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Notiziario Marketpress di Mercoledì 20 Aprile 2011
TRATTAMENTO PER LA CURA DELLA MALARIA: SCOPERTA RIVOLUZIONARIA FINANZIATA DALL’UE ALLA VIGILIA DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA MALARIA  
 
Bruxelles, 20 aprile 2011 - Pochi giorni prima della Giornata mondiale della malaria (25 aprile), alcuni ricercatori finanziati dall’Ue hanno scoperto che farmaci originariamente destinati ad inibire la crescita delle cellule tumorali possono anche uccidere il parassita che provoca la malaria. I ricercatori ritengono che tale scoperta potrebbe aprire la strada ad una nuova strategia per combattere questa malattia mortale che, secondo le statistiche dell’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2009 ha contagiato in tutto il mondo circa 225 milioni di persone, uccidendone quasi 800 000. I tentativi di trovare una cura sono finora stati ostacolati dalla capacità del parassita di sviluppare rapidamente una resistenza ai farmaci. La ricerca, che ha coinvolto quattro progetti finanziati dall’Ue (Antimal, Biomalpar, Malsig e Evimalar), è stata condotta da laboratori nel Regno Unito, in Francia e in Svizzera insieme a partner provenienti da Belgio, Germania, Danimarca, Grecia, Spagna, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Svezia, nonché da numerosi paesi in via di sviluppo gravemente colpiti dalla malaria. La Commissaria per la ricerca, l’innovazione e la scienza, Máire Geoghegan-quinn ha così commentato: “Questa scoperta potrebbe portare ad una cura antimalaria efficace, in grado di salvare milioni di vite e di trasformarne numerosissime altre. Ciò dimostra ancora una volta il valore aggiunto sia della ricerca - e più in generale dell’innovazione - finanziata dall’Ue sia della collaborazione con i ricercatori, in particolare nei paesi in via di sviluppo. L’obiettivo ultimo, ossia l’eradicazione completa della malaria, può essere raggiunto soltanto attraverso una vasta cooperazione internazionale, unico strumento efficace per lottare contro un flagello di tale portata.” Farmaci contro il cancro per uccidere il parassita della malaria - La malaria è provocata da un parassita chiamato Plasmodium, che si trasmette attraverso le punture di zanzare infette. Nel corpo umano i parassiti si riproducono nel fegato e poi infettano i globuli rossi, dove proliferano. Una ricerca congiunta svolta da laboratori finanziati dall’Ue presso l’Inserm-epfl Joint Laboratory di Losanna (Svizzera/francia), il Wellcome Trust Centre for Molecular parasitology dell’Università di Glasgow (Scozia), e l’Università di Berna (Svizzera) ha mostrato che la proliferazione del parassita della malaria dipende da un percorso di segnalazione presente nelle cellule epatiche e nei globuli rossi della persona colpita. I ricercatori hanno dimostrato che il parassita dirotta le chinasi (enzimi) attive nelle cellule umane, usandole a proprio beneficio. Trattando i globuli rossi attaccati dalla malaria con farmaci inibitori delle chinasi (farmaci chemioterapici antitumore), i ricercatori hanno fermato il parassita. Si profila una nuova strategia - Finora la lotta contro la malaria è stata ostacolata dalla capacità del parassita di sviluppare rapidamente resistenza ai farmaci mutando e di sottrarsi al sistema immunitario insediandosi nel fegato e nei globuli rossi della persona colpita, proliferandovi. La scoperta che il parassita ha bisogno di dirottare alcuni enzimi dalla cellula nella quale vive apre una strategia nuova per combattere la malattia. Invece di attaccare il parassita stesso, l’idea è di rendergli ostile l’ambiente della cellula ospite, ossia bloccando le chinasi nella cellula. Questa strategia priva il parassita di un modus operandi essenziale per sviluppare la resistenza ai farmaci. Numerosi farmaci chemioterapici inibitori delle chinasi sono già usati clinicamente nelle terapie contro i tumori, e moltissimi hanno già superato i test clinici di fase I e di fase Ii. Pur avendo effetti collaterali tossici, questi farmaci sono ancora usati per periodi prolungati per le cure dei tumori. Nel caso della malaria, che richiederebbe un periodo di trattamento più breve, il problema della tossicità sarebbe meno acuto. I ricercatori propongono pertanto di valutare immediatamente le proprietà antimalariche di questi farmaci, cosa che consentirebbe di ridurre drasticamente il tempo e i finanziamenti necessari per mettere in pratica questa nuova strategia antimalaria. Prima che le nuove cure possano essere autorizzate e rese disponibili alle persone colpite da malaria in tutto il mondo, occorrerà mobilitare i partner pubblici e il settore industriale per verificare l’efficacia degli inibitori delle chinasi e effettuare test clinici per adattare il dosaggio. Contesto - Dal 2002 a oggi l’Ue ha investito circa 180 milioni di euro per la ricerca sulla malaria attraverso i programmi quadro per la ricerca (Pq6, 2002-2006, e Pq7, 2007-2013). L’ue contribuisce inoltre al partenariato Europa-paesi in via di sviluppo per gli studi clinici (Edctp), il cui obiettivo è quello di accelerare lo sviluppo di nuovi farmaci, vaccini e microbicidi contro l’Hiv/aids, la malaria e la tubercolosi, o di rendere più efficaci quelli esistenti. Istituito nel 2003, questo partenariato, che si fonda su una fruttuosa collaborazione tra l’Europa e l’Africa, presta particolare attenzione agli studi clinici ed al rafforzamento delle capacità nell’Africa subsahariana. Fino ad oggi nel quadro dell’Edctp sono stati finanziati 10 studi clinici sulla malaria, per un costo totale di 69 milioni di euro, di cui 35 forniti dall’Ue. Link Articolo sulla ricerca: http://www.Ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21371233  Sulla malaria: http://ec.Europa.eu/research/health/infectious-diseases/poverty-diseases/malaria_en.html  http://ecdc.Europa.eu/en/healthtopics/malaria/pages/index.aspx  http://ec.Europa.eu/health/communicable_diseases/policy/index_en.htm  http://www.Who.int/malaria/world_malaria_report_2010/worldmalariareport2010.pdf  http://www.Edctp.org    
   
   
COME FUNZIONANO GLI ANTIDEPRESSIVI: NUOVE SCOPERTE POTREBBERO MIGLIORARE LA CURA DELLA DEPRESSIONE  
 
Bruxelles, 20 aprile 2011 - Ricercatori finanziati dall´Ue dell´Istituto di psichiatria del King´s College di Londra, nel Regno Unito, hanno scoperto per la prima volta in un modello umano come gli antidepressivi creano nuove cellule cerebrali, il che significa che i ricercatori possono adesso sviluppare farmaci migliori e più efficaci per combattere la depressione. Lo studio è stato condotto come parte del progetto Moodinflame, finanziato nell´ambito dell´area tematica "Salute" del Settimo programma quadro (7° Pq). Sebbene studi precedenti avessero mostrato che gli antidepressivi producono nuove cellule cerebrali, fino a questo momento non si sapeva come ciò avvenisse. Lo studio, pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry, mostra che gli antidepressivi regolano la proteina recettore dei glucocorticoidi (Gr) - un´importantissima proteina coinvolta nella reazione allo stress. Lo studio mostra inoltre che tutti i tipi di antidepressivi dipendono dalla Gr per creare nuove cellule poiché essa attiva geni particolari che trasformano immature cellule "staminali" in cellule "cerebrali" adulte. L´autore principale dello studio, Christoph Anacker, ha detto: "Per la prima volta in un modello clinicamente rilevante, siamo stati in grado di mostrare che gli antidepressivi producono più cellule staminali e accelerano inoltre il loro sviluppo in cellule cerebrali adulte. Inoltre dimostriamo per la prima volta che gli ormoni dello stress, che sono generalmente molto alti nei soggetti depressi, mostrano l´effetto contrario. Aumentando il numero delle cellule neonate nel cervello umano adulto, gli antidepressivi contrastano gli effetti nocivi degli ormoni dello stress e possono superare le anormalità del cervello che possono causare cattivo umore e un indebolimento della memoria nella depressione. Questa ricerca è la più recente di una serie di progetti sul ruolo della Gr nella depressione condotti presso il Laboratorio dello stress, la psichiatria e l´immunologia (Spi-lab) del King´s College di Londra. Per questa ricerca, il team ha usato cellule staminali ippocampali umane (la fonte di nuove cellule nel cervello umano) per testare in laboratorio che tipo di effetto antidepressivo hanno sulle cellule del cervello. Secondo l´Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la depressione colpisce circa 121 milioni di persone in tutto il mondo ed è una delle principali cause di disabilità. Meno del 25% delle persone che soffrono di depressione hanno accesso a cure efficaci. Studi recenti hanno dimostrato che i soggetti depressi mostrano una riduzione di un processo chiamato "neurogenesi", il che significa che lo sviluppo di nuove cellule cerebrali si riduce. Una ridotta neurogenesi può contribuire ai debilitanti sintomi psicologici della depressione, come il cattivo umore e l´indebolimento della memoria. Considerato che ben la metà di tutti i pazienti non riescono a combattere la depressione con le cure attualmente disponibili, è imperativo che vengano sviluppate nuove cure antidepressive efficaci. Sebbene questo rimanga una sfida, identificare nuovi meccanismi da trattare è un passo nella giusta direzione. Moodinflame è un progetto medico-scientifico su larga scala con un consorzio di 18 partner provenienti da Belgio, Bulgaria, Germania, Irlanda, Francia, Italia, Paesi Bassi, Austria, Svezia e Regno Unito. Gli obiettivi principali sono sviluppare test del sangue e scansioni del cervello per identificare infiammazioni croniche lievi in pazienti affetti da disturbi dell´umore e soggetti che sono a rischio di soffrire di un grave disturbo dell´umore (bambini) e curare i pazienti e i soggetti a rischio di un grave disturbo dell´umore con farmaci antinfiammatori. Il progetto esaminerà anche modelli animali (topi e ratti speciali) di disturbi dell´umore gravi, cioè animali con un´infiammazione del cervello di basso grado e studierà tutti i meccanismi anormali nel cervello approfonditamente prima di testare diverse possibilità di correzione con i farmaci. Christoph Anacker dice: "Dopo aver identificato il recettore dei glucorticoidi come elemento chiave per la formazione di nuove cellule del cervello, saremo adesso in grado di usare questo nuovo sistema di cellule staminali per creare modelli di malattie psichiatriche in laboratorio, testare nuovi componenti e sviluppare farmaci antidepressivi molto più efficaci e mirati. Prima però è importante che gli studi futuri esaminino tutti i possibili effetti che l´aumento della neurogenesi ha sul comportamento degli esseri umani. Per maggiori informazioni, visitare: King´s College London: http://www.Kcl.ac.uk/index.aspx  Moodinflame: http://moodinflame.Eu/    
   
   
TROPPO LITIO NELL´ACQUA PROVOCA L´IPOTIROIDISMO  
 
Bruxelles, 20 aprile 2011 - L´ipotiroidismo può essere scatenato da un´elevata assunzione di litio attraverso le acque freatiche, è quanto sostiene una nuova ricerca svedese. In tutto il mondo il litio è usato per trattare il disturbo bipolare nonché la depressione resistente al trattamento. Sono però state rilevate alte concentrazioni di questo elemento nei villaggi delle Ande argentine, dove le persone trattate per il disturbo bipolare presentavano un´alterata funzione della tiroide. La ricerca, presentata nella rivista Environmental Health Perspectives, è stata in parte finanziata dal progetto Phime ("Public health impact of long-term, low-level mixed element exposure in susceptible population strata"), che ha ricevuto 13,43 milioni di euro attraverso l´area tematica "Sicurezza alimentare" del Sesto programma quadro (6° Pq) dell´Ue. Si tratta di uno dei circa 30 studi che contribuiscono agli obiettivi Phime sull´impatto possibile dei metalli tossici su alcune importanti malattie che gravano pesantemente sulla salute pubblica. L´ipotiroidismo è un disturbo metabolico che provoca depressione, affaticamento, perdita di memoria, aumento di peso e sensibilità al freddo. Ai fini dello studio in questione, i ricercatori hanno valutato le donne in una serie di villaggi del monte Puna. "La quantità di litio che le donne sudamericane ingeriscono attraverso l´acqua potabile corrisponde forse a un decimo di quello che un paziente assumerebbe giornalmente per curare il disturbo bipolare", spiega la dottoressa Karin Broberg, medico del lavoro e ambientale presso l´Università di Lund in Svezia, e autrice principale dello studio. "Ma dall´altra parte, esse assumono il litio per tutta la vita, anche da prima della nascita. Che cosa questo implichi per la loro salute in realtà non lo sappiamo. Per questo motivo stiamo pianificando un nuovo studio che metterà a confronto la salute di due gruppi di madri e bambini: rispettivamente, quelli con i livelli di litio più alti e più bassi nel sangue". Gli esperti dicono che le Ande sono la patria di molti elementi, e la Bolivia ha grandi riserve di litio nel suo deserto salino, Salar de Uyuni. Ma non tutto ciò che riguarda questi elementi è positivo, visto che essi rappresentano anche una minaccia per l´ambiente. Precedenti ricerche condotte nella provincia del Salta, nell´Argentina noroccidentale, hanno trovato che alti livelli di litio, arsenico, cesio, rubidio e boro erano presenti sia nell´acqua potabile che nell´urina delle donne locali che hanno partecipato allo studio. "L´assunzione durante tutto l´arco della vita di arsenico e litio rappresenta un chiaro rischio sanitario", dice la dottoressa Broberg. "Non è chiaro ciò che implica l´ingestione delle altre sostanze, perché non esistono molte ricerche sul loro ruolo nell´ordinaria acqua potabile", ha aggiunto. Utilizzando la spettrometria di massa nel loro studio, gli scienziati hanno misurato il contenuto di molte sostanze contemporaneamente, rendendo il metodo molto più efficace rispetto alle tecniche convenzionali che permettono di analizzare solo una sostanza alla volta. La dottoressa Broberg è favorevole all´uso della spettrometria di massa per valutare l´acqua consumata dalle persone. "In molti luoghi le acque freatiche sono considerate più adatte per bere rispetto all´acqua spesso inquinata dei laghi e dei fiumi", ha sottolineato. "Ma questo in Bangladesh ha causato enormi problemi di salute, quando è emerso che l´acqua dei pozzi conteneva arsenico. Si sa molto poco riguardo alla concentrazione di litio e di altre sostanze potenzialmente pericolose nelle acque sotterranee di tutto il mondo, quindi anche questi valori andrebbero misurati." Per maggiori informazioni, visitare: Università di Lund: http://www.Lunduniversity.lu.se/  Environmental Health Perspectives: http://ehp03.Niehs.nih.gov/home.action    
   
   
NUOVE PROSPETTIVE PER LA FERTILITA’ DELLE GIOVANI PAZIENTI ONCOLOGICHE  
 
Roma, 20 Aprile 2011 – Si è appena conclusa la presentazione della Banca del Tessuto Ovarico, Istituita all’interno della Banca del Tessuto Muscolo Scheletrico della Regione Lazio. Presenti i rappresentanti delle due istituzioni che hanno fortemente favorito la realizzazione del progetto : la Presidente della Regione Lazio, che ha inserito nella programmazione sanitaria regionale la Banca del Tessuto Muscolo Scheletrico unica del Centro-sud Italia e il Ministro della Salute che ha finanziato il progetto dell’autotrapianto di tessuto ovarico. Oggi sotto i 40 anni le persone viventi dopo un tumore sono quasi 200.000 e in generale ogni anno viene diagnosticato un cancro a circa 12.000 bambini/adolescenti di età inferiore ai 19 anni e la percentuale di guarigione in questa fascia di età raggiunge il 45% (Rapporto Airtum 2010). Negli ultimi decenni si è visto che sebbene il tumore sia una malattia grave, grazie alla diagnosi precoce e alle terapie sempre più innovative, si può guarire e si può convivere con esso per molti anni con una prospettiva di vita simile alle persone non colpite da tale malattia. Per questo è fondamentale una particolare attenzione alla qualità di vita delle persone in tutto il percorso che si intraprende dopo una diagnosi di neoplasia. Il nostro sistema sanitario in questa ottica programma con attenzione nel breve e lungo termine le risposte più adeguate ai bisogni di assistenza dei malati di tumore. La Regione Lazio ha inserito nella programmazione sanitaria la realizzazione della Banca regionale del Tessuto Muscolo Scheletrico (2005) e Il Consiglio Regionale del Lazio ha approvato all’unanimità lo scorso 14 marzo la mozione presentata da Francesco Storace e Roberto Buonasorte e sottoscritto da Isabella Rauti, sull’istituzione presso l’Istituto Regina Elena della Banca del Tessuto Ovarico a favore delle pazienti oncologiche, grazie al finanziamento predisposto dal Ministero della Salute di circa 400mila euro. “Le Banche presenti nei nostri Istituti – ha sottolineato il Prof. Lucio Capurso, Direttore Generale degli Istititu Fisioterapici Ospitalieri- sono due realtà di grande rilevanza nel panorama sanitario regionale e nazionale. La Banca del Tessuto Muscolo Scheletrico è la prima Banca pubblica della Regione Lazio, l’unica del Centro Sud e rimarrà tale in quanto vengono create in base al numero di abitanti e le altre 6 esistenti sono tutte al nord di Firenze. La bio-banca del Tessuto Ovarico è la prima istituita in un Irccs pubblico, pertanto oltre a rispondere alle esigenze cliniche, le nostre banche avranno un importante funzione nel settore della ricerca.” Da diversi anni, in letteratura si dibatte per la scelta di una strategia sperimentalmente valida per preservare o restituire la fertilità alle pazienti oncologiche : “Per la donna adulta, - spiega il Dott. Enrico Vizza, direttore Ginecologia Oncologica Ire - affrontare le terapie anticancro con la speranza di poter esaudire il desiderio di maternità, risulta essere un fondamentale supporto psicologico. Alle donne in età pre-pubere, colpite da patologie neoplastiche, è invece d’obbligo offrire, dopo la guarigione, una normale crescita e un normale sviluppo senza minare la possibilità di procreare e costruire una famiglia.” “La medicina moderna ha consolidato i trapianti d’organo e - ha spiegato il Dott. Fabio Erba, Responsabile della Banca del tessuto Muscolo Scheletrico - nel contempo ha fatto passi da gigante nei trapianti di tessuti: piccoli o grandi frammenti di strutture che consentono oggi a molteplici specialità chirurgiche di evitare pesanti ed inutili mutilazioni.” Il Prof. Capurso ha inoltre illustrato le eccellenze peculiari degli Istituti sottolineando l’importanza di sostenere i progetti cui lavorano i nostri clinici e ricercatori ed a tal fine ha presentato il video realizzato per la Campagna del 5x1000 a sostegno dell’attività di ricerca svolta presso i nostri Istituti, che ha visto come testimonial Carlo Verdone. Il grande artista romano, è da sottolineare, non ha mai preso parte a spot pubblicitari ma per i nostri Istituti ha voluto prestare la sua immagine a scopo assolutamente benefico, così come la Atom Production che ne ha curato la realizzazione.  
   
   
PARMA: PERCORSI DI CURA E ASSISTENZA DIAGNOSTICA: SI RAFFORZA L’INTEGRAZIONE PRESENTATI IN CTSS I NUOVI PROGETTI.  
 
Parma, 20 aprile 2011 – Un ambulatorio operativo 24 ore su 24 all’interno del Pronto Soccorso di Parma per la gestione dei pazienti di minore gravità; l’attivazione al Pronto Soccorso degli ambulatori ortopedici e della sala gessi; i nuovi assetti ambulatoriali e di degenza del Dipartimento di Emergenza-urgenza dell’Azienda Ospedaliero-universitaria; un unico Polo senologico per integrare le attività dei Centri di diagnosi, prevenzione e cura delle patologie al seno di Azienda Usl e Azienda Ospedaliero-universitaria, già in sedi adiacenti. Si rafforza ulteriormente l’integrazione dei percorsi di cura e assistenza diagnostica tra le due Aziende sanitarie parmensi, grazie anche a questi progetti presentati all’Ufficio di Presidenza della Conferenza territoriale sociale e sanitaria (Ctss) riunitasi ieri in Provincia. “Continuiamo a svolgere un importante ruolo di coordinamento che produce benefici fra cui il livello avanzato in regione dello sviluppo della diagnostica nel territorio, siamo all’avanguardia per quanto riguarda la realizzazione delle case della salute e i progetti contenuti nel Pal. Siamo i primi in Regione come contenimento degli accessi al Pronto Soccorso. – sottolinea il presidente della Ctss Vincenzo Bernazzoli – Questi risultati importanti evidenziano il fatto che tutto il sistema funziona. In particolare questi progetti sottolineano come si sia usciti dall’emergenza degli anni scorsi per entrare in una gestione di sistema che parte dal territorio e arriva alle strutture e che avviene grazie all’integrazione e coordinamento fra aziende sanitarie” Il nuovo ambulatorio di prima assistenza medica all’interno del pronto soccorso di parma - Con l’obiettivo di migliorare l’utilizzo appropriato dei servizi del Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliero-universitaria da parte della popolazione, le due Aziende hanno elaborato un progetto, presentato oggi all’Ufficio di Presidenza della Ctss, di integrazione dell’Ambulatorio di prima assistenza medica (Punto bianco) dell’Azienda Usl con i servizi del Pronto Soccorso. L’attività dell’Ambulatorio vedrà un processo di ri-orientamento dei flussi dei pazienti verso i medici di medicina generale (in particolare quelli organizzati nelle forme associative di gruppo), e verso la nuova struttura di Pronto Soccorso recentemente inaugurata, ove sarà possibile prendere in carico i pazienti con codici di minore gravità nelle 24 ore. Non si tratta solo di un’integrazione logistica, dunque, ma di un significativo miglioramento nella continuità assistenziale nelle cure primarie, in coerenza con la programmazione e le indicazioni regionali. L’attivazione dell’Ambulatorio permetterà infatti di rispondere con maggiore appropriatezza alle esigenze di salute dei cittadini, lasciando agli altri ambulatori di Pronto Soccorso la gestione dei casi più complessi. Nel nuovo Ambulatorio sarà così possibile risolvere gran parte dei problemi di gravità minore, evitando ulteriori disagi ai cittadini e il sovraffollamento di altre strutture specialistiche. I servizi del nuovo Ambulatorio saranno a loro volta integrati con i servizi di assistenza primaria dei Poli socio-sanitari dell’Azienda Usl, nell’ambito del progetto di realizzazione delle Case della Salute: una rete di 26 presidi socio-sanitari che si stanno progettando nei quattro Distretti parmensi (8 nel Distretto di Parma e 6 in ciascuno degli altri tre Distretti), come previsto dalla Delibera regionale n.291/2010 per integrare nel territorio l’assistenza primaria con quella specialistica, ospedaliera, della sanità pubblica, della salute mentale, e con i servizi sociali e le associazioni di volontariato. Questo progetto di integrazione si inserisce nel più ampio sistema dell’emergenza-urgenze provinciale, composto dalla Centrale operativa del 118, dal Pronto Soccorso dell’Ospedale di Parma e da quello dell’Ospedale di Fidenza, dal Punto di primo intervento dell’Ospedale di Borgotaro, dalla rete di postazioni sul territorio e dall’integrazione con i servizi delle associazioni di volontariato (Cri e Pubbliche assistenze), che completeranno entro il 2011 il percorso di accreditamento. Il progetto complessivo, con la denominazione “Continuità assistenziale H24 – Progetto di integrazione tra Azienda Usl e Azienda Ospedaliero-universitaria di Parma per la gestione delle urgenze e il miglioramento all’accesso dei servizi di pronto soccorso”, nella seconda metà dell’anno scorso è stato presentato dalla Regione Emilia-romagna al Ministero della Salute, che ha disposto nei mesi scorsi un finanziamento di tre milioni di euro per la sua realizzazione. Pronto soccorso ortopedico dell’azienda ospedaliero-universitaria di parma - Due ambulatori ortopedici e una sala gessi sono stati attivati da mercoledì scorso, 13 aprile, all’interno del Pronto Soccorso del Maggiore di Parma. Si tratta di una novità dagli indubbi vantaggi logistici e funzionali: all’ingresso, il cittadino viene accolto al triage, dove gli è assegnato il codice di priorità d’accesso e, qualora presenti una patologia di tipo ortopedico o traumatologico, è inviato direttamente in visita nei nuovi ambulatori prospicienti la sala d’attesa. I locali attrezzati, nei quali è svolta attività specialistica ortopedica in regime d’urgenza, sono collocati in diretta comunicazione con l’area radiologica per le indagini di approfondimento. I nuovi assetti ambulatoriali e di degenza del dipartimento emergenza-urgenza dell’azienda ospedaliero-universitaria - L’azienda Ospedaliero-universitaria amplia la dotazione di posti letto dedicati ai pazienti acuti che necessitano di essere trattati e/o stabilizzati, sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico, ai fini della dimissione o del prosieguo del percorso di cura in un altro reparto specialistico. Questo intervento, fondato sull’integrazione dei percorsi multidisciplinari tra professionisti che operano nel campo dell’emergenza, si inserisce nell’ambito della revisione organizzativa dell’attività di emergenza-urgenza - iniziata con l’attivazione del nuovo Pronto Soccorso e che si completerà con l’attivazione dell’Osservazione Breve Intensiva (Obi) – che persegue l’obiettivo di una maggiore aderenza della risposta alle esigenze dell’utenza. L’ospedale Maggiore da martedì scorso, 12 aprile, accresce infatti la dotazione di posti letto del Dipartimento di Emergenza-urgenza, aumentando da 25 a 36 i letti delle strutture di Medicina d’urgenza e attivando una nuova struttura di Medicina interna, dotata di 32 posti letto, prima afferenti al Dipartimento Polispecialistico. Le unità operative sono collocate nel padiglione Ortopedie, nelle immediate vicinanze del Pronto Soccorso. Le sezioni di Medicina d’Urgenza sono dotate di 8 postazioni ad “alta intensità”, con apparecchiature per attività cardio-respiratoria. A disposizione dei clinici vi sono anche 6 apparecchi di telemetria medica wireless (senza fili) per il monitoraggio a distanza dei parametri fisiologici dei pazienti. Completeranno la dotazione di risorse dedicate all’emergenza i 14 posti letto che saranno attivati dopo l’estate nella sezione di Osservazione Breve Intensiva (Obi). L’obi, attigua al Pronto soccorso, sarà un’area dedicata alla valutazione dello stato clinico del paziente per definirne il successivo iter diagnostico-terapeutico. Anche alla fase in Obi potrà seguire la dimissione oppure il ricovero in un reparto di degenza. Il polo senologico unificato - Migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie per le patologie del seno, in modo da offrire alle donne della provincia le maggiori e migliori garanzie possibili di guarigione da queste malattie. Sono gli obiettivi del progetto di realizzazione del Polo senologico unificato, per integrare le attività del Centro senologico dell’Azienda Ospedaliero-universitaria e il Centro screening Vincenzo Bagnasco dall’Azienda Usl. Attualmente l’attività sanitaria pubblica per la diagnosi precoce e la cura della patologie al seno è così strutturata: al Centro screening Vincenzo Bagnasco dall’Azienda Usl accedono le donne nella fascia 45-74 anni che rispondono agli inviti (annuali e biennali) del Programma regionale di prevenzione ai tumori alla mammella (diagnosi di primo e secondo livello), che nel 2010 in provincia di Parma ha interessato il 63,3% della popolazione provinciale target (82.146 donne); al Centro senologico del Maggiore dell’Azienda Ospedaliero-universitaria si effettuano diagnosi e controlli specialistici per donne di qualunque fascia d’età, sintomatiche o meno, ad alto rischio o sospetto. Il progetto di integrazione delle due Aziende ha riunito in spazi adiacenti le attività dei due Centri, ed ha avviato un progetto per uniformare le tecnologie diagnostiche in modo da mettere in rete i sistemi di visualizzazione delle immagini in digitale, mentre si stanno definendo percorsi diagnostici e terapeutici comuni. Tutte queste azioni permetteranno di creare un contesto favorevole al miglioramento della partecipazione e del confronto interdisciplinare tra i professionisti coinvolti delle due Aziende sanitarie.  
   
   
DISFUNZIONE ERETTILE, RIVOLUZIONE NELLA TERAPIA ARRIVA IL PRIMO FARMACO CHE SI SCIOGLIE IN BOCCA  
 
Milano, 20 aprile 2011 – Si scioglie in bocca in pochi secondi e fa rapidamente effetto. Discreto come una mentina, che richiama anche nel sapore, rappresenta la più innovativa terapia ad oggi disponibile per la disfunzione erettile, un disturbo che colpisce oltre 3 milioni di italiani. È il nuovo vardenafil orodispersibile 10 mg che offre estrema libertà: non serve l’acqua, può essere assunto in qualsiasi momento e occasione, a stomaco pieno o vuoto, con una confezione comoda e discreta, che si può tenere sempre con sé, senza imbarazzi. “È la prima e unica novità in questo campo che risponde all’esigenza di libertà dell’uomo – afferma Francesco Montorsi, professore di urologia all’Università Vita-salute San Raffaele di Milano -. Su 100 che chiedono il nostro aiuto, 15 hanno meno di 40 anni. La componente psicologica in questi casi è prevalente, per cui ci attendiamo che il nuovo vardenafil risponda appieno alle loro necessità. Dopo i 40 anni, inoltre, il quadro psicologico tende a complicarsi e possono subentrare anche cause organiche: questo prodotto, per le sue caratteristiche farmacologiche peculiari di efficacia unita alla nuova modalità di assunzione senza acqua, ben risponde al bisogno di una normale sessualità”. Secondo l’indagine nazionale condotta da Doxa Pharma e presentata oggi in un incontro a Milano, circa il 30% (29%) degli uomini vive con ansia le prestazioni sessuali e il 22% dice di sentirsi insicuro di fronte a donne sempre più esigenti. Il 20% degli intervistati nell’indagine è poco o per nulla soddisfatto della propria vita sessuale. “Queste situazioni sono estremamente frequenti – spiega la dr.Ssa Raffaella Michieli, segretario nazionale della Società Italiana di Medicina Generale (Simg) -. L’82% dei nostri assistiti giudica molto importante il benessere sessuale e il 60% di loro vorrebbe parlarne con il proprio medico”. La disfunzione erettile riguarda il 13% degli uomini tra i 40 e i 70 anni, ma ben uno su due ha avuto difficoltà di erezione almeno una volta nella vita. “È importante informare anche chi presenta defaillance saltuarie a evitare il fai da te e a rivolgersi al medico per una prescrizione – conferma il dr. Paolo Vintani, vicepresidente di Federfarma di Milano -. Non si tratta di malati ma di persone che presentano un problema o un disagio, di varia origine, che da tempo hanno soluzioni utili alle quali, da oggi, se ne affianca una innovativa: la “mentina dell’amore”. “Sapere che esistono rimedi efficaci, sicuri e discreti è una grande rassicurazione – aggiunge Aldo Montano, il campione olimpico di scherma testimonial dell’iniziativa -. La mia presenza oggi serve, da un lato, a dimostrare che nessuno può dire “A me non succederà mai”. Dall’altro a ribadire come stili di vita corretti, come quelli di un atleta, siano la strada migliore per mantenere in forma anche la sessualità”. Per sensibilizzare su questo tema è da oggi disponibile in farmacia l’opuscolo “Libera l’amore che c’è in te” ( http://www.Youtube.com/watch?v=n5q02cigho0 ). “Nell’ultimo decennio stiamo assistendo a una graduale presa di coscienza da parte dei maschi dell’importanza del loro benessere sessuale – spiega il prof. Montorsi - e sono in aumento quelli che si rivolgono al medico per risolvere disturbi erettivi un tempo ritenuti temi tabù. Le attuali terapie sono molto efficaci e ben tollerate. Questa nuova pastiglia orodispersibile rappresenta quindi un’opzione estremamente interessante, che ci permetterà di rispondere meglio alle esigenze di quegli uomini che manifestino l’esigenza di una terapia “al bisogno”, rapida, efficace e discreta”. Il ruolo del farmacista è molto importante, come emerge anche dall’indagine presentata dalla dr.Ssa Paola Parenti, managing director di Doxa Pharma, per consigliare e informare sul corretto uso di questi prodotti: “Errori nell’utilizzo possono comprometterne sia l’efficacia che la sicurezza con la conseguente possibile insoddisfazione del consumatore”. “Le esigenze dei nostri assistiti sono cambiate nel tempo – conclude la dr.Ssa Michieli - sia quelle esplicite che quelle implicitamente portate alla nostra attenzione attraverso i sintomi più diversi. Il nuovo prodotto, anche grazie alla grande discrezione, risponde bene a quelle più intime e psicologiche, al bisogno di sentirsi “normale e libero” come ogni uomo desidera, consolidandone l’autostima ”. Il farmaco dopo aver già riscosso un grande successo in altri paesi europei è già disponibile nelle farmacie italiane, su prescrizione medica, in confezione da 4 compresse orodispersibili al prezzo di 31,50€.  
   
   
FORUM DELLE PARTI INTERESSATE DELL´IMI 2011  
 
 Budapest, 20 aprile 2011 - Il forum delle parti interessate dell´Iniziativa in materia di medicinali innovativi avrà luogo il 12 maggio 2011 a Budapest, in Ungheria. L´iniziativa in materia di medicinali innovativi (Imi) è un partenariato pubblico-privato che mira a migliorare il processo di sviluppo di farmaci supportando la scoperta e lo sviluppo di farmaci più efficaci e più sicuri per i pazienti. L´evento offrirà la possibilità di scoprire i dettagli dei progetti e delle attività dell´Imi, e di incontrare partner Imi del mondo accademico, industriale e delle agenzie normative. Il programma del forum prevede: - una sessione plenaria, congiuntamente organizzata dall´Imi e dalla direzione generale della Società dell´informazione e dei media, su come la conoscenza e la gestione dei dati possono promuovere l´innovazione in campo sanitario e di sviluppo di farmaci; - una panoramica di come l´Imi sta affrontando le sfide dell´innovazione nel settore farmaceutico; - presentazioni da parte di scienziati di spicco sui primi risultati dei progetti dell´Imi in corso; - una panoramica della visione scientifica dell´Imi e delle priorità industriali future; - uno sguardo al prossimo quarto invito a presentare proposte dell´Imi e il futuro ruolo della sanità elettronica (eHealth) nei progetti futuri dell´Imi. Per ulteriori informazioni, visitare: http://www.Imi.europa.eu/events/2011/04/08/stakeholder-forum-2011    
   
   
ANEMIA RENALE: TERAPIA PERSONALIZZATA E ALLEANZA MEDICO-PAZIENTE LA VERA STRATEGIA TERAPEUTICA GIARDINI  
 
Naxos, 20 aprile 2011 – Il coinvolgimento del paziente nella scelta della frequenza di somministrazione del farmaco per trattare l’anemia renale rende più efficace la terapia. La possibilità di somministrare un preparato sicuro e flessibile come Aranesp (Darbepoetina alfa) prodotto dalla biotech Amgen permette di raggiungere valori di emoglobina ottimali per ciascun paziente e di controllare la malattia. E’ quanto emerge dal Forum Nazionale di Nefrologia Amgen Dompé patrocinato dalla Sin, Società Italiana di Nefrologia, ed in corso di svolgimento ai Giardini Naxos. L’anemia renale, infatti, è uno dei temi cui gli specialisti dedicano maggior spazio nell’ambito dell’evento. “Nella scelta della terapia è importante coinvolgere il paziente” – spiega la Professoressa Rosanna Coppo, Presidente Sin e Direttore Unità Operativa Autonoma di Nefrologia Dialisi e Trapianto Ospedale Regina Margherita di Torino – “che in prima istanza opta sempre per il trattamento medico rispetto alle trasfusioni, che comportano rischi di infezione e di immunizzazione. Il malato viene coinvolto nella scelta della frequenza di somministrazione, che può avvenire ogni settimana, ogni due oppure una volta al mese. Soltanto il medico insieme al paziente, infatti, è in grado di valutare costantemente l’aderenza allo schema di trattamento”. Nel trattamento di questa malattia l’Italia si conferma all’avanguardia e in linea con le più recenti pronunce internazionali, in caso di abbassamento al di sotto del livello minimo,come indicato dall’Fda, aumenta inevitabilmente il rischio di trasfusioni che riducono la possibilità di trovare un rene compatibile. “La Società Europea di Nefrologia, Era-edta, European Renal Association – European Dialysis and Transplant Association), ha pubblicato nel mese di giugno 2010 sul Giornale Ufficiale della Società (Nephrology Dialysis and Transplantation una nuova posizione ufficiale aggiornata sulla gestione dell’anemia” - ha commentato il Professor Francesco Locatelli Past President della Società Italiana di Nefrologia (Sin) e della Società Internazionale di Nefrologia, Presidente della Società di Nefrologia Geriatrica e Direttore del Dipartimento di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Renale dell’Ospedale Alessandro Manzoni di Lecco – “Vengono evidenziati i rischi legati alle trasfusioni, da evitare il più possibile, e la vera novità del documento che consiste soprattutto nel non considerare solo il livello di emoglobina da raggiungere, ma anche le dosi di ferro e Esa per raggiungerlo. Obiettivo del trattamento medico, cioè, non è più soltanto raggiungere i valori ottimali, ma raggiungere tali valori usando la dose più bassa possibile di farmaci, ottenendo quindi una personalizzazione della terapia. La scelta della terapia medica, poi, deve partire da un’analisi che prenda in esame diversi fattori a partire dall’anamnesi del paziente (ad esempio una pregressa storia di ictus) e valutando le sue co-morbidità (ad. Esempio il diabete mellito)”. La terapia medica flessibile e personalizzata - “Il trattamento dell’anemia legata all’insufficienza renale cronica rappresenta, grazie alla disponibilità delle epoetine definite per brevità “Esa”, agenti che stimolano la produzione di globuli rossi, una delle conquiste più significative della medicina moderna e per i malati renali” – spiega ancora il Professor Locatelli – “senz’altro il maggior successo terapeutico dopo la scoperta della dialisi e l’implementazione del trapianto di rene. Si può affermare che è cambiata drasticamente la vita dei pazienti i quali, in passato, dovevano sottoporsi a numerosissime trasfusioni per correggere l’anemia, e che comunque mantenevano livelli di globuli rossi molto bassi con conseguenti complicanze cliniche, notevole sintomatologia e pessima qualità di vita“. Tra gli Esa, Aranesp, si è dimostrato particolarmente efficace e flessibile per la cura di questa patologia. L’assunzione di darbepoetina alfa, infatti, può avvenire con un frequenza di somministrazione flessibile, che ben si adatta in modo personalizzato alle necessità del singolo paziente, con una somministrazione cioè o ogni settimana, o ogni due, oppure una volta al mese a seconda delle necessità cliniche del paziente. L’anemia renale - Si tratta di una condizione patologica che caratterizza la maggior parte dei pazienti affetti da una malattia renale causata da livelli di globuli rossi molto bassi (emoglobina nel sangue inferiore a 12 g/dl nelle donne, 13,5 g/dl negli uomini). In questi pazienti parallelamente alla diminuzione della funzione renale, pressoché inevitabilmente si manifesta una graduale riduzione della produzione di globuli rossi nel sangue. Il rene infatti, oltre ad avere una funzione filtrante, cioè di eliminazione di acqua, sale e tossine, produce anche un ormone, detto eritropoietina, responsabile proprio della produzione e maturazione dei globuli rossi. Le cause dell’anemia sono, soprattutto, una ridotta produzione, ma anche una ridotta sopravvivenza dei globuli rossi associata ad una carenza di ferro. Il Forum Nazionale di Nefrologia e la diffusione delle malattie renali - L’evento riunisce specialisti provenienti da tutte le regioni italiane, per un confronto sui progressi scientifici relativi alla diagnosi ed il trattamento delle malattie renali, patologie che interessano circa 6 milioni di italiani, di cui circa 500.000 siciliani. Numerosi i temi trattati nella tre giorni dedicata ai reni, tra cui la qualità delle cure in nefrologia, le tecnologie innovative per la condivisione di informazioni tra medici, le nuove opzioni terapeutiche a disposizione dei nefrologi per il trattamento di alcune tra le più diffuse patologie renali e delle loro complicanze, come ad esempio l’iperparatiroidismo e l’anemia renale. Tra i maggiori esperti presenti al Congresso, la Professoressa Rosanna Coppo, Presidente Sin, Presidente del Forum e Direttore dell´Unità Operativa Autonoma di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Ospedale Regina Margherita, Torino; Professor Francesco Locatelli Past President della (Sin) e della Società Internazionale di Nefrologia, Presidente della Società di Nefrologia Geriatrica e Direttore del Dipartimento di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Renale dell’Ospedale Alessandro Manzoni di Lecco; il Professor Giovanni Giorgio Battaglia, Consigliere Sin, e Direttore dell’Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale S. Marta e S. Venera, Acireale (Ct).  
   
   
ARRIVA NEPHROMEET, LA COMMUNITY DEI NEFROLOGI: 1800 SPECIALISTI ON LINE AL SERVIZIO DEI PAZIENTI  
 
Giardini Naxos, 20 aprile 2011 – Nasce Nephromeet, la prima piattaforma virtuale che collega oltre 1800 nefrologi di tutta Italia: si tratta di una community in cui gli specialisti possono confrontarsi e ottimizzare le pratiche cliniche per garantire ai pazienti che soffrono di malattie renali il miglior trattamento possibile, in termini di diagnosi e terapie, in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. La nuova iniziativa è promossa dalla Sin, Società Italiana di Nefrologia ed è stata presentata oggi in occasione del National Forum di Nefrologia Amgen Dompé, che è anche sostenitore di Nephromeet. “La Sociètà Italiana di Nefrologia ha deciso di sfruttare le potenzialità delle tecnologie online per realizzare una rete delle conoscenze nefrologiche al servizio degli specialisti e, quindi, dei malati che potranno ricevere in tutta la penisola il miglior trattamento disponibile” – commenta il Dottor Giusto Viglino – Direttore Struttura Complessa di Nefrologia e Trapianto Ospedale di Alba. Così nasce iNephromeet: una piattaforma informatica che consente di pubblicare online su un sistema interattivo i documenti multimediali preparati e controllati da diversi board di esperti. Il servizio è a disposizione, inizialmente, di tutti i soci della società scientifica e, in un secondo momento, verrà aperta a tutti i Centri di Nefrologia Italiani. La rete è stata creata, in particolare, per consentire ai nefrologi di offrire ai pazienti il frutto delle competenze e delle esperienze di tutti gli specialisti italiani attraverso lo scambio di informazioni tra medici e centri geograficamente lontani. Il numero dei nefrologi in Italia, è, infatti, inferiore rispetto ad altre specialità mediche e le competenze ed esperienze non sempre sono omogenee. Nephromeet permette il confronto su esperienze e problematiche diverse tra loro, ma relative alla gestione di persone affette da malattie renali. Da qui il vantaggio della rete: la condivisione di dati sul trattamento dei pazienti completa la conoscenza specialistica, creando un surplus di valore per medici e malati. “Oggi vi è sempre più la necessità anche nell’ambito medico di avere strumenti che consentano di scambiare in modo rapido ed efficace informazioni e conoscenze” – aggiunge il professor Giovanni Giorgio Battaglia, Consigliere Sin, Direttore Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale S. Marta e S. Venera, Acireale (Ct) – “Questa necessità coinvolge non solo il mondo della ricerca, ma anche quello della pratica clinica in cui occorre condividere esperienze e competenze professionali acquisite in settori diversi della medicina. Il web fornisce straordinarie possibilità di soddisfare queste esigenze attraverso la creazione delle reti virtuali”. Nephromeet in pratica Il progetto nasce con l’obiettivo di creare un’area di condivisione delle conoscenze tra medici nefrologi e Unità Nefrologiche attraverso lo scambio di documenti multimediali che descrivono best practices, positional paper, procedure e percorsi diagnostici. Gli specialisti sono raggruppati in Gruppi di Studio (Gds), che lavorano in 6 differenti aree di ricerca: · Trattamenti depurativi in area critica · Accessi vascolari · Trattamento conservativo dell’Insufficienza Renale Cronica · Elementi traccia del metabolismo minerale · Immunopatologia renale · Adulto e bambino. Ciascun Gruppo di Studio carica sulla piattaforma virtuale i documenti di ricerca, anche sotto forma di immagini, filmati, presentazioni multimediali, tutti controllati da un caporedattore esperto. I file saranno poi visibili e scaricabili da tutti i soci Sin, in particolare i più giovani e meno esperti, principali utilizzatori del nuovo sito. Gli utenti hanno, inoltre, la possibilità di interagire con gli autori attraverso commenti o domande a cui gli esperti possono dare risposte anche attraverso la revisione dei documenti pubblicati. Malattie renali:oltre 6 milioni di italiani in cura e 5 milioni di potenziali pazienti In base a stime su dati Sin, la Malattia Renale Cronica (Mrc), o Insufficienza Renale cronica ( Irc) è ormai emersa come un problema di salute pubblica di prima grandezza. Nella popolazione adulta circa 1 individuo ogni 10 risulta essere affetto da insufficienza renale moderata, cioè una funzione renale dimezzata o più che dimezzata rispetto alla norma. Complessivamente, quindi, circa 6 milioni di italiani soffrono di una patologia renale. Di cui oltre 500.000 in Sicilia. Nel nostro paese, però, il problema è virtualmente sconosciuto dalla popolazione, ancora poco conosciuto e largamente sottovalutato dai medici e ignorato dagli organi di governo della salute pubblica regionali e/o nazionali. Più di 5 milioni di connazionali, infatti, non sanno di essere affetti da una malattia renale. Gli individui maggiormente a rischio sono quelli con età superiore a 60 anni, con familiarità per malattie renali, gli ipertesi, i diabetici e coloro che fanno abuso di farmaci antinfiammatori.  
   
   
CORSO: "DIETOTERAPIA NELL’ALZHEIMER"  
 
 Bolzano, 20 aprile 2011 - Aperte le iscrizioni al corso "Dietoterapia nell’Alzheimer" organizzato dalla Scuola provinciale in lingua italiana per le professioni sociali che ha sede in via S. Geltrude,3 a Bolzano. Tutt’oggi non esistono terapie farmacologiche valide per prevenire o curare l’Alzheimer. Recenti studi però hanno dimostrato come una dieta sana ed equilibrata rallenti l’aggravamento dei sintomi. Un’educazione alimentare corretta degli operatori e dei familiari, improntata sulla prevenzione della malnutrizione, potrebbe essere un grande passo per migliorare la qualità della vita di questi pazienti e dei loro familiari. Il corso, che si terrà il 17 e il 18 maggio 2011, è rivolto ad operatori e familiari fornisce indicazioni utili in questo ambito. Le iscrizioni si chiuderanno il 6 maggio 2011. Per ulteriori informazioni ed iscrizioni: Scuola Provinciale per le Professioni Sociali, “L. Einaudi” - Bolzano, via S. Geltrude, 3 - Uff. Formazione Continua tel. 0471/ 414456--4418 – fax 0471/414455. Sito internet: http://www.Sociale-einaudi.fpbz.it  
   
   
SPORT: ACCORDO REGIONI-CONI PER AZIONI COMUNI CON IL GOVERNO  
 
Trieste, 20 aprile 2011 - Un documento composto da 14 punti, dall´osservatorio dell´impiantistica sportiva al censimento delle strutture esistenti ma anche un piano per definire l´accesso ai fondi europei destinati allo sport e la lotta al doping, è stato al centro di un incontro che ha visto impegnato a Roma l´assessore regionale Elio De Anna con in vertici nazionali del Coni. Alla presenza del presidente Gianni Petrucci, del segretario generale Raffaele Pagnozzi e del presidente della Federbocce, Romolo Rizzoli, è stato preso in esame la proposta progettuale che ha trovato il pieno assenso del mondo sportivo. Assieme agli assessori allo Sport del Lazio e della Puglia, De Anna ha illustrato la proposta per un documento comune da condividere successivamente anche con il Governo nazionale. Tra i 14 punti qualificanti, particolare rilievo è stato dato all´impiantistica sportiva ed al correlato piano quinquennale per la messa in sicurezza ed il recupero del patrimonio esistente, utilizzando a questo scopo risorse europee. Spazio anche all´armonizzazione degli interventi di Governo e Coni nella scuola primaria (alfabetizzazione motoria) con l´azione di sostegno delle Regioni all´attività delle scuole medie e superiori (giochi e campionati studenteschi). Infine, l´aspetto salutistico dello sport, inteso come prevenzione delle malattie, contrasto alle devianze quali alcool, bullismo, droghe, obesità giovanile e tabagismo. A ciò si è aggiunto la lotta al doping che vede molte Regioni interessate in quanto titolari della sanità ed impegnate nel contenimento della spesa anche attraverso programmi di prevenzione che coinvolgono lo sport.