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Notiziario Marketpress di Lunedì 30 Settembre 2013
GIUSTIZIA ITALIANA: DIRITTI DELLA PERSONALITA´ - DIRITTO ALLA RISERVATEZZA - TRATTAMENTO DI DATI GENETICI A CARATTERE NON SANITARIO - TEST GENETICO PREDITTIVO - CONSENSO DELL´INTERESSATO - NECESSITA´  
 
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (Presidente M.g. Luccioli, Relatore M. Acierno) ha affermato, con la sentenza 13 settembre 2013 n. 21014, che, al fine di svolgere un test genetico predittivo, seppur volto ad accertare la consanguineità per valutare il promovimento di azione di disconoscimento della paternità, è sempre necessario il consenso preventivo dell’interessato  
   
   
GIUSTIZIA ITALIANA: DIRITTO ALLA RISERVATEZZA - ASSENZA DAL LAVORO PER MALATTIA - DATI PERSONALI SENSIBILI - INCLUSIONE  
 
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (Presidente M.g. Luccioli, Relatore A. Didone) ha affermato, con la sentenza 1° agosto 2013, n. 18980, che costituisce diffusione di dati personali sensibili, ai sensi del Decreto legislativo n. 196/2003, quella relativa all’assenza dal lavoro di un dipendente per malattia, in quanto attinente alla salute del soggetto cui l’informazione si riferisce  
   
   
GIUSTIZIA CIVILE: DIRITTO ALLA RISERVATEZZA - ACCESSO A SITI PORNOGRAFICI SUL LUOGO DI LAVORO - DATI PERSONALI SENSIBILI - INCLUSIONE  
 
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (Presidente G. Salmè, Relatore A. Didone) ha affermato, con la sentenza del 1° agosto 2013, n. 18443, che costituiscono dati personali sensibili, ai sensi dell’art. 4 del Decreto legislativo n. 196/2003, in quanto idonei a rivelare la vita sessuale dell’interessato, quelli relativi alla navigazione in internet con accesso a siti pornografici (nella specie, oggetto di contestazione in sede disciplinare ad un dipendente da parte del datore di lavoro)  
   
   
GIUSTIZIA CIVILE: RISPONDE DEL REATO DI CUI ALLA LEGGE MANCINO CHI INDOSSA ALLA MANIFESTAZIONE SPORTIVA LA T-SHIRT CON L’IMMAGINE DEL DUCE E RIPRODUCENTE SCRITTE PROPRIE DELL’IDEOLOGIA FASCISTA CONDANNATO AD UN’AMMENDA IL GIOVANE CON LA MAGLIETTA DI MUSSOLINI ALLA GARA DI HOCKEY POICHÉ LA FATTISPECIE SUSSISTE PER IL SOLO USO DEI SIMBOLI DEL REGIME ANCHE SENZA ADESIONE AI GRUPPI NAZIONALISTI  
 
Giovanni D´agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ci segnala una significativa sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 2 comma secondo d.L. 26 aprile 1993 n. 122 con modifiche in legge 25 giugno 1993 n. 205, nota come legge Mancino,risponde del reato di cui alla legge Mancino chi indossa alla manifestazione sportiva la t-shirt con l’immagine del Duce e riproducente scritte proprie dell’ideologia fascista. Il giovane con la maglietta di Mussolini alla gara di hockey è stato condannato dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza 39860/13, ad un’ammenda di 2.280 euro poiché la fattispecie sussiste per il solo uso dei simboli del regime anche senza adesione ai gruppi nazionalisti. La Corte ha così commutato la pena a due mesi di arresto inflitta dalla Corte d’Appello di Bolzano. A nulla è valso il ricorso della difesa secondo cui «indossare una maglietta o altro capo di abbigliamento richiamante motti, scritte o simbologia del partito fascista non può in sé integrare le fattispecie di reato previste dalla legge». Né è rilevante l’assunto per il quale il giovane sosteneva che «non aveva alcuna intenzione di discriminare ed offendere l’altrui dignità». Sul punto i giudici della Cassazione hanno rilevato che «il reato all’art 2 comma secondo d.L. 26 aprile 1993 n. 122, con modif in legge 25 giugno 1993 n. 205 sussiste per il solo fatto che taluno acceda ai luoghi di svolgimento di manifestazioni agonistiche recando con sé emblemi o simboli di associazioni o gruppi razzisti e simili, nulla rilevando che a tali gruppi o associazioni egli non sia iscritto»; in tal senso, infatti, non si può non tenere conto anche del luogo di consumazione del fatto e dell’occasione in cui è stata posta in essere la condotta. Ed in più: «L’essersi presentato esibendo la maglietta con le scritte e i simboli inneggianti al regime fascista ed ai valori dell’ideologia fascista nel contesto dello specifico incontro sportivo di hockey svoltosi in Alto Adige, notoriamente caratterizzato da contrasti delle opposte tifoserie, integra la condotta di uso di simboli propri delle organizzazioni nazionaliste ed i comportamenti vietati e sanzionati dalla legge»  
   
   
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Il 18 settembre 2013 l´Agenzia delle Entrate ha diffuso la circolare n. 29/E, nella quale chiarisce alcuni aspetti del Decreto legge 4 giugno 2013 n. 63, entrato in vigore il 6 giugno 2013 e convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2013, n. 90. Il provvedimento contiene la proroga delle agevolazioni dirette a favorire il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici ed il recupero del patrimonio edilizio, con l´ulteriore obiettivo di stimolare i settori produttivi di riferimento  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LE DISPOSIZIONI DEL REGIME SPECIALE DELL’IVA APPLICABILI ALLE AGENZIE DI VIAGGIO NON SI LIMITANO AI CASI DI VENDITA DI VIAGGI AI VIAGGIATORI E SI ESTENDONO ALLE VENDITE A QUALSIASI CLIENTE  
 
La Corte respinge in tal modo nella loro interezza i ricorsi della Commissione contro la Polonia, l’Italia, la Repubblica ceca, la Grecia, la Francia, la Finlandia e il Portogallo e accoglie parzialmente il ricorso contro la Spagna. La Commissione europea ha proposto una serie di ricorsi per inadempimento nei confronti di otto Stati membri per inosservanza degli obblighi loro imposti dalla direttiva che disciplina il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto. I ricorsi riguardano il regime speciale delle agenzie di viaggio. Finlandia, Francia, Grecia, Italia, Polonia, Portogallo e Repubblica ceca La Commissione ritiene che il regime speciale delle agenzie di viaggio sia applicabile soltanto in caso di vendita di viaggi ai viaggiatori. Essa addebita a questi Stati membri di avere autorizzato l’applicazione di tale regime in caso di vendita di viaggi a qualsiasi tipologia di clienti. Con le sue sentenze odierne, la Corte riconosce che esistono divergenze particolarmente significative tra le versioni linguistiche della direttiva, giacché talune utilizzano il termine «viaggiatore» e/o il termine «cliente», talvolta alternando l’utilizzo dei medesimi da una disposizione all’altra. La Corte ricorda che in caso di divergenza tra le diverse versioni linguistiche, la disposizione dell’Unione dev’essere interpretata in funzione dell’economia generale e della finalità della normativa di cui costituisce un elemento. La Corte ritiene che l’approccio che consiste nell’applicare il regime speciale a qualsiasi tipologia di clienti sia quello maggiormente in grado di raggiungere gli obiettivi del regime. Infatti, esso consente alle agenzie di viaggio di beneficiare delle norme semplificate indipendentemente dalla tipologia di clienti ai quali forniscono le prestazioni, favorendo al contempo una ripartizione equilibrata delle entrate tra gli Stati membri. Inoltre, la Corte ha già interpretato il termine «viaggiatore» attribuendogli un senso più ampio di quello di consumatore finale. Pertanto, considerando che le disposizioni del regime speciale non si limitano ai casi di vendita di viaggi ai viaggiatori, la Corte respinge nella loro interezza i ricorsi della Commissione contro la Polonia, l’Italia, la Repubblica ceca, la Grecia, la Francia, la Finlandia ed il Portogallo. Spagna Per quanto riguarda la Spagna, in primo luogo la Corte respinge il ricorso della Commissione, nella parte in cui addebita a tale Stato, così come agli altri sette Stati membri, di aver autorizzato l’applicazione del regime speciale in caso di vendita di viaggi a qualsiasi tipologia di clienti. In secondo luogo la Commissione sostiene che la normativa spagnola è contraria al diritto dell’Unione, nella parte in cui esclude dal regime speciale le vendite di viaggi organizzati da tour operator ma effettuate da agenzie dettaglianti. La Corte ritiene che tale censura sia fondata, poiché una simile esclusione dall’ambito di applicazione di tale regime speciale non è affatto prevista dalla direttiva. In terzo luogo la Commissione deduce che, contrariamente al diritto dell’Unione, la normativa spagnola consente all’agenzia di viaggio, previa consultazione con il cliente, di indicare in fattura, alla voce «importo Iva incluso nel prezzo», una percentuale definita del prezzo Iva inclusa, che è ritenuta a carico del cliente e che quest’ultimo è legittimato a detrarre. La Corte rileva che una tale detrazione non è affatto prevista dal regime speciale delle agenzie di viaggio. Il principio del diritto a detrazione dell’Iva riguarda l’imposta che ha gravato a monte sui beni o servizi impiegati dal soggetto passivo per le necessità delle sue operazioni soggette ad imposta. Per garantire la neutralità dell’Iva, l’importo dell’imposta detratta deve corrispondere esattamente all’importo dell’imposta dovuta o assolta a monte. Pertanto, considerando che la normativa spagnola riguarda non già l’importo esatto dell’Iva che ha gravato i servizi ottenuti dal soggetto passivo, bensì un importo stimato sulla base dell’importo globale da esso pagato, la Corte dichiara che tale normativa non è compatibile con il metodo di calcolo dell’Iva né con le norme sul diritto a detrazione previste dalla direttiva. Ne risulta altresì che l’indicazione, in fattura, di un importo corrispondente ad una percentuale del prezzo totale fatturato non corrisponde alle norme relative al contenuto delle fatture di cui alla direttiva. La Corte afferma inoltre che la normativa spagnola, consentendo l’eventuale detrazione soltanto nel caso in cui i servizi siano forniti in Spagna, comporta una discriminazione in base alla cittadinanza, incompatibile con il sistema comune dell’Iva. In quarto luogo la Corte risponde all’argomento della Commissione secondo il quale le disposizioni spagnole che prevedono la possibilità di determinare la base imponibile del margine di utile delle agenzie di viaggio in modo globale non hanno fondamento giuridico nella direttiva. La Corte conferma che, nel settore delle agenzie di viaggio, la base imponibile dev’essere determinata riferendosi a ciascuna prestazione di servizi unica fornita dall’agenzia di viaggi e non in modo globale. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 26 settembre 2013, Sentenze nelle cause C‑189/11 Commissione / Spagna, C‑193/11 Commissione / Polonia, C‑236/11 Commissione / Italia, C‑269/11 Commissione / Repubblica ceca, C‑293/11 Commissione / Grecia, C‑296/11 Commissione / Francia, C‑309/11 Commissione / Finlandia e C‑450/11 Commissione / Portogallo)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: IL TRIBUNALE RIDUCE LE AMMENDE INFLITTE AD ALCUNE DELLE SOCIETÀ CHE HANNO PARTECIPATO ALL’INTESA SUL MERCATO DELLE CERAMICHE SANITARIE E DELLA RUBINETTERIA  
 
Con decisione del 23 giugno 2010, la Commissione ha inflitto ammende per un importo totale pari a più di Eur 622 milioni a 17 produttori di ceramiche sanitarie e rubinetteria a causa della loro partecipazione ad un’infrazione unica e continuata in tale settore. Secondo la Commissione, tali imprese hanno partecipato regolarmente a riunioni anticoncorrenziali nel corso di diversi periodi compresi tra il 16 ottobre 1992 e il 9 novembre 2004 nei seguenti territori: Germania, Austria, Belgio, Francia, Italia e Paesi Bassi. La Commissione ha concluso che il coordinamento degli aumenti annuali di prezzo e di altri elementi rientranti nella fissazione dei prezzi nonché la divulgazione e lo scambio di informazioni commerciali riservate, cui avevano proceduto tali imprese, configuravano un’intesa. A parere della Commissione, i prodotti interessati da detta infrazione erano gli articoli di rubinetteria, i box doccia e accessori nonché gli articoli sanitari in ceramica. Talune società sanzionate dalla Commissione hanno proposto ricorso dinanzi al Tribunale chiedendo l’annullamento della decisione della Commissione o la riduzione delle ammende inflitte. Il Tribunale annulla parzialmente la decisione della Commissione nei confronti della Trane Inc., della Wabco Europe e della Ideal Standard Italia Srl. La Commissione aveva fissato un’ammenda di Eur 259 milioni per la Trane Inc., di Eur 45,06 milioni per la Wabco Europe e la Trane Inc. A titolo solidale e di Eur 12,32 milioni per Ia Ideal Standard Italia Srl, la Wabco Europe e la Trane Inc a titolo solidale. Il Tribunale riduce le ammende inflitte a tali società in quanto esse, sul solo mercato italiano degli articoli sanitari in ceramica, hanno partecipato all’infrazione unicamente dal 12 maggio 2000 al 9 marzo 2001, invece che nei periodi significativamente più lunghi presi in considerazione dalla Commissione. Di conseguenza, esso fissa l’ammenda della Trane Inc. In Eur 92,66 milioni, quella della Wabco Europe e della Trane Inc. In Eur 15,82 milioni a titolo solidale e quella della Ideal Standard Italia, della Wabco Europe e della Trane Inc. In Eur 4,52 milioni a titolo solidale. Per quanto riguarda la Duravit Ag, la Duravit Belux Sprl/bvba e la Duravit Sa, il Tribunale annulla parzialmente la decisione della Commissione nella parte in cui essa ha concluso, a torto, che tali società avevano partecipato ad un’infrazione in Austria, Italia e Paesi Bassi. Il Tribunale decide tuttavia di fissare l’importo totale dell’ammenda inflitta a dette società ad un livello corrispondente a quello stabilito dalla Commissione, vale a dire a Eur 29,27 milioni. Infatti, esso considera che, tenuto conto della durata e della gravità dell’infrazione alla quale dette società hanno partecipato, si tratta di una sanzione che consente di reprimere in modo adeguato e dissuasivo il loro comportamento anticoncorrenziale. Per quanto concerne il gruppo Villeroy & Boch, il Tribunale annulla la decisione della Commissione esclusivamente nella parte in cui essa ha concluso, a torto, che la Villeroy & Boch Ag aveva partecipato ad un’intesa nel settore delle ceramiche sanitarie in Germania, Austria, Belgio, Francia, Italia e Paesi Bassi prima del 12 ottobre 1994. Questo annullamento non induce tuttavia il Tribunale a concedere una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta a tale società, poiché la Commissione, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, aveva preso in considerazione la sua partecipazione all’infrazione solo a decorrere dal 12 ottobre 1994. Per quanto riguarda la Sanitec Europe Oy, la Keramag Keramische Werke Ag, la Koralle Sanitärprodukte Gmbh, la Koninklijke Sphinkx Bv, la Allia Sas, la Produits Céramique de Touraine Sa (Pct) e la Pozzi Ginori Spa, il Tribunale annulla, anzitutto, la decisione della Commissione nella parte in cui essa ha concluso, a torto, che la Allia Sas e la Pct avevano partecipato all’intesa sul mercato francese tra il 25 febbraio 2004 e il 9 novembre 2004. Il Tribunale ritiene poi che la Pozzi Ginori Spa abbia preso parte all’infrazione tra il 14 maggio 1996 e il 9 maggio 2001. Infine, a causa dell’annullamento delle ammende inflitte rispettivamente alla Allia e alla Pct, il Tribunale annulla la decisione della Commissione nei limiti in cui il totale dell’ammenda di Eur 57,69 milioni, imposta alla Sanitec Europe, alla Keramag Keramische Werke, alla Koralle Sanitärprodukte, alla Koninklijke Sphinx e alla Pozzi Ginori supera l’importo di Eur 50,58 milioni. Esso ritiene che quest’ultimo importo costituisca una sanzione appropriata che consente di reprimere in modo adeguato e dissuasivo il comportamento anticoncorrenziale di tali società. Quanto al gruppo Roca, la Commissione ha inflitto un’ammenda di Eur 17,70 milioni a titolo solidale alla Roca Sanitario Sa e alla sua controllata, la Laufen Austria Ag, e di Eur 6,70 milioni a titolo solidale alla Roca Sanitario e all’altra sua controllata, la Roca (Roca France). Il Tribunale annulla la decisione della Commissione nella parte relativa alla Roca France, per aver fissato l’importo dell’ammenda senza tener conto della sua cooperazione con la Commissione nel corso del procedimento amministrativo. Di conseguenza, il Tribunale riduce l’ammenda inflitta a tale società e ne fissa l’importo in Eur 6,298 milioni. Il Tribunale riduce altresì l’importo dell’ammenda inflitta alla Roca Sanitario, nella sua sola qualità di società controllante della Roca France, poiché, nel caso di specie, la responsabilità di tale società controllante è meramente derivata, accessoria e dipendente da quella della sua controllata e, pertanto, non può eccederla. L’importo dell’ammenda inflitta alla Roca Sanitario a titolo solidale è fissato in Eur 6,298 milioni. Il Tribunale decide di respingere i ricorsi proposti dalle altre società, vale a dire la Masco Corp, la Mamoli Robinetteria Spa, la Zucchetti Rubinetteria Spa, la Rubinetteria Cisal Spa, la Aloys F. Dorbracht Gmbh & Co. Kg e la Hansa Metallwerke Ag e a. Intesa ceramiche sanitarie e rubinetteria
N. Della causa Società Ammende inflitte dalla Commissione Decisione del Tribunale
T-364/10 Duravit e a. / Commissione Duravit Ag (Germania) Duravit Sa (Francia) Duravit Belux Sprl/bvba (Belgio) Eur 25,23 milioni alla Duravit Ag Eur 2,47 milioni in solido alla Duravit Belux Sprl/bvba e alla Duravit Ag Eur 1,57 milioni congiutamente e in solido alla Duravit Sa e alla Duravit Ag Annullamento parziale Ammende mantenute
T-368/10 Rubinetteria Cisal / Commissione Rubinetteria Cisal Spa (Italia) Eur 1,20 milioni Rigetto del ricorso Ammenda mantenuta
T-373/10 Villeroy & Boch Austria / Commissione T‑374/10 Villeroy & Boch Ag / Commissione T-382/10 Villeroy e Boch Sas / Commissione T-402/10 Villeroy & Boch - Belgium / Commissione Villeroy & Boch Austria Gmbh (Austria) Villeroy & Boch Ag (Germania) Villeroy e Boch Sas (Francia) Villeroy & Boch - Belgium (Belgio) Eur 54,44 milioni alla Villeroy & Boch (società controllante) Eur 6,08 milioni in solido alla Villeroy & Boch Austria Gmbh e alla Villeroy & Boch Eur 2,94 milioni in solido alla Villeroy & Boch Belgium e alla Villeroy & Boch Eur 8,07 milioni in solido alla Villeroy & Boch France e alla Villeroy & Boch Totale: Eur 71,53 milioni Annullamento parziale Ammende mantenute
T-375/10 Hansa Metallwerke e a. / Commissione Hansa Metallwerke Ag (Germania) Hansa Nederland Bv (Paesi Bassi) Hansa Italiana Srl (Italia) Hansa Belgium (Belgio) Hansa Austria Gmbh (Austria) Eur 10,33 milioni alla Hansa Metallwerke Ag Eur 2,25 milioni in solido alla Hansa Austria Gmbh e alla Hansa Metallwerke Ag Eur 2,07 milioni in solido alla Hansa Italiana srl e alla Hansa Metallwerke Ag Eur 112 974 in solido alla Hansa Belgium e alla Hansa Metallwerke Ag Eur 0 alla Hansa Nederland Bv e alla Hansa Metallwerke Ag Rigetto del ricorso Ammende mantenute
T-376/10 Mamoli Robinetteria / Commissione Mamoli Robinetteria Spa (Italia) Eur 1,04 milioni Rigetto del ricorso Ammenda mantenuta
T-378/10 Masco e a. / Commissione Masco Corp. (Stati Uniti) Hansgrohe Ag (Germania) Hansgrohe Deutschland Vertriebs Gmbh (Germania) Hansgrohe Handelsgesellschaft mbH (Austria) Hansgrohe Sa/nv (Belgio) Hansgrohe Bv (Paesi Bassi) Hansgrohe Sarl (Francia) Hansgrohe Srl (Italia) Hüppe Gmbh (Germania) Hüppe Ges.mbh (Austria) Hüppe Belgium Sa (Belgio) Hüppe Bv (Paesi Bassi) Nessuna ammenda inflitta Rigetto del ricorso
T‑379/10 Keramag Keramische Werke e a. / Commissione T‑381/10 Sanitec Europe / Commissione Keramag Keramische Werke Ag (Germania) Koralle Sanitärprodukte Gmbh (Germania) Koninklijke Sphinx Bv (Paesi Bassi) Allia Sas (Francia) Produits Céramique de Touraine Sa (Pct, Francia) Pozzi Ginori Spa (Italia) Sanitec Europe Oy (Finlandia) Eur 9,87 milioni alla Sanitec Europe Eur 26,07 milioni e in solido alla Keramag e alla Sanitec Europe Eur 1,40 milioni in solido alla Sphinx e alla Sanitec Europe Eur 4,58 milioni in solido alla Allia e alla Sanitec Europe Eur 2, 53 milioni in solido alla Pct, alla Allia e alla Sanitec Europe Eur 4,52 milioni in solido alla Pozzi Ginori e alla Sanitec Europe Eur 5,23 milioni in solido alla Koralle e alla Sanitec Europe Eur 3,50 milioni alla Koralle Annullamento parziale Ammende annullate per la Allia e la Pct Importo solidale dell’ammenda è limitato a Eur 50,58 milioni invece che a Eur 57,69 milioni
T-380/10 Wabco Europe e a. / Commissione Wabco Europe (Belgio) Wabco Austria Gesmbh (Austria) Trane Inc. (Stati Uniti) Ideal Standard Italia Srl (Italia) Ideal Standard Gmbh (Germania) Eur 259 milioni Eur alla Trane Inc. Eur 45,06 milioni in solido alla Wabco Europe e alla Trane Inc. Eur 1,52 milioni in solido alla Wabco Austria Gesmbh, alla Wabco Europe e alla Trane Inc. Eur 0 alla Ideal Standard France, alla Wabco Europe e alla Trane Inc. Eur 12,32 milioni in solido alla Ideal Standard Italia Srl, alla Wabco Europe e alla Trane Inc. Eur 5,58 milioni in solido alla Ideal Standard Gmbh, alla Wabco Europe e alla Trane Inc. Eur 0 alla Ideal Standard Produktions-gmbh, alla Wabco Europe e alla Trane Inc. Eur 2,61 milioni in solido alla Wabco Austria Gesmbh e alla Trane Inc. Riduzione dell’ammenda Trane Inc.: Eur 92,66 milioni In solido alla Wabco Europe e alla Trane Inc.: Eur 15,82 milioni In solido alla Ideal Standard Italia, alla Wabco Europe e alla Trane Inc.: Eur 4,52 milioni
T‑386/10 Dornbracht / Commissione Aloys F. Dornbracht Gmbh & Co. Kg (Germania) Eur 12,52 milioni Rigetto del ricorso Ammenda mantenuta
T-396/10 Zucchetti Rubinetteria / Commissione Zucchetti Rubinetteria Spa (Italia) Eur 4 milioni Rigetto del ricorso Ammenda mantenuta
T-408/10 Roca Sanitario / Commissione Roca Sanitario, Sa (Spagna) Eur 17,70 milioni in solido con la Laufen Austria ed Eur 6,70 milioni in solido con la Roca France Riduzione dell’ammenda in solido con la Roca France: Eur 6,298 milioni
T-411/10 Laufen Austria / Commissione Laufen Austria Ag (Austria) Eur 32 milioni, di cui Eur 17,70 milioni in solido con la Roca Sanitario ed Eur 14,30 milioni a titolo individuale Rigetto del ricorso Ammenda mantenuta
T-412/10 Roca / Commissione Roca Sarl (Francia) In solido con la Roca Sanitario Sa (Francia): Eur 6,70 milioni Riduzione dell’ammenda: Eur 6,298 milioni
(Tribunale dell’Unione europea, Lussemburgo, 16 settembre 2013, Sentenze nelle cause T-364/10, Duravit Ag e a. / Commissione, T-368/10 Rubinetteria Cisal Spa / Commissione, nelle cause riunite T-373/10 Villeroy & Boch Austria Gmbh / Commissione, T-374/10 Villeroy & Boch Ag / Commissione, T-382/10 Villeroy & Boch Sas / Commissione e T-402/10 Villeroy & Boch – Belgium / Commissione, nelle cause T-375/10 Hansa Metallwerke Ag e a./ Commissione, T-376/10 Mamoli Robinetteria Spa / Commissione, T-378/10 Masco Corp. E a. / Commissione, T-380/10 Wabco Europe e a. / Commissione, T-386/10 Aloys F. Dornbracht Gmbh & Co. Kg / Commissione, nelle cause riunite T-379/10 Keramag Keramische Werke Ag, Koralle Sanitärprodukte Gmbh, Koninklijke Sphinkx Bv, Allia Sas, Produits Céramique de Touraine Sa e Pozzi Ginori Spa / Commissione e T-381/10 Sanitec Europe Oy / Commissione, nelle cause T-396/10 Zucchetti Rubinetteria Spa / Commissione, T-408/10 Roca Sanitario Sa / Commissione, T-411/10 Laufen Austria Ag / Commissione, T-412/10 Roca / Commissione) 
 
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: I CITTADINI TURCHI NON HANNO IL DIRITTO DI ENTRARE SENZA VISTO NEL TERRITORIO DI UNO STATO MEMBRO DELL’UE PER FRUIRVI DI SERVIZI  
 

Il Protocollo addizionale dell’Accordo di associazione CEE-Turchia non osta all’introduzione, dopo la sua entrata in vigore, di un obbligo di visto per quanto riguarda la fruizione di servizi.

Nel 1963, la Turchia e la Comunità economica europea nonché i suoi Stati membri hanno concluso un Accordo di associazione, il cui fine era di promuovere il rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le parti contraenti, allo scopo di migliorare il tenore di vita del popolo turco e di facilitare successivamente l’adesione della Turchia alla Comunità. Esso prevede, in particolare, che le parti contraenti si ispireranno alle disposizioni del Trattato CEE relative alla libera prestazione dei servizi tra gli Stati membri al fine di eliminare tra loro qualsiasi restrizione a tale principio. 

Il Protocollo addizionale di tale Accordo, firmato nel 1970, contiene una clausola di «standstill», che vieta alle parti contraenti di introdurre nuove restrizioni alla libera prestazione dei servizi, a partire dalla sua entrata in vigore. 

La sig.ra Demirkan, una cittadina turca cui le autorità tedesche hanno negato un visto per far visita al patrigno residente in Germania, invoca la clausola di «standstill» dinanzi ai giudici tedeschi. A suo avviso, tale clausola vieta l’introduzione di nuove restrizioni, come un obbligo di visto, non soltanto nei confronti di coloro che cercano di effettuare una prestazione di servizi (libera prestazione dei servizi cosiddetta «attiva»), bensì anche nei confronti di coloro che cercano di fruire di una prestazione di servizi (libera prestazione dei servizi cosiddetta «passiva»). La sig.ra Demirkan sostiene che, poiché una visita ad un familiare in Germania implica la possibilità di ottenere ivi dei servizi, essa deve essere considerata una potenziale fruitrice di servizi. Per giunta, alla data di entrata in vigore del Protocollo addizionale nei confronti della Germania, nel 1973, il diritto tedesco non richiedeva alcun visto per i cittadini turchi che intendevano effettuare una visita a carattere familiare in Germania. La clausola di «standstill» produrrebbe dunque l’effetto che l’obbligo generale di visto, introdotto successivamente dalla Germania per i cittadini turchi nel 1980, non potrebbe trovare applicazione nei suoi confronti.

L’Oberverwaltungsgericht Berlin-Brandenburg (Corte amministrativa d’appello di Berlino‑Brandeburgo, Germania), investito di tale controversia in secondo grado, chiede alla Corte di giustizia di precisare la portata della clausola di «standstill».

Con la sua sentenza odierna, la Corte constata che la nozione di «libera prestazione dei servizi» contenuta nella clausola di «standstill» del Protocollo addizionale non include la libera prestazione dei servizi passiva, ossia la libertà per i cittadini turchi, destinatari di servizi, di recarsi in uno Stato membro per fruire ivi di una prestazione di servizi.

La Corte ricorda che la libera prestazione dei servizi garantita dai Trattati dell’Unione ai cittadini degli Stati membri – e dunque ai cittadini dell’Unione – include non soltanto la libera prestazione dei servizi attiva, ma anche, come da essa riconosciuto nella sentenza Luisi e Carbone del 1984, quale complemento necessario, la libera prestazione dei servizi passiva. Così, i cittadini dell’Unione che si rechino in un altro Stato membro al fine di ricevervi servizi o avendo la facoltà di riceverne, quali i turisti o i pazienti, godono della tutela della libera prestazione dei servizi passiva. Tale tutela si basa sull’obiettivo consistente nella realizzazione di un mercato interno, concepito come spazio senza frontiere interne, eliminando tutti gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di un siffatto mercato.

Orbene, a causa delle differenze fondamentali esistenti tra i Trattati dell’Unione, da un lato, e l’Accordo di associazione nonché il suo Protocollo addizionale, dall’altro, per quanto riguarda tanto la loro finalità quanto il loro contesto, l’interpretazione della nozione di libera prestazione dei servizi riconosciuta dalla Corte nel 1984 per i Trattati dell’Unione come includente la libera prestazione dei servizi passiva non può essere estesa alla clausola di «standstill» del Protocollo addizionale.

Infatti, a differenza dei Trattati dell’Unione, l’associazione CEE-Turchia persegue una finalità esclusivamente economica, poiché l’Accordo di associazione e il suo Protocollo addizionale mirano essenzialmente a favorire lo sviluppo economico della Turchia. Lo sviluppo delle libertà economiche per consentire una libera circolazione delle persone di ordine generale, che sia paragonabile a quella applicabile, secondo i Trattati dell’Unione, ai cittadini dell’Unione, non forma oggetto dell’Accordo di associazione. Oltre a ciò, la Corte rileva che il Consiglio di associazione, il quale, secondo il Protocollo addizionale, è chiamato a stabilire il ritmo e le modalità per la progressiva soppressione delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi, sinora non ha adottato alcuna misura che consenta di constatare un sostanziale avanzamento per la realizzazione di tale libertà. Per giunta, nessun elemento indica che le parti contraenti dell’Accordo di associazione e del Protocollo addizionale abbiano, al momento della firma di tali atti, ossia rispettivamente 21 e 14 anni prima della sentenza Luisi e Carbone, concepito la libera prestazione dei servizi come comprendente la libera prestazione dei servizi passiva.

(Corte di giustizia dell’Unione europea, 

Lussemburgo, 24 settembre 2013, Sentenza nella causa C-221/11,

Leyla Ecem Demirkan / Bundesrepublik Deutschland)

 
   
   
CORTE DEI DIRITTTI DELL´UOMO: ILLEGITTIMO IL CARCERE PER IL REATO DI DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA  
 

 “Nessuno adesso può avere più dubbi. La sanzione del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa deve essere cancellata. L’Italia è già fuori tempo massimo per mettersi in regola con le consolidate norme europee sui diritti umani. La condanna del nostro Paese da parte della Corte Europea per i diritti dell’uomo per aver inflitto una pena detentiva al direttore di Libero Belpietro, in un processo di diffamazione a mezzo stampa, è chiara e non da spazio ad equivoci. E’ una sanzione inevitabile e un brutto ceffone per un Paese, il cui Parlamento da decenni rinvia l’abolizione del carcere per i giornalisti a motivo della loro attività professionale.

 

Dopo la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, l’Italia dovrà risarcire a Belpietro 10 mila euro per danni non pecuniari e 5 mila per spese legali. Il direttore di Libero - lo ricordiamo -  era stato condannato in appello e in Cassazione (dopo l’assoluzione in primo grado) per omesso controllo (in quanto responsabile della testata) su un articolo e opinioni scritte da un altro giornalista, Lino Iannuzzi, nella sua funzione, all’epoca, di Senatore della Repubblica. Il parlamentare era stato escluso dal procedimento perché giudicato non sanzionabile, in questa veste, anche da un pronunciamento della Corte Costituzionale.

 

Secondo la Corte dei diritti dell’uomo la sanzione inflitta al direttore di Libero è “ingerenza nel diritto alla libertà di espressione non … proporzionata ai fini perseguiti”. inoltre "la reclusione in carcere per un reato commesso nel settore della stampa non è compatibile con la libertà di espressione, se non in circostanze eccezionali, come nel caso di incitazione alla violenza o all’odio razziale" 

 
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LA CORTE CONFERMA LE SENTENZE DEL TRIBUNALE CHE RIDUCONO LE AMMENDE INFLITTE DALLA COMMISSIONE ALLA ALLIANCE ONE INTERNATIONAL INC. E ALLA SUA CONTROLLATA AGROEXPANSIóN SA PER LA LORO PARTECIPAZIONE A UN’INTESA SUL MERCATO DEL TABACCO GREGGIO IN SPAGNA. LA CORTE RESPINGE ANCHE IL RICORSO INCIDENTALE PROPOSTO DALLA COMMISSIONE EUROPEA  
 
La Agroexpansión Sa è una delle quattro imprese di prima trasformazione di tabacco greggio in Spagna. La Deltafina Spa, una società italiana che trasforma anch’essa tabacco greggio, era la principale acquirente di tale prodotto sul mercato spagnolo. La Agroexpansión, inizialmente un’impresa familiare, è stata acquisita nel 1997 dalla Intabex Netherlands Bv. All’epoca la Intabex faceva parte del gruppo Intabex, che era stato acquistato dalla Dimon Inc. Nell’aprile 1997. La Alliance One International, Inc. («Aoi»), con sede negli Stati Uniti, è nata dalla fusione, realizzata nel 2005, della Dimon con la società americana Standard Commercial Corp. Nel 2001, la Commissione Ha effettuato degli accertamenti nei locali delle imprese, segnatamente quelli della Agroexpansión, al fine di verificare determinate informazioni secondo cui i trasformatori e i produttori spagnoli di tabacco greggio avrebbero violato le norme europee in materia di pratiche anticoncorrenziali. In seguito a tali verifiche, ha inviato una comunicazione degli addebiti a 20 imprese o associazioni, tra le quali i trasformatori, Deltafina, Dimon e Intabex. Il 20 ottobre 2004, la Commissione ha adottato una decisione, con la quale ha constatato l’esistenza di un’intesa orizzontale conclusa e attuata sul mercato spagnolo del tabacco greggio dai trasformatori e dalla Deltafina. Tale intesa aveva per oggetto la fissazione, durante gli anni dal 1996 al 2001, del prezzo medio di consegna delle singole varietà di tabacco greggio, senza distinzione tra le qualità, e la ripartizione dei quantitativi delle singole varietà di tabacco greggio che ciascuno dei trasformatori poteva acquistare dai produttori. Dal 1999 al 2001 i trasformatori e la Deltafina avevano anche concordato forchette di prezzo per grado qualitativo delle singole qualità di tabacco greggio nonché prezzi minimi medi per produttore e per associazione di produttori. La Commissione ha allora inflitto ammende alle imprese e associazioni interessate. Nel calcolo dell’ammenda, la Commissione ha concesso una riduzione del 20% alla Agroexpansión a titolo della sua cooperazione, fissando l’importo finale a Eur 2,59 milioni, e considerando la Dimon responsabile in solido del pagamento di tale ammenda. Le due imprese hanno proposto due ricorsi separati dinanzi al Tribunale dell’Unione europea al fine di ottenere l’annullamento di tale decisione o, in subordine, la riduzione dell’ammenda inflitta. Con due sentenze pronunciate nel 2011, il Tribunale ha concesso, da un lato, alla Agroexpansión, a titolo della sua cooperazione, un’ulteriore riduzione del 5% della sua ammenda in aggiunta a quella del 20% già concessa dalla Commissione e ha fissato l’importo finale dell’ammenda inflitta alla Agroexpansión in Eur 2,43 milioni. Dall’altro, il Tribunale ha dichiarato che la Aoi (originariamente Dimon) non poteva essere considerata responsabile in via solidale dell’infrazione anteriormente al 18 novembre 1997 (data di acquisizione della Agroexpansión da parte della Intabex). Di conseguenza, il Tribunale ha ridotto dal 50% al 35% il tasso di maggiorazione applicato all’importo di partenza dell’ammenda inflitta all’Aoi a titolo della durata dell’infrazione. Inoltre, le ha applicato la medesima riduzione supplementare del 5% concessa alla Agroexpansión, a titolo della sua cooperazione, fissando la parte dell’importo dell’ammenda inflitta alla Agroexpansión, al cui pagamento Aoi era tenuta in via solidale, a Eur 2,19 milioni. L’aoi ha proposto le presenti impugnazioni dinanzi alla Corte di giustizia al fine di ottenere l’annullamento di tali sentenze. La Commissione ha anch’essa proposto impugnazione incidentale contro le sentenze del Tribunale. Con le sentenze odierne, la Corte respinge le impugnazioni proposte dalla Aoi nonché l’impugnazione incidentale della Commissione e conferma le sentenze del Tribunale. La Corte respinge l’argomento dedotto dalla Aoi secondo cui il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto reinterpretando la decisione della Commissione, in seguito alle spiegazioni da questa fornite successivamente all’adozione della decisione stessa e ciò al fine di colmare le violazioni dell’obbligo di motivazione nonché del principio di parità di trattamento nelle quali sarebbe asseritamente incorsa la Commissione nella sua decisione. La Corte ricorda, anzitutto, la sua giurisprudenza costante secondo cui, qualora l’intero capitale di una controllata sia posseduto dalla sua controllante, la Commissione può presumere che quest’ultima eserciti effettivamente un’influenza determinante sulla politica commerciale della controllata. In una tale ipotesi, la Commissione può infliggere un’ammenda alla società controllante senza dover preliminarmente accertare il coinvolgimento personale di quest’ultima nell’infrazione. Tuttavia tale giurisprudenza non implica che la Commissione debba basarsi esclusivamente su tale presunzione, potendo la Commissione accertare l’esercizio effettivo di un’influenza determinante della società controllante sulla sua controllata mediante altri elementi di prova (metodo detto della «duplice base»). Nel caso di specie, la Commissione non si era limitata ad applicare la sola presunzione di un’influenza determinante e aveva deciso di basarsi su elementi di fatto diretti a accertare che le controllanti esercitassero effettivamente un’influenza determinante sulla loro controllata. La Corte dichiara che il Tribunale non ha oltrepassato i limiti della sua competenza in quanto, in realtà, le valutazioni svolte dal Tribunale riguardo a tale metodo erano basate sulla sua interpretazione della decisione della Commissione e non solo sulle spiegazioni della Commissione fornite successivamente all’adozione della decisione. Peraltro, il Tribunale non ha commesso errori di diritto dichiarando, contrariamente a quanto aveva sostenuto la società, che la Commissione aveva applicato detto metodo in maniera identica a tutte le società controllanti interessate, compresa la Aoi. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, il 26 settembre 2013, Sentenze nelle cause C-668/11 P,alliance One International Inc./commissione e C-679/11 P Alliance One International Inc./commissione)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: I VIAGGIATORI HANNO DIRITTO AL RIMBORSO PARZIALE DEL PREZZO DEL BIGLIETTO DEL TRENO IN CASO DI RITARDO SIGNIFICATIVO, ANCHE SE IL RITARDO È CAUSATO DA FORZA MAGGIORE  
 
Il trasportatore non può invocare le norme del diritto internazionale che lo esonerano, in caso di forza maggiore, dal risarcimento del danno causato da un ritardo, per sottrarsi all’obbligo di rimborso. Il regolamento sui diritti e gli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario prevede che la responsabilità delle imprese ferroviarie in caso di ritardo sia disciplinata dalle regoli uniformi concernenti il contratto di trasporto internazionale per ferrovia dei viaggiatori e dei bagagli, fatte salve le disposizioni del regolamento applicabili in materia. Secondo le regole uniformi, che rientrano nel diritto internazionale e sono riportate in allegato al regolamento, il trasportatore ferroviario è responsabile nei confronti del viaggiatore per il danno dovuto al fatto che, a causa del ritardo, il viaggio non può continuare nello stesso giorno, o la sua continuazione non è ragionevolmente esigibile. Tuttavia, la responsabilità del trasportatore è esclusa quando il ritardo è imputabile a un caso di forza maggiore, ossia, in particolare, a circostanze esterne all’esercizio ferroviario che il trasportatore non poteva evitare. Dal canto suo, il regolamento prevede che un passeggero che abbia subito un ritardo pari o superiore a un’ora può chiedere all’impresa ferroviaria il rimborso parziale del prezzo del biglietto. Tale indennizzo corrisponde, come minimo, al 25% del prezzo del biglietto nel caso di ritardo compreso tra 60 e 119 minuti, e al 50% di tale prezzo nel caso di ritardo di 120 minuti o superiore. Il regolamento non prevede alcuna eccezione a tale diritto all’indennizzo qualora il ritardo sia dovuto a un caso di forza maggiore. In tale contesto, il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) ha chiesto alla Corte di giustizia se un’impresa ferroviaria possa essere esonerata dall’obbligo d’indennizzo per il prezzo del biglietto qualora il ritardo sia dovuto a un caso di forza maggiore. La Corte amministrativa deve pronunciarsi su un ricorso proposto dall’impresa ferroviaria austriaca Öbb-personenverkehr Ag contro la decisione con la quale la commissione austriaca per il controllo ferroviario le ha imposto di eliminare dalle sue condizioni generali una disposizione che escludeva qualsiasi indennizzo in caso di forza maggiore. Nell’odierna sentenza la Corte constata anzitutto che il regolamento non esonera le imprese ferroviarie dall’obbligo d’indennizzo per il prezzo del biglietto qualora il ritardo sia imputabile a un caso di forza maggiore. La Corte rileva poi che le regole uniformi, che esonerano il trasportatore dall’obbligo di risarcimento in caso di forza maggiore, riguardano esclusivamente il diritto dei viaggiatori al risarcimento del danno conseguente al ritardo o alla soppressione di un treno. Al contrario, l’indennizzo previsto dal regolamento, calcolato sulla base del prezzo del biglietto di trasporto, ha una finalità del tutto diversa, ossia quella di compensare il prezzo pagato dal passeggero come corrispettivo per un servizio che non è stato eseguito conformemente al contratto di trasporto. Si tratta inoltre di una forma di compensazione finanziaria di tipo forfettario e standardizzata, a differenza del regime di responsabilità previsto dalle regole uniformi che implica una valutazione individuale del danno subito. Peraltro, poiché questi due regimi di responsabilità sono completamente diversi, oltre all’indennizzo forfettario i viaggiatori possono anche proporre azioni di risarcimento danni a titolo delle regole uniformi. La Corte conclude che le cause di esonero della responsabilità del trasportatore previste dalle regole uniformi non sono applicabili nell’ambito del sistema d’indennizzo stabilito dal regolamento. I lavori preparatori del regolamento dimostrano inequivocabilmente che il legislatore dell’Unione ha inteso estendere l’obbligo d’indennizzo ai casi in cui i trasportatori sono esonerati dalla responsabilità di risarcire il danno in forza delle regole uniformi. La Corte respinge altresì l’applicazione analogica delle regole relative alla forza maggiore contenute nelle disposizioni sui diritti dei passeggeri che utilizzano altri mezzi di trasporto, quali aereo, nave e autobus. Infatti, poiché le diverse modalità di trasporto non sono intercambiabili quanto alle loro condizioni di utilizzo, la situazione delle imprese che operano nei diversi settori del trasporto non è paragonabile. La Corte risponde quindi che un’impresa ferroviaria non può inserire nelle proprie condizioni generali di trasporto una clausola che la esoneri dall’obbligo d’indennizzo per il prezzo del biglietto in caso di ritardo causato da forza maggiore. ( Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 26 settembre 2013, Sentenza nella causa C-509/11, Öbb-personenverkehr Ag)