Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 







MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web




 


LUNEDI

PAGINA 1 PAGINA 2 PAGINA 3 PAGINA 4 PAGINA 5 PAGINA 6 WEB E DIRITTO PER LE NUOVE TECNOLOGIE
Notiziario Marketpress di Lunedì 15 Marzo 2010
PRESENTATO IL VIDEO DELLA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE SUL TRATTATO DI LISBONA DELLA RAPPRESENTANZA IN ITALIA DELLA COMMISSIONE EUROPEA.  
 
Roma, 15 marzo 2010 - Gli alieni chiedono amicizia all´Unione europea dopo l´entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Questo però non è il soggetto dell´ultimo colossal di fantascienza; si tratta del video voluto dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea per diffondere e promuovere tra i cittadini la conoscenza del nuovo Trattato, nonché dei diritti e dei doveri del cittadino europeo che ne scaturiscono. Il Direttore della Rappresentanza Lucio Battistotti ha dichiarato: "Il cittadino europeo è, oggi più che mai, al centro del nostro comune progetto e deve essere pienamente consapevole delle opportunità che esso offre quanto in termini di vantaggi tanto in termini di partecipazione." Il video, disponibile in una versione lunga della durata di 90 secondi e in una più breve di 30 secondi, si svolge all´interno di un´astronave che intercetta i festeggiamenti dei 27 Paesi membri per l´arrivo del nuovo Trattato che rende gli europei più uniti nei confronti delle sfide del mondo. Attraverso speciali ologrammi, gli extraterrestri scoprono che l´Unione si è dotata di procedure più democratiche e trasparenti, uno Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, concreti obiettivi in termini di protezione dell´ambiente e del clima e meccanismi di solidarietà tra i vari Stati membri in caso di calamità naturali e attacchi terroristici. Il trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, dota l´Unione europea di istituzioni moderne e di metodi di lavoro ottimizzati per rispondere in modo efficace ed efficiente sancisce istituzioni moderne e di metodi di lavoro ottimizzati per rispondere in modo efficace ed efficiente alle necessità. In una realtà in rapida evoluzione, gli europei guardano all´Ue per affrontare temi quali la globalizzazione, i cambiamenti climatici, l´evoluzione demografica, la sicurezza e l´energia. Il trattato di Lisbona rafforza la partecipazione democratica in Europa e la capacità dell´Ue di promuovere quotidianamente gli interessi dei propri cittadini. All´iniziativa, che s´inserisce nelle priorità di comunicazione delle istituzioni europee per il 2010, sarà data massima diffusione tramite la proiezione in spazi pubblici in tutta Italia. Il video può essere già visto nel circuito delle grandi stazioni (Milano Centrale, Torino Porta Nuova, Genova Brignole e Genova Piazza Principe, Venezia Mestre e Venezia S. Lucia, Verona Porta Nuova, Bologna Centrale, Firenze S.m. Novella, Roma Termini, Napoli Centrale, Bari Centrale e Palermo Centrale). Esso è inoltre disponibile sui canali internet della Rappresentanza.  
   
   
SALVAGUARDARE LA RUBRICA RAI EST-OVEST  
 
Trieste, 15 marzo 2010 - "Cosa si intende fare per evitare la soppressione della rubrica televisiva Est-ovest realizzata dalla sede Rai di Trieste?" Lo ha chiesto l’ 11 marzo con un´interrogazione il capogruppo dell´Udc in Consiglio regionale Edoardo Sasco, evidenziando che "da quanto riferito dagli organi di informazione, nel nuovo piano editoriale delle testate giornalistiche regionali della Rai non figurano più alcune importanti rubriche televisive, tra le quali Est-ovest curata con successo da oltre sette anni dalla sede Rai del Friuli Venezia Giulia. "La rubrica - sottolinea l´esponente dell´Udc - rappresenta autenticamente lo spirito di collaborazione e di apertura verso le realtà geografiche contermini al nostro territorio, a partire dalla Mitteleuropa e dai Paesi Balcanici, che la nostra regione ha sempre dimostrato di avere, guadagnandosi l´appellativo di regione cerniera tra due opposti sistemi politici, quello dell´Europa dell´Ovest e dell´Est, a lungo esercitato fin dai tempi difficili che precedettero la caduta del muro di Berlino": Il Capogruppo dell´Udc evidenza anche che "una trasmissione del genere, dati i suoi apprezzabili contenuti culturali e considerata la sua diffusione fuori regione, aumenta la sensibilità verso la cooperazione internazionale e la collaborazione, premesse essenziali per l´effettiva unificazione europea e per l´integrazione dei suoi cittadini. Per questo motivo - conclude - ritengo che una riduzione di questo spazio di informazione rappresenti un impoverimento culturale dei palinsesti della Rai e un danno per l´immagine del Friuli Venezia Giulia".  
   
   
GORIZIA: INTERVENTI NUOVO CENTRO STAMPA DE "IL PICCOLO" E "MESSAGGERO VENETO".  
 
Trieste, 15 marzo 2010 - La Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, su proposta del vicepresidente ed assessore alle Attività produttive Luca Ciriani, ha autorizzato l’ 11 marzo il Consorzio di Sviluppo industriale e artigianale di Gorizia a modificare una destinazione di risorse già assegnate allo scopo di accogliere nel comprensorio le attività di composizione, la stampa ed il confezionamento de "Il Piccolo" e del "Messaggero Veneto". Il cambio di destinazione è stato accolto, ha ritenuto la Giunta regionale, in ragione dell´importanza rappresentata dal nuovo insediamento produttivo e dal fatto che la nuova destinazione del sito contribuisce positivamente a riorganizzare la presenza del Gruppo editoriale sul territorio regionale.  
   
   
SUCCESSO AL SOFIA INTERNATIONAL FILM FESTIVAL PER LA RASSEGNA DEDICATA AL CINEMA DEL FRIULI VENEZIA GIULIA  
 
Sofia, 15 marzo 2010 - Ha incassato l’apprezzamento del pubblico, della stampa e degli addetti ai lavori la trasferta all’insegna del cinema della Regione Friuli Venezia Giulia in Bulgaria, al Sofia International Film Festival, realizzata in collaborazione con l’Ambasciata Italiana in Bulgaria. Triplice lo scopo di questa rassegna cinematografica: fare conoscere al pubblico bulgaro, attraverso la proiezione di opere girate in Regione, i suggestivi paesaggi e le peculiarità architettoniche del Friuli Venezia Giulia, illustrare ai professionisti dell’audiovisivo le agevolazioni offerte alle produzioni straniere dalla “regione più cinematografica d’Italia” e rafforzare i rapporti istituzionali con la Bulgaria, che per la politica internazionale del Friuli Venezia Giulia rappresenta un´area di interesse prioritario, con cui sono già stati avviati progetti di cooperazione in ambito economico e sociale. Al Sofia Film Festival il pubblico bulgaro ha riso con “Il giorno + bello”, di Massimo Cappelli, ambientato a Trieste, e si è commosso con “La ragazza del lago”, di Andrea Molaioli, girato in Carnia. Oltre ai lungometraggi, sugli schermi festivalieri sono passati anche i corti: due opere di Massimo Cappelli, “Tutto brilla” e “Per Agnese”, ambientati rispettivamente a Monfalcone e a Trieste, e “Favola zingara”, del regista triestino Davide del Degan. Ad accompagnare le pellicole a Sofia sono arrivati anche registi, attori e produttori: Massimo Cappelli, Davide Del Degan, Ariella Reggio, Fausto Sciarappa e Amedeo Bacigalupo. Il focus dedicato al cinema “made in Friuli Venezia Giulia”, curato per la Regione dall’’Associazione Maremetraggio, è stato concluso da una tavola rotonda cui hanno partecipato, tra gli altri, la direttrice artistica del Sofia International Film Festival Mira Staleva, quella del festival Maremetraggio Chiara Valenti Omero, Paolo Vidali, direttore del Fondo Regionale per l’Audiovisivo, il produttore di Nuvola Film Amedeo Bacigalupo e un rappresentante della Regione. E il mese prossimo sarà a Sofia anche l’assessore regionale alle relazioni internazionali e comunitarie Federica Seganti, per firmare, su delega del presidente Renzo Tondo, un accordo con la Bulgaria nel campo dell’information technology e dell’ e-government. In occasione della tavola rotonda è stato anche consegnato dalla Regione un riconoscimento alla produttrice sacilese Francesca Cima, fondatrice della casa di produzione Indigo film e produttrice, tra l’altro, de “Il divo” (nastro d’argento 2009 per la miglior produzione) e “La ragazza del lago” (David di Donatello 2008 per la miglior produzione). E’ stato inoltre annunciato dalla presidente del festival Maremetraggio, Maddalena Mayneri, che nell’ambito dell’undicesima edizione del festival internazionale del cortometraggio e delle opere prime uno spazio ad hoc sarà riservato, in collaborazione con il Sofia International Film Festival, alla cinematografia bulgara. Infine il comparto cinematografico del Friuli Venezia Giulia ha partecipato da protagonista a Sofia Meeting, uno dei principali mercati europei dedicati all’industria cinematografica. Per la prima volta infatti un progetto italiano, interamente “made in Fvg”, e’ stato presentato in un festival internazionale ai principali professionisti del settore presenti all’evento. A illustrare l’opera l’autore del film, il giovane goriziano Matteo Oleotto, e il produttore Aleš Doktoric, della società Transmedia di Gorizia, accompagnati da Paolo Vidali, direttore del Fondo Regionale per l’Audiovisivo, che ha finanziato lo sviluppo del progetto, insieme ai produttori locali Ferdinando Vicentini Orgnani e Andrea Magnani, da sempre impegnati nella realizzazione di lungometraggi dal respiro internazionale.  
   
   
OGGI A PALAZZO BARBIERI: PRIMO SOPRALLUOGO A VERONA PER IL FILM LADRI D´IDENTITA´ .  
 
Verona, 15 marzo 2010 – Oggi alle ore 10 il sindaco Tosi incontra a Palazzo Barbieri sceneggiatore, organizzatore e produttore del film sulla salute mentale "Ladri d´identita´ ", le cui riprese inizieranno in estate. Un´occasione per parlare con chi lo "dirigera´": il sindaco sara´ uno degli attori del film. Lo sceneggiatore Gino Capone e l´organizzatore Franco Casati (Marchese del Grillo), Lunedi´ sceglieranno i luoghi dove a,bientare le scene veronesi del film "Ladri D´identita´", pellicola sostenuta dal Ministero della Salute, assieme al produttore Michele Calì e all´attrice protagonista Federica Andreoli . Ladri d´identità è il terzo film dopo quello ula prevenzione degli incidenti stradali ´I giorni perduti´ e il delicato argomento della donazione degli organi ´Il cielo può attendere´ entrambi andati in onda in Rai negli annni scorsi., in prima serata.  
   
   
CORSO DI SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA ED ESPRESSIONE SCENICA  
 
Rimini, 15 marzo 2010 - Riparte il Corso di scrittura autobiografica ed espressione scenica promosso dalla Consigliera Delegata alle Pari Opportunità della Provincia di Rimini, Leonina Grossi. L´attività di laboratorio prosegue l´avventura iniziata quattro anni fa con i corsi denominati: “Storie dall´albero di Eva” e “I Talenti delle Donne”. Ogni giovedì alle 21 a partire dall´incontro di presentazione dell´11 marzo e fino al mese di giugno, il Centro Giovani di Santa Giustina tornerà ad essere quello spazio di confronto “al femminile” che tanto successo ha avuto nelle precedenti edizioni. Un luogo in cui le donne di età e ruoli diversi si possano incontrare in gruppo per condividere una dimensione comune fatta di racconti, complicità e divertimento. Particolarmente nutriente il tema di quest´anno, che mira al recupero della dignità del ruolo delle donne nella società come custodi di saggezza e potere creativo. Si dice che questo sia il tempo del risveglio femminile, l´epoca in cui i valori del Cuore delle Donne che reggevano le antiche culture matriarcali possono tornare a prendere le redini del mondo. In questa nuova edizione, il corso vorrebbe dunque proporre un lavoro mirato sul rapporto delle donne attraverso le principali dinamiche che le distinguono nelle loro reti di relazione per permettere loro di recuperare l´essenza e la varietà del loro ruolo. Insomma un´occasione per le donne per prendersi uno spazio e un tempo tutto per loro stesse, per tornare a far sentire la voce più vera e sincera del mondo, una voce che non domina ne´ subisce ma condivide l´essenza di una conoscenza profonda. Per partecipare al laboratorio non sono necessari talenti particolari o esperienze precedenti. Il corso sarà condotto da Monica Colosimo, giornalista, scrittrice e ricercatrice in tecniche di narrazione autobiografica e Ute Zimmermann attrice, regista e pedagogista teatrale.  
   
   
ROBIN SHARMA LA TUA GRANDE OCCASIONE LIBRO SECONDO 101 NUOVE LEZIONI PER AVERE SUCCESSO NELLA VITA  
 
Torino, 15 marzo 2010 - Quante volte vi siete sentiti imprigionati dentro un recinto invisibile, che vi impediva di esprimere completamente le vostre potenzialità? È come se qualcosa di vago e sfuggente, ma non per questo meno reale, vi avesse trattenuti a terra, senza permettervi di prendere il volo. Attraverso 101 lezioni, facili da apprendere e mettere in pratica – che rappresentano lo sviluppo e il perfezionamento di quanto già ci aveva insegnato nel primo volume di questa serie – Robin Sharma vi indica la strada per uscire definitivamente da questa condizione. Anche per voi il successo è a portata di mano, basta utilizzare al meglio gli strumenti che servono a conseguirlo. Sharma ve li propone senza ricorrere a ragionamenti astratti, ma partendo invece dalla realtà di tutti i giorni. Non accontentarsi mai di migliorare nel lavoro, rendere più armoniche le proprie relazioni con gli altri, mettere a frutto ogni istante dell’esistenza: ecco le chiavi della vera grandezza. E il cammino verso questo orizzonte che sembrava irraggiungibile inizierà per voi nel preciso momento in cui comincerete a sfogliare questo libro. Che cosa aspettate? Non siete stati creati per restare dentro i confini ristretti dell’anonimato e della mediocrità, ma per realizzare qualcosa di grande. Queste pagine vi aiuteranno a comprenderlo una volta per tutte, e niente sarà più uguale a prima nella vostra esistenza. Robin Sharma, laureato in legge, è uno dei massimi esperti al mondo di leadership e successo personale, e ha aiutato milioni di persone a vivere e lavorare al meglio. È autore di nove grandi best seller internazionali, fra i quali ricordiamo Il monaco che vendette la sua Ferrari (pubblicato in 70 lingue), La tua grande occasione (Anteprima, 2007) e Una vita inimitabile (Anteprima, 2008), e si è classificato al secondo posto come grande guru della leadership in un sondaggio indipendente condotto da leadershipgurus.Net. È il fondatore della Sharma Leadership International Inc., società di formazione internazionale che aiuta le grandi organizzazioni a formare i leader. Fra i suoi clienti Fedex, Ge, Ibm, Microsoft, Nike e Yale University. Nel suo sito web, robinsharma.Com, potrete trovare blog, video e podcast che vi aiuteranno ad avere successo nel lavoro e nella vita. Robin Sharma Dal 18 Marzo In Libreria Edizioni Anteprima Pagine 224, euro 16,00.  
   
   
GIUSEPPE BRANCALE: OVVERO “L´ALTRA FACCIA DEL SUD” SOSTEGNO DELLE REGIONI BASILICATA E TOSCANA PER VALORIZZARE LO SCRITTORE CONVEGNO A CASCINA CON 200 STUDENTI E PUBBLICAZIONE DELL´OPERA OMNIA  
 
Firenze, 15 marzo 2010 - Alleanza fra Toscana e Basilicata per riscoprire Giuseppe Brancale (1925-1979) scrittore originario della provincia di Potenza che fin da giovane visse fra le due terre e la cui opera è adesso valorizzata, proprio con il contributo delle due Regioni insieme al Comune di Cascina e alla Provincia di Firenze, dalla casa editrice Polistampa. E´ in corso di pubblicazione, in quattro volumi, l´opera omnia di questo scrittore che venne la prima volta in Toscana, a Forte dei Marmi, in addestramento come marinaio e poi nella Firenze dell´immediato dopoguerra per cercare uno sbocco professionale stabilendosi in modo definitivo nel capoluogo toscano solo negli anni Settanta. Fu a lungo in contatto con Carlo Levi che ne incoraggiò l´opera e preparò tre quadri per la prima edizione del suo ´Echi nella valle´, appena rieditato da polistampa. E proprio sulla figura e sull´opera di Giuseppe Brancale, promosso da l “Centro Studi Umanistici” dell´Abbazia di San Savino, nei giorni scorsi si è svolto a Cascina (Pisa) un convegno (“L´altra faccia del Sud”) che ha coinvolto oltre duecento studenti “in un confronto appassionato – scrivono gli organizzatori - con la storia, la letteratura e la cultura di un Meridione che conquista faticosamente la sua rinascita civile, il suo Rinascimento”. Al centro della riflessione anche le lotte e le esperienze dei migranti, di ieri e di oggi, nonché le ricadute delle esperienze, urbanistiche e civili, della Toscana in un Sud da valorizzare senza perdere il rispetto per la sua più autentica e antica identità.  
   
   
“LUCANI: GUIDA AI MIGLIORI DIFETTI E ALLE PEGGIORI VIRTU’”  
 
Potenza, 15 marzo 2010 - E’ uscito per i tipi delle Edizioni Sonda il testo di Angela Langone “Lucani, Guida ai migliori difetti e alle peggiori virtù”. L’autrice, Angela Langone, è nata a Limbiate in provincia di Milano da genitori lucani, laureata in Lingue e letterature straniere moderne, lavora in una Casa editrice milanese. Da quando ha avuto l’uso della parola è stata sempre combattuta in merito alla scelta dei suoi accenti e della sua dizione, indecisa se conservare la pronuncia di origine o accogliere quella nordica. E’ la discendente, per sua convinzione, di un cadetto piemontese dell’esercito sabaudo giunto in Basilicata per combattere la rivolta ai tempi dell’Unità d’Italia e di una ragazza lucana “arruolata” dai briganti che si lasciano “incantare” dalla bellezza della terra lucana. E’ in tal modo che Angela Langone, il cui nome non appare sulla copertina del libro che fa parte della collana “Luoghi non comuni”, riesce a spiegarsi la sua personalità controversa continuamente in bilico tra legalità e ribellione. “Un lucano…è per sempre”: questo il messaggio fondamentale del libro impreziosito dalla descrizione che dei nativi ne fa Leonardo Sinisgalli allorché, tra l’altro, afferma che “lucano si nasce e si resta”. Nell’introduzione, a cura di Pietro Simonetti, presidente della Commissione regionale dei lucani all’estero, sottolineata l’importanza del ruolo dei lucani manifestatasi in termini attivi ovunque questi sono presenti con la piena affermazione in campo professionale, nelle attività culturali, nell’economia. L’autrice coniando e dando seguito alla frase “Basilicata, amore con pudore”, spiega le coordinate geografiche di una terra che, come una nobildonna, porta due nomi: Basilicata e Lucania e, come per tutte le donne, ci sono due modi di guardare: con gli occhi dell’innamorato che la vede in ogni dove, o come chi, da lontano, non la vede neppure. I casi, a parere di Angela Langone sono due: o sei lucano e per trent’anni la tua regione non ti sembra, in fondo, una gran cosa per poi passare quella soglia e farti conquistare per sempre, o sei italiano e, allora, la Basilicata è così lontana che te la sei dimenticata sul banco delle elementari. “Lucani, popolo di contadini, poeti e briganti”, dice Angela Langone che traccia un exursus storico del nome, dei suoi abitanti, delle sue bellezze e dei suoi tanti segreti. Una guida divertente, ma nel contempo accurata, scritta da chi ama profondamente la sua terra e utilizza anche un ampio e ironico repertorio fotografico per descrivere e far conoscere la Lucania che “nel cuore del Mezzogiorno sta come la Svizzera in Europa: bella, pulita e onesta”. Per l’autrice, la Basilicata “più che una regione, è una comunità”. La “lucanità” non ha confini geografici e chiarito il fatto che lucano non è solo un liquore, nel testo c’è una attenta disamina della storia e della preistoria “fatte in casa”, partendo dalle radici, senza sottovalutare il ruolo degli invasori nel corso dei secoli. Una regione che è anche la patria delle strategie per la sopravvivenza e che crede fermamente nei valori della famiglia, le cui donne sono permalose e fiere, mogli fedeli e pentite che hanno un concetto ben definito dell’altro sesso. Il lucano, più di ogni altro popolo, vive nell’ombra. “Dove arriva fa il nido” senza mettere in subbuglio il vicinato, il lucano è di poche parole e non ama raccontare nulla della vita trascorsa da esule. E’ difficile comprendere “dove abbia mai attinto tanta pazienza, tanta sopportazione e si meraviglierà sempre dell’allegria dei vicini, dell’esuberanza dei compagni, dell’eccitazione del prossimo”. Un popolo, senza illanguidirsi nei soliti luoghi comuni, abituato al dolore ed alla fatica, ma espressione di una terra “ricca” dei lucani di ogni giorno, di quelli, cioè, che vivono la propria quotidianeità nel loro luogo di nascita oppure sparsi per il mondo, e di quelli che Angela Langone chiama “Lucani come noi”, a partire da Orazio per finire ad Anna Bancroft, attrice protagonista di una pellicola che ha fatto storia.  
   
   
LIBRI D’ARTISTA DALLA COLLEZIONE CONSOLANDI. 1919 – 2009 A PALAZZO REALE | MILANO PER LA PRIMA VOLTA A PALAZZO REALE A MILANO UN MOSTRA DEDICATA AI LIBRI D’ARTISTA.  
 
Milano, 15 marzo 2010 - Apre dal 24 Marzo al 23 Maggio 2010 “Libri d’artista dalla collezione Consolandi. 1919–2009”, un’esposizione che presenta una selezione di volumi della preziosa collezione di libri d’artista che Paolo Consolandi ha costruito con pazienza e passione nel corso di una vita, a partire dagli anni Sessanta. Una raccolta rara, serbata gelosamente e poco conosciuta dal grande pubblico, che si sviluppa dalle avanguardie storiche fino ai nostri giorni. Piccoli gioielli considerati quasi membri della famiglia che mai fino ad ora erano stati presentati al pubblico in un nucleo così composito. Promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, e prodotta da Palazzo Reale in collaborazione con Acacia, Associazione Amici Arte Contemporanea Italiana, la mostra, curata da Giorgio Maffei e Angela Vettese, presenta oltre 130 libri d’artista, realizzati nell’arco di novant’anni. Un percorso che si sviluppa dal libro di Fernand Léger e Blaise Cendrars del 1919 a quello di Sophie Calle del 2007 e di Sabrina Mezzaqui, ultima acquisizione del 2009. “Portiamo in mostra volumi, unici o in tiratura limitata, che narrano non soltanto la storia del nostro Novecento con un punto di vista che spazia dalla scrittura all’immagine, dalla parola alla sua impaginazione creativa, ma rappresentano anche altro: la realizzazione di nuove forme e figure grafiche, di diversi materiali e contenuti”, spiega l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Massimiliano Finazzer Flory. Con la mostra “Libri d’artista dalla collezione Consolandi. 1919–2009”, il Comune di Milano dedica alla collezione Consolandi un primo importante omaggio scegliendo di esporne la parte più peculiare e insolita. Tra le sue varie articolazioni, infatti, la più singolare è il filone che segue le edizioni di libri d’artista, concepiti cioè come volumi unici o in tiratura limitata. Non si tratta, quindi, di opere in cui l’artista è chiamato ad agire in quanto illustratore, ma di testimonianze di creatività piena e autonoma. L’autore ne decide la forma, la dimensione, i materiali e il contenuto figurale o astratto, indipendentemente dalle necessità del mercato editoriale e in grande autonomia anche rispetto ai meccanismi del mondo dell’arte che condizionano pittura e scultura. Questa pratica ha una grande tradizione alle spalle, quella che parte dai codici miniati e arriva, all’inizio del Novecento, ai volumi dissacranti di collage surrealisti o a libri in cui l’artista ha declinato il suo stile in modo libero e pieno, con il solo vincolo della pagina, come nel caso di Joan Mirò e di Fernand Léger. Nella seconda metà del Novecento, il libro d’artista è stato il mezzo espressivo dove si è espressa la più avanzata attitudine sperimentale delle avanguardie concettuali. Molto spesso vi assume una particolare rilevanza l’aspetto materico, tale da rendere questi libri di aspetto simile ad un complesso assemblage. In altri casi l’artista riproduce disegni di suo pugno che nel complesso raccontano una vicenda (come per William Kentridge) o privilegia metodi formali quali la riproduzione di xerocopie volutamente standard (Alighiero Boetti e il suo “111”) o di pagine pubblicitarie fatte scegliere ad altri (Maurizio Cattelan e la rivista “Permanent Food”). La mostra si sviluppa con un percorso sostanzialmente cronologico. Straordinarie opere tra cui brillano Léger, Mirò, Picasso, Max Ernst e le più mature prove del Futurismo. Quindi la stagione dell’Astrattismo e dell’Informale dove le presenze si fanno più numerose: Fontana, che opera nel territorio di confine tra libro e multiplo e Munari che assesta il definitivo colpo alla tradizionale leggibilità del libro. O ancora Burri che incontra la scrittura di Villa e Novelli che battaglia con la propria. Appena qualche esempio per il dopoguerra europeo con Arman, Alechinsky e Tàpies e subito la collezione rivela la sua vera vocazione verso la sperimentazione dei linguaggi: Warhol, Ruscha, On Kawara, Agnetti, Richter, Lewitt, Boltanski, Beuys, Boetti, Paolini, Gilbert&george e l’intera compagine degli artisti concettuali, minimal, fluxus e poveristi che dominano la scena per quasi un ventennio. Disarticolata, inevitabilmente, la raccolta degli anni Ottanta, così come dispersa in diversi linguaggi è stata la corrispondente pittura internazionale. Fino alla sezione contemporanea con i capolavori di oggi - Mezzaqui, Cattelan, Kiki Smith, Dzama, Kentridge, Hirst e tanti altri - che svela il disegno collezionistico di Paolo Consolandi e la sua ostinata volontà di inseguire le generazioni più recenti. Un collezionismo parallelo a quello delle opere, una via complementare, un modo sottile e intimo per seguire il corso e le mutazioni dell´arte del Novecento. Il catalogo Charta, con testi di Giorgio Maffei e Angela Vettese, che accompagna l’esposizione, racconta la storia di una passione straordinaria.  
   
   
BOLZANO: SECONDA FASE DELL´AZIONE "AD ALTA VOCE - STILLE POST"  
 
Bolzano, 15 marzo 2010 - "Ad alta voce - Stille Post" è il progetto della Ripartizione provinciale Politiche sociali che coniuga letteratura e sociale. Dieci racconti, scritti da altrettanti scrittori altoatesini, che riguardano storie di quotidianità sociale verranno distribuiti gratuitamente. Ora inizia la seconda fase, con la diffusione dei racconti di Anne Marie Pircher e Manuel Maini. Da metà gennaio sono disponibili nelle biblioteche, nei municipi, nei distretti sociali e in altri luoghi pubblici i primi due racconti, "Letzte Ausfahrt" di Sepp Mall e "Viktor" di Fabio Marcotto, con una tiratura superiore alle 17mila copie. Un´iniziativa, quella della Ripartizione provinciale, che sta riscuotendo notevole successo. Il progetto, in collaborazione con Kvw e Alpha Beta, prevede la pubblicazione di dieci racconti brevi inediti di scrittori altoatesini, cinque in lingua italiana e cinque in lingua tedesca, che trattano diverse tematiche sociali: dalla vecchiaia alla malattia, dalla migrazione alla povertà, alla violenza. L´obiettivo primario di "Ad alta voce - Stille Post" è quello di sensibilizzare la popolazione sull´importanza di comunicare i temi e le questioni sociali valorizzandole, e non limitandosi ad allarmi scandalistici o appelli caritatevoli. L´azione di sensibilizzazione sulle tematiche sociali entra nella seconda fase, che vede la distribuzione gratuita di altri due racconti: "Schwarz und weiß" di Anne Marie Pirchern e "A little Poem" di Manuel Maini. La serie di racconti brevi viene pubblicata, con cadenza trimestrale, fino a gennaio 2011, e i testi saranno distribuiti gratuitamente in tutto l´Alto Adige. Le copertine sono state realizzate da persone diversamente abili dei laboratori protetti di Salorno e di Cardano. In giugno seguiranno "Riecht nach Orangen" di Helene Flöss e "Il divano" di Sandro Ottoni, in ottobre "Einen Sommer lang" di Birgit Unterholzner e "Giorni strani" di Paolo Valente, infine nel gennaio del 2011 "Persen" di Kurt Lanthaler e "Finestra dell’anima" di Brunamaria Dal Lago Veneri.  
   
   
DUE LIBRI DI DONNE STRAORDINARIE. A CA´ CORNER PRESENTAZIONE DI "ELENCA CORNARO PISCOPIA" DI B. E G. BORSETTO E "HO CHIUSO GLI OCCHI UN MOMENTO E IL MARE NON C´ERA PIU´" DI G. PRESTIGIACOMO  
 
Venezia, 15 marzo 2010 - Mercoledì 10 marzo presso la sala consiliare al pian terreno di Ca’ Corner si è svolta la presentazione pubblica del saggio “Elena Cornaro-piscopia” di Barbara e Giampaolo Borsetto, biografia della nobildonna veneziana del Seicento prima donna laureata al mondo e di “Ho chiuso gli occhi un momento e il mare non c’era più” di Gianluca Prestigiacomo. E’ intervenuta la presidente della Provincia di Venezia Francesca Zaccariotto e il questore di Venezia Fulvio Della Rocca. Ha coordinato il dibattito la giornalista Antonella Prigioni. «Con questa iniziativa, abbiamo voluto attribuire un significato culturale e non soltanto retorico all’annuale giornata della donna – ha spiegato la presidente della Provincia Francesca Zaccariotto. “Due straordinarie figure di donna, Elena Cornaro Piscopia e la protagonista del libro di Gianluca Prestigiacomo, sia pure lontane nel tempo, sono accomunate da un carattere comune: il coraggio della volontà”. “Elena Cornaro Piscopia” di Barbara e Giampaolo Borsetto è la storia della prima donna laureata al mondo, appartenente alla famiglia Corner, che viveva nel palazzo dove ora ha sede la Provincia ed era quindi in qualche maniera discendente di Caterina Cornaro, la regina di Cipro che donò nel Quattrocento il suo dominio a Venezia. Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, morta giovanissima a 38 anni (Venezia, 5 giugno 1646 – Padova, 26 luglio 1684) è ricordata appunto come la prima donna laureata al mondo essendosi laureata a Padova in filosofia nel 1678, all´età di 32 anni. Le era stato impedito, in quanto donna, di laurearsi in teologia, considerata facoltà più prestigiosa. Ecco alcune frasi pubblicate nel libro: “Massimiliano Deza, il suo primo biografo, osservò che ‘può dirsi che Elena era ornata di due perle: l´una d´essere stata dotta senza paragone, l´altro d´essere stata donna senza vanità’. Il documento redatto dall’autorità ecclesiastica ricorda che Elena era “ magistra et doctrix in philosophia tantum”. Al termine della cerimonia Elena ritornò in carrozza al suo palazzo”. “Ho chiuso gli occhi un momento e il mare non c´era più” dell’editrice veneziana “Supernova Edizioni” è invece un romanzo delle emozioni e dei pensieri che tratteggia la storia di una giovane donna impegnata a riemergere nella vita dopo una violenza subita all’età di 14 anni. Gianluca Prestigiacomo è scrittore, giornalista pubblicista. Vive a Venezia e lavora come poliziotto presso la Questura della città. Ha già pubblicato "47 racconti divertenti" e il romanzo "Il colore dell´anima". La casa editrice “Supernova Edizioni”, fondata nel 1988, propone sette collane: arte, musica, narrativa, poesia, saggi, teatro e Venezia.  
   
   
ZIO VANJA DI ANTON CECHOV AL TEATRO LITTA  
 
Milano, 15 marzo 2010 - “Cechov in quanto agli uomini non riuscì in alcun modo ad assumere un atteggiamento paterno nei loro riguardi, poiché scoprì di essere soggetto al pari di essi alla medesima dolorosa e ineluttabile condizione umana. Preferì quindi considerarli fratelli.” Leone Pacini Savoj, Anton Cechov e Maksim Gorʼkij, 1951 Raccontare questi Anni Zero C’è una casa nella nostra storia, Zio Vanja, un luogo che si è conquistato a fatica, al prezzo di sacrifici. E c’è un Professore che torna ad abitarla con la sua seconda, bella, giovane moglie. Nella casa abitano Vanja e la sua nipote Sonja insieme alla njanja che li ha cresciuti, Marina, e talvolta è loro ospite il dottor Astrov, un medico originale che pianta i boschi per chi verrà dopo di noi, per “coloro a cui noi oggi apriamo la strada”. I personaggi di questa storia – che recitiamo nella nostra attualità – impiegano il loro tempo a tentare di scoprire cosa li lega uno all’altro, e che posizione è sensato prendere nei confronti del tempo, di questa possibilità che ci scorre dalle mani – la nostra vita. È una storia che indaga il senso della vita. Vanja, Astrov, Sonja e Elena svolgono un processo di ricerca del proprio perché, una volta scoperta l’insensatezza del proprio percorso. Vanja in primis si rende conto di aver vissuto un’esistenza inutile. Nel farlo fino in fondo affrontano tutto: la politica (perché il nostro stesso stare al mondo è di per sé permettere o non permettere che qualcuno ci governi), i sentimenti (perché ciascuno di loro non vuole restare solo), il sacro. Alla fine ciascuno di loro avrà una risposta. Uno spettacolo che cerca di esplorare il vuoto e le distanze tra i personaggi descritti da Cechov, individui che si muovono in un mondo che ha perso sapore, che ha perso senso e colore, nel tentativo di mettere in scena il vuoto che affligge i nostri anni. La generale mancanza di senso è all’origine di uno spazio scenico astratto dove i personaggi interagiscono in una realtà svuotata e ridotta a sagome, una pallida illusione di verità. Il percorso di Vanja culmina in un gesto di rivolta che non cambierà lo stato delle cose ma dopo il quale neppure si potrà dire che tutto continuerà a scorrere come prima. Il nostro Zio Vanja è una preghiera che tenta di abbracciare il nostro passato, e ci spinge a parlare con gli uomini che verranno dopo di noi, e che non conosceremo, esattamente come ha fatto Anton Cechov rivolgendosi a noi – centodieci anni fa – scrivendo questa storia. Lo facciamo da qui, dalla fine di questi anni zero, oggi, da Milano.  
   
   
AL TEATRO FRANCO PARENTI MASCIA MUSY IN LOVE DI SUSANNA TAMARO  
 
Milano, 15 marzo 2010 - Mascia Musy, attrice pluripremiata (Premio Ubu 2008 e Olimpici del Teatro), interpreta Susanna Tamaro in una storia di infanzia tradita. E’ l’infanzia dei bambini rom, al centro di polemiche che non ci aiutano a capire la tragedia di un destino anomalo. Uno spettacolo al femminile che vede, accanto all’interpretazione di Mascia Musy (Premio Ubu 2008 e Olimpici del teatro), la regia e la drammaturgia di Emanuela Giordano. Mentre Susanna Tamaro firma il racconto da cui è tratto, ispirato in lei dagli occhi sconfinatamene tristi di una bambina rom che tanti anni fa vedeva chiedere l’elemosina a Ponte Sisto. Uno sguardo che la sua penna ha tradotto in una storia emblematica di bimba venduta come un pollo di batteria a una organizzazione di sfruttatori. Dove il dono inatteso di un amore di cui è sempre stata priva accende una prospettiva di speranza che si spezza contro i colpi di una vita ancora una volta matrigna. E che la regia ripropone ora dal palcoscenico coi tratti di una ballata epica, dedicata a un’infanzia dolorosa e anomala di una bambina rom, accompagnata dalle musiche originali per organetto eseguite dal vivo da Fiore Benigni.  
   
   
IL POPOLO NON HA IL PANE? DIAMOGLI LE BRIOCHE DI FILIPPO TIMI SUL PALCOSCENICO DEL FRANCO PARENTI  
 
Milano, 15 marzo 2010 - Il teatro secondo Filippo Timi, una rilettura dell’Amleto dove ogni gesto o parola diventa gioco e voce personale, provocazione intelligente, “helzapoppin” ad alta gradazione di divertimento. Spiazzante, comico, furibondo, folle e colorato. Di fronte alla tragedia hai due possibilità: soccombere o esplodere nel massimo della vitalità. Filippo Timi ha scelto la seconda trasformando la tragedia in commedia. Amleto mette in scena se stesso e la sua follia, esce dal personaggio, ride del potere, degli intrighi, della morte, denuncia le trappole del padre buono, della madre “puttana”, dello zio maiale e di un’Ofelia, bellissima e spiritosa, che saprà farsi innocente e furba, come i veri amori. L’impianto originario è rispettato, ma nella struttura si innescano continue digressioni, giochi teatrali, improvvisazioni. E’ un fiume in piena questo Amleto con riferimenti a Marylin o alla Barbie e al suo sorriso imperturbabile, a Petrolini, a Carmelo Bene, mixando Piaf, Belafonte, Beethoven , Battisti, i valzer di Strass e un “Nothing compares 2 U” da brividi. Tutti pazzi per Filippo Timi: gli intellettuali più snob, i registi più esigenti, il pubblico più popolare.  
   
   
AL TEATRO CARCANO IL BALLETTO DI MILANO PRESENTA ROMEO E GIULIETTA  
 
Milano, 15 marzo 2010 - La messa in scena di un classico pone sempre l’autore (regista, coreografo, sceneggiatore) di fronte all’arduo dilemma se riproporre il soggetto seguendo fedelmente l’originale o se reinterpretarlo. Nel primo caso egli asseconda l’aspettativa del vasto pubblico, ma rischia l’appiattimento della mera esposizione; nel secondo può azzardare una forma critica, offrendo la sua personale interpretazione con il pericolo di deludere quella tipologia di pubblico interessata a una scontata storia originale ma non ad un’opinione su di essa. Nella creazione degli spettacoli Giorgio Madia ha sempre dato spazio alla fantasia sottraendosi a formule teatrali definite; tuttavia in Romeo e Giulietta ha subito il fascino dell’opera originale, testo e rappresentazione scenica. Ha cercato quindi una terza via. Il linguaggio della danza, come diceva Béjart, non deve esprimere concetti molto complicati, ma solo i più semplici: vita, morte, guerra, amore, tristezza, gioia. Il dramma di Romeo e Giulietta, come nell’immaginario collettivo, è quindi l’archetipo, l’icona, dell’amore perfetto anche se (o proprio perché) in contrasto con la società e con il mondo. Quindi la chiave della sua interpretazione ha richiesto, seppur nella tradizione del testo, la ricomposizione temporale degli eventi: una storia che parte dal culmine del dramma e si snoda con lo scopo di enfatizzare l’icona. I contrasti di vita e morte, amore e guerra, giorno e notte sono evocati dai colori bianco e nero in uno scenario che, secondo la semplicità del teatro elisabettiano, rinuncia a pesanti strutture scenografiche e si avvale di pochi interpreti nei diversi ruoli. L’ouverture-fantasie Romeo e Giulietta, composta da Ciaikovskij nel 1869 e successivamente rielaborata, è il punto di partenza e fulcro musicale del balletto. Tra gli altri brani del repertorio del celeberrimo compositore russo scelti dal coordinatore musicale Michele Rovetta figurano le musiche di scena per La fanciulla della neve di Ostrovskij op. 12, le musiche di scena per Amleto op. 67, brani dalla Terza sinfonia op. 29 e dalla Suite n. 1 per orchestra op. 43.  
   
   
GREASE ALL’ALLIANZ TEATRO: ROCK ’N’ ROLL, AMORI E BRILLANTINA IN UN MUSICAL TUTTO DA BALLARE E CANTARE  
 
Milano, 15 marzo 2010 - Grease, il musical dei record, dopo aver conquistato oltre 1.300.000 spettatori in tutta Italia in più di 1.000 repliche, a 13 anni dal debutto si conferma ancora un fenomeno senza precedenti e torna all’Allianz Teatro dal 16 al 28 marzo. Un collage di immagini colorate ed esplosive direttamente dall’America degli anni ’50, giubbotti di pelle, gonne a ruota, l’immancabile ciuffo alla Elvis con la brillantina e un gruppo di preparatissimi interpreti giovani e scatenati: sono questi gli ingredienti del suo inarrestabile successo. Grease nasce nel 1971, quando Jim Jacobs e Warren Casey decidono di realizzare un musical composto solo per chitarra in un teatro sperimentale di Chicago; lo chiamano “Grease” per evocare i capelli imbrillantinati, hamburgers, patatine fritte e favolose automobili fuoriserie sporche e infangate: un successo diventato un “classico” in tutto il mondo, che ha visto anche la consacrazione teatrale di grandi attori come John Travolta (interprete di un ruolo minore, prima di indossare il giubbotto di Danny Zuko nel celebre film) e Richard Gere. La colonna sonora di Grease è rimasta per settimane al primo posto delle classifiche in molti paesi. In Gran Bretagna "You´re The One That I Want" e "Summer Nights" sono arrivate entrambe in vetta alle classifiche e vi sono restate per anni. La canzone "Hopelessly Devoted to You", cantata nella versione cinematografica da Olivia Newton-john, ha ricevuto anche una nomination al premio Oscar per la migliore canzone originale nel 1979. Il musical arriva in Italia nel 1997, con la prima fortunata edizione: protagonista, nel ruolo di Sandy, Lorella Cuccarini. In poco tempo Grease si afferma come il primo long running show della storia dello spettacolo in Italia e ottiene dal pubblico un consenso senza precedenti: sold out nei teatri di tutta Italia, ha alternato sul palco, dal suo debutto a oggi, più di 100 artisti. La storia d’amore tra Danny (Mirko Ranù) e Sandy (Serena Carradori), i sogni dei T-birds e delle Pink Ladies e, soprattutto, tanto rock ’n’ roll fanno sì che Grease sia diventato sinonimo di energia pura e divertimento da non perdere. In occasione delle date milanesi, Grease regala a tutti gli studenti la possibilità di vivere la frizzante atmosfera del liceo di Rydell: a partire da mezz’ora prima dell’inizio di ciascuno spettacolo, infatti, i più giovani potranno acquistare i biglietti ancora disponibili al botteghino del teatro al prezzo speciale di 15 € in tutti i settori, presentando il tesserino scolastico o il libretto universitario.  
   
   
AL TEATRO GRASSI, DAL 27 MARZO AL 18 APRILE, IL TESTO DELL’AUTORE FRANCESE JEAN-LUC LAGARCE SECONDO LUCA RONCONI TORNA IN SCENA “GIUSTO LA FINE DEL MONDO” STORIA DI UN’ASSENZA E DI UN ADDIO IMPOSSIBILE  
 
Milano, 15 marzo 2010 - E dopo Milano in tournée a Torino, Genova e Firenze. Torna, a un anno esatto dal debutto in prima nazionale (avvenuto il 28 marzo 2009), questa volta al Teatro Grassi di via Rovello, Giusto la fine del mondo di Jean-luc Lagarce, regia di Luca Ronconi, secondo ‘atto’ del Progetto Lagarce, prodotto dal Piccolo Teatro per la scorsa stagione (il primo ‘atto’ era rappresentato da I pretendenti, con la regia di Carmelo Rifici). Dopo il mese di repliche milanesi, dal 27 marzo al 18 aprile, lo spettacolo partirà per una tournée italiana, che toccherà, tra aprile e maggio, Torino, Genova e Firenze. Jean-luc Lagarce, morto di Aids nel 1995 a 38 anni, è l’autore teatrale contemporaneo più rappresentato e al quale sono dedicati ovunque convegni, pubblicazioni, tesi di laurea. I suoi testi sono tradotti in una dozzina di lingue e sono sempre più rappresentati anche all’estero, dal Brasile al Cile e all’Argentina, dalla Spagna alla Germania e alla Lituania. Lagarce ebbe l’idea di Giusto la fine del mondo prima di sapere d’essere sieropositivo. Poi la sua storia personale si incrociò con quella della finzione drammaturgica. Luca Ronconi mette in risalto la bellezza di un testo scritto quasi fosse un pezzo musicale. Lo spettacolo racconta con estrema delicatezza e discrezione la storia di Louis, che va a trovare la sua famiglia dopo una lunga assenza interrotta di tanto in tanto da brevi messaggi scritti su cartoline illustrate. Torna perché sa di morire di lì a poco. E vuole essere lui a raccontare, a “dire” la sua morte, ma partirà senza essere riuscito a farlo. “Giusto la fine del mondo è, prima di ogni altra cosa”, spiega Ronconi, “un testo che pretende l’ascolto. Portata in palcoscenico, la commedia mantiene tutte le sue promesse ma esige di non essere tradita. Il linguaggio di Lagarce chiede di essere rispettato in tutte le sue difficoltà, asperità, ambiguità. Ciò che è commovente, nella commedia, è lo scarto che si crea tra il pensiero profondo che ciascun personaggio alimenta dentro di sé e le difficoltà che incontra nel verbalizzarlo. Si può scegliere di tacere e isolarsi - come Louis, che si rifugia nel silenzio - oppure di alimentare una volontà inarrestabile di comunicare il cui inevitabile esito sarà rimanere impigliati nei passaggi che separano immagine, pensiero ed eloquio”. Giusto la fine del mondo è collegato, anche quest’anno, alla rassegna “Face-à-face, Parole di Francia per scene d’Italia”. Il testo dello spettacolo è pubblicato da Ubulibri nel volume Jean-luc Lagarce. Teatro I, a cura di Franco Quadri, che comprende anche I pretendenti, Ultimi rimorsi prima dell’oblio, Noi, gli eroi.  
   
   
IL POETA VOLANTE: IL VOLO DI LAURO DE BOSIS SU ROMA SCRITTO E DIRETTO DA ANGELO RUTA CON PIETRO PIGNATELLI AL TEATRO BELLINI – NAPOLI  
 
Milano, 15 marzo 2010 - La sera del 3 ottobre 1931 il poeta Lauro De Bosis, a bordo di un piccolo aereo, vola su Roma per lanciare 400mila volantini antifascisti, pur sapendo di andare incontro a morte sicura. È la conclusione di una lotta clandestina combattuta solo a colpi di penna, negli anni in cui vengono promulgate le leggi contro la libertà di espressione e di stampa, e costrette al silenzio le voci che si oppongono al regime. Questo lo spunto per raccontare De Bosis sulla scena, in un crescendo che parte dai giorni nostri e va a ritroso fino a quella sera del ’31. Un appassionato monologo che alterna guizzi stralunati - a tratti anche comici - e momenti di cupo smarrimento. De Bosis è un antieroe, uno che per esprimere il suo dissenso scrive di Icaro e di Antigone piuttosto che impugnare un’arma. Proprio per questo ci colpisce. Col suo volo si entra nel cuore di una storia che esprime una umanissima pietà e il cui significato più profondo sta nella sua cifra etica. “Il poeta volante” è quindi un monologo a più voci, affidate al trasformismo di un attore solo. Nella messinscena, il linguaggio teatrale è contaminato dalla musica e dai video, cui è affidato il compito di scandire i salti temporali e accompagnare la storia nei vari momenti. Antifascista fin dalla marcia su Roma, Lauro De Bosis comincia a esprimere la sua critica alla politica mussoliniana dopo l’omicidio di Giacomo Matteotti, ucciso per aver denunciato i brogli e le violenze con cui erano state condotte le elezioni del 1924. Negli anni immediatamente successivi, quando in Italia vengono promulgate le leggi che portano alla chiusura dei giornali non allineati e allo scioglimento di tutti i partiti dell’opposizione, Lauro si trasferisce negli Stati Uniti. Nel 1926, a soli 25 anni, insegna all’Università di Harvard Lingua e Letteratura Italiana e si dedica alla traduzione di opere anglosassoni e classici greci. Nel 1927 compone il poema Icaro, che rimane la sua unica opera. Rientrato in Italia nel 1930, De Bosis inizia la sua propaganda clandestina, stampando e diffondendo volantini con l’intento di scuotere le coscienze degli italiani. Ma la sua attività è presto scoperta, i suoi collaboratori arrestati e lui costretto a rifugiarsi in Francia. Nell’ambiente dei fuoriusciti trova sostegno e fondi per un’impresa eclatante: sorvolare la città di Roma per lanciare volantini contro il regime, con lo stesso spirito che aveva animato Bassanesi e Dolci nel loro volo su Milano, poco tempo prima. Dopo i primi due tentativi, falliti, l’aereo di Lauro decolla il 3 ottobre 1931 dall’aeroporto di Marignane verso Roma. L’impresa riesce ma il velivolo, a corto di carburante, sulla via del ritorno sprofonda nel Tirreno. Il 5 ottobre un plico spedito da De Bosis alla vigilia del volo arriva alla redazione del quotidiano Le Soir di Bruxelles: contiene il manoscritto del suo testamento morale. La sua pubblicazione ha una certa eco, nei giorni successivi, in Europa e nel mondo, tanto che il londinese Times commenta: “Finché ci saranno uomini come Lauro De Bosis il riscatto della civiltà è assicurato”.  
   
   
L’ULTIMO SPETTACOLO DI TEATRIDITHALIA NELLA STORICA SEDE DEL TEATRO DELL’ELFO DI VIA MENOTTI UOMINI AL BUIO LIBERAMENTE ISPIRATO ALL´ULISSE DI JAMES JOYCE  
 
Milano, 15 marzo 2010 - Il regista palermitano Claudio Collovà torna all’Elfo con una nuova creazione, nata grazie al supporto produttivo di Teatridithalia: Uomini al buio - Ulyssage # 6, debuttato al Teatro Biondo il 10 febbraio, chiude la stagione della sala di via Ciro Menotti. Su questo stesso palcoscenico nelle passate stagioni avevamo già apprezzato altre sue creazioni, molto diverse per le fonti da cui partivano ma tutte ugualmente intense: Le buttane, tratto dai racconti di Aurelio Grimaldi (1999), Fratelli dal romanzo di Carmelo Samonà (2000) e La terra desolata dal poema di Thomas S. Eliot (2003). Artista dotato di una “forte tensione figurativa”, attento a unire parole e codici della scena, Collovà indaga con questo Uomini al buio un altro caposaldo della letteratura anglosassone, il romanzo di Joyce che ha rivoluzionato la cultura del Novecento. Preceduto da uno studio preparatorio, andato in scena con una sola replica lo scorso marzo, lo spettacolo è dedicato al capitolo Vi del romanzo, integrato da frammenti di testo provenienti anche da altri episodi. Il regista accoglie e rielabora nel suo spettacolo le corrispondenze di cui l’opera si nutre, a partire dalla struttura che ricalca l’Odissea omerica, sia per quanto riguarda i personaggi che l’andamento dei capitoli: un’epopea eroicomica in cui le peregrinazioni di Ulisse in mari e terre lontani divengono i movimenti di Mr. Bloom per le strade e nei bar di Dublino dalle otto del mattino alle ore piccole di un’unica giornata. Note di regia: Ho iniziato con molta emozione questo viaggio intorno all’Ulisse di Joyce, uno dei romanzi più affascinanti e carichi che siano mai stati scritti. Sono partito del tutto arbitrariamente dal Vi episodio, Ade\il cimitero, lavorando sulla materia sepolcrale del testo, assorbendone gli infiniti rimandi e plasmandoli in assoluta autonomia. Ho lasciato che dentro di me si facesse il silenzio necessario per assorbire i mutamenti profondi delle atmosfere, dei linguaggi usati da Joyce e della sua scrittura erroneamente ritenuta astrusa. La scrittura è magica, e allo stesso tempo concreta. Uomini al buio ripercorre il tema ancestrale della discesa agli inferi di due uomini, che visitano un cimitero. Un numero infinito di morti, conficcati nella terra brulla del Novecento. Chi sono questi due uomini? Stephen Dedalus e Leopold Bloom, i due protagonisti maschili della Sacra Famiglia joyciana, che con Molly Bloom completano la triade. Bloom compie il suo viaggio in uno stato di cecità spirituale, prima ancora che fisica. In questo brancolare disperato di un padre che cerca un figlio e di un figlio che cerca un padre, le due figure si moltiplicano agli occhi dello spettatore e, attraverso quella materia duttile e carica che è l’opera di Joyce, trovano una esistenza che li rende affini. ‘Una storiella di una giornata.’ nella definizione di Joyce. Joyce mi ha portato infinite suggestioni: sotto i miei occhi, queste due figure sono diventate ora i becchini di Amleto, figura assimilabile a Dedalus per azioni e destino, ora piccoli pensatori che discutono di putrefazione e sorvolano il mondo abbracciati in un unico battito d’ali. Esiliati da casa, che entrambi lasciano alle otto di mattina e senza chiave, praticamente sfrattati, in questo mio lavoro finiscono con l’incontrarsi al cimitero. Accompagnati nella loro peregrinazione da un Angelo presto seppellito e dimenticato. Al capezzale di un Angelo, così come Bloom è al capezzale di Molly, una morta in vita, almeno nel suo cuore. Dal suo punto di vista colmo di rimpianto e di fuga. Nel mio lavoro dedicato al Vi episodio, emergono tracce di altri due episodi, il Iv Calypso\la colazione, in cui si discute brevemente di metempsicosi, e il I Telemaco\la torre in cui attraverso il dialogo tra Dedalus e Buck Mulligan, l’Antinoo omerico, anche qui falso amico e usurpatore, si fa chiara la sua ossessione e senso di colpa nei confronti della madre morta. Il suo rifuto dell’educazione gesuitica che lo porta a non inginocchiarsi al capezzale della madre moribonda, gli viene rimproverato con parole di sublime durezza dal gesuita fondamentalista responsabile della sua educazione in Ritratto di artista da giovane, libro che precede l’Ulisse e che con la sua chiusura ne dà l’avvio.  
   
   
TEATRO RAGAZZI, 150.000 EURO PER SEGNALI 2010 LA VENTUNESIMA EDIZIONE DAL 12 AL 15 MAGGIO A PAVIA-VIGEVANO  
 
Milano, 15 marzo 2010 - E´ di 150.000 euro lo stanziamento deliberato dalla Giunta regionale, su proposta dell´assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, Massimo Zanello, a favore del Consorzio Art´inscena, per la realizzazione del festival "Segnali 2010", che si terrà in alcuni teatri di Pavia e Vigevano. Promosso dall´assessorato alle Culture in collaborazione con il Consorzio Art´inscena (Teatro del Buratto-elsinor), la Provincia e il Comune di Pavia, la Fondazione Teatro Fraschini di Pavia, il teatro Cagnoni e l´Istituzione Cultura-città di Vigevano, il festival giunge quest´anno alla ventunesima edizione. "Questa rassegna - ha ricordato l´assessore Zanello - nasce su impulso della Regione Lombardia come vetrina per promuovere la produzione teatrale rivolta ai ragazzi. Negli anni, Segnali è riuscita a dare grande visibilità a diverse compagnie teatrali, ritagliandosi uno spazio importante nel panorama teatrale nazionale". Una vetrina delle produzioni teatrali lombarde rivolta quindi ad un pubblico giovane, che coinvolge anche gli istituti scolastici del territorio, aperta anche a produzioni nazionali ed internazionali ed affiancata da momenti di riflessione e formazione con operatori di settore. A partire dall´edizione 2008 Segnali si è arricchita anche della presenza delle compagnie che partecipano al progetto regionale ´Next - Laboratorio delle idee´, la ´borsa´ che sostiene la produzione teatrale e presenta i progetti in anteprima, attraverso brevi trailer, facendo incontrare gli addetti ai lavori, gli operatori culturali e le scuole di teatro. "Anche nella nuova edizione - ha concluso Zanello - accanto alla proposta tradizionale di alcuni titoli selezionati dalla direzione artistica di Segnali, ci saranno le perfomance teatrali delle compagnie che partecipano a Next, un connubio importante per valorizzare il teatro e le nuove produzioni".  
   
   
ECHI, PROGETTO PER VALORIZZARE COMUNITA´ ALPINE  
 
Milano, 15 marzo 2010 - Una banca dati condivisa fra le diverse comunità alpine che racchiuda un patrimonio etnografico di dati consultabile in diverse lingue. E´ quanto prevede uno dei punti cardine del progetto "E.ch.i - Etnografie italo - svizzere per la valorizzazione del patrimonio immateriale", finanziato dall´Unione Europea. A favore di questo progetto, di cui la Lombardia è l´ente capofila, la Giunta Regionale su proposta dell´assessore alle Culture, Identità e Autonomie, Massimo Zanello, ha stanziato 60.000 euro destinandoli al Consiglio Nazionale delle Ricerche - I.t.c. Di Milano, organo incaricato di realizzare la banca dati del patrimonio etnografico dei diversi partner aderenti al progetto (Regione Lombardia, Regione Piemonte, Valle d´Aosta, Cantone Vallese, Cantone Ticino, Cantone Grigioni e Sud Tirolo). Altri 16.500 euro andranno a favore dell´Associazione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (Aspaci), incaricata dalla Regione di definire, secondo criteri e linee guida coerenti con la prospettiva indicata dall´Unesco per la salvaguardia del patrimonio immateriale, un Registro delle eredità immateriali del patrimonio transfrontaliero. Con queste prime due azioni parte quindi ufficialmente il progetto E.ch.i., dedicato alla valorizzazione delle comunità alpine attraverso la riscoperta di parole, racconti, leggende, canti, credenze e saperi che compongono l´eredità immateriale delle diverse popolazioni accomunate dalla parola ´alpinità´. "La Lombardia - ha l´assessore Zanello - già nel 2008, con la legge n. 27, sulla valorizzazione del patrimonio culturale immateriale, ha dato un forte contributo alla tutela dei beni immateriali, ´beni viventi´ che si manifestano attraverso le tradizioni orali, le lingue, le pratiche sociali, gli eventi festivi e rituali che, trasmessi attraverso le generazioni, contribuiscono alla costruzione delle identità dei popoli".  
   
   
GLI ARAZZI DEI GONZAGA NEL RINASCIMENTO: DA MANTEGNA A RAFFAELLO E GIULIO ROMANO A MANTOVA, PALAZZO TE  
 
Milano, 15 marzo 2010 - “Si ritirorno tutti insieme in alcune camere tappezzate di finissimi et bellissimi drappi d’oro, d’argento et di seta di più colori, maestrevolmente contesti, ne i quali tanti diversi animali, alberi, frutti et fiori al vero conformi dentro vi si scorgeano, che’l gran Parasio et l’ingegnoso Fidia, l’uno in tela et l’altro in marmo a gran pena gli havrebbe potuti più alla maestra natura verisimili dimostrare.” Ecco come descrive la residenza episcopale del cardinale Ercole Gonzaga a Mantova un testimone delle nozze, avvenute nell’ottobre del 1549, tra Francesco Iii, figlio del duca Federico Ii, e Caterina d’Austria. Fin dall’antichità i tessuti preziosi sono stati la componente ornamentale mobile prediletta di re e nobili di tutta Europa e dalla metà del Trecento gli arazzi ne hanno rappresentato la parte primaria. Quei tessuti di dimensioni gigantesche, veri e propri affreschi mobili, facili da trasportare da una residenza all’altra, da appendere e staccare, non si limitavano alla funzione di difendere dal freddo e dalle intemperie ma dovevano anche costituire uno sfondo variopinto e conforme ai desideri dei committenti e ne manifestavano la ricchezza e il prestigio. La maggior parte degli arazzi delle antiche collezioni era realizzata da artisti fiamminghi e proponeva scene campestri che offrivano durante le stagioni più rigide la possibilità di usufruire di una specie di “giardino d’inverno”. Ma ne esistevano anche altri con intessute storie complesse e considerate sia dei modelli, che dei suggerimenti autocelebrativi dei loro proprietari: per un cardinale venivano ad esempio commissionate storie di eroi biblici, come Davide o Saul o Mosé, o di personaggi cristiani dagli Atti degli apostoli, oppure per un uomo d’armi storie profane, come quelle di Enea o di Alessandro o le Fatiche di Ercole. L’affascinante mostra primaverile Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento. Da Mantegna a Raffaello e Giulio Romano, fortemente voluta dal Comitato Scientifico del Centro di Palazzo Te presieduto da Salvatore Settis, posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e di S.m. Alberto Ii Re del Belgio, patrocinata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Regione Lombardia Assessorato alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia, promossa e organizzata dal Comune di Mantova, dal Centro Internazionale d’Arte e Cultura di Palazzo Te, dal Museo Civico di Palazzo Te, dal Museo Diocesano Francesco Gonzaga, Museo di Palazzo Ducale – Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le Provincie di Mantova Brescia e Cremona e dall’Archivio di Stato di Mantova, sostenuta da Provincia di Mantova e Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Mantova, con il contributo di Fondazione Monte dei Paschi di Siena e Fondazione Banca Agricola Mantovana, e curata da Guy Delmarcel, tra i massimi esperti europei del settore, in collaborazione con Nello Forti Grazzini, Stefano L’occaso e Lucia Meoni, presenta una selezione - trentaquattro opere - degli arazzi più belli appartenuti ai Gonzaga e realizzati durante il Rinascimento unitamente ad alcune testimonianze documentarie. I signori di Mantova acquistarono infatti degli arazzi fin dal Quattrocento, seguendo in questo l’esempio delle altre grandi famiglie italiane, come gli Estensi a Ferrara o i Farnese a Parma. Ma fu soprattutto nel Cinquecento che gli acquisti di arazzi conobbero un forte incremento per via dell’interesse nutrito verso l’arte fiamminga. A quell’epoca i Paesi Bassi meridionali erano i maggiori produttori di arazzi, con Bruxelles come epicentro e con Anversa come principale centro di vendita grazie al porto più grande del Nord Europa, sede di un mercato apposito, il cosidetto “tapissierspand” dove, a partire dal 1554, molti maestri arazzieri e commercianti potevano prendere botteghe in affitto. I clienti stranieri potevano acquistarvi delle serie già pronte, oppure commissionarne di particolari, da tessere sulla base di cartoni da essi stessi procurati. La predominanza fiamminga dei manufatti era dovuta alla superiorità progettuale e tecnica e alla organizzazione dell’“industria artistica” di Bruxelles. La maggior parte dei tessitori rimangono senza nome, anche se i loro prodotti sono contraddistinti dai marchi di bottega, obbligatori a Bruxelles dopo il 1528. A quell’epoca infatti quasi un terzo dei cittadini di Bruxelles era impiegato nella produzione di arazzi. Esistono numerose lettere scambiate tra il cardinale Ercole e suo fratello Ferrante e i loro agenti inviati al Nord, che ci rendono l’immagine viva di intense trattative commerciali. Gli arazzi in nostro possesso risalgono tutti all’“epoca aurea” di quella produzione fiamminga. D’altra parte va aggiunto che arazzieri fiamminghi erano in attività anche in Italia. Federico Ii, per esempio, assunse nell’ottobre del 1539 il tessitore oriundo di Bruxelles Nicolas Karcher, attivo presso la corte ferrarese all’incirca fin dal 1517. Karcher lavorò al suo servizio, quindi a quello del cardinale Ercole fino all’ottobre del 1545, quando si trasferì a Firenze ivi chiamato dai Medici. Tornò a Mantova alla fine del 1553, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1562. Alcuni suoi arazzi realizzati a Mantova sono presentati in questa mostra. I Gonzaga si rivolsero talvolta anche ad altre manifatture, come per esempio all’arazzeria medicea di Firenze, per un arazzo con Giasone, e a una bottega parigina per una serie di arazzi dal soggetto religioso e destinata al duomo di Mantova. Lo studio sistematico della collezione di arazzi gonzagheschi è cominciato nel 1977. I Musei Reali di Arte e Storia di Bruxelles acquisiscono un grande arazzo, che rappresenta un corteo trionfale all’antica recante l’iscrizione Fructus Belli. Guy Delmarcel, storico dell’arte e curatore del museo, ne ricostruisce la pertinenza alle collezioni di Ferrante Gonzaga e scopre poi il resto del ciclo in Inghilterra e in Francia. Altrettanto significativa è la scoperta, ad opera di esperti del Museo del Louvre, di cartoni serviti ai tappezzieri di Bruxelles per la tessitura delle opere del succitato ciclo. Gli studiosi del Louvre contattano Clifford Brown, professore a Ottawa e specialista di temi gonzagheschi. Per molti anni Brown studia i documenti relativi agli arazzi, riuscendo così a individuare vari arazzi ancora esistenti, riscoperti da Delmarcel, alcuni con lo stemma Gonzaga come la già citata serie dei Fructus Belli e i Giochi di Putti conservati a Lisbona. Questa ricerca culmina in una monografia pubblicata dalla College Art Association of America nel 1996, punto di partenza per l’allestimento della mostra di Palazzo Te. Tradotto in italiano dal Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, il testo confluirà in un volume edito da Skira, completato da successive e interessanti scoperte effettuate da Nello Forti Grazzini, Stefano L’occaso e Lucia Meoni. Skira pubblicherà inoltre una Guida alla mostra con, oltre alle opere esposte a Palazzo Te e al Museo Diocesano, il ciclo Gli Atti degli Apostoli collocato a Mantova a Palazzo Ducale. A Mantova sono attualmente presenti diciotto arazzi commissionati dai Gonzaga: i nove arazzi degli Atti degli Apostoli, copie della serie della Cappella Sistina eseguiti su cartoni di Raffaello, acquistati dal cardinale Ercole Gonzaga e poi donati alla basilica palatina di Santa Barbara, oggi custoditi presso il Palazzo Ducale; i tre Millefiori di Isabella d’Este e sei episodi della Vita di Cristo, donati dal vescovo Francesco Gonzaga nel 1598, oggi nel Museo Diocesano. Ma la maggior parte della collezione, composta da cinquantadue pezzi, è sparsa in altre località italiane (Milano, Monselice, Trissino e Palermo) e estere (Francia, Belgio, Inghilterra, Germania, Portogallo e Stati Uniti d’America). La mostra, allestita da Roberto Soggia con Coprat nelle sale dell’Ala Napoleonica di Palazzo Te e nell’ambiente delle Fruttiere, presenta trentaquattro arazzi tra cui segnaliamo alcuni eccezionali capolavori: la famosa Annunciazione di Chicago (1470-71 circa), il più antico arazzo di gusto rinascimentale sopravvisuto, che rievoca la Camera degli Sposi di Andrea Mantegna a Palazzo Ducale, tessuto per Ludivico Ii e utilizzato come ornamento del pulpito della Cattedrale di Mantova; un arazzo del ciclo Millefiori, dal Palazzo Vescovile di Mantova, restaurato in occasione di questa esposizione; alcuni esemplari di serie differenti Giochi di Putti: un ciclo completo della Fondazione Progetto Marzotto di Trissino, un arazzo conservato presso la Galleria Raffale Verolino di Modena accompagnato da un disegno preparatorio di Giulio Romano e bottega proveniente dagli Uffizi, e un esemplare oggi al Gulbenkian Museum di Lisbona; tre arazzi della celebre serie Fructus Belli, provenienti da Bruxelles e Ecouen; otto arazzi con la Vita di Mosé, di cui quattro provenienti dal Centre des Monuments Nationaux di Châteaudun in Francia, e quattro dal Museo del Duomo di Milano; il magnifico arazzo della Storia di Giasone, con le armi di Alfonso I Gonzaga di Novellara, datato 1554 e acquisito nel 2003 dal Comune di Novellara, tessuto a Firenze nella Arazzeria Medicea, fondata dai fiamminghi Rost e Karcher che testimonia come anche i rami cadetti delle famiglie nobiliari s’interessavano a questa arte di corte; una serie, quasi sconosciuta, di quattro arazzi del ciclo Cefalo e Procri restaurati per la mostra e provenienti dai Musei Vaticani e da Ecouen; Incontro di Enea e Didone dalle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco e Venere appare ad Enea dal Patrimonio Nacional (Madrid); quattro splendidi esemplari dalla Vita di Alessandro Magno (1600 circa) da Monselice (Padova). Il corpus principale di questi esemplari é stato collezionato dai tre fratelli Gonzaga, a parte L’annunziazione, commissionata da Ludovico Ii, e la serie di Alessandro da Vincenzo I. L’unico esemplare che non fa parte della collezione Gonzaga è La pesca miracolosa da Raffaello e bottega, il cui cartone originale è stato eseguito dal maestro tra il 1514 e il 1516, mentre l’arazzo, insieme agli altri nove della serie, è stato tessuto nella Bottega di Pieter van Aelst di Bruxelles tra il 1516 e il 1519/21.  
   
   
UNA MOSTRA DI ALDO BRESSANUTTI E UN VIDEO-DOCUMENTARIO DI RINO TAGLIAPIETRA PER RICORDARE L’ISTRIA ALL’UNIONE DEGLI ISTRIANI DI TRIESTE  
 
Trieste, 15 marzo 2010 - Oggi alle ore 16.30 nella Sala G. Chersi dell’Unione degli Istriani (via S. Pellico 2) avrà luogo l’inaugurazione della rassegna “Terra d’Istria”, recentemente esposta a palazzo Modello a Fiume, che sarà introdotta dall’architetto Marianna Accerboni nel corso di un incontro, organizzato dalla Fameia Piranesa presieduta da Franco Viezzoli e aderente all’Unione stessa. Seguirà la proiezione del documentario audiovisivo intitolato “Conoscere l’Istria - Gimino (paese al centro della penisola istriana)”, il quale proporrà un’ampia sequenza di fascinose immagini realizzate dal fotografo piranese Rino Tagliapietra e sarà replicato alle ore 18.00. In mostra è esposta una quarantina di lavori su carta, scelti tra le centinaia di opere eseguite da Bressanutti per il libro “Terra d’Istria. Viaggio pittorico attraverso i paesaggi della penisola istriana” (Casa editrice Lint, 1987), che riporta testi di Luciano Lago con la collaborazione di Rinaldo Derossi e Claudio Rossit. Voce solista del panorama artistico triestino e regionale – scrive Accerboni - Bressanutti è capace di coniugare l’indagine del reale con il sogno introverso e metafisico, eppure solare, e la tenerezza del ricordo, celata dietro cenni ludici e ironici. Ogni sua opera è infatti venata di un’ironia più o meno accentuata, che accompagna soprattutto la produzione surreale dell’artista, mentre, nel ritrarre la realtà, il pennello si tinge sovente di una sfumatura poetica. Con un segno incisivo d’inclinazione narrativa, Bressanutti, classe 1923, insignito lo scorso anno del sigillo del Comune di Monfalcone - prosegue il critico - ci consegna un’immagine fedele, analitica e poetica del fascino e della storia dell’Istria, sospesa, con i suoi scorci antichi e le reminescenze venete, tra il cielo, le colline e il mare. Nato a Latisana nel 1923, l’artista inizia a dipingere giovanissimo. Del tutto autodidatta, riprende definitivamente l’attività pittorica nel 1947, realizzando sia opere d’ispirazione narrativa, che lo rendono fin dagli inizi molto popolare, sia, subito dopo, lavori di gusto surreale. Nel corso della sua vita ha esposto in importanti e numerose rassegne personali e collettive in Italia, Inghilterra, Germania, Canada, Australia, Spagna, ecc. Nell’ultimo decennio è stato presente con i suoi quadri in varie città italiane ed estere: da Roma a Milano e Genova a Berlino, Toronto, Melbourne, Tenerife, Düsseldorf, Londra, Berna ecc., suscitando sempre molto interesse e curiosità e conseguendo notevole successo. Le sue opere si trovano in collezioni private e in Musei, enti e istituzioni in Italia e all’estero. Famoso per le sue vedute e per gli interni di Cittàvecchia, che oggi non esistono più, e per il suo particolare lessico surreale e metafisico - conclude Accerboni - Bressanutti è anche autore di altri cinque volumi illustrati, dedicati a Trieste, al Friuli Venezia Giulia e a Muggia. La mostra rimarrà visitabile fino a tutto marzo (orario: 10 -12, domenica chiuso).  
   
   
STAR WARS IN CONCERT SBARCA IN ITALIA IL 26 E 27 MARZO 2010 AL MEDIOLANUM FORUM ASSAGO (MI). LO SPETTACOLO TRATTO DA STAR WARS, MUSICHE DI JOHN WILLIAMS E LE SPETTACOLARI IMMAGINI DELLA SAGA DI GEORGE LUCAS  
 
Milano, 15 marzo 2010 - Star wars in concert un evento concertistico unico, che arriverà in Italia il 26 e 27 marzo 2010 grazie a Barley Arts. Star wars in concert non è un musical, ma un´esperienza unica che unisce l’indimenticabile musica composta da John Williams per la saga cinematografica e interpretata dal vivo dagli 86 elementi della Royal Philharmonic Concert Orchestra, accompagnati da un coro di altissima qualità, a un montaggio di immagini proiettate su un mega schermo ad altissima definizione tratto dai 6 episodi cinematografici di Star Wars. Ogni capitolo musicale dello show permette al pubblico di vivere da un punto di vista narrativo i temi principali, i personaggi, gli elementi chiave della storia tratta dall´epica saga di Star Wars e di sentirsi così rapiti in un incredibile viaggio verso il cuore di una galassia lontanissima. La Royal Philarmonic Orchestra diretta da Dirk Brossè e i numerosi elementi del coro regaleranno momenti di grande intensità e pathos. La musica e le immagini saranno intervallate dalla narrazione dell’attore Anthony Daniels, interprete del robot C-3po in tutti e sei i film della serie. Star wars in concert porta il pubblico a rivivere la Saga di Star Wars attraverso la meravigliosa colonna sonora originale da Oscar composta da John Williams e i momenti cruciali degli episodi cinematografici. A corollario del concerto, il pubblico potrà vedere esposti alcuni dei costumi e degli accessori originali utilizzati dal regista George Lucas nei vari episodi della Saga di Star Wars. Www.barleyarts.com/