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Notiziario Marketpress di Lunedì 10 Marzo 2014
TUMORE COLON: TROVATE LE CELLULE CHE FORMANO LE METASTASI  
 
Roma, 10 Marzo 2014 – La ricerca italiana raggiunge un altro risultato d´eccellenza nel campo delle cellule staminali, che potrà avere importanti applicazioni per la cura del tumore del colon. Lo studio, coordinato dal Prof. Ruggero De Maria dell´Istituto Nazionale Tumori Regina Elena e dal Prof. Giorgio Stassi dell´Università di Palermo, rappresenta un punto di svolta per comprendere la formazione delle metastasi, che sono la principale causa di mortalità nei pazienti con tumore del colon. Secondo i risultati del lavoro pubblicato oggi sulla rivista Cell Stem Cell, le metastasi si formano ad opera delle cellule staminali maligne presenti nel tumore del colon. Queste agiscono come un serbatoio che genera continuamente nuove cellule della massa tumorale e sono anche in grado di migrare in altri organi per formare tumori secondari, ovvero le metastasi, in altre zone del corpo. "Il nostro laboratorio ha scoperto per primo l´esistenza delle cellule staminali del tumore del colon alcuni anni fa e ha continuato a studiarle per capire i loro punti deboli" spiega Ruggero De Maria, direttore scientifico dell´Istituto Nazionale Tumori Regina Elena. "Ora siamo riusciti a trovare le staminali che formano le metastasi. Questa scoperta ci permetterà di trovare nuove strategie per distruggere queste cellule e impedire in tal modo che il tumore si diffonda". Allo studio ha preso parte anche l’Istituto Superiore di Sanità, nei cui laboratori sono state individuate le cellule staminali tumorali, insieme ai ricercatori Gaspare Gulotta e Francesco Dieli dell’Università degli Studi di Palermo. L’airc ha finanziato lo studio. Il lavoro si può riassumere in tre punti: le cellule staminali del tumore sono le uniche responsabili della formazione di metastasi; la loro capacità di migrare e dare origine a metastasi è dovuta alla presenza di un recettore cellulare denominato Cd44v6; se si disattiva questo recettore si blocca la capacità del tumore di dare origine alle metastasi. “Abbiamo dimostrato che tutte le cellule staminali tumorali del colon-retto – continua De Maria - esprimono sulla loro superficie il recettore Cd44v6 che agisce da interruttore per la migrazione cellulare e la formazione delle metastasi.” “Di fatto la scoperta – aggiunge Giorgio Stassi - è avvenuta dopo aver notato che l’espressione di Cd44v6 era bassissima nei tumori primitivi, e aumentava notevolmente nelle metastasi. L’analisi approfondita di queste cellule ha dimostrato come esse presentino una tendenza naturale a migrare e a colonizzare gli organi lontani, come il fegato e il polmone, attraverso l’attivazione di una serie di segnali metabolici che sono stati da noi identificati e descritti.” Grazie al supporto dell´Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, che ha dedicato i finanziamenti del programma "5 per mille" a sostenere quelle ricerche che possono produrre più rapidamente benefici per i pazienti, l´èquipe di ricercatori ha potuto analizzare a fondo i meccanismi che permettono alle cellule staminali tumorali di migrare in altre parti del corpo e generare metastasi. Gli scienziati hanno portato così alla luce una serie di meccanismi complessi che coinvolgono alcune proteine chiave nella biologia dei tumori, tra cui delle sostanze solubili dette citochine che vengono scambiate tra una cellula e l´altra aumentando i livelli di Cd44v6 sulle staminali e di conseguenza l’aggressività tumorale. In accordo con la filosofia dei fondi "Airc 5 per mille", i risultati di queste scoperte verranno messi in pratica in tempi brevi: all´Istituto Nazionale Tumori Regina Elena è infatti in preparazione una sperimentazione clinica finalizzata a prevenire la formazione di metastasi con dei nuovi farmaci che agiscono direttamente sulle cellule staminali del tumore del colon.  
   
   
STAMINALI E FATTORI DI CRESCITA ENTRANO NELLA PRATICA CLINICA PER LA CURA DI ULCERE E FERITE DIFFICILI  
 
Roma, 10 marzo 2014- Le ulcere da decubito rappresentano la principale causa di morbilità e ridotta qualità di vita per i pazienti e i loro caregiver. Non solo: la durata del ricovero ospedaliero e i tassi di riospedalizzazione sono maggiori nei pazienti con lesioni da pressione. Qualche dato: le stime attuali indicano che alle ferite è da imputarsi quasi il 4% dei costi totali del sistema sanitario, e che questa percentuale è in aumento: tant’è che i 2 milioni di italiani affetti da ulcere da pressione incidono sui costi della sanità pubblica per quasi 1 miliardo di euro l´anno. E proprio per questo fa impressione scoprire che, nonostante la gestione delle ferite croniche sia un tema importante sia dal punto di vista medico che da quello economico, mancano linee guida italiane specifiche ed aggiornate che ne consentano una gestione standardizzata e che permettano di inquadrarne le giuste dimensioni e tutto ciò che ne consegue in termini di impegno assistenziale e di costi sociali e finanziari. Sono questi i tempi al centro del V Congresso Nazionale Co.r.te. – Conferenza Italiana per lo Studio e la Ricerca sulle Ulcere, Piaghe, Ferite e la Riparazione Tessutale – presieduto dal professor Nicolò Scuderi, direttore della clinica di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva de ‘La Sapienza’ di Roma che ha visto riuniti a Roma fino a sabato 8 marzo migliaia tra medici, infermieri aziende e amministratori pubblici per confrontarsi sulle novità della ricerca e sui problemi sempre più pressanti legati all’invecchiamento della popolazione, all’aumento della spesa e alla riduzione dei finanziamenti del Ssn. All’impiego delle medicazioni tradizionali ed avanzate, negli ultimi anni si sono affiancate tutta una serie di nuove possibilità di trattamento per le ulcere torpide e le ferite difficili, che vanno dalle terapie biologiche, a quelle fisiche a nuove tecniche chirurgiche. In grande espansione è in particolare il settore delle terapie biologiche, ormai una realtà clinica consolidata nei centri italiani specializzati. Per terapie biologiche si intendono l’uso di farmaci biologici, il plasma ricco di piastrine (Prp), le staminali mesenchimali da tessuto adiposo, l’inoculazione di componente stromale e di fattori di crescita purificati. Il plasma arricchito di piastrine viene utilizzato in clinica in diversi ambiti; le piastrine, fondamentali per bloccare le emorragie, sono frammenti di cellule contenenti granuli ricchi di fattori di crescita. E sono proprio questi fattori di crescita ad avere un ruolo importante nella rigenerazione vascolare e tessutale; questa loro azione si sfrutta in terapia attraverso l’applicazione di pappe piastriniche e di plasma ricco di piastrine. Di grande interesse è la terapia cellulare con staminali mesenchimali derivate dal tessuto adiposo,che rappresenta un’evoluzione del lipofilling, tuttora ampiamente utilizzato ad esempio nel trattamento delle radiodermiti e delle cicatrici. L’inoculazione della frazione stromale, ricca di fattori di crescita, viene riservata ai casi in cui sia fondamentale un’azione rigenerativa, come nel lichen sclero-atrofico, una precancerosi invalidante soprattutto nella localizzazione genitale, nella sclerodermia per il miglioramento della loro cute atrofica o nel trattamento delle cicatrici. Fattori di crescita purificati come il cheratinocyte growth factor vengono utilizzati per curare le mucositi da radiodermite, come anche l’epidermal growth factor o miscele di fattori di crescita, come quelle contenute nel colostro bovino purificato. Sempre con la tecnica del Dna ricombinante vengono prodotte medicazioni avanzate contenenti metallo proteinasi. Tra i farmaci biologici, quelli più utilizzati in questo settore sono gli anticorpi monoclonali anti-Tnf alfa, usati come anti-infiammatori ad esempio nella psoriasi o nel trattamento del pioderma gangrenoso, una manifestazione dermatologica associata al morbo di Crohn. Gli anti-Vegf possono essere utilizzati per il trattamento di ulcere tumorali; il rituximab (anticorpo monoclonale diretto contro i linfociti Cd-20) viene utilizzato per il trattamento delle lesioni pemfigoidi. Tra le terapie fisiche, quelle più utilizzate in ambito ulcere torpide e ferite difficili sono le onde d’urto, che ‘risvegliano’ le cellule, modificandone la loro capacità metabolica e la terapia a pressione negativa, che ‘asciuga’ le ulcere e stimola la riattivazione del processo di guarigione.  
   
   
SOCIETÀ SCIENTIFICHE, MEDICI, INFERMIERI E AMMINISTRATORI A CONFRONTO SU ULCERE E FERITE DIFFICILI  
 
 Roma, 10 marzo 2014 - Intervista con il professor Nicolò Scuderi, Direttore della Clinica di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma e presidente di Co.r.te. Professor Scuderi, un congresso scientifico ‘diverso’ da quelli che siamo abituati a seguire E’ vero: in primis perché i partecipanti non sono solo medici ma anche aziende farmaceutiche e di device, imprese che producono dalle medicazioni ai presidi e tutto ciò che può essere utile alla terapia e alla rapida guarigione delle piaghe, delle ferite, delle ulcere. Oltre ai rappresentanti di circa 40 società scientifiche c’è una nutrita presenza delle associazioni dei pazienti e degli amministratori che hanno in mano i cordoni della borsa della sanità. Perché occorre discutere con loro come si può risolvere il problema dell’aumento delle spese, dell’aumento dei pazienti e della progressiva diminuzione delle risorse disponibili. E per quanto riguarda i contenuti? Questo enorme capitolo delle ferite, delle ulcere e delle piaghe in pratica riguarda e ‘tocca’ tutti i chirurghi per la parte interventistica ma anche gli altri medici e il personale infermieristico e tutti coloro che hanno a che fare con la loro guarigione. In sostanza abbiamo necessità di confrontare e ‘bilanciare’ il problema medico con quelle che sono delle vere ‘epidemie’ di oggi: l’aumento dell’età media della popolazione – e quindi l’invecchiamento dei pazienti su cui dobbiamo intervenire – perché curiamo le ferite ma in una popolazione che è prevalentemente anziana e che quindi ha dei processi di guarigione più lenti e più difficili. E poi l’aumento progressivo delle persone con diabete, che hanno problemi specifici di guarigione. Basti pensare al piede diabetico... Comorbilità che peggiorano il quadro generale… Un altro problema è quello dell’aumento delle persone in sovrappeso, soggetti che per questo guariscono ‘male’ o guariscono in maniera ritardata e che alcune volte magari hanno problemi di infezioni e ‘sovrainfezioni’ delle ferite. Sono tematiche che al congresso vengono affrontate e analizzate da diverse angolazioni e punti di vista: non solo nell’ottica del geriatra o dell’infettivologo ma anche quella del medico di medicina generale, del chirurgo e del chirurgo plastico, del dermatologo e dell’infermiere. Al congresso si parla ovviamente di anche quelle che sono le nuove armi a disposizione: un settore estremamente importante e nel quale l’Italia è molto competitiva nello scenario mondiale, uno dei settori dove la ricerca italiana riesce a dare risposte concorrenziali sul mercato e nel quale i prodotti italiani vengono esportati all’estero. Per esempio in questo momento abbiamo un prodotto derivante dall’associazione tra acido ialuronico e collagenasi che è stato messo a punto proprio in Italia e che può trattare in maniera molto vantaggiosa le ulcere croniche. Ma insieme a questo ci sono altri prodotti che grazie al fatto che la ricerca in questo settore ha dei costi sì importanti ma non proibitivi, sono messi a punto anche in Italia. Una leadership nel campo dei device, quindi Non solo: un altro settore dove la ricerca italiana è concorrenziale con la ricerca internazionale è quello delle nuove terapie rigenerative, delle terapie biologiche e delle terapie cellulari. Se andiamo a controllare i dati delle pubblicazioni a livello internazionale in questo settore vediamo che ci sono un elevato numero di pubblicazioni italiane e questo significa che nonostante giapponesi, americani e cinesi facciano grossissimi investimenti sulla ricerca, noi italiani con investimenti relativamente limitati riusciamo a competere e ad essere presenti con lavori che testimoniano risultati estremamente interessanti. Qual è il rapporto tra risultati della ricerca sperimentale e applicazioni pratiche utili per il paziente? Occorre ovviamente fare la massima attenzione e offrire la massima garanzia ai nostri pazienti, proprio per evitare fenomeni di speculazione su queste tecnologie, in particolar modo quando sono tecnologie usate in malattie inguaribili o in malattie croniche irreversibili: però sicuramente quando queste ricerche vengono fatte in maniera appropriata e corretta possiamo intravedere soluzioni che fino a pochi anni fa non erano sperabili o ipotizzabili. Di questo si parla anche nel congresso: dalle nuove terapie cellulari utilizzate in ortopedia e in chirurgia plastica, alle riparazioni delle piaghe nella medicina rigenerativa, tutti temi dibattuti ma estremamente interessanti e attuali su cui praticamente ogni giorno sono segnalate innovazioni e conquiste. Certo è ben diverso quello che può mostrare la ricerca da quello che poi si realizza a livello di applicazione clinica: non tutto quello che viene riscontrato in laboratorio trova poi un’applicazione nella clinica nella medicina di tutti in giorni, però sicuramente in questi anni la medicina sta cambiando anche grazie ad una serie di farmaci biologici. C’è una tavola rotonda proprio dedicata al tema ‘farmaci biologici’ che trovano oggi grandissime applicazioni in medicina e che sono entrati rapidamente e prepotentemente nella pratica medica di tutti i giorni. Ma non senza problemi. Torniamo sempre al problema dell’aumento della spesa e della diminuzione delle disponibilità economiche in sanità I problemi economici incidono in questo campo delle piaghe e delle ferite difficili come in tutti altri campi, ma addirittura più che in altri campi si avverte la differenza tra i regimi adottati tra regione e regione. In alcune regioni tutte le terapie sono alla portata di ogni paziente, in altre no. Si tratta di un tema molto importante, perché i famosi Livelli Essenziali di Assistenza (L.e.a.) che dovrebbero essere garantiti nel nostro paese a tutti i cittadini, in questo caso non sempre lo so sono, o comunque lo sono in maniera differente a seconda di dove ti curi. Un problema che tocca tutta la sanità E’ vero, ma Il fatto di non usare un certo tipo di terapia può incidere sui costi, e paradossalmente nel caso delle ferite e delle piaghe può aumentarli: risparmiare sul dispositivo applicato ad una ferita si traduce in un allungamento dei tempi di degenza e di recupero e un aumento delle recidive. Su questi temi occorre fare i conti bene e ‘completi’: non sempre spendere meno vuol dire spendere meglio, e talvolta risparmiare qualche euro su un cerotto si traduce in un aumento esponenziale della spesa finale. Stiamo parlando di cifre così contenute? Una medicazione che costa 10 euro rispetto ad una che costa 1 euro è un aumento di spesa, ma se noi l’applichiamo meno frequentemente – quindi una volta alla settimana anziché tutti i giorni – o se ci porta alla guarigione del paziente nel giro di 3 settimane anziché in 3 mesi e se soprattutto ci aiuta a ottenere una guarigione migliore e quindi senza recidive magari costringendo ad un secondo ricovero da mille di euro... Valuti lei!  
   
   
COME TI ‘FIRMO’ LA CICATRICE E’ IL BIGLIETTO DA VISITA DEL CHIRURGO. LE TECNICHE PER FARLA DIVENTARE INVISIBILE E QUELLE PER PREVENIRE LE COMPLICANZE  
 
 Roma, 10 marzo 2014 - L’intervento del professor Claudio Ligresti, chirurgo plastico di Asti, al V Congresso Co.r.te. Di Roma La cicatrice in chirurgia estetica è fondamentale, è la firma del chirurgo che ha eseguito l´intervento e come tale "deve" essere perfetta. In tal senso, il chirurgo estetico valuta prima dell´intervento, sempre con attenzione, le linee di incisione cutanee che corrisponderanno inevitabilmente con le cicatrici, immaginando anche la possibile reazione ai fili di sutura che quel paziente potrà avere. La cicatrice infatti può essere differente da un paziente all´altro, a seconda del tipo di pelle; ad esempio le pelli troppo scure o nere sono più a rischio di cicatrici ipertrofiche e di cheloidi, essendo più ricche di fibroblasti, le cellule deputate alla cicatrizzazione. Tali cellule possono essere presenti in modo esagerato determinando l´ipertrofia cicatriziale o ancor peggio il cheloide. Da ciò si deduce quale problema può nascere quando dopo un intervento di chirurgia estetica, la chirurgia del bello e delle persone sane, si ha una complicanza legata alla cicatrice che ne deriva! Il trattamento. Nella storia della chirurgia estetica sono state proposte varie metodologie di trattamento di cura e di prevenzione delle cicatrici patologiche. Fino a qualche anno fa si eseguivano dermoabrasioni con frese che, a velocità variabile, realizzavano la cosiddetta ‘dermoabrasione’, molto utilizzata ad esempio per le cicatrici da acne. Il paziente soffriva molto per il sanguinamento che ne derivava ed era costretto a lunghi periodi di convalescenza, con esiti non sempre soddisfacenti. Successivamente sono subentrati i laser, che hanno sostituito la dermoabrasione classica con la ‘fotodermoabrasione’ ovvero l´abrasione cutanea con un fascio di luce che ne determina l’esfoliazione a strati, quindi controllata, senza sanguinamento. Il laser a Co2 può, in qualche modo, essere sostituito dall’impiego di acidi speciali – i cosiddetti peeling – con forte potere abrasivo, in grado di determinare un´ustione di 2° grado. Questi acidi (ad esempio il tricloroacetico), sono molto efficaci se utilizzati da specialisti esperti. Il loro uso sconsiderato può al contrario danneggiare la cute in modo irreparabile. Un altro trattamento ancor oggi valido nei casi di cheloidi dolorosi è l´impiego di soluzioni a base di corticoidi diluiti, da iniettare con attenzione per evitare complicazioni quali l´atrofia sottocutanea o la comparsa di capillari circostanti. Va ricordato ancora l´uso della crioterapia, basata sul contatto della cicatrice con la superficie fredda di uno strumento che il medico applica per qualche minuto. Ne deriva in pratica è un´ustione con disepitelizzazione graduale e riparazione della cute, beneficiata da nuove cellule più sane, rispetto a quelle cicatriziali. La medicina rigenerativa applicata alle cicatrici. Le novità degli ultimi anni però sono rappresentate dalla medicina rigenerativa, vero exploit della scienza medica in molti settori, compreso quello dell´estetica. Si parla infatti di medicina biomolecolare, di bioingegneria tessutale con l’uso di materiali autologhi (dello stesso paziente) e coltivati o di origine animale o costruiti in laboratorio, capaci di stimolare i tessuti cutaneo, sottocutaneo, fasciale verso una guarigione anticipata. Alcuni di questi prodotti sono capaci di guidare le cellule deputate alla cicatrizzazione verso una cicatrice ‘ordinata’, cioè con scarsi rischi di divenire patologica, grazie ad una regolazione di alcuni fattori, quali ad esempio le metallo-proteasi, che possono incidere negativamente sulla cicatrizzazione stimolando esagerate quantità di citochinine infiammatorie e di conseguenza una disordinata produzione di fibre collagene, con relative cicatrici patologiche. Ma certamente ancor di più occorre ricordare i fattori di crescita, le cellule staminali che si trovano in soluzioni di derivazione ematica quali il Prp (plasma ricco di piastrine) e gli adipociti trapiantati. Il Prp. Si tratta di un emocomponente che si ottiene con un semplice prelievo ematico del paziente affetto da cicatrice patologica e viene iniettato in corrispondenza della cicatrice. Il suo meccanismo d´azione è semplice: stimola, attraverso l´azione di mediatori chimici cellulari, le cellule dei tessuti interessati dal processo cicatriziale, ‘invitandole’ a generare nuovi vasi sanguigni e nuove cellule, migliori e maggiormente in grado di produrre tessuti non patologici. Il trattamento è ripetibile, ambulatoriale e generalmente non è doloroso. La preparazione di tale emocomponenti viene effettuata presso i Centri Trasfusionali Ospedalieri o presso Ambulatori Medici abilitati all’uso di tale prodotto biologico. Il Prp viene ottenuto utilizzando apparecchiature sofisticate che possono, centrifugando il sangue prelevato dal paziente, produrre il Prp (plasma ricco di piastrine) contenente i fattori di crescita utili alla riparazione tessutale. I risultati sono visibili dopo alcune applicazioni, (almeno 3-4), che si effettuano in media a distanza di 2-3 settimane una dall’altra. A distanza di almeno 2-3 mesi dall’inizio del trattamento, è possibile rilevare una miglior consistenza della cute cicatriziale, con riduzione di ampiezza della stessa. Ma quando fare questa applicazione? In tutte le cicatrici? Anche in quelle recenti, ancora infiammate? Il problema è quando e come fare tale trattamento. Le cicatrici infiammate, arrossate e dolenti non devono essere trattate con tale terapia, essendo il Prp uno stimolo inizialmente di tipo infiammatorio che, soltanto in una seconda fase, determina una reazione positiva di ‘risveglio cellulare’. Tale metodica quindi va riservata a cicatrici ‘stanche’, da tempo un po’ assopite in una forma clinica di cicatrice stabilizzata in fase ormai di quiescenza, cioè non attiva. Il trapianto di grasso. E’ ogi un altro trattamento di grande richiamo, sotto forma di ‘lipofilling’. E´ un trapianto di cellule adipose prelevate al paziente con una miniliposuzione, preferibilmente in zone elettive (periombelicale, interno ginocchio) ed iniettate in sede di cicatrice. La sua azione è duplice: di riempimento nei casi di cicatrici atrofiche o avallate e di stimolo verso le altre cellule adipose presenti nel paziente. Questa metodica, occorre sia eseguita con ricovero,può essere effettuata anche in day hospital, in sala operatoria e in anestesia locale. Mentre il Prp ha essenzialmente un’azione ‘infiammatoria’ e di stimolo, il grasso trapiantato stimola le cellule adipose presenti nel sottocute ricevente a formare nuove cellule, senza determinare flogosi. Pertanto è una metodica attuabile anche in fase di cicatrizzazione recente, non ancora stabilizzata. Anch´essa è ripetibile ad intervalli di 2-3 mesi, per il riassorbimento fisiologico di parte del grasso trapiantato. Oggi queste due metodiche, Prp e lipofilling, spesso vengono utilizzate mixandole ed ottenendo una riduzione d´ampiezza della cicatrice ed un miglioramento globale della stessa. La prevenzione. Elemento essenziale per le cicatrici la prevenzione: protezione solare, attesa prima di riprendere una certa mobilità, uso di particolari ‘cerotti’ che mantengono stabile la cicatrice anche per lungo tempo (2-3 mesi). Sulle cicatrici ‘a rischio’ di diventare ipertrofiche, possono essere applicate delle membrane di silicone, molto usate nei centri ustionati, ma anche in vendita nelle farmacie in formati ridotti, utili per cicatrici di piccole dimensioni. Ad esse si associano anche pomate specifiche che possono diventare un discreto strumento per le cicatrici non eccessivamente ipertrofiche. Tali pomate o gel contengono varie molecole, quali ad esempio silicone, allantoina, urea, eparina, bisabololo. Va ricordato poi ai pazienti che hanno subito un intervento chirurgico, che la ripresa alle normali attività deve essere cauta e graduale; il paziente deve sempre seguire il consiglio del chirurgo, che valuterà tempi e modi per il recupero delle varie funzioni corporee. E’ impensabile , ad esempio fare una bella camminata di qualche chilometro dopo un intervento di lifting di cosce per eccesso di cute. Il movimento è concesso, ma con razionalità e nei modi nei tempi corretti. Lo stesso dicasi per l’igiene quotidiana: dopo un intervento chirurgico al seno, di mastoplastica estetica , la doccia o ancor peggio il bagno, possono essere autorizzati solo dal chirurgo e soltanto dopo l’avvenuta cicatrizzazione della ferita. Oggi esistono cerotti idrorepellenti che possono permettere di fare la doccia anche in una fase precoce della cicatrizzazione, ma occorre comunque avere tale presidio, saperlo applicare correttamente e verificare comunque che l’acqua non sia penetrata al di sotto. Forse quindi la cosa migliore è attendere la famosa settimana post-operatoria, con relativa rimozione punti, prima di bagnarsi! E’ anche molto importante la prevenzione di complicanze, quali macchie scure, iperemie ed arrossamenti permanenti delle cicatrici esposte prematuramente ai raggi solari o ancor peggio all’azione di raggi Uvb. E’ ormai certo che i raggi solari, prima di donare un aspetto rilassato attraverso l’abbronzatura, sono responsabili di fenomeni infiammatori legati al surriscaldamento della cute, a maggior ragione a livello di cicatrici recenti, che sono di per se infiammate; è necessario in questo caso fare prevenzione con una fotoprotezione alta, almeno 50C, per un periodo non inferiore a 3 mesi. Ovviamente molto dipende dal tipo di carnagione, dai pregressi fenomeni infiammatori avuti da quel paziente dopo interventi chirurgici, dalla sua storia clinica e dal tipo di intervento subito. Ancora più importante deve essere la foto protezione se l’area anatomica interessata ha ancora esiti visibili di emorragia, quali ecchimosi (lividi), che possono purtroppo trasformarsi in macchie definitive, se vengono esposte ai raggi solari. Quindi molta attenzione e soprattutto pazienza : il tempo è un grande amico della chirurgia e spesso riduce di un buon 50% alcuni problemi post-traumatici o post-chirurgici, che sembrano all’origine di tipo insormontabile.  
   
   
INGEGNERIA TISSUTALE E CELLULE STAMINALI NELLA GESTIONE DELLE FERITE CUORE, SISTEMA NERVOSO CENTRALE E TESSUTI MUSCOLO-SCHELETRICI SONO ANCORA IN FASE DI STUDIO, MA È IL FEGATO A DARE NEI TRIAL I RISULTATI PIÙ PROMETTENTI E INCORAGGIANTI  
 
Roma, 10 marzo 2014 - L’intervento del Professor Sandro Giannini, direttore della clinica ortopedica dell´Istituto Rizzoli di Bologna, al V Congresso Co.r.te. Di Roma Quello dell’ingegneria tissutale è un settore ancora considerato futuribile, eppure ha festeggiato lo scorso anno il suo 25° compleanno. In questo quarto di secolo i ricercatori hanno lavorato con una serie quasi infinita di combinazioni tra biomateriali, fattori di crescita e cellule staminali da utilizzare per lo sviluppo di prodotti per la riparazione tissutale. Tra i tessuti ‘Frankenstein’ attualmente oggetto di trial clinici con le cellule staminali mesenchimali ci sono il muscolo cardiaco, il fegato, il sistema nervoso centrale e i tessuti muscolo-scheletrici (Kramer et al. Clinical perspective of mesenchymal stem cells. Stem cell International 2012). Al momento, i risultati più promettenti a livello di ricerca, sono stati ottenuti sul fegato. Molti di questi prodotti hanno superato la fase preclinica e sono attualmente oggetto di verifiche di sicurezza e di efficacia in trial clinici di fase I-iii. La maggior parte dei trial in corso sono in fase I-ii, hanno cioè come oggetto la dimostrazione della sicurezza più che dell’efficacia di questi prodotti. Per ‘efficacia’ invece, nella maggior parte degli studi si intende la rigenerazione del tessuto che ha ricevuto un trauma o che è degenerato. La maggior parte di questi studi clinici viene condotto presso centri universitari in Europa e negli Stati Uniti, anche se ultimamente il numero di trial condotti in Asia e in particolare in Cina, sta aumentando. E l’Italia non sta a guardare: in una recente review, su 4.749 studi clinici censiti, ben 158 erano italiani (Li et al The global landscape of stem cells clinical trials. Regenerative Medicine 2014). Per quanto riguarda l’impiego delle cellule staminali, questo diventerà sempre più comune man mano che si otterranno dimostrazioni inconfutabili di efficacia in trial clinici randomizzati per patologie prive attualmente di prospettive terapeutiche. Il tempo necessario perché le cellule staminali diventino oggetto comune nella pratica clinica sarà inversamente proporzionale agli investimenti che verranno fatti nel prossimo decennio in questo settore. La transizione dalla ricerca scientifica alla pratica clinica è sicuramente un indicatore di maturità del settore. Per avere una dimensione, sicuramente in difetto, del numero di trial clinici in atto in Europa al 2011, possiamo citare il sondaggio a carattere volontario effettuato su 126 gruppi, in cui risultavano 1.759 pazienti arruolati in trial clinici (Martin I. Et al. The Survey on Cellular and Engineered Tissue therapies in Europe in 2011, Tissue Engineering 2014). Alla ricerca delle migliori fonti di staminali. Nonostante le numerose evidenze sull’efficacia di queste cellule e il numero di trial clinici in costante aumento, rimangono ancora senza una chiara risposta una serie di domande, quali se sia preferibile usare le cellule staminali di origine midollare o quelle prelevate dal tessuto adiposo. Come è noto dalla letteratura scientifica le cellule staminali sono presenti in quasi tutti i tessuti dell’adulto, ma il numero di cellule che è possibile isolare e le caratteristiche delle stesse variano molto da tessuto a tessuto; pertanto, resta da definire qual è la migliore fonte di cellule staminali per le diverse applicazioni. Le fonti più promettenti di cellule staminali mesenchimali sono il midollo e il tessuto adiposo. Entrambi i tessuti hanno delle caratteristiche peculiari e delle criticità. Il midollo è la fonte elettiva delle cellule staminali mesenchimali, da un punto di vista storico, visto che è stato individuato come sorgente di staminali già nel lontano 1966 (Friedenstein et al. J Emrbyol Exp Morhol 1966); il tessuto adiposo invece è stato scoperto come sorgente di staminali mesenchimali solo in epoca molto più recente, nel 2001 (Zuk, Tissue Engineering 2001). Oggi molti ricercatori preferiscono utilizzare le cellule staminali di derivazione dal grasso principalmente perché il tessuto adiposo in alcuni individui è presente in quantità notevole e quindi non esistono i limiti di ‘materia prima’ presenti invece con il midollo; dal grasso è possibile estrarre quantità notevoli di cellule staminali mesenchimali. Il numero di cellule che si può ottenere da un tessuto è sicuramente un aspetto da tenere in considerazione; va però tenuto anche presente che le cellule derivate da midollo hanno una maggior osteogenicità, mentre quelle da tessuto adiposo sono più ‘vocate’ ad indurre l’angiogenesi; di conseguenza la scelta della sorgente deve essere suggerita anche per il ruolo richiesto alle cellule staminali nella specifica applicazione clinica di interesse. Oltre a midollo e tessuto adiposo, soprattutto in ambito di ricerca sono sempre di più gli studi che utilizzano i tessuti di origine fetale come sorgente di staminali. Prelevare staminali dalla placenta e dal cordone ombelicale non è difficile e non presenta implicazioni etiche; le cellule derivate da questi tessuti presentano inoltre una maggiore staminalità. Nonostante queste caratteristiche favorevoli tuttavia l’impiego di cellule staminali derivate da questi tessuti è ancora limitato. Staminali autologhe o non autologhe? Questo è il problema. Attualmente, la maggior parte delle applicazioni di cellule staminali prevede l’uso di cellule autologhe (cioè derivate dallo stesso soggetto sul quale verranno poi utilizzato a scopo terapeutico); resta ancora da definire bene il ruolo delle cellule di origine allogenica (cioè prelevate da un donatore diverso dal ricevente). Nonostante l’uso autologo sia al momento preponderante, i trial che utilizzano cellule non autologhe è in costante aumento; questo trend fa supporre che ci siano risultati sufficienti per ritenere sicure anche le staminali non autologhe nella pratica clinica. Un aspetto molto importante è infatti la possibilità di utilizzare cellule provenienti da un donatore universale. Le cellule staminali mesenchimali infatti non presentano sulla loro membrana cellulare i complessi di istocompatibilità e quindi hanno un peculiare privilegio immunologico che permette loro di ‘nascondersi’ alla risposta immunitaria nell’individuo ricevente. La possibilità di utilizzare trapianti allogenici è particolarmente importante nel caso in cui le cellule del paziente non siano utilizzate o disponibili al momento dell’impianto. La ‘dose’ giusta di staminali da utilizzare e come procurarsene una quantita’ sufficiente. Un aspetto molto rilevante per i trial clinici sulle staminali riguarda il concetto di ‘dose minima efficace’ delle cellule staminali, il cui meccanismo di azione non è ancora stato definito completamente. In alcuni trial clinici le cellule staminali vengono ottenute mediante l’utilizzo di sistemi di concentrazione, in una procedura comunemente detta a ‘single-step’ (una procedura che prevede che le cellule vengano prelevate, isolate e impiantate in un unico intervento); in altri, le cellule staminali mesenchimali vengo espanse ex-vivo. L’espansione viene effettuata seminando le cellule prelevate in laboratorio all’interno di apposite camere di coltura, tenute in un incubatore che simula le condizioni del corpo. Man mano che il numero delle cellule cresce, queste vengono seminate in una superficie di coltura maggiore, fino a raggiungere il numero desiderato.  
   
   
MATRIX: DALLA FANTASCIENZA ALLA REALTA’ CLINICA  
 
Roma, 10 marzo 2014 - L’intervento del Professor Marco Fraccalvieri, chirurgo plastico di Torino, al V Congresso Co.r.te. Di Roma L’impiego di ‘impalcature’ biologiche (matrici dermiche), contenenti cellule o fattori di crescita è una delle nuove frontiere della medicina rigenerativa. Già una realtà nella pratica clinica in alcuni centri di chirurgia plastica italiana La copertura efficace e stabile di una perdita di sostanza a rimane per il chirurgo un problema di non facile soluzione, in particolare a carico delle estremità e soprattutto dell’arto inferiore. La situazione anatomica e vascolare di tale distretto infatti fa sì che tale distretto sia quanto mai predisposto ad essere coinvolto da lesioni difficili, di origine neuropatica o vascolare. Si tratta di lesioni parziali o a tutto spessore, che provocano a volte l’esposizione di tessuti nobili quali tendini, cartilagini e osso. A volte tali perdite di sostanze possono coinvolgere il piede a livello della superficie plantare. La difficoltà della ricostruzione assume particolare rilevanza in quei pazienti che presentano delle condizioni generali di salute scadenti, associate soprattutto ad una situazione vascolare precaria. I pazienti con lesioni croniche a livello degli arti inferiori, sono in genere affetti da patologie cardiache, respiratorie, diabete, e così via. Una delle ultime novità in tema di trattamento è rappresentato dall’impiego delle matrici dermiche nella copertura di lesioni complicate a carico delle estremità. Per ‘complicate’ si intendono quelle lesioni con un´alterazione della matrice extracellulare (Ecm) o con esposizione di strutture nobili (osso, tendini), laddove un intervento chirurgico mediante lembi locali o peduncolati sia controindicato per l’età del paziente o per le condizioni generali e locali. La matrice extracellulare è una sorta di ‘impalcatura’ della cute, in particolare del derma (lo strato che si trova subito sotto l’epidermide), che svolge un ruolo fondamentale nella riparazione delle ferite cutanee. Nelle ferite croniche (es. Le ulcere) la matrice è alterata e ciò impedisce la loro guarigione. Le matrici dermiche. Vengono suddivise in due differenti gruppi: quelle derivate da prodotti cellulari ‘vivi’ e quelle acellulari. Le matrici dermiche cellulari contengono cellule vive, derivate sempre da tessuti umani. Le matrici acellulari non contengono cellule (sono decellularizzate) e possono essere di derivazione biologica (umana, animale), chimica o composta (biologica + chimica). Nella loro produzione, possono essere individuati dei passaggi chiave: il crosslinking (legame tra le fibre di collagene, che conferisce stabilità al prodotto); sterilizzazione (alcune matrici sono processate in asepsi, altre sterilizzate chimicamente o con radiazioni a fine processo. E’ un passaggio importante perché residui chimici e irradiazione possono alterare la matrice); le modalità di conservazione (a temperatura ambiente o refrigerata). Sono attualmente in fase di studio nuove tipologie di matrici e diverse modalità di sterilizzazione con prodotti chimici meno dannosi per la matrice stessa. Le matrici presentano dunque caratteristiche diverse e indicazioni cliniche differenti. Come ‘take home message’ è importante sottolineare che: · le matrici dermiche non devono intendersi come sostituti di innesti cutanei, ma come presidi che hanno lo scopo di interagire dinamicamente con il letto ricevente, promuovendo la rigenerazione tissutale e la chiusura della ferita · è imperativo, prima di utilizzare la matrice, effettuare un aggressivo debridement (la rimozione di tessuto non vitale dalla ferita; si effettua in modalità incruenta, utilizzando prodotti chimici, larve di mosca, terapia a pressione negativa, ecc oppure in maniera cruenta con il bisturi o l’idrochirurgia), al fine di mettere nelle condizioni migliori il letto ricevente ad ‘accogliere’ la matrice. · E’ importante conoscere le caratteristiche di ogni matrice dermica impiegata, al fine di adattarla al caso particolare che si prefigge di curare. Le matrici dermiche non crosslinkate ad esempio sono adatte a lesioni che hanno bisogno di formare velocemente tessuto di granulazione. Quelle cross linkate invece si impiegano nei pazienti con vasculiti o malattie autoimmuni, con elevati livelli di infiammazione. · Le matrici dermiche vengono già impiegate nella pratica clinica presso alcuni centri di chirurgia plastica italiani, quali quello del professor Nicolò Scuderi dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma o quello del professor Stefano Bruschi dell’Università di Torino.  
   
   
FOCUS SULLE CELLULE STAMINALI DI DERIVAZIONE ADIPOCITARIA  
 
Roma, 10 marzo 2014 - L’intervento della professoressa Marina Onesti, chirurgo plastico dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma, al V Congresso Co.r.te. Di Roma La cellule staminali di derivazione adipocitaria sono cellule progenitrici adulte pluripotenti derivanti dal mesenchima o tessuto connettivo embrionale che si forma dal mesoderma (foglietto germinativo) Cos’è una cellula staminale. Per essere definita ‘staminale’ una cellula deve essere capace di autorinnovarsi, producendo cellule identiche a se stessa e di differenziare in più linee cellulari mature. In realtà si è scoperto che le cellule staminali di derivazione adipocitaria, denominate dagli anglosassoni ‘adipose-derived stem cells’ (Adsc) sono cellule pluripotenti in grado cioè di differenziarsi in più linee cellulari anche non mesodermiche. La multipotenzialità delle Adsc è stata dimostrata in numerosi esperimenti in vitro, a causa della loro origine mesodermica, le Adsc presentano la capacità di differenziare in senso adipogenico, osteogenico, condrogenico, miogenico. Hanno dimostrato, però, una capacità differenziativa anche verso linee cellulari non mesodermiche, cioè neuronali, endoteliali, epiteliali, epatocitarie, pancreatiche ed ematopoietiche. I fattori di crescita. Inoltre sono in grado di secernere fattori di crescita, quali il Vegf (Vascular-endothelial-growth-factor), l’Hgf (Hepatocyte-growth-factor), Fgf-2 (Fibroblast-growth-factor-2) e Igf-1 (Insulin-like-growth-factor- 1). Sono tali fattori a conferire alle Adsc il potere rigenerativo, angiogenetico e riparatore. Come si ottengono le Adsc. Le Adsc sono divenute rapidamente di grande interesse nel campo della terapia cellulare, in quanto sembrano soddisfare appieno i criteri per l’applicazione delle cellule staminali in medicina rigenerativa: sono disponibili in abbondanti quantità, si possono ottenere con una procedura minimamente invasiva, a partire da piccole quantità di lipoaspirato o tramite biopsia, hanno la capacità di differenziare verso molteplici linee cellulari in maniera regolabile e riproducibile e possono essere prodotte in conformità con le attuali linee guida. Inoltre, le Adsc risultano efficaci e sicure nell’utilizzo per trapianto autologo, in quanto esse mostrano proprietà angiogeniche e immunomodulatorie, compresa la capacità di ripristinare la tolleranza immunitaria, inibendo la risposta infiammatoria in vivo. L’isolamento delle Adsc può avvenire secondo una tecnica standardizzata e riproducibile. Le Adsc vengono prelevate dal tessuto adiposo sottocutaneo. Il prelievo può essere effettuato, mediante lipoaspirazione o biopsia, dalla regione addominale, dalle aree trocanteriche o dalla parte interna delle cosce. La procedura viene effettuata in anestesia locale, utilizzando una soluzione di Klein modificata Una metodica di raccolta non traumatica è essenziale per conservare intatta la frazione vascolare stromale contenente le Adsc da isolare. Le cellule della frazione vascolare stromale vengono isolate mediante una procedura standardizzata che si avvale di un processo di digestione enzimatica con collagenasi I. Una volta isolate, le cellule vengono messe in coltura con un terreno specifico in modo da favorire la crescita delle Adsc. Successivamente, le cellule vengono espanse fino al raggiungimento del numero necessario per il reimpianto (variabile a seconda della patologia e dell´ampiezza dell´area da trattare). Una quota di cellule verrà utilizzata per la caratterizzazione, effettuata mediante valutazione dell´espressione di specifici marcatori di superficie attraverso metodiche di immunofluorescenza. Per verificare la staminalità delle cellule isolate e la loro pluripotenzialità, una quota delle cellule viene sottoposta ad un cocktail di fattori di crescita specifici volti a indurne il differenziamento in più linee cellulari. Una volta raggiunto il numero di cellule sufficienti per ciascun paziente, si procede al distacco delle cellule dal supporto di coltura e alla loro inoculazione nella zona da trattare. Per veicolare le cellule può essere utilizzato uno scaffold quale la soluzione salina o l’acido ialuronico. Terapia cellulare o lipofilling? La terapia con Adsc rappresenta l’evoluzione del lipofilling, che è una tecnica che utilizza il grasso autologo a scopo riempitivo. Grazie alla capacità di divisione asimmetrica le Adsc sono capaci di mantenere un pool proliferativo nell’area ricevente il trapianto di grasso garantendone un maggior attecchimento, inoltre differenziandosi in cellule endoteliali, sono in grado di produrre vasi che aumentano le probabilità di sopravvivenza cellulare. Grazie alle proprietà rigeneratrici ed angiogenetiche e riparatrici descritte le Adsc possono trovare impiego nel trattamento di tutti quei pazienti in cui sono presenti dei deficit volumetrici (congeniti, traumatici o iatrogeni), nel trattamento delle ferite acute, croniche e difficili. Indicazioni alla terapia con Adsc. Il trapianto cellulare potrebbe essere utilizzato nella chirurgia mammaria (post mastectomia e/o quadrantectomia, asimmetria mammaria, copertura di impianti protesici, ecc.) o in tutti quei casi di trauma in cui c’è una perdita di sostanza a livello del tessuto adiposo o muscolare. Le Adsc possono essere impiegate anche per il trattamento di patologie caratterizzate da atrofia o distrofia dei tessuti cutanei e sottocutanei (cicatrici da ustione, radiodermite, sclerodermia, alcuni tipi di ulcere, lichen sclero-atrofico) grazie anche alle loro proprietà eutrofizzanti. Rimane controverso il rischio oncologico legato al loro utilizzo. Ancora non esistono in letteratura linee guida che limitino il loro impiego nei pazienti oncologici, d’altro canto si evita il trapianto cellulare in pazienti affetti da tumori non eradicati.  
   
   
LE PIAGHE DA DECUBITO NELL’ANZIANO: EPIDEMIOLOGIA E RICADUTE ECONOMICHE  
 
 Roma, 10 marzo 2014 - Le stime di prevalenza in Italia Prevalenza delle lesioni cutanee croniche in Italia (in particolare ulcere da pressione): il fenomeno interessa almeno 2 milioni di italiani ed è in aumento, anche per l’invecchiamento della popolazione. Secondo stime attuali, alle ferite è da imputarsi circa il 4% dei costi totali del sistema sanitario; una percentuale in aumento. I 2 milioni di italiani affetti da ulcere da pressione incidono sui costi della sanità pubblica per quasi 1 miliardo di euro l’anno. I costi sono generati per il 15-20% dall’acquisto dei materiali da medicazione, per il 30-35% dal tempo del personale infermieristico; oltre il 50% dei costi sono generati dall’ospedalizzazione. La stima delle ulcere da decubito varia in rapporto alla tipologia assistenziale considerata: reparti per acuti: dallo 0,4 al 38% residenze sanitarie assistenziali: dal 2,2 al 23,9% assistenza domiciliare: dallo 0 al 17% In soggetti con deficit neurologici la prevalenza delle ulcere da pressione varia tra l’11% e il 30% con un’incidenza annua di piaghe da decubito del 7-8% La distribuzione dei soggetti con ulcere da decubito, varia a seconda dei reparti di ricovero: · Nei reparti per acuti: 0,4-38% dei ricoverati · Rsa: 2,2-23,9% · Assistenza domiciliare 0-17% I soggetti con deficit neurologici presentano ulcere da pressione con una prevalenza variabile dall’11 al 30% e hanno un’incidenza annua di ulcere da decubito del 7-8%. Il costo delle ferite Le stime attuali indicano che alle ferite è da imputarsi quasi il 4% dei costi totali del sistema sanitario, e che questa percentuale è in aumento. 2 milioni di italiani affetti da ulcere da pressione incidono sui costi della sanità pubblica per quasi 1 miliardo di euro l´anno, così ripartiti: 15-20% costo dei materiali 30-35% tempo del personale infermieristico 45-65% ospedalizzazione I costi ‘diretti’ La comparsa di una lesione da pressione negli ospedali americani può comportare un aumento della durata della degenza ospedaliera fino a 5 volte e un incremento della spesa sanitaria stimabile in un ordine di 2.000-11.000 dollari. Secondo dati di Federanziani (Sic, Sanità in Cifre), gli anziani affetti da ulcere da decubito spendono per le medicazioni legate alla loro patologia fino a 250 euro al mese (ma per il 13% di loro, sfora il tetto dei 250 euro al mese) Un recente studio olandese ha messo in evidenza: Costi medi del trattamento chirurgico: 30286 € (lesioni singole alle estremità), 10113 € (lesioni al tronco), 40882 € (lesioni multiple) Costi medi della ospedalizzazione: aumento del 74% rispetto ai ricoveri convenzionali (con netto aumento delle complicanze postoperatorie) Gli anziani che soffrono di piaghe da decubito spendono per le medicazioni legate alla loro patologia fino a 250 euro al mese I costi ‘indiretti’ Si arrivano perdere quasi 500 mila giornate di lavoro per il sistema produttivo, tra pazienti e familiari dei malati che non si recano in ufficio per assisterli. Si arrivano perdere quasi 500 mila giornate di lavoro per il sistema produttivo, tra pazienti e familiari dei malati che non si recano in ufficio per assisterli. Fonte: Professor Giovanni Troisi, responsabile Uos Day Service-night Hospital, Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Respiratorie, Nefrologiche, Anestesiologiche e Geriatriche, Policlinico Umberto I, Roma  
   
   
LE ULTIME INNOVAZIONI NEL TRATTAMENTO DELLE FERITE DIFFICILI  
 
 Roma, 10 marzo 2014 - Forte della sua expertise nel campo dell’acido ialuronico, Fidia Farmaceutici partecipa anche quest’anno al Congresso Co.r.te., organizzato a Roma dal professor Nicolò Scuderi. Platinum sponsor del più importante appuntamento italiano dedicato all’area della riparazione tissutale, Fidia alimenterà le sessioni scientifiche del Co.r.te. 2014 con diversi appuntamenti focalizzati sull’illustrazione e l’analisi delle ultime evidenze cliniche e farmacoeconomiche riguardo al trattamento delle ulcere croniche (Advanced Wound Care). Sintesi dei vantaggi consentiti dalle più avanzate conoscenze in questo campo è infatti il Bionect Start, medical device sviluppato grazie alla ricerca di Fidia Farmaceutici, e dalla stessa azienda brevettato e commercializzato. È un unguento fluido per applicazione topica contenente acido ialuronico di origine non animale e collagenasi batterica ottenuta da Vibrio alginolyticus, microrganismo non patogeno. La collagenasi è un enzima proteolitico in grado di rimuovere il tessuto devitalizzato, fibrinoso o necrotico. Prepara quindi al meglio il letto della ferita per la successiva azione cicatrizzante dell’acido ialuronico. Bionect Start si usa nel trattamento locale delle ulcere croniche con tessuto necrotico o fibrinoso – ad esempio piaghe da decubito, ulcere vascolari delle gambe e ulcere diabetiche – di cui favorisce la cosiddetta “preparazione del letto della ferita”: la collagenasi facilita la delicata rimozione del materiale prodotto dalla degradazione tissutale – il tessuto necrotico che impedirebbe l’avvio del processo di guarigione –, azione sulla quale s’innesta l’efficacia dell’acido ialuronico nel favorire un’ottimale idratazione del tessuto, fondamentale per la fase di ricostruzione. In commercio esistono molte collagenasi, ottenute però da un ceppo batterico diverso – il Clostridium histolyticum – ad elevata patogenicità e caratterizzato da un inferiore grado di purezza. Bionect Start presenta quindi un profilo di sicurezza superiore agli altri prodotti, in quanto la collagenasi di Fidia prodotta da Vibrio alginolyticus – batterio non patogeno – è caratterizzata da un elevato grado di purezza (> 98%) e non contiene proteasi aspecifiche. Un profilo di safety, superiore, che non comporta alcuno svantaggio sul fronte della specificità: dagli studi effettuati risulta infatti che l’attività della collagenasi di Fidia da Vibrio alginolyticus è comparabile a quella della collagenasi da Clostridium histolitycum, essendo in grado in egual misura di indurre una digestione completa del collagene di tipo I. Inoltre, per facilitare l’applicazione del prodotto e renderla meno traumatica per il paziente, la composizione di Bionect Start è stata calibrata per ottenere un preparato particolarmente morbido: in tal modo è possibile una medicazione meno dolorosa – con la conseguente migliore compliance del paziente anche a livello domiciliare – ma anche una maggiore residenza in situ del prodotto. Proprio grazie all’ottima spalmabilità di Bionect Start, il paziente in genere non avverte dolore durante la medicazione, come dimostrato dallo studio condotto dall’equipe del professor Nicolò Scuderi (Policlinico Umberto I, Roma). Passando all’azione dell’acido ialuronico, questa molecola, presente assieme alla collagenasi in Bionect Start, dà luogo a un’azione protettiva del tessuto vitale progressivamente deterso e alla costituzione di un ambiente umido ottimale per la guarigione della ferita, a elevato grado di idratazione. Come noto, infatti, l’acido ialuronico svolge un ruolo fondamentale nei processi di morfogenesi, migrazione e proliferazione cellulare: ne è prova lampante l’elevata presenza nell’ambiente fetale, nel quale questi processi sono essenziali e continuativi, tanto che un depauperamento dell’acido ialuronico minaccerebbe il normale sviluppo del feto. Allo stesso modo, l’acido ialuronico protegge e facilita la migrazione dei fibroblasti e delle cellule endoteliali nel naturale processo di riepitelizzazione della ferita. Inoltre modula la fase infiammatoria, poiché inibisce alle sostanze ossidanti l’interazione con i tessuti rigenerati, mediandone il feedback negativo. Un’elevata presenza di acido ialuronico nell’ambiente della ferita favorisce inoltre la fase di rimodellamento della cicatrice, producendo un neo-tessuto più elastico e con un minor esito cicatriziale. Nel caso di ulcere croniche ciò è particolarmente importante, perché la miglior qualità del tessuto neo-formato, in termini di elasticità e resistenza agli insulti, garantisce minori recidive. Le caratteristiche di Bionect Start sono state confermate anche da uno studio clinico multicentrico su ulcere venose di recente pubblicazione. Dall’indagine sono emerse le seguenti osservazioni: già dopo 10 giorni (sui 20 totali di osservazione), il 50% delle lesioni era avviato alla guarigione; notevole miglioramento della cute perilesionale (parametro molto importante per giudicare l’avvio del processo di guarigione); miglioramento dell’idratazione del fondo della lesione; miglioramento del fondo della lesione con incremento della vitalità cellulare; facilità di applicazione; assenza di dolore all’applicazione; buon profilo di sicurezza. Anche questi risultati riaffermano l’efficacia di Bionect Start nel trattamento delle ulcere croniche, su base venosa, arteriosa o mista, delle ulcere digitali in pazienti sclerodermici – lesioni estremamente dolorose per le quali l’applicazione indolore è fondamentale –, delle ulcere vasculitiche o su base autoimmune, cioè conseguenti a lupus eritematoso, artrite reumatoide, ecc.. Per le sue caratteristiche, Bionect Start è stato infine impiegato anche in casi particolari, come la pulizia di ferite cutanee cronicizzate in bambini nati prematuramente, le lesioni cutanee da radioterapia, le ragadi al seno con escara e le ulcerazioni cutanee indotte da stravaso venoso di eroina.  
   
   
TRATTAMENTO SICURO PER LA CHERATITE DA ACANTHAMOEBA, UNA RARA MALATTIA DELL´OCCHIO  
 
Bruxelles, 10 marzo 2014 - Il progetto Odak ("Orphan Drug for Acanthamoeba Keratitis") sta lavorando allo sviluppo di un trattamento sicuro ed efficace per curare la cheratite da Acanthamoeba (Ca), un´infezione rara della cornea. Si tratta di una patologia seriamente debilitante che può portare alla cecità. Essa colpisce una persona su 100 000 nell´Ue, con l´85% dei casi associati all´uso di lenti a contatto. È causata da un comune protozoo che infetta la cornea ed è estremamente difficile da curare a causa della resistenza del patogeno alla terapia antimicrobica. Volendo colmare l´attuale mancanza di farmaci sicuri, efficaci e approvati per curare la Ca, il progetto Odak intraprenderà una ricerca preclinica e clinica sul farmaco orfano Polihexanide (Phmb). I "farmaci orfani" sono prodotti medicinali destinati alla diagnosi, prevenzione o trattamento di malattie rare letali o debilitanti come la Ca. Sono detti "orfani" poiché l´industria farmaceutica, in normali condizioni di mercato, ha un minore interesse a svilupparli, in quanto sono destinati solo a un esiguo numero di pazienti affetti da patologie molto rare. Pertanto, il lavoro di Odak sul Phmb è assolutamente fondamentale; l´uso di questo farmaco ha mostrato di migliorare notevolmente gli esiti del trattamento della Ca, soprattutto se usato nelle prime fasi della malattia. Il consorzio Odak, formato da cinque aziende europee e un´università, è attualmente impegnato nelle sperimentazioni precliniche, mentre gli studi clinici dovrebbero iniziare nel 2015. Grazie ad essi, il team del progetto spera di identificare le formulazioni ottimali del Phmb e di poter consigliare i migliori regimi di dosaggio. Il professor John Dart, primario di oftalmologia presso il Moorfields Eye Hospital di Londra, fa notare che "la cheratite da Acanthamoeba è una malattia non comune, che però cambia la vita della maggior parte dei soggetti colpiti. Attualmente non esiste alcun trattamento approvato e autorizzato per questa malattia. L´ue va lodata per questo importante investimento nello sviluppo di una terapia medica sicura ed efficace per questa patologia". La Ca, che era estremamente rara prima dell´uso diffuso delle lenti a contatto negli anni ottanta del secolo scorso, produce sintomi quali forti dolori e arrossamento dell´occhio, vista annebbiata, sensibilità alla luce, infiammazione dell´occhio e lacrimazione eccessiva. La diagnosi della malattia è problematica poiché i sintomi vengono spesso scambiati per infezioni batteriche o da herpes virus, e questo porta a un trattamento ritardato. Come per molte altre malattie, la diagnosi e il trattamento precoci rappresentano un fattore importante per ottenere un buon esito della cura. La Ca è una delle tante malattie rare (Mr) esistenti per le quali è assolutamente necessaria una ricerca sui trattamenti. Molti pazienti con Mr sono ancora privi di una diagnosi corretta e la maggior parte di essi è lasciata senza una cura efficace. La ricerca sulle Mr è anche molto importante da un punto di vista scientifico, poiché le Mr sono malattie modello per patologie più comuni e sono dei potenti motori per l´innovazione. Il progetto Odak è uno dei molti progetti di ricerca finanziati dall´Ue che sostengono l´obbiettivo del Consorzio internazionale della ricerca sulle malattie rare (Irdirc) di fornire 200 nuove terapie per le malattie rare entro il 2020. Support-irdirc, ad esempio, sta lavorando per sostenere direttamente l´Irdirc nella sua missione di coordinare e favorire la ricerca collaborativa internazionale sulle Mr. Nel frattempo, gli sforzi di armonizzazione di Rd-connect, una piattaforma integrata che collega archivi, biobanche e bioinformatica clinica per la ricerca sulle malattie rare, saranno tra gli elementi fondamentali per i progressi nell´ambito dell´Irdirc. Per ulteriori informazioni, visitare: Odak http://www.Odak-project.eu/index.php/en/  Scheda informativa del progetto http://cordis.Europa.eu/projects/rcn/106735_it.html    
   
   
ALZHEIMER: PARTONO IN TUTTE LE ULLSS VENETE CENTRI DI SOLLIEVO PER FAMIGLIE FINANZIATI DA REGIONE CON 1 MILIONE € SONO 65 MILA I MALATI L´80% ASSISTITI IN CASA  
 
 Venegazzu´ di Volpago sul Montello (Tv), 10 marzo 2014 - Entro il 2014 saranno attivi in tutte le Ullss del Veneto i centri di sollievo per le famiglie con malati di Alzheimer e, tra il 2015 e 2016 saranno a pieno regime, per rispondere a una esigenza pressante posta dalle famiglie, vista la sempre maggiore diffusione della patologia che, nel Veneto, riguarda circa 65 mila persone (per la maggior parte ultra ottantenni) circa l´80% dei quali assistito a casa, affrontando da parte del nucleo familiare difficoltà´ di tutti i tipi materiali e psicologiche. Lo ha detto Remo Sernagiotto, assessore regionale ai servizi sociali, intervenuto a Volpago del Montello (Tv), all´incontro sull´esperienza dei centri di sollievo nel territorio dell´Ulss n. 8, tenutosi a Villa Spineda. L´esponente del Governo regionale ha sottolineato che la Regione del Veneto, prendendo ad esempio e modello l´esperienza maturata nell´Ulss n. 8 a partire dal primo centro di sollievo fatto anni fa nel comune di Riese Pio X, "intende proseguire ed estendere la presenza di questi centri a tutto il territorio veneto. Con quest´obiettivo ha approvato nell’ottobre scorso il Progetto Regionale Sollievo promuovendo un bando di un milione di euro per il finanziamento di progetti di attivazione proposti dalle Ullss". Per "centri di sollievo" si intendono luoghi mirati, dove si svolgono attività specifiche, e volontari preparati accolgono, per qualche ora e/o qualche giorno alla settimana, le persone con demenze, sotto la supervisione di psicologi ed educatori. I centri saranno promossi dalla collaborazione fra le organizzazioni no profit del territorio, gli operatori sociosanitari e le istituzioni locali. "Alla base di questa iniziativa - ha aggiunto Sernagiotto - sta quindi un´assunzione di responsabilità e solidarietà collettiva da parte di tutta la comunità in relazione a una patologia che sta crescendo in modo esponenziale. E´ un´azione esemplare di cosa significa ´Welfare Community´ ". Nelil´ Ulss 8 sono 360 i volontari impiegati nei centri di sollievo, per 400 familiari e 200 persone con demenze assistite. All´incontro di Volpago hanno preso parte anche, tra gli altri, il direttore generale dell´azienda Ulss n. 8 Bortolo Simoni, il direttore dei servizi sociali Francesco Gallo, il presidente della conferenza dei sindaci Bernardino Zambon, il direttore del dipartimento regionale dei servizi sociosanitari della Regione Veneto Mario Modolo.  
   
   
PRIMARI AL TAR CONTRO LE SCHEDE OSPEDALIERE DEL VENETO; NESSUN TAGLIO AI POSTI LETTO. RIFORMA URGENTE  
 
 Venezia, 10 marzo 2014 - “Spiace dover constatare come proprio all’interno del mondo della sanità, alcuni fatichino a capire che il nuovo Piano Sociosanitario, e le schede ospedaliere che ne sono discese, costituiscono una vera e propria nuova filosofia organizzativa con obiettivi ben precisi volti a migliorare l’offerta di salute ai cittadini, spostando sul territorio tutto ciò che non sia di competenza dell’ospedale per acuti, potenziando i servizi territoriali e dando una risposta concreta alla post acuzie e alla richiesta riabilitativa. Il tutto con un occhio di riguardo alla spesa, perché mandare in rosso il bilancio significherebbe consegnarsi armi e bagagli a Roma, con un certo commissariamento, l’obbligo di applicare l’Irpef all’aliquota massima e di fare, in quel caso sì, tagli orizzontali indiscriminati. Non credo sia questo che i nostri primari vogliono davvero”. Con queste parole, l’Assessore alla Sanità Luca Coletto risponde alla presa di posizione negativa rispetto alle schede ospedaliere espressa dalle organizzazioni sindacali dei primari Anpo e Ascoti-fials, che hanno presentato anche un ricorso al Tar per bloccare l’applicazione della programmazione approvata da Giunta e Consiglio regionale. “Legare presunti tagli di posti letto ad una diminuzione di 97 primari su quasi 900 prosegue Coletto – non è corretto. Non è corretto perché i 1200 posti che sarebbero tagliati in realtà non lo sono, ma verranno riconvertiti negli ospedali di comunità, con la garanzia, che ribadisco, che nessun letto sarà disattivato fino a che non saranno operativi quelli nuovi. Nemmeno l’allarme sulla riduzione delle apicalità appare giustificato – aggiunge Coletto – anche perché si tratta di un intervento numericamente limitato che sarà attuato senza usare la mannaia e riguarda perlopiù posti già non coperti al momento”. “Rivolgersi alla giustizia – conclude l’assessore – è lecito per ogni cittadino e la scelta va rispettata. Mi auguro solo che per questo non venga affossata, o anche solo ritardata, una riforma necessaria per poter erogare ancora sanità d’eccellenza ai cittadini, composta tra l’altro anche dalla grande professionalità dei nostri primari, e per evitare che Roma metta le mani su un gioiello internazionalmente riconosciuto come il nostro sistema salute”.  
   
   
PARTO CESAREO, PIANO ESITI PROMUOVE SAN CARLO MENO DI UNA DONNA SU DIECI CHE SCEGLIE L´OSPEDALE LUCANO PER IL PRIMO PARTO DEVE RICORRERE AL CESAREO  
 
Potenza, 10 marzo 2014 - “Meno di una donna su dieci che sceglie il San Carlo per il primo parto deve ricorrere al cesareo”. Il direttore generale Giampiero Maruggi commenta con soddisfazione il risultato raggiunto, emerso dal piano esiti nazionale 2011-2012. “E’ un risultato importante – spiega il dg del San Carlo – raggiunto nel 2012 grazie all’impegno del Dipartimento materno-infantile e dello staff di Direzione nell’affrontare una situazione che vedeva la Basilicata agli ultimi posti in Italia. Questo dato ci colloca oggi in una fascia alta: la media nazionale, infatti è superiore al 26%, quasi il triplo della nostra”. Se ci si sposta sull’intero campione delle partorienti esaminato nel piano esiti, invece, lo scarto tra l’ospedale di Potenza e il dato nazionale è meno significativo: mentre la media italiana sfiora il 38%, il San Carlo supera il 35%. Questo dato è l’effetto negativo della scarsa attenzione in precedenza riservata a questo tema: una donna che subisce un cesareo per i parti successivi è destinata a rinunciare in seguito alla gioia del parto naturale. Tra i benefici di un parto naturale c’è, ovviamente la riduzione di complicanze e di ri-ricoveri nelle prime 6 settimane: anche in questo caso i dati del San Carlo sono migliori della media nazionale, in particolare per i ri-ricoveri (lo 0.19 contro lo 0.53 della media nazionale) Secondo le linee guida del ministero un taglio cesareo è ammesso solo in pochi casi: la posizione podolica del feto a fine gravidanza, la placenta previa, la donna è diabetica e il feto supera i 4 chili e mezzo, in una gravidanza gemellare uno dei feti è in posizione podolica. L’importanza di scongiurare il parto cesareo nasce da un’esigenza di salvaguardia della salute della madre: il taglio cesareo crea un varco in uno strato di cellule che ricopre l’utero e aumenta il rischio nei parti successivi di una condizione detta placenta accreta che mette in pericolo la vita della madre per emorragia.  
   
   
ICTUS AL FEMMINILE: COME PREVENIRLO  
 
 Milano 10 marzo 2014 - Recentemente su Stroke, la rivista scientifica ufficiale di American Heart and Stroke Association (Aha/asa) sono state pubblicate per la prima volta le linee guida ufficiali su rischio e prevenzione dell’ictus nella donna. Il gruppo di lavoro coordinato dalla dottoressa Cheryl Bushnell (Dpt. Of Neurology and Women’s Health Center of Excellence for Leadership, Research, and Education, Wiston-salem, Nc-usa) e composto da autorevoli esperti sulla malattia cerebrovascolare nella donna, ha raccolto i dati prodotti dalla letteratura scientifica sui fattori di rischio per l’ictus focalizzandosi su quelli esclusivamente o più frequentemente presenti nel sesso femminile. L’ictus rappresenta la quinta causa più probabile di morte per l’uomo ma la terza per la donna. L’incremento demografico della popolazione fa prevedere che oltre il 19% della popolazione mondiale, cioè circa 72 milioni di persone, avrà a breve più di 65 anni. Il gruppo più numeroso sarà costituito dalle donne, che hanno un´aspettativa di vita superiore agli uomini e quindi un periodo di esposizione al rischio maggiore: 20% contro 17% nei maschi. Vuol dire che una donna su cinque sarà colpita da ictus cerebrale, che la metà di quelle che non perderanno la vita rimarrà invalida, con deficit residui funzionali e cognitivi: 200.000 donne disabili in più rispetto agli uomini. Le linee-guida dell’Aha/asa confermano il ruolo di alcuni fattori di rischio peculiari e tipici della donna, quali quelli legati ai cambiamenti ormonali durante la gravidanza e ad alcune condizioni patologiche che ad essa correlate come la preeclampsia e il diabete gestazionale, così come i contraccettivi orali e la loro assunzione in soprattutto in donne che soffrono di emicrania in particolare con aura e che fumano, e infine i cambiamenti ormonali legati alla menopausa. Accanto a questi, altri fattori di rischio ben noti quali la fibrillazione atriale, il diabete mellito e l´ipertensione confermano il proprio ruolo nell´aumentare la probabilità di ictus cerebrale, insieme ad alcuni fattori emergenti e di grande importanza come la depressione e lo stress psicosociale. Per quanto riguarda i soliti noti, l’obesità, il fumo e la sindrome metabolica si confermano importanti anche nella donna così come nell’uomo. Gli scienziati che hanno realizzato questo lavoro approfondito e innovativo per l´attenzione riservata al genere femminile hanno poi stilato una serie di raccomandazioni utili ai medici nella pratica clinica per la prevenzione degli eventi cerebrovascolari nella donna. E concludono sottolineando l´urgenza che la comunità scientifica si impegni perchè i medici e le donne aumentino gli uni la conoscenza e le altre la consapevolezza che le donne hanno un rischio di ictus elevato. “Rischio legato solo in parte alla genetica e ai fattori di rischio noti, ma molto all´assetto ormonale tipico delle varie fasi della vita delle donne e soprattutto che le donne non reagiscano di fronte a queste preziose informazioni con la paura irrazionale e la decisione di ignorare" - sottolinea la dottoressa Lidia Rota Vender, presidente di Alt- Onlus e responsabile del Centro di Prevenzione Cardiovascolare di Humanitas - "ma al contrario donne con il desiderio di saperne di più sui sintomi che possono e devono mettere in allarme, sul ruolo che un singolo fattore ha e quanto si moltiplica la probabilità per ogni fattore aggiunto, e quale enorme vantaggio può dare il modificare anche uno solo dei fattori di rischio modificabili. È facile prevenire le malattie cardio e cerebrovascolari da Trombosi, che siamo abituati a chiamare con nomi diversi in funzione dell´organo che colpiscono infarto, ictus, embolia, trombosi venose, trombosi arteriose) : talmente facile che risulta incomprensibile il previsto aumento di queste drammatiche malattie pronosticato per i prossimi anni. Smettere di fumare, controllare e ridurre il peso, aumentare l´attività fisica , ridurre il consumo di sale e di cibi conservati e poco sani, verificare periodicamente il livello della pressione del sangue, della glicemia, del colesterolo e correggere quel che può essere corretto: cambiare in meglio il proprio stile di vita è efficace quanto prendere i farmaci, che non dobbiamo temere, ma che vanno assunti solo quando sono necessari" . “Queste linee guida rappresentano una pietra miliare nel progresso dell´epidemiologia e della appropriatezza delle cure, e della prevenzione : infatti, nonostante l’attenzione dell’ultimo decennio da parte della comunità scientifica internazionale alle differenze di sesso e di genere nella malattia cardio- e cerebro-vascolare, questo è il primo documento esteso ed esaustivo dedicato al rischio ed alla prevenzione dell’ictus specificamente nella donna”, -spiega la dottoressa Paola Santalucia, neurologa e cardiologa presso l´ospedale Policlinico di Milano e vicepresidente di Alt. “Il rischio di avere un ictus per la donna è aumentato in almeno tre periodi distinti della sua vita, in età giovane tra i 20 e i 35 anni, in età peri - menopausale tra i 45 e i 55 anni e in età anziana >85 anni: questo andamento del rischio cerebrovascolare nel corso della vita della donna corrisponde perfettamente alla distribuzione dei fattori di rischio descritta nelle linee guida dell’Aha/asa - continua la dottoressa Santalucia -. La donna giovane infatti ha un profilo di rischio molto particolare legato all´assetto ormonale naturale, alla contraccezione e alla gravidanza. Il periodo peri-menopausale e la menopausa rappresentano il momento critico di transizione nella vita della donna in cui viene meno il meccanismo protettivo degli ormoni femminili rispetto alla manifestazione della malattia cardiovascolare ed in ultimo la longevità della donna la espone ad un rischio maggiore di eventi in età avanzata. La conoscenza, il riconoscimento, l’attenzione ed il controllo dei fattori di rischio che riguardano la donna in modo unico o che sono più frequenti nel sesso femminile, unitamente alla valutazione del profilo di rischio in rapporto al sesso ed all’età - conclude la dottoressa Santalucia - rappresentano gli elementi indispensabili per promuovere ed implementare la personalizzazione delle cure in un contesto demografico in cui le donne anziane sono la maggioranza”.  
   
   
SANITÀ:SENOLOGIA; CHIODI, AMBULATORIO È RISPOSTA A CITTADINI CON I CONTI A POSTO, SI APRE FASE DEGLI INVESTIMENTI  
 
Raiano, 10 marzo 2014 - Una nuova struttura sanitaria sul territorio a servizio dei cittadini. È il senso del nuovo ambulatorio di Senologia che è stato inaugurato a Raiano. Sarà una propagine sul territorio del Breast Unit di Senologia dell´ospedale San Salvatore diretta da Alberto Bafile, ma soprattutto dovrà costituire punto di riferimento della prevenzione del tumore alla mammella sul territorio. Ad avviare l´attività dell´ambulatorio di Senologia, che sarà aperto due volte al mese con prenotazione dai Cup della Asl Avezzano-sulmona-l? Aquila, è stato il presidente della Regione Gianni Chiodi. "Momento importante ? ha detto Chiodi ? perché sul territorio realizziamo un presidio che sappiamo costituirà un punto di riferimento per le donne della Valle Peligna che vorranno fare prevenzione. Possiamo permetterci questo ambulatorio soprattutto perché in tutti questi anni siamo stati bravi e coraggiosi a lavorare per rimettere in ordine i conti della sanità. Quello che intendo dire ? ha aggiunto Chiodi ? che dopo cinque anni, insieme con il controllo della spesa necessario per garantire l´equilibrio dei conti sanitari, si apre la fase dell´investimento e dell´ulteriore miglioramento dell´offerta sanitaria. L´avvio dell´attività dell´ambulatorio di Senologia di Raiano deve essere letto con questo spirito: una sanità cioè che è in grado di dare nuove e importanti risposte ai cittadini dopo aver messo in ordine i conti, guardadno soprattutto al territorio per perfezionare quel percorso che tende a ridurre al minimo la ospedalizzazione ed ad incentivare la medicina sul territorio". Un ruolo decisivo per l´apertura dell´ambulatorio di Senologia lo ha recitato il Comitato spontaneo donne di Raiano che dal 2010 ha iniziato a raccogliere fondi e avviato campagne di solidarietà in favore dell´Unità diretta dal dottor Bafile: con la prima raccolta fondi venne donato un ecografo, successivamente un macchinario per la digitalizzazione delle cartelle cliniche. Ora l´apertura di un ambulatorio di Senologia, grazie anche alla direzione della Asl e alla nuova politica sanitaria avviata dalla Regione Abruzzo. "E´ soprattutto una scelta di prevenzione ? ha spiegato il responsabile di Senologia Alberto Bafile ? perché questa zona, la Valle Peligna, ha bisogno di fare una seria azione di prevenzione senologica in quanto abbiamo riscontrato un´alta incidenza di tumori alla mammella. Ed è anche per questo motivo che abbiamo deciso di spostarci noi anziché costringere decine e decine di donne a venire all´Aquila".  
   
   
LOMBARDIA. NASCE COMMISSIONE PER SCELTA DG ASL E OSPEDALI MARONI:PASSO IN AVANTI PER GARANTIRE COMPETENZA E TRASPARENZA  
 
 Milano, 10 marzo 2014 - La Giunta della Regione Lombardia, nella seduta, ha approvato, su proposta del presidente Roberto Maroni, la costituzione della ´Commissione per la formazione del nuovo elenco degli idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie pubbliche lombarde´, che si compone di tre esperti scelti in prevalenza da importanti Istituzioni scientifiche. Con la modifica 22/2013 della Legge regionale 33/2009, la Regione Lombardia, recependo quanto previsto dal ´decreto Balduzzi´, ha stabilito che i direttori delle Asl, delle Aziende ospedaliere e degli Irccs di diritto pubblico trasformati in fondazioni sono nominati esclusivamente tra gli iscritti nell´elenco regionale degli idonei, costituito attraverso un avviso pubblico, che si è chiuso lo scorso 27 febbraio. Il presidente Maroni ha espresso soddisfazione per la delibera, sottolineando come si tratti di un ulteriore passo in avanti, "per garantire la trasparenza e la competenza dei direttori delle Asl e degli ospedali lombardi".  
   
   
AL POLICLINICO UMBERTO I DI ROMA IL PIU’ GRANDE CENTRO DI ODONTOIATRIA PUBBLICA IN ITALIA L’OBIETTIVO È QUELLO GARANTIRE A TUTTI I CITTADINI LA POSSIBILITÀ DI CURARSI AL MEGLIO  
 
 Roma, 10 marzo 2014 - Apre all’ospedale Umberto I di Roma un nuovo centro di odontoiatria sociale per i cittadini. Si tratta della più grande clinica odontoiatrica pubblica in Italia. “Le cure odontoiatriche, con la crisi, sono le prime a essere sacrificate", ha spiegato del presidente, Nicola Zingaretti. Con l’apertura di questa struttura la Regione intende garantire anche ai cittadini che non hanno le risorse economiche necessarie la possibilità di curarsi al meglio. Il centro, che dispone in tutto di 65 poltrone odontoiatriche, è disposto su 3 piani dedicati alle diverse specialità. Quali servizi si possono trovare in questa struttura? Un reparto dedicato ai bambini. Dispone di 10 poltrone, tutte dotate di monitor: un modo per intrattenere i più piccoli con dei film di animazione. L’area è dotata anche di un percorso dedicato ai piccoli pazienti con bisogni speciali. È presente, inoltre, anche un’unità operativa rivolta ai bambini con disturbi autistici. Endodonzia conservativa. Una sezione del centro è dedicata a questa branca per la conservazione di denti altrimenti condannati all’estrazione. Chirurgia orale. Per diverse tipologie di interventi: dalle estrazioni dentali complicate alle cisti di origine dentaria e non dentaria, fino alle lesioni mascellari benigne e maligne. Il reparto è altamente specializzato anche per la cura di pazienti a rischio, come cardiopatici e diabetici. Dispone in tutto di sei poltrone. Chirurgia conservativa. Per la cura di patologie orali e per la diagnosi precoce del carcinoma orale. Questo reparto, dedicato agli adulti, prenderà in cura anche malati affetti da patologie rare come l’osteogenesi imperfetta: questi pazienti saranno curati in collaborazione con il team maxillo-facciale. Dispone in tutto di dieci postazioni. Correzione della malformazioni dento-maxillo-facciali. Questa sezione lavora in collaborazione con l’equipe di chirurgia maxillo-facciale. Un laboratorio odontotecnico e un reparto per le protesi. Si tratta di alcune attività di riabilitazione che seguono, per esempio, l’inserimento di un impianto protesico. Questo reparto lavora a stretto contatto con i professionisti dell’area maxillo-facciale, anche per il trattamento di pazienti oncologici o traumatizzati che non solo hanno perso il supporto dentale ma anche quello dell’osso. Day hospital. Per soddisfare le esigenze dei pazienti che necessitano di monitoraggio anestesiologico. Questa area dispone di 3 poltrone e 6 posti letto. “Anche nel Lazio la sanità sta cambiando in meglio – ha detto Zingaretti - Questo luogo meraviglioso rappresenta una struttura d’eccellenza per dimensioni e dotazioni strumentali. In questi giorni sta prendendo corpo la nostra idea di sanità. Nelle ultime settimane abbiamo inaugurato la prima Casa della Salute e un Poliambulatorio di sette piani. Vuol dire che stiamo ricostruendo, andiamo avanti così”.  
   
   
OSPEDALI: SULMONA; CHIODI, PRONTI PER ACCORDO DI PROGRAMMA  
 
Raiano, 10 marzo 2014 - "Il nucleo di valutazione degli investimenti pubblici ha dato una valutazione positiva alle nostre proposte". Lo ha detto il presidente della Regione, Gianni Chiodi, intervenendo sullo stato dell´arte del progetto relativo al nuovo ospedale di Sulmona. "Il parere del nucleo di valutazione ‘ ha chiarito Chiodi ‘ è entrato nel merito del progetto stesso, definendo l´idea che noi abbiamo di un nuovo ospedale in grado di aumentare la qualità dei servizi sanitari con una sensibile riduzione dei costi di gestione. In sostanza, l´idea che noi abbiamo per il nuovo ospedale di Sulmona è quella di una struttura moderna, al passo coi tempi e con i costi sotto controllo. Partendo da questi dati tecnici e di gestione ‘ ha spiegato il presidente della Regione ? abbiamo investito il ministero della Salute nella certezza che questo sia sufficiente a far partire l’ accordo di programma che dovrà essere sottoscritto per far partire il nuovo ospedale. È chiaro, dunque ? ha concluso Chiodi ? che in questo particolare momento attendiamo che l´attività politica del nuovo governo si stabilizzi per poi spingere per chiudere l´accordO di programma e lo stanziamento delle risorse’  
   
   
LOMBARDIA: REGIONE GARANTISCE LE CURE A DAVIDE NON SOLO ECCELLENZA, MA ANCHE CUORE E GENEROSITÀ  
 
Milano, 10 marzo 2014 - "Grazie al pronto intervento dell´Assessorato alla Salute di Regione Lombardia, abbiamo consentito di superare resistenze e difficoltà burocratiche, garantendo ad un bimbo le cure necessarie". E´ particolarmente lieto Mario Mantovani, assessore alla Salute di Regione Lombardia, nel commentare alcuni articoli della stampa locale della Provincia di Varese che raccontano la storia di Davide, bambino nato a Santo Domingo e che necessita di un pronto intervento operatorio in strutture di altissima specializzazione. Assistenza Garantita - "Informati della vicenda nella giornata di martedì scorso, ho dato subito mandato di verificare la situazione - riferisce Mario Mantovani -. E in poche ore, grazie all´efficienza dei nostri uffici e della Asl competente, abbiamo consentito quello che fino a poche ore fa sembrava insuperabile". Iter D´emergenza - Avvisati dalle Istituzioni di Busto Arsizio nella giornata di mercoledì 5 marzo 2014, dopo aver verificato l´iscrizione dei genitori al Servizio Sanitario Regionale presso l´Asl Valle Camonica, si è provveduto a far iscrivere anche il piccolo Davide. Ottenuta quindi la documentazione clinica necessaria, subito trasmessa al Centro regionale di riferimento per le verifiche di prassi in merito alla autorizzazione alle cure estere per cittadini lombardi, alle 18.01 di giovedì 6 marzo si è ottenuto il via libera definitivo, con la garanzia dell´Asl ed il sostegno di Regione Lombardia. Contatto Con Miami - Documentazione immediatamente inviata a Miami. Questo ha consentito di superare le varie resistenze amministrative del centro americano che ha accolto il piccolo paziente. "Nella prossima riunione di Giunta, illustrerò al presidente Maroni ed ai colleghi le tappe di questa delicata vicenda. Intanto - ci tiene a dire l´assessore Mantovani- ringrazio quanti si sono adoperati con dedizione ed entusiasmo. In Regione Lombardia la buona salute non è solo eccellenza ed appropriatezza, ma anche cuore e generosità".  
   
   
LOMBARDIA: 5 EVENTI MONDIALI DI SANITÀ PER EXPO PREVENZIONE ICTUS  
 
Milano, 10 marzo 2014 - "Oggi Milano ha l´opportunità di ospitare un avvenimento di portata internazionale e la sanità deve dire la propria. Io penso a 5 eventi mondiali da attuare nei 6 mesi in cui ci sarà Expo. Fatevene carico. Cominciate a lavorarci". E´ l´invito che il vice presidente e assessore alla Salute di Regione Lombardia Mario Mantovani ha rivolto, nel pomeriggio del 6 marzo, ai manager e agli esponenti del mondo sanitario lombardo riuniti nella sala congressi dell´Auditorium Testori di Palazzo Lombardia, per discutere su "La cura dell´ictus acuto: modelli organizzativi a confronto". Contributo Di Idee - L´assessore Mantovani ha chiesto un contributo di idee anche in merito alle attività di prevenzione: "E´ necessario mettere insieme quelle che sono le competenze, le professionalità, le conoscenze e i saperi. Bisogna fare rete. Io vorrei che fosse una rete allargata - ha puntualizzato l´assessore alla Salute - non solo legata al sistema nazionale, ma che andasse oltre e che si coniugasse con quelle che sono le esperienze europee". Convegno Sull´ictus - E´ la terza causa di morte in Italia dopo le malattie ischemiche del cuore e le neoplasie; causa il 10-12 per cento di tutti i decessi per anno e rappresenta la prima causa di invalidità, in Lombardia si registrano circa 20 mila casi l´anno: è l´ictus, a cui oggi e domani, appunto, è dedicato il convegno organizzato dalla Ao di Lecco presso l´Auditorium Testori. Un´occasione per proporre le esperienze della Regione Lombardia nel campo delle malattie cerebrovascolari, ma anche di confronto con le realtà delle diverse Regioni italiane e degli Stati europei sia nell´ambito della programmazione, sia in quello operativo dei percorsi clinici. Codice Ictus In Lombardia - E´ infatti l´intervento qualificato e immediato dal punto di vista sanitario (entro le prime 3 ore dal manifestarsi dei sintomi) che può ridurre in modo fortemente significativo le conseguenze - ha inoltre spiegato l´assessore ai giornalisti a margine dell´evento - spesso devastanti di questa patologia, che appare molto spesso senza alcun preavviso. Regione Lombardia ha già al suo attivo numerose iniziative in merito, prima tra tutte il cosiddetto ´codice ictus´ che stabilisce la priorità di intervento sul paziente che si presenta al Pronto Soccorso con un ictus, ma anche una notevole interconnessione tra le 41 Stroke Unit presenti nel territorio regionale.  
   
   
RADIOTERAPIA PISTOIA, INAUGURATO IL NUOVO REPARTO. POTENZIATA LA LOTTA AI TUMORI  
 
Firenze, 10 marzo 2014 - "Con l´inaugurazione del nuovo acceleratore lineare all´ospedale San Jacopo di Pistoia la rete toscana per la cura dei tumori si potenzia ulteriormente e questo centro ha tutti i requisiti per diventare eccellenza regionale". L´assessore al diritto alla salute Luigi Marroni ha inaugurato , all´ospedale San Jacopo di Pistoia, il nuovo acceleratore lineare installato nell´apposito bunker di cemento armato, al pianoterra dell´unità operativa di Radioterapia. All´inaugurazione erano presenti anche il direttore generale della Asl 3 Roberto Abati, i direttori sanitario Lucia Turco e amministrativo Luca Cei, il sindaco di Pistoia Samuele Bertinelli e tutte le autorità politiche e istituzionali locali. Il vescovo di Pistoia Mansueto Bianchi ha impartito la benedizione inaugurale. "L´integrazione e la nostra capacità di fare squadra - ha aggiunto l´assessore - sono il nostro valore aggiunto e per questo ringrazio nuovamente tutti i 50 mila professionisti che lavorano in sanità perché sono capaci di realizzare ogni giorno importanti sinergie che elevano la qualità delle nostre cure. É grazie a loro se siamo ai vertici nelle classifiche nazionali e internazionali, per esempio siamo al primo posto nella sopravvivenza per la patologia tumorale" La macchina, un apparecchio Elekta di ultima generazione, è già operativa e serve per la cura dei tumori. Medici e tecnici hanno seguito un apposito corso di formazione per imparare a utilizzarla in modo ottimale ed eseguire i trattamenti radioterapici sui pazienti. La macchina contribuirà a potenziare ulteriormente tutto il settore oncologico, dalla prevenzione alla parte chirurgica, alla cura, a cui la direzione della Asl 3 di Pistoia intende dedicare attenzione e risorse.  
   
   
AVASTIN/LUCENTIS: ZAIA, “AVEVAMO VISTO GIUSTO IN TEMPI NON SOSPETTI. BATTAGLIA NELL’INTERESSE DEI MALATI”  
 
Venezia, 10 marzo 2014 - “Avevamo visto giusto in tempi non sospetti, già nel lontano 2011 quando deliberammo di acquistare il farmaco meno costoso. L’intervento dell’Antitrust dà ragione alla nostra impostazione di allora”. Lo sottolinea il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, commentando l’ammenda di 182 milioni di euro comminata a due Aziende Farmaceutiche accusate di aver fatto “cartello” per vendere un farmaco più caro al posto di uno più economico, ma giudicato da molti clinici e dalla Commissione Regionale sul farmaco come avente gli stessi effetti. “Ancora una volta – dice Zaia – la Regione Veneto ha fatto scuola su una problematica di tipo sanitario ed ora attendiamo con fiducia l’esito delle valutazioni del Consiglio di Stato, al quale ci siamo rivolti dopo che un ricorso al Tar aveva bloccato la nostra delibera per l’uso dell’Avastin”. “Resistiamo – conclude Zaia – nell’interesse dei nostri malati e della collettività, che hanno diritto di essere curati al meglio spendendo il meno possibile, comunque il giusto”.  
   
   
LOMBARDIA.: CRONICITA´ PILASTRO DELLA RIFORMA 11 MILIONI E MEZZO PER SPERIMENTAZIONE 2013/2014 PRENDERSI CURA DELLA PERSONA AL CENTRO DEL MODELLO SANITARIO  
 
 Milano, 10 marzo 2014 - Nella seduta della Giunta di Regione Lombardia è stata approvata la delibera delle ´determinazione relative alla sperimentazione Creg (Chronic Related Group) - anno 2014´. Il provvedimento proposto dal vice presidente e assessore alla Salute Mario Mantovani dispone di remunerare e di sostenere con 11,5 milioni di euro la sperimentazione dei Creg per il biennio 2013-2014 (di cui 5,5 milioni per il 2013 e 6 milioni per il 2014). 3 Milioni Di Cronici - Su 10 milioni di cittadini lombardi ben il 30 per cento è affetto da malattie croniche. L´assessore Mantovani, infatti, ha più volte ribadito la necessità di rivisitare l´attuale organizzazione del sistema di gestione sanitaria del paziente cronico, affermando che "la cronicità è la vera sfida della nostra riforma sanitaria". La delibera varata prevede che la sperimentazione proseguirà per tutto il 2014 nelle Aziende Sanitarie Locali di Milano, Milano 2, Bergamo, Como e Lecco. Obiettivi Dell´assessore - Il provvedimento proposto dall´assessore alla Salute, dunque, punta su due principali obiettivi: - la necessità di rispondere ai fabbisogni della cronicità individuando soluzioni strutturali e organizzative per superare il modello assistenziale ospedaliero; - la valorizzazione dei Medici di medicina Generale (Mmg), anche attraverso lo sviluppo della cooperazione, come punto di attuazione della continuità assistenziale sul territorio, al fine di consentire le cure ai pazienti cronici mediante protocolli terapeutici condivisi e la pianificazione di un programma stabilito con il paziente, che riduca i tempi e le risorse. Il Piano Sanitario - "Regione Lombardia ha deciso di dare continuità a questo positivo percorso che, in linea con quanto già disposto nel Piano Sanitario nazionale 2011/2013, assegna un ruolo centrale alle cure primarie con il compito di programmare e coordinare gli interventi a sostegno del malato cronico" commenta il vice presidente e assessore alla Salute di Regione Lombardia Mario Mantovani. Prendersi Cura - "In particolare, dai dati emergenti da questa prima fase di sperimentazione - sottolinea Mantovani – risulta chiaramente che, grazie al Sistema Creg, si è già riscontrata una significativa riduzione degli accessi ospedalieri. In ultima analisi, attraverso questo provvedimento - conclude l´assessore regionale alla Salute - andiamo ad apporre un altro importante tassello nel nostro progetto di modello sanitario che pone al centro il ´prendersi cura´ della persona".  
   
   
AVASTIN/LUCENTIS:IL VENETO DAVANTI ALL’AUTORITA’ GARANTE IL 31 MAGGIO 2013 QUANTIFICO’ IL DANNO IN 7 MILIONI DI EURO NEL BIENNIO 2011-2012.  
 
 Venezia, 10 marzo 2014 - La Regione del Veneto partecipò il 31 maggio 2013 con i suoi tecnici al procedimento davanti all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sulla questione dei farmaci Avastin e Lucentis, in relazione alla quale l’Autorità stessa ha comminato un’ammenda di 182 milioni di euro a due multinazionali del farmaco con l’accusa di aver fatto “cartello” per contrastare la vendita di quello meno costoso (l’Avastin). In quella sede i tecnici del Veneto quantificarono in 7 milioni di euro nel biennio 2011-2012 il danno subìto dalle casse regionali per l’obbligo di acquistare il farmaco più costoso (il Lucentis). L’ambito clinico era ed è quello della cura di alcune patologie dell’occhio. Di seguito, una breve ricostruzione tecnica della vicenda giuridica: Con delibera 2352/2011, la Giunta regionale del Veneto, sulla base di evidenze cliniche, delle indicazioni di molti specialisti veneti e del parere della Commissione Regionale per la Farmaceutica, decise di procedere all’acquisto dell’Avastin. Una delle società coinvolte ricorse al Tar contro tale delibera nel 2012 e il Tribunale Amministrativo del Veneto, con un provvedimento del 24 ottobre 2013 arrivato dopo una lunga battaglia giudiziaria, disponeva un adempimento istruttorio a carico dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e dell’European Medicine Agency (Ema) per conoscere, in buona sostanza, se i farmaci Lucentis e Avastin fossero equivalenti. Aifa ed Ema non diedero riscontro a tale istanza e quindi, il Tar Veneto, con sentenza del 3 ottobre 2013, annullava la delibera regionale per l’acquisto dell’Avastin e gli atti successivi e conseguenti. Contro questa sentenza la Regione ha proposto appello chiedendone la sospensione al Consiglio di Stato, che ha ritenuto di approfondire la questione riproponendo l’adempimento istruttorio già disposto dal Tar Veneto e chiedendo ad Aifa di specificare se l’Avastin e il Lucentis siano equivalenti o meno. L’udienza di merito si terrà il 26 giugno prossimo.  
   
   
SANITÀ, AL SAN CARLO PARTE LA CHIRURGIA DEL DOLORE TECNICA RISERVATA AI PAZIENTI CON GRAVI PROBLEMI ORTOPEDICI CHE NON POSSONO ESSERE SOTTOPOSTI A UN INTERVENTO MAGGIORE PER DIVERSI PROBLEMI DI SALUTE  
 
Potenza, 10 marzo 2014 - Con l’adozione delle tecniche chirurgiche di “neuromodulazione del dolore” si arricchisce l’offerta del San Carlo per un “ospedale senza dolore”. Questo nuovo fronte terapeutico è stato aperto, con una seduta congiunta che ha visto operare insieme l’anestesista specializzato in terapia del dolore Giardina e l’ortopedico esperto di chirurgia vertebrale Bochicchio. Quattro gli interventi effettuati: uno alla spalla, due al ginocchio, uno alla regione sacro-illiaca. La tecnica è riservata ai pazienti con gravi problemi ortopedici che non possono essere sottoposti a un intervento maggiore per diversi problemi di salute (obesità, ipertensione, rischi cardiovascolari). Per questi soggetti quindi si punterà a questa metodica mini-invasiva per migliorare la qualità della vita agendo sul fattore dolore. Con l’uso delle radiofrequenze si produce calore che “stordisce” il nervo interessato per un periodo che va da sei a dodici mesi e in cui, riducendosi l’attività del nervo, la percezione del dolore sarà ridotta. L’intervento, mininvasivo, è effettuato in day surgery e così il paziente la sera stessa può ritornare a casa. “Lo sviluppo di attività terapeutiche sul fronte della lotta al dolore – spiega il direttore sanitario Bruno Mandarino – è un’importante espressione della nostra attenzione ai percorsi di umanizzazione delle cure e al benessere dei pazienti. La modalità originale di collaborazione tra due reparti (Ortopedia e Anestesia) finora connessi da un rapporto molto tradizionale (l’anestesista “addormenta”, il chirurgo “taglia”) è il segnale forte di un’Azienda all’avanguardia nelle innovazioni di processo per migliorare l’offerta sanitaria. E nei prossimi mesi ci sarà un ulteriore incremento delle prestazioni di cura del dolore: le prestazioni più complesse sono infatti attestate al San Carlo perché la Regione ci ha riconosciuto il ruolo di hub di secondo livello”.  
   
   
PUGLIA: DISPONIBILI I FONDI PER CENTRO RISVEGLI CEGLIE MESSAPICA  
 
Bari, 10 marzo 2014 - L’assessore al Welfare, Elena Gentile, interviene sulla questione del centro risvegli di Ceglie Messapica: “Abbiamo già disposto con la Direzione Generale della Asl di Brindisi la verifica dei progetti di investimenti ancora in sospeso, che sono dichiarati urgenti e che presentano una stima di cronoprogramma che può concretamente chiudersi entro giugno 2015, tra lavori forniture e messa in funzione”. “Su sollecitazione dell´Assessore al Welfare, il Centro Risvegli di Ceglie Messapica è un intervento prioritario e come tale su questo l´Area Gestione Tecnica dovrà concentrare ogni sforzo. Si è già data ampia rassicurazione alla Asl che i circa 2,5 milioni di euro necessari per il finanziamento della rifunzionalizzazione del Presidio Ospedaliero di Ceglie M. Per ospitare il Centro Risvegli, sono disponibili nell´ambito della dotazione residua del Fesr, purché appunto l´intervento sia del tutto realizzato entro giugno 2015”. “Dopo la riunione avuta la scorsa settimana, la Asl Br ha già provveduto ad avviare le attività di progettazione preliminare complessiva in modo da poter avviare la procedura di gara subito dopo la approvazione del disciplinare integrativo tra Regione Puglia e Asl Br. Altro punto a favore di questo intervento, è l´intesa già conseguita tra la Asl Br e la Asl Bt, per cui il Direttore Giovanni Gorgoni ha già chiesto di poter mutuare la progettazione preliminare del Centro risvegli di Ceglie Messapica, per poter realizzare i lavori e la rifunzionalizzazione del Centro Risvegli di Canosa, anch´esso finanziato a valere sulle risorse Fesr, che nel caso della Asl Bt derivanti dalle economie dei fondi Fesr già assegnati nel 2009 e nel 2011 e non già utilizzati per le altre progettualità. Lo stato dell´arte dimostra quanto ingiustificato sia l´allarmismo alimentato da talune dichiarazioni strumentali quanto disinformate rispetto alle opportunità di finanziamento e alle priorità già dichiarate dalla Regione, rispetto alle quali i cittadini pugliesi possono sentirsi del tutto rassicurati”.  
   
   
ARRIVA LA FIRMA A ROMA PER I DUE NUOVI OSPEDALI DI TARANTO E MONOPOLI  
 
Bari, 10 marzo 2014 - Sarà firmato a Roma il prossimo martedì 11 marzo l’Accordo di Programma Quadro “Benessere e Salute”, presso il dipartimento Sviluppo e Coesione economica. L’accordo consente alla Puglia di attivare anche le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2007-2013 per investimenti sanitari e sociosanitari. L’apq è finanziato complessivamente con 392 milioni di euro circa, di cui circa 325 milioni assicurati dal Fondo Sviluppo e Coesione. Tra gli interventi più importanti e più attesi anche il finanziamento dei primi due nuovi ospedali previsti dal Piano di Riordino della Rete Ospedaliera e dal Documento strategico degli investimenti in sanità (approvato dalla Giunta Regionale ad agosto 2012): l’ospedale “San Cataldo” di Taranto e l’ospedale del Sud-est Barese- Valle d’Itria situato tra Monopoli e Fasano. “Attendevamo da tempo che venisse fissata la data per la sottoscrizione dell’Apq - sottolinea l’assessore al Welfare Elena Gentile – perché potessero formalmente essere sbloccate le procedure di realizzazione dei due nuovi ospedali, ma anche di altri interventi importanti come il Centro Grandi Ustionati di Brindisi, l’intervento sugli Ospedali Riuniti di Foggia e quello sul Giovanni Xxiii di Bari. E in ogni caso non ci facciamo trovare impreparati, perché in questi mesi di attesa le strutture dell’Assessorato hanno spinto molto avanti le fasi di lavorazione interna, con gli studi di fattibilità e gli schemi di atti per l’avvio delle gare di progettazione, così come le strutture tecniche delle Asl hanno lavorato sulle rispettive progettazioni preliminari”. Lunedì 10 marzo alle 12.00, intanto, l’assessore Elena Gentile parteciperà alla seduta congiunta delle Commissioni Consiliari Terza (Salute e Servizi Sociali) e Quinta (Lavori Pubblici e Infrastutture) per relazionare sui progetti ospedalieri e sullo stato dell’arte delle procedure.  
   
   
LOMBARDIA.NUOTO: REGIONE LAVORA PER IMPIANTI MODERNI INTERNAZIONALI VETRINA PER CAMPIONI  
 
 Milano, 10 marzo 2014 - "Siamo al lavoro, come Regione, per dotare tutte le discipline, nuoto compreso, di strutture moderne e adeguate a ospitare le migliori competizioni nazionali e internazionali". L´ha ricordato l´assessore regionale allo Sport e Politiche per i giovani Antonio Rossi, presentando la quarta edizione dei Campionati internazionali di nuoto promossi dai Nuotatori Milanesi alla piscina ´D. Samuele´ da domani a domenica a Milano. Presente alla conferenza il quattrocentista Samuel Pizzetti che sarà in gara con altri campioni come Federica Pellegrini, Gregorio Paltrinieri, Camille Muffat, Evgeny Korotyshkin, Filippo Magnini, Ilaria Bianchi, Marco Orsi e Luca Dotto. Investiamo Nello Sport - "Fare sport è importante - ha detto l´assessore - ma sempre più difficile per la crisi che rende problematico reperire risorse economiche". "Come Regione – ha ricordato Rossi - ci siamo già mossi definendo un Accordo Quadro per la promozione e lo sviluppo dello sport in cui abbiamo investito circa 20 milioni di euro". Pensiamo All´impiantistica - "Stiamo operando - ha aggiunto Rossi - per rendere più facile organizzare eventi sportivi, anche di alto livello, sia grazie alla disponibilità di risorse sia potendo contare su strutture adeguate a valorizzare i nostri atleti". "Mi auguro che Pizzetti e gli altri azzurri che scenderanno in vasca in questi Internazionali - ha proseguito l´assessore - ci offrano prestazioni che li lancino caricati verso gli Europei". "Manifestazioni come il Trofeo Città di Milano - ha concluso l´assessore Rossi - sono ulteriori stimoli a intensificare l´azione a favore del nuoto da parte di Regione Lombardia, che si spende a favore dello sport a scuola, delle strutture e della promozione, perché ogni euro investito nell´attività motoria si traduce in un sensibile risparmio nella spesa sanitaria".  
   
   
SPORT, LOMBARDIA: ATLETICA BRACCO MODELLO PER I CLUB  
 
Milano, 10 marzo 2014 - "Il conseguimento del titolo italiano indoor di atletica leggera per società rappresenta il raggiungimento di un traguardo storico, prestigioso e lungamente atteso, per un club che, come Bracco atletica, rappresenta l´eccellenza di questo sport in Italia". Con queste parole l´assessore allo Sport e Politiche per i giovani di Regione Lombardia Antonio Rossi si è rivolto alle atlete di Bracco Atletica, premiate a Palazzo Lombardia per la storica vittoria. "Il successo di squadra - ha aggiunto l´assessore - deve rappresentare un punto di partenza per un futuro ricco di soddisfazioni". Impianto Indoor - Sul tavolo anche il problema di un impianto indoor, capitolo cui Regione Lombardia sta lavorando all´interno dei progetti per il rinnovamento dell´impiantistica sportiva del territorio. "Regione Lombardia - ha concluso l´assessore Rossi rivolgendosi alle ragazze e al loro presidente Franco Angelotti - plaude al traguardo da voi raggiunto e vi invita ad accompagnare grandi risultati nello sport con altrettanto positivi successi nello studio. Nel contempo Regione Lombardia si impegnerà per garantirvi i migliori palcoscenici di gara".  
   
   
ELBA/VELA: RIPRESA L’ATTIVITA’ DELLA SQUADRA AGONISTICA CVMM  
 
Marciana Marina, 10 marzo 2014 – Dopo i lunghi mesi invernali caratterizzati da condizioni meteo marine pressochè proibitive è ripresa l’attività agonistica della squadra giovanile del Circolo della Vela Marciana Marina. Sul campo di regata di Rio Marina, con l’organizzazione a mare del Centro Velico Elbano, si è disputata la seconda prova del Campionato Elbano Invernale Derive, manifestazione promossa dal Comitato Circoli Velici Elbani. Due le prove portate a termine con un vento fresco di tramontana/maestrale che ha soffiato sul campo di regata a intensità intorno ai 4/6 nodi con raffiche fino a 8 nodi. I ragazzi marinesi, guidati come sempre, dall’istruttore Fabrizio Marzocchini sono scesi in mare con la classe L’equipe Under 12, con l’equipaggio Edoardo Gargano/lorenzo Paolini che in entrambe le prove è stato il miglior team sulla linea d’arrivo. Nella categoria Evo fin dalla prima prova si metteva in evidenza l’equipaggio Cvmm Antonio Salvatorelli/dennis Peria con due primi di manche che lasciava alle spalle l’altro team portacolori Cvmm composto da Ruben Spechi e Lorenzo Sardi al secondo posto e l’equipaggio del Club del Mare Lupi/vitiello al terzo. Seguiva poi in classifica un altro equipaggio Cvmm formato da Matteo Di Pede (new entry nella squadra agonistica) e Lorenzo Marzocchini A riposo in questa occasione il team rosa marinese composto da Giulia Arnaldi che da quest’anno avrà una nuova prodiera, Margherita Scaturchio del Club del Mare di Marina di Campo. La squadra agonistica 2014 del Cvmm non vedrà più in gara, causa raggiunto limite di età, nessun timoniere della classe Optimist, come pure per lo stesso motivo l’equipaggio Samuel Spada – Jacopo Peria inizierà la nuova esperienza nella classe 420. Questi sono gli equipaggi che saranno impegnati nell’attività nazionale e internazionale nel 2014: - L´ Equipe U12 – Edoardo Gargano/lorenzo Paolini; Paolo Arnaldi/niccolò Palmieri ; Pietro Gentili/benedetta Peria - L´ Equipe Evo – Antonio Salvatorelli/dennis Peria; Giulia Arnaldi/margherita Scaturchio; Ruben Spechi/lorenzo Sardi; Matteo Di Pede/lorenzo Marzocchini - Classe 420 - Samuel Spada – Jacopo Peria Il Campionato Invernale Derive 2014 si concluderà il prossimo 16 marzo sul campo di regata del Cvmm, mentre il 9 marzo i ragazzi saranno ad Antignano (Livorno) per un allenamento collegiale con regatina finale. Il primo appuntamento a livello nazionale è già fissato per il 22/23 marzo dove i ragazzi della classe L’equipe saranno in trasferta a Salò sul lago di Garda per la prima Regata Nazionale. Per la classe 420 il primo appuntamento fuori dall’isola sarà in occasione della Regata Nazionale a Santa Marinella nei giorni 14/16 marzo.