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Notiziario Marketpress di Lunedì 19 Aprile 2010
AVVIATA LA PRIMA STRATEGIA DI RICERCA EUROPEA PER LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE  
 
Bruxelles, 19 aprile 2010 - Alcuni dei maggiori esperti mondiali sulle malattie neurodegenerative si sono riuniti il 15 aprile a Stoccolma, in Svezia, per iniziare a lavorare ad un programma di ricerca paneuropeo che guiderà i lavori del nuovo Programma congiunto per le malattie neurodegenerative (Jpnd). Il Jpnd è la prima iniziativa di programmazione congiunta ad essere avviata, e il suo lancio segna un cambiamento radicale nel modo di finanziare e coordinare la ricerca in Europa. Attualmente, solo il 15% dei fondi di ricerca pubblici dell´Ue sono gestiti a livello europeo, il restante 85% viene erogato attraverso numerosi programmi nazionali. Anche se molti di questi meccanismi nazionali hanno molto in comune, non esiste praticamente alcun coordinamento degli stessi. L´obiettivo della programmazione congiunta è quello di collegare i regimi nazionali che affrontano questioni che sono di importanza europea o mondiale. Unendo le risorse, i programmi saranno in grado di ridurre le duplicazioni e rendere la ricerca più efficiente. I vari paesi hanno aderito ai programmi su base esclusivamente volontaria; il ruolo della Commissione europea è quello di facilitare e coordinare le attività. Al centro del primo meccanismo di programmazione congiunta ci sono l´Alzheimer e altre malattie neurodegenerative. Già 24 paesi europei hanno sottoscritto all´iniziativa. Per curare le malattie neurodegenerative i servizi sanitari europei spendono già circa 72 miliardi di euro all´anno. Esistono pochi trattamenti per queste patologie e quelli disponibili tendono a trattare i sintomi piuttosto che la causa sottostante. Molte di queste malattie sono legate all´età, e la percentuale della popolazione europea di età superiore ai 65 anni è destinata ad aumentare al 25% entro il 2030 (dal 16% di oggi). L´incidenza di queste patologie, così come i costi sociali e finanziari per trattarle, sono dunque destinati ad aumentare nei prossimi anni. L´obiettivo del Jpnd è quello di migliorare rapidamente la nostra comprensione delle cause delle malattie neurodegenerative. Oltre a fornire ai medici gli strumenti per diagnosticare e trattare queste malattie sin dalla fase precoce, il Jpnd dovrebbe anche portare ad un migliore sistema di assistenza sanitaria e sociale sia per i pazienti che per chi si prende cura di loro. Il consiglio di amministrazione del Jpnd è già attivo e il consiglio consultivo scientifico, composto da 15 esperti della ricerca di base, clinica e sociale/sanitaria, si riunirà per la prima volta a Stoccolma. Oltre ad avviare i lavori per la preparazione di programmi di ricerca a breve, medio e lungo termine, il consiglio consultivo scientifico eleggerà un presidente e vice-presidente nella capitale svedese. Il presidente del consiglio di amministrazione, il professor Philippe Amouyel dell´ospedale universitario di Lille, in Francia, si augura che i suoi colleghi del consiglio consultivo scientifico presenteranno una serie di temi principali entro la fine del 2010. Il programma di ricerca completo dovrebbe essere pronto nel 2011. Il professor Amouyel si attende che il programma si presenti come un menu: i paesi che partecipano al Jpnd sceglieranno i temi di loro interesse e decideranno sul modo migliore di coordinare le loro attività in tale settore. "Una volta definita e scelta una priorità, la prima cosa da fare è verificare ciò che già esiste", ha detto il professor Amouyel al Notiziario Cordis. In alcuni casi le iniziative esistenti potrebbero essere collegate, mentre altri argomenti potrebbero richiedere la creazione di nuove iniziative. Potrebbero essere lanciati inviti a presentare proposte comuni, e il professor Amouyel ritiene che alcuni paesi potrebbero essere disposti a finanziare i ricercatori di altri paesi. "Tutto è aperto e possibile", ha detto. "Il successo sta nella visione condivisa che unire le conoscenze, le infrastrutture, le richieste di finanziamenti, noché creare una massa critica coerente e approcci multidisciplinari, potranno produrre i migliori obiettivi e le migliori risposte scientifiche", ha aggiunto. "In questo modo si ottimizzeranno gli investimenti nella ricerca sulle malattie neurodegenerative in tutta Europa". "Grazie a questo programma congiunto, i migliori ricercatori medici europei lavoreranno insieme e uniranno le risorse per aiutare i milioni di pazienti che soffrono di Alzheimer e di altre malattie neurodegenerative", ha commentato il commissario europeo per la Ricerca, l´innovazione e la scienza Máire Geoghegan-quinn. "Rendendo la ricerca più efficiente e evitando la duplicazione del lavoro, il programma congiunto aumenterà le prospettive di un reale progresso nella prevenzione e nella cura di queste malattie. Gli insegnamenti tratti da questo programma congiunto saranno poi utilizzati per fornire informazioni ad altri settori di ricerca". Il Jpnd è visto come una sorta di progetto pilota per la programmazione congiunta. Sono già in cantiere anche altri meccanismi e il professor Amouyel ha spiegato che lui e la sua squadra erano già in contatto con persone impegnate in altri meccanismi di programmazione congiunta. "Stiamo già trasferendo informazioni sulle modalità lavorative, organizzandoci e individuando gli argomenti", ha fatto sapere. Per maggiori informazioni, visitare: Programma congiunto per le malattie neurodegenerative (Jpnd): http://www.Neurodegenerationresearch.eu/  Per informazioni sulle varie iniziative del Ser, consultare: http://ec.Europa.eu/research/era/specific-era-initiatives_en.html    
   
   
NUOVI STUDI GETTANO LUCE SUI FATTORI GENETICI NELLA MALATTIA RENALE  
 
Bruxelles, 19 aprile 2010 - Un team internazionale di ricercatori, finanziato in parte dall´Unione europea, ha individuato le varianti genetiche che potrebbe spiegare perché alcuni individui sono più suscettibili alle malattie renali croniche rispetto ad altri. Due studi pubblicati sulla rivista Nature Genetics forniscono nuove importanti informazioni sulle cause specifiche della malattia renale cronica. Uno degli studi è stato in parte finanziato dal progetto Genecure ("Applied genomic strategies for treatment and prevention of cardiovascular death in uraemia and end stage renal disease"), che ha ricevuto 2,25 milioni di euro di finanziamenti attraverso il tema "Scienze della vita, genomica e biotecnologie per salute" del Sesto programma quadro (6° Pq). I partner di Genecure hanno cercato di fare una valutazione sistematica del ruolo dei fattori genetici nel rischio cardiovascolare dei pazienti con insufficienza renale. La ridotta funzionalità renale e i danni renali sono problemi che sembrano aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, come ad esempio la malattia coronarica e l´ictus. La malattia renale cronica rappresenta pertanto un serio problema di sanità pubblica, che interessa circa l´11% delle persone in Europa e negli Stati Uniti. La malattia renale tende a "raggrupparsi" nelle famiglie, ma fino a poco tempo fa i fattori ereditari precisi alla base della malattia erano difficili da determinare. Utilizzando i più recenti metodi di analisi genetica, due squadre di ricercatori di diversi paesi hanno condotto studi di associazione sull´intero genoma. Un team ha esaminato le variazioni comuni nelle sequenze del Dna (acido desossiribonucleico) in circa 24.000 persone di discendenza europea che partecipavano a 9 studi basati sulla popolazione. Essi hanno analizzato in particolare le informazioni genetiche associate ai livelli sierici di creatina e di cistatina C, che sono importanti indicatori della funzione renale. "La nostra scoperta di varianti genetiche comuni associate alla creatina, alla cistatina C e alla malattia renale cronica offrono una maggiore conoscenza dei meccanismi metabolici, dei soluti e del trasporto farmacologico alla base della funzione renale e della malattia renale cronica", scrivono gli autori. Ulteriori studi su questi percorsi - ritengono - possono portare allo sviluppo di nuove strategie per proteggere la funzione renale e prevenire che la malattia si concretizzi. Secondo la dottoressa Linda Kao della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health negli Stati Uniti, una degli autori del secondo studio di associazione sull´intero genoma, "Sapevamo da molto tempo che il diabete, l´ipertensione e l´ereditarietà sono fattori di rischio importanti per le malattie renali, ma non eravamo in grado di comprendere appieno il perché. In definitiva, questi risultati faranno luce sul come e perché le malattie renali si raggruppano all´interno delle famiglie e perché ciò avviene in alcuni individui, ma non altri". La dottoressa Anna Köttgen dello stesso istituto ha aggiunto: "Attraverso lo studio dei geni individuati in questo studio, possiamo ottenere chiarimenti sui meccanismi fondamentali che sono alla base delle funzionalità e malattie renali. Questi nuovi elementi possono costituire una base per migliorare la prevenzione e la terapia delle malattie renali". Commentando i risultati, un membro del team di ricerca, il dottor Josef Coresh, ha detto: "È emozionante vedere che la ricerca di tutto il mondo si riunisce per collaborare e svelare i misteri della genetica delle malattie renali. Abbiamo imparato che insieme possiamo fare molto di più che da soli". Per maggiori informazioni, visitare: Nature Genetics http://www.Nature.com/ng/index.html  Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health: http://www.Jhsph.edu/    
   
   
SECONDO CONVEGNO EUROPEO SUL TUMORE POLMONARE  
 
Ginevra, 19 aprile 2010 - Dal 28 aprile al 1º maggio 2010 si terrà a Ginevra, in Svizzera, il secondo Convegno europeo sul tumore polmonare. Durante il convegno saranno affrontate situazioni cliniche reali e la necessità di collaborazioni multidisciplinari nel trattamento del tumore polmonare. Saranno discussi i seguenti temi specifici: biologia e patologia dei tumori, prevenzione, diagnosi precoce, epidemiologia, controllo del fumo di tabacco, ricerca translazionale, imaging e stadiazione, microcitoma (Sclc), carcinoma polmonare non a piccole cellule (Nsclc) precoce, Nsclc localizzato, Nsclc avanzato, mesotelioma. Le sessioni didattiche su argomenti importanti saranno presentate da autorità nel campo e complementate da dibattiti su temi controversi, workshop specialistici e sessioni di approfondimento "incontra il professore", con particolare attenzione dedicata alle problematiche affrontate dagli oncologi nella pratica giornaliera. Per ulteriori informazioni, fare clic: http://www.Esmo.org/events/lung-2010-iaslc.html    
   
   
IL PRESIDIO OSPEDALIERO MACEDONIO MELLONI PROPONE UN’INIZIATIVA ALL’AVANGUARDIA PER AIUTARE LE NEOMAMME  
 
Milano, 19 aprile 2010 - Circa 3.000 future mamme ogni anno scelgono il Macedonio Melloni per partorire e da oggi avranno un vantaggio in più: grazie ai videotelefoni touchscreen di Skype, infatti, anche chi ha amici e parenti che vivono lontano o all’estero, potrà condividere da subito la gioia della nascita, i primi vagiti del nuovo arrivato e anche i primi sorrisi. L’ospedale ha previsto all’interno della struttura apposite aree dove le neomamme potranno in tutta tranquillità e riservatezza videochiamare i propri cari e far conoscere loro il neonato. I videotelefoni sono dotati di uno schermo touchscreen da 7 pollici e di un’interfaccia a icone semplificata che permette con pochi “tocchi del video” di effettuare chiamate e videochiamate ad altri utenti Skype, gratuitamente. Nel caso parenti e amici non abbiano Skype è possibile chiamare numeri di rete fissa e cellulari, a tariffe convenienti. I dispositivi inoltre integrano una Webcam e il microfono, in questo modo non occorre nessun ulteriore accessorio per chiamare. E’ stata realizzata anche una guida per aiutare le neomamme a utilizzare Skype e i videotelefoni. La guida sarà resa disponibile presso le postazioni o prima del ricovero a chi ne ha bisogno. Inoltre il Macedonio Melloni ha recentemente annunciato il progetto “Percorso Nascita”, che prevede l’assistenza alle famiglie durante gravidanza, parto, nascita e un sereno ritorno a casa. L’integrazione dei videotelefoni Skype in questo progetto semplificherà i contatti tra la neomamma e l’ostetrica che potrà così assisterla, oltre che con visite a domicilio, anche a distanza sfruttando il servizio di videochiamata gratuita. “Il nostro obiettivo è di essere sempre a fianco delle famiglie e di accompagnarle durante l’attesa e dopo la nascita” – commenta il Dottor Callisto Bravi, Direttore Sanitario dell’Ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico e del Presidio Macedonio Melloni. “Il progetto realizzato con Skype permetterà alle neomamme di far participare al lieto evento anche i parenti lontani, e coinvolgere tutta la famiglia fin da subito, e sentirsi così meno sole nei giorni successivi al parto”. “Molti neogenitori utilizzano Skype per condividere la gioia della nascita e stare più vicini ai propri cari” – afferma Enrico Noseda, Business Manager Emea di Skype. “Immaginate la gioia per un nonno di poter vedere il volto del proprio nipotino a pochi minuti dalla nascita, nonostante sia a centinaia o migliaia di chilometri di distanza. Siamo entusiasti di questa collaborazione che permette alle famiglie di sentirsi vicine nonostanze le distanze fisiche che le separano e far vivere ai propri cari momenti speciali da cui altrimenti sarebbero stati esclusi”.  
   
   
SVOLTA NELLA CHIMICA CEREBRALE DELL´EPILESSIA FOCALE  
 
Bruxelles, 19 aprile 2010 - Una nuova ricerca ha rivelato che l´epilessia focale si verifica quando le cellule cerebrali chiamate astroglia provocano l´attivazione dei neuroni adiacenti innescando una scarica epilettica. I risultati potrebbero dare un nuovo orientamento alle ricerche dei neurologi che studiano le origini dell´epilessia e sono alla ricerca di nuove terapie farmacologiche. I risultati dello studio, finanziato in parte dall´Unione europea, sono stati pubblicati nella rivista Public Library of Science (Plos) Genetics. I risultati sono il frutto del progetto quadriennale Neuroglia ("Molecular and cellular investigation of neuron-astroglia interactions: understanding brain function and dysfunction"), che ha coinvolto sette partner e ha ricevuto un finanziamento dell´Ue di 3 milioni di euro attraverso il tema "Salute" del Settimo programma quadro (7° Pq). Circa 50 milioni di persone nel mondo soffrono di diverse forme di epilessia, una malattia caratterizzata da crisi di varia durata e gravità. I sintomi variano dalle crisi lievi, caratterizzate da movimenti a scatti degli arti, alle convulsioni del "grande male", che coinvolgono contrazioni muscolari violente seguite dalla perdita di coscienza. Ci sono farmaci per controllare l´epilessia, ma ancora non esiste una cura. I ricercatori hanno esaminato le cause dell´epilessia focale, detta anche epilessia parziale, che si verifica quando nel cervello avviene una grande scarica elettrica neuronale. Il team, guidato dal dottor Giorgio Carmignoto del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ha esaminato gli eventi cellulari nel cervello che coinvolgono le astroglia, che sono cellule gliali a forma di stella presenti nel cervello e nel midollo spinale. Le cellule gliali forniscono le sostanze nutrienti al tessuto nervoso del cervello e contribuiscono alla riparazione dei tessuti cerebrali danneggiati. Il dottor Carmignoto e il suo team hanno monitorato l´attività delle astroglia e dei neuroni in una serie di pazienti, utilizzando diversi modelli dell´epilessia sperimentali. I ricercatori hanno scoperto che un periodo di iperattività in un gruppo di neuroni innesca una reazione enorme nelle astroglia limitrofe. A loro volta, le astroglia attivate rimandano segnali ai neuroni. Questo avvia un periodo di iperattività nei neuroni spingendoli ad una forte scarica elettrica. La scarica agisce quindi come un ciclo di attivazione di una seconda ondata di attività delle astroglia, provocando sovente un´estensione della crisi epilettica. I ricercatori hanno concluso che questo "ciclo di attivazione" tra i neuroni e le astroglia in diverse parti del cervello è responsabile dell´attivazione delle crisi epilettiche focali. La scoperta di questa interazione neuroni-astroglia nella generazione dell´epilessia focale segna un enorme passo avanti per lo sviluppo di nuove terapie e farmaci per controllare l´epilessia focale. Per maggiori informazioni, visitare: Plos Biology: http://www.Plosbiology.org/  Cnr - Consiglio Nazionale delle Ricerche (Italia) http://www.Cnr.it/    
   
   
MENO SALE NEL PANE, PROGETTO LOMBARDO PER SALUTE A TAVOLA INIZIATIVA CON PANETTIERI PER RIDURRE RISCHI CARDIOVASCOLARI COINVOLTI GLI ASSESSORATI A SANITA´, COMMERCIO E ISTRUZIONE  
 
Milano, 19 aprile 2010 - Meno sale nel pane per aiutare a combattere le malattie cardiovascolari. E dare un contributo all´adozione di comportamenti più consapevoli per la salute, che cominciano con l´alimentazione a tavola. E´ questo il senso dell´iniziativa "Con meno sale nel pane c´è più gusto e guadagni in salute", promossa nell´ambito del Tavolo di Filiera Agroalimentare dalla Direzione regionale Sanità, in collaborazione con la Direzione Commercio, Fiere e Mercati e le associazioni di rappresentanza del comparto commerciale - Unione Regionale Panificatori Lombardia, Confcommercio Imprese per l´Italia Lombardia e Confesercenti regionale. Da lunedì 19 aprile circa 130 panificatori, su base volontaria, sperimenteranno per quattro settimane la produzione e la vendita di pane con ridotto contenuto di sale (dal 2% sul totale della farina all´ 1,8%) rispettando gusto, fragranza e qualità. Successivamente questa produzione e vendita sarà estesa a tutti i panificatori lombardi che aderiranno all´iniziativa, contrassegnata dal logo "Guadagnare salute". "La riduzione dell´assunzione di sale con la dieta - ricorda l´assessore alla Sanità, Luciano Bresciani - è un obiettivo di salute di estrema importanza: un consumo eccessivo determina un aumento della pressione che a sua volta aumenta il rischio di insorgenza di gravi malattie, come l´infarto e l´ictus". Un progetto che punta, dunque, a dare il buon esempio per una migliore qualità della vita, anche con il coinvolgimento dei settori produttivi in un´ottica di sussidiarietà. "La Lombardia - aggiunge Bresciani - è la prima Regione ad attuare gli accordi nazionali stipulati con le associazioni di rappresentanza dei panificatori nell´ambito del programma ´Guadagnare salute´, promosso dal Ministero della Salute. L´auspicio è che questo progetto, superata la fase sperimentale, si diffonda stabilmente in tutto nostro territorio". "Dalla sottoscrizione del Programma di Lavoro per la tutela del potere d´acquisto dei cittadini lombardi del 9 aprile 2008 - afferma l´assessore al Commercio, Fiere e Mercati, Franco Nicoli Cristiani - per la cui attuazione è stato istituito il Tavolo della Filiera agroalimentare coordinato dal mio assessorato, sono stati attivati circa trenta progetti per tutelare il potere d´acquisto, promuovere abitudini di consumo consapevoli e la diffusione di prodotti a km zero. Dopo la prima fase sperimentale cercheremo anche di coinvolgere le imprese del comparto industriale tramite la proprie associazioni di rappresentanza in modo da creare una coscienza di filiera". Il progetto coinvolge anche la Direzione Istruzione Formazione e Lavoro e in particolare gli istituti scolastici con i corsi per "addetto alla panificazione e pasticceria". Se il tema della corretta alimentazione è già presente nella quota regionale dei piani di studio del sistema di istruzione e negli standard regionali dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale, l´obiettivo - in questo caso - è formare i "formatori" affinché i giovani panificatori acquisiscano specifiche competenze sulla panificazione con quantitativi di sale ridotti e, in generale, sugli stili di alimentazione corretti e la cura nella preparazione di pasti per soggetti affetti da particolari patologie (ad esempio, la celiachia). L´elenco dei panifici che aderiscono alla sperimentazione sarà disponibile da lunedì 19 aprile sui siti delle associazioni di rappresentanza che collaborano al progetto e su www.Regione.lombardia.it (cliccando sulle pagine delle direzioni regionali coinvolte). I negozi aderenti all´iniziativa, inoltre, esporranno all´esterno del punto vendita la locandina illustrativa del progetto per rendere riconoscibile al consumatore la disponibilità del pane a ridotto contenuto di sale.  
   
   
PRIMO PROGETTO PILOTA IN LOMBARDIA DI SCREENING PRIMARIO CON TEST HPV PER LA PREVENZIONE DEL TUMORE DEL COLLO DELL’UTERO.  
 
Milano, 19 aprile 2010 - Il progetto prevede l’utilizzo del test Hpv basato sulla tecnologia molecolare Hc2 al posto del tradizionale Pap Test e coinvolgerà 27.500 donne lombarde, nell’Asl di Vallecamonica Sebino (Brescia). Cos’è il test Hpv? Il test Hpv è una tecnica innovativa di screening e di prevenzione, che permette di identificare la presenza del Dna del Papillomavirus (Hpv). Grazie all’approfondita conoscenza della struttura del Dna, che si è raggiunta negli ultimi anni, è stato possibile mettere a punto un test che sfrutta la tecnologia molecolare per amplificare il Dna del Papillomavirus ed è in grado di rilevare se la donna ha contratto il virus e se si tratta di un tipo di Papillomavirus ad alto rischio oncogenico. Il test Hpv, basato sulla tecnologia Hc2 individua 13 tipi di Papillomavirus ad alto rischio e permette uno screening molto approfondito, con un elevato valore predittivo. Qual è la differenza tra il test Hpv e il tradizionale Pap test? Per la donna non c’è alcuna differenza, in quanto il test Hpv Hc2 viene effettuato sullo stesso campione di cellule utilizzato per il Pap test. Nel Pap test, un tecnico di laboratorio esperto osserva al microscopio un campione di cellule cervicali della paziente per accertare se presentino anomalie o lesioni che suggeriscano la presenza di una patologia. Il test Hpv Hc2, invece, si basa sulla tecnologia molecolare che, in modo oggettivo, rileva la presenza di tipi ad alto rischio di Papillomavirus e ne individua la presenza ancora prima che questo provochi le anomalie cellulari visibili al Pap test. Attualmente non esistono cure per il Papillomavirus, ma sapere che il virus è presente consente al ginecologo di esaminare più attentamente il collo dell’utero e intervenire precocemente per evitare l’evoluzione del virus in cancro. Come si effettua il test Hpv? Il test Hpv si effettua, come il Pap test, prelevando un campione di cellule del collo dell’utero con uno spazzolino (Cervical Sampler). Il campione viene immerso in un liquido di conservazione e viene inviato in laboratorio per essere analizzato con la tecnologia molecolare Hc2 (Hybrid Capture 2). A chi è raccomandato il test? Per la sua elevata sensibilità il test Hpv è raccomandato a tutte le donne oltre i 30 anni di età, in quanto nelle donne più giovani, tra i 20 e i 30 anni, le infezioni da Papillomavirus sono più frequenti ma solitamente temporanee. Nelle donne giovani, infatti, le infezioni da Hpv di solito si risolvono in modo spontaneo in un breve periodo di tempo, e si raccomanda di eseguire il test Hpv solo se il Pap test è risultato “dubbio”, mentre superati i 30 anni di età se le infezioni sono persistenti possono diventare più pericolose. A chi rivolgersi per fare il test? Come il Pap test, anche il test Hpv deve essere prescritto dal ginecologo, che può effettuare lui stesso il prelievo di cellule da analizzare e inviare in laboratorio. In Italia il test Hpv è coperto dal Sistema Sanitario Nazionale e in ogni Regione deve essere pagato il ticket corrispondente all’esame diagnostico. Come si interpretano i risultati del test Hpv? Che cosa fare se il test risulta positivo? Se il test Hpv è negativo, significa che non si è contratto il Papillomavirus, è quindi è possibile ripetere il controllo successivo dopo tre anni. Se il test Hpv Dna risulta positivo, significa che è in corso un’infezione da Papillomavirus, ma non bisogna spaventarsi, perché nella maggior parte dei casi questa infezione guarisce spontaneamente, come un raffreddore. Se infatti il test Hpv Dna è positivo, ma il Pap test è negativo, significa che il virus non ha ancora provocato alcuna lesione alle cellule del collo dell’utero e nell’80% dei casi l’infezione si risolverà spontaneamente senza lasciare tracce. In questo caso, è sufficiente ripetere il test dopo un anno. Nel caso il test dia risultato positivo e il Pap test è anomalo si raccomanda di eseguire una colposcopia. Il test Hpv può essere utilizzato per rilevare la presenza del Papillomavirus anche negli uomini? Anche gli uomini contraggono il Papillomavirus tramite contatto intimo, tuttavia, se il loro sistema immunitario è sano, l’infezione da Hpv raramente provoca problemi o patologie. Attualmente non esiste un test ufficialmente approvato per rilevare la presenza di Papillomavirus negli uomini, perché deve ancora essere sviluppato un metodo efficace e attendibile per prelevare campioni cellulari necessari per l’esecuzione del test.  
   
   
RIPRODURRE I PROCESSI NATURALI DELL´ORGANISMO  
 
Bruxelles, 19 aprile 2010 - Un team di ricerca dell´Università di Bergen (Norvegia), finanziato dall´Unione europea, utilizza le nanotecnologie per riprodurre i processi naturali che hanno luogo nell´organismo. Gli scienziati mirano ad indurre le cellule a creare nuovi vasi sanguigni da utilizzare nei tessuti frutto dell´ingegneria biomedica. L´università di Bergen è coinvolta in molti dei principali progetti comunitari, come il progetto Vascubone ("Construction kit for tailor-made vascularized bone implants"), che impegna 15 partner e ha ricevuto un finanziamento di 12 milioni di euro per la ricerca nell´ambito del Programma di cooperazione del Settimo programma quadro (7° Pq). Il progetto è stato istituito per ottimizzare la formazione dei vasi sanguigni nella rigenerazione di nuovi tessuti ossei. I ricercatori che in tutto il mondo si occupano di biomedicina e nanotecnologia lavorano da tempo per indurre le cellule a creare nuovi tessuti. I tessuti hanno però bisogno di sangue ed è proprio su questo ultimo punto che si concentrano gli sforzi dell´Università di Bergen. Il team lavora per scoprire in che modo la nanotecnologia possa riprodurre i processi che avvengono naturalmente nell´organismo. Per farlo, gli scienziati studiano in modo approfondito le interazioni delle cellule tra loro e con i biomateriali sintetici nonché i vari aspetti dei processi di rigenerazione. L´obiettivo è arrivare a comprendere - per poi riprodurli - i meccanismi naturali che hanno luogo nelle cellule per la rigenerazione e la produzione in laboratorio di nuovi tessuti. "Un impianto ideale - ha spiegato il professor James Lorens, coordinatore del team di ricerca dell´Università di Bergen - dovrebbe riprodurre i tessuti naturali e inviare segnali di proliferazione e differenziazione alle cellule. La topologia su nanoscala è di vitale importanza per controllare questi processi". "Una delle sfide principali nella formazione dei tessuti è appunto fare in modo che il sangue irrori il nuovo tessuto. Per dirla in altri termini, garantire che i vasi sanguigni si formino all´interno del tessuto. Il team del professor Loren, che lavora proprio sull´irrorazione del sangue nell´ambito dell´ingegneria dei tessuti, è già riuscito a inserire tre dei componenti dei vasi sanguigni (cellule epiteliali, cellule del tessuto muscolare liscio e proteine della matrice) in un impianto in cui le cellule sono collegate al nuovo tessuto. L´esperimento ha avuto buon esito sia sulle piastre di Petri che nei piccoli impianti applicati agli animali. "Siamo riusciti a dimostrare la formazione dei vasi negli impianti sintetici nelle nostre cavie", ha affermato il professor Lorens. "Nella prossima fase, esamineremo tipi di tessuto più specifici come, per esempio, i tessuti ossei". Il team sta cercando nuovi modi per mettere le cellule in comunicazione diretta sfruttando la nanotecnologia. Per determinare in che modo le superfici nanostrutturate influiscono sulla formazione dei vasi, i ricercatori hanno posizionato alcune cellule sui biomateriali nanostrutturati la cui superficie era stata trattata con molecole specifiche in grado di inviare segnali alle cellule. "Dobbiamo comprendere meglio come le cellule percepiscono le superfici nanostrutturate e in che misura la stessa influenza la comunicazione intracellulare", ha affermato il professor Lorens. "Riproducendo i segnali che ricevono le cellule nelle aree immediatamente circostanti all´interno dei vari tessuti, siamo in grado di controllare la proliferazione e la differenziazione delle cellule". Una parte del lavoro svolto dal team consiste nel determinare il meccanismo alla base di questi processi nei tessuti cancerosi. Il professor Lorens ha commentato: "L´ingegneria dei tessuti ci permette di riprodurre un tumore: questo consente di studiare in che modo interagisce con i vasi sanguigni. Se riuscissimo ad evitare che il sangue irrori i tessuti cancerosi, il tumore non avrebbe di che nutrirsi e morirebbe. L´ingegneria dei tessuti applicata ai tumori ci consente anche di comprendere meglio in che modo le cellule cancerose si diffondono attraverso la circolazione sanguigna". Il team dell´Università di Bergen è inoltre coinvolto in una collaborazione con l´Ue volta a individuare nuovi farmaci che inibendo l´irrorazione sanguigna nei tessuti cancerosi interrompano la nutrizione ai tumori e ne causino, dunque, la morte. Per maggiori informazioni, visitare: Vascubone project: http://www.Vascubone.fraunhofer.eu/index.html  Università di Bergen: http://www.Uib.no/en/  Consiglio norvegese della ricerca: http://www.Forskningsradet.no/    
   
   
CANCRO DEL SENO: LA DIAGNOSI SI “LEGGE” DAL VETRINO GLI ONCOLOGI: “LA SFIDA ORA È RIPENSARE I REPARTI” A CATANIA LA XVIII CONFERENZA NAZIONALE AIOM ALL’INSEGNA DELLA PERSONALIZZAZIONE DELLE TERAPIE VANNO DEFINITI PERCORSI PIÙ IMMEDIATI FRA LABORATORIO E LETTO DEL PAZIENTE.  
 
Catania, 19 aprile 2010 – Le caratteristiche biologiche del tumore sono la chiave per “disinnescarlo”: l’esempio del recettore Her2 dimostra come un test di laboratorio sia riuscito a cambiare la storia naturale del cancro del seno. Le neoplasie in cui è presente in quantità superiori, circa il 20-30% del totale, sono particolarmente aggressive. Molto spesso letali, fino a 10 anni fa. Da quando sono stati messi a punto il test e la terapia mirata con trastuzumab, la mortalità in queste pazienti è invece scesa del 30% circa. Da qui è nata la strategia della personalizzazione del trattamento, oggi considerata dalla comunità scientifica la vera svolta nella lotta al cancro. “È fondamentale ripensare l’intero sistema assistenziale per adeguarsi ai progressi terapeutici – commenta Carmelo Iacono, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) che inaugura oggi a Catania la Xviii Conferenza nazionale, interamente dedicata a questa patologia -. In primo luogo, con un più stretto link fra laboratorio e reparto. Aiom già si è mossa, prima in Europa, nel definire una collaborazione strutturata con i patologi, con l’obiettivo di ottenere diagnosi sempre più rapide ed accurate, indispensabili per consentire all’oncologo medico la scelta della terapia migliore e un utilizzo più appropriato delle risorse”. Un passo necessario, poiché a 10 anni dall’introduzione del test Her2 nella pratica clinica, il margine di errore di interpretazione resta del 20%. Come mai? “Le ragioni principali sono di tipo organizzativo” spiega Pierfranco Conte, Direttore del Dipartimento di Oncologia del Policlinico di Modena e Reggio Emilia. “E’ fondamentale, ad esempio, che la ricerca venga eseguita subito dopo il prelievo del campione, per evitare che si deteriori. Indispensabile la competenza del personale ma anche la frequenza con cui si esegue l’esame: i centri con una casistica maggiore avranno probabilmente più esperienza e meno rischi di sbagliare. Ma servono anche procedure di verifica della qualità del test che, inoltre, va ripetuto nel tempo: a Modena abbiamo pubblicato uno studio che dimostra come nel 15% dei casi vi sia una variazione nella positività a Her2 fra tumore primitivo e metastasi”. Questo recettore si esprime anche in altri organi, come ad esempio lo stomaco, malattia in cui è recentemente stato approvato dall’Emea l’utilizzo di trastuzumab nella malattia metastatica. Così come sono ora disponibili altri test (su polmone, colon, ecc.) che aumentano le possibilità di cure mirate. “I patologi devono rendersi conto dell’importanza clinica dei dati che producono – afferma Giuseppe Viale, direttore della Divisione di Anatomia Patologica dell’Ieo di Milano –. Il nostro referto diventa infatti uno dei pilastri fondamentali delle successive scelte terapeutiche. E può fare la differenza per i pazienti”. Oltre 10.000 ogni anno in Italia sono solo le donne colpite da questa forma di tumore del seno. La Conferenza nazionale dell’Aiom rappresenta uno dei momenti fondamentali della vita scientifica dell’Associazione: a Catania sono riuniti oltre 500 esperti di tumore del seno da tutta Italia per fare il punto su terapie, ricerca e assistenza. Uno degli obiettivi della Società scientifica è infatti anche approfondire gli aspetti strutturali, per garantire condizioni omogenee di trattamento per tutti i pazienti. “La sopravvivenza al carcinoma della mammella può essere utilizzata come parametro di valutazione qualitativa del sistema sanitario regionale – continua il Presidente Iacono – e purtroppo nel nostro Paese la situazione è assolutamente diversificata. Lo dimostrano i dati del nostro Iv Libro Bianco, ma anche quelli sulla diffusione e l’accesso ai programmi di screening o di servizi come le radioterapie: circa il 70% dei cittadini siciliani, ad esempio, ha difficoltà oggettive nell’accesso a questo trattamento. Sono poi emblematiche situazioni come quella di Trapani, dove il 53% dei ricoveri avviene fuori provincia. Il tutto in un territorio che vanta anche punte eccellenza, come uno fra i più longevi registri tumori d’Italia, quello di Ragusa e un’incidenza di questo tumore ai minimi del Paese (terza dietro a Puglia e Calabria). La scelta di portare a Catania la nostra Conferenza nazionale testimonia quindi la volontà di Aiom di sollevare le criticità in maniera propositiva, per collaborare a 360° con le Istituzioni per un diffuso e rapido miglioramento dei livelli assistenziali”. “L’obiettivo di questa 3 giorni scientifica - conclude Roberto Bordonaro, presidente della Conferenza – è analizzare il tumore del seno a tutto tondo come paradigma rispetto a tutte le neoplasie. È stato infatti il primo ad essere curato con farmaci bersaglio e il primo che si è riusciti a cronicizzare. Ma si sono compiuti anche molti errori che possono, se analizzati e compresi, essere utili per accelerare i progressi futuri”.  
   
   
A MATERA UN CONGRESSO SULLE MALATTIE RESPIRATORIE  
 
Matera, 19 aprile 2010 - La Cattedra di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università degli Studi di Foggia, l’Asm e l’Associazione italiana Medici di Famiglia (Aimef) ed il Dipartimento di Pneumologia organizzano il Congresso “La Visione Unitaria delle Malattie Respiratorie Croniche” che si terrà a Matera nei giorni 23-24-25 aprile presso l’Hilton Garden Inn. Si tratta – riferiscono gli organizzatori - di un incontro scientifico che vede la partecipazione di relatori italiani ed internazionali. Le malattie respiratorie croniche quali la Bpco, l’asma e la rinite, hanno assunto – si legge - un’importanza clinico-epidemiologica, tale da rappresentare un problema di salute pubblica sia in termini di prevalenza e morbilità, che di onere e costo sociale. Le Linee guida italiane per la Broncopneumopatia cronica ostruttiva, la Rinite e l’Asma bronchiale (Libra), adattamento italiano delle linee guida internazionali (Gold, Aria e Gina), sono state promosse allo scopo di migliorare i percorsi diagnostico-terapeutici di queste patologie e, allo stesso tempo, di stimolare la ricerca in questo campo.  
   
   
ORGANIZZATO DA IRCCS SAN MATTEO E UNIVERSITÀ DI PAVIA A ROMA UN SIMPOSIO INTERNAZIONALE SULLE AMILOIDOSI SISTEMICHE ROMA, 18-21 APRILE 2010  
 
 Pavia, 19 aprile 2010 - Presieduto dal prof. Giampaolo Merlini, farà il punto sull’amiloidosi: dall’analisi dei meccanismi di una malattia rara spesso diagnosticata tardivamente, alla messa a punto di efficaci metodi diagnostici, allo sviluppo di nuove terapie. Si tiene a Roma dal 18 al 21 Aprile presso l´Hotel Crown Plaza Rome St. Peter il 12° Simposio Internazionale sulle Amiloidosi Sistemiche organizzato dal Centro per lo Studio e la Cura delle Amiloidosi Sistemiche della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo, Pavia e Dipartimento di Biochimica dell’Università degli Studi di Pavia. “Le amiloidosi - spiega il prof. Giampaolo Merlini, Presidente del Simposio - sono un gruppo di malattie rare emergenti caratterizzate dal deposito in sede extracellulare di proteine anomale che svolgono una azione tossica per le cellule e che si organizzano in fibrille sostituendo progressivamente il tessuto normale, determinando una progressiva disfunzione degli organi colpiti. Numerosi gruppi di ricerca dell’Università di Pavia di dedicano allo studio di questa patologia. Si conoscono oltre venticinque tipi di amiloidosi, ciascuno causato da una diversa proteina. Le amiloidosi sistemiche coinvolgono virtualmente tutti i tessuti e organi, come nel caso delle amiloidosi sistemiche ereditarie o in quelle acquisite associate alle gammapatie monoclonali, alle malattie infiammatorie croniche, o alla dialisi cronica. La relativa rarità e la complessa espressione clinica sono spesso responsabili di una mancata o tardiva diagnosi, per cui l’amiloidosi rimane una straordinaria sfida clinica. Attualmente, la terapia dell´amiloidosi è volta a ridurre e, se possibile, annullare la produzione della proteina patologica in causa.” Al Simposio Internazionale partecipano circa 400 ricercatori di base e clinici che sono impegnati nel miglioramento della comprensione dei meccanismi di malattia, nella messa a punto di più efficaci metodi diagnostici e nello sviluppo di nuove terapie. L’intera sessione pomeridiana di mercoledì 21 aprile sarà aperta ai pazienti e ai loro familiari. Durante la sessione aperta saranno riassunti gli avanzamenti e le nuove scoperte riportate al Simposio, si svolgerà una tavola rotonda, alla quale parteciperà il Presidente di Farmindustria, Dott. Sergio Dompé, sul disegno innovativo dei trials dedicati a queste malattie rare e sulla promozione dello sviluppo dei farmaci orfani. I pazienti avranno la possibilità di porre domande ai ricercatori. Il programma definitivo e gli abstracts sono disponibili sul sito web: www.Amyloidosis2010.com.  
   
   
ENRICO BALDANTONI PASSA ALL´AZIENDA OSPEDALIERA DI PORDENONE  
 
 Trento, 19 aprile 2010 - È stato con una calorosa stretta di mano e con la consegna di un riconoscimento, che oggi il presidente e l´assessore alla salute e politiche sociali hanno salutato il direttore della Cura e Riabilitazione della Apss, Enrico Baldantoni, il quale dopo otto anni lascia il Trentino per il Friuli Venezia Giulia, dove dirigerà l´Azienda ospedaliera di Pordenone. La realtà dell´Azienda ospedaliera di Pordenone, una delle tre aziende del Friuli Venezia Giulia, è piuttosto simile a quella del Santa Chiara di Trento e anche lì, in prospettiva è prevista la costruzione di un nuovo ospedale. Il dott. Enrico Baldantoni ha voluto salutare e ringraziare il presidente e l´assessore alla salute e politiche sociali, esprimendo una gratitudine profonda per questi otto anni di esperienza, definita la più interessante della carriera, nonché per la collaborazione efficace e attenta riscontrata a livello di amministrazione provinciale. Al direttore sono state rivolte parole di stima dal presidente e dall´assessore alla salute e politiche sociali, che lo hanno ringraziato per la competenza e la disponibilità dimostrate in questi lunghi anni di prezioso servizio nel sistema sanitario trentino. Enrico Baldantoni, nato a Venezia nel 1950, è laureato in medicina, con numerose specialità e un curriculum di tutto rispetto per quanto riguarda gli studi, le pubblicazioni, l’attività professionale, la formazione e l’aggiornamento sia in Italia che all’estero. Al Santa Chiara di Trento, grazie all´ottimo coinvolgimento dell´equipe ospedaliera, è riuscito a conquistare l´importante accreditamento Joint Commission International (Jci), uno strumento gestionale in grado di indirizzare i comportamenti dei professionisti verso l´obiettivo di migliorare la sicurezza del paziente, garantendo l´uniformità delle cure e favorendo il coordinamento.  
   
   
ASP, CAMMINARE INSIEME PER PREVENIRE L´OSTEOPOROSI L´INIZIATIVA È DEL CONSULTORIO FAMILIARE DI VENOSA  
 
Potenza, 19 aprile 2010 - In tuta, scarpe da ginnastica e giacconi sportivi, si sono date appuntamento nel piazzale antistante il Consultorio familiare. Arrivate alla spicciolata, all’ora stabilita sono partite in gruppo per una passeggiata “a passo veloce” per le strade di Venosa. Sono le donne che hanno aderito al progetto del Consultorio familiare di Venosa “Camminiamo insieme per prevenire l’epidemia silenziosa: l’osteoporosi”, e che sono seguite dalla ostetrica Raffaella Montereale. Alla base della iniziativa assunta dall’Asp, ambito territoriale di Venosa, i risultati di una serie di studi, che hanno dimostrato come l´esercizio fisico non solo migliori la massa muscolare ma faccia anche aumentare la densità ossea, soprattutto a livello del collo del femore nei giovani, e ne riduca la perdita negli adulti. Al pari di una sana alimentazione, infatti, la scioltezza e la forza muscolare insieme alla mobilità articolare rappresentano elementi imprescindibili per la salute , la sopravvivenza e l´evoluzione dell´uomo. “La semplice passeggiata in un habitat naturale rappresenta un potente riequlibratore dell’ ´attività dei due emisferi cerebrali, sia per l´armonico impiego del sistema tonico posturale che per la produzione di endorfine scatenata dall´esercizio fisico prolungato nel tempo- evidenzia Battistina Pinto, responsabile Consultori Familiari ambito territoriale di Venosa- Le più recenti acquisizioni in materia di integrazione mente-corpo ci hanno spinto a riflettere e a modificare il nostro modo di far salute. Riteniamo che la salute passa attraverso tante piccole azioni, come l’alimentazione sana, la socializzazione, il movimento, la presa in carico del proprio corpo e la sua gestione, che hanno ricadute dirette per vivere bene”. Alla base della programmazione adottata dagli operatori dei consultori familiari, quindi, la consapevolezza che la prevenzione è un elemento fondamentale per l´attuale "modus vivendi" dell´uomo "civilizzato" e qualsiasi opportunità va realizzata e sostenuta, anche una semplice passeggiata. “Camminare è un deterrente alla rarefazione dell´osso. L´attività fisica mantiene anche efficienti i riflessi e il senso dell´equilibrio, riducendo il rischio di cadute- conclude Battistina Pinto. In sintesi, previene l’osteoporosi, chiamata "Epidemia Silenziosa", perché quando compaiono i primi sintomi spesso la malattia è già in fase avanzata. Per questo all’interno del Corso Menopausa attiviamo percorsi di ginnastica menopausale oppure, perché no, semplici passeggiate”. Il progetto sta incontrando l’interesse delle donne. Passata, infatti, la curiosità destata alla prima uscita del gruppo per le strade di Venosa, sono già arrivate altre adesioni alla iniziativa.  
   
   
LA PUGLIA PER IL PROGETTO "GLOBALISMO AFFETTIVO NELLA DISABILITÀ"  
 
Bari, 19 aprile 2010 - L’assessore al Sud e Diritto allo Studio della Regione Puglia , Gianfranco Viesti, in linea con la recente L.r. Sulle norme urgenti in materia di sanità e servizi sociali per facilitare i percorsi didattici degli alunni affetti da disturbi dell’apprendimento, sostiene con un contributo di 25mila euro il progetto “Globalismo affettivo nella disabilità” promosso dal Xxv Circolo Didattico “Don Milani” del quartiere San Paolo di Bari di intesa con l’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia. L’intervento regionale è finalizzato a incentivare l’attività didattica degli insegnanti di sostegno che svolgono un ruolo fondamentale nella formazione degli studenti svantaggiati al fine di rendere concreto l’esercizio del diritto allo studio. Il “Globalismo Affettivo” è un nuovo metodo di avvio alla letto-scrittura, i cui percorsi didattici e multimediali, facndo leva sulla sfera affettivo-emotiva, coinvolgono in maniera “globale” il bambino di quattro-cinque anni e, riuscendo a creare una perfetta sinergia tra la didattica tradizionale e quella tecnologica, consente di sviluppare, in maniera sorprendente, le capacità del leggere e dello scrivere anche in situazione di difficoltà di apprendimento. Dopo anni di sperimentazione sul campo, che hanno visto il Metodo e i suoi percorsi ottenere risultati positivi, testimoniati da validazioni anche a carattere internazionale, l’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia ha promosso, già dallo scorso anno scolastico, una sperimentazione conclusasi con una specifica attestazione di validità da parte di un Comitato Tecnico Scientifico e dall’Anpe (Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani). Tale esperienza è stata riportata nel recente volume “Globalismo Affettivo” scritto da Vito De Lillo, insegnante del Xxv Circolo didattico Don Dilani, edito da Adda Editore. Da qui la diffusione e la conseguente applicazione del metodo in 137 scuole, dislocate nell’intero territorio pugliese, promossa e finanziata, nel corso del corrente anno scolastico, dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia. Questo Progetto, promosso dall’Assessorato Sud e Diritto allo Studio prevede, a partire da Maggio prossimo, il coinvolgimento di massimo 80 scuole con la formazione di 4 docenti per scuola e la conseguente attuazione del metodo su soggetti che presentano specifici disturbi dell’apprendimento. In questo percorso è prevista la collaborazione dell’ Invalsi ( Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione e di formazione) al fine di valutare scientificamente la ricaduta e l’efficacia sugli alunni in situazione di disabilità. Sono previste, per l’attuazione, 5 fasi : 1. Elaborazione e produzione del materiale di documentazione, rilevazione e monitoraggio; 2. Formazione; 3. Attivazione delle attività formativo-riabilitative; 4. Valutazione degli apprendimenti da parte dell’Invalsi 5. Convegno finale. Www.globalismoaffettivo.it/    
   
   
MILANO PILLOLE ABORTIVE, TERMOMETRI AL MERCURIO E VIAGRA, SEQUESTRATE 4000 CONFEZIONI DI FARMACI VIETATI E SCADUTI VENDUTI IN 3 ERBORISTERIE, DENUNCIATI I TITOLARI CINESI UNO E’ STATO SORPRESO A MISURARE LA PRESSIONE A UN CLANDESTINO NEL RETROBOTTEGA. 11/ESIMO BLITZ DEI VIGILI DA INIZIO ANNO, IL 53/ESIMO DAL 2008  
 
Milano, 19 aprile 2010 - “Dodici agenti del Nucleo Centro della Polizia Locale, coordinati da tre commissari aggiunti, a seguito di controlli nel quartiere Sarpi, hanno sequestrato circa 4000 confezioni di farmaci venduti in tre erboristerie ai civici 17 di via Messina e 6 e 16 di via Giordano Bruno. I titolari, tutti cinesi, di 63, 33 e 40 anni, sono stati denunciati per esercizio abusivo della professione medica (articolo 348). Ma anche per vendita di medicinali guasti (articolo 443) visto che una parte era scaduta. Tra i prodotti sono state trovati anche termometri al mercurio che sono banditi dal commercio, pillole abortive e farmaci vietati dalla farmacopea ufficiale italiana in quanto importati dalla Cina. Tra questi, antibiotici, antiallergici, antidolorifici e anche un centinaio di scatole di Viagra. Sono in corso accertamenti su alcuni prodotti di sospetta natura dopante.” Lo comunica il vice Sindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo De Corato. I farmaci venivano esposti anche in vetrina o sugli scaffali all’interno dei locali, cercando di occultare l’acronimo Otc (farmaci da banco) con il prezzo. Il titolare dell’esercizio di via Giordano Bruno 16 è stato sorpreso dagli agenti mentre misurava la pressione nel retrobottega a un cinese risultato clandestino. “Sono 11 le operazioni condotte dai vigili da inizio anno – spiega De Corato – di cui 4 hanno riguardato farmacie abusive, come quelle scoperte lo scorso febbraio in via di Cambio e piazzale Baiamonti. Dal 2008 sono poi 53 gli interventi per la legalità del quartiere. Un’azione incalzante per la sicurezza dei cittadini e che beneficia anche del potenziamento degli agenti (23), che ho disposto a seguito di un incontro che ho avuto a gennaio scorso con l’associazione Vivisarpi”. “Non possiamo tollerare – sottolinea De Corato – che una parte di Milano sia soggetta a un’economia parallela, dove si possa fare carta straccia delle leggi italiane e dei regolamenti. Dove si mini la salute dei residenti, italiani o stranieri, vendendo prodotti non a norma o scaduti senza avere qualifiche professionali. Così come non tollereremo chi fa business sulla pelle dei clandestini, con gli Internet Point trasformati in dormitori, con i centri massaggio a luci rosse, le improvvisate cliniche mediche, le bische o la vendita di merce contraffatta tra cui giocattoli pericolosi che finiscono poi in mano a bambini”.  
   
   
A VIENNA IL 45° CONGRESSO DELL’ASSOCIAZIONE EUROPEA PER LO STUDIO DEL FEGATO EPATITE B CRONICA, ITALIA LEADER DELLA RICERCA “IL TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE ARRESTA LA MALATTIA”  
 
Vienna, 19 aprile 2010 – Entecavir, antivirale orale ad alta barriera genetica per il trattamento dell’epatite B cronica, è efficace, non dà resistenza virale e riduce i danni a carico del fegato. Per la prima volta sono disponibili i dati sull’uso della molecola dopo due anni di trattamento nella pratica clinica quotidiana, cioè su pazienti diversi (più anziani, con malattie più severe) rispetto a quelli arruolati negli studi registrativi. Ed è proprio l’Italia a presentare i risultati a Vienna dove è in corso il 45° Congresso dell’Associazione europea per lo studio del fegato (European Association for the Study of the Liver - Easl), il più importante appuntamento continentale sulle malattie epatiche, che vede la partecipazione di circa 7.500 esperti. Lo studio multicentrico italiano, che durerà cinque anni, ha riunito 311 pazienti Hbeag negativi mai trattati prima (il 50% con cirrosi in stadio iniziale), provenienti da 17 centri coordinati dalla Unità Operativa di Gastroenterologia I della Fondazione Policlinico di Milano, diretta dal prof. Massimo Colombo. “La risposta virologica, cioè la capacità di entecavir di bloccare il virus – spiega il prof. Pietro Lampertico dell’Università degli Studi di Milano, responsabile della ricerca - si è dimostrata efficace nel 95% dei pazienti dopo due anni di trattamento, la stessa percentuale emersa negli studi registrativi. Questo significa che il virus non è più rilevabile nel sangue. Inoltre solo l’1% (3 pazienti su 311) ha evidenziato un aumento della viremia in corso di trattamento. In questi casi però non si è determinata una resistenza alla molecola, perché l’incremento della carica virale è stato causato dalla scarsa aderenza alla terapia da parte dei pazienti”. Bloccare il virus ha inoltre permesso di arrestare i danni a carico del fegato. “Nell’85% dei pazienti – continua il prof. Lampertico – le transaminasi hanno raggiunto livelli normali. Siamo così riusciti a spegnere l’infiammazione del fegato. Ed in assenza di infiammazione, la progressione della malattia viene arrestata”. Infine i dati sulla sicurezza: nessun paziente ha interrotto la terapia o ha ridotto la dose a causa di effetti collaterali. Entecavir, scoperto nei centri di ricerca di Bristol-myers Squibb, è disponibile in Italia da tre anni. La molecola ha raggiunto questi risultati grazie alla sinergia fra la potenza nell’abbattere la carica virale e l’alta barriera genetica con la necessità per il virus di sviluppare almeno tre mutazioni per sfuggire all’effetto della molecola. Tutte le persone arruolate nello studio erano colpite da una forma particolare di epatite B cronica, detta Hbeag negativa, che, oltre ad essere la più diffusa in Italia, sta diventando dominante anche nel resto del mondo. In questo senso la ricerca italiana può diventare paradigmatica anche per altri Paesi. Si stima che in Italia vi siano circa 700mila persone con epatite B cronica (14 milioni in Europa e 350 milioni nel mondo). Purtroppo la percezione della gravità della malattia è ancora scarsa e preoccupa la mancanza di ricorso a cure appropriate. Nel nostro Paese, solo venticinquemila persone sono in terapia, anche se molte di più potrebbero trarre beneficio da trattamenti efficaci per arrestare l’evoluzione della malattia. Il 15-25% delle persone con epatite B cronica muore a causa di una malattia epatica: l’Hbv (Hepatitis B Virus) è responsabile dell’80% dei tumori epatici primari che si sviluppano nel mondo.  
   
   
IL SAN CARLO DI POTENZA PRESENTA CARTA QUALITÀ IN CHIRURGIA  
 
Potenza, 19 aprile 2010 - L’azienda ospedaliera regionale “San Carlo” di Potenza è impegnata in un percorso di qualità per il miglioramento delle prestazioni assicurate ai cittadini che trova nelle associazioni, quali Cittadinanzattiva-tribunale dei diritti del malato, dei validi e competenti interlocutori. E’ quanto comunica il San Carlo. Mettere i cittadini al centro delle politiche sanitarie - si legge - è l’obbiettivo principale della manifestazione. Le politiche pubbliche in materia di assistenza sanitaria, in Italia come in tutta Europa, sono ancora principalmente incentrate su questioni economiche e finanziare che lasciano in secondo piano i diritti dei pazienti. E’ quindi necessario andare avanti nello sviluppo di una politica in materia dei diritti dei pazienti per assicurare che la questione relativa alla condizione concreta dei cittadini che si trovano a confrontarsi con i servizi sanitari, sia messa sul tavolo e presa in considerazione quando si parla ma soprattutto quando si prendono decisioni in materia di sostenibilità dei sistemi sanitari. In questo contesto grande attenzione viene posta alla Carta della Qualità in Chirurgia, promossa da Cittadinanzattiva-tdm, nella quale sono riportati una serie di impegni mirati ad assicurare un servizio sempre migliore ai cittadini, nel rispetto del diritto all´informazione, alIa sicurezza, all´ appropriatezza e all´innovazione. Il progetto inizia con una giornata di informazione e sensibilizzazione alla “Carta della Qualità in Chiriurgia. Il giorno 21 aprile dalle 8,30 alle 14,00 sarà presente nella Hall dell’Ospedale un punto informativo che vedrà la presenza di operatori di Cittadinanzattiva -Tdm e Cnamc malati cronici ed operatori del San Carlo, che tramite la distribuzione di materiale specifico, permetteranno al cittadino di conoscere i 54 impegni del documento e quelli individuati nelle aree dell’accoglienza e delle dimissioni sui quali l’Azienda e Cittadinanzattiva lavoreranno nel corso del 2010 per il raggiungimento del risultato prefissato.  
   
   
LOMBARDIA: SVILUPPARE MEDICINA TERRITORIALE  
 
Milano, 19 aprile 2010 - Regione Lombardia si sta muovendo già da tempo per organizzare e sviluppare la medicina territoriale con l´obiettivo di "decomprimere gli ospedali" e affrontare la vera sfida del futuro della sanità che è la cronicità. Lo ha ribadito il 16 aprile l´assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Luciano Bresciani, in occasione del convegno, promosso dall´ospedale Sacco di Milano, "Verso un´etica delle risorse in sanità: esperienze e prospettive". "La cronicità - ha spiegato Bresciani - va monitorizzata continuamente, anche con l´impiego di tutte le tecnologie disponibili, per fare in modo che il paziente venga mantenuto in cronicità e non debba affrontare episodi di acuzie". Bresciani si è detto convinto che "gli ospedali devono avere una funzione aggiuntiva, e cioè territoriale" e che tendenzialmente "tutte le strutture devono organizzare una funzione territoriale". "Con questo sistema a regime - ha aggiunto l´assessore - si potrebbero produrre risparmi del 30% sulle spese variabili".  
   
   
AOSTA: ESPOSIZIONE E CONFERENZA SUL DIPINTO RITORNO DI TERRA SANTA DI FEDERICO PASTORIS  
 
Aosta, 19 aprile 2010 - L’assessorato istruzione e cultura comunica che, in occasione della Xiia Settimana della Cultura, il dipinto Ritorno di Terra Santa di Federico Pastoris verrà esposto al pubblico al Museo Archeologico Regionale di Aosta, tutti i giorni dalle ore 9 alle ore 19 (ultimo ingresso ore 18.30). L’opera, rappresentante una scena ambientata in epoca medievale presso il cortile del castello di Issogne, sarà affiancata da 2 pannelli didattici, sulla vita del suo autore e sulla scena rappresentata e da.15 tavole esplicative dell’ambito storico e culturale nel quale fu concepito e realizzato il dipinto. Lunedì 19 aprile, alle ore 18.30, nella sala conferenze dalla Biblioteca regionale di Aosta, si terrà inoltre un incontro con la Dott.ssa Sandra Barberi sul tema della recente acquisizione del dipinto da parte dell’Amministrazione regionale. L’appuntamento sarà l’occasione per presentare al pubblico uno spaccato storico-culturale della Valle d’Aosta alla fine dell’Ottocento, momento animato da personalità quali Alfredo d’Andrade e Vittorio Avondo. Il monumentale dipinto, eseguito nello stesso periodo, rappresenta così un prezioso documento iconografico del castello di Issogne. Per ulteriori informazioni: Assessorato istruzione e cultura Direzione promozione beni e attività culturali Tel. 0165.273430 – 0165.273436 E-mail: d-promozione@regione.Vda.it  
   
   
L’EGITTO A PALAZZO BLU. A PISA DAL 28 APRILE AL 25 LUGLIO 2010 LA MOSTRA LUNGO IL NILO IPPOLITO ROSELLINI E LA SPEDIZIONE FRANCO-TOSCANA IN EGITTO (1828-1829)  
 
Pisa, 19 aprile 2010 - Più di 200 reperti egiziani, disegni e manoscritti, provenienti dalle collezioni della Biblioteca Universitaria di Pisa, dal Museo Egizio di Firenze, dalle Collezioni Egittologiche dell’Ateneo pisano, dal Museo dell’Opera Primaziale Pisana e dal Museo Botanico di Pisa, ripercorrono la vicenda dell’archeologo pisano e della campagna di ricerca svolta con Jean-françois Champollion, tra Alessandria e Abu Simbel. Per tre mesi il fascino dell’antico Egitto vivrà nelle sale di Palazzo Blu, sul lungarno di Pisa. Dal 28 aprile al 25 luglio 2010, si terrà la mostra Lungo Il Nilo che racconterà la vicenda dell’archeologo pisano Ippolito Rosellini (1800-1843). L’esposizione, curata da Marilina Betrò, professore di Egittologia all´Università di Pisa, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, col patrocinio del Comune di Pisa e dell’Università di Pisa, prodotta da Giunti arte mostre musei, in collaborazione con Coop, Sat - Pisa International Airport, presenterà più di 200 pezzi tra reperti egizi, disegni e manoscritti - conservati nelle collezioni della Biblioteca Universitaria di Pisa, dal Museo Egizio di Firenze, dalle Collezioni Egittologiche dell’Ateneo pisano, dal Museo dell’Opera Primaziale Pisana e dal Museo Botanico di Pisa - scelti tra quanto di più bello e significativo Rosellini riportò in Italia, a seguito della Spedizione Franco-toscana del 1828-1829. L’impresa fu voluta dal Granduca di Toscana, Leopoldo Ii, e poi dal re di Francia Carlo X, e vide il giovane egittologo italiano affiancare Jean-françois Champollion, cui va il merito di aver decifrato nel 1822 la Stele di Rosetta, che aveva aperto la strada agli studi sull’antico Egitto. Detentori unici di quella chiave preziosa, lo studioso francese e il giovanissimo professore di Lingue Orientali all’Università di Pisa, Ippolito Rosellini, nel 1828 partono alla volta dell’Egitto, accompagnati da sei francesi e sei toscani. Tra avventure e difficoltà d’ogni tipo, viaggeranno per sedici mesi, riportando un tesoro di annotazioni, scoperte, meravigliosi disegni acquerellati copiati dalle scene rappresentate sulle pareti di tombe e templi, casse di statue, bassorilievi, sarcofagi e oggetti rinvenuti nel corso degli scavi intrapresi in quella terra o acquistati. È il viaggio che è alle origini di tutto quanto oggi sappiamo su quella civiltà. Il percorso espositivo ricalcherà alcune delle sue tappe più importanti. In mostra si troveranno i disegni e gli acquerelli dei pittori della Spedizione, accostati alle note rapide sui taccuini, alle lettere, agli oggetti. Il brano di un diario che narra, con voce emozionata, la scoperta di una tomba intatta nella necropoli tebana, sarà affiancato dagli oggetti stessi di quel ritrovamento, ovvero il corredo della nutrice della figlia del faraone Taharqa. Gli stupendi acquerelli dei bassorilievi di Abu Simbel disegnati al lume delle fiaccole saranno presentati insieme alle lettere e ai diari che descrivono le condizioni di lavoro in cui furono realizzati. I documenti che registrano le incombenze quotidiane, le liste degli oggetti personali - libri, strumenti scientifici, pennelli e colori ma anche armi – saranno accostati ai campioni di piante raccolti dal naturalista della Spedizione, Giuseppe Raddi, oltre alla piccola collezione etnografica raccolta in Nubia da Gaetano Rosellini, ingegnere della Spedizione e zio di Ippolito, e ai vasi raccolti negli scavi e documentati con precoce e moderna sensibilità archeologica. Dopo un’introduzione dedicata alla genesi dell’idea e al tragitto verso l’Egitto, sarà il nastro del Nilo ad accompagnare il visitatore della mostra nella sua sezione centrale, lungo un percorso simbolico da Alessandria fino ad Abu Simbel e alla Seconda Cateratta. Da qui inizia il viaggio di ritorno, con la lunga sosta a Tebe, l’antica capitale dell’impero egiziano, che impressionò la Spedizione con le sue inesauribili meraviglie. Un’apposita sezione racconterà proprio il soggiorno a Tebe - prima nella “principesca” dimora della tomba di Ramses Iv, e poi in una vera casa sulle colline della necropoli - in cui si raccolse una messe ricchissima di oggetti, disegni e quaderni manoscritti. L’ultima parte della mostra è dedicata al ruolo di Rosellini nella diffusione della scienza egittologica: con la morte precoce di Champollion a 42 anni, lo studioso italiano, che a sua volta morì a soli 43, ne restò infatti l’unico erede scientifico. Alla sua opera si deve la formazione di grandi egittologi, come il tedesco Richard Karl Lepsius, e la nascita dell’egittologia italiana. Accompagna la mostra un catalogo Giunti arte mostre musei  
   
   
LIBERESO GUGLIELMI: L’ANIMA DELLE PIANTE NEGLI ACQUERELLI DEL “GIARDINIERE DI CALVINO”  
 
Genova, 19 aprile 2010 - In ognuno respira il suo amore per tutte le piante, ritratte con rigorosa fedeltà all’originale e con la fantasia straordinaria, coltivata dalla passione, di chi ne sa scoprire tutti i segreti e le proprietà e vuole trasmettere a tutti la sua curiosità, le sue conoscenze e memorie preziose. Sono gli ottanta acquerelli di Libereso Guglielmi, il celebre “giardiniere di Calvino”, come lo definì Ippolito Pizzetti perché fu allievo dell’insigne botanico Mario Calvino, padre di Italo con cui condivise molti momenti d’infanzia, esposti nella mostra Libero Giardino, realizzata al Museoteatro della Commenda di Prè dall’Assessorato all’Agricoltura della Provincia di Genova con la collaborazione del Mu.ma Istituzione Musei del Mare e della Navigazione del Comune di Genova e inaugurata oggi, alla presenza dell’autore, dalla vice presidente della Provincia Marina Dondero e da Maria Paola Profumo, presidente del Mu.ma. Libereso Guglielmi, che da Mario Calvino ha imparato a coltivare l’amore per le piante, ha iniziato a coltivare quello per il disegno e i pennelli frequentando da ragazzo Antonio Rubino, primo grande maestro del fumetto italiano e geniale ideatore grafico della testata del Corriere dei Piccoli, di cui divenne amico. Da Libereso c’è sempre da imparare, su ogni pianta che coltiva o ritrae sempre come fossero sue creature. Così si scopre che del fico d’India non si mangiano solo i frutti, ma anche le robuste e spinose foglie, naturalmente quelle più giovani “in Messico ne vanno matti, tagliati fini in insalata o impanati e fritti” dice raccontando anche di un’ottima melanzana arancione, originaria della Turchia, di “campanule nel minestrone di Triora, o riempite di crema per i dessert, di petali di geranio in insalata, e dell’Epilobum dai fiori rossi “tra le prime piante a crescere sui terreni dopo gli incendi” si mangiano le foglie “come spinaci e i germogli come asparagi”. Per i disturbi femminili della menopausa o delle mestruazioni difficili niente di meglio del tarassaco, che contiene “molto ferro, ben assimilabile” e per guarire una bruciatura è ottimo l’alcolato di petali di calendula e poi, per riprendersi meglio, “germogli di trifoglio fritti nella pastella, una meraviglia per una pianta tra le più ricche di potassio e di sali minerali, le cui foglie sono ottime in insalata.” Per Marina Dondero "nell’anno internazionale della biodiversità, la Provincia di Genova ha voluto con questa mostra rendere omaggio a Liberemo Guglielmi , uomo straordinario che coerente con il proprio nome ha saputo vivere con la natura uno splendido rapporto di esplorazione e reciproca libertà, maturando immense conoscenze e competenze preziose da conservare e trasmettere anche attraverso la creazione di splendidi disegni ed acquerelli. La collaborazione di Libereso al nostro progetto ´Alla ricerca del gusto´ è stata preziosa per i suggerimenti che ci ha fornito per la realizzazione degli orti scolastici e per aver contagiato i tanti bambini e ragazzi che hanno potuto conoscerlo personalmente con il suo travolgente entusiasmo e inarrestabile curiosità. Un messaggio di libertà e di valorizzazione delle diversità oltremodo attuale.” Maria Paola Profumo condive "questo significato, in linea con il messaggio che il Mu.ma. Vuole dare a Commenda, che nessuno si senta straniero in questa città” La mostra, accompagnata da tre video realizzati dal centro audiovisivi della Provincia, resterà aperta al pubblico dal 16 aprile al 3 giugno (dal martedì al venerdì nell’orario 10-17, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 19) al Museoteatro della Commenda di S. Giovanni di Prè del Mu.ma ed è suddivisa in tre sezioni: il Giardino di Libereso (che riproduce oltre 400 specie presenti nel suo giardino di Sanremo), il Giardino del mondo, sulle piante da lui raccolte nei suoi numerosi viaggi e il Giardino del progettto Alla ricerca del Gusto: le piante spontanee presenti sul nostro territorio, oggetto di approfondimento del progetto provinciale. Altre informazioni ai telefoni 010 2512435 – 010 2514760 e contattando l´e-mail infocommenda@muma.Genova.it. Per la Settimana della Cultura, dal 16 al 25 aprile, l´ entrata alla mostra è gratuita.  
   
   
LA TOSCANA, TERRA DI CICLISMO E DI CAMPIONI ,NON LI HA MAI OSPITATI MONDIALI CICLISMO 2013, FIRENZE CANDIDATA DALLA FCI MARTINI: «PER L´EDIZIONE DEL 2008 VARESE EBBE LA MEGLIO SU VIAREGGIO E LUCCA»  
 
Firenze, 19 aprile 2010 - Il sostegno della Federazione Ciclistica Italiana alla candidatura di Firenze per il Mondiale 2013 spalanca le porte alla Toscana ad un evento che non è mai riuscita ad ospitare. «E lo trovo abbastanza paradossale –commenta Claudio Martini – considerato che siamo una regione con una tradizione importante in questa disciplina. Tentammo di aggiudicarci la prova iridata del 2008, candidando Viareggio e Lucca. Ma alla fine venne scelta Varese. Speriamo che questa sia la volta buona». «Il sostegno della Federazione –aggiunge Martini - è un elemento importante, che da forza alla candidatura di Firenze. La Toscana ha le carte in regola per ospitare un avvenimento così importante e mi auguro che questa volta il titolo iridato si possa assegnare sulle nostre strade». Adesso non resta altro che aspettare le decisioni dell´Unione Ciclistica Internazionale, il prossimo settembre a Melbourn e, in Australia.