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Notiziario Marketpress di Lunedì 15 Febbraio 2010
ROMA & LAZIO FILM COMMISSION ALLA 60° BERLINALE  
 
 Roma, 15 febbraio 2010 - Roma Lazio Film Commission sarà presente alla 60° edizione della Berlinale in programma dall’11 al 21 febbraio 2010 presso l’Italian Pavilion dell’Efm, European Film Market, nello spazio Ice –Ifc Italian Film Commission con attività e iniziative per la promozione del territorio laziale e lo sviluppo della coproduzione internazionale nel settore cinematografico e dell´audiovisivo. Tre gli appuntamenti principali: il 13 febbraio si terrà un co-production meeting tra un gruppo di produttori selezionati di Italia, Spagna, Brasile, organizzato da Cinecittà Luce S. P. A, Roma Lazio Film Commission, in collaborazione con Catalan Films&tv, l’agenzia di promozione del cinema catalano che ha come scopo la diffusione e l´internazionalizzazione dell´audiovisivo catalano, Promomadrid e Cinema do Brasil. Domenica 14 febbraio dalle ore 11. 00 alle 13. 00 presso il Martin-gropius-bau Berlin (South Entrance 2nd floor Efm Lounge, Niederkirchnerstraße,7) la Fondazione Roberto Rossellini per l’Audiovisivo presenta “2010: Schermi Sul Futuro” un incontro con la stampa e gli addetti ai lavori per illustrare non solo le proprie attività, ma per aprire un dialogo e un confronto con i produttori, distributori e istituzioni di altri Paesi. Martedì 16 febbraio, dalle ore 11. 00 alle 14. 00 al Palazzo della Regione Brandeburgo "Vertretung des Landes Brandenburg", In den Ministergärten 1, nelle vicinanze di Potsdamer Platz, si svolgerà la 17° edizione degli incontri di coproduzione Crc Capital Regions for Cinema, network delle Film Commission delle regioni Capitali europee: Ile de France, Lazio, Comunidad de Madrid e Berlin – Brandenburg. Vi parteciperanno produttori di Germania, Italia, Francia, Spagna, proponenti progetti propri o in cerca di progetti da coprodurre e come in ogni edizione è prevista la presenza di una rappresentanza di produttori di un paese ospite. Dopo Israele, Argentina, Usa e Paesi Scandinavi, quest´edizione sarà l´India. .  
   
   
NUOVE IMPORTANTI ACQUISIZIONI ARRICCHISCONO I FONDI DELL’ARCHIVIO STORICO E DELLA BIBLIOTECA PROVINCIALE DI GORIZIA  
 
Gorizia, 15 febbraio 2010 - La prestigiosa istituzione goriziana, forte di oltre 40. 000 opere a stampa (volumi, opuscoli, periodici) e migliaia di unità archivistiche risalenti fino al Xiii secolo, riferimento centrale per il governo della contea e quindi della Gorizia imperiale e asburgica. Offre in consultazione oltre 40. 000 unità tra volumi, opuscoli e periodici: istituita nel 1861, la Biblioteca della Provincia di Gorizia integra le fonti documentarie dell’Archivio Storico provinciale, che risalgono fino al 1200. L’archivio è costituito nel suo nucleo centrale dagli atti relativi al governo dell’antica Contea di Gorizia, ereditata dagli Asburgo nel 1500, ovvero dalla documentazione prodotta dall’assemblea degli Stati Provinciali alla quale era appunto delegata l’amministrazione della Contea, analogamente a quanto avveniva nelle altre Province austriache. Nell’archivio si ritrovano così raccolti sistematicamente gli atti ufficiali che documentano tutte le vicende secolari della Contea goriziana (e spaziano dalle concessioni imperiali redatte su pergamena e validate da sigilli ai verbali delle riunioni in Dieta degli Stati registrate in volumi); non mancano però evidenze “di colore” su vicende e aneddoti storici di rilievo, come le dettagliate relazioni sulle visite dei sovrani asburgici nei propri domini, ma anche sulla decennale residenza della casa reale dei Borbone a Gorizia, dal 1836. Un patrimonio d’eccezione, quindi, quello dell’Archivio Storico che afferisce all’Assessorato alla Cultura della Provincia di Gorizia. Ed è proprio di queste settimane la notizia di nuove e preziose acquisizioni che, fortemente volute dall’Assessorato provinciale alla Cultura, valorizzano e arricchiscono la dotazione esistente: si tratta di importanti documenti manoscritti e a stampa, che andranno ad incrementare le raccolte sia dell’Archivio Storico che della Biblioteca. In particolare, per integrare la raccolta di documenti manoscritti e a stampa relativi al decennale soggiorno goriziano della famiglia reale di Francia in esilio e alla sepoltura dei suoi membri nel convento della Castagnavizza è stata acquistata una rarità bibliografica, ovvero il volume di Théodore Muret, Album de l’Exil (Résidences de la branche ainée des Bourbons depuis 1830), Parigi 1850, corredata da 15 litografie in seppia di Eugéne Grandsire, di cui 3 raffiguranti Gorizia. Fra le nuove acquisizioni anche una pianta topografica manoscritta relativa a beni fondiari in Strassoldo, che incrementa la documentazione conservata nell’Archivio Storico Provinciale. Qui, infatti, è confluito l’archivio dei conti Strassoldo del ramo di Grafenberg, acquistato già nel 1883 dal Museo Provinciale; all’interno di questo archivio nobiliare è presente una notevole quantità di documenti di natura economica, in particolare estimi e disegni di rilievo di beni fondiari della famiglia, sottoposti a riconfinazioni in seguito a vendite o passaggi ereditari. Fra i documenti di questa natura sono numerosi quelli relativi al patrimonio del conte Giuseppe di Strassoldo (1700-1784), giunto in eredità al primogenito Leopoldo e agli altri figli, e sottoposto ad operazioni di riconfinazione nel 1789: proprio ad esse si riferisce la carta topografica ora acquisita. I documenti connessi a questa carta e già in possesso dell’Archivio Storico Provinciale, distribuiti nelle cosiddette Serie Diverse dell’Archivio gentilizio, sono stati rintracciati grazie alla catalogazione analitica del fondo, realizzata nell’ambito del progetto di riordino finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, da poco concluso. Per la sezione delle Carte Geografiche, che caratterizza la Biblioteca Provinciale fin dalle sue origini e consta attualmente di oltre 500 unità dei secoli Xvi-xx – con rari atlanti del Xvii e del Xviii secolo e le carte militari provenienti dal lascito Radetzky - sono state acquistate nove carte geografiche del Xviii secolo e 2 del Xix secolo relative ai territori della contea di Gorizia e delle province contermini. Nel dettaglio, si tratta della Carta Geografica della Provincia del Friuli di Guglielmo De L’isle nell’edizione veneziana dell’Albrizzi del 1750, delle 8 tavole dedicate rispettivamente alla Carniola e alla Carinzia nell’opera del Reylli del 1796 (di cui la Biblioteca Provinciale possiede già le tavole relative alla Contea di Gorizia e all’Istria), della Carte de la Partie Autrichienne de Venise stampata a Vienna nel 1804 e della Provincia di Udine con le piante di Udine e di Trieste di Giacinto Maina del 1842. L’archivio Storico Provinciale, come anticipato, trova il suo nucleo centrale nel fondo Atti degli Stati Provinciali, suddiviso in due sezioni: la prima comprende i documenti redatti dal passaggio della Contea agli Asburgo nell’anno 1500 fino alla riorganizzazione centralizzatrice promossa da Maria Teresa nel 1754. La seconda sezione include, accanto ai documenti successivi al 1754, anche l’archivio della Contea di Gradisca durante il dominio degli Eggenberg (1647-1717). Deriva invece dall’acquisizione di archivi familiari il fondo Atti giurisdizionali e privati (secc. Xi-xix), in cui sono confluiti in particolare gli archivi dei conti Strassoldo-graffenberg, dei conti Coronini di Tolmino e dei principi Orsini-rosenberg. Rari documenti medievali e della prima età moderna, sia pubblici che privati, si trovano nel fondo Pergamene e nella collezione di documenti cormonesi Pergamene del «Fondo Fratelli Fonda Savio». Le raccolte della Biblioteca Provinciale hanno acquisito, dalla metà del ‘900, anche un’alta specializzazione nel settore artistico, in quello delle cosiddette arti minori e nella storia politico-militare contemporanea, con particolare riferimento alla Grande Guerra, a sostegno delle specifiche sezioni dei Musei Provinciali. Particolare rilievo rivestono il Fondo Antico (che comprende la produzione editoriale di Gorizia nei secoli passati), l’Emeroteca (con le collezioni dei periodici goriziani dal 1848), le Carte geografiche). La Biblioteca Provinciale aderisce al polo Sbn dell´Università degli Studi di Trieste e sta inserendo il proprio patrimonio nel catalogo unico consultabile sul sito Sebinaopac. E-mail archivio. Storico@provincia. Gorizia. It .  
   
   
L’ETRUSCO, DA LEGGERE E DA PARLARE ESCE LA NUOVA EDIZIONE DEL THESAURUS LINGUAE ETRUSCAE, CURATO DA ENRICO BENELLI DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE.  
 
Roma, 11 febbraio 2010 - Come si dice in etrusco figlio? Clan. Figlia? Sekh. Piatto? Spanti. Per un secco no, dovremmo invece rispondere ein. La lingua di questa affascinante civiltà emerge dal mistero in cui è stata avvolta per secoli. Le più recenti ricerche archeologiche, filologiche ed epigrafiche hanno consentito il raggiungimento di grandi traguardi nella comprensione della sua struttura e dei suoi vocaboli. Agli ottomila lemmi pubblicati nella prima edizione del ‘Thesaurus linguae etruscae’ del 1978 da Massimo Pallottino, padre degli etruscologi italiani, se ne sono ora aggiunti cinquemila nella seconda edizione, curata con un nuovo approccio critico da Enrico Benelli, ricercatore dell’Istituto di studi sulle civiltà del Mediterraneo antico (Iscima) del Consiglio nazionale delle ricerche. Il poderoso lavoro è stato presentato venerdì 12 febbraio, a Roma. “Le nuove acquisizioni”, spiega Benelli, “si devono al fatto che gli studi, a partire dagli anni ‘70, non solo sono aumentati, ma si sono estesi anche territorialmente interessando aree nuove. Se fino agli anni ’50 il bacino di provenienza dei reperti e delle testimonianze era limitato all’Etruria settentrionale, corrispondente alle province di Grosseto, Arezzo, Siena e Perugia, nei decenni successivi, le indagini si sono allargate all’Etruria meridionale (viterbese e parte dell’Umbria) ricca di testimonianze dal settimo al quarto secolo a. C. ”. Le parole raccolte nel Thesaurus sono perlopiù nomi di persona e termini tratti dal lessico funerario e sacro. Grazie ai rinnovati studi è stato possibile sciogliere alcuni nodi cruciali nella comprensione dell’etrusco: la struttura dell’idioma, individuando verbi, aggettivi e i principali elementi grammaticali e la pronuncia. “L’etrusco, che cadde in disuso intorno alla prima metà del primo secolo a. C. ”, continua Benelli, “ha un alfabeto di 24 lettere, prevede l’uso di più morfemi, quali singolare, plurale, caso; ha una struttura molto diversa dalla maggior parte delle altre lingue parlate in Italia e nel bacino del Mediterraneo e pur non avendo un’origine indoeuropea, fu influenzato dagli idiomi dei popoli indoeuropei confinanti in area sabina ed umbra”. Di origine etrusca è, tra le altre, la parola satellite, derivante dal termine Zatlath, che significa ‘colui che brandisce l’ascia’ ovvero ‘l’uomo di scorta’, passata al latino satelles e attestata per la prima volta nelle lingue moderne da Galileo Galilei. Il corpus presenta una sistemazione ragionata delle testimonianze linguistiche, ordinata per lemmi, per attestazioni di ogni parola, con l’indicazione bibliografica e la citazione dell’intero segmento di testo nel quale il vocabolo compare; luogo di provenienza e cronologia. La raccolta fornisce l’evoluzione nel tempo e l’uso regionale di ogni termine. .  
   
   
PROGRAMMA OPERATIVO PER LO SPETTACOLO DAL VIVO 2010 LA REGIONE MARCHE STANZIA OLTRE 6 MILIONI DI EURO.  
 
Ancona, 15 Febbraio 2010 - La cultura come elemento di crescita della comunita` che contribuisce allo sviluppo anche economico del territorio. E´ il principio sui cui si basa il Programma operativo per lo spettacolo dal vivo 2010, approvato dalla Giunta regionale su proposta dell´assessorato ai Beni e attivita` culturali. Il programma, finanziato con oltre sei milioni di euro, individua tra le priorita` la qualificazione dell´offerta di spettacolo anche attraverso la riorganizzazione degli assetti del sistema regionale; lo sviluppo delle potenzialita` economiche ed occupazionali del settore in modo da accrescerne la sostenibilita` e le capacita` di incidenza sulla crescita complessivo della regione, in linea con le finalita` del distretto culturale delle Marche; l´avvio di politiche per l´incremento della creativita`, per l´inserimento di giovani, di operatori e formazioni artistiche che si accostano al mondo dello spettacolo con finalita` professionali; l´avvio di un monitoraggio permanente del settore. Il Piano approva specifiche misure, come il sostegno finanziario ai soggetti stabili che operano con riconoscimento ministeriale; nonche` ai progetti di interesse regionale, provinciale e locale. Viene infine prevista la creazione di una banca dati delle professioni dello spettacolo dal vivo e un fondo per il sostegno alle attivita` degli artisti marchigiani. Verranno sostenute, come attivita` di rilievo regionale, la distribuzione dello spettacolo di qualita` e le attivita` di promozione, la produzione e la formazione del pubblico negli ambiti della prosa, della danza, la musica, il teatro per ragazzi e le attivita` di spettacolo a carattere contemporaneo o innovativo, di dimensioni almeno sovraprovinciali. I progetti di interesse locale e provinciale sono poi finalizzati a promuovere le proposte di teatro, musica e danza che valorizzino il territorio, favoriscano l´affluenza turistica, rafforzino i progetti integrati, privilegiando la collaborazione con soggetti che operano con stabilita` e riconoscimento ministeriale. Sono ammissibili progetti innovativi di residenza creativa nei piccoli centri abitati e progetti che valorizzino i teatri minori o che promuovano lo sviluppo dello spettacolo nelle scuole e nelle universita`. Previsti contributi anche per rilanciare l´attivita` teatrale amatoriale nei Comuni con meno di 10 mila abitanti. .  
   
   
AL TEATRO VENTAGLIO SMERALDO MASSIMO RANIERI IN CANTO PERCHÉ NON SO NUOTARE…DA 40 ANNI. LO SPETTACOLO CHE RIPERCORRE LA STORIA DEL GRANDE MATTATORE NAPOLETANO  
 
Milano, 15 febbraio 2010 - Torna al Ventaglio Teatro Smeraldo (dopo le 5 repliche esaurite della scorsa stagione) “Canto perché non so nuotare…da 40 anni”, lo spettacolo record del “cantattore” napoletano. “Canto perché non so nuotare…da 40 anni” è un grande spettacolo in cui Massimo Ranieri racconta la sua storia, i suoi quarant’anni di carriera, passando attraverso i suoi celeberrimi brani, ma che attraverso interpretazioni di Mina, Battiato, Battisti, Tenco ed altri. Lo spettacolo di cui l’artista, nato il 3 maggio del ’51 nel quartiere popolare di Santa Lucia a Napoli, è protagonista, ha i colori e le emozioni di un grande show in cui, con la sua impareggiabile voce e la sua ineguagliabile presenza scenica, si esibisce appunto nei suoi brani più famosi ed esegue per la prima volta alcune fra le più belle canzoni degli ultimi decenni. Ci sono tutte le sue canzoni storiche (“La voce nel silenzio”, “Erba di casa mia”, “Rose Rosse”, “Perdere l’amore”), i classici della canzone napoletana (“Mi troverai”, “Ti voglio bene assai”, “Reginella”), ma anche i brani vicini alla sua crescita artistica: da “Il cielo in una stanza” a “Io che amo solo te”, da “’Istrione” a “Ti penso”, fino ad “Almeno tu nell’Universo” e a tante altre pietre miliari della canzone italiana. Con lui sul palco, un’orchestra di 15 elementi ed un corpo di ballo di 8, tutti al femminile. Le coreografie sono di Franco Miseria, arricchite dagli splendidi costumi di Giovanni Ciacci. Nello spettacolo, scritto con Gualtiero Peirce, lo showman canta, balla e recita, raccontando tappe emozionanti della sua vita. In questo ideale viaggio attraverso 40 anni, lo accompagna anche il piccolo Federico Pisano, che interpreta un amico immaginario che sorprenderà gli spettatori con un numero di tip tap degno di Broadway. .  
   
   
AL TEATRO CARCANO DI MILANO UN’ENERGICA RILETTURA DELLA LOCANDIERA DI GOLDONI  
 
Milano, 15 febbraio 2010 - L’enorme fortuna di questo testo, studiato nelle scuole e messo in scena da moltissime compagnie, rischia di rendere muti. Si può però raccontare il divertimento di una compagnia contemporanea, dedita alla sperimentazione, nel metterlo in scena, ritrovando le radici della più lucida commedia all’italiana dal ‘900, spiando, attraverso un Goldoni testimone oculare, i segreti dei comici dell’Arte, dei quali si sa poco o nulla. Si è cercato di uscire dalla strada comoda della corretta dizione italiana per avventurarsi nelle sporcature del dialetto, che hanno immediatamente reso più concrete le battute e più vive le situazioni. La scenografia è in gran parte evocata dalle luci, che trasformano un mutevole ma semplice tavolo in una locanda, una stireria, una sala d’attesa del crollo di un mondo e del suo modo di vivere, in un vento forte che distrugge e ridimensiona i sogni di libertà e felicità di tutti i personaggi. Ancora oggi, un’energica rilettura di questo testo ce ne fa comprendere la fortuna e la perplessità del pubblico che lo vide in scena la prima volta. Il suo meccanismo perfetto non dà alcuna soluzione, ma pone continue domande. Perché una donna non può realizzare il suo desiderio di autonomia fondandosi sulla sua capacità lavorativa e sull’indipendenza dei sentimenti? Sarà sempre guerra tra uomini e donne? E sono proprio tanto diversi tra loro? Quanto abbiamo perduto sacrificando una visione del mondo al femminile a favore di una al maschile? e tante altre … Con intelligenza, civetteria e determinazione, Mirandolina intesse una sottile trama di gesti che confortano grandi paure attraverso la soddisfazione di semplici bisogni quotidiani, nell’illusione di poter ricreare un ordine del mondo a partire dal luogo da lei animato e abitato, la locanda. E l’ostinata e lucida misoginia del Cavaliere è destinata a sgretolarsi per celebrare il trionfo di un’affascinante donna d’affari la cui grazia è freddo mestiere e che non riesce a salvare il suo sogno di libertà dalle necessità della reputazione e dell’interesse. Si respira la smisurata solitudine dei personaggi, non solo quella del Cavaliere ma anche del Marchese e del Conte, amici-nemici-rivali, pronti ad improvvisi e fatui cambi di alleanze, o quella di Fabrizio, la cui cieca abnegazione alla padrona avrà per premio un matrimonio senza amore. Da una parte il mondo sicuro del benessere, dall’altro quello rischioso dell’avventura fuori dai canoni, ma il viaggio è lo stesso, a bordo di una grande nave che scricchiola e sbanda sempre più, sia essa la storia o la vita. La locandiera ha debuttato il 12 gennaio 2010 al Teatro Gobetti di Torino. L’associazione Culturale Le Belle Bandiera nasce nel 1993 su progetto e direzione artistica di Elena Bucci e Marco Sgrosso che, dopo aver partecipato alla fondazione del Teatro di Leo, furono invitati da Leo de Berardinis a presentarvi il loro primo spettacolo autonomo, L’amore delle pietre. Oltre ad occuparsi di produzione e distribuzione teatrali, l’Associazione, che ha sede a Russi, Ravenna, cura percorsi di formazione teatrale e culturale. .  
   
   
ARLECCHINO: DA 50 ANNI NELLO STESSO RUOLO, 2.070 RECITE IN 32 PAESI E’ LA PIÙ LUNGA PERFORMANCE NELLA STORIA DEL TEATRO  
 
 Milano, 15 febbraio 2010 - Dopo il riconoscimento del Guinnes World Records, festa per Soleri-arlecchino con un mese di repliche al Teatro Grassi Avvenne il 28 febbraio 1960 a New York il suo debutto nel ruolo di protagonista come sostituto di Marcello Moretti Dopo la settimana di recite eccezionali, a febbraio, l’Arlecchino dei record (2. 689 repliche, delle quali 2. 070 con Soleri nel ruolo di protagonista, 40 paesi visitati e oltre 300 città) torna nella sua “casa” di via Rovello per quasi un mese di repliche, dal 2 al 21 marzo 2010. La ‘prima’ del 10 febbraio scorso è stata salutata dall’arrivo, da Londra, di un importante riconoscimento: il Guinness World Records ha assegnato a Soleri il record mondiale per la “più lunga performance di teatro nello stesso ruolo”. Questa la motivazione del Guinness: “The record for most consecutive theatre performances in the same role is 2. 064 and belongs to Ferruccio Soleri (Italy) who played Harlequin in the comedy Servant of Two Masters by the Italian playwright Carlo Goldoni, since 28 February 1960 in 32 countries worldwide”. Sono trascorsi cinquant’anni da quel 28 febbraio 1960, quando il quotidiano La Notte segnalava il promettente “giovane Soleri” (aveva trent’anni), sostituto di Marcello Moretti nell’Arlecchino in trasferta oltreoceano. E nella ricorrenza il mitico interprete di Arlecchino, che da poco ha superato la soglia degli ottanta, torna nella sala fresca di restauro che ha visto Giorgio Strehler mettere per la prima volta in scena il capolavoro goldoniano nel 1947. Lontano dal divenire uno “spettacolo-museo”, Arlecchino conferma la sua natura di “memoria in azione”, capace di trascinare lo spettatore - come diceva Strehler - “nell’empireo del grande teatro comico, inno gioioso di liberazione”. .  
   
   
TEATRO: IN SCENA PIO XI,GIOVANNI XXIII E PAOLO VI FINO AL 24 MARZO RAPPRESENTAZIONI NELLE DIVERSE DIOCESI LOMBARDE  
 
 Milano, 15 febbraio 2010 - Tre spettacoli teatrali per celebrare le figure di Achille Ratti (Pio Xi), Angelo Giuseppe Roncalli (Giovanni Xxiii) e Giovanni Battista Montini (Paolo Vi) che, attraverso alcune rappresentazioni gratuite, vengono ricordati nelle rispettive zone di origine. L´iniziativa è realizzata dalla Fondazione Ambrosiana Paolo Vi, con il contributo dell´assessorato alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, in collaborazione con il Vicariato per la cultura dell´Arcidiocesi di Milano, l´Ufficio per la cultura della Diocesi di Bergamo e il Delegato vescovile per la cultura della Diocesi di Brescia. "Con questa manifestazione - ha detto l´assessore alle Culture. Identità e Autonomie, Massimo Zanello, presentando la rassegna al Palazzo della Regione - vogliamo far riscoprire al grande pubblico la preziosa eredità culturale dei tre grandi Papi che rappresentano l´ espressione più autorevole della ricchezza spirituale e culturale della Lombardia. I tre Pontefici provenienti da questa terra sono l´espressione di questi valori, una preziosa eredità di cui fare tesoro e tramandare alle nuove generazioni". "Da tempo - ha aggiunto l´assessore Zanello - stiamo lavorando all´approfondimento e alla valorizzazione di Pio Xi, Giovanni Xxiii e Paolo Vi. In 2000 anni di storia della Chiesa, ci sono stati una decina di Papi lombardi, ma è significativo che proprio nel Xx secolo queste figure provenienti dalla stessa regione si siano dovute confrontare con le grandi tematiche del Secolo Breve: totalitarismo e modernità della Chiesa". La Trama Delle Tre Pieces In Cartellone - "Dialoghi su Paolo Vi. Ciò che conta è amare" Testi: Sergio Di Benedetto e Antonio Zanoletti. Rappresentazione a cura della Compagnia dell´Eremo - Regia di Antonio Zanoletti. L´opera, imperniata sulla figura di Papa Montini, di cui si dà una lettura profonda e finalizzata a riattualizzarne il magistero ed il pensiero, vede la presenza, in scena, di cinque personaggi e propone quattro "dialoghi" su temi particolari della vita di Paolo Vi: dialogo, verità, missione e bellezza. L´epilogo riguarda il racconto delle ultime ore di vita del pontefice. - "La carezza del Papa" Lettura teatrale con Piero Mazzarella. Selezione dei testi: Paolo Campoccia - Produzione: deSidera Bergamo Teatro Festival Piero Mazzarella con grande entusiasmo e commozione porta sulla scena e fa rivivere le parole e i pensieri di Papa Roncalli, Giovanni Xxiii, con testi tratti da "Il giornale dell´anima", diario scritto dal Papa bergamasco, e da alcuni celebri discorsi come "Il discorso della luna", pronunciato la sera dell´apertura del Concilio Vaticano Ii. Parole e pensieri quanto mai attuali, che hanno cambiato il volto della Chiesa. - "Il leone di Desio. Pio Xi, un papa di fronte ai totalitarismi" Testo: Andrea Tornielli. Drammaturgia e messa in scena: Maurizio Donadoni Partendo dall´ormai celebre "ultimo discorso" e da altri scritti e discorsi, viene offerto un approccio confidenziale alla persona e alla sensibilità umana di Achille Ratti. Nel contesto di una vita tribolata ed esposta al confronto con la nascita in Europa dei vari totalitarismi, la sua preoccupazione costante fu quella per l´educazione del popolo cristiano, chiamato a confrontarsi con le sfide del Xx secolo. Il Calendario Della Manifestazione - Desio - Basilica Ss. Siro e Materno giovedì 25 febbraio - ore 21,00 - La carezza del Papa; giovedì 11 marzo - ore 21,00 - Dialoghi su Paolo Vi; giovedì 18 marzo - ore 21,00 - Il leone di Desio; Bergamo - Basilica S. Alessandro in Colonna sabato 27 febbraio - ore 21,00 - La carezza del Papa; sabato 13 marzo - ore 21,00 - Dialoghi su Paolo Vi; lunedì 22 marzo - ore 21,00 - Il leone di Desio. Brescia - Salone card. Giulio Bevilacqua (via Pace, 10) Mercoledì 24 marzo - ore 20,45 - Il leone di Desio. Spettacoli già rappresentati in provincia di Brescia -Concesio (Chiesa S. Antonino)- sabato 6 febbraio - Dialoghi su Paolo Vi; -Palosco (Centro Polifunzionale Paolo Vi) - domenica 7 febbraio - La carezza del Papa. .  
   
   
AL TEATRO FRANCO PARENTI DI MILANO ALÈ CALAIS  
 
 Milano, 15 febbraio 2010 - «Alè Calais!» è il grido dei tifosi sugli spalti. Sotto, due squadre di calcio nel confronto più alto e atteso della stagione… Attenzione però: Alè Calais è anche uno spettacolo che sembra nato per sorprendere, per contraddire le premesse, per rovesciare l‟ovvio. Parla di calcio, ma non dello spettacolo becero a cui la realtà ci sta purtroppo abituando, con il divismo di atleti capricciosi e supporter che hanno dimenticato il senso del loro ruolo per scambiarsi solo bassezze e violenza. Parla di sport, ma non ne fa “una cosa da uomini”, anzi. Se il testo è scritto da un fine giornalista quale Osvaldo Guerrieri, a metterlo in scena pensa con garbo Emanuela Giordano che lo affida a un altro talento femminile, quello di Marianella Bargilli (applaudita la scorsa stagione in Delitto Perfetto), che ce lo restituisce – moderna cantastorie, sostenuta da un trio d‟archi – in tutte le sue sfumature di eroismo, ironia e leggerezza. Calais è un paesino francese, sembra che nulla vi accada né vi possa accadere. Finché la squadra di calcio non professionista inizia una scalata epica: vince i campionati locali, quelli provinciali… ed eccola a Parigi, a lottare per la più ambita delle coppe. Tutti, dal sindaco al prete, dalla pasticcera alla maestra, dimenticando colori politici e vecchie antipatie si ritrovano uniti a tifare. Finalmente la gente si parla, ritrova l´orgoglio d´appartenenza. In migliaia invadono Parigi, ragazzini, vecchi, famiglie intere sotto la pioggia, il freddo, con il pranzo al sacco e un sogno nel cuore: sbaragliare l‟avversario famoso, osannato. Fino all´ultimo la vittoria sembra a portata di mano ma un goal controverso fa vincere ancora una volta i più forti. Eppure qualcosa è già successo, e va ben oltre il calcio. Nessuno impreca, nessuno si sfoga sugli altri. Calais infondo ha vinto, perché è arrivata fino in fondo, con intelligenza, dignità e pura passione. C´è qualcosa di più attuale e necessario di ritrovare questo sentire? La trama. Parigi, 7 marzo 2000. Due squadre di calcio si disputano la finale della Coupe de France. Sono due squadre incomparabili. Una, il Calais, è formata da dilettanti; l’altra, il Nantes, riunisce il fior fiore del professionismo. E’ uno scontro epico. Per arrivare a quel traguardo, il Calais ha affrontato e piegato i giganti del Calcio francese; nel suo percorso irresistibile, ha elettrizzato una città morta di noia e di disoccupazione; e quando sembra che la “Coupe” sia a portata di mano, proprio all’ultimo minuto, per un rigore controverso, il sogno sfuma, i valori vengono restaurati e le gerarchie ristabilite. Una sorta di ballata popolare. Alè Calais di Osvaldo Guerrieri ripropone nei modi della ballata popolare l’avventura che la Francia non ha più dimenticato. Non è il resoconto di una partita di calcio, ma il vitalistico sogno di una comunità che vuol risorgere attraverso il calcio. Sono le voci della gente comune, della maestra di scuola, del prete, della cioccolataia, del giornalaio, che progressivamente, con la forza del vento che lassù non smette mai di soffiare, sussurrano e alla fine gridano “Alè Calais”. Di questa avventura entrata nella storia del Calcio, Marianella Bargilli è il moderno cantastorie. E’ lei che, diretta da Emanuela Giordano e sulle musiche di un trio d’archi, restituisce il fuoco e la dolcezza di un’epopea che, apparentemente sportiva, esalta soprattutto la dignità umana e la spinta al riscatto civile. .  
   
   
TEATRO REGIO DI PARMA: L’INCONTRO DI SHAKESPEARE E TEMIRKANOV PER IL SOGNO DI MENDELSSOHN IL GRANDE MAESTRO RUSSO SUL PODIO DELLA NUOVA PRODUZIONE  
 
Parma, 15 febbraio 2010 - Grande attesa per il nuovo ed eccezionale impegno del Direttore musicale del Teatro Regio di Parma Yuri Temirkanov sul podio dei suoi complessi artistici per il secondo appuntamento della Stagione Lirica del Teatro Regio di Parma. Venerdì 19 febbraio, alle ore 20. 00 il grande maestro russo ci porterà in un viaggio tra le meravigliose pagine che Felix Mendelssohn-bartholdy scrisse per accompagnare il Sogno di una notte di mezza estate, capolavoro di William Shakespeare. La “musica di scena per soli, coro e orchestra” si alternerà a passi della commedia shakespeariana, nella traduzione in versi di Luca Fontana, in una nuova produzione del Teatro Regio di Parma e di Fondazione Teatro Due, per la direzione teatrale di Walter Le Moli. Sarà la musica eseguita in scena e l’azione degli attori a dipanare l’intreccio di desideri e passioni, a dipingere e descrivere le atmosfere del sogno immaginato dal Bardo così che la parola e la musica si trovino ad essere una l’anticipazione e il commento dell’altra. Con l’Orchestra e il Coro del Teatro Regio di Parma, maestro del Coro Martino Faggiani, le voci del soprano Elena Monti e del mezzosoprano Anna Maria Chiuri, gli attori della Fondazione Teatro Due racconteranno le avventure di Oberon, Titania, Puck e degli altri numerosi protagonisti nello spazio scenico di Tiziano Santi con i costumi di Gianluca Falaschi e le luci di Claudio Coloretti. Sogno di una notte di mezza estate è il capolavoro shakespeariano che ha accompagnato e ossessionato Mendelssohn, fin da quando, profondamente suggestionato dalla lettura della commedia, il compositore a diciassette anni sentì l’impulso di scrivere un’ouverture destinata fin dalla prima esecuzione, nel 1826, a un’immediata e immensa celebrità. Trascorreranno molti anni, ma il Sogno di una notte di mezza estate tornerà ad ispirare Mendelssohn, invitato a comporre una serie di numeri musicali che accompagnassero una eccezionale rappresentazione della commedia shakespeariana in scena il 18 ottobre 1843, a Berlino, in un allestimento curato dallo scrittore Ludwig Tieck e dallo stesso Mendelssohn, alla presenza della corte di Friedrich Wilhelm Iv, re di Prussia. La traduzione in tedesco di August Wilhelm Schlegel, già attentissima ai valori musicali del testo shakespeariano, diede l’opportunità di costruire uno spettacolo di azione, parola e musica che segnò una tappa decisiva per il teatro romantico. “Il Sogno è un testo che pone una serie di problemi di linguaggio e diversi livelli di lettura – spiega il regista Le Moli. Tutta la vicenda è imperniata su un matrimonio e le coppie presenti nel testo altro non sono che un’unica coppia vista attraverso angolature diverse del loro avvicinamento o della loro vita coniugale. Il Sogno può essere pure interpretato come una grande metafora del teatro nel quale si individuano tre strati: il mondo degli artigiani rappresenta il teatro più “basso” in prosa, nel mondo dei giovani si focalizza la commedia di corte in versi e infine il livello magico del bosco, il teatro colto “della musica e del canto” di Titania, Oberon, Puck e Fate e dove su tutto domina la poesia perché il bosco, l’entrarvi e attraversarlo è metafora della vita. La metafora dell’accoppiamento vale dunque anche per il teatro, fra il teatro più basso di Bottom e quello più alto di Titania. In questo gioco di mondi che si confrontano e nel gioco delle coppie ci sono varie declinazioni dell’amore, l’amore tradito, l’amore geloso, l’amore furioso, l’amore calmo e l’amore perfetto, e l’amore perfetto è quello che comprende Eros e Thanatos, cioè quello del teatro dove Piramo e Tisbe (che altro non è che “Romeo e Giulietta”) raggiungono la perfezione attraverso la morte. ” “Da tempo sono convinto - afferma Luca Fontana in merito alla sua traduzione in versi della commedia shakespeariana - che l’arte della traduzione abbia infiniti punti di contatto con l’arte della trascrizione musicale, che consiste nel trasporre un’opera in tutt’altro universo di timbri e colori strumentali, mantenendone però il più possibile intatti struttura, armonia, polifonia, dinamiche, agogica, micro - e macroritmi, e quel gioco di transizioni, contrasti, tensioni e rilasci, che ne costituisce la drammaturgia globale”. L’ensemble degli attori di Fondazione Teatro Due impegnati in questa nuova produzione è composto da Alessandro Averone (Oberon, Teseo), Paola De Crescenzo (Titania, Ippolita), Luca Nucera (Puck), Federica Bognetti (Grande Fata), Federica Vai (Ermia), Ippolita Baldini (Elena), Francesco Gerardi (Demetrio), Gianluca Parma (Lisandro), Massimiliano Sozzi (Filostrato, Egeo), Antonio Tintis (Peter Quince, prologo), Nanni Tormen (Nick Bottom, Piramo), Massimiliano Sbarsi (Tom Snout, Muro), Filippo Gessi (Francis Flute, Tisbe), Marco De Marco (Snug, Leone), Sergio Filippa (Robin Starveling, Chiarodiluna). Dopo il debutto di venerdì 19 febbraio il Sogno di una notte di mezza estate, secondo appuntamento della stagione Lirica 2010 del Teatro Regio di Parma replica il 20, 21, 23 e 25 febbraio. Sabato 13 febbraio 2010 alle ore 17. 00 il Sogno di una notte di mezza estate sarà presentato al pubblico nel secondo appuntamento del ciclo Prima che si alzi il sipario. All’incontro di presentazione dell’opera, condotto da Alessandro Taverna, parteciperanno Walter Le Moli e Luca Fontana, autore della traduzione in versi della commedia shakespeariana di prossima pubblicazione per Il Saggiatore, con interventi musicali al pianoforte di Simone Savina. L’ingresso è libero. La Stagione Lirica 2010 del Teatro Regio di Parma è realizzata anche grazie al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il sostegno di Barilla, Enìa, Banca Monte Parma, Melegari Home, Consorzio del prosciutto di Parma, Ad, Club delle Imprese per il Teatro Regio (Chiesi farmaceutici, Gruppo Cedacri, Morris, Parmacotto). .  
   
   
CULTURA: IL RAPPORTO DI VILLA MANIN CON IL TERRITORIO  
 
Passariano (Ud) , 15 febbraio 2010 - "La Villa Manin di Passariano è una risorsa da valorizzare assieme alle ricchezze del territorio circostante, con il quale si deve raccordare per una promozione culturale integrata. Proprio per questo deve divenire luogo di eccellenza per la cultura e per l´arte, affinchè quest´area, nel suo complesso, possa essere ancor più protagonista dello sviluppo locale". E´ quanto ha dichiarato l’11 febbraio sera, a Codroipo, l´assessore regionale all´Istruzione e Cultura, Roberto Molinaro, intervendo all´incontro sul ruolo della storica dimora dei Dogi, indetto dall´Associazione "La Tribuna" e dall´Associazione Comuni del Medio Friuli. Nell´occasione, Molinaro ha anticipato alcune scelte strategiche, che avranno l´obiettivo di assicurare piena operatività all´Azienda speciale Villa Manin, ora retta dal commissario Enzo Cainero. Tra queste, il fatto che, in futuro, l´Azienda dovrebbe essere guidata da un amministratore unico, supportato da un organo di indirizzo, mentre la Villa sotto il profilo artistico dovrà aumentare il suo potere attrattivo nei confronti del pubblico,; dovrà anche essere consolidato il rapporto dell´Azienda speciale con i partner privati. L´assessore ha poi parlato del costituendo Istituto regionale per i Beni culturali, che sarà proiettato sul versante internazionale del mondo della cultura, anche mettendo a frutto le esperienze già svolte con il "Progetto Mauritania" per il recupero di antichi manoscritti. Sempre secondo Molinaro, anche le attività convegnistiche potrebbero concorrere a valorizzare Villa Manin: ne beneficerebbe pertanto il comprensorio, soprattutto qualora fossero messe in rete le peculiarità del territorio codroipese, esaltando così un percorso di eccellenze ed attrattività. .  
   
   
CRISTIANA FIORETTI: 1910- 2010 LIGHT-ABSTR-ACTION: L’INTERIORITÀ STRUTTURA UNO SPAZIO DELL’ASTRAZIONE A MILANO, CASA DELL’ENERGIA  
 
Milano, 15 febbraio 2010 - La Casa dell’Energia, in occasione del centenario della costituzione dell’Azienda Elettrica Municipale di Milano, presenta dall’11 al 30 marzo, Light Abstr-action, la prima installazione di Cristiana Fioretti site-specific multimediale, realizzata per celebrare l’energia come segno poetico dei linguaggi visuali per eccellenza. In questo edificio razionalista, austero e monumentale degli anni Trenta, si espone un’installazione che interagisce con lo spazio, puntando sull’effetto scenografico, mediante un mix di colori, suoni, proiezioni, light box, luce ed opere a tecnica mista per strutturare non un singolo oggetto, ma le potenzialità formali ed architettoniche e tridimensionali del colore che definisce luoghi immaginari. Astrazione, luce, suono e proiezioni interagiscono con l’architettura e sono gli elementi di un progetto complesso composto da volumi e dimensioni luminose che amplificano la nostra percezione dello spazio. L’autrice compone non opere singole, ma un progetto unitario creato come uno spartito cromatico, con note tonali contenute in light box verticali, volumi luminosi che interagiscono con lo spazio e invitano lo spettatore ad immaginare paesaggi descritti nel segno della luce, nell’evocazione di atmosfere trasparenti come l’aria e in perenne movimento come il mare. Fioretti passa dalla visibilità alla strutturalità dell’opera che non è più di rottura, com’è stato l’astrattismo nei primi anni del Novecento, ma di struttura come dimostra questo site-specific che trasforma lo spettatore in un catalizzatore di spazi aperti, dentro a un contenitore chiuso con pochissime aperture e fonti d’illuminazione naturali. Per la prima volta in questo edificio, il colore si fa forma concreta e diventa struttura, prende forma tra un volume e l’altro con intersecazioni di linee di forza, puntando sull’allestimento scenografico della luce che sprigiona l’energia primaria della creatività. .  
   
   
´LISIPPO´: LA REGIONE MARCHE SOSTERRA´ L´AVVOCATURA DELLO STATO PER L´ACCERTAMENTO DEL DIRITTO DI PROPRIETA´ SUL PREZIOSO REPERTO.  
 
 Ancona, 15 Febbraio 2010 - La Regione vuole assolutamente ottenere la restituzione alla comunita` marchigiana della statua del Lisippo. Per questo sosterra` ufficialmente l´Avvocatura dello Stato per l´accertamento del diritto di proprieta` della Repubblica Italiana sul Lisippo, anche nella causa per ottenere l´esecuzione del provvedimento di confisca, contribuendo cosi` a superare ogni incertezza o carenza di iniziativa da parte di altri soggetti. Lo annuncia il presidente della Regione Marche che esprime anche un sentito ringraziamento alla Magistratura per il fattivo impegno e per una decisione cosi` importante per la comunita` marchigiana. Il presidente ha accolto con grande soddisfazione la decisione del Tribunale di Pesaro di confiscare il prezioso reperto perche` in questo modo si premia da un lato l´attenzione che la Regione ha sempre avuto per l´annosa vicenda, dall´altro la tenacia e la volonta` della comunita`, quella tenacia e quella volonta` che sono tra le principali peculiarita` dei marchigiani. .  
   
   
NON ERA LEGGENDA IL LEGGENDARIO CAVALLO DI LEONARDO ALTO OLTRE 7 METRI PER 70 TONNELLATE DI BRONZO, SI PENSAVA CHE FOSSE IRREALIZZABILE. INVECE IL PROGETTO DEL GENIO DI VINCI ERA PERFETTO  
 
Firenze, 15 febbraio 2010 – Il progetto di Leonardo da Vinci era perfetto. Il suo leggendario Monumento equestre per Francesco Sforza (oltre 7 metri di altezza per un peso stimato di 70 tonnellate di bronzo) non era semplicemente il sogno ambizioso di un artista geniale, ma aveva tutti i requisiti tecnici per essere prodotto in un’unica colata e reggersi perfettamente in equilibrio. Lo dimostrano i risultati di una complessa indagine interdisciplinare promossa dall’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze (Museo Galileo). Coordinata dallo specialista Andrea Bernardoni, autore per l’editore Giunti della più recente monografia sull’argomento (Leonardo e il monumento equestre a Francesco Sforza, Storia di un’opera mai realizzata, 2007), la ricerca è stata condotta applicando alla vasta documentazione leonardesca pervenutaci le più sofisticate tecniche di simulazione oggi utilizzate dall’industria per le grandi fusioni. “Fin qui”, spiega Paolo Galluzzi, direttore del museo, “vigeva la diffusa convinzione che il progetto fosse materialmente irrealizzabile. Negli Stati Uniti è stato perciò possibile realizzare due copie del cavallo, ma con procedimenti del tutto indipendenti dalle precise informazioni conservate nei manoscritti di Leonardo. Ora sappiamo invece, su basi rigorosamente scientifiche, che Leonardo concepì un’opera ardita ma perfettamente fattibile, ricca per di più di soluzioni innovative”. I risultati della ricerca saranno esposti in una mostra altamente spettacolare. “L’ideale”, suggerisce Galluzzi, “per inaugurare l’Expo milanese del 2015. E l’impatto sarebbe tanto maggiore se, contestualmente, si potesse fondere il monumento a cantiere aperto, coinvolgendo così il pubblico più vasto e i media di tutto il mondo”. Il progetto, come noto, fu voluto da Ludovico il Moro, signore di Milano, per celebrare il padre Francesco Sforza. Leonardo vi si applicò tra il 1482 e il 1499, durante il primo soggiorno milanese. Studiò con minuzia l’anatomia del cavallo e mise a punto gli infiniti dettagli pratici dell’operazione: un metodo di fusione indiretto (prima testimonianza della sua reintroduzione in epoca rinascimentale), le macchine per movimentare e assemblare la pesantissima forma; il modo di produrre con rapidità enormi quantità di bronzo e di distribuirlo omogeneamente nell’intercapedine tra forma e controforma. Leonardo ideò anche un brillante sistema per monitorarne l’avvenuto riempimento dell’intercapedine mediante sensori pirotecnici che esplodevano quando il bronzo fuso giungeva al livello desiderato. Tutto fu però vanificato dalle armate francesi che nel 1499 conquistarono Milano, cacciarono Ludovico e distrussero, tra le altre cose, il modello in creta del cavallo. La verifica della concreta fattibilità di quanto Leonardo registrò nei suoi manoscritti (Codice di Madrid Ii, Windsor Collection, Codice Atlantico, ecc. ) e delle altre fonti dell’epoca è stata resa possibile grazie alla Xc Engineering di Cantù, azienda specializzata nelle simulazioni virtuali delle grandi fusioni, che per la prima volta ha applicato a un progetto storico-scientifico l’avanzatissimo software Flow 3D. Le complicate e lunghe operazioni di calcolo hanno così generato uno straordinario archivio di immagini tridimensionali, che documentano in modo molto realistico, fase per fase, le dinamiche dei due processi di fusione. Apprendiamo così, ad esempio, che la fusione orizzontale (metodo ‘a pioggia’) avrebbe riempito l’intercapedine in appena 123 secondi, mentre quella verticale ribaltata (metodo misto ‘a sorgente’ e a pioggia) ne avrebbe richiesti 165. Si tratta peraltro di uno studio di enorme importanza per capire aspetti fondamentali dell’attività di Leonardo e, più in generale, dell’integrazione tra arte, scienza e tecniche nel Rinascimento. Alla ricerca hanno contribuito Opera Laboratori Fiorentini, Stefano Mascetti, Matteo Corrado e Alessandro Incognito (Xc Engeneering), Andrea Borsi (Arketipo, S. Giovanni Valdarno) per i calcoli strutturali, Riccardo Braga e Fabio Corica (Laboratorio Multimediale del Museo Galileo) per la ricostruzione dei modelli digitali del cavallo e del cantiere di fusione. .  
   
   
JACOPO BASSANO E LO STUPENDO INGANNO DELL’OCCHIO A BASSANO DEL GRAPPA, MUSEO CIVICO  
 
Bassano del Grappa, 15 febbraio 2010 - Dall’operosa campagna veneta del primo Cinquecento, da una solida tradizione di lavoro artigianale - il nonno un conciatore e il padre impegnato, come pittore, in ogni sorta di lavoro manuale connesso a tale pratica - emerge la forte personalità e l’esperienza pienamente rinascimentale di Jacopo Bassano, artista affascinante, capace di conquistarsi, con il suo sperimentalismo e l’amore per gli elementi naturali del suo mondo ai piedi delle Alpi e lungo il Brenta, uno spazio di forte originalità, accanto a grandi artisti come Tiziano, Tintoretto e Veronese. Proprio a Jacopo, capostipite di una nutrita famiglia d’artisti, la Città di Bassano del Grappa e la Regione del Veneto tributano un doveroso omaggio in occasione dei 500 anni dalla nascita - ancora in bilico tra il 1510 e il 1512 - avviando un ambizioso programma celebrativo triennale, che prenderà il via il prossimo 6 marzo con la mostra, allestita presso il Museo Civico, “Jacopo Bassano e lo stupendo inganno dell’occhio” (6 marzo – 13 giugno 2010), promossa insieme a Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Fondazione Antonveneta e Fondazione Cariverona, con la collaborazione della Soprintendenza Bsae per le province di Verona, Rovigo e Vicenza e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del Ministero degli Affari Esteri e della Provincia di Vicenza, organizzata in collaborazione con Villaggio Globale International e con catalogo Electa. Dalla sua Bassano - che non volle lasciare neppure quando Rodolfo Ii, affascinato dalle sue “Stagioni”, lo chiamò a Praga come pittore di corte – Jacopo riuscì ugualmente ad aggiornarsi e a cogliere, con trasporto, gli stimoli e le suggestioni provenienti non solo da Venezia ma anche dall’Italia centrale; e straordinaria fu la libertà e la capacità con cui se ne servì per inventare di volta in volta una pittura sempre nuova, che ne ha fatto – come ebbe a scrivere anche Roberto Longhi - “forse la personalità più complessa e il soggetto più significativo per la portata secolare dei suoi svolgimenti”: sicuramente uno dei più originali e potenti interpreti del rinnovamento della pittura veneta del secondo Cinquecento, il più grande pittore della realtà prima di Caravaggio. La mostra, facendo dialogare 15 selezionati dipinti e un disegno - autentici capisaldi della produzione di Jacopo di provenienza europea ed extraeuropea, molti dei quali mai esposti in Italia o addirittura inediti – con le 22 opere dell’artista custodite nel salone dalpontiano dal Museo Civico di Bassano (la collezione di suoi lavori più ricca in assoluto), si propone come un’eccellente ricostruzione del percorso del grande artista dagli esordi fino alla fine degli anni Sessanta, con alcune incursioni negli anni Settanta e Ottanta - grazie alle opere più tarde tra quelle conservate in loco - che anticipano e preannunciano l’approfondimento previsto con l’esposizione di chiusura della celebrazioni, nel dicembre 2012 , volutamente dedicata all’ultimo Jacopo, i figli, la scuola e la sua eredità. Da Londra, Parigi, Budapest o Berlino fino a Houston e l’Havana, le opere riunite nella città natale per questa sorta di “festa di compleanno” si contraddistinguono dunque per la loro altissima qualità e consentono di acquisire ulteriori conoscenze nell’arte del Da Ponte: un cammino, il suo, iniziato all’insegna di un nuovo naturalismo, poi superato in nome di un manierismo esasperato, per giungere a un inedito linguaggio caratterizzato da un uso particolare del colore e della luce. Curata da Giuliana Ericani e Alessandro Ballarin l’esposizione apre con un assoluto inedito, di collezione privata inglese, La Cacciata dei mercanti dal tempio, che, affiancato alla famosa Fuga in Egitto proveniente dalla Chiesa di San Girolamo e ora al Museo Civico, mostra i primi tentativi di trovare una strada personale tra le sollecitazioni lagunari di Bonifacio e di Tiziano e gli esempi della pittura lombarda, bresciana in particolare, elaborando un naturalismo sempre più legato alla resa realistica della quotidianità. Un’attenzione alla realtà che, anche nelle opere successive, non si accontenta di Inediti e prime visioni per la mostra che apre le Celebrazioni collocare la scena nel suo contesto di aria e di luce e quindi nel suo divenire, ma la riempie di “frammenti di vero”, “tanto più urtanti quanto più ellittici, cioè mozzati dal loro contesto”, come ha efficacemente notato Alessandro Ballarin. “Frammenti” già preannunciati nelle Scene Bibliche del Museo di Bassano, dove alcuni brani, marginali al racconto, si staccano dal contesto grazie a pennellate decise e rivendicano un ruolo di primo piano, dotati di una “fisicità” inaudita - un tappeto che sembra di toccare, un trombettiere còlto nella puntualità del gesto ecc. - tipica della sua pittura, se è vero, come racconta anche Bellori, che lo stesso Annibale Carracci fu vittima di un “inganno ottico” nello studio di Jacopo, quando stese la mano per prendere un libro che invece era dipinto. Sempre alla fase giovanile appartiene anche una singolare Adorazione dei magi recentemente rinvenuta a Roma e mai esposta, iconograficamente singolare per la presenza anche dei pastori, nonché per la consistenza, nel brano pittorico, di animali come il dromedario e l’elefante: presenza da ricollegare all’inserimento di animali nel terzo registro dell’affresco di casa Dal Corno, esposto nel salone dalpontiano del Museo. Se l’improvvisa adesione di Jacopo al linguaggio del manierismo e l’interesse nei confronti delle eleganze parmigianinesche risultano già evidenti in opere come il Martirio di Santa Caterina del Museo di Bassano o nella Andata al Calvario proveniente da Glyndebourne, mai esposto prima d’ora, la nuova fase sperimentale viene focalizzata - in questa occasione - grazie ad un nucleo notevolissimo di prestiti: una fase “connotata da una libertà spericolata di esperienze” in cui Bassano non teme di cimentarsi “sulle chiavi più diverse della tastiera manieristica italiana e nordica” . .  
   
   
FRP2_NUOVILAVORI MILANO, DAL 9 MARZO AL 10 APRILE  
 
Milano, 15 febbraio 2010 - Corsoveneziaotto è lieta di presentare Nuovilavori, una selezione delle ultime fotografie di Frp2. Finalisti del Premio Arte Edizioni Cairo 2009 e vincitori del Premiofotografico 2009 dell’Associazione Nazionale Fotografi, gli artisti sono stati recentemente invitati alla collettiva Spazio, Tempo, Immagine presso il Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno (Ciac). Frp2 presentano in galleria le nuove opere tratte dalle serie Untitled_09, Evolution, Lavinia e Malvina, Atto, Instability, Mkt e Privacy. A differenza delle serie precedenti ambientate al Teatro alla Scala e all’Hotel Principe di Savoia di Milano, in cui la staticità dei protagonisti e la collocazione degli oggetti accentuava la centralità dell’immagine, nei nuovi scatti l’osservatore è destabilizzato dalla presenza di elementi stranianti legati all’infanzia, dalle azioni dei soggetti e dalla loro collocazione nello spazio. La struttura compositiva dell’immagine, dovuta alla presenza di più personaggi, incrina il rigore della prospettiva centrale e della simmetria, pur mantenendo un perfetto bilanciamento tra ambiente e figura. In queste fotografie le geometrie date dallo studio sulla disposizione dei soggetti e sulla loro gestualità creano delle situazioni in cui il tempo e i movimenti sembrano sospesi. Frp2 nasce nel 2007 dalla collaborazione tra Filippo Piantanida (Varese, 1979) e Roberto Prosdocimo (Pordenone, 1979). .