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Notiziario Marketpress di Lunedì 15 Marzo 2010
INSTALLAZIONE DI SISTEMI AUDIO DI CONTROLLO IN AZIENDA - COMPATIBILITÀ CON LO STATUTO DEI LAVORATORI  
 
Il Ministero del Lavoro con interpello n. 2 del 1° marzo 2010 ha chiarito il senso dell’art. 9 del Decreto legislativo n. 124/04 e dell’art. 4 della Legge n. 300/70, in merito all’installazione da parte di un´impresa di telecomunicazioni di un sistema di controllo in grado di effettuare registrazioni audio di chiamate in uscita e in entrata. Il Ministero ha chiarito che non configura violazione del divieto di controllo a distanza dei lavoratori quando un´impresa di telecomunicazioni introduce un sistema di controllo "in grado di effettuare registrazioni audio di chiamate in uscita e in entrata" finalizzate "al monitoraggio a campione della qualità dei processi e dei servizi di assistenza alla clientela". La violazione non sussiste se l’impresa ha adottato cautele che non consentono di risalire all´identità dei lavoratori eroganti il servizio.  
   
   
GIUSTIZIA ITALIANA: AL VIA LA DIGITALIZZAZIONE DEI PROCESSI CIVILI A MILANO. MORATTI: “SARÀ UN PROGETTO PILOTA A DISPOSIZIONE DEL PAESE”  
 
Il Governo sosterrà la riorganizzazione degli uffici giudiziari e l´informatizzazione dei processi civili in corso a Milano. Lo ha annunciato, in Tribunale, il Ministro della Giustizia Angelino Alfano. Il Sindaco Letizia Moratti ha ringraziato il Ministro della Giustizia “per la continua sollecitazione a lavorare insieme per dare risposte concrete ai cittadini”. “Sarà una collaborazione vincente perché si potranno mettere in rete i contributi che ciascuno di noi può dare, è un vantaggio per tutti e per il nostro sistema di giustizia. Questa scelta – ha continuato il Sindaco – premia le politiche attuate dal Comune di Milano a favore della centralità della persona e dei suoi bisogni. Il nostro obiettivo, infatti, è rendere più accessibili i servizi alla persona e questo lo facciamo già grazie a “Milano Semplice e tante altre iniziative per la sicurezza”. Presenti all’incontro, tra gli altri, il presidente del Tribunale Livia Pomodoro, il sottosegretario all´ Economia Luigi Casero, il presidente della Corte d´Appello Alfonso Marra. “Il progetto, in via sperimentale, sarà sostenuto da risorse aggiuntive- ha spiegato il Ministro Alfano - che arrivano attraverso un emendamento del decreto ‘milleproroghe’: 3,5 milioni di euro per dare una marcia in più all´efficienza giudiziaria, riducendo i tempi della giustizia, aumentando la trasparenza, contraendo i costi e semplificando le procedure di accesso per gli avvocati e per i cittadini. La digitalizzazione del sistema della giustizia del Paese parte da Milano – ha precisato Angelino Alfano - perché l’uso della tecnologia fa di questa città un modello d’avanguardia e in riferimento a situazioni eccezionali come Expo 2015”. Il Ministro della Giustizia ha parlato dell’impegno del Governo ´´a procedere a un piano straordinario di smaltimento dell´arretrato civile. In Italia ci sono 5,6 milioni di procedimenti civili arretrati, accumulati negli ultimi 30 anni ´´.  
   
   
GIUSTIZIA ITALIANA: SENTENZA DEL TRIBUNALE DI MILANO IN MATERIA DI DIRITTI CONNESSI DISCOGRAFICI  
 
Il Tribunale di Milano ha condannato il gestore di un bar per aver diffuso musica attraverso una radio senza aver corrisposto i compensi dovuti per legge ad artisti e produttori discografici attraverso Scf, il consorzio maggiormente rappresentativo delle imprese discografiche nella gestione dei diritti discografici. Secondo il Tribunale la musica registrata diffusa dall’esercente rientra nella fattispecie disciplinata dall’art. 73 della Legge n. 633/41sul Diritto D’autore. La sentenza riconosce il ‘valore della musica’ quale componente ad alto valore aggiunto per il business degli operatori professionali che scelgono di diffonderla nell’ambito della propria attività. La musica d’ambiente rappresenta un servizio aggiuntivo perché intrattenere i clienti, ne attrae di nuovi, con evidenti benefici in ambito commerciale ed economico: così si legge nelle motivazioni della sentenza. La decisione, confermando una consolidata giurisprudenza, ribadisce il ruolo istituzionale di Scf e la piena legittimazione del consorzio ad operare in qualità di soggetto di riferimento preposto alla raccolta dei compensi per i diritti discografici. "La decisione del Tribunale di Milano rappresenta un provvedimento storico che costituirà sicuramente un precedente significativo nell’ambito dell’attività della magistratura. Riafferma e chiarisce il via definitiva che il pagamento del compenso a Scf per i diritti discografici è dovuto qualsiasi sia il mezzo utilizzato, anche nel caso di una radio", commenta Gianluigi Chiodaroli, Presidente di Scf. "La bontà delle motivazioni della sentenza, inoltre, è testimoniata dalla realtà quotidiana: ogni giorno sono sempre di più gli operatori professionali a contatto con il pubblico - quali sono i bar, gli alberghi, etc. - che apprezzano e presentano un impiego intensivo di musica per arricchire e meglio ambientare la propria offerta di servizi". Il provvedimento, nel determinare dell’ammontare del compenso, ha riconosciuto la congruità ed equità del sistema tariffario definito da Scf insieme a Confcommercio nell’ambito di una più ampia convenzione. Per questo motivo ha ritenuto opportuno applicare la tariffa di riferimento - la somma annua di euro 69,38 Iva inclusa - considerandola di particolare favore per il soggetto tenuto a corrispondere il compenso per i diritti discografici. Oltre a tale somma il Tribunale di Milano ha imposto al gestore del bar il pagamento delle spese processuali, pari a euro 2.400. "La decisione del Tribunale di Milano evidenzia ancora una volta come il dialogo e la negoziazione siano le uniche soluzioni ragionevoli per dare applicazione alle indicazioni del legislatore, nel rispetto delle ragioni di tutte le parti coinvolte. Il ricorso alla via giudiziaria non è certo la strada attraverso la quale intendiamo dare applicazione alla legge. Al contrario, il nostro approccio è, ed è sempre stato, in primo luogo di natura informativa. Operiamo innanzitutto per promuovere la cultura della diffusione di musica all’insegna della legalità per far nascere negli operatori la consapevolezza che il pagamento di una esigua somma annuale, a fronte del vantaggio ricevuto, rappresenta il minimo del dovuto: per ragioni di equità sostanziale, prima ancora che di osservanza giuridica", conclude Chiodaroli. Scf ha già stipulato convenzioni con primari organismi di categoria largamente rappresentativi dei più svariati settori. Per citarne solo alcuni: Confcommercio, Fipe-federazione Italiana Pubblici Esercizi, Federdistribuzione, Federalberghi, Federmoda, Confcooperative e, sul versante no-profit, la Cei – Conferenza Episcopale Italiana. In virtù di questi accordi nel 2009 oltre 20.000 bar e ristoranti, più di 15.000 alberghi e altrettanti esercizi della Gdo, oltre 5.000 negozi di abbigliamento e circa 3.000 parrocchie hanno spontaneamente aderito alle proposte tariffarie di Scf manifestando una consapevolezza matura sul tema, in linea con quanto già dimostrato dalle associazioni di riferimento dei rispettivi comparti.  
   
   
RAPPORTO ASSINFORM 2010: -8,1% NEL 2009. L’ITALIA RINUNCIA ALLO SVILUPPO?  
 
Angelucci: “Dobbiamo credere nel futuro e investire in innovazione! E’ urgente dotare il Paese di una politica strategica per la crescita, con progetti e investimenti a lungo termine. Incentivare la rottamazione dei software obsoleti, da sostituire con applicazioni evolute tarate sulle esigenze delle imprese del Made in Italy, sarebbe un segnale nella direzione giusta”. “Nel 2009, annus horribilis per il mercato mondiale dell’Ict, l’Italia ha approfondito il ritardo tecnologico con gli altri paesi registrando una contrazione dell’It tra le più consistenti, pari a -8,1%, a fronte di una decrescita media mondiale del settore di – 5,4%. Tra i paesi avanzati, il nostro è quello che, nel 2009, ha più aumentato il gap tra Pil (-5%) e investimenti It (-8,1%), rivelando un paese ripiegato su se stesso che, salvo eccezioni, sembra aver perso coraggio, che ha paura di investire e rischiare. Il disinvestimento italiano in Information Technology, pari a 1.657 miliardi di euro, è un segnale allarmante di arretramento del Paese verso assetti strutturali di basso profilo competitivo, che rischiano di condannarci alla stagnazione. Le istituzioni pubbliche, le imprese, appaiono intrappolate da un approccio dal respiro troppo corto, che non riesce a superare l’orizzonte contingente dell’emergenza. Sono, infatti, arretrati tutti i parametri del mercato: hardware -14,8%, software - 3,6%, servizi – 6,5%; grandi imprese -10,3%, medie – 7,3%, piccole -8,0%. L’innovazione, strumento indispensabile per lo sviluppo, sembra sparita dal vocabolario della politica economica e delle misure anticrisi. Con queste premesse anche il 2010 sarà un anno molto difficile. Le nostre stime indicano per il settore un trend negativo di -3,1%, che allargherà la forbice con il Pil (1%) ”. Non ha usato mezzi termini Paolo Angelucci, Presidente di Assinform, nel presentare oggi a Milano i dati di anticipazione del Rapporto Assinform 2010, che fotografano un settore It fortemente penalizzato dalla crisi. Anche per il settore delle Tlc, il Rapporto Assinform evidenzia una fase di sofferenza, con un calo di mercato di -2,3%. Alcuni baluardi del settore sembrano entrati in crisi di saturazione. In particolare la telefonia mobile, comparto che ha trainato l’Ict per 15 anni, segna per la prima volta trend negativi: scendono il segmento consumer, le linee mobili attive, le Sim, registrando un decremento di -1,5%. In termini complessivi, il mercato nazionale dell’Ict è calato di - 4,2%, scendendo a un valore di 61.771 milioni di euro (nel 2008 era stato di 64.463 milioni di euro), a fronte del -1,5% registrato a livello mondiale. Sebbene l’It – ha continuato Angelucci – con 400.000 addetti e 97.000 imprese, sia il quarto settore industriale del paese, non solo non riscuote dalla politica la giusta attenzione, ma il suo impatto economico e occupazionale, nonché le sue potenzialità nei processi di sviluppo del Paese sono largamente sottovalutati dalle istituzioni. Eppure, per uscire dalla crisi e aprire la strada della crescita, l’Italia non ha scelta, deve riprendere a investire in Information Technology. Per questo occorre un’azione che sia un segnale chiaro di inversione di tendenza, anticipatore di una politica strategica per l’innovazione e lo sviluppo. Va in questo senso la nostra proposta di rottamazione del software sia come misura di incentivo all’innovazione per il Made in Italy, sia come sostegno all’occupazione del settore It. I software applicativi, infatti, sono fattori cruciali per la modernizzazione delle imprese, dell’economia, della Pa e costituiscono il cuore del valore aggiunto prodotto dal settore in Italia. Nella produzione di software, l’It italiana concentra la maggior parte dell’occupazione qualificata che, già provata dalla perdita di 16.000 posti di lavoro 2009, se i dati di previsione verranno confermati, rischia nel 2010 di lasciare a casa altri 8.000 addetti. L’ultima indagine congiunturale realizzata da Assinform a febbraio 2010 su un campione rappresentativo di imprese associate (fra Pmi e grandi imprese), conferma, purtroppo, le previsioni negative sull’andamento occupazionale. L’emorragia di posti di lavoro, colpisce sia i dipendenti (-8,15 delle imprese del campione) che, in misura decisamente superiore, i consulenti esterni (situazione in peggioramento per il 26,4% delle imprese). Il maggior calo è a carico delle grandi imprese, di cui ben il 54,5% ha dichiarato di utilizzare meno forza lavoro esterna, molto spesso purtroppo formata da dipendenti di medie e piccole imprese della filiera. Il Presidente Paolo Angelucci ha poi annunciato tre importanti iniziative di Assinform. Sul piano della finanza per l’innovazione – ha precisato Angelucci – stiamo per concludere un primo accordo innovativo con un importante istituto bancario che prevede finanziamenti a medio termine per le aziende che investono in It comprendendo, per la prima volta, anche le componenti immateriali (software e servizi) . Al contempo abbiamo attivato un gruppo di lavoro per affrontare in modo concreto e pragmatico il tema del downpricing delle tariffe It. La tendenza al ribasso delle tariffe professionali, infatti, è un’anomalia tutta italiana, che mortifica gli investimenti in capitale umano delle imprese It, che rappresenta ben il 26% dei ricavi aziendali, mentre penalizza i clienti e la qualità dei loro progetti e servizi. C’è il rischio di impoverimento professionale dell’informatica italiana. Bisogna trovare un percorso che ci porti fuori da questo circolo vizioso. Sul piano della ricerca e sviluppo, infine, siamo impegnati a valorizzare sia le tante buone pratiche presenti nell’It italiana, che a promuovere una politica di aggregazione delle imprese del settore. L’obiettivo è produrre soluzioni innovative condivise che aiutino domanda e offerta a crescere, anche in una prospettiva di internazionalizzazione delle imprese It italiane, portatrici di “made in Italy tecnologico”.  
   
   
I COMPARATORI DI PREZZO ONLINE: LE OPPORTUNITÀ PER I MERCHANT E LA RINCORSA ALL´EUROPA  
 
Secondo i dati Nielsen, nel mese di gennaio 2010 gli utenti unici sui siti di comparazione prezzi e guide all´acquisto sono stati 9,7 milioni. Per il consorzio Netcomm e per 7Pixel e Pangora, fra i principali operatori italiani del settore, il commercio elettronico continua a crescere, ma non ancora ai livelli europei. Lo sviluppo ulteriore è decisamente possibile se i merchant già presenti online utilizzassero al meglio le opportunità offerte dai comparatori. Il futuro del commercio online è stato il tema dell´ultimo workshop organizzato di recente da Netcomm con la collaborazione di 7Pixel (Trovaprezzi e Shoppydoo) e Pangora, che hanno partecipato a questo appuntamento per un obiettivo comune: contribuire a un ulteriore sviluppo dell´e-commerce. Il commercio elettronico in Italia è in crescita, ma c´è ancora molto da fare per raggiungere le performance degli altri paesi europei. Secondo l´ultimo rapporto ´L´ecommerce B2c in Italia´ dell’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, la spesa media annuale online di un utente internet in Italia è di circa 800 euro, minore del 15% rispetto alla media europea di 940 euro, e parecchio al di sotto dei 1.350 euro del Regno Unito. Un ulteriore dato di cui tenere conto è quello relativo al numero di acquirenti online che in Italia è pari a 8 milioni, il 19% del popolo web. Il valore è decisamente inferiore rispetto al 54% della Francia, al 60% della Germania e al 70% del Regno Unito. Cosa fare dunque per migliorare la situazione dell´e-commerce italiano rispetto alla realtà estera? Sono intervenuti a questo proposito i due leader del settore, 7Pixel e Pangora. 7Pixel ha analizzato la situazione, partendo da un´analisi dei dati relativi alla soddisfazione di chi compra online sui propri siti Trovaprezzi e Shoppydoo. Dall´osservatorio customer care online dell´intero anno 2009 su un campione di 10mila commenti emerge che il 93,76% del campione monitorato dall´Osservatorio 7Pixel si ritiene soddisfatto della transazione. Solo il 6,24% esprime valutazioni negative sui propri acquisti online. Tra le cause principali di insoddisfazione: problemi relativi al processo di spedizione imputati al merchant (22,58%) e indisponibilità del prodotto non dichiarata sul sito (21,12%). Paolo Cereda, business development & marketing director del gruppo 7Pixel ha affermato: "La chiave di successo online è proprio il customer empowerment, il maggior potere del consumatore finale è una realtà. Le imprese che sanno come interpretare questa evoluzione e si impegnano in un miglior servizio ai loro clienti, possono creare una reputazione migliore e sfruttare in maniera più completa i comparatori di prezzo". Andrea Boscaro, managing director di Pangora Italia, ha affermato: "I comparatori sono nati per rendere protagonista il consumatore rendendo trasparenti le informazioni. La loro evoluzione consisterà nell’arricchire ulteriormente l’esperienza dell’utente e nell’accompagnare l’e-commerce verso la dimensione della multicanalità".  
   
   
PROPRIETÀ INTELLETTUALE: REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DEL CODICE PI  
 
Sul supplemento ordinario n. 48 alla Gazzetta ufficiale n. 56 del 9 marzo 2010 è stato pubblicato il Decreto 13 gennaio 2010, n. 33, del Ministero dello Sviluppo Economico, recante il Regolamento di attuazione del Codice della Proprietà Industriale, in vigore dallo scorso 10 marzo 2010. Il regolamento rende operative una serie di disposizioni del Codice della Proprietà Industriale relative, in particolare, ad aspetti di natura procedurale e amministrativa (modalità di deposito domande, istanze, atti e documenti, ricorsi notificati, domande di trascrizione e di annotazione). Il Regolamento definisce anche le modalità applicative delle norme sul procedimento di opposizione alla domanda o alla registrazione di marchio (artt. 176 e ss. Del Codice Pi). Nel Regolamento sono state trasferite anche le norme - che individuano nell’Ufficio europeo dei Brevetti l’autorità competente a effettuare la ricerca di anteriorità sulle domande di brevetto nazionali e disciplinano le modalità di pagamento delle tasse e dei diritti di mantenimento in vita dei titoli di proprietà industriale - già contenute nel Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 3 ottobre 2007, che è stato contestualmente abrogato  
   
   
CARTA DEI DIRITTI DELLE IMPRESE  
 
Assolombarda e Comune di Milano, da alcuni anni impegnati in un lavoro congiunto sul tema della semplificazione legislativa e amministrativa in attuazione di un Protocollo d’intesa siglato nell’ottobre del 2006, hanno redatto la “Carta dei diritti delle imprese”, di recente approvata dalla Giunta del Comune di Milano. La Carta raccoglie principi, metodologie e strumenti in grado di agevolare un rapporto più snello e concreto tra Pubblica Amministrazione e imprese; di sostenere azioni di promozione del territorio e delle attività produttive; di supportare e accompagnare la creazione di nuove imprese e lo sviluppo di quelle esistenti. L’amministrazione Comunale si è impegnata ad adottare un programma annuale di semplificazione e snellimento delle procedure amministrative attraverso l’abbattimento dei tempi di ottenimento delle autorizzazioni, anche attraverso l’uso di strumenti informatici come la Posta Elettronica Certificata (Pec). Il documento prevede un’aggiornata informazione sulla disciplina dei processi autorizzativi e una chiara indicazione dei tempi di conclusione dei relativi iter, nonché una concreta possibilità di accedere a strumenti di consultazione, dialogo e interazione via web, tipici di uno sportello virtuale presso il quale le imprese possano espletare con facilità, a distanza e in via telematica le pratiche di avvio e modifica dell’attività. “La Carta dei diritti delle imprese giunge all’esito di un positivo lavoro svolto in partnership con Assolombarda e costituisce un passo significativo sulla strada della semplificazione, obiettivo strategico di questa Amministrazione”, ha dichiarato Stefano Pillitteri, Assessore alla Qualità, Servizi al Cittadino e Semplificazione, Servizi Civici del Comune di Milano, “la nostra attenzione è rivolta ai bisogni dei cittadini, ma anche a quelli di tutte le imprese e le realtà produttive che contribuiscono così fortemente allo sviluppo e all’affermazione della nostra Città”. “Sono particolarmente soddisfatto del lavoro compiuto e dei risultati raggiunti nell’ambito del progetto”, ha dichiarato Stefano Venturi, Responsabile Progetto Semplificazione di Assolombarda nonché Vicepresidente di Cisco Europa, “le nostre imprese chiedono con sempre maggiore forza tempi certi, procedure semplificate e un ascolto attento da parte della Pubblica Amministrazione, e il lavoro di questi mesi ha permesso di produrre molti risultati concreti in questo senso. Ora, con la redazione della Carta dei diritti delle imprese, abbiamo deciso di dare visibilità al lavoro svolto e di definire alcuni principi generali del rapporto tra imprese e pubblica amministrazione che ora andranno tradotti in ulteriori obiettivi concreti”.  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: ITALIA RESPONSABILITÀ PER DANNO AMBIENTALE - PETROLCHIMICO AUGUSTA PRIOLO  
 
Gli operatori con impianti limitrofi a una zona inquinata possono essere considerati presunti responsabili dell´inquinamento. Le autorità nazionali possono subordinare il diritto degli operatori ad utilizzare i loro terreni alla condizione che essi realizzino i lavori di riparazione ambientale imposti. (Sentenze dell’8 marzo 2010 della Corte di giustizia Ue (Lussemburgo) nella causa C-378/08 e nelle cause riunite C-379/08 e C-380/08 Raffinerie Mediterranee (Erg) Spa, Polimeri Europa Spa e Syndial Spa / Ministero dello Sviluppo economico e a. E Eni Spa / Ministero Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare e a.) Hanno presentato osservazioni: Commissione, Italia, Grecia, Paesi Bassi.  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: DISTANZE FRA I BENZINAI CONTRARIE ALLA LIBERTÀ DI STABILIMENTO  
 
Una normativa nazionale che prevede distanze minime obbligatorie fra i benzinai costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento, che non può essere giustificata da finalità di sicurezza stradale, tutela sanitaria ed ambientale e razionalizzazione del servizio reso agli utenti. Spetta al giudice nazionale verificare questi requisiti. Il sistema di distribuzione di carburanti in Italia prevede (l. 32/1998), che l’installazione e la gestione degli impianti di distribuzione di carburanti sono soggette ad autorizzazione amministrativa (concessa dal Comune sul cui territorio tali attività sono esercitate), la quale è subordinata alla verifica della conformità degli impianti al piano regolatore, alle prescrizioni fiscali e a quelle concernenti la sicurezza sanitaria, ambientale e stradale, alla tutela dei beni storici e artistici, nonché alle norme di indirizzo programmatico delle Regioni. La legge n. 57/2001 prescrive peraltro l’adozione di un piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti: le Regioni redigono piani regionali, includendovi criteri per l’apertura di nuovi punti vendita. All’epoca dei fatti, le distanze minime obbligatorie fra gli impianti erano incluse nei citati criteri (la legge regionale del Lazio n. 8/2001 prevedeva la distanza minima di tre chilometri per gli impianti situati sulle strade provinciali). La Attanasio, con sede in Viterbo, presentava al Comune di Caprarola una domanda di concessione per la costruzione di un impianto, lungo la strada provinciale detta «Massarella». Il Comune nel frattempo aveva già rilasciato alla Felgas Petroli la concessione per la costruzione di un impianto a breve distanza dal sito oggetto della domanda dell’Attanasio. Avverso la concessione dell’autorizzazione alla Felgas Petroli, l’Attanasio proponeva ricorso. Poco tempo dopo la data dell’ordinanza di rinvio, e prima che la stessa pervenisse alla Corte, con la legge n. 133/2008, l’Italia ha stabilito, al fine di garantire il rispetto dell’ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza, che l’installazione e l’esercizio di un impianto non possono essere subordinati a vincoli commerciali, a contingentamenti numerici, a distanze minime tra impianti. Il Tar Lazio ha confermato che, in via di principio, le modifiche legislative del 2008 hanno condotto alla disapplicazione della legge regionale n. 8/2001. Il giudice ha tuttavia mantenuto la propria domanda di pronuncia pregiudiziale. La Corte risponde alla questione, alla luce di principi sulla libertà di stabilimento. Questa conferisce ai cittadini dell’Unione il diritto all’accesso e l´esercizio di attività non subordinate alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro per i propri cittadini. Secondo una giurisprudenza costante, è vietato ogni provvedimento nazionale che, pur se applicabile senza discriminazioni in base alla nazionalità, possa ostacolare o scoraggiare l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libertà di stabilimento. Una normativa che subordina l’apertura di nuovi impianti di benzinai all’osservanza di distanze minime rispetto ad altri impianti analoghi, configura una restrizione, perché pone delle condizioni all’accesso all’attività e, favorendo gli operatori già presenti sul territorio italiano, è idonea a scoraggiare o impedire l’accesso al mercato italiano degli operatori provenienti da altri Stati membri. Non sembra che la normativa italiana, che si applica solamente ai nuovi impianti e non a quelli preesistenti, soddisfi in modo coerente e sistematico le finalità di sicurezza stradale, nonché di tutela ambientale e della salute. Anche la finalità della razionalizzazione del servizio reso agli utenti, per la sua natura economica non può costituire motivo imperativo di interesse generale, idoneo a giustificare una limitazione di una libertà fondamentale. (Sentenza 11 marzo 2010 nella causa C-384/08, Attanasio Group Srl/ Comune di Carbognano)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LEGITTIMO VIETARE CONTRATTI COLLEGATI PER SERVIZI DI TLC  
 
Uno Stato membro può vietare ad un´impresa che fornisce servizi di Tlc di subordinare la conclusione di un contratto con l´utente finale alla sottoscrizione di un altro contratto per servizi che non sono necessari o indispensabili. (Sentenza 11 marzo 2010 nella causa C-522/08 Telekomunikacja Polska Sa w Warszawie / Prezes Urzędu Komunikacji Elektronicznej)  
   
   
UNIONE EUROPEA: LA COMMISSIONE PRESENTA LE PRIME PROPOSTE DI LEGGE PER IL PROCESSO EQUO  
 
Un turista italiano coinvolto in un incidente stradale in Svezia non può conferire con un avvocato che parli la sua lingua; a un cittadino polacco indagato in Francia non vengono tradotti gli elementi assunti a suo carico: sono solo alcuni degli ostacoli che possono inaspettatamente insorgere e condurre a errori giudiziari nei procedimenti in altri paesi dell´Ue. La Commissione europea ha proposto oggi una misura legislativa che aiuterà i cittadini a far valere il diritto a un processo equo ovunque nell´Unione, anche quando non conoscono la lingua del procedimento. Gli Stati membri avranno infatti l´obbligo di fornire agli indagati servizi completi di interpretazione e di traduzione. È questa la prima di una serie di misure volte a definire norme comuni nelle cause penali. Il nuovo trattato di Lisbona conferisce all´Unione il potere di adottare misure per rafforzare i diritti dei cittadini conformemente alla Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea. "Oggi muoviamo un primo importante passo verso un´Europa della giustizia che non conosce frontiere. Nessuno nell´Ue dovrebbe sentirsi limitato nell´esercizio dei propri diritti o privo di una protezione adeguata solo perché non è nel suo paese d´origine", ha dichiarato la vicepresidente Viviane Reding, Commissario europeo per la Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza. "Senza la garanzia che tutti gli Stati membri rispettano i diritti fondamentali dei cittadini, come possiamo creare un rapporto di fiducia tra quelle stesse autorità che devono lavorare insieme per la nostra sicurezza? La giustizia e la sicurezza vanno di pari passo: per questo spero che il Parlamento europeo e il Consiglio adottino rapidamente la proposta affinché nulla impedisca ai cittadini di godere del diritto a un processo equo garantito dalla Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea." Sempre più europei viaggiano, studiano o lavorano in un paese straniero: aumentano quindi anche le possibilità che si trovino implicati in un procedimento giudiziario in un altro Stato membro. Un cittadino imputato di un reato rischia di non comprendere e non parlare la lingua delle autorità giudiziarie. È possibile però esercitare pienamente i diritti della difesa solo se si capisce la lingua dell´udienza, si dispone di una traduzione completa di tutti gli elementi e si è in grado di comunicare con il proprio avvocato. La proposta rafforza il diritto all´interpretazione e alla traduzione, e questo in tre modi: l´interpretazione deve essere assicurata nei colloqui con gli avvocati, durante le indagini - ad esempio gli interrogatori di polizia - e il processo; perché il processo sia veramente equo, la proposta riguarda la traduzione scritta dei documenti fondamentali, quali l´ordine di carcerazione, l´atto contenente i capi di imputazione o le prove documentali principali. L´imputato non può disporre soltanto di una traduzione orale, per giunta sommaria, delle prove a suo carico; prima di rinunciare al diritto all´interpretazione e alla traduzione, gli imputati devono aver usufruito della consulenza legale; non devono subire, in altri termini, nessuna pressione affinché rinuncino ai propri diritti prima di avere consultato un avvocato. I costi di traduzione e interpretazione dovranno essere a carico degli Stati membri e non dell´imputato, e ciò a prescindere dall´esito del processo. In assenza di norme minime comuni che assicurino un processo equo, le autorità giudiziarie saranno riluttanti a inviare un imputato all´estero. Di conseguenza, le misure dell´Unione per lottare contro la criminalità – come il mandato d´arresto europeo – rischiano di non trovare piena applicazione. Nel 2007 sono stati emessi 11 000 mandati d´arresto europeo contro i 6 900 del 2005. La Commissione ritiene che in futuro le norme europee per un processo equo, compreso il diritto all´interpretazione e alla traduzione, debbano applicarsi a tutti i mandati d´arresto. La Commissione intende dare rapida attuazione al diritto a un processo equo. La direttiva sul diritto all´interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, presentata oggi dalla Commissione, sarà la prima a rafforzare la giustizia penale dall´entrata in vigore del trattato di Lisbona. "La proposta odierna si fonda sugli eccellenti lavori preparatori svolti in questo settore dalle presidenze svedese e spagnola" ha dichiarato il commissario Reding. "Adesso intendiamo mettere a frutto le nuove condizioni del trattato di Lisbona per accelerare i tempi di questa importante iniziativa a tutela dei diritti procedurali in Europa. Il mio obiettivo è raggiungere un accordo politico ambizioso tra Parlamento e Consiglio sui diritti dell´interpretazione e della traduzione prima dell´estate. Per questo lavorerò in stretta collaborazione con il Parlamento europeo e con la presidenza spagnola." La Commissione ha presentato una decisione quadro sui diritti dell´interpretazione e della traduzione nel luglio 2009. Con l´entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009, sono state annullate tutte le proposte di decisione quadro. Il 30 novembre 2009 i governi dell´Ue hanno incaricato la Commissione di mettere a punto proposte graduali intese a definire norme comuni in tutta l´Ue per una serie di diritti procedurali. La Commissione ha trasformato la decisione quadro proposta in una direttiva, alla quale faranno seguito nei prossimi anni misure nei campi seguenti: informazione sui propri diritti e sull´accusa (estate 2010); consulenza legale prima e nel corso del processo e assistenza legale; il diritto del detenuto di comunicare con familiari, datori di lavoro e autorità consolari; protezione degli indagati vulnerabili  
   
   
DIRITTI DEGLI AZIONISTI DI SOCIETÀ QUOTATE  
 
Il prossimo 20 marzo 2010 entrerà in vigore il Decreto legislativo n. 27/10, pubblicato sul supplemento ordinario n. 43 alla Gazzetta ufficiale n. 53 del 5 marzo 2010, che recepisce nel nostro ordinamento le disposizioni contenute nella Direttiva 2007/36/Ce in materia di diritti degli azionisti di società quotate. Le novità, fatta eccezione per quella relativa all´identificazione degli azionisti, troveranno applicazione alle assemblee convocate dopo il 31 ottobre 2010. Il provvedimento ha introdotto la cd. Record date - unica per le diverse tipologie di assemblee - vale a dire la data precedente l’assemblea che rileva ai fini della titolarità del diritto di intervento e voto, che spetteranno a chi sarà risultato azionista - sulla base di una comunicazione effettuata dall’intermediario all’emittente - al 7° giorno precedente l´assemblea. Sono previsti termini differenziati per la convocazione dell´assemblea a seconda delle materie all’ordine del giorno. Il provvedimento prevede un termine generale di pubblicazione dell’avviso di convocazione, fissato a 30 giorni prima della data stabilita per l’assemblea, che diventano 40 in caso di rinnovo degli organi sociali, 21 giorni per le assemblee che abbiano ad oggetto particolari materie (riduzione del capitale sociale ex artt. 2446 e 2447 c.C., nomina dei liquidatori ex art. 2487 c.C.), 15 giorni in caso di assemblea convocata per l’approvazione di misure difensive anti-scalata. La pubblicazione delle relazioni degli amministratori sulle materie all´o.D.g. Dovrà avvenire entro gli stessi termini. Gli statuti delle società potranno stabilire un meccanismo di identificazione degli azionisti, che può essere attivato dalla società o da una percentuale qualificata di soci. E’ stata introdotta la possibilità di attribuire una maggiorazione del dividendo, non superiore al 10% del dividendo distribuito alle altre azioni, per le azioni che rappresentano una quota fino allo 0,5% del capitale sociale. La maggiorazione potrà essere riconosciuta anche a coloro che detengano una partecipazione superiore al 2% del capitale della società, ma sempre nei suddetti limiti dello 0,5%. Dovranno inoltre sussistere ulteriori condizioni, quali la detenzione delle azioni per un periodo continuativo di almeno un anno e l’assenza di un’influenza dominante o notevole sulla società. Per quanto riguarda le deleghe di voto il provvedimento disciplina il rappresentante designato dalla società, cui gli azionisti potranno inviare deleghe di voto, ed elimina per le società quotate delle limitazioni quantitative e personali (impossibilità per amministratori, sindaci e dipendenti della società di rappresentare gli azionisti in assemblea) previste dall’art. 2372 c.C. Il provvedimento fissa i termini per il deposito (25 giorni prima dell’assemblea) e la successiva pubblicazione (21 giorni prima dell’assemblea) delle liste per l’elezione degli organi sociali negli emittenti.