciare l’economia mondiale. Insiste: servono grandi cambiamenti. Ritiene necessario, soprattutto nell’Eurozona, ristrutturare il debito e stimolare l’offerta. Sottolinea l’importanza di riforme strutturali, del contributo dell’università al processo di innovazione, di nuove politiche fiscali. Ripete: abbiamo bisogno di una macroeconomia globale meglio bilanciata e di una finanza meno fragile. Incalzato da Giovanetti sulla moneta europea, riferisce che era contrario all’euro perché ritiene che alla base di un’unione monetaria ci debba essere uno stato sociale, un sistema di assicurazione reciproca molto solido, una condivisione del rischio. Nota: negli Stati Uniti ci sono voluti 100 anni per arrivarci. Mentre la moneta unica europea è stata creata senza questi meccanismi di condivisione dei rischi. Era inevitabile – aggiunge - che sarebbe entrata in crisi. Non è stata una sorpresa: era tutto prevedibile. Oltre a creare dei meccanismi di condivisione del rischio che però richiederebbero tempi lunghi, un’altra soluzione potrebbe essere distinguere le regole della Germania dalle regole degli altri Paesi europei. Perché la particolarità dell’unione monetaria europea è di essere stata creata tra Stati sovrani. E sulla banche dice: sono necessarie riforme strutturali su vasta scala per evitare che siano piccoli oligopoli. Una sua proposta è la distinzione tra banche di investimento e banche per il credito nel segno anche di istituzioni bancarie più trasparenti.  
   
   
L´INTERVENTISMO DELLO STATO COME LEVA STRATEGICA PER LO SVILUPPO ECONOMICO DEL PAESE  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Come far ripartire l´impresa italiana? Questo quesito ha alimentato nel pomeriggio in Biblioteca comunale uno stimolante dibattito che ha visto due posizioni confrontarsi sul tema: "interventismo sì/interventismo no dello Stato per dare impulso al comparto industriale italiano." È emerso, in conclusione, il primo fronte considerando i vari strumenti di intervento dell´amministrazione pubblica per azionare la spinta del mercato: usare la leva della domanda per stimolare lo sviluppo e la produzione industriale e crescere al contempo la scala del valore, trovare nuove alleanze con le multinazionali, rafforzare le politiche di spending review, sostenere le start up e le spin off per investire nell´innovazione strategica, incentivare gli investimenti pubblico/privati e sbloccare i capitali per dare nuovi canali di finanziamento alle imprese. Il libro "Cacciavite, robot e tablet. Come far ripartire le imprese" è stato l´oggetto del controverso e ampio dibattito tenutosi oggi in Biblioteca comunale a Trento tra i due suoi autori Dario Di Vico e Gianfranco Viesti, portatori di due posizioni diverse nel trovare la ricetta per far uscire l´Italia dalla crisi economica. Di Vico nel libro illustra l´elaborazione della sua ricognizione del settore industriale nazionale, che lo ha spinto ad appoggiare l´interventismo dello Stato. Per quali motivi? "Perché lo Stato - ha dichiarato - ha una visione a 360 gradi del tessuto economico territoriale e, alla luce di questo, è in grado di pianificare interventi strategici ad hoc nei settori in sofferenza o, diversamente, alle spin off che necessitano di aiuto per lanciarsi nel mercato. Inoltre – ha proseguito – è in grado di controvertire il "fattore culturale" dilagante in Italia, che frequentemente spinge l´imprenditore medio, di fronte alle criticità, a chiudere l´azienda piuttosto che affidarla ad un manager". Di Vico ha aggiunto che l´azione statale dovrebbe anche investire maggiormente nel dialogo con le multinazionali, chiave di crescita e soggetti che, più di altri, possono attrarre risorse dall´estero e importarle in Italia. Altri ingredienti della ricetta di Di Vico per salvare l´Italia sono: credere nella specializzazione di prodotto e nel "Made in Italy", che occorre rafforzare per riconquistare il vantaggio competitivo di un tempo. "L´austerity – ha aggiunto – ha appesantito ulteriormente la già critica situazione in cui versava il nostro Paese e congelato ogni possibile passo avanti. Occorre puntare su imprese strutturate e innovative, creare alleanze globali capaci di sopravvivere nel contesto odierno". Il co-autore del volume "Cacciavite, robot e tablet. Come far ripartire le imprese", Gianfranco Viesti, ha invece portato un quadro della situazione contingente economica in cui, per auspicarne uno sviluppo e l´uscita dalla crisi, la posizione dello Stato dovrebbe ridursi e limitarsi ad una regia super partes: "L´intervento statale non è da demonizzare, ma deve essere comunque attivato un sistema di monitoraggio costante dell´effettiva efficacia delle politiche che introduce nel Paese – ha esordito. In Italia sono stati implementati numerosi interventi strategici e non, ma quanti nei fatti hanno portato frutti? La politica può essere preda del cattivo management (l´esempio di Alitalia è il più dimostrativo in tal senso)." L´italia oggi è minata da svariati problemi sociali, economici, finanziari ed è incapace di affrontarli e gestirli "l´immobilismo in cui versa la nostra nazione – ha detto Viesti – fa sì che prevalgano politiche di laissez faire, che lasciano campo libero alla concorrenza estera che si sta ingerendo sempre più nel nostro comparto industriale acquisendo quote se non intere società. La leva più efficace è e rimarrà sempre l´innovazione: investire nei comparti innovativi è vincente!". E ha concluso: "Qual è la soluzione per la sopravvivenza di molte aziende? Collocarsi sulla catena del valore e sviluppare i suoi punti di forza che sono meno attaccabili e più produttivi ed utilizzare la domanda pubblica – ad esempio la sanità - come grande leva dell´innovazione."  
   
   
È NECESSARIO PASSARE DAL WELFARE STATE AL WELFARE CIVILE  
 
Trento, 9 giugno 2015 - Il tradizionale sistema di assistenza è ormai superato ed è necessario dare vita a un welfare civile, di inclusione. Il come realizzarlo è stato il tema al centro del convegno “Un’economia civile per l’inclusione e la mobilità sociale” organizzato dalla Cooperazione Trentina al Festival dell’economia 2015, a cui hanno partecipato Stefano Zamagni e Maurizio Ferrera C’è bisogno di un nuovo welfare, che sappia rispondere ai bisogni di tutti grazie alla capacità di interagire di soggetti diversi quali ente pubblico, imprese e associazioni. Il modello approfondito da Stefano Zamagni, economista e co-fondatore della Scuola di economia civile, e Maurizio Ferrera, professore di Scienze politiche all’Università degli studi di Milano, nel corso dell’incontro “Un’economia civile per l’inclusione e la mobilità sociale” organizzato dalla Federazione Trentina della Cooperazione al Festival dell’economia 2015. Quello del welfare state è un sistema ormai superato, messo in crisi dalla difficile sostenibilità economica e dall’incapacità di garantire una elevata qualità tacita, cioè una qualità basata non su parametri standard ma sulla reale soddisfazione delle persone. A questo si aggiunge il tema del suprlus people, cioè delle persone escluse di cui nessuno vuole farsi carico. “Da questo – ha commentato Zamagni – nasce l’esigenza di reinventare il welfare”. “Il nuovo modello proposto è quello del welfare civile – ha spiegato Ferrera – che io definisco secondo welfare, sia perché arriva dopo il welfare state, sia perché coinvolge soggetti e risorse diverse, del mondo privato ”. Ferrera ha quindi parlato di alcune esperienze che si stanno sviluppando anche in Italia, partendo dal mondo del credito e delle fondazioni che stanno utilizzando meccanismi tipici del mercato bancario per reperire risorse da investire in attività sociali. “Molte di queste cose stanno già dispiegandosi in Italia e in altri Paesi – ha aggiunto – il problema è che sono poco visibili perché manca una rilevazione sistematica”. Ma quali sono gli strumenti da mettere in campo? Entrambi i docenti concordano nel dire che è alla base di questo nuovo modello ci deve essere il principio della sussidiarietà circolare. “Bisogna – ha chiarito Zamagni – che ente pubblico,mondo degli affari e società civile organizzata trovino il modo per programmare i servizi di assistenza, per erogarli e per valutarli”. E in questo contesto, secondo Ferrera, allo Stato spetta il ruolo di coordinamento, mentre il sistema deve essere plurale e pluralistico. Un ruolo speciale in questa fase di tradizione spetta alle imprese cooperative, secondo Zamagni. “L’essere umano ha bisogno del rispetto e del riconoscimento della propria specificità e una delle caratteristiche dell´impresa cooperativa è proprio il garantire il riconoscimento della specificità di ognuno. E questo ha un valore fondamentale anche ai fini della produttività”.  
   
   
STOP A FALSE COOPERATIVE, RACCOLTA FIRME A MIGLIONICO  
 
Potenza, 9 giugno 2015 - Si terrà in piazza Unità d´Italia a Miglionico, martedì 9 giugno, a partire dalle ore 19:30, la prima iniziativa regionale di raccolta firme a sostegno della proposta di legge popolare “Stop alle false cooperative”, avanzata dall´Alleanza delle Cooperative Italiane e presentata, in Basilicata, nel corso di una conferenza stampa lo scorso 3 giugno. La proposta prevede controlli più serrati e misure più severe per contrastare quelle imprese che utilizzano strumentalmente la forma giuridica della cooperazione, perseguendo in realtà finalità estranee a quelle mutualistiche. Sarà allo scopo allestito un banchetto pubblico in cui verranno illustrati i contenuti e le ragioni della petizione, nel tentativo di coinvolgere non solo i soci delle cooperative, ma tutti i cittadini poiché la cooperazione sana rappresenta un elemento di tenuta e di crescita per l´intera comunità. A presidiare il punto informativo sarà presente anche il presidente dell´Alleanza delle Cooperative Italiane di Basilicata, Paolo Laguardia. Seguiranno nelle prossime settimane analoghe iniziative sul territorio regionale, per raggiungere l´obiettivo delle tremila sottoscrizioni, che è il contributo minimo che la Basilicata si è fissata di apportare a una petizione nazionale che, per essere avvalorata e presentata al Parlamento, dovrà raccogliere 50mile firme in sei mesi.  
   
   
TAVOLO ISTITUZIONALE A TRICHIANA. ASSESSORE VENETO: "GIORNATA BELLISSIMA. IDEAL STANDARD C´È E PRODUCE".  
 
Venezia, 9 giugno 2015 - Si è tenuto ieri a Trichiana (Belluno) il tavolo istituzionale di Ideal Standard a cui ha partecipato l´assessore veneto al lavoro, su incarico del presidente della Regione. Un tavolo definito "storico" dalle parti che porta alla sottoscrizione tra azienda e lavoratori di un verbale di impegni stringenti e dettagliati per il rilancio competitivo dello stabilimento bellunese, costituito da 13 punti vincolanti e 2 tabelle, una relativa al cronoprogramma degli investimenti, l´altra che definisce la parte economica e finanziaria in capo ai lavoratori. "Seguo Ideal Standard da nove anni e ho vissuto ogni fase fianco a fianco dei lavoratori che si sono dimostrati responsabili e attaccati al proprio stabilimento, in una legittima difesa del posto di lavoro ma con una visione di rilancio per il futuro", commenta l´assessore. "Nove anni di incontri sul territorio e al ministero dello Sviluppo economico, in un contesto di mercato sempre più difficile, che hanno portato a scelte coraggiose volte alla prospettiva futura e non solo al mantenimento dell´esistente. Dal 2008, inoltre, sono risultate pregevoli le rinunce da parte dei lavoratori a fronte degli investimenti favoriti anche dalla nostra amministrazione regionale come l´impianto di cogenerazione per l´abbattimento dei costi energetici. Tutto questo ha pesato nella decisione della multinazionale di restare a Trichiana e investire in un piano industriale che guarda al futuro". "È una giornata bellissima perché quanto raccolto oggi è il frutto del lavoro serio dell´azienda, della grande maturità e lungimiranza dei lavoratori e anche del ruolo della Regione del Veneto e dell´Unità di crisi di Veneto Lavoro. Insieme abbiamo segnato un modo innovativo e necessario in questi tempi di fare politiche industriali e la Regione c´è", conclude l’assessore.  
   
   
A BRUNICO, IL III LABORATORIO SUL FUTURO DELL´ALTO ADIGE  
 
Bolzano, 9 giugno 2015 - Recentemente si è svolto presso la Gkn Driveline di Brunico il terzo incontro del “Laboratorio sul futuro dell’Alto Adige”. La manifestazione era dedicata alle esigenze formative e di personale specializzato nel settore della lavorazione di metallo e della costruzione di macchinari. In questi comparti la forza lavoro altamente qualificata è molto richiesta, in particolare ingegneri e diplomati degli istituti tecnici. La formazione e l’apprendimento continuo sono fattori determinanti per la futura competitività delle imprese. Pertanto l’obiettivo della serie di manifestazioni 2015 del “Laboratorio sul futuro dell’Alto Adige”, organizzata dalla Camera di commercio di Bolzano, è analizzare le qualifiche necessarie per il mercato del lavoro di domani. L’ire – Istituto di ricerca economica della Cdc di Bolzano ha delineato il futuro fabbisogno di personale specializzato nel settore della lavorazione di metalli e della costruzione di macchinari. Per competere con le migliori regioni europee del settore occorre più forza lavoro qualificata. Gli esperti dell’Ire individuano un elevato fabbisogno di forza lavoro nel campo tecnico e artigiano, mentre calerà il fabbisogno di ausiliari nella costruzione di macchinari. Nicole Baumgartner, responsabile del personale della Gkn Driveline di Brunico, conferma un andamento analogo nel settore della lavorazione di metalli e della costruzione di macchinari: “Nel nostro settore c’è sempre una grande richiesta di giovani con una buona formazione. Oltre a una formazione tecnica fondata non bisogna comunque trascurare nemmeno le competenze sociali e in particolare le competenze linguistiche.” Il Presidente della Cdc Michl Ebner sottolinea la necessità di intervenire: “Ci impegniamo molto nel settore della formazione e dell’apprendimento continuo. La competitività dell’economia altoatesina dipende anche dalla qualificazione della nostra popolazione. Per questo è importante prevenire per tempo la mancanza di forza lavoro qualificata.” Michael Riedl, responsabile del reparto automazione e meccatronica dell’Istituto Fraunhofer Italia di Bolzano, ha infine illustrato le opportunità offerte dalla lavorazione automatizzata. L’obiettivo è la “fabbrica intelligente” (Smart Factory), caratterizzata da capacità di trasformazione, efficienza delle risorse e gestione ergonomica. Allo stesso tempo permette di integrare i processi commerciali e di valore aggiunto dei clienti e dei partner commerciali. Scopo della serie di manifestazioni del “Laboratorio sul futuro dell’Alto Adige”, che si svolge ogni anno, è individuare e discutere le principali sfide per il futuro della provincia. A tal fine vengono promossi incontri tra decisori locali, esperti ed esperte che favoriscono un costruttivo scambio di idee. Info: Ire, Georg Lun, tel. 0471945708, e-mail: georg.Lun@camcom.bz.it    
   
   
CRISI: FVG CONVOCA TAVOLI IDEALSCALA E LAVINOZ 10 GIUGNO A PORDENONE  
 
Trieste, 9 giugno 2015 - Cooperativa Idealscala, ovvero ex sito Ideal Standard a Orcenigo, e Lavinox, l´azienda di Villotta di Chions in cerca di acquirente, saranno al centro dei rispettivi tavoli di crisi convocati dal vicepresidente del Friuli Venezia Giulia, Sergio Bolzonello, per mercoledì prossimo, 10 giugno, nella sede di Pordenone della Regione. Si parla di lotta contro il tempo nel caso di Idealscala (incontro fissato alle 14.30) che entro venerdì sarebbe chiamata a chiudere la trattativa con la multinazionale relativamente al comodato per capannone e impianti e su quello inerente la cessione di matrici e marchio Senesi. A mancare, al di là dell´intesa, è sempre il business plan della cooperativa che, come più volte sottolineato dalla Regione, è una priorità assoluta. Quanto a Lavinox (incontro fissato alle 16), vicenda che interessa 209 lavoratori attualmente a rischio, si cercherà un acquirente quando mancano tre settimane al 30 giugno, scadenza dell´affitto d´azienda identificato lo scorso marzo come soluzione ponte. In caso contrario, il curatore sarà costretto a licenziare tutti i dipendenti e fare cessare l´attività.