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Notiziario Marketpress di Lunedì 19 Novembre 2012
PAGAMENTO CON BANCOMAT: DAL 1° GENNAIO 2014 COMMERCIANTI E PROFESSIONISTI SONO OBBLIGATI AD ACCETTARLO PER QUALSIASI SIA L’IMPORTO  
 
Dal 1° gennaio 2014 commercianti e professionisti hanno l’obbligo di accettare il pagamento a mezzo bancomat. L’obbligo è previsto dal decreto sviluppo 2012, parte seconda, anche conosciuto come decreto crescita 2.0 del Governo Monti sulla tracciabilità dei pagamenti. E’ così eliminata la soglia limite di 50,00 euro. L’obbligo di accettare il pagamento a mezzo bancomat scatta, quindi, per qualsiasi tipologia di importo dell’acquisto. Il provvedimento estende gli obblighi anche ai pagamenti via cellulare  
   
   
LA SCELTA DELLE PASSWORD: I GIOVANI SONO MENO PRUDENTI DEGLI ADULTI  
 
Secondo una ricerca Harris Interactive condotta per Eset Nod32 sulla scelta delle password il 77% degli studenti presta particolare attenzione nella scelta della password, contro l’86% degli adulti, che scelgono anche combinazioni più complesse. Le donne sono meno attente degli uomini. Mentre gli sposati (89%) creano password più sicure dei single (77%). Incoscienza o semplice sconsideratezza alla base del comportamento dei giovani, che on-line risultano meno prudenti degli adulti nella scelta delle password personali. Sta di fatto che gli adulti riescono a proteggersi meglio in Rete rispetto ai cosiddetti nativi digitali. Possono destare qualche sorpresa i risultati di una nuova ricerca Harris Interactive per Eset Nod32, uno dei grandi produttori mondiali di software per la sicurezza informatica. La ricerca, condotta su un campione di più di 2.000 americani over18, ha rivelato infatti che il 77% degli studenti presta particolare attenzione alla scelta della password rispetto all’86% di impiegati, liberi professionisti e pensionati. Non è ben chiaro però se queste percentuali siano dovute a un comportamento spregiudicato, piuttosto che ad una mancata consapevolezza delle minacce informatiche oppure a semplice ‘stress da troppe password’. Alla domanda “Usi la stessa password per diversi account personali online?” il 46% degli intervistati ha risposto affermativamente e, ancora una volta, il gruppo più propenso a farlo è quello di età compresa tra i 18 e i 34 anni (49%), contro quello degli over 55 (43%). Emergono anche differenze di genere: la maggioranza di coloro che scelgono un’unica password per account multipli sono donne, soprattutto nella fascia compresa tra i 18-34 (56%) rispetto a quella delle over 55 (35%). Si scopre invece che la prudenza aumenta quando si tratta di Pin. Agli intervistati è stato chiesto se usassero lo spesso Pin ad esempio sia per il cellulare che per il bancomat. Nel complesso, meno di una persona su 10 (8%) usa lo stesso Pin sia per i prelievi bancomat che per la casella vocale del cellulare. Ma di nuovo, i più propensi ad adottare questa pratica rischiosa sono i giovani tra i 18 e 34 anni (12%), rispetto agli over 55 (solo il 3%). È interessante notare che stavolta, in entrambe le fasce anagrafiche, i meno prudenti sono gli uomini, esattamente il 13% nella prima e il 2% nella seconda. Più in generale dalla ricerca emerge che l’84% degli intervistati usa combinazioni complesse di numeri, lettere e simboli per la scelta delle password in rete: una percentuale inattesa se si pensa ai numerosi furti di password negli ultimi 12 mesi, come quello di migliaia di account Yahoo! dello scorso luglio. Ma ancora una volta sono gli over 55 i più propensi a creare una password complessa (89%), rispetto a giovani di età compresa tra i 18 e 34 (77%).Altri interessanti risultati della ricerca Harris Intercative per Eset Nod32 riguardano le differenze di natura socioeconomica: gli sposati (89%), ad esempio, creano password più sicure dei single (77%), lo stesso vale per i lavoratori con reddito alto (88%) rispetto a quelli con reddito più basso (79%). Persino la dimensione dell’abitazione mostra una correlazione con il grado di sicurezza delle scelte operate: nell’87% delle case con più di due occupanti si creano password complesse, mentre la percentuale scende a 75 se l’abitazione è occupata da una sola persona. I laureati infine sono i più propensi ad usare lo stesso Pin su diversi dispositivi (10%), così come la stessa password per molti dei loro account personali online (52%), rispetto ai diplomati o con grado di istruzione inferiore che compiono spesso la stessa scelta a proposito di password. “In un eco-sistema digitale sempre più interconnesso, dagli account dei social media a quelli bancari, all’accesso ai diversi dispositivi quali desktop, lap-top, smartphone e tablet, la password resta, ancora oggi, la frontiera della sicurezza informatica e della protezione della privacy. È necessario quindi sceglierla con maggior cura”. Questo il monito degli esperti sulla sicurezza informatica di Eset Nod32. Soprattutto per i giovani nativi digitali  
   
   
ROMA: PIU´LIBRI PIU´ IDEE, IN ATTESA DI PIU´ LIBRI PIU´ LIBERI (6/9 DICEMBRE) - 400 UNIVERSITARI AL LAVORO DAL 19 NOVEMBRE SUL MONDO DEL LIBRO E DEL DIGITALE  
 
Quattrocento universitari romani al lavoro sul mondo del libro e del digitale, in attesa di Pi¨´ libri pi¨´ liberi (Roma, 6-9 dicembre). E¡¯ questa una delle novit¨¤ dell¡¯undicesima edizione della fiera nazionale della piccola e media editoria, che per la prima volta punta fortemente sui giovani, anche fuori fiera, coinvolgendo quattro tra le maggiori universit¨¤ romane: La Sapienza, Tor Vergata, Luiss e Ied. In attesa dell¡¯appuntamento al Palazzo dei Congressi dell¡¯Eur, spazio quindi dal 19 novembre all¡¯iniziativa ¡°Pi¨´ libri pi¨´ idee¡±, un ciclo di quattro workshop dedicati al libro e al digitale nelle universit¨¤ di Roma. Un¡¯opportunit¨¤ per gli studenti universitari dei corsi di editoria, comunicazione e giurisprudenza pensati tanto per integrarne il percorso formativo, quanto come utile tassello iniziale per quello professionale. Gli incontri costituiscono un importante momento propedeutico al programma professionale che l¡¯Associazione italiana editori (Aie) propone ogni anno in fiera anche per gli universitari. --- Il 19/20 novembre 2012, Universit¨¤ degli Studi di Tor Vergata, ora 15.00 / 17.00 Aula Sabatino Moscati, si svolger¨¤ il workshop, organizzato nell´ambito del Corso di Laurea Magistrale in Scienze dell´informazione, della comunicazione e dell´editoria, in collaborazione con l¡¯insegnamento di Sociologia della comunicazione culturale tenuto dalla Prof.ssa Francesca Vannucchi, si svolger¨¤ nell¡¯arco di due giorni e sar¨¤ suddiviso in due unit¨¤ didattiche. Dopo un inquadramento generale del mercato editoriale e dell¡¯industria dei contenuti (luned¨¬ 19 novembre), il workshop si focalizzer¨¤ (marted¨¬ 20 novembre) sul rapporto di interscambio tra mondo del libro e mondo del cinema delineando il percorso che dal libro porta al film e viceversa, prendendo anche in considerazione le professionalit¨¤ coinvolte. Intervengono: Giovanni Peresson (Ufficio studi Associazione italiana editori ¨C Scuola per librai U. E. Mauri), Francesca Medolago Albani (Anica), Giovanni Spagnoletti (docente di Organizzazione e Gestione della Produzione Audiovisiva ¨C Tor Vergata) Crossmedialit¨¤, storytelling e scritture Web: come cambia il lavoro editoriale? --- Il 21 novembre 2012, Universit¨¤ degli Studi La Sapienza, ore 15.00 / 19.00 Aula Oriana si svolger¨¤ il workshop, organizzato da Dipartimento Coris e Associazione italiana editori in collaborazione con l¡¯insegnamento di Gestione e marketing delle imprese editoriali e con l¡¯insegnamento di Teoria e analisi del discorso giornalistico prender¨¤ le mosse dai recenti sviluppi che hanno investito il mondo del libro: cos¡¯¨¨ lo storytelling? Cosa significa creare un prodotto transmediale? Come una fan fiction pu¨° rivelarsi un caso editoriale? La scommessa degli operatori di mercato oggi ¨¨ quella di saper progettare nuove storie ¡°multicanale¡± servendosi di una nuova figura che non ¨¨ uno scrittore, un regista o un game-designer, ma un loro coordinatore. Il workshop prender¨¤ in considerazione alcune nuove tendenze emerse con i prodotti digitali e i loro riflessi sull¡¯attivit¨¤ redazionale e organizzativa. Intervengono: Giuseppe Marchetti Tricamo e Fabiola Sfodera (docenti di Gestione e marketing delle imprese editoriali), Ilaria Tani (docente di Teoria e analisi del discorso giornalistico), Giovanni Peresson (Ufficio studi Associazione italiana editori ¨C Scuola per librai U. E. Mauri), Lorenza Biava e Elisa Molinari (Ufficio studi Associazione italiana editori)Editoria, comunicazione e grafica tra libri, App ed e-book --- Il 22 novembre 2012, Istituto Europeo di Design, ora 9.00 / 16.30 Aula Magna si svolger¨¤ il workshop, organizzato in collaborazione con Ied Visual Communication Roma, si occuper¨¤ di tracciare il quadro dell¡¯evoluzione della comunicazione dei progetti editoriali in forma cartacea e digitale. Brand e visual identity diventano le due parole chiave per interpretare questi fenomeni. Dopo uno sguardo ai cambiamenti in atto nei canali di vendita, dalle librerie on line agli store di applicazioni, e nei comportamenti d¡¯acquisto dei lettori, una serie di case study indagher¨¤ come stanno cambiando - dai lanci transmediali ai booktrailer e ai servizi in ottica di gamification - le strategie comunicative delle case editrice. Intervengono: Cristina Mussinelli (consulente Aie per l¡¯editoria digitale e membro del board Idpf), Luigi Vernieri (direttore Ied Visual Communication Roma e coordinatore del dipartimento di Graphic Design), Alberto Iacovoni, (direttore scientifico Ied Roma), Max Giovagnoli (coordinatore del dipartimento di Media Design di Ied Visual Communication Roma), Andrea Tua (editor e co©\marketing Hyperfilm),riccardo Falcinelli (grafic designer & art director Falcinelli&co), Alessandro Risuleo (art director Enhanced Press). Copyright, diritto in cerca d¡¯autore 28 novembre 2012Luiss Guido Carliora 11.30 ¨C 13.30 Aula 1; 14.30 - 17.30 Aula 2Il workshop, organizzato in collaborazione con gli insegnamenti di Tutela della propriet¨¤ intellettuale e Informatica giuridica, tenuti rispettivamente dal Prof. Paolo Marzano dal Prof. Gianluigi Ciacci si svolger¨¤ nell¡¯arco di una giornata suddivisa in due unit¨¤ didattiche. La prima focalizzata sull¡¯inquadramento generale della tutala dell¡¯opera dell¡¯ingegno e le sue ricadute in campo digitale, la seconda pi¨´ specifica e approfondita sulla tutela dell¡¯opera letteraria e su come la contrattualistica editoriale si stia adeguando ai processi strutturali che investono le case editrici librarie. Intervengono: Gianluigi Ciacci (docente Informatica giuridica), Paolo Marzano (docente Tutela della propriet¨¤ intellettuale), Giovanni Peresson (Ufficio studi Associazione italiana editori ¨C Scuola per librai U. E. Mauri), Gianmarco Senatore (Ufficio Aie per la consulenza legale ai soci) In allegato l¡¯invito alla conferenza stampa di presentazione dell¡¯undicesima edizione di Pi¨´ libri pi¨´ liberi, in programma al Tempio di Adriano a Roma il 20 novembre. Per iscrizioni, gratuite e aperte solo agli universitari, ¨¨ necessario compilare l¡¯apposito form sul sito http://www.plpl.it/   
   
   
E’ NATO IL CONSORZIO ITALIANO SCATOLIFICI  
 
Il Consorzio Italiano Scatolifici è un consorzio privato costituito da produttori di imballaggi in cartone ondulato per tutelare gli interessi di una categoria ancora poco considerata. Un gruppo composto, oggi, da 60 aziende che desiderano far sentire la loro voce e affrontare in maniera adeguata il momento difficile che il nostro Paese sta vivendo, difendendo la propria produzione, il valore sociale delle loro imprese e il “saper fare italiano”. Due aziende della provincia di Milano, lo Scatolificio Dara (Castano Primo) e Lombarda Imballi (Mi), su un totale di otto consorziati lombardi, hanno già aderito a questo importante progetto nel suo momento di start up. In occasione della conferenza stampa di presentazione del Consorzio e dei suoi progetti sono intervenuti il Presidente Cis Andrea Cornelli (Cornelli Snc), Deborah Fagni, (Imballaggi Effeemme Srl) e Stefania Montali, (Moncartons Spa), in rappresentanza delle 60 aziende consorziate. L’incontro è stato moderato da Enrico Finzi, Presidente Astraricerche. L’obiettivo primario di Cis - Consorzio Italiano Scatolifici è promuovere la qualità del lavoro in ogni sua componente - ambiente, relazioni, benessere, realizzazione personale - lo sviluppo sostenibile nel prodotto e nella sua produzione, ma soprattutto la responsabilità sociale delle proprie imprese, aziende di medie dimensioni capaci di dare valore alla storia e alle esperienze di migliaia di uomini e donne che ogni giorno lavorano, con affidabilità e flessibilità, per garantire un prodotto migliore, nel pieno rispetto dell’ambiente e delle persone. “Perchè nelle medie imprese come quelle rappresentate da Cis - Consorzio Italiano Scatolifici, l´impulso ad agire secondo criteri di responsabilità sociale nasce da una spinta ideale dell´imprenditore, svincolata da considerazioni immediate di tipo economico, in un’ottica di sviluppo sostenibile“ dichiara Andrea Cornelli, Presidente Cis. “Quella di Cis - Consorzio Italiano Scatolifici è una concreta presa di coscienza, il primo vero segnale di risveglio di un gruppo di imprenditori veri, che giocano un ruolo influente nell’equilibrio economico e sociale del nostro Paese.” Con il Consorzio Italiano Scatolifici, manager e imprese che condividano valori d´impresa e valori personali si uniscono per favorire lo scambio di esperienze e idee tipiche del “saper fare italiano”, tra tutte le persone e i soggetti interessati a questa cultura del lavoro. Cis. Un impegno continuo verso la qualità: oggi, per il significato etico e gli importanti valori umani che difende, domani perché rappresenta forse la più concreta possibilità rimasta per dare un futuro che non sia di breve durata alle Aziende coinvolte  
   
   
PRIVACY: MARKETING “SELVAGGIO” - BLOCCATO IL DATA BASE DI UNA SOCIETÀ  
 
Il Garante della privacy ha vietato il trattamento illecito dei dati di circa un milione di persone contenuti nel data base di una società che opera nel settore delle vendite per corrispondenza e del marketing diretto. La decisione è stata adottata in seguito agli esiti dell’attività ispettiva avviata dall’Autorità su segnalazione di numerose persone che lamentavano di essere state disturbate con offerte commerciali indesiderate. Nel corso dell’istruttoria, la società si era difesa sostenendo che i dati utilizzati provenivano in parte da un’azienda fallita, di cui era stato lecitamente acquistato anche il database clienti, e in parte da una propria attività di raccolta diretta effettuata con appositi moduli e coupon sottoscritti dalle stesse persone interessate. La società affermava, tra l’altro, che alcune telefonate promozionali contestate erano state effettuate per un semplice errore. Dai riscontri del Garante è però emerso innanzitutto che la società aveva omesso di fornire la necessaria informativa ai clienti dell’azienda fallita, non comunicando tra l’altro di essere il nuovo titolare del trattamento dei dati personali. L’autorità ha rilevato violazioni anche nella raccolta dei dati tramite i moduli pubblicati dalla società su riviste o sul proprio sito web. La società non solo non aveva fornito un’adeguata informativa a chi compilava la richiesta per sé o per un amico, ma aveva vincolato la spedizione di cataloghi o prodotti alla sottoscrizione del consenso per l’invio di offerte promozionali o per la comunicazione dei propri dati personali ad altri soggetti. Tale consenso, al contrario da quanto previsto dal Codice della privacy, non poteva quindi considerarsi “informato”, né specifico per le differenti attività e neppure liberamente espresso. Il Garante ha quindi vietato il trattamento dei dati personali raccolti dalla società per qualunque utilizzo che non sia direttamente strumentale all’esecuzione di un obbligo contrattuale, come l’acquisto di un prodotto o servizio. Ha imposto alla società di regolarizzare la sua posizione in tema di informativa e consenso. Ha infine aperto un autonomo procedimento sanzionatorio finalizzato alla contestazione delle violazioni amministrative commesse  
   
   
PRIVACY: MAGGIORE RISERVATEZZA SULLE VALUTAZIONI DEI DIPENDENTI  
 
Vanno comunicate agli interessati per via telematica o in busta chiusa Il Garante della privacy ha prescritto a un’azienda ospedaliera di adottare ogni misura idonea a garantire la piena riservatezza dei dati personali contenuti nei documenti di valutazione dei dipendenti. La decisione accoglie, in parte, il ricorso di un dirigente che si lamentava per aver ricevuto la propria scheda, in busta aperta, da personale amministrativo addetto a un’altra struttura dell’azienda. Il medico contestava all’amministrazione anche la mancata risposta alla richiesta di informazioni relative al trattamento dei propri dati personali. Nel corso dell’istruttoria, l’azienda ha provveduto a dare sufficiente riscontro alle domande del dipendente e ha anche fornito elementi utili a evidenziare l’assenza di trattamenti illeciti. Dalle verifiche effettuate sono però emerse dichiarazioni contrastanti sulle modalità di effettiva circolazione dei documenti valutativi all’interno dell’azienda ospedaliera, tali da non far ritenere sufficientemente dimostrata la piena idoneità delle misure adottate a tutela della privacy. Il Garante ha così imposto al complesso sanitario di garantire maggiori tutele affinché il contenuto delle schede individuali di valutazione non possa essere letto dal personale incaricato della consegna o da altre persone non autorizzate: ad esempio adottando modalità telematiche che consentano l’accesso al documento solo al dipendente interessato (certificandone anche l’avvenuta ricezione), oppure provvedendo a consegnare la valutazione opportunamente spillata o in busta chiusa  
   
   
PRIVACY: CASELLARIO GIUDIZIALE – SÌ ALL’ACCESSO DIRETTO PER LA PA  
 
Introdotto il “certificato selettivo” Ok del Garante privacy allo schema di decreto dirigenziale del Ministero della giustizia che disciplina le modalità operative di consultazione diretta in via telematica del Casellario giudiziale da parte delle Pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi. Le P.a. E gli Enti che hanno in gestione servizi pubblici (ad esempio Poste S.p.a., Enel S.p.a., Italgas, Trenitalia) potranno consultare direttamente il casellario giudiziale, per acquisire informazioni sui precedenti penali e sui carichi pendenti, al fine di effettuare i controlli d’ufficio previsti dalla legge o di verificare le dichiarazioni sostitutive presentate da imprenditori e cittadini interessati, ad esempio, a partecipare a gare d’appalto e forniture o ad altri provvedimenti (ad esempio il rilascio della patente di guida). In conformità alle indicazioni del Garante, saranno consentiti accessi selettivi ai soli dati giudiziari indispensabili agli accertamenti di competenza. A questo scopo è stato introdotto, principale novità del decreto, il cosiddetto “certificato selettivo”, che conterrà solo dati pertinenti e coerenti rispetto ai compiti propri delle amministrazioni e degli enti richiedenti. Su indicazione del Garante sono state previste convenzioni tra il Ministero della giustizia e i soggetti interessati (stipulate secondo schemi-tipo sottoposti al parere del Garante) che stabiliranno le condizioni e le regole tecniche per il rilascio dei “certificati selettivi”. L’autorità ha chiesto inoltre di introdurre adeguate misure di sicurezza, soprattutto sul controllo degli accessi. La consultazione diretta del Sic (Sistema Informativo del Casellario) avverrà infatti mediante il Cerpa (Centro europeo ricerca e promozione dell´accessibilità), il sistema per la certificazione massiva gestito dall’ufficio centrale del casellario. Il Sic potrà essere consultato tramite tecnologia web service o tramite Pec, il servizio di posta elettronica certificata. L’ufficio del casellario centrale garantirà la piena tracciabilità dei collegamenti telematici tra il Cerpa e i vari sistemi coinvolti. Verrà istituito il “Registro degli accessi al Sic”, che consentirà all’amministrazione interessata di eseguire controlli informatizzati trimestrali, anche a campione, sulla rispondenza delle richieste dei certificati ai rispettivi procedimenti amministrativi. Le registrazioni e i log del sistema dovranno essere conservati per dieci anni  
   
   
PRIVACY: PIANO DI PROTEZIONE CIVILE E INVALIDI  
 
L’elenco con i dati sanitari va chiesto alle Asl Per aggiornare la scheda del Piano di protezione civile relativa agli invalidi i Comuni devono chiedere l’elenco dei nominativi alle Asl. Lo ha precisato il Garante privacy in risposta ad un quesito dell’Inps al quale si era rivolta un’amministrazione comunale per avere l’elenco, completo di indirizzo anagrafico, delle persone invalide. La normativa demanda infatti alle Asl il compito di comunicare, se necessario, i dati sanitari delle persone invalide alle strutture che svolgono compiti di protezione civile (Regioni, agenzie regionali, Comuni). L’inps invece - ha spiegato il Garante - non può inviare ai Comuni l’elenco degli invalidi perché nessuna norma lo autorizza a comunicare all’ente locale dati sulla salute delle persone che fruiscono delle prestazioni d’invalidità. Come tutti gli altri soggetti pubblici l’Inps può trattare dati sensibili, e tra questi anche quelli idonei a rivelare lo stato di salute, solo in base ad una espressa disposizione di legge nella quale siano specificati i tipi di dati, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite. Se la norma si limita a specificare solo la finalità di rilevante interesse pubblico, dati, operazioni e finalità perseguite nei singoli casi devono essere individuati in un atto regolamentare, conforme al parere reso dal Garante. Nel caso in esame invece nessuna norma di legge o di regolamento consente all’Inps di comunicare i nominativi degli invalidi al Comune  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA (CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA): LA CORTE ANNULLA LA SENTENZA DEL TRIBUNALE CHE HA ANNULLATO L’ISCRIZIONE DI AL-AQSA NELL’ELENCO DELLE PERSONE O GRUPPI LE CUI RISORSE ECONOMICHE SONO CONGELATE  
 
Le misure adottate dal Consiglio nei confronti di Al-aqsa sono conformi al diritto dell’Unione in materia di lotta al terrorismo. Dal 2003 la fondazione olandese Al-aqsa si oppone in giudizio all’iscrizione e al mantenimento nell’elenco, redatto dal Consiglio, delle persone e entità le cui risorse economiche sono congelate nell’ambito della lotta al terrorismo. Una prima serie di decisioni del Consiglio - con le quali esso aveva iscritto e successivamente mantenuto la Al-aqsa nell’elenco in parola - è stata annullata da una sentenza del Tribunale del 2007 per carenza di motivazione. Una seconda serie di misure del Consiglio relative agli anni 2007‑2009 è stata annullata da una sentenza del Tribunale del 2010, in quanto i Paesi Bassi avevano abrogato il decreto che disciplina le sanzioni in materia di terrorismo (Sanctieregeling) adottato nei confronti di Al-aqsa e sul quale, in ultima analisi, si basavano le misure del Consiglio. L’iscrizione e il successivo mantenimento nell’elenco presupponevano, infatti, che fosse stato attivamente svolto un procedimento nazionale d’indagini o di azioni penali per attività terroristiche o che fosse già stata pronunciata una sanzione nei confronti del soggetto interessato. La Corte di giustizia, nell’ambito di un’impugnazione proposta dalla fondazione Al-aqsa (C‑539/10 P) e dai Paesi Bassi (C-550/10 P) avverso l´ultima sentenza del Tribunale menzionata, è invitata ad esaminare le condizioni per il congelamento delle risorse economiche. Con la sentenza odierna la Corte respinge, anzitutto, il ricorso di Al-aqsa nella causa C 539/10 P in quanto irricevibile, considerato che esso verte unicamente sulla modifica di talune motivazioni della sentenza impugnata. Successivamente, riguardo all’impugnazione dei Paesi Bassi nella causa C‑550/10 P, la Corte constata che il Tribunale, avendo ritenuto che, una volta abrogata la Sanctieregeling, non sussistesse più un «sostrato» di diritto nazionale idoneo a giustificare adeguatamente il mantenimento di Al-aqsa nell’elenco, senza tuttavia aver preso in debita considerazione la ragione di tale abrogazione, ha commesso un errore di diritto. L’unica ragione a giustificazione della summenzionata abrogazione è stato l’obiettivo di evitare una sovrapposizione fra la misura nazionale di congelamento di capitali, imposta dalla Sanctieregeling, e la misura di congelamento dei beni stabilita al livello dell’Unione dal regolamento n. 2580/2001, conseguentemente all’iscrizione di Al-aqsa nell’elenco in parola. Detta abrogazione ha quindi avuto quale unico scopo il rispetto del Tfue, che prevede che il regolamento dell’Unione sia obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, il che esclude, in via di principio, l’adozione o il mantenimento di disposizioni nazionali parallele. La Corte annulla quindi la sentenza del Tribunale. A seguito di tale annullamento, la Corte stessa statuisce in via definitiva sul ricorso iniziale proposto da Al-aqsa dinanzi al Tribunale e vertente sull’annullamento delle decisioni del Consiglio relative al congelamento dei capitali. La Corte rileva, anzitutto, che il Consiglio disponeva delle informazioni precise e degli elementi del fascicolo da cui risultava che nei confronti di Al-aqsa era stata presa da un’autorità olandese competente una decisione rispondente ai criteri stabiliti dal diritto dell’Ue. In tale contesto, la Corte sottolinea che, in conformità al diritto dell’Unione, siffatto richiamo alla decisione nazionale implica la sussistenza di prove serie e credibili del coinvolgimento della persona interessata in attività terroristiche, considerate affidabili dalle autorità nazionali competenti. Il Consiglio, peraltro, ha potuto considerare, senza commettere un errore di valutazione, che Al-aqsa avesse contezza, del fatto che la sua attività consistente nel raccogliere e nel mettere a disposizione capitali contribuisse ad attività terroristiche. La Corte ha quindi considerato che il Consiglio non è venuto meno al suo obbligo di riesame della sussistenza dei motivi idonei a giustificare le decisioni di congelamento dei capitali. Essa constata che l’abrogazione della Sanctieregeling non era sufficiente a far dichiarare il mantenimento di Al-aqsa nell’elenco incompatibile con il diritto dell’Unione. Non sussistono infatti indizi che avrebbero potuto indurre il Consiglio a constatare che Al-aqsa avesse sospeso o cessato di contribuire al finanziamento di attività terroristiche, e ciò indipendentemente dal fatto che il congelamento dei suoi capitali rendeva la prosecuzione di siffatta contribuzione più difficile, se non impossibile. La Corte giudica che le decisioni del Consiglio non violano il diritto di proprietà di Al-aqsa. Essa ricorda che il diritto di proprietà, nel diritto dell’Unione, non fruisce di una tutela assoluta e he possono all’esercizio del diritto in parola essere apportate restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e non rappresentino, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti garantiti. Dato che la misura di congelamento di capitali costituisce una misura cautelare, essa non è intesa a privare tali persone della loro proprietà. Poiché le misure alternative e meno vincolanti menzionate da Al-aqsa - quali un sistema di previa autorizzazione o un obbligo rigoroso di giustificazione a posteriori dell’uso dei capitali versati - non consentono di raggiungere altrettanto efficacemente lo scopo perseguito dall’Unione, ossia la lotta contro il finanziamento del terrorismo, le restrizioni al diritto di proprietà di Al-aqsa imposte dal Consiglio hanno natura necessaria. Analogamente, in considerazione dell’importanza di tale lotta, dette restrizioni non sono sproporzionate rispetto agli scopi perseguiti. Infine, la Corte respinge l’argomento di Al-aqsa secondo cui la decisione del Consiglio non soddisfarebbe il requisito di motivazione previsto dal diritto dell’Ue. Difatti non sussistono indizi nel senso che, successivamente all’adozione della Sanctieregeling, la situazione di fatto o la valutazione della stessa da parte delle autorità nazionali olandesi sia mutata relativamente al coinvolgimento di Al-aqsa nel finanziamento di attività terroristiche. Nelle succitate condizioni non era necessario esporre più dettagliatamente le ragioni per cui il Consiglio era convinto che restassero valide le motivazioni a giustificazione dell’iscrizione di Al-aqsa nell’elenco. La Corte respinge pertanto il ricorso iniziale proposto dalla Stichting Al-aqsa. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 15 novembre 2012, Sentenza nelle cause riunite C-539/10 P, Stichting Al-aqsa / Consiglio e C-550/10 P Paesi-bassi/al-aqsa)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA (CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA): LA CORTE ANNULLA LA SENTENZA DEL TRIBUNALE CHE HA ANNULLATO GLI ATTI DELL’UNIONE CHE CONGELAVANO I CAPITALI DELLA SIG.RA BAMBA  
 
La Corte considera, infatti, che il Consiglio ha sufficientemente motivato l’inserimento della sig.Ra Bamba nell’elenco delle persone che si ritiene ostacolino il processo di pace e di riconciliazione in Costa d’Avorio. Nell’autunno 2010 si sono svolte in Costa d’Avorio le elezioni presidenziali, in esito alle quali l’Onu ha certificato la vittoria del sig. Alassane Ouattara. L’unione europea ha riconosciuto la vittoria del sig. Ouattara e ha esortato i leader ivoriani, civili e militari, a riconoscere l’autorità del presidente democraticamente eletto, confermando al contempo la sua determinazione ad adottare sanzioni mirate nei confronti di coloro che ostacolassero il rispetto della volontà sovranamente espressa dal popolo ivoriano. Tenuto conto della gravità della situazione in Costa d’Avorio, il Consiglio ha adottato misure restrittive nei confronti di persone che ostacolavano il processo di pace e di riconciliazione nazionale e minacciavano il rispetto del risultato del processo elettorale. Dette misure restrittive erano dirette segnatamente a congelare i capitali delle persone. Agli atti che imponevano le misure restrittive era allegato un elenco contenente i nomi delle persone interessate. La sig.Ra Nadiany Bamba è cittadina ivoriana e, stando alle informazioni fornite dal Consiglio nel corso della fase scritta del procedimento, la seconda moglie nonché uno dei collaboratori principali del sig. Laurent Gbagbo, già presidente della Costa d’Avorio. Il nome della sig.Ra Bamba veniva inserito nell’elenco contenente i nomi delle persone assoggettate a misure restrittive. La decisione ed il regolamento sulla cui base veniva effettuato l´inserimento riportano, nei loro allegati, con riferimento alla sig.Ra Bamba: «Direttrice del gruppo editoriale Cyclone cui fa capo la testata Le temps – Ostruzione del processo di pace e di riconciliazione mediante istigazione pubblica all’odio e alla violenza ed implicazione in campagne di disinformazione sulle elezioni presidenziali del 2010». La sig.Ra Bamba ha chiesto al Tribunale di annullare la decisione ed il regolamento, nelle parti in cui la riguardavano. Con sentenza 8 giugno 2011, il Tribunale ha annullato gli atti che congelano i capitali della sig.Ra Bamba, considerando che il Consiglio non aveva sufficientemente motivato l’inserimento della sig.Ra Bamba nell’elenco delle persone che ritenute ostacolare il processo di pace e di riconciliazione in Costa d’Avorio. Il Consiglio ha impugnato tale sentenza dinanzi alla Corte di giustizia. Il Consiglio fa valere che la motivazione degli atti in questione era sufficiente. Esso avrebbe infatti fornito una descrizione circostanziata della situazione di particolare gravità in Costa d’Avorio, che giustificherebbe le misure adottate nei confronti di determinate persone ed entità. Inoltre il Consiglio avrebbe chiaramente indicato i motivi specifici e concreti per i quali la sig.Ra Bamba doveva essere assoggettata a misure restrittive. La Corte ricorda che poiché l’obbligo di motivazione costituisce il corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, la motivazione deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui promana l’atto contestato. Il rispetto di tale obbligo di motivazione è tanto più importante qualora la persona interessata non disponga di un diritto di audizione precedente all’adozione di una decisione di congelamento dei capitali. La Corte precisa tuttavia che tale obbligo di motivazione dev’essere adeguato alla natura dell’atto contestato e al contesto nel quale è stato adottato. In particolare, un atto è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto alla persona interessata, che le consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti. Nel caso di specie la Corte considera, da un lato, che il Consiglio ha esposto il contesto generale che lo aveva condotto ad ampliare l’elenco delle persone interessate dalle misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica della Costa d’Avorio. Tale contesto generale era caratterizzato dalla gravità della situazione in Costa d’Avorio e dalla minaccia concreta che gli ostacoli ai processi di pace e di riconciliazione nazionale rappresentavano per la pace e la sicurezza internazionali. La Corte constata che tale contesto era necessariamente noto alla sig.Ra Bamba a causa della sua posizione professionale e personale. Dall’altro lato, per quanto riguarda le ragioni per le quali il Consiglio ha considerato che la sig.Ra Bamba dovesse essere assoggettata a misure restrittive, la Corte ritiene che detta istituzione abbia identificato gli elementi specifici e concreti – in termini di funzione esercitata a titolo professionale, di gruppo editoriale, di testata giornalistica e di tipologie di atti e di campagne stampa considerati – che implicavano un coinvolgimento dell’interessata nel blocco del processo di pace e di riconciliazione in Costa d’Avorio. La Corte precisa che il controllo del rispetto dell’obbligo di motivazione è diretto ad accertare se le indicazioni fornite dal Consiglio negli atti contestati fossero sufficienti per consentire di comprendere le ragioni per cui erano state inflitte alla sig.Ra Bamba misure restrittive. Tale controllo dev’essere distinto dal controllo della legittimità nel merito di detti atti, il quale consiste nel verificare se gli elementi invocati dal Consiglio fossero effettivamente accertati e se essi potessero giustificare l’adozione delle misure in questione. Di conseguenza la Corte annulla la sentenza del Tribunale e respinge il ricorso della sig.Ra Bamba. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 15 novembre 2012, Sentenza nella causa C‑417/11 P, Consiglio dell’Unione europea / Nadiany Bamba)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA (TRIBUNALE EUROPEO): CONCORRENZA - POTERI ISPETTIVI DELLA COMMISSIONE TRIBUNALE (SENTENZA T-140/09, PRYSMIAN / COMMISSIONE)  
 
Prysmian Spa e la sua controllata Prysmian Cavi e Sistemi Energia Srl sono imprese italiane attive nel settore dei cavi elettrici. Nel 2009, la Commissione europea ha ingiunto loro di sottoporsi ad una decisione d’ispezione in merito all’eventuale partecipazione ad intese o pratiche concordate. Il 28 gennaio 2009 alcuni ispettori della Commissione accompagnati da un rappresentante dell’autorità italiana garante della concorrenza e dalla Guardia di Finanza, hanno effettuato controlli sui computer e quindi deciso di estrarre una copia immagine («forensic image») degli hard disk dei computer dei dipendenti, al fine di esaminarne il contenuto presso gli uffici della Commissione a Bruxelles. Prysmian Spa e Prysmian Cavi e Sistemi Energia Srl hanno chiesto al Tribunale Ue di dichiarare abusiva la condotta degli ispettori. Il Tribunale ha sentenziato oggi l´annullamento parziale della decisione  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA (CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA): DIVIDENDI DI ORIGINE ESTERA  
 
L´applicazione del metodo dell´imputazione ai dividendi di origine estera prevista dalla normativa tributaria britannica non garantisce un trattamento fiscale equivalente a quello risultante dall´applicazione del metodo dell´esenzione ai dividendi di origine nazionale. La Corte precisa altresì l´ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali Nel Regno Unito, quando una società residente percepisce dividendi di origine nazionale, non è assoggettata all´imposta sulle società a titolo di tali dividendi (metodo dell´esenzione). Per contro, quando una società residente percepisce dividendi da una società non residente, è assoggettata all´imposta sulle società a titolo di tali dividendi. Essa può tuttavia portare in detrazione da tale onere fiscale l’imposta che la società distributrice ha già pagato nel suo Stato di residenza sugli utili così distribuiti (metodo dell´imputazione). Alcune società stabilite nel Regno Unito che hanno percepito dividendi da controllate residenti in un altro Stato contestano dinanzi ai giudici britannici la compatibilità con il diritto dell´Unione del trattamento fiscale riservato dalla normativa britannica ai dividendi di origine estera. Esse sostengono che la normativa nazionale porta ad un trattamento fiscale meno vantaggioso per le società residenti che hanno delle controllate in altri Stati. Su domanda della High Court of Justice (Regno Unito), la Corte di giustizia ha già esaminato, nel 2006, la normativa britannica in questione, dichiarando che quest´ultima era contraria al diritto dell´Unione per vari aspetti. Nella presente causa, il giudice britannico chiede alla Corte di chiarire tale giurisprudenza. Nella sua sentenza odierna, la Corte ricorda che il diritto dell´Unione consente in linea di principio ad uno Stato membro di applicare ai dividendi di origine nazionale il metodo dell´esenzione e ai dividendi di origine estera il metodo dell´imputazione. Infatti, può ritenersi in generale che questi due metodi siano equivalenti. La Corte precisa però che tale equivalenza può essere compromessa. Infatti, nel caso di una distribuzione di dividendi di origine nazionale, questi ultimi sono esentati dall´imposta sulle società per quanto riguarda la società beneficiaria indipendentemente dall´imposta effettivamente pagata dalla società distributrice. Per contro, nel caso di una distribuzione di dividendi di origine estera, il credito d´imposta di cui fruisce la società beneficiaria per effetto dell´applicazione del metodo dell´imputazione viene determinato tenendo conto del livello di imposizione effettivo sugli utili nello Stato di origine. Pertanto, in una situazione siffatta, l´esenzione fiscale dei dividendi di origine nazionale non dà luogo ad alcun onere fiscale in capo alla società residente che li riceve, indipendentemente dal livello di imposizione effettivo cui sono stati assoggettati gli utili sulla base dei quali i dividendi sono stati pagati. Per contro, l´applicazione del metodo dell´imputazione ai dividendi di origine estera conduce ad un onere fiscale supplementare in capo alla società beneficiaria residente, se il livello di imposizione effettivo applicato agli utili della società distributrice non raggiunge l´aliquota d´imposta nominale cui sono assoggettati gli utili della società residente beneficiaria. Pertanto, contrariamente al metodo dell´esenzione, il metodo dell´imputazione non consente di trasmettere alla società azionista il beneficio degli abbattimenti, in materia di imposta sulle società, concessi a monte alla società distributrice. La Corte rileva nondimeno che l’equivalenza del metodo dell’esenzione e di quello dell’imputazione non risulta senz’altro compromessa ove sussistano casi eccezionali nei quali determinati dividendi di origine nazionale vengono esentati malgrado che gli utili sulla base dei quali tali dividendi sono stati pagati non siano stati assoggettati interamente ad un livello di imposizione effettivo corrispondente all’aliquota d’imposta nominale. Tuttavia, secondo le informazioni fornite dalla High Court, il livello di imposizione effettivo sugli utili delle società residenti nel Regno Unito è inferiore nella maggior parte dei casi all´aliquota d´imposta nominale applicabile in tale Stato membro. Ne consegue che l´applicazione del metodo dell´imputazione ai dividendi di origine estera, quale prevista dalla normativa in questione, non garantisce un trattamento fiscale equivalente a quello risultante dall´applicazione del metodo dell´esenzione ai dividendi di origine nazionale. La normativa britannica deve quindi essere qualificata come restrizione della libertà di stabilimento e dei movimenti di capitali vietata dal Tfue. La Corte constata che l´obiettivo perseguito dalla normativa nazionale, di preservare la coerenza del regime fiscale nazionale, avrebbe potuto essere raggiunto mediante misure meno restrittive. Essa sottolinea che l´esenzione fiscale di cui beneficia una società residente che percepisce dividendi di origine nazionale è fondata sull´ipotesi di un´imposizione, in capo alla società distributrice dei dividendi, gravante sugli utili distribuiti in base all´aliquota d´imposta nominale. L´esenzione si avvicina dunque alla concessione di un credito d’imposta calcolato mediante riferimento a tale aliquota d’imposta nominale, così che il legislatore britannico, al fine di preservare la coerenza del regime fiscale, avrebbe potuto tener conto, anche nell´ambito del metodo dell´imputazione, dell´aliquota d´imposta nominale applicabile alla società distributrice, e non dell´imposta effettivamente pagata da tale società. Il giudice del rinvio desidera altresì sapere se una società residente di uno Stato membro, la quale detenga una partecipazione di controllo in una società stabilita in un paese terzo, possa avvalersi delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali al fine di mettere in discussione la conformità con il diritto dell´Unione del trattamento fiscale riservato dalla legislazione del suddetto Stato membro ai dividendi pagati da tale controllata. Secondo la Corte, in un contesto relativo al trattamento fiscale di dividendi originari di un paese terzo, l´esame dell´oggetto della legislazione tributaria di cui trattasi è sufficiente per valutare se quest´ultima ricada sotto le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali. Qualora dall´oggetto di tale legislazione nazionale risulti che essa è destinata ad applicarsi soltanto alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni della società interessata e di determinare le attività di quest’ultima, né le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento, né quelle relative alla libera circolazione dei capitali possono essere invocate. Per contro, una normativa nazionale relativa al trattamento fiscale di dividendi originari di un paese terzo, la quale – al pari della normativa britannica in oggetto – non si applichi esclusivamente alle situazioni nelle quali la società madre esercita un’influenza determinante sulla società che distribuisce i dividendi, deve essere valutata alla luce delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali. Una società residente di uno Stato membro può dunque, indipendentemente dall’entità della partecipazione da essa detenuta nella società distributrice di dividendi stabilita in un paese terzo, invocare tali disposizioni al fine di contestare la legittimità di una normativa siffatta. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 13 novembre 2012, Sentenza nella causa C-35/11, Test Claimants in the Fii Group Litigation / Commissioners of Inland Revenue e The Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs)