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Notiziario Marketpress di Lunedì 05 Dicembre 2011
SALISBURGO SI AGGIUDICA IL PREMIO EUROPEO PER LE CITTÀ A MISURA DI DISABILI  
 
Bruxelles, 5 dicembre 2011 – La città austriaca di Salisburgo si è aggiudicata l’ 1 dicembre il Premio europeo per le città a misura di disabili del 2012, riconoscimento europeo che premia le città maggiormente accessibili ai disabili. L’obiettivo del riconoscimento, che viene assegnato ogni anno, è di premiare l’impegno per migliorare l’accessibilità dell’ambiente urbano e promuovere la partecipazione dei disabili su un piede di parità. La Commissione europea ha insignito la città di Salisburgo per il suo impegno consolidato nel tempo, per l’approccio coerente e gli eccellenti risultati conseguiti nel migliorare l’accessibilità per la partecipazione diretta dei disabili. Viviane Reding, commissaria europea per la Giustizia, ha presentato il premio in occasione della Giornata europea delle persone disabili. L’iniziativa – organizzata in collaborazione con il forum europeo sulla disabilità – è un’azione chiave della strategia del´Ue a favore dei disabili (Ip/10/1505 e Memo/10/578) ed è finalizzata a promuovere iniziative per migliorare l’accessibilità delle città europee. "Rendere la vita accessibile a tutti è l’obiettivo centrale della nostra strategia per un’Europa priva di barriere architettoniche," ha dichiarato Viviane Reding, commissaria europea per la Giustizia. "Il Premio europeo per le città a misura di disabili contribuisce a rendere note e promuovere le buone pratiche in Europa in un’epoca in cui l’invecchiamento della popolazione rende necessario garantire a tutti una maggiore accessibilità. L’accessibilità può costituire uno stimolo per l’innovazione e la crescita economica e ciò è tutt’altro che irrilevante nell’attuale congiuntura economica. Vorrei che si pervenisse a una legge europea sull´accessibilità e, a tal fine, intendo presentare una proposta entro la fine del 2012." La giuria europea ha scelto Salisburgo per gli eccezionali risultati ottenuti in tutti i settori dell’accessibilità: l’ambiente urbano e gli spazi pubblici, i trasporti e le infrastrutture, iniziative di informazione e comunicazione, anche mediante nuove tecnologie, strutture e servizi pubblici. Le altre città finaliste erano (in ordine alfabetico): Cracovia (Polonia), scelta per l’impegno nel migliorare l’accessibilità nel difficile contesto di infrastrutture inaccessibili e per la particolare attenzione rivolta all’accesso ai monumenti che costituiscono il suo patrimonio culturale; Marburgo (Germania), selezionata per il prolungato impegno a favore dell’accessibilità, la chiara strategia a lungo termine per il futuro e l’esemplare integrazione dei disabili nei progetti comunali di accessibilità, dalla fase di progettazione fino a quella di esecuzione; Santander (Spagna), nominata finalista per i suoi programmi urbani caratterizzati dall’accessibilità e da un approccio di progettazione universale e per la qualità e sostenibilità dei risultati ottenuti. Alla seconda edizione del premio si erano candidate 114 città di 23 paesi dell’Ue. Le città partecipanti dovevano dimostrare l’impegno prodigato e i risultati conseguiti nel garantire l’accesso su un piede di parità a tutti, indipendentemente dall’età o dall’abilità. Le giurie nazionali, costituite da disabili ed esperti in materia di accessibilità, hanno provveduto a preselezionare trentuno città per la selezione a livello europeo. Contesto ´Accessibilità´ significa che i disabili devono poter aver accesso, su un piede di parità con gli altri, all’ambiente fisico, i trasporti, le tecnologie e sistemi di informazione ed altre strutture e servizi. Questa è la seconda edizione del premio. L’anno scorso il riconoscimento è andato alla città di Avila in Spagna (Ip/10/1641). Oltre che alla città vincitrice e alle altre tre finaliste, quest’anno la giuria ha assegnato una menzione speciale a: Grenoble (Francia) per le strutture e i servizi pubblici, settore in cui la città ha dato prova di un impegno prolungato nel tempo per migliorare l’accessibilità e di una politica di integrazione sociale coerente sostenuta da infrastrutture accessibili; Lubiana (Slovenia) per i trasporti e le infrastrutture correlate che dimostrano l’esistenza di un approccio coerente e integrato all’accessibilità al centro della città (autobus con un servizio di annunci video e audio alle fermate, indicazioni in Braille alle fermate degli autobus, mappe tattili nel centro della città); Olomouc (Repubblica ceca) per le iniziative di informazione e comunicazione, anche mediante nuove tecnologie, che hanno portato a progetti innovativi come una guida turistica multimediale – un nuovo strumento di navigazione interattivo che comprende un sistema Gps e informazioni su supporto audio e video in diverse lingue; Terrassa (Spagna) per l’ambiente urbano e gli spazi pubblici, settore in cui la città ha prodigato un grande impegno nel rendere accessibili i siti storici, eliminare le barriere architettoniche negli edifici residenziali, parchi, strade, piazze e monumenti, prevedendo l’installazione di ascensori, rampe e ponti. Per ulteriori informazioni Newsroom della Direzione generale Giustizia: http://ec.Europa.eu/justice/news/intro/news_intro_en.htm  Premio europeo per le città a misura di disabili www.Accesscityaward.eu    
   
   
LA DIETA MEDITERRANEA È LA CHIAVE PER FARE SONNI INDISTURBATI, DICONO I RICERCATORI!  
 
Bruxelles, 5 dicembre 2011 - Ricercatori greci hanno sottolineato come seguire una dieta mediterranea e mantenersi attivi fisicamente può contribuire a migliorare alcuni dei sintomi della sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (Osas). L´osas è un disturbo del sonno caratterizzato da pause anormali nella respirazione o istanze di respirazione anormalmente basse durante il sonno. Ogni pausa nella respirazione, o apnea, può durare da pochi secondi fino a qualche minuto e può verificarsi da 5 a 30 volte o più in un´ora. L´osas è uno dei disturbi della respirazione legati al sonno più comuni, con circa il 2-4% degli adulti che ne soffrono. L´obesità aumenta in modo significativo la possibilità di sviluppare la malattia e i medici consigliano spesso di perdere peso per combatterla. Scrivendo sul European Respiratory Journal, il team presenta le sue conclusioni di un´analisi dell´impatto della dieta mediterranea sulle persone obese che soffrono di apnee nel sonno, rispetto a quelle che seguono una dieta attenta, ovvero con basso contenuto di grassi totali, grassi saturi, grassi trans, colesterolo e sodio. Il concetto più comune di dieta mediterranea, nonostante le variazioni regionali, si basa su quello che era tradizionalmente consumato a Creta, in molte parti della Grecia e nel sud Italia. Si tratta di una dieta che consiste di molti alimenti vegetali, frutta fresca e olio di oliva come principale fonte di grassi, così come di prodotti caseari come il formaggio e lo yogurt. Chi segue una dieta mediterranea consuma quantità medio-basse di pesce, pollame e carni rosse, e un massimo di quattro uova alla settimana. Il team, composto da ricercatori dell´Università di Creta in Grecia, ha esaminato 40 pazienti obesi affetti da Osas. Alla metà dei pazienti è stata impartita una dieta attenta da seguire, mentre gli altri 20 hanno seguito una dieta mediterranea. Entrambi i gruppi sono stati incoraggiati ad aumentare l´attività fisica ed è stato consigliato loro di puntare a un minimo di 30 minuti di cammino ogni giorno. Entrambi i gruppi di pazienti erano anche trattati con una pressione positiva continua nelle vie aeree (Cpap), che prevede l´uso di una maschera che genera un flusso d´aria per mantenere aperte le vie aeree superiori durante il sonno. All´inizio del periodo di studio i ricercatori hanno monitorato i pazienti durante uno studio del sonno, conosciuto anche come polisonnografia. Questo tipo di studio cerca di individuare diversi indicatori dell´Osas, quali l´attività elettrica del cervello, i movimenti oculari e il russare. Dopo sei mesi il team ha di nuovo analizzato i pazienti per vedere se i cambiamenti nella dieta avevano avuto un effetto sul loro ritmo del sonno. I risultati rivelano che i pazienti che seguivano una dieta mediterranea avevano un ridotto numero di apnee durante la fase del sonno Rem (rapid eye movement), una fase che di solito rappresenta circa il 25% del totale di sonno durante la notte. L´autore capo dello studio, Christopher Papandreou, commenta: "Questo è il primo studio sull´impatto della dieta mediterranea in combinazione con l´attività fisica nell´Osas attraverso cambiamenti nel corpo umano. I nostri risultati mostrano che il numero di disturbi durante il sonno Rem è diminuito maggiormente nel gruppo che seguiva una dieta mediterranea rispetto all´altro gruppo. Recenti studi hanno messo in relazione un aumento dei disturbi durante il sonno Rem con il rischio di sviluppare patologie sistemiche gravi, come il diabete di tipo Ii. Tuttavia, il suo significato clinico rimane poco chiaro. In definitiva, sono necessari ulteriori studi per esaminare l´effetto della dieta mediterranea su questo disturbo respiratorio correlato al sonno, tenendo conto delle sue proprietà anti- infiammatorie e antiossidanti". Per maggiori informazioni, visitare: Fondazione europea per le malattie polmonari: http://www.European-lung-foundation.org/    
   
   
A VERONA IL PRIMO CENTRO DI CHIRURGIA ROBOTICA SPERIMENTALE D’ITALIA.  
 
Verona, 5 dicembre 2011 - Lo sviluppo dell’applicazione clinica della robotica è una nuova frontiera della chirurgia, per varcare la quale è nato, l’ 1 dicembre all’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona il primo Centro di Chirurgia Robotica Sperimentale d’Italia, realizzato grazie ad una partnership tra il Politecnico di Milano, l’Azienda Ospedaliera e l’Università di Verona. L’avveniristica struttura, già pronta per entrare in attività è stata presentata oggi al Polo chirurgico Confortini di Borgo Trento, alla presenza, tra gli altri, dell’assessore regionale alla sanità Luca Coletto, del sindaco Flavio Tosi, del direttore generale dell’Aoui Sandro Caffi, del prorettore dell’Università Bettina Campedelli, del direttore del dipartimento di bioingegneria del Politecnico milanese Giuseppe Baselli e dei quattro illustri tecnici che hanno curato il progetto: Massimo Gerosa (dipartimento di neuroscienze dell’Aoui); Paolo Fiorini (dipartimento di scienze informatiche dell’Università di Verona); Giancarlo Ferrigno (dipartimento di bioingegneria del Politecnico di Milano); Roberto Foroni (neurochirurgia stereotassica dell’Aoui). In questa sorta di “astronave sanitaria”, allestita in tutto e per tutto come una sala operatoria, si studieranno, realizzeranno, sperimenteranno progetti di sviluppo dell’utilizzo del robot negli interventi chirurgici più delicati, a cominciare dalla neurochirurgia: quelli dove anche il benché minimo errore può avere conseguenze devastanti per il paziente. Tre progetti sono già in fase molto avanzata e potranno essere trasferiti nell’attività chirurgica quotidiana tra pochi mesi. “Sembra fantascienza – ha detto Coletto – ed invece è una realtà e siamo orgogliosi che sia stata realizzata proprio in Veneto dove, nonostante le grandi difficoltà economiche generali del momento, la sanità continua a sfornare eccellenze come questa. Con il grande pregio – ha aggiunto – di essere una forma di ricerca che non rimane chiusa all’interno degli ambienti scientifici, ma vede scienziati, studiosi e medici lavorare per portare i loro successi sul tavolo operatorio e quindi curare e assistere i pazienti sempre meglio. L’utilizzo di questi robot ridurrà infatti quasi a zero il rischio di errori durante gli interventi; li renderà sempre meno invasivi, consentirà ai chirurghi di spingersi laddove le tecniche tradizionali impedivano di arrivare rendendo così ancor più incisivo l’effetto degli interventi”. Alcune possibili applicazioni della robotica sono poi state illustrate in una visita al nuovo centro. Ad esempio, molti interventi potranno essere realizzati senza aprire al scatola cranica, ma praticando un “forellino” di un centimetro di diametro attraverso il quale inserire strumenti miniaturizzati e robotizzati, comandati dal chirurgo tramite joystick. Il cervello è la macchina più sofisticata e delicata del corpo umano, dentro la quale operare è sempre delicatissimo e rischioso. Con questi robot lo sarà molto meno, sia per gli interventi più delicati, come l’asportazione di un tumore o la risoluzione di un aneurisma, sia per quelli più “banali”, ma non meno rischiosi, come una biopsia. Altra applicazione fondamentale sarà quella per le terapie farmaceutiche: i farmaci potranno essere infatti applicati tramite micro robot esattamente a contatto con la parte del cervello da curare, ottenendo così una maggiore incisività della cura e tempestività degli effetti e al contempo un vero e proprio crollo della tossicità dei farmaci che non dovranno più entrare nel circolo sanguigno ed essere metabolizzati per produrre i loro effetti.  
   
   
MORBO DI PARKINSON: UN SEMPLICE ESAME DEL SANGUE LO PUÒ DIAGNOSTICARE PRIMA CHE SI MANIFESTINO I SINTOMI. GLI SCIENZIATI PRECISANO CHE L´ANALISI SI BASA SULL´AUMENTO DELLE CONCENTRAZIONI DI UNA PROTEINA, L´ALFA-SINUCLEINA FOSFORILATA, CHE SI VERIFICA SOLO NEL SANGUE DI CHI GIA´ SOFFRE DELLA MALATTIA O RISCHIA DI SVILUPPARLA.  
 
 Lecce, 5 dicembre 2011 - Un semplice esame del sangue permetterà di diagnosticare la malattia di Parkinson attraverso un semplice prelievo di sangue prima che si manifestino i sintomi fisici. Un innovativo studio ha scoperto una sostanza che appare nel sangue di chi soffre. Attualmente non esiste alcun test per rilevare la condizione neurologica. Milioni di persone in tutto il mondo, si ammalano del morbo di Parkinson, caratterizzato principalmente da disturbi del movimento muscolare, tra cui il camminare, parlare e scrivere mentre l´intelletto e la personalità dei pazienti in molti casi e per molto tempo non subiscono alterazioni di rilievo. L´analisi si basa sull´aumento delle concentrazioni di una proteina, l´alfa-sinucleina fosforilata, che si verificherebbe solo nel sangue di chi gia´ soffre della malattia o rischia di svilupparla. Un test del sangue per il Parkinson significherebbe poter capire se una persona rischia di ammalarsi prima ancora che compaiano i sintomi´´, spiega David Allsop, coautore della ricerca.. A darne notizia e´ il Faseb Journal, che Giovanni D’agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta. Gli scienziati hanno scoperto che quelli con il Parkinson hanno un maggiore livello di Pas rispetto ai non-malati. Ora si pensa che questo scoperta potrebbe consentire una diagnosi prima che si manifestino i sintomi, come tremori e lentezza del movimento. Il Dr Gerald Weissmann, della rivista Faseb, ha dichiarato: « la maggior parte della gente quando pensa al morbo di Parkinson, pensa ai sintomi esterni, come i movimenti involontari. Ma molte persone ammalate di Parkinson possono sviluppare problemi neurologici che possono essere più difficili da diagnosticare subito. Un esame del sangue non solo aiuta i medici ad escludere altre possibili cause dei sintomi esteriori, ma permette anche una diagnosi precoce. Il Dr Gerald Weissmann ha aggiunto che ciò consentirebbe ai pazienti e alle loro famiglie di prepararsi mentalmente all´insorgenza della malattia e ad affrontare un grado di coinvolgimento materiale, emotivo e relazionale tale da rendere ancora meno complesso un evento critico già di per sé difficile da accettare. Secondo lo scienziato la scoperta potrebbe anche aprire la strada allo sviluppo di medicine in grado di proteggere il cervello, migliorando la qualita´ della vita nella terza eta´. Secondo le stime del Censis sono 200mila all’anno gli italiani colpiti dal morbo di Parkinson. Colpisce uomini e donne, anche se gli uomini statisticamente hanno più probabilità di svilupparlo rispetto alle donne, con sintomi che compaiono di solito nelle persone di più di 50 anni. La malattia di Parkinson fu descritta per la prima volta da James Parkinson da cui prese il nome in un libretto intitolato “Trattato sulla paralisiagitante” pubblicato nel 1817.  
   
   
CASA CURA S.CAMILLO, INAUGURATE TAC E RISONANZA FORMIGONI: SANITÀ PRIVATA RELIGIOSA DÀ CONTRIBUTO IMPORTANTE  
 
Milano, 5 dicembre 2011 - Una Tac a 64 strati e una risonanza magnetica. Sono queste le due nuove apparecchiature in dotazione alla Casa di Cura San Camillo di Milano, inaugurate il 2 dicembre dal presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, insieme al direttore della stessa Casa di Cura, padre Virginio Bebber. Presente anche monsignor Erminio De Scalzi, vicario episcopale per la città di Milano, che ha benedetto i macchinari e i locali che li ospitano. ´L´installazione di queste soluzioni tecnologicamente all´avanguardia - ha detto Formigoni, rivolgendosi al personale della clinica - dimostra quanto abbiate a cuore la centralità della persona e del malato, cui la vostra azione si ispira in tutti i suoi aspetti´. ´C´è attenzione e amore - ha proseguito Formigoni - in questa scelta di mettere a disposizione dei malati e del personale strumenti sempre più capaci di offrire speranze di guarigione´. Formigoni si è detto consapevole dello sforzo compiuto dalla Casa di Cura San Camillo che, essendo una struttura privata, ha totalmente autofinanziato l´acquisto della Tac e della risonanza magnetica. ´L´idea del vostro fondatore - ha aggiunto il presidente - era quella di dare una testimonianza di carità, di amore e di fede. Voi compite questa opera in uno dei settori più complessi del mondo di oggi´. ´Siete un patrimonio preziosissimo - ha concluso Formigoni riferendosi alla sanità religiosa - nel panorama italiano e lombardo in particolare. E´ necessario salvaguardare questa vostra specificità´.  
   
   
INNOVATIVE TECNICHE DI CHIRURGIA PELVICA RICOSTRUTTIVA SALVANO LA SESSUALITÀ E LA CONTINENZA DOPO INTERVENTO ALLA PROSTATA PER TUMORE  
 
Milano, 5 dicembre 2011 - Dopo il cancro è crisi di coppia per migliaia di italiani affetti da impotenza e incontinenza urinaria conseguenze indesiderate dell’asportazione radicale della prostata che si possono ora trattare con valide soluzioni. Le ultime evoluzioni terapeutiche presentate recentemente in un convegno organizzato da un gruppo di urologi lombardi puntano, quando i farmaci stimolatori dell’ erezione sono inefficaci, sull’impianto di protesi peniene di nuova generazione che consentono il ritorno a una normale sessualità e sull’inserimento di sling (benederelle) che, poste sotto l’uretra, ripristinano la normale continenza. “L´asportazione chirurgica completa della prostata”, spiega il professor Sandro Sandri, Direttore dell’Urologia e Unità Spinale dell’Ospedale G. Fornaroli di Magenta (Milano), tra i centri di eccellenza e di riferimento per l’Urologia e l’Andrologia Funzionale in Lombardia ,“nonostante le tecniche laparoscopiche, robotiche e la nerve sparing che risparmia i nervi dell’erezione, causa impotenza in oltre il 70% dei pazienti operati. Durante l’intervento chirurgico infatti i nervi dell’erezione possono comunque subire dei danni che causano una disfunzione erettile temporanea e spesso definitiva. Le soluzioni per l’erezione. In questi casi la soluzione risolutiva, se non sono efficaci i farmaci, arriva dalle protesi peniene idrauliche di ultima generazione che determinano un’erezione simile a quella fisiologica. L’impianto della protesi si effettua con l’inserimento all’interno dei cilindri naturali del pene, i corpi cavernosi, di due cilindri espansibili collegati ad una pompa di controllo, posta sotto la pelle dello scroto tra i due testicoli e ad un serbatoio contenente del liquido. L’uomo può ottenere un’erezione con la stessa sensibilità e capacità di orgasmo presenti prima dell’intervento premendo semplicemente sull’area in cui è posizionata la pompa. In questo modo il liquido si trasferisce dal serbatoio ai cilindri e il pene si indurisce. Dopo il rapporto azionando di nuovo la pompa il pene torna al normale stato di flaccidità. Queste innovative protesi risolvono anche la riduzione delle dimensioni del pene che si accorcia a 15 giorni dall’intervento di 1 cm e mezzo fino superare i 2 cm dopo un anno. Rispetto a quelle del passato in grado solo di ingrossare il pene, le protesi tricomponenti consentono oggi una perfetta erezione con un ingrossamento e allungamento del pene che permettono all’uomo di riprendere una vita sessuale attiva e soddisfacente”. Sebbene la protesi possa risolvere definitivamente l’impotenza post prostatectomia molti uomini non ne conoscono l’esistenza. Troppo spesso infatti i medici non ne parlano ai pazienti, privandoli di una soluzione riconosciuta valida a livello mondiale. Le soluzioni per l’incontinenza. “L’incontinenza urinaria , dice il professor Sandri, “che si manifesta subito dopo la prostatectomia è molto frequente - fino al 60% dei casi - e nella maggior parte si risolve o si riduce. La prima misura terapeutica è la riabilitazione del pavimento pelvico che accelera e favorisce la ripresa della continenza . Tuttavia percentuali variabili dal 3 al 10 % di pazienti operati rimangono incontinenti. In questi casi il trattamento più efficace è l’applicazione dello sfintere artificiale (il più collaudato è l’Ams 800) che va riservato alle forme più gravi. In pazienti con incontinenza lieve - moderata e non trattati con radioterapia si possono ottenere ottimi risultati con le più recenti tecniche di chirurgia mininvasiva. Basate sull’applicazioni di sling (benderelle) sottouretrali. Tra queste Advance consente di recuperare la normale continenza con l’inserimento di una retina di polipropilene che riposiziona l´uretra, dislocata dall´intervento sulla prostata, nella sua sede anatomica naturale”. L’intervento si effettua in anestesia loco-regionale e con pochi giorni di ricovero. Questa tecnica inventata in Europa e già impiegata con successo anche negli States su circa 50 mila pazienti è disponibile oltre all’Ospedale di Magenta in altri centri ospedalieri italiani a totale carico del Ssn e cioe´ gratis per il paziente. “In particolare l´impianto dello sfintere artificiale” precisa l´urologo, “che richiede un accurato studio diagnostico ed elevata esperienza, è riservato solo a centri altamente specializzati”.  
   
   
EFFICIENZA DELLA SPESA NEGLI OSPEDALI PUBBLICI: VENETO NUMERO UNO IN ITALIA. ZAIA: “E’ LA CONFERMA CHE LE MANOVRE DEL GOVERNO DEBBONO PARTIRE DALLE CICALE”  
 
Venezia, 5 dicembre 2011 - “Quando affermiamo, sulla base dei dati in nostro possesso, che il sistema sanitario veneto è tra i migliori d’Europa, è un insieme di eccellenze professionali, di oculata gestione e di diffuso senso di responsabilità amministrativa, veniamo accusati di essere autocelebrativi. Poi, per fortuna, a smentire i nostri detrattori, sono le valutazioni oggettive di associazioni che non hanno alcun interesse politico da difendere e che testimoniano le innegabili qualità della nostra Regione in campo sanitario”. Soddisfatto e “legittimamente orgoglioso per il riconoscimento del buon lavoro che stiamo facendo”, il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, commenta così il Rapporto “Ospedali e Salute 2011”, redatto dall’Aiop (Associazione Italiana Ospedalità Privata) che, confrontando i finanziamenti pubblici ricevuti dalle aziende ospedaliere con la stima del valore economico delle prestazioni erogate, pone il Veneto in testa alla classifica delle Regioni più virtuose d’Italia. “Questo primato deve essere uno stimolo per migliorare ancora – aggiunge Zaia –, perché, come emerge dalla stessa ricerca, esistono ulteriori margini di miglioramento anche per noi. Dobbiamo proseguire sulla strada che abbiamo intrapreso e che, attraverso scelte spesso non facili ma tali da garantire un beneficio complessivo all’intera organizzazione della sanità, ci consentono di mantenere un elevato standard dei servizi erogati dalle nostre strutture ospedaliere e territoriali, riuscendo nel contempo ad utilizzare al meglio le risorse che pure sono diminuite rispetto al passato”. Zaia fa poi riferimento alla parte opposta della graduatoria stilata dall’Aiop, alla coda, dove si collocano soprattutto le regioni meridionali e la Calabria è ultima con una percentuale di inefficienza pari al 46,4%, ben tre volte superiore a quella del Veneto. “Anche se non c’era bisogno – conclude Zaia –, questo rapporto conferma la necessità dell’introduzione dei costi standard e la ferrea applicazione di criteri e metodi che impediscano a chi spreca di cavarsela ai danni di chi si comporta con capacità e correttezza. Al Presidente Monti rinnovo, dunque, l’appello: tutte le manovre debbono partire dalle cicale”.  
   
   
SANITA´:CHIODI, ABRUZZO IN RIPRESA.L´ANALISI DEL GOVERNATORE DIVERSI I TEMI TOCCATI AL CONVEGNO ANAAO-ASSOMED DI LANCIANO  
 
 Lanciano, 5 dicembre 2011 - "L´abruzzo non è più una regione-canaglia, al contrario sta diventando una regione-virtuosa. La sanità è il settore più delicato che siamo chiamati a trattare. Quando sono stato eletto ho trovato un sistema al limite della sostenibilità, adesso stiamo lavorando per rimettere le cose a posto". Con questa premessa il presidente della Regione, Gianni Chiodi, ha aperto, il 3 dicembre, il suo intervento al convegno sul tema "L´ospedale del futuro in Abruzzo", organizzato dalla Anaao Assomed (associazione dei medici dirigenti) che si è svolto al Palazzo degli Studi di Lanciano. Il dibattito è stato intenso e ha permesso al Governatore, nonché Commissario alla Sanità, di fornire un´ampia panoramica sull´attuale situazione sanitaria abruzzese. "Il mondo è cambiato e noi stiamo eliminando privilegi e sprechi. Purtroppo decenni di cattiva amministrazione, la cui responsabilità non è solo della politica, hanno lasciato ai nostri figli tante cambiali da pagare. Io mi sto comportando come un buon padre di famiglia. A scapito del consenso politico, ma siccome sono veramente indignato non me ne curo". Quindi, parola ai numeri. "Si parla tanto di default. Ebbene, magari non tutti se ne sono accorti, ma l´Abruzzo a causa del settore sanità è già andato in default nel 2007. Non era più in grado di pagare, era la Regione più indebitata d´Italia. Aveva un disavanzo di 450 milioni di euro, quando il bilancio regionale di un anno non supera i 400 milioni. Addirittura dal 2004 al 2007 furono distratti 518 milioni di euro dal Fondo sanitario nazionale per inglobarli nel bilancio regionale, in pratica per finanziare anche feste e fiere. La nostra è stata la prima regione che ha subìto l´onta del commissariamento da parte dello Stato. Nel passato la sanità abruzzese ha prodotto una montagna di debiti con un livello di assistenza basso. Invece, nel 2010 abbiamo raggiunto il pareggio di bilancio elevando i livelli qualitativi. Un pareggio che non è effimero, perché si annuncia una conferma anche per il 2011. Insomma, la nostra reputazione sta migliorando. Chiaro che il percorso di allineamento era ed è subordinato al piano di rientro previsto, infatti dobbiamo restituire gli 800 milioni di euro che lo Stato e tutte le altre Regioni italiane ci hanno prestato. Non è uno scherzo, ma lo stiamo facendo. Questo è come un transatlantico, abbiamo dato il primo colpo di timone, ma per farlo girare tutto ci vorrà tempo". Chiodi ha posto poi l´accento su dati emblematici. "Prima l´Abruzzo aveva 39 ospedali a fronte un milione e 300mila abitanti. Per intenderci, in tutta l´area metropolitana di Lione che conta quasi 2 milioni di abitanti ce n´è uno solo e funziona benissimo. La provincia di Chieti, con 380mila abitanti, aveva 13 ospedali tra pubblici e privati. Quella di Pescara, con 300mila, 6 ospedali, L´aquila, con 300mila, 16 ospedali, mentre Teramo con 300mila, solo 4 ospedali. Eppure non mi risulta che a Teramo il tasso di mortalità sia superiore alla media. Il postulato base è che non si può dare più tutto a tutti. Alcune strutture ospedaliere avevano una media di 2,5 ricoveri al giorno, un numero insignificante, eppure pagavamo, o meglio i nostri figli pagavano, primari, assistenti, eccetera eccetera, un esercito di tanti generali e pochi soldati. Eravamo messi male. Un esempio? Guardate il fenomeno Villa Pini. Avevamo un tasso di psico-riabilitazioni 400 volte superiore alla media nazionale. Significa forse che nella nostra regione sono tutti matti? No, c´era dell´altro. Presa consapevolezza, ci siamo messi a registro. Abbiamo tagliato i primari, è vero, d´altronde ne avevamo più dell´Emilia Romagna". Chiodi poi si concede alcune considerazioni su temi caldi che gli vengono sistematicamente riproposti: la mobilità passiva, la territorialità, l´università e gli interessi della sanità. "Quello della mobilità passiva sta diventando un tormentone. Tutti la citano senza sapere che il saldo negativo tra mobilità attiva e passiva è sì, di 67 milioni di euro, ma la sua incidenza su una spesa complessiva di 2 milioni e mezzo di euro è poco significativa. E se è vero che molti nostri pazienti vanno nelle Marche, molti del Molise vengono da noi. Infatti il Molise ci ha chiesto di fare un accordo di confine, ma io lo faccio solo se aderiscono anche la Regione Marche, che però non vuole. Nel frattempo contiamo di migliorare il saldo. La territorialità è una prerogativa dei sindaci, che io conosco bene per esperienza fatta. Si diventa vittime della sindrome di quartiere, ogni quartiere si sente abbandonato e reclama più attenzione. Ma un sindaco deve pensare alla città nella sua globalità, così come il presidente deve pensare a tutto l´Abruzzo. Questa è una regione che quando c´erano i soldi non ha mai investito sul territorio, va a finire che adesso che non c´è un euro si dà la colpa a me! Per quanto riguarda l´università, confesso che non ero soddisfatto di come si stava sviluppando il suo rapporto con il settore sanitario. Oggi, invece, anche l´università ha intrapreso la strada della qualità. Complessivamente, gli interessi nel settore sanità sono troppo forti e vanno da quelli economici, ai professionali, sindacali ed imprenditoriali. Forse in passato esistevano le lobby perché c´era il budget, adesso l´aria è cambiata. Perciò il mio slogan è: no budget, no lobby".  
   
   
AOSTA: COSTI STANDARD IN AMBITO SANITARIO  
 
Aosta, 5 dicembre 2011 - Nella giornata di, mercoledì 30 novembre 2011, a Bolzano si è svolto il tavolo di confronto tra le parti politiche della Regione Valle d’Aosta e le Province di Trento e Bolzano per la definizione dei costi standard in ambito sanitario. All’incontro, coordinato dall’Assessore regionale alla sanità, salute e politiche sociali Albert Lanièce, hanno partecipato l’Assessore alla famiglia, sanità e politiche sociali della Provincia di Bolzano Richard Theiner, l’Assessore alla salute e alle politiche sociali della Provincia di Trento Ugo Rossi, e Federico Spandonaro, dell’Università Tor Vergata di Roma, che sovraintende e coordina congiuntamente all’Agenzia nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Age.na.s), l’analisi del progetto al fine di predisporre una corretta valutazione sull’efficienza ed efficacia del sistema sanitario tra aree omogenee (Valle d’Aosta, Trento e Bolzano). Nel corso dell’incontro, sono stati presi in considerazione indicatori di attività e di costo difficilmente confrontabili con le altre Regioni, in considerazione delle dimensioni, delle attività erogate e della orografia delle tre realtà geografiche in questione. Sono state raffrontate le attività organizzative sanitarie e socio-sanitarie delle Aziende Usl, le principali peculiarità legate al territorio, all’offerta di prestazioni, al profilo epidemiologico, alle figure professionali standard per popolazione e per bilinguismo, al flusso turistico e ai tempi di percorrenza tra comuni e sedi ospedalieri e poliambulatori. L’analisi proseguirà con un nuovo approfondimento dei temi trattati in quest’occasione, integrandoli con aggiuntivi indicatori di efficacia e di performance, che verranno discussi nel prossimo incontro, previsto nel primo semestre 2012. «La Regione Valle d’Aosta e le province di Trento e Bolzano, aree assolutamente omogenee, garantiscono servizi sanitari e socio-assistenziali di alto livello qualitativo – ha sottolineato l’Assessore Lanièce durante l’incontro. - Uno degli obiettivi di questo lavoro di analisi dei costi è di arrivare a dimostrare, con dati oggettivi, quanto sia più oneroso, nelle zone di montagna, erogare servizi alla popolazione, questo con l’obiettivo di evitare anche lo spopolamento delle aree montane».  
   
   
SANITA´: AIDS, IN SICILIA MENO CASI RISPETTO ALLA MEDIA NAZIONALE  
 
Palermo, 5 dicembre 2011 - Sono circa 6.000 i casi accertati di Hiv/aids in Sicilia. Tra il 2009 e il 2010, sono stati registrati in Sicilia 278 nuovi casi di infezione, il 71% dei quali ha riguardato gli uomini e il 29% le donne. La provincia siciliana con l´incidenza maggiore risulta quella di Siracusa, seguita da Catania e Trapani. La prevalenza del virus Hiv e dell´Aids e´ comunque molto minore rispetto alla media nazionale. La maggior parte dei casi (71%) e´ di nazionalita´ italiana ma gli stranieri (quasi tutti africani) raggiungono il 29% del totale. Sono questi alcuni dei dati diffusi dal dipartimento Attivita´ sanitarie dell´assessorato regionale della Salute in occasione della giornata mondiale dell´Aids, che si celebra oggi. Il rapporto tiene conto delle segnalazioni provenienti dalle 19 divisioni di malattie infettive della Sicilia. I primi risultati mostrano una diffusione maggiore fra i maschi di eta´ fra 20 e 49 anni; i rapporti eterosessuali (52,3%) sono la causa principale della trasmissione dell´infezione, seguiti dai rapporti omosessuali (38,8%) e dalla tossicodipendenza (6,9%). Nonostante la diffusione delle informazioni e della possibilita´ di esecuzione dei test, e´ stata accertata una ridotta propensione allo screening, anche in chi ha comportamenti a rischio: questo fa si´ che spesso, al momento della diagnosi, sia gia´ presente uno stadio avanzato. "E´ molto importante - spiega l´assessore regionale per la Salute, Massimo Russo - proseguire sulla strada intrapresa, che prevede l´attenta sorveglianza dell´infezione da Hiv con la partecipazione di tutti i centri di diagnosi e cura della Regione. Va proseguita l´opera di educazione sanitaria, rivolta in particolare a quei comportamenti a rischio che probabilmente non sono percepiti come tali, in modo da evitare l´infezione o almeno diagnosticarla in fase precoce". La Regione siciliana, gia´ nel 2009, ha organizzato corsi di formazione per il personale delle divisioni di malattie infettive, individuando poi un referente per ogni divisione. Nel maggio dello scorso anno, con decreto assessoriale, e´ stato istituito il sistema di sorveglianza sul territorio regionale, ed e´ stato predisposto un apposito tracciato record per la rilevazione. Questi, nel dettaglio, i centri partecipanti alla raccolta dati e il numero di nuovi casi osservati nel periodo 2009 - 2010: Caltanissetta: Sant´elia (8), Gela (5); Catania: Garibaldi (46), Cannizzaro (30), Ferrarotto (19), Caltagirone (0); Enna: Umberto I (4), Nicosia (1); Messina: Papardo (6), Policlinico (1), Barcellona (4); Palermo: Civico (34), Policlinico (31), Cervello (11), Di Cristina (8); Ragusa: Civile (9), Modica (6); Siracusa: Umberto I (34); Trapani: Sant´antonio Abate (21).  
   
   
INNOVAZIONE NEL TRATTAMENTO DEL DOLORE CRONICO SEVERO  
 
 Roma, 2 dicembre 2011 – Si è tenuto il 3 dicembre a Roma, un Convegno, presso il Centro Congressi Fontana di Trevi, che ha visto coinvolti oltre 200 medici tra ortopedici, fisiatri e reumatologi. Sono stati approfonditi gli aspetti relativi all’attuale gestione e trattamento del dolore cronico in Italia ed è stata anche l’occasione di approfondimento sulle caratteristiche farmacologiche e cliniche di Tapentadolo (Palexia), la prima vera innovazione farmacologica, dopo 25 anni, in ambito di terapia del dolore. Il dolore cronico è una patologia che coinvolge una fetta rilevante della popolazione: secondo i risultati di una recente indagine, circa il 20% degli europei soffre di dolore cronico, di cui quasi un quarto in forma severa. In particolare in Italia si stima che la prevalenza del dolore cronico sia del 26%, percentuale cui corrispondono circa 15,6 milioni di persone, dove il mal di schiena (Lbp) ha l‘incidenza più elevata, seguito dai dolori osteoarticolari. Come spiega Stefano Coaccioli, Professore Associato di Medicina Interna dell’Università di Perugia e Presidente della Fondazione Procacci “il dolore cronico degenerativo se non adeguatamente valutato e non opportunamente trattato, peggiora la qualità di vita del paziente, modificandone in peggio alcune funzioni d’organo e di apparato, impedendone la possibilità di fare fisioterapia e quindi riabilitazione”. Nonostante oggi, con la Legge 38/2010, la gestione del dolore cronico in Italia sia nettamente migliorata, la malattia è ancora sottostimata e spesso non adeguatamente trattata con pesanti ripercussioni sulla qualità di vita dei pazienti affetti. “L’arrivo di Tapentadolo è stato studiato specificatamente per i pazienti con artrosi, dolori osteoarticolari e lombalgie croniche, avendo un’ottima efficacia e profilo di tollerabilità, migliorando la compliance del paziente al trattamento”. Chiarisce Flaminia Coluzzi, Professore Dipartimento di Scienze e Biotecnologie Mediche Chirurgiche Unità di Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore ‘Sapienza Università di Roma’. “I dati oggi disponibili dimostrano una spiccata attività analgesica di Tapentadolo, con il suo doppio meccanismo di azione (Mor-nri) agisce contemporaneamente sul sistema oppioide e sul quello noradrenergico, avendo quindi la capacità di controllare entrambe le componenti del dolore cronico: nocicettiva e neuropatica”. Tiene a precisare la Professoressa Mariagrazia Grilli, Docente di Farmacologia presso la Facoltà di Farmacia dell’Università del Piemonte Orientale.  
   
   
BOSCAGLI, SERVE NUOVO WELFARE COSTRUITO DA TUTTI LA REGIONE LOMBARDIA STA DEFINENDO UN FONDO ASSISTENZIALE INTEGRATIVO PRESTO I TRUST PER DISABILI E ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI  
 
 Milano, 5 dicembre 2011 - Il sistema di welfare attuale non regge. Lo ha sottolineato l’ 1 dicembre, intervenendo ai lavori del Primo Forum Cittadino delle Politiche Sociali ´Tutta la Milano possibile´, l´assessore regionale alla Famiglia, Conciliazione, Integrazione e Solidarietà sociale Giulio Boscagli. "Le risorse a disposizione delle politiche del welfare - ha detto Boscagli - sono sempre più limitate e richiedono una riflessione per far fronte a una domanda di servizi che cresce sia per qualità che per quantità". "Per dare nuova linfa al welfare e renderlo sostenibile e in grado di dare risposte alle diverse esigenze - ha spiegato Boscagli - occorre un contributo di tutti i soggetti del territorio, enti pubblici e realtà profit e non profit, alla definizione delle azioni. Fondi messi a disposizione da più soggetti favoriscono politiche di welfare condivise e partecipate a vantaggio dei cittadini ed evitano duplicazioni inutili dell´offerta". Ai tagli indiscriminati alle agevolazioni alle famiglie Regione risponde con precise e concrete proposte: un fondo assistenziale integrativo e un meccanismo di trust per le persone disabili. "Regione Lombardia - ha detto l´assessore - sta definendo un Disegno di legge per l´iscrizione volontaria, ma consapevole (con il meccanismo del silenzio assenso), di tutti i nuovi nati a un fondo assistenziale integrativo, con la previsione di erogare anche contributi alle famiglie che aderiscono al fondo. Partendo poi dalle esperienze più significative in atto, quali ad esempio i casi di introduzione di welfare integrativo attraverso la contrattazione di secondo livello, stiamo elaborando una proposta di legge che promuova e favorisca la costituzione di fondi di previdenza complementare e integrativa, garantendo un fondo di rotazione regionale". Per evitare duplicazioni superflue nei servizi occorre mettere in campo una visione d´insieme del bisogno della persona. "Il primo passo da fare - ha detto Boscagli - consiste nello spostamento del finanziamento dei servizi "dall´offerta alla domanda", perché è quest´ultima che deve orientare i servizi e non il contrario". L´attenzione alla famiglia si traduce, in Lombardia, in una proposta concreta. "E´ in discussione un progetto di legge che introduce per la prima volta nel nostro Paese il Fattore Famiglia, che supererà alcuni limiti dei precedenti sistemi come l´Isee (Indicatore socio economico equivalente) e tutelerà maggiormente la famiglia con compiti di cura". "Il Fattore Famiglia lombardo - ha spiegato - sarà lo strumento attraverso cui Regione, Province e Comuni determineranno, ciascuno nel rispetto delle rispettive competenze, il valore dei voucher sociali e sociosanitari, gli altri benefici economici e la compartecipazione economica ai costi delle prestazioni sociosanitarie e sociali". Un progetto particolare Regione Lombardia lo ha messo a punto per le persone con disabilità, a cominciare dall´approvazione del primo Piano d´Azione Pluriennale per questi cittadini. "Non ci fermiamo al solo Piano di Azione - ha detto l´assessore -. Stiamo valutando la possibilità di promuovere la costituzione di trust, attraverso cui, chi lo desidera, possa accantonare risorse a favore delle persone con disabilità o degli anziani non autosufficienti, per garantire ai propri cari continuità di assistenza nel tempo". "Il meccanismo del trust - ha concluso Boscagli - potrebbe anche assumere la fisionomia di un fondo regionale (cui si auspica possano concorrere anche altri attori istituzionali e non) vincolato a favore di progetti di pubblica utilità, partecipato da soggetti pubblici e privati profit e non profit, in cui ciascuno sia garantito rispetto alla tracciabilità e finalizzazione delle risorse e dei patrimoni conferiti".  
   
   
SANTA LUCIA, REGIONE LAZIO: FIRMATI DAL COMMISSARIO POLVERINI DECRETI PER ATTUAZIONE ACCORDO  
 
 Roma, 5 dicembre 2011 - La presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, ha firmato, l’ 1 dicembre come previsto negli accordi con la Fondazione Santa Lucia, i due decreti in qualità di Commissario ad acta per la Sanità, necessari per l’adozione di tutti i conseguenti atti amministrativi finalizzati alla puntuale concretizzazione di quanto concordato con l’intesa raggiunta il 30 novembre. Già da domani, dunque, saranno predisposti i provvedimenti richiesti per l’erogazione di quanto stabilito nell’accordo che riconosce alla Fondazione Santa Lucia, al fine di garantire la continuità assistenziale per i pazienti, la prosecuzione dell’attività dell’istituto e i livelli occupazionali, l’importo complessivo di 50 milioni di cui: oltre 26 milioni corrisposti entro il 16 gennaio 2012 a copertura dei debiti pregressi relativi al biennio 2005-2006 e della valorizzazione delle attività per gli anni 2009 e 2010. L’ammontare è calcolato al netto dei 4 milioni e 600mila euro già anticipati all’anno 2009 lo scorso agosto; ulteriori 18,4 milioni di euro comprensivi dell’integrazione degli acconti già versati per l’anno 2011, acconto dicembre 2011, acconto gennaio 2012 calcolati in considerazione dell’imminente adozione del decreto di recepimento dell’accordo di remunerazione relativo all’anno 2011.  
   
   
L’ITT SI CONFRONTA CON LA SOSTENIBILITÀ DELLE CURE ONCOLOGICHE  
 
Firenze, 5 dicembre 2011 – L’istituto Toscano Tumori si è confrontato con un tema di pressante attualità: quello dei costi sempre maggiori delle cure oncologiche e della limitatezza delle risorse economiche, e della conseguente necessità di delineare nuove strategie in grado di garantire qualità delle cure, equità dell’offerta e responsabilità degli operatori. La Vi Conferenza di organizzazione dell’Itt, dal titolo “Sostenibilità delle cure in oncologia. Qualità, equità, responsabilità”, si è tenuto, venerdì 2 dicembre, nell’Azienda agricola regionale di Alberese (Grosseto), Granaio Lorenese, località Spergolaia. Medici, oncologi, amministratori, direttori delle aziende sanitarie, ditte farmaceutiche, si sono confrontati su temi come la sostenibilità delle cure, la razionalizzazione, le azioni e gli strumenti per il controllo della spesa, i farmaci off label, la farmacoeconomia. I lavori sono iniziati con una valutazione articolata in termini di sostenibilità nei molteplici ambiti del percorso di cura dei tumori: i nuovi farmaci biologici, l’innovazione tecnologica in radioterapia e radiodiagnostica, la tipizzazione biomolecolare e bioumorale in anatomia patoloigca e in laboratorio, la robotica in chirurgia. Il programma prevedeva anche una tavola rotonda con le industrie farmaceutiche: uno dei settori più critici è quello delle terapie mediche, il cui costo, con l’introduzione dei nuovi farmaci biologici bersaglio-specifici, è lievitato in maniera esponenziale. “Oggi è inevitabile affrontare il tema della sostenibilità, in particolare in un settore come quello dell’oncologia, in cui i costi crescono enormemente, e nel contempo c’è la necessità di garantire a tutti lo stesso livello di cure – dice l’assessore al diritto alla salute Daniela Scaramuccia, che alla Conferenza farà un intervento introduttivo – Dobbiamo mantenere il Servizio sanitario regionale in grado di offrire un servizio di qualità, e a tutti, senza però rinunciare a un controllo della spesa, nell’ottica della salvaguardia dell’offerta pubblica per l’intero percorso assistenziale”. “Nella sua Vi Conferenza di organizzazione – dice Gianni Amunni, direttore operativo dell’Itt – l’Istituto Toscano Tumori affronta una sfida fondamentale per la sua mission: conciliare la qualità delle cure dei tumori con la loro sostenibilità economica, a partire dalla consapevolezza che l’equità è possibile solo se esiste da parte di tutti rispetto e condivisione dell’appropriatezza. Il fatto che i professionisti affrontino questo tema è un segno di maturità del mondo dell’oncologia, che analizza se stesso alla luce dei costi delle cure oncologiche”. “La missione dell’Itt è capire, curare e prevenire il cancro al meglio per tutti – dice Lucio Luzzatto, direttore scientifico dell’Itt – Avendo avviato il cammino su tutti e tre i binari (la ricerca sul cancro, le cure oncologiche, la onco-prevenzione) noi vogliamo proseguire: occorre pertanto che i nostri progressi siano sostenibili, anche sul piano economico. Penso che il Servizio sanitario della Regione Toscana questo si aspetti dall’Itt: che riusciamo a limitare qualsiasi uso improprio di procedure diagnostiche e terapeutiche, in modo che tutte le risorse possano essere dedicate e interventi che sono invece di provato beneficio”.  
   
   
NUOVE SOMME PER LA MESSA IN SICUREZZA DEGLI OSPEDALI DELL’ASP DI VIBO VALENTIA  
 
Catanzaro, 5 novembre 2011 - Il Commissario delegato per l’emergenza socio – economico – sanitaria nella Regione Calabria Giuseppe Scopelliti ha inteso affrontare il problema legato alla sicurezza dei presidi ospedalieri calabresi in armonia con il piano di rientro. E’ stato infatti approntato un programma di messa in sicurezza delle strutture ospedaliere esistenti nella regione Calabria, e nell’ambito di quanto previsto dal decreto 18/2010 riguardante la riorganizzazione della rete ospedaliera, il Commissario Scopelliti ha definito un programma di azioni ritenute improcrastinabili per adeguare ed ottimizzare tutto il sistema sanitario regionale con interventi necessari a rimuovere situazioni derivanti da carenze igienico sanitarie e strutturali e comunque a tutela dell’incolumità dell’utenza e del personale. Per l’A.s.p. Di Vibo Valentia è stata destinata, oltre alla somma in precedenza assegnata di sei milioni euro finalizzata ad interventi urgenti per il presidio Jazzolino, un’ulteriore somma di quattordici milioni di euro, di cui 7,5 milioni da destinare al P.o. Di Tropea, 3,5 milioni al P.o. Di Serra S. Bruno ed 3 milioni per il P.o. Jazzolino di Vibo valentia per interventi urgenti in attesa della costruzione del nuovo P.o.  
   
   
LA NUOVA SANITA´ NASCE DALLA VOGLIA DI CAMBIARE DI CIASCUNO DI NOI E DI TUTTI GLI OPERATORI A LEVICO LA SECONDA GIORNATA DELLA CONFERENZA NAZIONALE DELLE RETI OSPEDALIERE E TERRITORIALI  
 
 Trento, 5 dicembre 2011 - La sanità? Deve occuparsi un po´ più di salute e della sua promozione, educando cittadini e pazienti a diventare attori attivi e responsabili della propria salute. Un obiettivo raggiungibile solo in un sistema sanitario non chiuso ma aperto ed in continua relazione con il proprio territorio e con altri sistemi sanitari. E´ la "Rete ospedaliera e territoriale per la promozione della salute", alla quale è dedicata la 14a Conferenza nazionale Hph che si è aperta il 30 novembre al Palalevico della città termale e che in Trentino, ad esempio, significa integrazione dei vari ospedali presenti sul territorio, ma anche integrazione tra questi e lo stesso territorio, tra i servizi assistenziali e la domanda di salute che una popolazione esprime. Principi fatti propri dalla legge di riforma del sistema sanitario approvata nell´estate del 2010, una riforma che per l´assessore alla salute Ugo Rossi ha però bisogno della "disponibilità a cambiare" degli operatori della sanità. Un aspetto, questo, sul quale - aprendo stamane la seconda giornata dei lavori della Conferenza - Rossi ha particolarmente insistito: <Il tema delle reti è il filo conduttore di un metodo di lavoro che dovrebbe garantire, in un quadro di risorse scarse, quel salto di qualità che i cittadini richiedono. La nuova legge ha previsto gli strumenti, ma la differenza la fanno le persone e la volontà di mettere in discussione principi consolidati anche nella stessa organizzazione del lavoro, che è talvolta ostacolo nella costruzione della rete. Le reti - ha concluso l´assessore - sono fatte soprattutto di persone che sanno cambiare il proprio modo di lavorare, si tratta di un cambiamento al quale è chiamata non solo la sanità trentina ma l´intera sanità nazionale>. Cambiare modo di lavorare, imparare a lavorare assieme ad altri, sviluppare capacità relazionali ed azioni di sistema che saranno tanto più efficaci - come ha affermato il direttore generale dell´Azienda provinciale per i servizi sanitari Luciano Flor - quanto più riescono a tenere conto del contesto nel quale si opera. E proprio dai contesti sanitari regionali, dalle "buone pratiche" in esso sperimentate, possono derivare suggerimenti e indicazioni utili. La Conferenza nazionale Hph (Health Promoting Hospitals and Health Services), ospitata in questi giorni a Levico e per la seconda volta in Trentino, servirà a questo, a togliere un altro mattone all´autoreferenzialità per costruire una sanità che sappia davvero promuovere la salute e fondata sulla capacità di "fare squadra" dei suoi servizi, strutture ed operatori.  
   
   
AIDS, LA BASILICATA ULTIMA IN ITALIA  
 
Potenza, 5 novembre 2011 - L’aids registra in Basilicata un’incidenza costantemente tra le più basse d’Italia. L’ultimo dato disponibile, relativo al periodo gennaio- dicembre 2010, fa registrare una percentuale di 0.7 contagi su 100.000 residenti. Lo annuncia l’assessore alla salute - Attilio Marorano, in occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids che si celebra ogni anno il primo di dicembre. “Questa giornata – dichiara Martorano - oltre a rappresentare l’occasione per riflettere sui comportamenti discriminatori ancora in atto verso i malati, deve essere colta come una opportunità per approfondire la conoscenza dei dati epidemiologici che riguardano la nostra regione. In questo spirito – conclude Martorano - il dipartimento Salute ha inteso diffondere i seguenti dati sull’andamento della malattia in regione e in Italia. Una puntuale informazione – conclude Martorano – può anche diventare strumento per prevenire e combattere la propagazione del virus”. Nel periodo 1999-2010 in Basilicata si sono registrati 200 casi sui 63 mila casi in Italia. Il maggior numero di nuovi casi di Aids sono stati diagnosticati nel 2008 (11) e nel 2009 (10). A parte i 4 casi pediatrici registrati nel periodo 1996/2003, in Basilicata non risulta segnalato alcun caso pediatrico negli anni a seguire sino a tutto il 2010. La Basilicata risulta pertanto in coda alla classifica nazionale dei casi di Aids mentre le regioni più colpite sono Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna. La maggioranza delle nuove infezioni è attribuibile a contatti sessuali non protetti che costituiscono l`80.7% di tutte le segnalazioni (eterosessuali: 49,8%; msm: 30,9%). Le persone che hanno scoperto nel 2010 di essere Hiv positive hanno un’età mediana di 39 anni per i maschi e 35 per le femmine. Tra i principali cambiamenti osservati nel 2010 rispetto al 2000: l’aumento delle infezioni acquisite attraverso i contatti sessuali, la diminuzione delle persone che si sono infettate attraverso il consumo di sostanze per via iniettiva, l’aumento dei casi in persone straniere, la diminuzione della quota di infezioni in donne e l’aumento di casi in persone con oltre 50 anni di età. Anche in Italia come in altre Nazioni Europee si stima che un sieropositivo su quattro non sappia di essere infetto ed attualmente in Italia la principale via di trasmissione è rappresentata dai contatti sessuali non protetti che tuttavia non vengono sufficientemente percepiti come a rischio in particolare dalle persone in età matura. Il numero di casi di Aids e decessi per anno continuano a diminuire principalmente per effetto delle terapie antiretrovirali combinate introdotte in Italia dal 1996. Nel 2010 in Basilicata il tasso d`incidenza (per 100.000 residenti) delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è inferiore alla media nazionale e tra le più basse d’Italia (Basilicata: 2.4 Italia 5.5). Valgono per la Basilicata le stesse osservazioni rilevate nel resto del Paese per quanto riguarda l’attuale principale via di trasmissione (contatti sessuali) e la maggiore prevalenza di sieropositività tra gli stranieri. In Italia, come in altri Paesi europei, vi è una proporzione consistente di persone con infezione da Hiv che non ne è a conoscenza. Circa il 30% delle diagnosi di infezione viene effettuato in persone che sono già in stato avanzato di malattia con ovvie conseguenze negative sia individuali che collettive. La Basilicata - in linea con le indicazioni nazionali - ha previsto tra i propri programmi e progetti di prevenzione 2010-2012 l’applicazione dei test per la diagnosi precoce di sieropositività unitamente all’attuazione di campagne informative di prevenzione del contagio per evitare che si abbassi la guardia e per contribuire doverosamente ad arrestare la diffusione dell’infezione.  
   
   
TRENTO: NEI GIORNI SCORSI LA VISITA DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA ALLO SPORTELLO HANDICAP, ATTIVO DAL 2003  
 
Trento, 5 dicembre 2011 - Visita del presidente Lorenzo Dellai, nei giorni scorsi, alla sede di Trento della Cooperativa Handicrea, che opera dal 1995 verso le persone con disabilità. Ad accogliere Dellai, la presidente della Cooperativa Graziella Anesi e il personale che si occupa dello Sportello Handicap, attivo dal 2003. L´occasione è servita per fare il punto sull´attività di questo gruppo di persone che da numerosi anni forniscono informazioni, sostegno e orientamento a disabili, familiari e operatori per promuovere la cultura dell´accessibilità. Per il presidente Lorenzo Dellai, la Cooperativa Handicrea, che da oltre quindici anni aiuta i disabili in un percorso di partecipazione all´interno della società: "È una realtà indispensabile all´interno del vasto mondo dell´associazionismo e del volontariato trentino, fatta di persone che portano alla società civile valori straordinari di solidarietà e di impegno". Va proprio in questa direzione lo Sportello Handicap, creato in seno alla Cooperativa Handicrea nel 2003, prima in via sperimentale poi confermato attraverso una specifica convenzione con la Provincia autonoma di Trento, per fornire informazioni a persone con disabilità e familiari, ad associazioni, enti, operatori, volontari, aziende e a tutti coloro che, a vario titolo, vivono e operano nell´ambito della disabilità. In questi anni lo Sportello è cresciuto progressivamente, al punto che è stato attivato anche in altri punti del territorio provinciale, ovvero a Riva del Garda (presso la Cooperativa Mimosa) a Tione (presso la Comunità di Valle delle Giudicarie), a Tonadico (presso la Comunità di Valle del Primiero) e infine, dallo scorso mese di settembre, presso il Servizio sociale del Comune di Rovereto. La presidente Graziella Anesi ha evidenziato alcuni numeri dello Sportello Handicap che, fino al 31 dicembre 2010 ha potuto dar corso ad oltre 8200 risposte ed è stato contattato da 2800 persone. Due su tre degli utenti dello Sportello sono persone con disabilità o loro familiari, le modalità di accesso sono in prevalenza telefoniche e dirette, anche se è in aumento l´accesso tramite mail e contatto dal sito (creato nei primi mesi del 2009), seppure gli utenti provengano in prevalenza da Trento e, in seconda battuta, dagli sportelli periferici, negli ultimi anni sono arrivate richieste anche da fuori provincia. Accanto allo Sportello, dal 2005 la Cooperativa Handicrea gestisce inoltre il Call Center Muoversi presso il Dipartimento Politiche Sociali, in via Zambra a Trento. Sono inoltre numerosi i progetti a cui partecipa, dalle aree verdi accessibili, alla ristrutturazione delle aree di servizio presenti sull´A22 per renderle accessibili a tutti, dai corsi formativi alla predisposizione di guide e mappe informative di città e luoghi. Handicrea è inoltre in contatto con le altre realtà italiane, significativa, a questo proposito, la partecipazione della presidente Anesi in qualità di relatrice alla giornata dedicata all´accesso dei musei da parte delle persone con disabilità, che si terrà a Torino il 15 dicembre. Infine dalla presidente Graziella Anesi l´auspicio, per il futuro, di una sempre maggiore integrazione e collaborazione della Cooperativa con la Provincia, i servizi socio-sanitari, le istituzioni scolastiche e le altre realtà del territorio trentino. Www.handicrea.it    
   
   
UNA TAPPA IMPORTANTE NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE CON DISPOSITIVO CARDIACO IMPIANTABILE  
 
 Roma, 5 dicembre 2011 – Nel 2007, presso l’Ospedale San Filippo Neri di Roma, un paziente portatore di defibrillatore impiantabile effettuava la prima trasmissione remota di dati in Italia, attraverso il sistema di telemonitoraggio remoto Carelink Network. Dopo poco più di 4 anni, oggi i pazienti, portatori di dispositivi cardiaci impiantabili, “connessi” con 200 Ospedali, sono oltre 13.000, per un totale di oltre 100.000 trasmissioni remote effettuate per la loro gestione. L’ambulatorio di Cardiologia del San Filippo Neri, con circa 1.000 pazienti, rimane la prima realtà italiana in termini di adozione del controllo remoto. Dal 2007 l’evoluzione tecnologica ha fatto enormi progressi: di recente è stato attivato il nuovo sistema Discovery Link della Medtronic, un’innovativa piattaforma informatizzata europea che raccoglie i dati di circa 50.000 pazienti. Con una serie di applicativi di “Medical Intelligence”, appositamente sviluppati da Medtronic, i medici possono migliorare la gestione dei pazienti portatori di pacemaker o defibrillatori. Con un semplice click, il medico o il personale infermieristico accede ad una quantità di informazioni, su tutta la propria popolazione di pazienti seguita tramite il servizio di telemedicina Carelink Network. “Con queste novità tecnologiche, è oggi possibile individuare i pazienti che necessitano di maggiori attenzioni, ad esempio per l’insorgenza di episodi aritmici, ed adottare con maggior tempestività i provvedimenti terapeutici più appropriati. – spiega il professor Massimo Santini, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell’Ospedale San Filippo Neri - Allo stesso modo, si può ottimizzare il funzionamento del dispositivo impiantabile, grazie alla possibilità di scoprire rapidamente eventuali parametri che necessitino di particolari aggiustamenti. I dati clinici accessibili consentono l’aggregazione e la condivisione tra diverse realtà ospedaliere, aumentando in maniera esponenziale la capacità del sistema di fornire informazioni sempre più accurate sulla gestione clinica dei pazienti”. L’ospedale si arricchirà a breve di un’altra importante novità tecnologica. Con il nuovo Carelink Express, un monitor-trasmettitore, sarà possibile controllare tutti i dispositivi impiantabili, sia in ambiente ospedaliero sia sul territorio, con una significativa riduzione di tempo e di risorse mediche e paramediche impiegate, grazie alla possibilità di inviare con un click tutti i dati del paziente ad un server protetto e sicuro. La tecnologia evita al paziente le lunghe attese in sala di aspetto, potendo effettuare immediatamente il controllo al momento dell’accesso stesso nella struttura ospedaliera. Inoltre, tale tecnologia consente di far viaggiare meglio le informazioni all’interno dell’ospedale, ad esempio tra il pronto soccorso e la cardiologia, evitando che il paziente e il personale ospedaliero si debbano spostare da un reparto all’altro. “Questa tecnologia ha reso possibile una significativa riduzione del numero di visite ambulatoriali e del tempo del personale medico-infermieristico dedicato al follow up. – conclude Dottor Domenico Alessio, Direttore Generale della struttura - Siamo così riusciti ad ottimizzare le nostre risorse, dedicando più attenzione ai pazienti che necessitano di maggiori cure, con un miglioramento complessivo della gestione clinica, grazie alla rilevazione immediata di possibili eventi avversi, con la conseguente introduzione di interventi tempestivi mirati. Tali benefici sono assolutamente in linea con i recenti risultati dei più importanti studi clinici del settore, e la nostra esperienza è in piena sintonia con le indicazioni delle linee guide nazionali ed internazionali sulla gestione del paziente portatore di pacemaker o di defibrillatore. Tuttavia, nonostante tutto ciò, la prestazione non è ancora riconosciuta a livello tariffario. E’ auspicabile, pertanto, che questo avvenga quanto prima per consentire una maggiore e più rapida diffusione di tale tecnologia”.  
   
   
NASCE A MODENA IL MEDICO DI FAMIGLIA DEL FUTURO  
 
Modena, 5 dicembre 2011 – Oltre 800 giovani l’anno nel nostro Paese scelgono di diventare medici di famiglia ma, ad oggi, indossano il camice senza aver sostenuto un solo esame in questa disciplina. Tutti, tranne gli studenti di Medicina dell’Università di Modena. L’ Ateneo è l’unico in Italia ad aver previsto un insegnamento specifico, la 36ma disciplina obbligatoria per laurearsi. Ma non solo: dal 2012 in città nascerà il primo master universitario di Ii livello dedicato all’insegnamento clinico della Medicina Generale nelle Cure Primarie. “Un traguardo che conferma la nostra eccellenza in questo settore: Modena rappresenta davvero un modello da imitare, noi insegnando la Medicina Generale agli studenti di Medicina, formiamo i medici del futuro, che sceglieranno la specializzazione a ragion veduta – afferma la dottoressa Maria Stella Padula, Coodinatore didattico-scientifico del progetto e referente della Società Italiana di Medicina Generale (Simg) -. L’insegnamento di una disciplina così importante richiede la scelta di docenti qualificati e adeguatamente preparati, che avranno attraverso questo master un titolo accademico. Vanno infatti appresi nuovi strumenti per insegnare le peculiarità della Medicina Generale, nel contesto delle Cure Primarie, cioè della Medicina extraospedaliera. In particolare i futuri docenti clinici acquisiranno metodologie innovative come role playing, gestione di focus group e simulazioni, tutorato in studio e a domicilio dei pazienti. Siamo capofila nazionali in un processo che ci porta ad adeguarci alle direttive europee: nel resto del continente la Medicina Generale è già insegnamento obbligatorio. In Italia il D.m. 270/04 ne aveva previsto l’adozione in tutti gli atenei ma è rimasto inapplicato, tranne nella nostra “isola felice”. Il master “Imparare a insegnare” è patrocinato da Simg (Società Italiana di Medicina Generale) che proprio nel 2012 compie trent’anni e dedica gran parte della sua mission alla formazione delle nuove leve. “Non possiamo esimerci dal pensare al futuro e dobbiamo essere in grado di offrire a chi si avvia oggi alla professione gli strumenti per essere competente e competitivo, anche sul mercato internazionale – continua la Padula. - Non solo dobbiamo trasmetter loro il patrimonio della nostra Società scientifica, ma anche occuparci di un aspetto fondamentale per l’apprendimento come la formazione dei docenti”. Il corso, di durata biennale, si volgerà presso la Facoltà di Medicina di Modena e Reggio Emilia ed è realizzato in collaborazione con la Facoltà di Scienze della Formazione, con la Sipem (Società Italiana di Pedagogia Medica), la Simg, la Scuola di Medicina Generale di Modena e la partecipazione di Studenti di Medicina del Sism (il Segretariato Italiano degli studenti di Medicina). Il Master prenderà il via da marzo 2012 per concludersi a dicembre 2013. Le domande d’iscrizione possono essere presentate entro il 3 febbraio 2012: sono ammessi 30 discenti e 6 uditori (studenti). I criteri di accesso sono specificati nel Bando reperibile al sito www.Unimore.it/bandi/stulau-master.html  
   
   
SPORT E DONNE: TUTELARE LE MAMME ATLETICHE  
 
Assago/Mi, 5 dicembre 2011 - "Essere donna significa sacrificio, determinazione, costanza, coerenza e duttilità: caratteristiche che servono per diventare uno sportivo di professione. Da qualche anno, nello scenario mondiale dello sport, il colore non è più azzurro, segno che, in questo caso, lo sport non ha bisogno di quote per essere rosa". Lo ha detto l´assessore regionale allo Sport e Giovani Monica Rizzi, intervenendo, al Mediolanum Forum di Assago (Mi), nell´ambito della manifestazione ´La Grande Sfida´, al convegno ´Donna e sport … Mamma e Sport´ dedicato alla parità delle atlete nell´ambito dell´attività agonistica. Al convegno, organizzato dal Coni Lombardia, oltre all´assessore Rizzi sono intervenuti, tra gli altri, il presidente del Coni Lombardia Pier Luigi Marzorati, il vice direttore della Gazzetta dello Sport Elio Trifari, la campionessa Olimpica dello sci di fondo Manuela Di Centa, l´ex capitano della Nazionale Italiana Pallavolo femminile Annamaria Marasi e diverse atlete del presente e del passato. "I più grandi successi italiani tra Olimpiadi e Campionati del mondo - ha sottolineato l´assessore Rizzi - hanno visto in cima al podio tantissime giovani donne, alcune anche mamme. Lo sport, e i successi in questo campo ne sono un esempio concreto, è diventato sempre più rosa, segno evidente che le donne sanno mettere, in tutto quello che fanno, una buona dose di grinta e determinazione. Non a caso, noi donne, abbiamo la straordinaria capacità di avere più ruoli contemporaneamente e riusciamo ad essere campionesse nel lavoro, in famiglia e nell´attività sportiva. Molte atlete, infatti, sono delle ´super mamme´, che al collo sfoggiano medaglie iridate: mamme dentro e campionesse fuori". L´assessore Rizzi ha poi ricordato alcune atlete: Valentina Vezzali, Giovanna Trillini, Simona Gioli, a cui i figli non hanno impedito di vincere. "Come politico e donna - ha detto Monica Rizzi in conclusione - ho sempre sostenuto che essere mamma non preclude nessuna strada anche se sono convinta che lo sport necessiti di avere le giuste regole per una maternità tutelata a livello legislativo. Questo è uno dei prossimi impegni su cui vorrei concentrami, perché è giusto che, anche a livello regionale, ci possano essere delle garanzie per chi vuole intraprendere sia il ruolo di mamma che di sportiva".