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Notiziario Marketpress di Lunedì 03 Dicembre 2012
MILANO: EDICOLE - RETE DI INFO-POINT SUI SERVIZI TURISTICI DI MILANO  
 
Per individuare azioni sinergiche finalizzate alla valorizzazione delle edicole cittadine e dei servizi turistici della città, si è svolto lo scorso 28 novembre presso gli uffici dell’assessorato al Commercio, l’incontro tra i rappresentanti Snag-sindacato Provinciale Autonomo Giornalai e l’assessore al Commercio, Attività produttive, Marketing territoriale Franco D’alfonso. “Per la prima volta – spiega Alessandro Rosa, Presidente Snag – abbiamo trovato un interlocutore che ha dimostrato sensibilità e attenzione a un mondo, come quello delle edicole, che oggi per varie ragioni si trova in grande difficoltà. Questo incontro – continua Rosa – si pone a conclusione di una prima fase che ha definito gli ambiti attuativi del progetto e segna una collaborazione pubblico-privato di grande importanza, andando a decretare un riconoscimento da parte dell’Amministrazione del valore sociale delle edicole”. “Durante l’incontro di oggi – ha spiegato l’assessore al Commercio Franco D’alfonso – abbiamo posto le basi per un prossimo progetto che porterà le edicole cittadine a tramutarsi in una capillare rete di info-point cittadini: operazione che permetterà di affiancare alla normale attività distributiva dei quotidiani anche quella informativa sui servizi e sulle opportunità turistiche offerte dalla città, ospitando magari, oltre al materiale divulgativo, anche corner per la vendita dei prodotti del Brand Milano”. “Un progetto – conclude l’assessore – che considererà anche il valore estetico–urbanistico delle edicole, armonizzandone le strutture e la grafica, consentendo cosi una loro più facile localizzazione e identificazione da parte dei turisti e degli stessi cittadini”  
   
   
CONDOMINIO: NUOVA DISCIPLINA  
 
Martedì 20 novembre la Commissione Giustizia del Senato ha approvato il testo licenziato dalla Camera dei Deputati a fine settembre senza modificarne il contenuto. I 31 articoli della legge “Disciplina del condominio” modificano la disciplina del condominio, risalente sostanzialmente al 1942, ed intervengono con regole più snelle sugli aspetti più controversi della “vita in comune” degli italiani, sulle decisioni, sulla figura dell´amministratore qualificato e sulla presenza degli animali domestici. Tra le varie disposizioni del provvedimento segnaliamo, in particolare, quella che prevede la possibilità per l´assemblea di deliberare la creazione di un sito internet del condominio, con accesso individuale e protetto, per consultare atti e rendiconti mensili  
   
   
REGIONE LOMBARDIA: GIUSTIZIA - ACCORDO PER IL LAVORO  
 

 E´ stato firmato a Palazzo Lombardia un Protocollo d´intesa per la realizzazione del ´Progetto politiche attive del lavoro presso gli Uffici giudiziari lombardi´. Il documento è stato sottoscritto dal presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e dai vertici della Corte di appello di Milano (presidente Giovanni Canzio), della Procura generale presso la Corte d´appello di Milano (avvocato generale Laura Bertolè Viale), della Corte d´appello di Brescia (presidente Graziana Campanato), della Procura generale presso la Corte d´appello di Brescia (procuratore generale Guido Papalia). Presente l´assessore regionale all´Occupazione e Politiche del lavoro Valentina Aprea, che ha costruito i termini dell´intesa.

"Il protocollo - ha spiegato Formigoni - prevede azioni di riqualificazione realizzate in collaborazione con gli Uffici giudiziari lombardi, che si sono resi disponibili ad accogliere, presso le proprie sedi, i lavoratori colpiti dalla crisi per periodi di ´project work´, finalizzati, prima ancora che al reinserimento lavorativo, allo sviluppo e al consolidamento delle competenze professionali, utilizzando la rete di operatori accreditati in Regione Lombardia per l´erogazione di servizi al lavoro".

Regione Lombardia, dunque, emanerà avvisi pubblici per attivare, con il coinvolgimento degli operatori accreditati ai servizi di formazione e al lavoro, esperienze formative che comprendano: servizi di accompagnamento e tutoring al training on the job; la possibilità per i giovani di fruire di un´esperienza di tirocinio presso gli Uffici giudiziari, supportati da un servizio di tutoring; un´attività formativa iniziale, della durata prevista di una settimana, propedeutica allo svolgimento dell´esperienza. Questa esperienza dovrà poi essere sviluppata e diffusa secondo due modalità: ulteriori intese con soggetti pubblici e privati che consentano di disporre di risorse addizionali; coinvolgimento delle Amministrazioni locali nell´attuazione dell´intesa stessa, perché possano sperimentare, con risorse proprie, forme di integrazione delle linee di intervento regionali. Inoltre la Regione promuoverà presso i suoi dipendenti la possibilità di svolgere esperienze di lavoro presso gli Uffici giudiziari, come già accaduto in passato.

Le Corti di appello e le Procure generali si impegnano a: dare adeguata comunicazione dell´opportunità attivata a tutti gli Uffici giudiziari, così da rendere efficace l´inserimento dei soggetti inseriti; rilevare i fabbisogni dei singoli Uffici giudiziari e assegnare i soggetti destinatari del project work agli stessi Uffici; concordare con gli operatori la definizione dei criteri di selezione, gli indirizzi e i contenuti dell´attività formativa iniziale e le modalità di rilascio della certificazione delle competenze acquisite. A fine 2013 sarà attuata una verifica congiunta degli esiti di questo accordo, per valutare le possibili messe a punto del modello e decidere della sua prosecuzione.

L´intesa tra Regione e Uffici giudiziari si fonda sul riconoscimento che il Programma regionale di sviluppo favorisce e supporta una nuova cultura del lavoro rivolta quanto più possibile alla persona e allo sviluppo delle sue competenze attraverso l´aggiornamento professionale continuo, il coinvolgimento di tutti gli attori in una logica di partenariato, la facilitazione all´accesso al mondo del lavoro dei giovani e la ricollocazione dei lavoratori licenziati per ragioni economiche.

Si tratta di un´iniziativa che si inserisce pienamente nel lavoro svolto da Regione Lombardia in questi anni nella creazione di molteplici rapporti di collaborazione con i soggetti deputati alle funzione di Giustizia, Tribunali, Procure e Corti di Appello: con loro il Governo lombardo lavora in maniera sinergica in diverse sedi, per studiare progetti di semplificazione e di maggiore fruizione di quei servizi della giustizia che sono determinanti, non solo per la civiltà di un Paese, ma anche per la sicurezza dei cittadini e la tutela dei diritti individuali e delle famiglie. Da ricordare ad esempio, il Tavolo Giustizia, avviato nel 2009 dal Tribunale di Milano, che ha come principali obiettivi la semplificazione, l´efficacia, l´efficienza e la qualità della giustizia penale, civile, soprattutto attraverso l´introduzione di tecnologie informatiche. Tale collaborazione ha portato a importanti azioni tra le quali: - lo sviluppo di servizi infotelematici legati all´accesso agli atti da parte di addetti ai lavori e processi di dematerializzazione, in particolare attraverso l´utilizzo della Crs per l´identificazione e la firma digitale (la Lombardia è la prima Regione a completare i servizi del processo telematico); - i progetti sul fronte della giustizia alternativa, come ad esempio lo ´Sportello Conciliamo´, operante presso il Tribunale di Milano; - l´impiego di numerosi cassintegrati per lo svolgimento di periodi di lavoro presso tali Uffici, approfondendo le loro competenze e riducendone l´inattività

 
   
   
SICUREZZA ONLINE: LE IMMAGINI JPG ATTACCATE DA UN NUOVO TROJAN  
 
L’ultimo bersaglio dei criminali informatici sono i file Jpg, colpiti da un nuovo Trojan specifico che prende di mira le immagini custodite su Pc e smartphone. Ricordi privati che possono cadere nelle mani di estranei attraverso Win32/datastealer.e, un malware rilevato e rimosso da Eset Nod32, uno dei grandi produttori mondiali di software antivirus. L’obiettivo dei cybercriminali è chiaro: utilizzare le immagini più osé per fini pornografici, per azioni di cyberbullismo o ancora per pratiche di sexting, cioè l’invio di foto o messaggi sessualmente espliciti tramite cellulari e social media. Recentemente una ricerca dell’inglese Internet Watch Foundation aveva già rilevato che l’88% delle foto pubblicate dai giovani sui Social Network appaiono in seguito su siti porno ‘parassiti’, con effetti devastanti sulle vittime ignare. Basti ricordare i diversi casi di adolescenti che hanno tentato il suicidio in seguito alla diffusione online delle proprie foto senza veli, scattate per fini privati. Il mercato delle immagini rubate si sta rivelando molto redditizio per i cybercriminali, che stanno sviluppando nuovi malware in grado di prelevare il materiale direttamente da Pc e cellulari, senza aspettare la pubblicazione incauta delle foto sui social network. Per evitare agli utenti di cadere vittime di questi attacchi, i ricercatori Eset hanno messo a punto una serie di consigli pratici che possono aiutare gli internauti a salvaguardare privacy e reputazione online, fermo restando che la prudenza non è mai troppa in questi casi. - 1. Pensare due (meglio tre) volte prima di condividere foto esplicite sui social media, via mail o Mms, poiché una volta entrate in Rete non tornano più indietro. Se le immagini vengono condivise, se ne perde il controllo e risulterà praticamente impossibile cancellarle del tutto. Anche le star del cinema con le migliori squadre di avvocati non sono in grado di ripulire completamente il Web dalle foto imbarazzanti.- 2. Ricordare che ciò che transita sul cellulare non resta sul cellulare. Gli smartphone sono sincronizzati ai computer e archiviano i file nel Cloud. Inoltre sia gli smartphone che i computer possono essere rubati o compromessi dagli hacker: i dispositivi digitali possono essere attaccati dai malware, persino senza che ci sia connessione a internet. - 3. Riflettere sull’opportunità di scattare una foto sessualmente esplicita con una fotocamera digitale, che è molto differente da una foto tradizionale, perché può essere copiata e trasmessa nel giro di pochi secondi, senza peraltro il filtro che prevedeva una volta lo sviluppo in laboratorio. - 4. Vigilare e difendersi a molteplici livelli: password sicure e diversificate per i tanti account e dispositivi, nonché un buon programma antivirus aggiornato con regolarità. - 5. Ricordare che i rischi delle foto digitali non riguardano solo le immagini osé: foto di password, assegni, ambienti domestici, nuovi acquisti corrono tutte lo stesso rischio  
   
   
UNIONE EUROPEA: ESENZIONE DAL VISTO - ANCORA OSTACOLI NONOSTANTE I PROGRESSI  
 
In che misura i paesi al di fuori dell’Ue rispettano gli impegni quando si tratta di concedere l’esenzione dal visto ai cittadini dell’Unione? La Commissione europea ha adottato oggi la settima relazione sulle violazioni del principio di reciprocità in materia di visti da parte dei paesi terzi. Dalla relazione emerge che il regime di esenzione dal visto per i cittadini dell’Ue viene concesso, ora, da un maggior numero di paesi (ad esempio il Brasile). I cittadini europei continuano, tuttavia, ad essere soggetti all’obbligo del visto anche per recarsi in alcuni paesi che non dovrebbero richiederlo. Complessivamente, l’attuale “meccanismo di reciprocità” si è dimostrato efficace nei casi in cui un paese terzo i cui cittadini sono esenti dall’obbligo del visto per i viaggi nell’Ue mantiene tale obbligo per i cittadini degli Stati membri: dall’introduzione del meccanismo nel 2005, anno in cui si erano registrati quasi 100 casi relativi a 18 paesi, il numero di questi casi di non reciprocità si è ridotto notevolmente. È chiaro, tuttavia, che il meccanismo in vigore dev’essere riveduto e reso più rapido ed efficace, per ottenere una piena reciprocità in materia di visti con tutti i paesi terzi esenti dall’obbligo del visto. “Dobbiamo garantire che il principio della reciprocità in materia di visti sia pienamente rispettato”, ha dichiarato Cecilia Malmström, Commissaria per gli Affari interni. “Stiamo quindi continuando ad impegnarci per risolvere i casi rimanenti di non reciprocità, con gli Stati Uniti e con il Canada. La Commissione attende con impazienza che il Parlamento europeo e il Consiglio adottino un nuovo meccanismo di reciprocità rafforzato, che rappresenterebbe uno strumento più potente per intervenire”. Dopo l’ultima relazione, del novembre 2010, sono stati compiuti i seguenti progressi: - i cittadini di tutti gli Stati membri possono ora recarsi in Brasile in regime di esenzione dal visto, grazie all’entrata in vigore dell’accordo Ue-brasile di esenzione dal visto per i soggiorni di breve durata per i titolari di passaporti ordinari, il 1° ottobre 2012; - le autorità giapponesi hanno deciso di prorogare fino al 31 dicembre 2012 l’applicazione dell’esenzione temporanea dal visto concessa per i cittadini rumeni; la Commissione spera che, in seguito all’attuazione di misure specifiche convenute tra la Romania e il Giappone, quest’ultimo converta l’esenzione temporanea in esenzione permanente; - con il Brunei è stata raggiunta la piena reciprocità in materia di visti per tutti gli Stati membri dell’Ue, nonché per l’Islanda, la Norvegia e la Svizzera; la Commissione intende chiedere la proroga dell’esenzione dal visto per soggiorni di durata non superiore a 90 giorni anche per i cittadini del Liechtenstein. Restano purtroppo due casi importanti di “non reciprocità”: gli Stati Uniti d’America mantengono ancora l’obbligo del visto per i cittadini della Bulgaria, di Cipro, della Romania e della Polonia, e il Canada impone tale obbligo per la Repubblica ceca, la Bulgaria e la Romania. Gli Stati Uniti ritengono che gli Stati membri in questione non rispettino ancora tutti i criteri per l’esenzione dal visto fissati dalle leggi nazionali, in particolare le soglie stabilite per i tassi di rifiuto del visto e/o di prolungamento del soggiorno oltre la scadenza del visto. Ripristinando l’obbligo del visto per i cittadini cechi, il Canada intendeva ridurre il numero di richieste di asilo infondate provenienti dall’Ue. Si prevedono alcuni sviluppi positivi (un nuovo progetto di legge sul programma “Viaggio senza visto” - Visa Waiver Programme - negli Stati Uniti, una nuova legislazione sull’asilo in Canada), ma per ora non è stata individuata alcuna soluzione. Nel tentativo di superare i limiti del meccanismo vigente, il 24 maggio 2011 la Commissione ha proposto al Parlamento europeo e al Consiglio di adottare un nuovo meccanismo più efficace (Ip/11/629). I due colegislatori non hanno ancora raggiunto un accordo sulla forma definitiva del meccanismo, ma probabilmente esso consentirà all’Ue di esercitare maggiori pressioni sui paesi terzi che non rispettano il principio di reciprocità  
   
   
CORPORATE RESPONSIBILITY REPORT 2012 DI SYMANTEC  
 
Symantec ha rilasciato il suo ultimo Corporate Responsibility (Cr) Report che riflette i progressi fatti nelle questioni ambientali, sociali e di business che sono di supporto diretto alla competitività globale della società. Per essere efficace, una strategia di Cr deve essere radicata nel modo in cui Symantec svolge il proprio business ogni giorno in tutto il mondo. - ha affermato Steve Bennett, Presidente, Ceo e chairman di Symantec - L’attenzione di Symantec sui dipendenti talentuosi e impegnati ci consentirà di integrare le pratiche di responsabilità sociale e ambientale in tutti gli aspetti della nostra attività, permettendoci di fornire valore a lungo termine ai nostri dipendenti, clienti, azionisti e alla società nel suo complesso. Gli sforzi di Symantec nella corporate responsibility sono guidati da un certo numero di programmi che hanno un impatto diretto sul bilancio dell’azienda. L’attenzione dell’azienda nella gestione dei talenti sta aiutando ad attirare e trattenere una forza lavoro competente e diversificata. Il Norton Cybersecurity Institute di Symantec sottolinea gli sforzi fatti nella sicurezza online e nella prevenzione del cyber-crimine per proteggere i clienti e il pubblico nel suo insieme, rilanciando nel contempo l’immagine di una competenza distintiva per l’azienda. La priorità di Symantec nell’aumentare l’efficienza energetica delle sue operazioni sui data center e l’infrastruttura It ha ridotto i costi e i rischi di natura normativa, contribuendo a un ambiente più pulito e sostenibile. I progressi di Symantec riguardo le questioni di Cr si misurano in tre aree di importanza che includono la sostenibilità della forza lavoro, le questioni globali, e la protezione delle informazioni. Il Symantec 2012 Corporate Responsibility Report può essere scaricato all’indirizzo http://www.Symantec.com/corporate_responsibility/   
   
   
PRIVACY: CAMBIO DI SESSO - PRIVACY GARANTITA SUL DIPLOMA DI LAUREA - LA RISTAMPA DEL DIPLOMA DI LAUREA NON DEVE CONTENERE ALCUN RIFERIMENTO AL NOME ORIGINARIO  
 
La ristampa del diploma di laurea degli studenti che hanno cambiato sesso non deve contenere alcun elemento idoneo a rivelare l’avvenuta rettificazione di attribuzione di sesso, quali il nome originario dell’interessato o l’annotazione della motivazione della ristampa. Lo ha stabilito il Garante per la privacy rispondendo a due richieste di chiarimenti: la prima di uno studente che dopo il cambio di sesso voleva ottenere il diploma di laurea con indicati solo i nuovi dati anagrafici, e la seconda dell’Università interessata che proponeva il rilascio di un secondo diploma con la nuova identità ritenendo, che l’ipotesi alternativa - con l’annotazione della motivazione della ristampa sul diploma di laurea - potesse ledere la riservatezza dello studente. La soluzione prospettata dall’Università è stata accolta dal Garante perché ritenuta idonea a tutelare adeguatamente la dignità della persona e il suo diritto a vedere correttamente rappresentata la propria identità sessuale. L’autorità inoltre, ha prescritto a tutte le Università di adottare, nell’ambito della propria autonomia, accorgimenti e cautele, anche simili a quelli individuati nel caso esaminato, in modo da non rilasciare certificazioni o documentazione dalle quali possano desumersi il cambiamento di sesso e il nome originario dell’interessato. Informazioni, queste ultime, contenute in atti o documenti che l’Università è comunque obbligata a conservare a norma di legge. Il provvedimento del Garante è stato trasmesso al Miur e alla Conferenza dei Rettori delle Università italiane affinché valutino l’adozione di eventuali iniziative volte a orientare in modo corretto e omogeneo le procedure delle Università in casi analoghi  
   
   
PRIVACY: SCHEDINE D’ALBERGO VIA WEB  
 
Il Garante della privacy ha dato parere favorevole sullo schema di decreto riguardante la comunicazione esclusivamente per via telematica alle autorità di pubblica sicurezza dell’arrivo di persone che alloggeranno in strutture ricettive. Il testo predisposto dal Ministero dell’interno, come suggerito dal Garante, sostituisce completamente la normativa precedente, così da evitare eventuali incertezze applicative tra gli operatori, e consentendo un utilizzo sicuro delle nuove tecnologie per la trasmissione delle cosiddette “schedine d’albergo”. In base al nuovo decreto, i gestori delle strutture ricettive dovranno provvedere a comunicare i dati delle persone alloggiate (le generalità, gli estremi del documento di riconoscimento e il numero dei giorni di permanenza) alle questure competenti entro 24 ore dal loro arrivo, tramite un apposito servizio attivato sul web dal Centro Elettronico Nazionale (Cen) della Polizia di Stato. Per tutelare la riservatezza dei dati sono previste particolari procedure e misure di sicurezza sia per gli esercenti, sia per gli operatori di polizia. Gli alberghi e le altre strutture ricettive dovranno innanzitutto chiedere un apposito certificato elettronico per abilitarsi al servizio di trasmissione via web. Nel caso in cui, per motivi di natura tecnica, il servizio web risultasse non funzionante, gli operatori potranno comunque inviare i dati dei clienti tramite fax o posta elettronica certificata (Pec). I dati trasmessi dovranno essere cancellati subito dopo l’invio, mentre le ricevute di trasmissione dovranno essere conservate per cinque anni al fine di consentire eventuali controlli. Una volta inviate, le informazioni saranno registrate, presso una struttura informatica del Cen, in aree di memoria logicamente separate in base all’ufficio territoriale competente, così da consentire un accesso selettivo al personale della Polizia di Stato espressamente autorizzato. Per quindici giorni i dati potranno essere consultati dai soli operatori incaricati per finalità di prevenzione, di accertamento e repressione dei reati, nonché di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Trascorso tale periodo, i dati sulle persone alloggiate potranno essere consultati esclusivamente dagli ufficiali di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza della Polizia di Stato addetti ai servizi investigativi con profilo di accesso a livello nazionale. Trascorsi 5 anni dalla registrazione, le schedine d’albergo dovranno essere definitivamente cancellate anche dal Cen  
   
   
PRIVACY: SPERIMENTAZIONE CLINICA SU PAZIENTI TRAUMATIZZATI  
 
Il Garante approva il trattamento dei dati quando gli interessati non sono in grado di rilasciare il consenso, ma occorrono specifiche garanzie. Il Garante ha autorizzato una società farmaceutica statunitense ad utilizzare i dati personali dei pazienti per effettuare una sperimentazione clinica su malati gravemente traumatizzati anche qualora questi non siano temporaneamente in grado di prestare il loro consenso. Il consenso potrà infatti essere richiesto a chi esercita legalmente la potestà, ad un prossimo congiunto, ad un familiare, ad un convivente oppure, in loro assenza, al responsabile della struttura ospedaliera. E’ comunque previsto che il consenso alla prosecuzione dello studio venga richiesto direttamente al paziente non appena le sue condizioni di salute lo consentano. Lo studio verrà effettuato a Roma presso l’Ospedale San Camillo Forlanini e all’estero presso altri settantaquattro centri di sperimentazione. Si tratterà di valutare l’efficacia della terapia con il farmaco sperimentale, in aggiunta alle cure ordinarie, in pazienti adulti con gravi lesioni traumatiche e shock emorragico. Questi pazienti necessitano di interventi di soccorso immediato e sono spesso in stato di incoscienza per cui non è possibile né informarli né ottenere il loro consenso. Per questo motivo il Garante ha dato indicazioni affinché vada privilegiato il consenso della persona più vicina al paziente, perché meglio in grado di interpretarne le volontà, e solo in assenza di questa, in condizioni di emergenza, si possa coinvolgere il medico responsabile dell’ospedale, fermo restando che questo consenso può essere revocato dai familiari qualora si rendessero disponibili successivamente. A garanzia della privacy dei pazienti, essendo molto ridotto il numero dei traumatizzati da inserire nella sperimentazione (solo cinque) presso il San Camillo Forlanini, il Garante ha prescritto alla società farmaceutica e all’ospedale di assegnare a ciascun malato un codice alfanumerico casuale che non contenga le iniziali del suo nome e cognome. I dati raccolti saranno utilizzati solo per finalità statistiche e di ricerca medica, allo scopo di valutare la sicurezza e l’efficacia delle terapie e saranno comunicati ad altri soggetti che collaborano alla sperimentazione in Paesi non Ue solo in forma codificata e nel rispetto delle garanzie previste dal Codice privacy. Le informazioni saranno conservate dal centro di sperimentazione per sette anni al massimo. A tutela della privacy dei traumatizzati dovranno essere inoltre adottate specifiche misure di sicurezza e adeguati accorgimenti tecnici. Resterà fermo l’obbligo di raccogliere direttamente il consenso informato dei pazienti ad effettuare la sperimentazione qualora siano in condizioni di fornirlo  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LA CORTE DÀ IL VIA LIBERA AL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ (MES) - IL DIRITTO DELL’UNIONE NON OSTA ALLA CONCLUSIONE E ALLA RATIFICA DEL TRATTATO CHE ISTITUISCE IL MES DA PARTE DEGLI STATI MEMBRI LA CUI MONETA È L’EURO  
 
Il 25 marzo 2011 il Consiglio europeo ha adottato la decisione 2011/199, che prevede l’aggiunta al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) di una nuova disposizione: gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità che sarà attivato ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo complesso. Peraltro,la concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria in forza del meccanismo sarà subordinata a condizioni rigorose. Questa modifica del Trattato entrerà in vigore il 1° gennaio 2013, a condizione di essere stata approvata dagli Stati membri secondo le loro regole costituzionali. Gli Stati della zona euro hanno poi concluso, il 2 febbraio 2012, il Trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità (Mes), dotato di personalità giuridica. Esso mira a mobilizzare risorse finanziarie e a fornire un sostegno alla stabilità, secondo condizioni rigorose, commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto, a beneficio dei suoi membri che già si trovino o rischino di trovarsi in una grave situazione finanziaria. Tale sostegno può essere accordato solo se indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e quella dei suoi Stati membri. A tal fine, Il Mes è autorizzato a raccogliere fondi attraverso l’emissione di strumenti finanziari o la conclusione di intese o accordi finanziari o di altro tipo con i propri membri, istituzioni finanziarie o terzi. La capacità massima di concedere prestiti è fissata inizialmente in Eur 500 miliardi. Le condizioni rigorose cui deve essere subordinato qualsiasi sostegno possono assumere la forma, in particolare, di un programma di correzioni macroeconomiche o dell’obbligo di rispettare costantemente le condizioni di ammissibilità predefinite. Dinanzi ai giudici irlandesi, il sig. Pringle, parlamentare irlandese, ha sostenuto che la modifica del Tfue da parte di una decisione del Consiglio – e quindi con la procedura di revisione semplificata – è illegittima. Infatti, essa comporterebbe una modifica delle competenze dell’Unione e sarebbe incompatibile con alcune disposizioni dei trattati su cui si fonda l’Unione europea, relative all’Unione economica e monetaria, nonché con i principi generali del diritto dell’Unione. Inoltre, secondo il sig. Pringle, ratificando, approvando o accettando il Trattato Mes, l’Irlanda assumerebbe obblighi incompatibili con detti Trattati. La Supreme Court (Corte suprema irlandese) ha quindi deciso di interrogare la Corte di giustizia sulla validità della decisione del Consiglio europeo 2011/199 e sulla compatibilità del Mes con il diritto dell’Unione. Al fine di dissipare rapidamente l’incertezza che tali questioni suscitano, il Presidente della Corte ha deciso di accogliere la richiesta della Supreme Court di trattare la domanda, depositata alla Corte il 3 agosto 2012, secondo il procedimento accelerato. Inoltre, ritenendo che la causa rivesta un’importanza eccezionale, la Corte ha deciso di esaminarla in seduta plenaria, composta da tutti i 27 giudici. L’avvocato generale, sig.Ra Juliane Kokott, ha presentato la sua presa di posizione il 26 ottobre 2012. Con la sua sentenza odierna, la Corte constata che l´esame da essa condotto non ha rivelato alcun elemento tale da incidere sulla validità della decisione 2011/199. Inoltre, le disposizioni del Tue e del Tfue nonché il principio generale di tutela giurisdizionale effettiva non ostano alla conclusione e alla ratifica del Trattato Mes. D’altra parte, il diritto di uno Stato membro di concludere e di ratificare tale Trattato non è subordinato all’entrata in vigore della decisione 2011/199. Sulla decisione 2011/199 Con la decisione 2011/199, il Consiglio ha utilizzato la possibilità di modificare il Tfue con una procedura semplificata (vale a dire senza convocazione di una Convenzione composta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione). Tale procedura si applica alle sole politiche e azioni interne dell’Unione (parte terza del Tfue), e non può estendere le competenze attribuite all’Unione dai trattati. Orbene, secondo la Corte, la modifica contestata verte – tanto nella forma quanto nella sostanza – sulle politiche e azioni interne dell’Unione, di modo che la prima di tali condizioni è soddisfatta. Infatti, in primo luogo, la modifica non sconfina nella competenza esclusiva riconosciuta all’Unione (parte prima del Tfue) nel settore della politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro. Mentre l’obiettivo principale della politica monetaria dell’Unione è il mantenimento della stabilità dei prezzi, il Mes persegue un obiettivo chiaramente distinto, vale a dire la stabilità della zona euro nel suo complesso. Il solo fatto che tale misura di politica economica possa avere effetti indiretti sulla stabilità dell’euro non consente di equipararla ad una misura di politica monetaria. Peraltro, gli strumenti previsti per la realizzazione dell’obiettivo perseguito dal Mes di garantire assistenza finanziaria a uno Stato membro non rientrano manifestamente nell’ambito della politica monetaria. Il Mes costituisce piuttosto un elemento complementare del nuovo quadro normativo per il rafforzamento della governance economica dell’Unione. Tale quadro istituisce un coordinamento ed una sorveglianza più rigorosi delle politiche economiche e di bilancio condotte dagli Stati membri ed è inteso a consolidare la stabilità macroeconomica e la sostenibilità delle finanze pubbliche. Esso ha natura preventiva, in quanto è diretto a ridurre per quanto possibile il rischio di crisi del debito sovrano. Diversamente, l’istituzione del Mes mira a gestire crisi finanziarie che potrebbero sopravvenire malgrado le azioni preventive eventualmente intraprese. Di conseguenza, il Mes rientra nell’ambito della politica economica. In secondo luogo, la modifica controversa non incide neanche sulla competenza riconosciuta all’Unione (parte prima del Tfue) nel settore del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. Infatti, poiché le disposizioni del Tue e del Tfue non conferiscono una competenza specifica all’Unione per instaurare un meccanismo di stabilità come quello previsto dalla decisione 2011/199, gli Stati membri la cui moneta è l’euro sono competenti a concludere tra loro un accordo per l’istituzione di un meccanismo di stabilità. Peraltro, le condizioni rigorose cui la modifica controversa del Tfue subordina la concessione di un’assistenza finanziaria da parte del Mes sono dirette a garantire che, nel suo funzionamento, tale meccanismo rispetti il diritto dell’Unione, comprese le misure adottate dall’Unione nell’ambito del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. È soddisfatta anche la seconda condizione per poter ricorrere alla procedura di revisione semplificata, vale a dire che la modifica del Tfue non estenda le competenze attribuite all’Unione nei trattati. Infatti, la modifica controversa non crea alcuna base giuridica per consentire all’Unione di avviare un’azione che non era possibile in precedenza. Anche se il Mes ricorre a istituzioni dell’Unione, in particolare alla Commissione e alla Bce, tale circostanza non è comunque tale da incidere sulla validità della decisione 2011/199, la quale prevede solo l’istituzione di un meccanismo di stabilità da parte degli Stati membri e nulla dice su un qualsiasi eventuale ruolo delle istituzioni dell’Unione in tale ambito. Sul Trattato Mes La Corte esamina se talune disposizioni del Tue e del Tfue nonché il principio generale di tutela giurisdizionale effettiva ostino alla conclusione tra gli Stati membri la cui moneta è l’euro di un accordo come il Trattato Mes, questione che essa risolve in senso negativo. Si tratta più precisamente di disposizioni del Tfue relative alla competenza esclusiva dell’Unione in materia di politica monetaria e a concludere un accordo internazionale, quindi di disposizioni del Tfue relative alla politica economica dell’Unione, e infine delle disposizioni del Tue che obbligano gli Stati membri ad una leale cooperazione e prevedono che ciascuna istituzione agisca nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite nei trattati. Per quanto riguarda la competenza esclusiva dell’Unione nel settore della politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro, la Corte ribadisce che tale politica è diretta a mantenere la stabilità dei prezzi. Orbene, le attività del Mes non rientrano in tale politica. Infatti, il Mes non ha l’obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi, bensì è diretto a soddisfare le esigenze di finanziamento dei membri del Mes. A tal fine, esso non è abilitato né a fissare i tassi di interesse ufficiali per la zona euro, né ad emettere euro: l’assistenza che esso concede deve essere finanziata totalmente mediante capitale versato o l’emissione di strumenti finanziari. Anche supponendo che le attività del Mes possano incidere sul livello dell’inflazione, una tale incidenza rappresenterà solo la conseguenza indiretta delle misure di politica economica adottate. Quanto alla competenza esclusiva dell’Unione a concludere un accordo internazionale quando tale conclusione può influire sulle norme comuni o modificarne la portata, la Corte constata che nessuno degli argomenti dedotti in proposito ha rilevato che un accordo come il Mes avrebbe effetti simili. Per quanto riguarda la competenza dell’Unione a coordinare la politica economica, la Corte ribadisce che gli Stati membri sono competenti a concludere tra di loro un accordo che istituisce un meccanismo di stabilità come il trattato Mes, a condizione che gli impegni con esso assunti dagli Stati membri contraenti rispettino il diritto dell’Unione. Orbene, il Mes non ha per oggetto il coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, bensì rappresenta un meccanismo di finanziamento. Inoltre, le condizioni rigorose cui deve essere subordinato qualsiasi sostegno e che possono assumere la forma di un programma di correzioni macroeconomiche, non rappresenta uno strumento di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, bensì è diretto a garantire la compatibilità delle attività del Mes, in particolare, con la clausola di «non salvataggio» del Tfue e con le misure di coordinamento adottate dall’Unione. Del resto, il Trattato Mes non incide neanche sulla competenza del Consiglio dell’Unione europea ad adottare raccomandazioni nei confronti di uno Stato membro con un disavanzo eccessivo. In particolare, la competenza del Consiglio ad accordare un’assistenza finanziaria dell’Unione a uno Stato membro che si trovi in difficoltà o che sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo non osta all’istituzione, da parte degli Stati membri, di un meccanismo di stabilità come il Mes, a condizione tuttavia che, nel suo funzionamento, esso rispetti il diritto dell’Unione e, segnatamente, le misure adottate da questa nel settore del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. Orbene, il Trattato Mes contiene disposizioni dirette proprio a garantire che qualsiasi assistenza finanziaria concessa dal Mes sia conforme a siffatte misure di coordinamento. Il Mes non elude il divieto per la Bce e per le banche centrali degli Stati membri di accordare scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia alle autorità e agli organismi di diritto pubblico dell’Unione e degli Stati membri nonché di acquistare direttamente, presso questi ultimi, titoli del loro debito. Infatti, tale divieto è specificamente rivolto alla Bce e alle banche centrali degli Stati membri. La concessione di un’assistenza finanziaria da parte di uno Stato membro o di un insieme di Stati membri ad un altro Stato membro, direttamente o attraverso il Mes, non ricade quindi nell’ambito di detto divieto. La clausola di «non salvataggio», secondo cui l’Unione o uno Stato membro non risponde né si fa carico degli impegni assunti da un altro Stato membro non è diretta a vietare all’Unione e agli Stati membri la concessione di qualsiasi forma di assistenza finanziaria ad un altro Stato membro. Tale clausola mira piuttosto ad assicurare che essi rispettino una politica di bilancio virtuosa garantendo che restino soggetti alla logica del mercato allorquando contraggono debiti. Pertanto, essa non vieta la concessione di un’assistenza finanziaria da parte di uno o più Stati membri ad uno Stato membro che resta responsabile dei propri impegni nei confronti dei suoi creditori e purché le condizioni collegate a siffatta assistenza siano tali da stimolarlo all’attuazione di una politica di bilancio virtuosa. Orbene, il Mes e gli Stati membri che vi partecipano non rispondono, né si fanno carico, ai sensi della clausola di «non salvataggio», degli impegni di uno Stato membro beneficiario di un sostegno alla stabilità. Poiché il Mes non pregiudica le disposizioni del Tfue relative alla politica economica e monetaria e contiene disposizioni che garantiscono che, nell’esercizio delle sue funzioni, rispetterà il diritto dell’Unione, esso non viola neanche il principio di leale cooperazione secondo cui gli Stati membri si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione. D’altra parte, la Corte constata che l’attribuzione, da parte del Trattato Mes, di nuovi compiti alla Commissione, alla Bce e alla Corte è compatibile con le loro attribuzioni come definite nei trattati. La Corte sottolinea in particolare che le funzioni affidate alla Commissione e alla Bce nell’ambito del Trattato Mes non implicano alcun potere decisionale proprio e che le attività svolte da tali due istituzioni nell’ambito dello stesso Trattato impegnano il solo Mes. Per quanto la riguarda, la Corte rileva che essa è competente a conoscere di qualsiasi controversia tra Stati membri in connessione con l’oggetto dei trattati, quando tale controversia le venga sottoposta in virtù di una clausola compromissioria, e che nulla impedisce che un accordo siffatto si concluda previamente, con riferimento ad una categoria di controversie predefinite. La Corte constata, inoltre, che neanche il principio generale di tutela giurisdizionale effettiva osta al Mes. Infatti, quando instaurano un meccanismo di stabilità come il Mes, per l’istituzione del quale il Tue e il Tfue non attribuiscono alcuna competenza specifica all’Unione, gli Stati membri non attuano il diritto dell’Unione, di modo che non trova applicazione la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantisce a tutti una tutela giurisdizionale effettiva. Sulla conclusione e la ratifica del Mes prima dell’entrata in vigore della decisione 2011/199 La modifica del Tfue con la decisione 2011/199 si limita a confermare l’esistenza di una competenza in capo agli Stati membri. Poiché tale decisione non attribuisce in tal modo alcuna nuova competenza agli Stati membri, il diritto di uno Stato membro di concludere e di ratificare il Trattato Mes non è subordinato all’entrata in vigore di tale decisione. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 27 novembre 2012, Sentenza nella causa C-370/12, Thomas Pringle / Government of Ireland, Ireland, The Attorney General)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LA PUBBLICAZIONE IN TRE LINGUE DEI BANDI DI CONCORSO UE E L´OBBLIGO DI SOSTENERE LE PROVE DI SELEZIONE IN UNA DI QUESTE TRE LINGUE COSTITUISCONO UNA DISCRIMINAZIONE FONDATA SULLA LINGUA - LA LIMITAZIONE DELLA SCELTA DELLA SECONDA LINGUA DI UN CONCORSO DEVE FONDARSI SU CRITERI CHIARI, OGGETTIVI E PREVEDIBILI  
 
Nel febbraio e nel maggio 2007, l’Epso, organismo incaricato dell´organizzazione delle procedure di assunzione dei funzionari dell´Unione, ha pubblicato alcuni bandi di concorso per amministratori e assistenti nel settore dell´informazione, della comunicazione e dei media. Tali bandi sono stati pubblicati nelle lingue tedesca, inglese e francese nella Gazzetta Ufficiale dell´Unione Europea («Guue»). Per quanto riguarda l’ammissione e lo svolgimento dei test di preselezione, erano richieste una conoscenza approfondita di una delle lingue ufficiali dell´Unione come lingua principale e una conoscenza soddisfacente del tedesco, dell´inglese o del francese come seconda lingua, differente da quella principale. Inoltre, era previsto che le convocazioni, la corrispondenza tra l’Epso e i candidati, nonché i test di preselezione si sarebbero svolti unicamente in tedesco, in inglese o in francese. Le medesime condizioni erano previste per l´ammissione alle prove scritte, nonché per lo svolgimento di queste ultime. Nel giugno e nel luglio 2007, l’Epso ha pubblicato due modifiche nella Guue, in tutte le versioni linguistiche, nelle quali veniva fatto espresso rinvio alla versione integrale dei bandi già pubblicati nelle lingue tedesca, inglese e francese e venivano riaperti i termini per la presentazione delle candidature. L’italia ha proposto dinanzi al Tribunale alcuni ricorsi per l´annullamento dei bandi suddetti. Tale Stato membro ha contestato essenzialmente la mancata pubblicazione integrale dei bandi nelle lingue ufficiali diverse da quelle tedesca, inglese e francese, nonché l´arbitraria limitazione della scelta della seconda lingua a tre lingue soltanto ai fini della partecipazione ai concorsi, delle comunicazioni con l’Epso e dello svolgimento delle prove. Avendo il Tribunale rigettato tali ricorsi, l’Italia ha proposto un’impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia, facendo valere che il Tribunale, confermando la validità dei bandi, aveva commesso un errore di diritto. Nella sua sentenza odierna, la Corte esamina, in primo luogo, la mancata pubblicazione integrale dei bandi in tutte le lingue ufficiali. Essa ricorda che il regime linguistico dell´Unione europea definisce come lingue ufficiali e lingue di lavoro delle istituzioni dell´Unione le 23 lingue attuali dell’Unione, che la Guue deve essere pubblicata in tutte le lingue ufficiali e che, secondo lo Statuto dei funzionari dell´Unione, i bandi di concorso generale devono essere pubblicati nella Guue. Pertanto, la combinazione di tali regole implica che i concorsi controversi avrebbero dovuto essere pubblicati integralmente in tutte le lingue ufficiali. Poiché tali disposizioni non prevedono alcuna eccezione, il Tribunale ha commesso un errore di diritto statuendo che la pubblicazione successiva delle modifiche aveva posto rimedio alla mancata pubblicazione integrale. Ad ogni modo, partendo dal presupposto che i cittadini dell’Unione europea leggano la Guue nella loro lingua materna e che tale lingua sia una delle lingue ufficiali, un potenziale candidato la cui lingua materna non fosse una delle tre lingue in cui erano stati pubblicati integralmente i bandi avrebbe dovuto procurarsi la citata Gazzetta in una di tali lingue e leggere il bando in questa lingua prima di decidere se presentare la propria candidatura. Un candidato siffatto era dunque svantaggiato rispetto ad un candidato di lingua materna inglese, francese o tedesca, sia sotto il profilo della corretta comprensione di tali bandi sia relativamente al termine per preparare ed inviare la propria candidatura. In secondo luogo, la Corte esamina la limitazione della scelta della seconda lingua ai fini della partecipazione a un concorso. Essa constata che una limitazione siffatta può essere giustificata dall´interesse del servizio. A giudizio della Corte, eventuali regole che limitino la scelta della seconda lingua devono prevedere criteri chiari, oggettivi e prevedibili, per permettere ai candidati di conoscere con sufficiente anticipo le conoscenze linguistiche richieste e per potersi preparare ai concorsi nelle migliori condizioni. Orbene, le istituzioni interessate dai concorsi non hanno mai adottato norme interne disciplinanti le modalità di applicazione del regime linguistico nel loro ambito. La Commissione non ha neppure invocato l´esistenza di altri atti, come ad esempio comunicazioni enuncianti i criteri per una limitazione della scelta di una lingua quale seconda lingua per partecipare ai concorsi. Infine, i bandi controversi non contenevano alcuna motivazione giustificante la scelta delle tre lingue ammesse. Affinché le istituzioni possano assicurarsi i candidati migliori (in termini di competenza, di rendimento e di integrità) può essere preferibile che questi ultimi siano autorizzati a sostenere le prove di selezione nella loro lingua materna o in quella che essi padroneggiano meglio. Inoltre, le conoscenze linguistiche costituiscono un elemento essenziale della carriera dei funzionari e le istituzioni possono controllare gli sforzi mostrati da questi ultimi per metterle in pratica e per acquisirne eventualmente di nuove. Spetta dunque alle istituzioni effettuare un bilanciamento tra, da un lato, la limitazione del numero di lingue dei concorsi e, dall´altro, l´obiettivo di individuare i candidati aventi le più elevate qualità di competenza e le possibilità di apprendimento, da parte dei funzionari assunti, delle lingue necessarie all´interesse del servizio. Di conseguenza, la Corte annulla la sentenza del Tribunale. Statuendo definitivamente sulla controversia, essa annulla anche i bandi relativi ai concorsi generali. Per contro, al fine di salvaguardare il legittimo affidamento dei candidati selezionati, i risultati dei concorsi non verranno rimessi in discussione. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 27 novembre 2012, Sentenza nella causa C-566/10 P, Italia / Commissione  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LA BCE HA VALIDAMENTE RIFIUTATO L’ACCESSO A DUE DOCUMENTI LEGATI ALLA SITUAZIONE ECONOMICA IN GRECIA. LA LORO DIVULGAZIONE AVREBBE ARRECATO PREGIUDIZIO ALLA TUTELA DELL’INTERESSE PUBBLICO DELLA POLITICA ECONOMICA DELL’UNIONE E DELLA GRECIA  
 
Qualsiasi cittadino dell´Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d´accesso ai documenti della Banca centrale europea (Bce). Tuttavia, la Bce deve rifiutare l´accesso a un documento quando la sua divulgazione arrechi in particolare pregiudizio alla tutela dell´interesse pubblico. Una giornalista che esercita le proprie attività a Londra lo scorso 20 agosto 2010 ha chiesto alla Bce l´accesso a due documenti intitolati «L’impatto su deficit e debito pubblici degli swap negoziati fuori borsa. Il caso della Grecia« e «L’operazione Titlos e la possibile esistenza di operazioni analoghe con impatto sui livelli di debito e deficit pubblici della zona euro». La Bce ha negato l´accesso a tali documenti adducendo a motivazione la tutela dell´interesse pubblico per quanto riguarda la politica economica dell´Unione europea e della Grecia. La giornalista ed il suo editore hanno contestato tale decisione dinanzi al Tribunale. Nella sua sentenza odierna, il Tribunale respinge il ricorso. In primo luogo, il Tribunale esamina l´argomento secondo cui vi sarebbe un interesse pubblico prevalente che giustifica la divulgazione dei documenti che servirebbe, in realtà, l´interesse pubblico. Il Tribunale respinge tale argomento e considera che, quando la divulgazione di un documento arreca pregiudizio all´interesse pubblico, la Bce è tenuta a rifiutare l´accesso, e un suo bilanciamento con un «interesse pubblico superiore» non è previsto dal diritto dell´Unione. In secondo luogo, il Tribunale esamina se il rifiuto opposto dalla Bce sia viziato da un errore manifesto di valutazione quanto all´esistenza di un rischio di pregiudizio all´interesse pubblico, per quanto riguarda la politica economica dell´Unione e della Grecia. Il primo documento conteneva le ipotesi e i punti di vista dei membri del personale della Bce relativi all’impatto su deficit e debito pubblici degli swap negoziati fuori borsa, con riferimento particolare al caso della Grecia, per fornire, sulla base dei dati parziali disponibili al momento della sua redazione, un´istantanea della situazione nel marzo 2010. Nell´ottobre 2010 − quindi oltre sette mesi dopo la sua redazione − la Bce ha motivato il diniego di accesso al documento essendo le informazioni in esso contenute superate. La loro divulgazione avrebbe presentato pertanto un rischio importante e grave di ingannare fortemente il pubblico in generale e i mercati finanziari in particolare. In un ambiente di mercato molto vulnerabile, la divulgazione avrebbe pregiudicato il buon funzionamento dei mercati finanziari. Pertanto avrebbe arrecato pregiudizio alla fiducia del pubblico nell´effettiva conduzione della politica economica dell´Unione e della Grecia. A tal riguardo, il Tribunale rileva che, al momento dell´adozione della decisione di rigetto, i mercati finanziari europei si trovavano in una situazione molto vulnerabile. La stabilità di tali mercati era fragile, in particolare, a causa della situazione economica e finanziaria della Grecia. Peraltro, detta situazione e le conseguenti vendite di attività finanziarie greche provocavano forti deprezzamenti del valore di dette attività, circostanza che avrebbe comportato anche perdite per i detentori greci e gli altri detentori europei. In un tale contesto, è evidente che gli attori del mercato utilizzino le informazioni divulgate dalle banche centrali e che le loro analisi e decisioni siano considerate come una fonte particolarmente importante e affidabile per effettuare una valutazione dall´andamento del mercato finanziario. Di conseguenza, il Tribunale ritiene che la Bce non abbia commesso un errore manifesto di valutazione considerando che la divulgazione del documento avrebbe arrecato un pregiudizio effettivo e concreto all´interesse pubblico per quanto riguarda la politica economica dell´Unione e della Grecia. A sostegno di tale conclusione, il Tribunale aggiunge che il fatto che i dati contenuti fossero superati non consente di concludere che, in caso di divulgazione del documento, gli attori dei mercati finanziari avrebbero considerato del pari superati, e quindi senza valore, le ipotesi e i punti di vista dei membri del personale della Bce contenuti in esso. Infatti, sebbene gli attori dei mercati siano professionisti abituati a lavorare con tale tipo di documenti, essi considerano comunque le ipotesi e i punti di vista provenienti dalla Bce come particolarmente importanti ed affidabili per effettuare una valutazione del mercato finanziario. Non si può dunque ragionevolmente escludere che i medesimi sarebbero stati considerati come ancora validi. Di conseguenza, un’eventuale precisazione della Bce sulla versione divulgata da tale documento, recante l’indicazione che tali informazioni non erano più attuali, non avrebbe potuto impedire che la sua divulgazione inducesse in errore il pubblico e gli attori dei mercati finanziari, in particolare sulla situazione relativa al deficit e al debito pubblici come valutata dalla Bce. Un tale errore avrebbe potuto avere conseguenze negative sull´accesso, in particolare della Grecia, ai mercati finanziari, e avrebbe dunque potuto incidere sulla conduzione effettiva della politica economica della Grecia e dell´Unione. Il secondo documento conteneva, sostanzialmente, la descrizione del contesto di fondo dell’operazione «Titlos» nonché l´analisi dei membri del personale della Bce sulla struttura finanziaria di detta operazione e dell´esistenza eventuale di operazioni analoghe realizzate da altri Stati membri. In tale contesto, la Bce aveva esaminato il modo in cui la Grecia aveva usato swap negoziati fuori borsa e le conseguenze di siffatti swap per i rischi esistenti. Poiché il contenuto di tale documento era strettamente legato a quello del primo, il Tribunale dichiara che, per le medesime ragioni, la valutazione della Bce secondo cui la sua divulgazione avrebbe arrecato pregiudizio alla politica economica dell´Unione e della Grecia non è viziata da errore manifesto. (Tribunale dell’Unione europea, Lussemburgo, 29 novembre 2012, Sentenza nella causa T-590/10, Gabi Thesing e Bloomberg Finance Lp / Bce)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: APPALTI PUBBLICI DI SERVIZI – PRESUPPOSTI DELL’AFFIDAMENTO «IN HOUSE»  
 
Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di presupposti dell’affidamento diretto («in house»), di un servizio di interesse pubblico. Il Comune di Varese, al fine di gestire servizi pubblici nel suo territorio, in particolare quello di igiene urbana, ha costituito la spa Aspem (con un capitale sociale di 173 785 euro, corrispondente ad altrettante azioni del valore nominale di 1 euro ciascuna), quale prestatore di servizi «in house», di cui deteneva la quasi totalità del capitale (173467 azioni). (Econord Spa contro Comune di Cagno, Varese, Solbiate (Sentenza nelle cause riunite C- 182/11 e a.) Nel 2005, il Comune di Cagno e il Comune di Solbiate hanno scelto gestione coordinata (secondo il d.Lgs. N. 267/2000), con altri comuni del servizio di eliminazione dei rifiuti solidi urbani e ed hanno concluso una convenzione con il Comune di Varese. Alla Aspem hanno aderito in qualità di azionisti pubblici (acquisendo un’azione ciascuno). Le restanti 318 azioni sono suddivise tra 36 comuni della provincia di Varese, con partecipazioni individuali che variano da 1 a 19 azioni. Parallelamente all’acquisizione di tale partecipazione, il Comune di Cagno e il Comune di Solbiate hanno sottoscritto un patto parasociale, che prevedeva il diritto di essere consultati, di nominare un membro del collegio sindacale e di designare, in accordo con gli altri comuni partecipanti un consigliere di amministrazione. La società Econord ha contestato l´affidamento diretto dei servizi alla Aspem, facendo valere che il controllo dei due comuni sulla Aspem non era garantito e, di conseguenza, l’attribuzione dell’appalto avrebbe dovuto essere effettuata in conformità alle norme del diritto dell’Unione. Il Consiglio di Stato sottolinea che il Comune di Varese esercita il pieno controllo sulla Aspem, mentre ciò non vale per il Comune di Cagno ed il Comune di Solbiate, in quanto l’acquisizione di una sola azione ed un patto parasociale singolarmente debole non darebbero luogo ad alcun controllo congiunto effettivo. Ha chiesto alla Corte di chiarire la nozione di esercizio di un «controllo analogo» a quello esercitato dall´ente pubblico sui propri servizi. La Corte di giustizia, nella sua sentenza odierna, ricorda innanzitutto che, per giurisprudenza consolidata, un’amministrazione aggiudicatrice (ad es. Un ente locale), è dispensata dall’avviare una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico nel caso in cui eserciti sull’entità affidataria un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi e tale entità realizzi la parte più importante della propria attività con l’amministrazione o le amministrazioni aggiudicatrici che la controllano (sentenza Teckal, C-107/98). Questa giurisprudenza, inizialmente elaborata rispetto alla direttiva 93/36/Cee (appalti pubblici di forniture), è altresì applicabile agli appalti pubblici di lavori e di servizi. La Corte ricorda che secondo al sua costante giurisprudenza, sussiste un «controllo analogo» quando l’entità è assoggettata a un controllo che consente all’amministrazione di influenzare le decisioni dell’entità medesima. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti. In altri termini, un controllo strutturale e funzionale. La Corte chiarisce quindi che, ove più autorità pubbliche facciano ricorso ad un’entità comune per svolgere un compito comune di servizio pubblico, non è indispensabile che ciascuna di esse detenga da sola un potere di controllo individuale su tale entità. Ciononostante, il controllo non può fondarsi soltanto sul controllo dell’autorità pubblica che detiene una partecipazione di maggioranza nel capitale dell’entità, in quanto la nozione stessa di controllo congiunto verrebbe svuotata di significato. Infatti, l’eventualità che un’amministrazione abbia, nell’ambito di un’entità posseduta in comune con altre amministrazioni, una posizione inidonea a garantirle la benché minima possibilità di partecipare al controllo di tale entità, aprirebbe la strada ad un’elusione delle norme del diritto Ue. Infatti, una presenza puramente formale nella compagine di tale entità dispenserebbe l´amministrazione dall’obbligo di avviare una procedura di gara d’appalto. Spetta al giudice del rinvio verificare se la sottoscrizione, da parte del Comune di Cagno e del Comune di Solbiate, di un patto parasociale che conferisce loro il diritto di essere consultati, di nominare un membro del collegio sindacale e di designare un consigliere di amministrazione in accordo con gli altri enti interessati sia idonea a consentire a tali comuni di contribuire effettivamente al controllo della Aspem. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: Quando più autorità pubbliche, nella loro veste di amministrazioni aggiudicatrici, istituiscono in comune un’entità incaricata di adempiere compiti di servizio pubblico ad esse spettanti, tali autorità, per essere dispensate dal loro obbligo di avviare una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in conformità alle norme del diritto dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente sull’entità in questione un controllo analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi, ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale sia agli organi direttivi dell’entità suddetta. Giustizia europea: Appalti pubblici di servizi – Presupposti dell’affidamento «in house» (Econord Spa contro Comune di Cagno, Varese, Solbiate (Sentenza nelle cause riunite C- 182/11 e a.) Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di presupposti dell’affidamento diretto («in house»), di un servizio di interesse pubblico. Il Comune di Varese, al fine di gestire servizi pubblici nel suo territorio, in particolare quello di igiene urbana, ha costituito la spa Aspem (con un capitale sociale di 173 785 euro, corrispondente ad altrettante azioni del valore nominale di 1 euro ciascuna), quale prestatore di servizi «in house», di cui deteneva la quasi totalità del capitale (173467 azioni). Nel 2005, il Comune di Cagno e il Comune di Solbiate hanno scelto gestione coordinata (secondo il d.Lgs. N. 267/2000), con altri comuni del servizio di eliminazione dei rifiuti solidi urbani e ed hanno concluso una convenzione con il Comune di Varese. Alla Aspem hanno aderito in qualità di azionisti pubblici (acquisendo un’azione ciascuno). Le restanti 318 azioni sono suddivise tra 36 comuni della provincia di Varese, con partecipazioni individuali che variano da 1 a 19 azioni. Parallelamente all’acquisizione di tale partecipazione, il Comune di Cagno e il Comune di Solbiate hanno sottoscritto un patto parasociale, che prevedeva il diritto di essere consultati, di nominare un membro del collegio sindacale e di designare, in accordo con gli altri comuni partecipanti un consigliere di amministrazione. La società Econord ha contestato l´affidamento diretto dei servizi alla Aspem, facendo valere che il controllo dei due comuni sulla Aspem non era garantito e, di conseguenza, l’attribuzione dell’appalto avrebbe dovuto essere effettuata in conformità alle norme del diritto dell’Unione. Il Consiglio di Stato sottolinea che il Comune di Varese esercita il pieno controllo sulla Aspem, mentre ciò non vale per il Comune di Cagno ed il Comune di Solbiate, in quanto l’acquisizione di una sola azione ed un patto parasociale singolarmente debole non darebbero luogo ad alcun controllo congiunto effettivo. Ha chiesto alla Corte di chiarire la nozione di esercizio di un «controllo analogo» a quello esercitato dall´ente pubblico sui propri servizi. La Corte di giustizia, nella sua sentenza odierna, ricorda innanzitutto che, per giurisprudenza consolidata, un’amministrazione aggiudicatrice (ad es. Un ente locale), è dispensata dall’avviare una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico nel caso in cui eserciti sull’entità affidataria un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi e tale entità realizzi la parte più importante della propria attività con l’amministrazione o le amministrazioni aggiudicatrici che la controllano (sentenza Teckal, C-107/98). Questa giurisprudenza, inizialmente elaborata rispetto alla direttiva 93/36/Cee (appalti pubblici di forniture), è altresì applicabile agli appalti pubblici di lavori e di servizi. La Corte ricorda che secondo al sua costante giurisprudenza, sussiste un «controllo analogo» quando l’entità è assoggettata a un controllo che consente all’amministrazione di influenzare le decisioni dell’entità medesima. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti. In altri termini, un controllo strutturale e funzionale. La Corte chiarisce quindi che, ove più autorità pubbliche facciano ricorso ad un’entità comune per svolgere un compito comune di servizio pubblico, non è indispensabile che ciascuna di esse detenga da sola un potere di controllo individuale su tale entità. Ciononostante, il controllo non può fondarsi soltanto sul controllo dell’autorità pubblica che detiene una partecipazione di maggioranza nel capitale dell’entità, in quanto la nozione stessa di controllo congiunto verrebbe svuotata di significato. Infatti, l’eventualità che un’amministrazione abbia, nell’ambito di un’entità posseduta in comune con altre amministrazioni, una posizione inidonea a garantirle la benché minima possibilità di partecipare al controllo di tale entità, aprirebbe la strada ad un’elusione delle norme del diritto Ue. Infatti, una presenza puramente formale nella compagine di tale entità dispenserebbe l´amministrazione dall’obbligo di avviare una procedura di gara d’appalto. Spetta al giudice del rinvio verificare se la sottoscrizione, da parte del Comune di Cagno e del Comune di Solbiate, di un patto parasociale che conferisce loro il diritto di essere consultati, di nominare un membro del collegio sindacale e di designare un consigliere di amministrazione in accordo con gli altri enti interessati sia idonea a consentire a tali comuni di contribuire effettivamente al controllo della Aspem. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: Quando più autorità pubbliche, nella loro veste di amministrazioni aggiudicatrici, istituiscono in comune un’entità incaricata di adempiere compiti di servizio pubblico ad esse spettanti, tali autorità, per essere dispensate dal loro obbligo di avviare una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in conformità alle norme del diritto dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente sull’entità in questione un controllo analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi, ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale sia agli organi direttivi dell’entità suddetta. Giustizia europea: Appalti pubblici di servizi – Presupposti dell’affidamento «in house» (Econord Spa contro Comune di Cagno, Varese, Solbiate (Sentenza nelle cause riunite C- 182/11 e a.) Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di presupposti dell’affidamento diretto («in house»), di un servizio di interesse pubblico. Il Comune di Varese, al fine di gestire servizi pubblici nel suo territorio, in particolare quello di igiene urbana, ha costituito la spa Aspem (con un capitale sociale di 173 785 euro, corrispondente ad altrettante azioni del valore nominale di 1 euro ciascuna), quale prestatore di servizi «in house», di cui deteneva la quasi totalità del capitale (173467 azioni). Nel 2005, il Comune di Cagno e il Comune di Solbiate hanno scelto gestione coordinata (secondo il d.Lgs. N. 267/2000), con altri comuni del servizio di eliminazione dei rifiuti solidi urbani e ed hanno concluso una convenzione con il Comune di Varese. Alla Aspem hanno aderito in qualità di azionisti pubblici (acquisendo un’azione ciascuno). Le restanti 318 azioni sono suddivise tra 36 comuni della provincia di Varese, con partecipazioni individuali che variano da 1 a 19 azioni. Parallelamente all’acquisizione di tale partecipazione, il Comune di Cagno e il Comune di Solbiate hanno sottoscritto un patto parasociale, che prevedeva il diritto di essere consultati, di nominare un membro del collegio sindacale e di designare, in accordo con gli altri comuni partecipanti un consigliere di amministrazione. La società Econord ha contestato l´affidamento diretto dei servizi alla Aspem, facendo valere che il controllo dei due comuni sulla Aspem non era garantito e, di conseguenza, l’attribuzione dell’appalto avrebbe dovuto essere effettuata in conformità alle norme del diritto dell’Unione. Il Consiglio di Stato sottolinea che il Comune di Varese esercita il pieno controllo sulla Aspem, mentre ciò non vale per il Comune di Cagno ed il Comune di Solbiate, in quanto l’acquisizione di una sola azione ed un patto parasociale singolarmente debole non darebbero luogo ad alcun controllo congiunto effettivo. Ha chiesto alla Corte di chiarire la nozione di esercizio di un «controllo analogo» a quello esercitato dall´ente pubblico sui propri servizi. La Corte di giustizia, nella sua sentenza odierna, ricorda innanzitutto che, per giurisprudenza consolidata, un’amministrazione aggiudicatrice (ad es. Un ente locale), è dispensata dall’avviare una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico nel caso in cui eserciti sull’entità affidataria un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi e tale entità realizzi la parte più importante della propria attività con l’amministrazione o le amministrazioni aggiudicatrici che la controllano (sentenza Teckal, C-107/98). Questa giurisprudenza, inizialmente elaborata rispetto alla direttiva 93/36/Cee (appalti pubblici di forniture), è altresì applicabile agli appalti pubblici di lavori e di servizi. La Corte ricorda che secondo al sua costante giurisprudenza, sussiste un «controllo analogo» quando l’entità è assoggettata a un controllo che consente all’amministrazione di influenzare le decisioni dell’entità medesima. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti. In altri termini, un controllo strutturale e funzionale. La Corte chiarisce quindi che, ove più autorità pubbliche facciano ricorso ad un’entità comune per svolgere un compito comune di servizio pubblico, non è indispensabile che ciascuna di esse detenga da sola un potere di controllo individuale su tale entità. Ciononostante, il controllo non può fondarsi soltanto sul controllo dell’autorità pubblica che detiene una partecipazione di maggioranza nel capitale dell’entità, in quanto la nozione stessa di controllo congiunto verrebbe svuotata di significato. Infatti, l’eventualità che un’amministrazione abbia, nell’ambito di un’entità posseduta in comune con altre amministrazioni, una posizione inidonea a garantirle la benché minima possibilità di partecipare al controllo di tale entità, aprirebbe la strada ad un’elusione delle norme del diritto Ue. Infatti, una presenza puramente formale nella compagine di tale entità dispenserebbe l´amministrazione dall’obbligo di avviare una procedura di gara d’appalto. Spetta al giudice del rinvio verificare se la sottoscrizione, da parte del Comune di Cagno e del Comune di Solbiate, di un patto parasociale che conferisce loro il diritto di essere consultati, di nominare un membro del collegio sindacale e di designare un consigliere di amministrazione in accordo con gli altri enti interessati sia idonea a consentire a tali comuni di contribuire effettivamente al controllo della Aspem. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: Quando più autorità pubbliche, nella loro veste di amministrazioni aggiudicatrici, istituiscono in comune un’entità incaricata di adempiere compiti di servizio pubblico ad esse spettanti, tali autorità, per essere dispensate dal loro obbligo di avviare una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in conformità alle norme del diritto dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente sull’entità in questione un controllo analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi, ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale sia agli organi direttivi dell’entità suddetta. (Econord Spa contro Comune di Cagno, Varese, Solbiate (Sentenza nelle cause riunite C- 182/11 e a.)