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LUNEDI

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Notiziario Marketpress di Lunedì 22 Febbraio 2010
NUOVI INGRESSI IN UNICOM: FRAME E MEDIAKEYS ITALIA  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - Due nuove Associate nella struttura guidata da Lorenzo Strona; il Consiglio Direttivo di Unicom nella sua riunione del 16 Febbraio, ha accolto le domande di ammissione di: Frame (Antonio De Vito) Nata come Società di comunicazione, servizi cine-televisivi ed organizzazione di grandi eventi per iniziativa di esperti operatori del settore, è oggi una Società di servizi con sedi a Napoli, Torino, Milano, Padova e Roma dotata di una solida struttura patrimoniale e di un altissimo contenuto tecnologico con un portfolio clienti di broadcaster, agenzie e aziende attivi nel campo della comunicazione a livello internazionale, Enti Pubblici ed importanti aziende private. 80142 Napoli - Via Amerigo Vespucci, 9 - Tel 0815735354 - Fax 0815733394 - info@frameitalia. It - www. Frameitalia. It Mediakeys Italia (Maria Clotilde Spallarossa) Agenzia Media Internazionale e Indipendente. Grazie all’approfondita conoscenza dei diversi mercati internazionali e alla presenza di filiali di proprietà nelle principali aree strategiche, Mediakeys è in grado di supportare i propri clienti con un media mix che combina le specifiche esigenze di comunicazione del cliente con gli scenari locali, raggiungendo il target di riferimento in maniera efficace e con azioni di comunicazione sinergiche e omogenee. Allo studio di soluzioni media che coinvolgono i mezzi esistenti, abbiniamo una ricerca di soluzioni sempre originali ed esclusive per campagne out-of-home intendendo quindi tutto il complesso mondo dell’esterna inclusa una serie di attività che riguardano l’ideazione e la realizzazione di azioni ambient e viral. Le 10 filiali e l’Hq di Parigi garantiscono una presenza realmente globale che ci consente di costruire forti relazioni con le concessionarie e di avere un alto grado di specializzazione e una profonda conoscenza dei mercati e delle dinamiche locali. Gestiamo campagne internazionali e multimediali per grandi brand quali Samsung,air France, L’oreal, Dolce & Gabbana, Guess. 16129 Genova - Via Montevideo, 1/15 - Tel 0105960000 - Fax 0105701374 - mediakeys@mediakeys. It - www. Mediakeys. Com L’elenco completo ed aggiornato in tempo reale delle Associate Unicom è reperibile sul sito www. Unicomitalia. Org .  
   
   
IN 1.090 BIBLIOTECHE CON LA CARTA DEI SERVIZI FONDI A MILANO N/O, MELZO/MI, VIMERCATE/MB, CASALMAGGIORE/CR  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - Salirà a 1. 090 il numero delle biblioteche lombarde nelle quali gli utenti potranno utilizzare, anche per il prestito bibliotecario, la Carta Regionale dei Servizi. La Giunta regionale, su proposta dell´assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, Massimo Zanello, ha dato infatti approvato uno stanziamento di 75. 000 euro per il progetto "Sistema integrativo per l´utilizzo della Crs per accedere ai servizi bibliotecari" a favore di quattro sistemi bibliotecari. "Uno strumento innovativo come la Crs - sottolinea Zanello - consente alle biblioteche di sostituire la tradizionale tessera cartacea e allo stesso tempo permette ai cittadini di accedere a determinati servizi anche da casa". "Sono 620 - ricorda l´assessore - le biblioteche che già utilizzano la Crs come strumento per accedere ai servizi bibliotecari mentre altre 310 stanno aderendo a questo sistema. Con questi nuovi finanziamenti rispondiamo all´esigenza di innovazione di quattro sistemi bibliotecari che coinvolgono complessivamente 160 biblioteche". I fondi andranno a questi sistemi bibliotecari: Milano - Consorzio Sistema Bibliotecario Nord Ovest Milano: 25. 000 euro. - Sistema Bibliotecario Milano Est - comune capofila Melzo: 18. 000 euro. Monza-brianza - Sistema Bibliotecario Vimercatese: 20. 000 euro. Cremona - Sistema Bibliotecario Casalasco Cremonese (Comune capofila Casalmaggiore): 12. 000 euro. .  
   
   
L’INVENZIONE DI KUTA. LA SCRITTURA E LA STORIA DEL LIBRO MANOSCRITTO  
 
Trento, 22 febbraio 2010 - Sarà presentato mercoledì 24 febbraio, alle ore 17. 00, presso la Sala Verde del Centro Europa in via Romagnosi a Trento, “L’invenzione di Kuta. La scrittura e la storia del libro manoscritto”. Si tratta di un accattivante volume illustrato per ragazzi di Roberto Piumini, Adriana Paolini e Monica Zani. Il libro è edito da Carthusia con il sostegno della Soprintendenza per i Beni librari archivistici e archeologici della Provincia autonoma di Trento e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. All’incontro interverranno l’assessore provinciale alla cultura, rapporti europei e cooperazione, Franco Panizza e Attilio Bartoli Langeli, già docente di paleografia presso l´Università di Padova. Saranno inoltre presenti due degli autori, Roberto Piumini e Adriana Paolini, oltre a Patrizia Zerbi della casa editrice Carthusia. Perché scriviamo? Cos’è la scrittura? Chi l’ha inventata? Chi scriveva, e come, nei tempi antichi? “L’invenzione di Kuta. La scrittura e la storia del libro manoscritto” risponde a queste domande raccontando la storia del libro manoscritto e della comunicazione scritta, dalla nascita della scrittura fino all’invenzione della stampa, con un’attenzione particolare ai luoghi, i modi, i materiali e i supporti della scrittura. Il percorso è articolato in otto sezioni tematiche, nelle quali i racconti di Roberto Piumini introducono alle sezioni di approfondimento storico curate da Adriana Paolini. Il lettore è accompagnato nel suo viaggio dalle illustrazioni di Monica Zani e dalle fotografie originali di papiri, iscrizioni, manoscritti, miniature conservati negli archivi e nelle biblioteche italiane. Il progetto editoriale, innovativo per l´argomento affrontato in un linguaggio e una veste grafica diretti ai ragazzi, è di Carthusia Edizioni, casa editrice milanese specializzata in libri per ragazzi. Con la propria partecipazione al progetto la Soprintendenza per i Beni librari archivistici e archeologici intende promuovere, attraverso la realizzazione di laboratori di scrittura e il coinvolgimento di bibliotecari, educatori e insegnanti delle scuole elementari e medie inferiori, la comprensione di una materia tanto importante quanto ancora poco conosciuta come la storia della scrittura e dei materiali scrittori. L’utilizzo del volume come punto di partenza e riferimento per tali attività didattiche garantisce ai bambini e ai ragazzi anche un primo approccio al patrimonio librario e archeologico locale, in quanto una parte consistente delle immagini fotografiche che corredano il testo è tratta da fonti trentine. “L’invenzione di Kuta. La scrittura e la storia del libro manoscritto” è disponibile gratuitamente per le scuole e le biblioteche del Trentino, per progetti di laboratori di scrittura o analoghe iniziative. Gli interessati potranno farne richiesta rivolgendosi alla Soprintendenza (tel. 0461 494468, sopr. Librariarchivisticiarcheologici@provincia. Tn. It). . .  
   
   
OGGI IN OCCASIONE DELLA GIORNATA NAZIONALE DEL BRAILLE ´OPEN DAY´ ALLA STAMPERIA BRAILLE DELLA REGIONE TOSCANA DALLE 9 ALLE 15 VISITE GUIDATE SU PRENOTAZIONE PER LE SCUOLE TOSCANE  
 
 Firenze, 22 febbraio 2010 - Una giornata aperta a tutti ed in particolare alle scuole della Toscana curiose di conoscere le attività svolte dalla Regione per i non vedenti attraverso la Stamperia Braille. Il 21 febbraio è la Giornata Nazionale del Braille ed il giorno dopo, il 22 febbraio, la Regione in collaborazione con l´Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti Toscana organizza un ´Open day´ presso la Stamperia Braille a Firenze. Chiunque sia interessato ad entrare in contatto con questa importante realtà non deve far altro che recarsi, a partire dalle ore 9, in via Aurelio Nicolodi 2, zona Campo di Marte. Dalle ore 9 alle ore 15, su prenotazione, le scuole interessate potranno effettuare una visita guidata e vedere come si producono e traducono i testi in Braille attraverso le tecnologie attualmente a disposizione. Potranno inoltre ammirare i macchinari che venivano utilizzati un tempo per la trascrizione e la stampa. Per informazioni e prenotazioni telefonare allo 055 4382801 oppure inviare una email a cecilia. Trinci@regione. Toscana. It . .  
   
   
PRESENTATO VOLUME SUI GEOSTI DEL FVG  
 
 Milano, 22 febbraio 2010 - È dedicato agli appassionati della ricerca scientifica, ma anche a chi vuole conoscere la storia della geologia in Friuli Venezia Giulia, il libro dedicato ai geositi presentato il 20 febbraio nel corso della Bit, la Borsa internazionale del turismo in corso di svolgimento a Milano. La pubblicazione, realizzata dal servizio geologico della Direzione centrale Ambiente e Lavori Pubblici della Regione in collaborazione con l´Università degli studi di Trieste, è il risultato di un progetto che parte da un database georeferenziato, contenente centinaia di schede descrittive e migliaia di immagini. L´archivio potrà essere utilizzato dalla comunità regionale e dagli Enti locali per una corretta gestione e valorizzazione del territorio. Dalla grande mole di dati raccolti è stata compiuta poi una scelta sui siti di maggiore valenza, racchiusi nelle pagine del volume. Dei 458 luoghi mappati, 184 sono stati definiti ad alta valenza geologica e nel volume ne sono descritti in schede i caratteri salienti. Si sono riconosciuti infatti 19 geositi a carattere sopranazionale, 37 a carattere nazionale e 128 a carattere regionale. Il volume si compone di 383 pagine, 559 fotografie, quasi tutte inedite, 200 piantine, nonché di un centinaio fra schemi e disegni. Nella prima parte della pubblicazione, una trentina di pagine sono dedicate a una sintetica illustrazione delle peculiarità geologiche e geomorfologiche della nostra regione. Dallo studio emerge che in Friuli Venezia Giulia esistono rocce che hanno fino a 450 milioni di anni, coinvolte in ben due orogenesi. Nelle altre 350 pagine i 184 geositi sono illustrati, riportandone i dati essenziali accompagnati dalle foto che consentono di comprendere meglio le peculiarità e le caratteristiche. Di ogni geosito sono riportati il nome, la località più vicina, il comune, la provincia in cui si trova, il giudizio sintetico, il tipo di interesse geologico e l´accessibilità. La base cartografica utilizzata sono le mappe in scala 1:25. 000 o 1:100. 000 messe a disposzione Casa Editrice Tabacco. A seguire la descrizione, accompagnata da immagini e schemi, delle caratteristiche geologiche e del significato didattico ed esemplificativo che giustifica la geodiversità del sito e l´interesse pubblico alla sua conoscenza, protezione e valorizzazione. Come ricordato dall´assessore regionale all´Ambiente, Elio De Anna, nel corso della conferenza stampa, questa importante pubblicazione dovrà essere ora divulgata innanzitutto nelle biblioteceche di tutti i Comuni e nelle scuole. "Il testo - ha affermato De Anna - può essere un utile compendio per chi studia la geografia e la geologia. Ed è per questo motivo che intendiamo portarlo in queste sedi per accrescere la conoscenza e la cultura del nostro territorio, che di recente si è impreziosito con l´inserimento delle Dolomiti Friulane nel patrimonio mondiale dell´Unesco". "Questa pubblicazione - ha aggiunto l´assessore - si rivolge anche ad altri vari settori della comunità regionale interessati all´argomento: dagli enti locali ai musei ma è anche un utile supporto a eventuali iniziative turistiche basate sulla nuova concezione di utilizzo ecocomaptibile del territortio". .  
   
   
LOMBARDIA. 1 MILIONE PER I BANDI DELLO SPETTACOLO 2010  
 
Milano, 18 febbraio 2010 - Saranno finanziati con 1. 050. 000 euro i bandi destinati a promuovere cinema, teatro, musica e danza nel 2010. Lo ha deciso la Giunta regionale, su proposta dell´assessore alle Culture, Identità e Autonomie, Massimo Zanello, che ha approvato la "Programmazione degli interventi delle attività di spettacolo per l´anno 2010". Questa la ripartizione dei fondi: Attività cinematografiche ed audiovisive: 200. 000 euro - Attività teatrali: 350. 000 euro - Attività musicali e della danza: 500. 000 euro La dotazione iniziale potrà essere incrementata in base alla disponibilità del bilancio 2010. La modulistica dei bandi, che verranno aperti nei prossimi mesi, sarà consultabile al sito www. Lombardiacultura. It. "Nonostante i tagli al settore dello spettacolo - sottolinea Massimo Zanello - rispetto alla dotazione iniziale del 2009, siamo riusciti a incrementare di 150 mila euro i finanziamenti per i bandi del 2010". . .  
   
   
DA REGIONE LOMBARDIA 47.000 EURO PER PROMOZIONE CULTURALE  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - La Giunta regionale, su proposta dell´assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, Massimo Zanello, ha dato il via libera al secondo provvedimento per l´anno 2010 dedicato alle iniziative di promozione educativa e culturale con la collaborazione di soggetti pubblici e privati che prevede uno stanziamento complessivo di 47. 000 euro. I fondi andranno all´associazione culturale Mobile Design per il progetto "D-flux, giornale mobile del design" (35. 000 euro) e all´associazione culturale il Bozzolo per l´iniziativa "A cantala l´è mei - canti e racconti della tradizione lombarda" (12. 000 euro). - D-flux, giornale mobile del design, si svolgerà a Milano dal 14 al 19 aprile 2010, in concomitanza con il Salone del Mobile. Il progetto consiste in una serie di incontri e seminari, organizzati all´interno di un´apposita area, che hanno l´obiettivo di approfondire le tematiche culturali e artistiche emerse durante la manifestazione del Mobile. All´interno della meeting area saranno presenti anche dieci redazioni mobili e una redazione centrale che, tramite l´apporto di giornalisti, illustreranno con filmati, approfondimenti e interviste, in tempo reale, gli eventi in corso durante il Salone del Mobile 2010. I visitatori potranno accedere al "giornale mobile" tramite dispositivi multimediali e interattivi. - A cantala l´è mei - canti e racconti della tradizione lombarda è un´iniziativa di promozione e valorizzazione di storia, musica, e tradizione lombarde. Il progetto, in programma fino al 24 luglio 2010, prevede l´esecuzione in 12 diversi località lombarde, di un recital di canti popolari che faranno da supporto al racconto dei vari aspetti della vita in cui erano coinvolte le generazioni del passato. Nel corso delle diverse tappe, per l´allestimento della coreografia che farà da sfondo allo spettacolo, verrà coinvolta la popolazione locale. I comuni in cui si svolgeranno le rappresentazioni sono: Bormio (So), Brescia, Cislago (Va), Venegono Superiore (Va), Isola Dovarese (Cr), Cremona, Drezzo (Co), Solbiate Comasco (Co), Cantù (Co), Lipomo (Co), Seveso (Mb) e San Benedetto Po (Mn). "Con questo intervento - ha ricordato l´assessore Massimo Zanello - promuoviamo la cultura coniugando modernità e tradizione. Da una parte sperimentiamo nuove forme di comunicazione dall´altra riscopriamo i canti popolari con i loro preziosi consigli validi ancor oggi". . .  
   
   
L’ORO DI NAPOLI DAI RACCONTI DI GIUSEPPE MAROTTA SUL PALCOSCENICO DEL MANZONI  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - “Una dichiarazione d’amore per Napoli, città splendida e miserabile, amorosa e spietata, e per i suoi abitanti, disperati, poveri, ricchi di fantasia, magnifici, capaci di inventarsi la vita giorno per giorno. In questi racconti la Napoli di un tempo rivive senza pietismo o retorica, ma con commossa, asciutta, a volte divertita partecipazione. ” - Così nel risvolto di copertina del libro. “Film in sei episodi, tratti dall’omonimo libro di Giuseppe Marotta, “Trent’anni, diconsi trenta”, “Gente nel vicolo” e “La gente di Napoli”, “I giocatori”, “Personaggi in busta chiusa”, “Don Ersilio Miccio vendeva saggezza”. Difficile fare una graduatoria in un film di insolita omogeneità, tematica e stilistica, se non basandosi sui gusti personali. Di Marotta si accentua la vena umoristica più che quella malinconica, l’allegria più che la tristezza. L’oro di Napoli è la pazienza, “la possibilità di rialzarsi dopo ogni caduta; una remota, ereditaria, intelligente, superiore pazienza. ” E’ il suo tema conduttore. Non è un film neorealista. Di maniera nel suo bozzettismo? Toppo teatrale e calligrafico? Forse, ma riscattato dalla sagace direzione desichiana degli attori e dallo stesso teatralismo del popolo dei bassi napoletani. ” - Così sul film di De Sica del 1954. E’ da quel ‘teatralismo’ che si intende partire per un’edizione teatrale de ‘L’oro di Napoli’, e da quella miriade di personaggi e di situazioni che, come nella ‘Mappata’ di Salvatore Di Giacomo dove i poveri vengono raccolti tutti in un lenzuolo, in questo caso se ne raccolgono le storie, dolenti o comiche, tragiche o paradossali, in un unico di quei palazzoni di cui pullula il centro storico di Napoli. E, come a strati, progressivamente ne scopriamo gli interni, e negli interni gli episodi, e negli episodi i personaggi che, a prescindere dagli stessi singoli episodi, interloquiscono tra loro nell’androne, tra le scale, nella strada, sui pianerottoli del palazzo-microcosmo, dando vita a quella coralità dolente e magica di una Napoli anche furbesca ed ingannatrice, ma non imbastardita da un degrado che sembra inarrestabile. Per cui questa edizione teatrale de ‘L’oro di Napoli’ di Giuseppe Marotta non sarà, come ormai troppo spesso accade in teatro, una pedissequa riproposta del film di De Sica, ma una ricomposizione totalmente nuova dei suoi racconti, di cui alcuni sfruttati anche dal film, ma altri completamente inediti da un punto di vista spettacolare e tratti direttamente dagli scritti di Giuseppe Marotta. Così dagli intenti teatrali del 2009. (A cura di Armando Pugliese) .  
   
   
AL PICCOLO TEATRO STREHLER IL RITORNO DEL “SOGNO”: LE RAGIONI DELL’AMORE SECONDO RONCONI  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - Dopo lo straordinario successo ottenuto nella scorsa stagione e la tappa spagnola del luglio scorso – nell’ambito del Festival Grec al Teatro Nacional de la Catalunya di Barcellona – torna al Piccolo Teatro Strehler, dal 5 al 21 marzo 2010, il Sogno di una notte di mezza estate, diretto da Luca Ronconi, che nel settembre 2009 ha vinto il Premio Eti – gli Olimpici del Teatro come miglior spettacolo della stagione. “Nel mio Sogno non c’è spazio per sospiri o languori”, spiega Luca Ronconi. “Gli attori non recitano il sentimento d’amore quanto piuttosto le ragioni di quell’amore. E’ sostanzialmente una commedia di scambi: tra sogno e veglia, tra persone e nell’intimo delle persone stesse. Un testo”, continua il regista, “che si presta a più livelli di lettura, ricco com’è di simboli, allegorie, risvolti psicanalitici. Ma è anche la storia di una iniziazione all’amore - quattro giovani sono alle prese con i misteri del sentimento e della passione - particolarmente adatta a essere interpretata da un gruppo di giovani che scoprono i trucchi del teatro come i loro personaggi restano vittime di quelli dell’amore”. Le scene, realizzate da Margherita Palli, raccontano i luoghi del Sogno, Atene e Foresta, rappresentati da lettere dell’alfabeto di svariati colori e misure che si compongono e si scompongono interagendo con le luci di Aj Weissbard. Le lettere, muovendosi, diventano di volta in volta alberi, sedie, palcoscenico per i comici, luci della metropoli, affollando o svuotando la scena, mentre la luce diffusa e chiara di Atene si arrende alle ombre e all’incertezza della Natura. I costumi sono firmati da Antonio Marras, uno degli stilisti più creativi e attesi ad ogni stagione, al crocevia tra moda e arte, tra saperi tradizionali e progettualità contemporanea. .  
   
   
CLAUDIO BATTA, IN SCENA AL TEATRO DERBY DI MILANO  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - Per tutte le persone del mondo, il cibo e´ un elemento di vita, piacevole, ma soprattutto necessario alla sopravvivenza, per la gran parte degli italiani invece mangiare è una cosa sacra, qualcosa che assomiglia ad un rito religioso basato su valori dogmatici. ". Sta arrivando la fine del mondo?. Ma come!! Proprio adesso che sono davanti a un piatto di tagliolini al tartufo!" “…ma nell’amatriciana ci và o no la cipolla. ?”. Probabilmente una discussione relativa alla preparazione di una pietanza può assumere toni simili a quelli che si usano nei bar dove si parla di calcio, e siamo probabilmente l’unico popolo che parla di cibo e organizza pranzi e cene mentre è seduto al ristorante a mangiare! Andare a mangiare fuori poi e´ una moda da molto tempo, ci sono ristoranti di tendenza di ogni tipo e variano in base alle epoche storiche: prima c’era il cinese e la paella dei ristoranti spagnoli, poi sono arrivati i wine-bar e il macrobiotico, ora c’è il kebab, il sushi e tutto ciò che sembri minimamente esotico, afghano, vietnamita, eritreo, turco… per non parlare dell’evergreen fast-food, fino a poi finire nelle trattorie tipiche delle varie regioni a mangiare “le cose di una volta” pagandole a peso d’oro. Ma cosa succede nelle cucine dei ristoranti dove mangiamo? Quando ci mettiamo a tavola, sappiamo cosa stiamo mangiando? Da qualche anno siamo diventati tutti gourmet e sommelier, abbiamo imparato a malapena che il bianco va con il pesce e il rosso con la carne, ma se qualcuno ci riempie un bicchiere con del vino bianco e aggiunge un po´ di rosso, sarà facile sentir dire: "ottimo questo rosé!". Non siamo più quello che mangiamo, come diceva Feuerbach, ma siamo quello che compriamo. Ma cosa compriamo? E quanto compriamo? Facciamo male la spesa ed è statisticamente provato che spesso compriamo molto più del necessario, con l’unico risultato che il 30% della nostra spesa finisce nella pattumiera… E infine non può mancare nello spettacolo di Claudio Batta, un’acuta osservazione su un’altra passione tutta italiana, che vanifica l’altrettanto italiana passione per il cibo, ovvero le diete! Intorno al mese di Aprile, ogni anno, ormai indistintamente uomini e donne, iniziano a preoccuparsi per la loro linea ed iniziano ad assumere sostanze ipocaloriche per la "prova costume", ma qualcuno si è mai chiesto cosa c´e´ dentro un cibo dietetico? Claudio batta in questo monologo affronta, con uno stile inevitabilmente comico, l´argomento alimentazione, ironizzando sulle abitudini degli italiani a tavola, attraversando i territori più o meno conosciuti delle frodi, delle sofisticazioni alimentari e della ristorazione. Uno spettacolo per riflettere ridendo. . .  
   
   
NELLA SCATOLA MAGICA DEL PICCOLO TEATRO STREHLER PIERO MAZZARELLA RACCONTA BERTOLDO IN LINGUA E DIALETTO, A 400 ANNI DALLA MORTE DI GIULIO CESARE CROCE  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - Una nuova produzione del Piccolo Teatro di Milano, a cura di Giuseppina Carutti. “Piero Mazzarella racconta Bertoldo in lingua e dialetto”, spettacolo ‘da camera’ prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, va in scena dal 3 al 12 marzo 2010, nella Scatola Magica del Piccolo Teatro Strehler, nel quarto centenario della morte di Giulio Cesare Croce. Protagonista Piero Mazzarella chiamato a dar voce allo straordinario personaggio di Bertoldo. Il testo, del 1606, scritto in italiano, ma pensato in dialetto, porta “la mano di ferro e la mano bambina” di Giulio Cesare Croce, che alternò il mestiere di fabbro a quello di cantastorie, e quando si votò interamente alla seconda professione, cominciò a girare di mercato in mercato e rimase sempre povero, nonostante il successo popolare. E’ uno dei pochissimi testi di autentica vena popolare della nostra letteratura. Il linguaggio alto e basso, fitto di proverbi e allegorie, di immagini e scene di teatro, sono la cifra del corposo villano Bertoldo, intento a rivendicare, di fronte ai potenti e ai ricchi, la dignità umana del ceto contadino, oltraggiata da millenarie umiliazioni. Un ritratto più grande del vero, di comicità e di ferocia, di pietà e di rivolta che ben si adatta alla natura di Mazzarella (che nel ´78 interpretò per la televisione Bertoldo e il suo Re per la regia di Silverio Blasi) e alla sua voce "fasciata di bruma" fatta apposta per narrare a soggetto. L’attore meneghino racconterà, infatti, senza copione, in lingua e dialetto, tenendo conto delle varianti dialettali tra Sei e Settecento, specie di quella Bolognese stampata da Lelio della Volpe, e arricchendo la trama di aneddoti, soggetti dal suo repertorio, come fanno i cantastorie. Www. Piccoloteatro. Org .  
   
   
AL TEATRO ALLA SCALA PER LA STAGIONE D’OPERA E BALLETTO 2009 ~ 2010 DA UNA CASA DI MORTI, OPERA IN TRE ATTI DI LEOŠ JANáČEK  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - Primo atto. Nel cortile di un campo di detenzione sull’Irtyš, in Siberia. Mentre si lavano, di prima mattina, i prigionieri litigano tra loro e parlano dell’arrivo di un nuovo detenuto, un nobile chiamato Aleksandr Petrovič Gorjančikov. Questi sopraggiunge: è un prigioniero politico e il Comandante ordina che gli siano subito inflitti cento colpi di frusta. Nell’indifferenza per le grida di dolore di Gorjančikov, i detenuti tormentano un’aquila dalle ali tarpate, pur ammirandone la fierezza, sino a quando, su ordine del Comandante, sono trascinati al lavoro dalle guardie. Metà di loro si allontanano per recarsi ai lavori forzati cantando una triste canzone. Tra quelli che rimangono c’è Skuratov, che canta brani di un allegro motivo e inizia a litigare con Luka. Rammentando la sua vita a Mosca, dove faceva il ciabattino, Skuratov si getta in una danza selvaggia sino a crollare esausto al suolo. Dal canto suo Luka, intento a cucire, racconta di come fosse già stato imprigionato una prima volta per vagabondaggio; in quell’occasione aveva incitato i compagni di detenzione a ribellarsi, uccidendo il maggiore intervenuto a sedare la rivolta, e per questo era stato frustato sin quasi a morirne. Il Prigioniero più anziano, che non distingue più la vita dalla morte, chiede a Luka se poi fosse morto davvero. Nel frattempo Gorjančikov, che è stato appena punito in modo simile, viene riportato indietro dalle guardie. Secondo atto. Un anno dopo sulle rive dell’Irtyš, con vista sulla steppa. I prigionieri stanno lavorando intorno a una barca. Gorjančikov chiede al tartaro Aljeja della sua famiglia e si offre di insegnargli a leggere e scrivere; proposta che il giovane accetta con entusiasmo. Il suono lontano delle campane annuncia i giorni della Pasqua, durante i quali i detenuti allestiscono rappresentazioni teatrali; per assistervi sopraggiungono il Comandante con il Pope e alcuni ospiti. Mentre i prigionieri siedono per mangiare, Skuratov racconta la sua storia: in una città tedesca del Volga si era innamorato di una ragazza, Louisa, indotta però a sposare un vecchio parente; così egli si era presentato alla festa di fidanzamento e lo aveva ucciso. Ma i detenuti pensano soltanto al teatro. Ora si rappresentano due commedie, per lo più come pantomime. La prima è Kedril e Don Giovanni, dove oltre al libertino dissoluto, ghermito alle fine dai diavoli, e al suo servitore Kedril compaiono Elvira, un cavaliere, la moglie del ciabattino e quella del pope. La seconda è La bella mugnaia: mentre il marito è assente la protagonista riceve i suoi amanti, ma gli uomini sono costretti a nascondersi l’uno dopo l’altro per l’arrivo dell’amante successivo; il mugnaio sopraggiunge e getta i primi due fuori di casa ma viene ucciso dal terzo, un bramino che si rivela essere Don Giovanni, si trasforma in diavolo e si mette a danzare con la mugnaia fino alla morte. Si sta facendo buio; finita la rappresentazione, i prigionieri ritornano al campo intonando canzoni popolari. Il Prigioniero giovane si rivolge a una Prostituta. Il Prigioniero piccolo, poi, irritato dal comportamento da nobile di Gorjančikov, gli scaglia contro il recipiente per il tè ma invece di Aleksandr Petrovič colpisce Aljeja, ferendolo gravemente. Le guardie s’affrettano a riportare l’ordine. Terzo atto. Nell’infermeria del campo, verso sera. Giacciono malati alcuni detenuti: sono Aljeja, vegliato da Gorjančikov, Šakpin, il Prigioniero più anziano, Luka moribondo e Skuratov ormai impazzito. Cala la notte e quando gli altri detenuti s’addormentano Šiškov racconta a Čerevin la propria tragica storia. La sua colpa è di avere ucciso la donna che amava, Akulka, promessa sposa di Filka Morozov. Questi, incassato il denaro della dote, si era però rifiutato di sposarla affermando di aver già posseduto la ragazza. Allora Akulka era stata costretta a sposare Šiškov, il quale durante la prima notte di nozze, pronto a percuoterla, aveva dovuto constatarne la verginità. Šiškov aveva allora rinfacciato a Filka di aver calunniato Akulka, ma questi lo aveva accusato di essere troppo ubriaco quella notte per poter giudicare la condizione della ragazza. Quando poi, duramente percossa, Akulka aveva confessato di amare ancora Filka, nonostante tutto, Šiškov l’aveva assassinata. Durante il racconto, Luka geme sempre più di dolore e spira proprio quando Šiškov evoca il momento in cui aveva colpito Akulka con il coltello. Soltanto una volta che Luka è morto Šiškov riconosce in lui l’odiato Filka e lo maledice. A questo punto, il Prigioniero più anziano commenta che anche Filka ha avuto una madre. Nel cortile del campo di detenzione. Il Comandante, ubriaco, comunica a Gorjančikov che la domanda di grazia che lo riguarda è stata accolta. Ad Aleksandr Petrovič sono tolte le catene: egli è finalmente libero. Aljeja viene a salutarlo e i prigionieri ne celebrano la liberazione lasciando che l’aquila catturata tenti di alzarsi in volo. Ma subito l’ordine gridato dalle guardie di riprendere il lavoro riporta i detenuti alla disperata cupezza della loro prigionia. .  
   
   
UNA GIORNATA CHOPIN ALLA SCALA  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - Lunedì 1 marzo 2010, data in cui ricorre il duecentesimo anniversario della nascita di Fryderyk Chopin, la Scala dedica una giornata al compositore polacco. Due gli appuntamenti, nei quali si evoca lo spirito della Parigi in cui Chopin operò. Alle 12, nel Ridotto dei Palchi “Arturo Toscanini”, il pianista Alain Planès e la signora Fernanda Giulini terranno una conferenza-concerto in cui, grazie alla presenza di due fortepiano Pleyel, si ricostruirà anche il suono dello strumento su cui Chopin componeva e che mai abbandonò fino agli ultimi anni di attività. Alle 17. 30, sempre nel Ridotto dei Palchi, il maestro Alain Planès terrà un concerto chopiniano sugli strumenti offerti dalla signora Giulini: due Pleyel rispettivamente del 1839 e del 1852. Dall’1 marzo, uno dei due strumenti originali, praticamente identico al Pleyel posseduto da Chopin, costruito negli stessi mesi e con numero di matricola vicinissimo, verrà esposto nella vicina Sala dell’Esedra del Museo Teatrale della Scala, dove il pubblico del Ciclo Chopin-schumann potrà vederlo anche durante gli intervalli dei concerti. Il pubblico della conferenza-concerto delle 12 sarà composto da studenti, organizzati dall’Ufficio Promozione Culturale della Scala, mentre il concerto delle 17. 30 sarà a ingresso libero, fino a esaurimento dei posti. .  
   
   
EGON SCHIELE, E IL CLIMA CULTURALE DI VIENNA NEI PRIMI ANNI DEL XX SECOLO: UNA GRANDIOSA MOSTRA A PALAZZO REALE DI MILANO  
 
 Milano, 22 febbraio 2010 - Realizzata in collaborazione con il Leopold Museum di Vienna – sede della maggiore raccolta al mondo di opere del grande artista austriaco Egon Schiele (1890-1918) –, promossa dal Comune di Milano, Assessorato alla Cultura, coprodotta e organizzata da Palazzo Reale, la mostra che apre il 24 febbraio a Palazzo Reale a Milano, curata da Rudolf Leopold, direttore artistico del Leopoldmuseum, e Franz Smola, conservatore del Museo austriaco, presenta circa 40 dipinti e opere su carta di Schiele, accompagnati da altrettanti capolavori di Klimt, Kokoschka, Gerstl, Moser e vari altri protagonisti della cultura viennese di primo Novecento. La mostra ricostruisce attorno alla figura di Egon Schiele, il clima culturale di Vienna nei primi anni del Xx secolo, partendo dalla fondazione della Secessione, attraversando le tendenze espressioniste della generazione successiva, fino al 1918, anno segnato dalla fine della prima guerra mondiale e dalla morte di Klimt e Schiele. Un breve ma intenso periodo, in cui Vienna, da centro della cultura mitteleuropea, diventa teatro di rovina della vecchia Europa. Si tratta di una rara occasione per ammirare, affiancati alle grandi opere esposte di Schiele, tra cui i celeberrimi Donna inginocchiata con abito rosso-arancione (1910), La danzatrice Moa (1911), Autoritratto con alchechengi (1912), Case con biancheria colorata (periferia) (1914), Donna accovacciata con foulard verde (1914), Donna distesa (1917), altri capolavori dell’Espressionismo austriaco come Autoritratto con busto nudo su fondo blu (1904-1905) di Richard Gerstl, Venere nella grotta (1914) di Kolo Moser, Autoritratto con mano sul viso (1918-1919) di Oskar Kokoschka, che per la prima volta sono riuniti in un progetto tanto ambizioso, quanto completo ed esaustivo. Schiele nasce nel 1890 a Tulln, una cittadina nei pressi di Vienna. A quell’epoca, la capitale asburgica conosce una straordinaria crescita demografica ed è un centro commerciale e culturale fiorente e di forte richiamo, riferimento per lementi più vivaci dell’Impero. Il clima artistico è animato in quegli anni dallo scontro di correnti di stampo opposto e dall’affermarsi di spinte innovative quali, prima fra tutte, la Secessione fondata nel 1897,presieduta da Gustav Klimt. Essa riconosce all’arte il ruolo di forza propulsiva,ma anche di denuncia della realtà e, in quanto tale, di forza redentrice dal falso moralismo della società dominante. L’inclinazione a contenuti simbolici, così come l’abbandono della prospettiva, la centralità della figura umana incastonata in uno spazio piatto, sono elementi tipici dell’arte secessionista, ripresi ed estremizzati dall’Espressionismo. All’epoca della fondazione della Secessione, Schiele è solo un bambino, sebbene artisticamente dotato e con una forte passione per il disegno. Più tardi, studente dell’Accademia, il suo stile sembra aver già assorbito molto delle innovazioni della nuova corrente artistica, e in particolare della lezione di Klimt. Ma già un anno dopo queste relazioni sembrano essere state superate. In un lasso di tempo brevissimo, infatti, in Austria, e più propriamente a Vienna, si assiste allo sviluppo di controtendenze, ovvero di tendenze espressioniste, da parte di giovani artisti “dissidenti”, primi tra tutti Schiele, Kokoschka, Gerstl, appartenenti alla generazione successiva a quella di Klimt, Moll, Moser e degli altri secessionisti. Tutto ciò accade in un frangente storico significativo, cioè mentre l’impero asburgico avanza nel proprio declino, mettendo in crisi un mondo dalle fondamenta secolari. Non a caso, proprio in questo momento storico,mentre Freud pubblica l’Interpretazione dei sogni, interrogandosi sulle pulsioni e le paure umane, a Vienna forti spinte creatrici demoliscono i saldi principi delle maggiori arti. Se in ambito musicale Schönberg introduce il metodo dodecafonico, dal punto di vista prettamente formale, il vincolo della linea netta e regolare tipico della Secessione viene superato a favore di un tratto più libero e sciolto – si guardi l’ultimo Klimt – per diventare segno tormentato nei giovani Schiele e Kokoschka. Ciò che accomuna sotto la stessa etichetta i giovani artisti è il rifiuto della tradizione, l’uso di un segno primitivo ed elementare, l’impiego antinaturalistico del colore, la tendenza alla deformazione e alla riduzione delle forme a pure sagome (particolarmente evidenti in Albin Egger-lienz), un linguaggio pittorico convulso e corposo, come per Anton Kolig, nelle cui opere le campiture cromatiche e le costruzioni spaziali sono tipiche del Fauvismo e memori di Cézanne; o ancora nelle opere di Herbert Boeckl, pittore del secondo Espressionismo, che sintetizza la poetica di Schiele e Kokoschka con quella cezanniana. Dal punto di vista più concettuale, l’attenzione degli espressionisti per l’auto-rappresentazione, per i soggetti tratti dalla vita privata e per le vicende autobiografiche, deriva da un forte individualismo, dalla perdita del senso d’appartenenza a una collettività e persino a un movimento artistico. Schiele, come Kokoschka e Gerstl, spettacolarizza la fisicità dei corpi; ma il corpo non è altro che il tramite verso l’interiorità dei personaggi rappresentati. Quindi, non è il mero dato oggettivo ciò su cui i tre artisti indagano,ma l’introspezione dell’Io, e dunque il peso psicologico delle espressioni e dei gesti. L’attrazione di Schiele per la fisicità inizia a diventare predominante a partire dal 1910, anche grazie alla frequentazione con artisti di discipline che fanno del corpo stesso il proprio strumento, come il mimo Erwin van Osen e la danzatrice esotica Moa. Come Freud, anche Schiele si addentra nell’animo umano. Prima di lui, nessun altro artista era stato così spregiudicato nel ritrarre le pulsioni più intime delle proprie modelle. La sua composizione perde i “bizantinismi” di Klimt, a favore di una maggiore essenzialità; il disegno è più nervoso e immediato, lo spazio si annulla, i punti di vista sono arditi e inconsueti, le posture disarticolate e sgraziate tanto da rendere i corpi mutili e ridotti nelle parti anatomiche. Anche nella rappresentazione dei paesaggi,Schiele rinuncia a qualsiasi connotazione topografica, rinnegando la prospettiva, tanto da ridurli a una giustapposizione di forme geometriche. Solo più tardi, durante la guerra, il suo stile diventa significativamente più realistico, le figure acquistano maggiore tridimensionalità,ma l’indagine dell’interiorità del soggetto non viene mai meno. Non si dimentichi poi che il dato biografico dei singoli artisti gioca un ruolo fondamentale nella loro produzione. Basti pensare alle vicende personali di Schiele. Ai passaggi dolorosi della propria infanzia, come la morte del padre malato di depressione, si unisce un carattere da vero borderline. La vita condotta con l’amante Wally Neuzil (la donna dai capelli rossi e dagli occhi verdi che campeggia in molti suoi disegni), l’esperienza del carcere in seguito all’accusa, poi non dimostrata, di abuso su minori, vanno di pari passo con la crescita della sua visibilità nel panorama artistico, all’interno del quale egli partecipa attivamente, esponendo presso le maggiori istituzioni di Vienna, Berlino, Dresda, Praga e Zurigo. Ma la sua carriera viene stroncata da una morte prematura, all’età di soli 28 anni. A rendere questa mostra un evento davvero eccezionale, oltre alla bellezza delle opere esposte, contribuisce anche la collaborazione con il Leopold Museum di Vienna, la cui raccolta di capolavori (in parte messa a disposizione del pubblico italiano, proprio grazie alla mostra di Palazzo Reale) è testimone di un momento cruciale della storia che ha profondamente segnato l’intera cultura europea del secolo scorso. In mostra, grazie alle ricche restituzioni fotografiche e alla presenza di brani musicali in alcune sale (da Johann Strauss Ii a Gustav Mahler, ad Alban Berg), i visitatori avranno così la possibilità non solo di comprendere questo snodo fondamentale dell’arte moderna,ma di affacciarsi su quel palcoscenico vitalissimo che fu la Vienna di inizio Novecento. La mostra è realizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, e con il patrocinio del Consolato Generale d’Austria a Milano; in collaborazione con il Forumaustriaco di Cultura di Milano, e con il sostegno del Corriere della Sera; la sponsorizzazione tecnica di Igp Decaux e Trimtec sistemi. Il catalogo presenta un saggio di Franz Smola sull’arte austriaca tra Jugendstil ed Espressionismo, un’Introduzione all’arte di Schiele di Rudolf Leopold, oltre alle riproduzioni e alle schede di tutte le opere in mostra e alle biografie di Schiele e degli altri artisti presentati. .  
   
   
L’EPOCA D’ORO DELLE ICONE UCRAINE, XVI – XVIII SEC. ALLA MOLE VANVITELLIANA DI ANCONA  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - Per la prima volta in Italia una straordinaria raccolta di icone ucraine datate tra il Xvi al Xviii secolo. A partire dal 3 marzo la Mole Vanvitalliana di Ancona ospita “L’epoca d’Oro delle Icone Ucraine”. Oltre quaranta icone provenienti dalla Riserva Nazionale storico-culturale di Kyiv-pechersk e Museo Nazionale “Andriy Sheptytskyi” di Lviv e una raffinata selezione di oggetti e paramenti liturgici, realizzati con preziose sete e decorate con ricami in oro e argento, regaleranno al pubblico un interessante panorama sulla produzione artistica nel territorio ucraino dal Xvi al Xviii sec. La rassegna, curata da Serhiy Krolevets, Direttore Generale della Riserva Nazionale storico-culturale di Kyiv-pechersk e da Giovanni Morello, Presidente della Fondazione per i Beni e le Attività Artistiche della Chiesa, è sostenuta dall’Ambasciata di Ucraina presso la Santa Sede, dalla Regione Marche, dal Comune di Ancona, con il contributo del Rotary Club Ancona - Conero e dell’Api – raffineria di Ancona, e organizzata da “Artifex - comunicare con l’Arte” e si inserisce all’interno delle iniziative culturali in preparazione del Congresso Eucaristico Nazionale, che si terrà in Ancona dal 3 all’11 settembre 2011. In mostra sarà possibile ammirare alcune delle icone più belle consacrate a Maria, come la Vergine Odigitria, che indica il cammino, cioè Gesù, oppure la Madonna della Chiesa della Trinità di S. Illya o la Madonna di Pochayiv: fra le immagini mariane più venerate in Ucraina, dove la devozione alla Santa Vergine è testimoniata sin dai primi tempi della sua cristianizzazione. Le icone ucraine, a differenza di quelle bizantine e slave ricche d’oro ma povere di colore, presentano una cromia più accentuata, determinata dall’uso della luce che riempie i dipinti, seguendo le indicazioni dei teologi che insegnavano come il cielo benedicesse la terra con la sua luce. Anche lo stile, nelle icone ucraine, sembra abbandonare la più statica influenza bizantina per rivolgersi con più interesse verso l’arte occidentale, seppur coniugata in un linguaggio più vivacemente popolare. Accanto alle immagini del Salvatore e della Vergine Maria, e degli episodi principali delle storie evangeliche, sono presenti alcune immagini tipiche dei santi della tradizione iconografica slavo-bizantina, come santa Paraskeva, i santi Antonio e Fedossio di Pecersk, fondatori del monastero della Lavra di Kiev, o San Nicola, egualmente venerato in Occidente come in Oriente. L’esposizione delle icone è accompagnata da una raccolta prestigiosa di paramenti liturgici ed oggetti per il culto eucaristico, secondo la liturgia orientale, risalenti ai secoli Xvii-xviii, fortunosamente scampati alle distruzioni e ai saccheggi che hanno accompagnato le vicende politiche e belliche di quella nazione nel secolo appena trascorso. La preziosità delle sete, dei broccati, lo splendore dell’oro e dell’argento con cui sono tessuti e la ricchezza iconografica sono una splendida espressione della magnificenza del culto orientale, centrato tutto nel rendere gloria a Dio. Questa fortunata occasione, presentare in maniera unitaria il prodotto culturale e religioso delle due differenti sensibilità e storie spirituali della nazione ucraina, può aiutare anche a capire quanto ampie e profonde sono quelle comuni radici cristiane della nostra Europa che, anche se taciute e nascoste, vengono prepotentemente alla luce, ogni volta che si volge lo sguardo senza preconcetti o pregiudizi ideologici. Le icone ucraine. Il cristianesimo in Ucraina ha una storia ormai millenaria. Secondo una antica tradizione sarebbe stato l’apostolo Andrea, il fratello di Pietro, a predicare per primo il Vangelo nelle regioni attorno al Mar Nero. Ma bisogna giungere a prima dell’anno Mille, sotto il regno del principe Igor (914-945), per trovare delle comunità cristiane fiorenti nei territori della Rus’ di Kyiv. La moglie di Igor, Olga, reggente alla morte del marito (945-957), ricevette ufficialmente il battesimo e mantenne relazioni amichevoli sia con Bisanzio che con l’imperatore Ottone I, a cui chiese l’invio di un vescovo per proseguire l’opera di evangelizzazione. Furono però essenzialmente i monaci bizantini a diffondere la Buona Novella in tutto il territorio ucraino. Nel 988 è il Gran Duca Volodymyr (Vladimiro) il Grande, artefice dell’unificazione politica e religiosa della Rus’ che allora si estendeva dal Mar Baltico al Mar Nero, ad abbracciare ufficialmente la fede cristiana a nome di tutta la sua Nazione, ricevendo il battesimo sulle rive del Dniepr insieme a tutti i nobili ed al popolo di Kiev. Da Kiev la fede cristiana si sarebbe ben presto diffusa in tutte le terre dell’Ucraina, della Russia e della Bielorussia. Con il cristianesimo entrava in quelle terre anche lo splendore della liturgia bizantina, espresso nel sontuoso decoro dei suoi parati liturgici e, soprattutto, nella maestosa ieraticità delle sante icone. Nella tradizione cristiana orientale l’icona costituisce infatti la forma principale dell’arte liturgica, ma è anche il mezzo privilegiato di contatto con il sacro. In una prima fase la produzione delle icone nelle terre dell’antica Ucraina si riallacciò direttamente alla produzione costantinopolitana, da cui trasse stile ed ispirazione. Successivamente le icone ucraine acquistarono una loro precisa identità, che rispecchiava anche le peculiarità delle diverse tradizioni locali. Nel corso del Xvi secolo sono soprattutto gli artisti delle regioni della Galychyna e della Volynia a produrre opere significative, che pur conservando i temi ed i canoni di Bisanzio, come quello del Pantocrator o “Salvatore Onnipotente”; una icona del quale ci accoglie all’ingresso della mostra, non ne riproduceva più pienamente lo stile. Infatti lo stile delle icone ucraine, posteriori al secolo Xv, è ormai sottolineato dalla solennità delle forme, da una lineare plasticità e dall’intensa colorazione che costituiscono i caratteri peculiari dello stile classico dell’icona ucraina. Nei due secoli seguenti sono soprattutto le regioni di Kiev e di Cernighiv ad assumere un ruolo determinante nella produzione delle icone, mentre presso la Lavra di Kiev-pecersk (Monastero delle Grotte di Kiev), il principale centro religioso della Chiesa Ortodossa in Ucraina, prende vita la scuola di pittura, aperta alle influenze dell’arte occidentale, sia per l’iconografia che per lo stile, come si può osservare in diverse delle opere esposte, che rivelano la stessa identità cristiana ed europea della contemporanea arte dell’Occidente. .  
   
   
AL MUSEO DI VILLA SAN CARLO BORROMEO L’ARTE RUSSA DEL NOVECENTO TESTIMONE DI LIBERTÀ  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - Al Museo di Villa San Carlo Borromeo sono esposte una cinquantina di opere tratte dalla mostra che si è recentemente tenuta a Napoli, nelle sale del Maschio Angioino, con il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali. Si tratta di dipinti provenienti dalla più importante raccolta privata di opere d’arte russa esistente fuori della Russia. Opere del Novecento, che rappresentano un viaggio senza fine: dal mar Baltico al mare di Azov, dal porto di Odessa ai mari del nord in tempesta. E ancora: i colori di San Pietroburgo, la Mojka, la Neva. I porti fluviali e i laghi di Bajkal, l’Altaj, il Mar Nero, la Crimea, Gurzuf con la baia Čechov, il promontorio Dežnev e i suoi tramonti, il golfo di Taganrok e le sue scogliere. Infine il Volga, la Moscova, il fiume Oka, i fiordi di Murmansk e i crepuscoli sul fiume Protva e sul fiume Kama. Konstantin Antipov, Nikolaj Christoljubov, Josif Gurwič, Aleksej Lazykin, Andrej Lyssenko, Valentin Tereshenko e Grigorj Zejtlin: sette grandi artisti che narrano i mari, i laghi, gli orizzonti, l’infinito, la varietà, la ricchezza e disegnano il nostro avvenire, compiendo così la valorizzazione della memoria della Russia nell’Europa. Artisti fortemente attuali, testimoni del grande spirito di libertà e d’indipendenza, che provoca l’uomo alla scrittura dell’inedito, nell’altro tempo, senza assumere nessun regime e nessuna ideologia. Info@villaborromeo. Com .  
   
   
"IL GRANDE GIOCO. FORME D´ARTE IN ITALIA 1947 - 1989" A LISSONE NEL MUSEO D´ARTE CONTEMPORANEA, A BERGAMO ALLA GAMEC, E ALLA ROTONDA DI VIA BESANA  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - Una grande mostra per descrivere e interpretare quarant´anni di storia italiana. Avendo nell´arte il punto focale, inserendo però le espressioni artistiche nel contesto culturale, sociale economico di decenni rivelatisi cruciali per l´Italia: quelli dal 1947 al 1989, dall´immediato dopoguerra alla caduta del muro di Berlino. Sono stati gli anni della ricostruzione dopo una guerra tra le più devastanti, ma anche del celebrato "miracolo italiano", gli anni della contestazione e del terrorismo, gli anni complessi della Guerra fredda. Anni comunque fondamentali anche per capire ciò che è l´Italia di oggi, nell´economia, nella politica e, a suo modo, anche nell´arte. Per la prima volta in modo organico una grande mostra cerca di fare il punto su quel periodo magmatico, contraddittorio e vivo come pochi, tentando fra l´altro di verificare come nel corso di quei quarant´anni, l´arte abbia influenzato la società. Emblematico il titolo della rassegna: "Il Grande Gioco. Forme d´arte in Italia 1947 - 1989", dove il "grande gioco" evoca ruoli, richiama esperienze, suggerisce relazioni, ma soprattutto intende sottolineare come il divenire della storia e dell´arte non possano essere affrontate per comparti, ma debba essere letto nelle interazioni e nelle rispettive e reciproche influenze. Per realizzare una così importante rassegna tre realtà hanno unito gli sforzi: Il Comune di Lissone con il suo Museo d´arte contemporanea, il Comune di Bergamo con la Gamec - Galleria d´Arte Moderna e Contemporanea e il Comune di Milano - Cultura, con i suoi spazi della Rotonda di via Besana, strettamente affiancate dall´Assessorato alla Cultura della Regione Lombardia. L´ideazione del progetto e la cura delle mostre sono di Luigi Cavadini, Bruno Corà e Giacinto Di Pietrantonio. "Il Grande Gioco. Forme d´arte in Italia 1947-1989 - scrivono i curatori - fa il punto sulla ricchezza di ricerche ed esiti conseguiti nel quarantennio corrispondente al periodo ormai universalmente definito della Guerra fredda mediante la sperimentazione di nuovi mezzi e di nuovi territori estetici da parte dell´arte e le relazioni, le confluenze e/o influenze instauratesi in molti casi con architettura, cinema, design, editoria economia/industria, fotografia e fotogiornalismo, società, teatro, televisione. Si tratta di una trasversalità che recupera, ravvivandola a partire dal secondo dopoguerra, la ricchezza dell´esperienza futurista, che intendeva entrare nei vari campi espressivi e sociali della realtà. Negli anni dell´immediato dopoguerra gli artisti cercano di riprendere percorsi spesso interrotti dalla loro partecipazione al conflitto o, comunque, di ravvivare la propria ricerca e di dare ad essa una nuova visibilità. Dei due percorsi figurazione-astrazione il filone figurativo, stando agli effetti prodottisi nei decenni successivi al dopoguerra, non sembra avere sbocchi fecondi nella società alla quale peraltro ambiva, mentre la ricerca astratta si va espandendo e ramificando in vari filoni. Proprio su questa "storia" si soffermano le mostre, per la sua diversificata evoluzione, per le conseguenze decisamente ampie che avrà sulla ricerca dei decenni successivi e per le relazioni che si instaurano con i vari aspetti della cultura e della società e dell´economia dell´epoca. Le forme dell´arte e delle neoavanguardie si diffondono nella realtà, diventano vita, anche se la maggior parte delle persone non ha consapevolezza da dove quelle forme provengano". La mostra si articola sui tre spazi espositivi secondo una successione temporale che assegna al Museo d´arte contemporanea di Lissone le opere degli anni dell´immediato dopoguerra fino al 1958, alla Rotonda di via Besana di Milano le opere del periodo 1959-1972 e alla Gamec di Bergamo quelle degli anni più recenti, dal 1973 al 1989. Si annuncia intanto che una formula compendiaria della mostra si terrà a partire dal 3 luglio fino al 26 settembre 2010 presso la sede del Museo d´Arte della città di Lugano. .  
   
   
POTENZA: BANDO OPERE ARTE 2010 DEDICATO ALLA SCULTURA  
 
Potenza, 22 febbraio 2010 - Torna per il nono anno consecutivo il Concorso per la realizzazione di opere d’arte - ispirate alla realtà economica, sociale e paesaggistica della provincia di Potenza - ideato, organizzato e promosso dalla Camera di Commercio del capoluogo lucano. Il settore scelto per il 2010 è quello della scultura. Due, come di consueto, le sezioni: una riservata ai professionisti regolarmente iscritti nel Registro delle Imprese della Cciaa potentina, l’altra agli amatori residenti in provincia di Potenza. Gli interessati dovranno inoltrare la domanda, entro e non oltre il 9 aprile 2010, alla Camera di Commercio di Potenza - Servizio Affari Generali – Corso Xviii Agosto,34 – 85100 Potenza, corredando la domanda di partecipazione - scaricabile dal sito Internet www. Pz. Camcom. It – dalla formale accettazione delle condizioni previste dal Bando; curriculum vitae aggiornato dell’autore; documentazione fotografica relativa alla propria produzione artistica ed eventuali quotazioni. Gli scultori saranno premiati con i seguenti importi: sezione professionisti, premi dal 1° al 3° classificato, rispettivamente 3. 500, 2. 500, 2. 000 euro. Sezione amatori (anche qui premi dal 1° al 3°): 2. 500, 2. 000, 1. 500 euro. Per ulteriori informazioni si può contattare il Servizio Affari Generali e l’Ufficio del Provveditorato della Camera di Commercio di Potenza. Telefono: 0971 412204 – 0971 412217 Fax: 0971412226 e. Mail: segreteria. Generale@pz. Camcom. It bas 02 .  
   
   
AMLETO. NELLA CARNE IL SILENZIO LA TEATRO LITTA  
 
Milano, 22 febbraio 2010 - Amleto – Nella carne il Silenzio per la regia di Roberto Bacci è in scena al Teatro Litta dal 23 febbraio al 7 marzo 2010. Lo spettacolo segue un’idea di drammaturgia che interroga il testo di Shakespeare con altre domande. Le “forze” che spingono la storia a realizzarsi sono incarnate da sei duellanti mascherati che costringono Amleto a ripetere il proprio destino e le parole già mille volte ascoltate. E mentre da varie metamorfosi dei “duellanti” prendono vita i personaggi dell’opera, senza che ci siano ruoli unici assegnati, Amleto è circondato da Re, Regine, Spettri, Ofelie, Orazi e Poloni che si moltiplicano prendendo corpo intorno a lui per spingerlo verso la sua “fine”. Ed è dalla carne di Amleto, giunto al limite della sua storia e della sua esistenza, che scaturisce il “silenzio” di fronte a cui le domande restano sospese, così come resta sospesa la sua vendetta per l’assassinio di suo padre. “Come raccontare la storia di Amleto? Ogni teatro sceglie un suo Amleto. Ma forse è una illusione. Sarebbe più giusto dire, che è Amleto stesso, con la sua seducente potenza, a farsi avanti per trovare ogni volta un provvisorio rifugio al suo andare. C’è una speciale provvidenza anche nella caduta di un passero”, dice al suo ritorno a Elsinor. Amleto ha davanti a sé un tempo reale per spingersi oltre, procrastinare, indugiare, ma è pronto ad accettare, in ogni momento, il suo destino, a coltivare, ancora una volta, la consapevolezza dell’essere qui e ora. Come nelle vecchie dispute e nei duelli filosofici, l’accusato aveva un’ora di tempo per preparare la sua discolpa e la sua difesa. I duellanti sono i garanti di questo tempo a cui lo incatenano con le loro metamorfosi. Lo “confondono”, spingono la storia verso quella cadenza la cui ultima battuta è il duello finale con Laerte. La macchina di ferro, solidale con i duellanti, scandisce il battito. L’inizio segna l’avvio del movimento della rugginosa struttura che riprende a battere i suoi colpi, dissonante, onirica, affaticata, e suoni e “parole parole parole…” accompagnano, nel mutare delle scene, questo compito, grande e pesante, come la pancia cigolante di una vecchia nave che porta Amleto verso il suo destino. Gli addetti a questa macchina, i duellanti, obbedienti al compito a cui sono condannati, accompagnano i suoi meccanismi, si esercitano con intimità devota, esseri dell’interno, come i fuochisti, che non vedono la luce del sole, l’orizzonte del mare. ” .