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Notiziario Marketpress di Lunedì 25 Gennaio 2010
NOME A DOMINIO  
 
Il nome a dominio o domain name identifica l’indirizzo di un sito internet e si compone di tre parti: l’acronimo www, che sta per world wide web, il Second Level Domain o dominio di secondo livello, consistente in un nome, in una sigla, in una frase o in una parola chiave ed il Top Level Domain (Tld) o dominio di primo livello, corrispondente a una specifica sigla che identifica la nazione o l’area geografica di emissione o individua la tipologia del sito (. It per un sito italiano, . Ue per un sito europeo,. Com per un sito commerciale, . Info per un sito di informazione). I nomi a dominio vengono assegnati da enti di registrazione (Registration Authority), che operano in virtù della delega conferita dall’Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), l’organismo nordamericano titolare della gestione del sistema dei nomi a dominio. La maggior parte degli Stati ha una propria Autorità di registrazione e proprie regole di attribuzione dei nomi a dominio, sotto l’egida dell’Icann. In Italia l’assegnazione dei domini con suffisso . It è effettuata dall’Autorità di registrazione nazionale, costituita presso l’Istituto di Informatica e Telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa. I nomi a dominio . It così richiesti sono inseriti nel database gestito dal Registro, che ha anche il ruolo di anagrafe dei domini . It. L’assegnazione dei domini Tld . Eu è affidata al Europe Registry (www. Europeregistry. Com). Ricordiamo che la registrazione del nome a dominio ha solo natura tecnica e non di accertamento costitutivo di un diritto, come avviene, invece, per i diritti di proprietà industriale, che si acquistano solo a seguito di procedura di registrazione o brevettazione prevista dal Codice Pi. Le informazioni utili per la registrazione di un dominio . It sono disponibili sul sito dell’Autorità italiana di registrazione (www. Nic. It). La registrazione di un nome a dominio ha efficacia per un anno dalla data di registrazione e si rinnova automaticamente, salvo espressa richiesta di cancellazione. Per la registrazione e il mantenimento dei nomi a dominio al Registro il richiedente si può rivolgere ad uno dei soggetti accreditati, chiamati Registrar, in base al protocollo Epp (Extensible Provisioning Protocol), senza necessità di inviare alcuna documentazione cartacea (es. La Lar). I costi di registrazione variano - di regola tra 10,00 e 100,00 euro - in funzione dell’offerta commerciale dei fornitori del servizio e della tipologia di servizi richiesti dall’utente (siti web, fornitura di connettività Internet, e-mail, filtri antispam, ecc. ). Il principio che regola le assegnazioni dei nomi a dominio è quello del “first come, first served”: chi chiede l’assegnazione di un nome a dominio non ancora registrato da altri ne ottiene la registrazione e il diritto di utilizzo in esclusiva, indipendentemente dal fatto che tale nome a dominio sia in conflitto con diritti altrui. Gli enti preposti all’assegnazione dei domini non sono tenuti a effettuare alcun controllo preliminare atto a prevenire/evitare la registrazione di segni o marchi confondibili con un marchio registrato da parte di un soggetto diverso dal titolare del segno distintivo.  
   
   
LE AZIONI PREVISTE DAL CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE A TUTELA DEI NOMI A DOMINIO  
 
I titolari dei nomi a dominio possono esercitare le specifiche forme di difesa giudiziale previste dal Codice Pi per i marchi d’impresa in tema di rivendicazione (art. 118, comma 6) e di misure cautelari tipiche (art. 133). L’art. 118, comma 6, prevede che, su domanda di parte e fatta salva l’applicazione di altre forme di tutela, la registrazione di nome a dominio aziendale concessa in violazione del principio di unitarietà dei segni distintivi di cui all’art. 22 o in mala fede, (…), possa essere revocata oppure a lui trasferita da parte dell’autorità di registrazione. L’art. 133 prevede espressamente la possibilità per l’autorità giudiziaria di disporre, in via cautelare, l´inibitoria dell´uso del nome a dominio aziendale illegittimamente registrato, nonché il suo trasferimento provvisorio, subordinandolo, se ritenuto opportuno, alla prestazione di idonea cauzione da parte del beneficiario del provvedimento. L’inibitoria cautelare può essere anticipata anche al momento del deposito della domanda di registrazione. Il giudice nel pronunciare l’inibitoria può fissare a titolo sanzionatorio una somma dovuta dal convenuto per ogni violazione o inosservanza successiva e per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento inibitorio (art. 131, comma 2). La possibilità di ottenere in sede giudiziale e a seguito di un accertamento sommario un provvedimento sostanzialmente anticipatorio degli effetti della sentenza definitiva di merito dipende dalla verosimile esistenza del diritto da tutelare o meglio delle ragioni su cui si fonda in fatto e in diritto la pretesa azionata (fumus boni iuris) e dal pericolo che, nell’attesa e a causa del ritardo nell’adozione di un decisione definitiva sul merito della pretesa, le ragioni del titolare del diritto possano risultare irrimediabilmente pregiudicate (periculum in mora). E’ possibile adire l’autorità giudiziaria per chiedere ed ottenere la revoca della registrazione abusiva di nome a dominio aziendale o l’assegnazione del nome a dominio (trasferimento della registrazione) da parte dell´autorità di registrazione, mediante l’azione di rivendica ai sensi dell’art. 118, co. 6; l´inibitoria, in sede cautelare, dell´uso del nome a dominio aziendale illegittimamente registrato e anche il suo trasferimento provvisorio, in subordine eventualmente alla prestazione di idonea cauzione fissata dal giudice (art. 133); la pubblicazione del provvedimento (ordinanza cautelare o sentenza definitiva) che accerta la violazione del diritto di proprietà industriale in uno o più giornali - comprese riviste specialistiche di settore - integralmente o in sintesi o nella sola parte dispositiva, a spese del soccombente (art. 126); il risarcimento del danno subito a seguito della violazione del diritto di proprietà industriale che deve essere liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del Codice civile. Nel determinare il quantum da risarcire, il giudice deve tenere conto del danno emergente, vale a dire della perdita subita dal legittimo titolare del segno distintivo e del lucro cessante, vale a dire il mancato guadagno ed eventualmente del concorso del fatto colposo del creditore (il titolare del marchio). Se si ritiene che le misure cautelari tipiche previste dal Codice Pi non garantiscano le esigenze cautelari del titolare, è possibile attivare un ricorso ai sensi dell’art. 700 c. P. C. Per ottenere un provvedimento in via d’urgenza (es. Per ottenere l’oscuramento del sito). .  
   
   
LA TUTELA AMMINISTRATIVA DEI NOMI A DOMINIO E L’ARBITRATO IRRITUALE  
 
La protezione dei segni distintivi su internet può seguire anche la strada alternativa e più veloce della tutela amministrativa o quella dell’arbitrato irrituale. Il legittimo titolare di un marchio può avviare una procedura di riassegnazione o un arbitrato, come previsti dal Regolamento per la risoluzione delle dispute nel country code Tld . It (di seguito anche: “Reg. Dispute”), che è parte integrante del Regolamento di assegnazione e gestione dei nomi a dominio, predisposto dall´Authority italiana (il Registro) per risolvere le controversie relative alla registrazione e all’uso dei nomi a dominio . It. Il primo rimedio è la cd. Procedura di rassegnazione: la procedura amministrata di risoluzione delle controversie - Alternative Dispute Resolution - in presenza di determinate circostanze, consente al titolare del segno distintivo tutelato di ottenere il trasferimento del nome a dominio in contestazione. Peraltro, la procedura prevista per il ccTld . It è conforme alla Uniform Domain Name Dispute Resolution Policy, adottata a livello internazionale dall’Icann (applicabile ai domini generici e a quelli dei singoli country code nazionali) e gestita da parte di specifici enti accreditati presso tale organismo (tra i quali anche l’Arbitration and Mediation Center costituito in sede Wipo, che si occupa della procedura relativa ai domini . Com, . Net, . Org, . Aero, . Biz, . Coop, . Info, ecc. ). La procedura, che viene di regola svolta per iscritto, verifica il diritto all’uso o alla disponibilità giuridica del nome a dominio e può essere avviata mediante reclamo su richiesta di qualsiasi persona fisica o giuridica legittimata a registrare un nome a dominio. La decisione sulla riassegnazione di un dominio contestato è rimessa a un apposito Collegio, composto - su richiesta del ricorrente - da 3 esperti, scelti nell’ambito di una lista tenuta da ciascun Psrd e in grado di garantire caratteristiche di imparzialità, indipendenza e comprovata esperienza in materia di internet e nomi a dominio. In mancanza di richiesta, provvede il Psrd a nominare un Collegio unipersonale. Per ottenere la riassegnazione del nome a dominio contestato, il ricorrente deve provare che il nome a dominio in contestazione è identico alla propria denominazione, a un proprio marchio o al proprio nome o a un segno distintivo aziendale, oppure che sia tale da indurre in confusione rispetto al marchio o segno distintivo; l’attuale titolare non ha alcun diritto o titolo in relazione al nome a dominio contestato; l’attuale titolare ha registrato e sta utilizzando il nome a dominio contestato in mala fede. Il secondo rimedio consiste in un arbitrato irrituale (art. 15 del Reg. Dispute), devoluto a un collegio di tre membri scelti (uno per parte e il terzo di comune accordo dagli arbitri di parte) all’interno di un elenco di esperti in materia di nomi a dominio tenuto presso l’Autorità di registrazione, al quale volontariamente l’assegnatario del nome a dominio può vincolarsi per la risoluzione di future dispute. Gli arbitri giudicano secondo equità sulla base di quanto prevedono il Regolamento dispute e le norme dell´ordinamento italiano. La decisione del Collegio è inappellabile nel merito, in quanto è un atto contrattuale, quindi diverso e distinto da una sentenza .  
   
   
NOMI A DOMINIO: LA TUTELA PENALE  
 
Per far valere in sede penale i propri diritti in caso di utilizzo illecito dei nomi a dominio è sufficiente informare l’autorità giudiziaria (Procura della Repubblica o polizia giudiziaria) della notizia di reato mediante denuncia o, se previsto dalla legge, querela. Il ricorso alla tutela penale è ammesso quando il titolare del nome a dominio ha anche registrato il medesimo segno come marchio. Sono ipotizzabili l’applicazione dell’art. 640 c. P, che punisce il reato di truffa, l’art. 629 c. P. , che si riferisce all’estorsione contrattuale, l´articolo 473, relativo alla contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi, l´articolo 513 c. P. , che punisce il reato di turbata libertà dell’industria o del commercio, e l´articolo 517-ter c. P. , relativo alla fabbricazione, l’uso industriale e il commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale .  
   
   
BILANCIO ECOMMERCE 2009: NELL’ANNO DELLA CRISI, EBAY HA AIUTATO GLI ITALIANI A VESTIRSI E CURARE LA PROPRIA CASA. IN DUE ANNI CRESCITA RECORD DEGLI ACQUISTI ONLINE NELLE CATEGORIE CASA, ARREDAMENTO E BRICOLAGE (+44%), BELLEZZA E SALUTE (+28%) E TELEFONIA (+16%)  
 
EBay. It rivela i trend degli acquisti sul web dell’anno appena chiuso: se i prodotti tecnologici rimangono i più gettonati online, con un acquisto ogni 4 secondi, nel 2009 i nostri connazionali hanno comprato un vestito o accessorio di abbigliamento ogni 12 secondi e un prodotto per la casa ogni 17 secondi. Sarà stato forse il periodo economico difficile che abbiamo trascorso, ma sempre più italiani lo scorso anno si sono rivolti al web per i loro acquisti, cogliendo così le opportunità di ampia scelta, comodità e risparmio tangibile che offre l’ecommerce. Secondo un’indagine realizzata da eBay. It, il primo sito di ecommerce in Italia, a fianco dell’intramontabile categoria dei prodotti tecnologici con un oggetto acquistato ogni 4 secondi (in particolare un cellulare o componente ogni 14 secondi), nel 2009 gli italiani hanno comprato su eBay soprattutto abbigliamento e accessori (un vestito o accessorio ogni 12 secondi), oltre che prodotti per la casa, arredamento e il bricolage (un oggetto ogni 17 secondi). Le difficoltà economiche degli anni che ci lasciamo alle spalle giustificano tali dati, trattandosi di categorie di prodotti quasi imprescindibili nel nostro quotidiano. Ma lo scorso anno gli italiani non hanno comunque rinunciato alla cura di sé e a seguire le avanguardie tecnologiche togliendosi qualche sfizio. Analizzando il trend di acquisto su eBay degli ultimi due anni, oltre alla categoria di casa e arredamento sempre in grande aumento negli anni (+44% negli ultimi due anni), le due aree di prodotti che rivelano una crescita maggiore risultano le categorie “bellezza e salute” (+28%) e “telefonia e cellulari” (+16%). Guardando nel dettaglio ai prodotti comprati nel solo ultimo anno, per quanto concerne la cura di sè, grande crescita nel 2009 vs 2008 per l’attrezzatura da make up (+147%), struccanti e creme (+115%) e prodotti per il corpo (+80%). Rispetto alla telefonia, spopolano gli accessori per Blackberry (+415%), gli accessori per l’iPhone (+162%) assieme ai cellulari iPhone (+63%). Qualche altra curiosità rispetto al trend 2009? Sono cresciuti del 146% rispetto al 2008 gli acquisti dei prodotti per animali (crescita che era del +5% nel 2008 vs 2007) e dei termometri per bambini (+102% 2009 vs 2008, mentre era del +9% 2008vs 2007). Saldi, feste natalizie… e freddo invernale motivano all’ecommerce: sono risultati infatti gennaio, dicembre e novembre i mesi di maggior compravendita su eBay. E se vogliamo fare qualche previsione di cosa si comprerà nei prossimi giorni, possiamo guardare a quali prodotti erano cresciuti di più l’anno scorso. A gennaio 2009, rispetto alla media degli altri mesi dello stesso anno, i prodotti con maggior crescita erano stati i travestimenti da bambino (+270%), probabilmente in previsione del carnevale, gli strumenti per lavorare a maglia (+192%), magari a casa davanti al camino, ma anche i vini (con una crescita media a gennaio 09 del +190%). Chissà se anche quest’anno eBay potrà aiutare i nostri connazionali a scaldarsi in inverno con un buon vino italiano…. Ebay è la più grande Community di compravendita online a livello mondiale. Costituita nel 1995, eBay ha creato un grande mercato per la vendita di beni e servizi da parte di una comunità appassionata di singole persone e piccole imprese. Ogni giorno, sono milioni gli articoli in vendita nel sito, suddivisi per migliaia di categorie. Ebay consente gli scambi su base locale, nazionale e internazionale attraverso i suoi ventuno siti nazionali nel mondo. La Community di eBay usufruisce dei vantaggi di un marketplace che combina la vendita all´asta tradizionale con il commercio a prezzo fisso .  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: OFFRIRE AI PROPRI CLIENTI LA PARTECIPAZIONE AD UNA LOTTERIA DOPO UN CERTO NUMERO DI ACQUISTI NON COSTITUISCE AUTOMATICAMENTE UNA PRATICA COMMERCIALE SLEALE (SENTENZA NELLA CAUSA C-304/08: ENTRALE ZUR BEKäMPFUNG UNLAUTEREN WETTBEWERBS EV / PLUS WARENHANDELSGESELLSCHAFT MBH )  
 
Una campagna promozionale di questo genere non può essere vietata dal diritto nazionale a prescindere dalle circostanze della singola fattispecie La direttiva europea 11 maggio 2005, 2005/29/Ce, sulle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno (che modifica la direttiva 84/450/Cee del Consiglio e le direttive 97/7/Ce, 98/27/Ce e 2002/65/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Ce) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») ha lo scopo di contribuire al buon funzionamento del mercato interno e di assicurare un livello elevato di tutela dei consumatori. Essa introduce un divieto generale delle pratiche commerciali sleali atte a falsare il comportamento economico dei consumatori. La direttiva stabilisce altresì norme sulle pratiche commerciali ingannevoli ed aggressive. D’altronde, l’allegato I contiene un elenco delle pratiche commerciali che sono, in ogni caso, sleali. Una società tedesca di vendita al dettaglio, denominata Plus, ha lanciato la campagna promozionale «Ihre Millionenchance» («Diventa milionario!»), con cui il pubblico veniva invitato ad acquistare prodotti venduti nei suoi negozi per accumulare punti. Al raggiungimento di venti punti era possibile partecipare gratuitamente ad alcune estrazioni del Deutscher Lottoblock (associazione nazionale di 16 società che organizzano lotterie). L’associazione tedesca per la lotta contro la concorrenza sleale considerava tale pratica sleale ai sensi della legge tedesca in materia (Uwg), che prevede un divieto generale dei concorsi e dei giochi a premi con obbligo di acquisto. Su domanda dell’associazione, la Plus è stata condannata, in primo e in secondo grado, a cessare tale pratica. La Corte federale di giustizia (Bundesgerichtshof), che deve decidere in ultimo grado su tale controversia, chiede alla Corte di giustizia se la direttiva osti ad un divieto come quello previsto dall’Uwg. Nella sentenza pronunciata in data odierna la Corte constata che la direttiva osta ad una normativa nazionale, come quella prevista dall’Uwg, che prevede un divieto di principio delle pratiche commerciali che subordinano la partecipazione dei consumatori ad un concorso o ad un gioco a premi all’acquisto di una merce o di un servizio, a prescindere dalle circostanze della singola fattispecie. In via preliminare, la Corte rileva che campagne promozionali che subordinano la partecipazione gratuita del consumatore ad una lotteria all’acquisto di una determinata quantità di merci o di servizi costituiscono atti commerciali che si inscrivono chiaramente nel contesto della strategia commerciale di un operatore e sono rivolti direttamente alla promozione e allo smercio delle sue vendite. Ne deriva che esse costituiscono, a tutti gli effetti, pratiche commerciali ai sensi della direttiva e ricadono, conseguentemente, nella sua sfera di applicazione. La Corte rammenta poi che la direttiva realizza un’armonizzazione completa a livello comunitario delle norme relative alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori. Pertanto, come prevede espressamente la direttiva, gli Stati membri non possono adottare misure più restrittive di quelle definite dalla direttiva in parola, neppure al fine di assicurare un livello superiore di tutela dei consumatori. Per quanto riguarda la pratica di cui trattasi nella presente causa, la Corte dichiara che essa non è contemplata nell’allegato I della direttiva, che elenca tassativamente le sole pratiche che possono essere vietate senza essere esaminate caso per caso. Pertanto, tale pratica non può essere vietata senza che venga accertato, con riferimento al contesto di fatto di ogni fattispecie, se essa presenti un carattere «sleale» alla luce dei criteri enunciati dalla direttiva. Tra tali criteri rientra, in particolare, l’accertamento del fatto che la pratica falsa o è idonea a falsare in misura sostanziale il comportamento economico del consumatore medio in relazione al prodotto.  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: È CONSENTITO FISSARE A 30 ANNI L’ETÀ MASSIMA PER L’ASSUNZIONE DI TALUNI VIGILI DEL FUOCO E A 68 ANNI L´ETÀ DI CESSAZIONE DELL´ATTIVITÀ DI DENTISTA CONVENZIONATO (SENTENZE NELLE CAUSE C-229/08 E C-341/08: COLIN WOLF / STADT FRANKFURT AM MAIN E DOMNICA PETERSEN/BERUFUNGSAUSSCHUSS FüR ZAHNäRZTE FüR DEN BEZIRK WESTFALEN-LIPPE)  
 
Tali limiti di età non rappresentano discriminazioni vietate fondate sull´età qualora si tratti di vigili del fuoco che partecipano direttamente alle operazioni antincendio e, nel caso dei dentisti, soltanto se tale limitazione risponde in modo appropriato e coerente ad un obiettivo di protezione della salute o di politica dell´occupazione. La Direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/Ce, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, vieta nel settore dell´occupazione e del lavoro le discriminazioni fondate, tra l´altro, sull´età. Tuttavia la direttiva non si oppone a misure nazionali necessarie per la protezione della salute. Essa consente al legislatore nazionale anche di prevedere che, in certi casi, una differenza di trattamento, sebbene fondata sull´età o su una caratteristica legata all´età, non rappresenti una discriminazione e non sia quindi vietata. È quindi ammissibile una differenza di trattamento fondata su una caratteristica legata all´età qualora, a causa della natura di un’attività professionale o delle condizioni del suo esercizio, tale caratteristica costituisca un requisito professionale essenziale e determinante. Una differenza di trattamento fondata sull´età può essere ammessa anche qualora sia necessaria per proteggere la salute o ancora qualora sia giustificata da un obiettivo legittimo nei settori, tra gli altri, della politica dell´occupazione, del mercato del lavoro o della formazione professionale. Il Land dell’Assia (Germania) fissa a 30 anni l´età massima per l’assunzione di vigili del fuoco del servizio tecnico intermedio che partecipano, tra le altre, alle operazioni antincendio. Tale limite di età mira a garantire il carattere operativo ed il buon funzionamento del corpo dei vigili del fuoco professionali. Il sig. Colin Wolf ha fatto domanda presso la città di Francoforte per essere assunto nel servizio tecnico intermedio dei vigili del fuoco. La sua domanda non è stata presa in considerazione a causa del fatto che egli superava il limite di età dei 30 anni: alla data della presentazione della domanda aveva 29 anni, ma alla data prevista per l’assunzione ne avrebbe avuti 31. Il tribunale amministrativo di Francoforte sul Meno, dinanzi al quale il sig. Wolf ha citato la città di Francoforte per risarcimento danni, ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sul margine di discrezionalità di cui dispone il legislatore nazionale per prevedere che differenze di trattamento fondate sull´età non rappresentino discriminazioni vietate dal diritto comunitario. Nella sentenza pronunciata nella causa Wolf, la Corte dichiara che la direttiva non osta a tale limite di età, come previsto dal Land dell’Assia per l´assunzione dei vigili del fuoco del servizio tecnico intermedio. Infatti, la differenza di trattamento basata sull´età provocata da tale limite d´età soddisfa tutte le condizioni previste dalla direttiva per essere giustificata. L´intento di garantire il carattere operativo ed il buon funzionamento del servizio dei vigili del fuoco professionali rappresenta infatti un obiettivo legittimo. Inoltre, il fatto di disporre di capacità fisiche particolarmente elevate può essere considerato un requisito professionale essenziale e determinante per l´esercizio della professione di vigile del fuoco del servizio tecnico intermedio, i cui membri partecipano, tra le altre, alle operazioni antincendio e di soccorso alle persone. La necessità di disporre della piena capacità fisica per svolgere tale attività è legata all´età dei membri di tale servizio, in quanto, secondo i dati scientifici presentati dal governo tedesco, solo una minoranza di funzionari di età superiore ai 45 anni dispone di capacità fisiche sufficienti per svolgere l’attività nel settore delle operazioni antincendio. D´altra parte, il limite di età può essere considerato, da un lato, appropriato all´obiettivo di garantire il carattere operativo ed il buon funzionamento del servizio dei vigili del fuoco professionali e, dall´altro, non eccedente quanto necessario alla realizzazione di tale obiettivo. Per quanto riguarda la causa Petersen, il codice tedesco di sicurezza sociale, nella sua versione applicabile a tale causa, prevedeva che l´abilitazione all´esercizio, nell´ambito del regime legale obbligatorio tedesco di assicurazione malattia, dell’attività di dentista convenzionato scadesse al termine del trimestre in cui il dentista convenzionato avesse compiuto i 68 anni di età. Al di fuori di tale sistema convenzionato, i dentisti possono esercitare la loro professione indipendentemente dall‘età. In Germania, il 90% dei pazienti è affiliato al regime legale obbligatorio di assicurazione malattia. La sig. Ra Domnica Petersen era abilitata a fornire cure dentali convenzionate dal 1974. Nell´aprile 2007 ha compiuto 68 anni. Dinanzi al tribunale amministrativo di Dortmund (Germania), ella contesta la decisione della competente commissione di abilitazione dei dentisti secondo cui la sua abilitazione ad esercitare come dentista convenzionata sarebbe scaduta alla fine del giugno 2007. Tale giudice sottopone alla Corte di giustizia diverse questioni relative alla compatibilità del citato limite di età con la direttiva 2000/78. Esso rileva in particolare che, secondo la Corte costituzionale federale, tale limite d´età sarebbe giustificato dalla necessità di tutelare i pazienti e che, secondo la Corte federale in materia sociale, esso sarebbe giustificato dall´obiettivo di mantenere le possibilità di occupazione dei giovani dentisti convenzionati. Nella sentenza Petersen, la Corte dichiara che uno Stato membro può legittimamente considerare necessaria la fissazione di un limite d´età per l´esercizio di una professione medica come quella di dentista, al fine di tutelare la salute dei pazienti. Tuttavia, la direttiva osta ad una misura nazionale che fissa un limite di età massimo per l´esercizio della professione di dentista convenzionato, nel caso di specie 68 anni, qualora tale misura abbia come solo obiettivo la tutela della salute dei pazienti a fronte di un calo delle prestazioni di tali dentisti oltre questa età, dal momento che lo stesso limite di età non è applicabile ai dentisti non convenzionati. Infatti, una misura del genere è incoerente e non può quindi essere considerata necessaria per la protezione della salute. Al contrario, la direttiva non osta ad un siffatto limite di età qualora esso abbia come obiettivo la ripartizione delle possibilità di occupazione tra le generazioni nell’ambito della professione di dentista convenzionato se, tenuto conto della situazione del mercato del lavoro interessato, tale misura è appropriata e necessaria per raggiungere tale obiettivo. L´età di 68 anni appare sufficientemente avanzata per servire da termine all´abilitazione ad esercitare come dentista convenzionato. Spetta al giudice nazionale identificare l´obiettivo perseguito dal limite di età per i dentisti convenzionati. Qualora tale limite d´età sia, considerato l’obiettivo che esso persegue, contrario alla direttiva, spetta al giudice nazionale investito di una controversia tra un singolo e un organismo amministrativo, quale la commissione di abilitazione dei dentisti, disapplicarlo, anche se è stato introdotto precedentemente alla direttiva e il diritto nazionale non ne prevede la disapplicazione .  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA : LA GERMANIA HA VIOLATO IL DIRITTO COMUNITARIO LIMITANDO SOLTANTO ALLE PROPRIE IMPRESE LA POSSIBILITÀ DI CONCLUDERE CON IMPRESE POLACCHE CONTRATTI D’APPALTO RELATIVI A LAVORI DA REALIZZARE SUL SUO TERRITORIO (SENTENZA NELLA CAUSA C-546/07: COMMISSIONE / GERMANIA)  
 
Siffatta restrizione è discriminatoria e non può essere giustificata. Per far fronte a gravi perturbazioni del proprio mercato del lavoro, in conformità dell´atto di adesione del 2003 della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea, la Germania può, previa comunicazione alla Commissione, limitare, nell’ambito della prestazione di servizi, la circolazione dei lavoratori distaccati da imprese stabilite in Polonia. Tale restrizione può essere mantenuta qualora la Germania applichi misure nazionali o misure contemplate da accordi bilaterali concernenti la libera circolazione di lavoratori polacchi. Tuttavia, l’applicazione di siffatta restrizione non deve determinare, nell’ambito della prestazione transnazionale di servizi tra la Germania e la Polonia, condizioni di temporanea circolazione dei lavoratori più restrittive di quelle esistenti alla data della firma del trattato di adesione (clausola di «standstill»). Ai sensi della Convenzione tra il governo della Repubblica federale di Germania e il governo della Repubblica di Polonia del 31 gennaio 1990, relativa al distacco di lavoratori di imprese polacche per l’esecuzione di contratti d’appalto, nel testo di cui al 1º marzo e al 30 aprile 1993, ai lavoratori polacchi distaccati per un’attività temporanea sulla base di un contratto di lavoro concluso tra un imprenditore polacco e un’impresa «della controparte» (lavoratori con contratto a tempo determinato), a prescindere dalla situazione e dall’andamento del mercato del lavoro, viene in linea di principio rilasciato un permesso di lavoro. Una direttiva dell’Agenzia federale per l’impiego tedesca, relativa all’impiego di lavoratori stranieri dei nuovi Stati membri dell’Unione europea, vieta la conclusione di contratti d’appalto che consentono di impiegare manodopera straniera in un distretto in cui il tasso di disoccupazione medio negli ultimi sei mesi sia superiore di almeno il 30% al tasso di disoccupazione globale della Germania. L’elenco dei distretti soggetti a tale restrizione viene aggiornato ogni tre mesi. La Commissione ritiene che, impedendo alle imprese di Stati membri diversi dalla Germania che desiderino eseguire contratti d’appalto in Germania di concludere contratti con un imprenditore polacco, a meno che le imprese di detti altri Stati membri non creino una filiale in Germania, tale Stato membro sia venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della libera prestazione di servizi. Nel proprio ricorso per inadempimento la Commissione, sostenuta dalla Polonia, fa altresì valere che la Germania ha violato la clausola di «standstill», inserita nel trattato di adesione del 2003, avendo ampliato le restrizioni regionali per l’accesso al mercato del lavoro. Sulla restrizione alla conclusione di contratti d´appalto La Corte rammenta anzitutto che la libera prestazione dei servizi implica l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore a causa della sua cittadinanza o del fatto che sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui la prestazione deve essere fornita. Pertanto, la condizione secondo cui un´impresa deve creare un centro di attività stabile o una filiale nello Stato membro in cui viene eseguita la prestazione si pone direttamente in contrasto con la libera prestazione dei servizi, dal momento che rende impossibile la prestazione di servizi in questo Stato membro da parte di imprese stabilite in altri Stati membri. La Corte constata poi che, interpretando i termini «impresa della controparte» di cui alla convenzione tedesco-polacca come riferiti solo alle imprese tedesche, la Germania crea una discriminazione diretta contraria al Trattato Ce nei confronti dei prestatori di servizi stabiliti in Stati membri diversi dalla Germania che desiderino concludere un contratto d´appalto con un´impresa polacca e beneficiare così, fornendo servizi in Germania, della quota di lavoratori polacchi garantita ai sensi di tale convenzione. La Corte rileva che, dopo l´adesione della Polonia all´Unione, la convenzione tedesco-polacca concerne due Stati membri, con la conseguenza che le disposizioni di tale convenzione possono applicarsi nelle relazioni tra questi Stati membri solo nel rispetto del diritto comunitario, in particolare delle norme del Trattato in materia di libera prestazione dei servizi. La Corte sottolinea che norme discriminatorie possono essere giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. Tuttavia, il ricorso a simili giustificazioni presuppone l´esistenza di una minaccia effettiva e sufficientemente grave nei confronti di uno degli interessi fondamentali della collettività. Adducendo in particolare la necessità di assicurare un controllo efficace della corretta applicazione della convenzione tedesco-polacca, la Germania non ha fatto valere alcun elemento convincente che possa giustificare restrizioni di una libertà fondamentale. Sulla clausola di «standstill» La Corte ritiene che la circostanza che, successivamente alla data della firma del trattato di adesione, siano stati aggiunti i nuovi distretti di Bremerhaven, Bochum, Dortmund, Duisburg, Essen, Wuppertal, Dresda, Colonia, Oberhausen e Recklinghausen (all´elenco di quelli per i quali non sono autorizzati i contratti di appalto in base alla convenzione tedesco-polacca) non equivale ad una violazione della clausola di «standstill». Infatti, non sono stabilite condizioni più restrittive quando la diminuzione del numero di lavoratori polacchi che possono essere distaccati nell´ambito della fornitura di servizi in Germania è la mera conseguenza dell´applicazione, dopo tale data, di una clausola i cui termini sono rimasti identici ad una situazione di fatto nel mercato del lavoro che si è evoluta. Quindi, l´elenco aggiornato ogni tre mesi dei distretti soggetti al divieto riveste, in questo ambito, un carattere puramente dichiarativo, mentre non vi è stato né un peggioramento della situazione giuridica né una modifica in senso sfavorevole della prassi amministrativa tedesca. La Corte osserva che tale interpretazione è corroborata dalla finalità di siffatte clausole di «standstill», consistente nel divieto che uno Stato membro possa adottare nuove misure che abbiano per oggetto o per effetto di stabilire condizioni più restrittive di quelle che erano applicabili al momento dell´entrata in vigore di dette clausole .  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: NON DISCRIMINAZIONE IN BASE ALL´ETÀ(SENTENZA C-555/07, SEDA KüCüKDEVECI / SWEDEX GMBH & CO. KG)  
 
La Corte di giustizia dell´Unione europea riafferma l´esistenza di un principio di non-discriminazione in base all´età. La normativa tedesca che prevede che i periodi di lavoro compiuti prima dell´età di 25 anni non sono presi in considerazione nel calcolo del termine per il preavviso per il licenziamento è contraria al principio di non discriminazione in funzione dell´età come definito dalla direttiva 2000/78, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Il giudice nazionale deve omettere di applicare tale normativa-anche in una controversia fra soggetti privati. La signora Kükükdeveci, impiegata sin dal suo diciottesimo anno di età dalla società Swedex, è stata licenziata in seguito ad un preavviso di un mese. Il datore di lavoro ha calcolato il termine di preavviso come se avesse un´anzianità di 3 - e non di 10 - anni.  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: ASSISTENZA RECIPROCA IN MATERIA DI RECUPERO DEI CREDITI – POTERE DI CONTROLLO DEI GIUDICI DELLO STATO MEMBRO IN CUI SI CHIEDE L’ESECUZIONE (SENTENZA NELLA CAUSA C-233/08, MILAN KYRIAN CONTRO CELNí úøAD TáBOR)  
 
La domanda verte sull’interpretazione della direttiva 76/308/Cee, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure. Essa è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone il sig. Kyrian all‘Ufficio doganale di Tabor (Cz), in merito alla verifica dell’esecutorietà di un titolo che consente il recupero di un credito emesso dall’ufficio principale delle dogane di Ratisbona (D). Nel 1999, l’Ufficio doganale centrale di Weiden (D) emetteva un avviso di imposta a carico di Milan Kyrian, residente in Repubblica Ceca, per il pagamento di accise per un importo di 218 520 Dem. Il titolo esecutivo tedesco veniva notificato tramite il Ministero delle finanze – direzione generale delle dogane, Repubblica ceca (in prosieguo: l’«autorità adita nel procedimento principale»). Nel 2004, lo Hauptzollamt Regensburg, autorità richiedente, emetteva un avviso di pagamento e chiedeva, in applicazione della direttiva 76/308, all’autorità adita nella causa principale di procedere al recupero delle accise in forza del titolo esecutivo rilasciato dallo Hauptzollamt Weiden. Il sig. Kyrian adiva in giudice competente in Repubblica Ceca e sosteneva che l’identificazione del destinatario attraverso il titolo esecutivo rilasciato dall’Ufficio doganale di Weiden fosse insufficiente, poiché il detto titolo avrebbe potuto applicarsi a suo padre e a suo figlio, che del pari si chiamano Milan Kyrian e abitano al medesimo indirizzo. Inoltre, non comprendendo i documenti in lingua tedesca a lui inviati dalle autorità doganali tedesche, non ha potuto adottare le misure opportune per far valere i suoi diritti. Il Nejvyšší správní (giudice di cassazione ceco) si è rivolto alla Corte di giustizia dell’Unione europea chiedendo se i giudici dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita siano competenti, da un lato, a verificare l’esecutorietà del titolo esecutivo e, dall’altro lato, a controllare se detto titolo sia stato regolarmente notificato al debitore. A. Verifica dell’esecutorietà del titolo La direttiva 76/308 fissa norme comunitarie circa la reciproca assistenza al fine di garantire il recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi e imposte. Il titolo esecutivo per il recupero del credito è riconosciuto direttamente e trattato automaticamente come uno strumento che consente l’esecuzione di un credito dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita. Esso può essere, all’occorrenza e secondo le disposizioni in vigore nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, omologato, riconosciuto, completato o sostituito con un titolo che ne autorizzi l’esecuzione nel territorio di detto Stato membro, ma tali formalità non possono essere rifiutate quando il titolo esecutivo è redatto correttamente. La direttiva prevede una ripartizione delle competenze a conoscere delle contestazioni vertenti sul credito, sul titolo esecutivo o su misure di esecuzione tra gli organi dello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente e quelli dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita. Tale ripartizione è corollario del fatto che il credito e il titolo esecutivo vengono emessi sulla base del diritto vigente nello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente, mentre, per i provvedimenti esecutivi adottati nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, quest’ultima applica le disposizioni previste dal proprio diritto nazionale. In linea di principio, conoscere della fondatezza delle contestazioni vertenti sul credito o sul titolo esecutivo rientra nella competenza esclusiva degli organi dello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente. Non è consentito, in linea di principio, all’autorità adita di mettere in discussione la validità e l’esecutorietà dell’atto o della decisione di cui viene chiesta la notifica dall’autorità richiedente, ma, in via eccezionale, gli organi dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita sono autorizzati a verificare se l’esecuzione del titolo sia atta a ledere il suo ordine pubblico. B. Verifica della regolarità della notifica La prima fase dell’esecuzione del recupero è proprio la notifica al destinatario, ad opera dell’autorità adita, di tutti gli atti e le decisioni relativi ad un credito provenienti dallo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente; pertanto ogni azione avverso la notifica deve essere promossa dinanzi all’organo competente dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita. Essa è effettuata secondo le norme di legge in vigore per la notifica degli atti corrispondenti nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita e l’organo competente dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita è quello che si trova nella posizione migliore per interpretare le disposizioni legislative e regolamentari in vigore in tale Stato membro. Il supremo giudice ceco chiede poi se sia regolare la notifica di un titolo esecutivo qualora sia stata effettuata nel territorio dello Stato membro in cui l’autorità adita ha sede, in una lingua che il destinatario non comprende e che non è neppure la lingua ufficiale di detto Stato membro. La direttiva 76/308 mira a garantire l’effettiva realizzazione delle notifiche di tutti gli atti e quindi deve rispettare i legittimi interessi dei destinatari di dette notifiche. La funzione della notifica effettuata in tempo utile è quella di porre il destinatario in grado di comprendere l’oggetto e la causa dell’atto notificato e di far valere i suoi diritti. Ciò avviene se la notifica sia effettuata in una lingua ufficiale dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita. La direttiva 76/308 non prevede conseguenze in caso di notifica in una lingua diversa e pertanto spetta al giudice nazionale applicare il suo diritto nazionale, vegliando nel contempo affinché sia garantita la piena efficacia del diritto comunitario. Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: 1) L’art. 12, n. 3, della direttiva del Consiglio 15 marzo 1976, 76/308/Cee, relativa all’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dati, imposte e altre misure, come modificata dalla direttiva del Consiglio 15 giugno 2001, 2001/44/Cee, deve essere interpretato nel senso che i giudici dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita non sono, in linea di principio, competenti a verificare l’esecutorietà del titolo esecutivo che consente il recupero. Per contro, nell’ipotesi in cui un giudice di tale Stato membro sia adito con un ricorso avverso la validità o la regolarità dei provvedimenti di esecuzione, come la notifica del titolo esecutivo, tale giudice ha il potere di verificare se tali provvedimenti siano stati regolarmente eseguiti, conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari di detto Stato membro. 2) Nell’ambito della reciproca assistenza istituita in forza della direttiva 76/308, come modificata dalla direttiva 2001/44, il destinatario di un titolo esecutivo che consente il recupero, per essere posto in grado di far valere i suoi diritti, deve ricevere la notifica di tale titolo in una lingua ufficiale dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita. Al fine di garantire il rispetto di tale diritto, spetta al giudice nazionale applicare il proprio diritto nazionale vegliando al contempo affinché sia assicurata la piena efficacia del diritto comunitario .  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LA CORTE PRECISA LA PORTATA DELLE REGOLE CHE DISCIPLINANO IL RICONOSCIMENTO DELLE DECISIONI RELATIVE ALLE PROCEDURE DI INSOLVENZA DA PARTE DEGLI STATI MEMBRI (SENTENZA NELLA CAUSA C‑444/07 : MG PROBUD GDYNIA SP. Z O.O)  
 
Dopo l’apertura di una procedura principale di insolvenza in uno Stato membro, le autorità di un altro Stato membro sono in linea di principio tenute a riconoscere e ad eseguire tutte le decisioni che la riguardano. La Mg Probud, impresa del settore edile con sede sociale in Polonia, effettuava, nell’ambito delle attività della sua filiale, lavori di costruzione in Germania. Nel 2005 tale società è stata dichiarata insolvente da un giudice polacco. In seguito ad un procedimento avviato dallo Hauptzollamt Saarbrücken (ufficio doganale principale di Saarbrücken) a carico del direttore della filiale tedesca della Mg Probud, sospettato di violazione della legislazione sul distacco dei lavoratori a causa del mancato pagamento dei salari e dei contributi sociali di diversi operai polacchi, l’Amtsgericht Saarbrücken (tribunale di primo grado di Saarbrücken) ha ordinato il pignoramento degli averi depositati in banca dall’impresa per un importo di Eur 50 683,08 nonché il sequestro conservativo di diversi crediti che quest’ultima vantava nei confronti di controparti tedesche. Nell’ambito della procedura di insolvenza, il Sąd Rejonowy di Gdańsk-północ w Gdańsku (tribunale distrettuale di Danzica, Polonia) si interroga sulla legittimità dei sequestri operati dalle autorità tedesche dal momento che il diritto polacco, il quale costituisce la legge applicabile alla procedura di insolvenza in ragione del fatto che la Polonia è lo Stato in cui si è di aperta tale procedura, non ammetterebbe siffatti sequestri dopo che è stata dichiarata l’insolvenza dell’impresa. In tale contesto, il suddetto giudice ha chiesto alla Corte di giustizia se, in seguito all’apertura di una procedura principale di insolvenza in uno Stato membro, le autorità nazionali di un altro Stato membro abbiano il diritto, conformemente alla loro legislazione, da un lato, di ordinare il sequestro di beni del debitore dichiarato insolvente situati sul territorio di quest’ultimo Stato membro e, dall’altro, di rifiutare di riconoscere e, se del caso, di eseguire le decisioni relative allo svolgimento ed alla chiusura di una procedura di insolvenza aperta nel primo Stato membro. La Corte ricorda anzitutto che il Regolamento (Ce) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolvenza, come modificato dal regolamento (Ce) del Consiglio 12 aprile 2005, n. 603 prevede due tipi di procedura. La procedura di insolvenza aperta dal giudice competente dello Stato membro sul territorio del quale si trova il centro degli interessi principali del debitore, denominata «procedura principale», produce effetti universali, poiché si applica ai beni del debitore situati in tutti gli Stati membri. Vero è che una procedura può essere aperta in un momento successivo dal giudice competente dello Stato membro in cui il debitore possiede una dipendenza, ma tale procedura, denominata «procedura secondaria», produce effetti limitati ai beni del debitore che si trovano sul territorio di tale secondo Stato. Ne deriva che solo l’apertura di una procedura secondaria di insolvenza può limitare la portata universale della procedura principale di insolvenza. La Corte osserva poi che la decisione di apertura di una procedura di insolvenza in uno Stato membro è riconosciuta in tutti gli altri Stati membri non appena essa produce effetto nello Stato in cui la procedura è aperta e produce in ogni altro Stato membro, senza altra formalità, gli effetti previsti dalla legge dello Stato di apertura. Parimenti, il riconoscimento delle decisioni diverse da quella relativa all’apertura della procedura di insolvenza avviene anch’esso in maniera automatica. Quanto all’esecuzione delle decisioni relative ad una procedura di insolvenza, la Corte sottolinea che, in ossequio al regolamento comunitario, sono previsti soltanto due motivi di rifiuto. Da una parte, gli Stati membri non sono tenuti a riconoscere o eseguire una decisione relativa allo svolgimento ed alla chiusura di una procedura di insolvenza che abbia come effetto una limitazione della libertà personale o del segreto postale. D’altra parte, uno Stato membro può rifiutarsi di riconoscere una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro o di eseguire una decisione presa nell’ambito di detta procedura, qualora il riconoscimento o l’esecuzione possano produrre effetti palesemente contrari al proprio ordine pubblico, in particolare ai principi fondamentali o ai diritti e alle libertà personali sanciti dalla propria costituzione. La Corte constata che, in ragione della portata universale che deve essere attribuita a qualsiasi procedura principale di insolvenza, la procedura di insolvenza aperta in Polonia include tutti gli attivi della Mg Probud, ivi compresi quelli situati in Germania, e che la legge polacca disciplina non soltanto l’apertura della procedura di insolvenza, ma anche lo svolgimento e la chiusura di quest’ultima. Per tale ragione la legge in questione è chiamata a disciplinare la sorte dei beni situati negli altri Stati membri nonché gli effetti della procedura di insolvenza sulle misure che possono essere applicate a tali beni. Dato che la legge polacca relativa all’insolvenza ed al risanamento delle imprese, non permette, successivamente all’apertura di una procedura di insolvenza, di avviare nei confronti del debitore procedure esecutive sui beni costituenti la massa fallimentare, le competenti autorità tedesche non potevano validamente ordinare, applicando la legislazione tedesca, provvedimenti esecutivi sui beni della Mg Probud situati in Germania. La Corte conclude quindi che, successivamente all’apertura di una procedura principale di insolvenza in uno Stato membro, le autorità competenti di un altro Stato membro, in cui non sia stata aperta alcuna procedura secondaria di insolvenza, sono tenute in linea di principio a riconoscere ed eseguire tutte le decisioni relative alla procedura principale di insolvenza e non hanno quindi il diritto di ordinare, applicando la legislazione di quest’altro Stato membro, provvedimenti esecutivi sui beni del debitore dichiarato insolvente situati sul territorio del suddetto altro Stato membro, qualora non lo permetta la legislazione dello Stato di apertura. Marilena. Cavassa@curia. Europa. Eu Giustizia europea. Gli Stati membri possono rifiutarsi di approvare l’elenco dei siti di importanza comunitaria elaborato dalla Commissione unicamente per motivi di tutela dell’ambiente (Sentenza nella causa C-226/08: Stadt Papenburg / Bundesrepublik Deutschland) I lavori di dragaggio del fiume Ems, previsti successivamente all’iscrizione di talune sue parti nell’elenco dei siti di importanza comunitaria, devono essere effettuati nel rispetto dell’obbligo di tutela generale derivante dalla direttiva habitat. Come previsto dalla Direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/Cee, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come modificata dalla direttiva del Consiglio 20 novembre 2006, 2006/105/Ce, la rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali e habitat delle specie previsti dalla direttiva, deve garantire il loro mantenimento, ovvero ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente. Ai sensi della direttiva, ogni Stato membro trasmette alla Commissione un elenco di siti da proteggere in quanto siti di importanza comunitaria. La Commissione elabora poi, in base a criteri ambientali e di concerto con gli Stati membri, un elenco dei siti di importanza comunitaria. Qualsiasi piano o progetto che possa incidere in modo significativo su un sito protetto forma oggetto, a livello nazionale, di un’opportuna valutazione del suo impatto sul sito medesimo, tenendo conto degli obiettivi di conservazione dello stesso. Le autorità nazionali possono solo approvare piani e progetti che non pregiudicheranno l´integrità del sito stesso. Papenburg è una città portuale della Bassa Sassonia (Germania) che si trova sulle rive dell’Ems, dov’è situato un cantiere navale. Al fine di rendere possibile alle navi di stazza maggiore lo spostamento dal cantiere navale fino al Mare del Nord, l’Ems dev’essere reso più profondo mediante dragaggi. Nel 1994 è stato consentito alla Stadt Papenburg di procedere a lavori di dragaggio di tale fiume. Detta autorizzazione è definitiva e implica che i futuri dragaggi necessari devono ritenersi autorizzati. La Commissione ha iscritto alcuni tratti dell’Ems situati a valle del territorio comunale della Stadt Papenburg nel suo progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria e ha invitato la Germania a dare il suo consenso a tale proposito. La Stadt Papenburg ha adito il Verwaltungsgericht Oldenburg (Tribunale amministrativo di Oldenburg), chiedendo che alla Germania fosse inibita la prestazione del consenso e che i dragaggi necessari alla navigabilità dell’Ems non siano obbligatoriamente assoggettati in futuro, in ogni singolo caso, ad una valutazione dell’impatto ai sensi della direttiva. Il giudice tedesco chiede alla Corte di giustizia di chiarire le condizioni in presenza delle quali uno Stato membro può rifiutarsi di approvare il progetto di elenco di siti di importanza comunitaria. Esso chiede, inoltre, se i continui dragaggi dell’Ems previsti e approvati dalle autorità tedesche prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva debbano essere assoggettati alla valutazione imposta dalla stessa. La Corte constata, anzitutto, che i criteri di valutazione dell´importanza comunitaria di un sito sono definiti in funzione dell’obiettivo di conservazione degli habitat naturali o della fauna e della flora selvatiche figuranti nella direttiva, nonché dell’obiettivo di coerenza di Natura 2000. Orbene, tali obiettivi hanno carattere ambientale. Di conseguenza, gli Stati membri possono rifiutarsi di approvare l’inclusione di uno o più siti nell’elenco dei siti di importanza comunitaria elaborato dalla Commissione unicamente per motivi di tutela dell’ambiente. Esigenze economiche, sociali e culturali, nonché particolarità regionali e locali non sono atte a giustificare un siffatto rifiuto. Inoltre, la Corte rileva che il fatto che i lavori di dragaggio dell’Ems siano stati autorizzati in via definitiva in base al diritto tedesco prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva non osta, di per sé, a che tali lavori possano essere considerati, per ogni intervento nel canale navigabile, come progetti distinti. In tal caso, ciascuno di tali progetti dev’essere assoggettato, nella misura in cui possa avere incidenze significative sul sito interessato, ad una valutazione del suo impatto conformemente alla direttiva. Tuttavia, qualora si possa ritenere, in considerazione, segnatamente, della frequenza, della natura o delle condizioni di esecuzione dei lavori di manutenzione di cui trattasi, che questi ultimi costituiscano un’unica operazione, in particolare qualora essi siano finalizzati al mantenimento di una certa profondità del canale navigabile con dragaggi regolari e necessari a tal fine, tali lavori possono essere considerati quale unico e solo progetto ai sensi della direttiva. In tal caso, un siffatto progetto che sia stato autorizzato prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva non sarebbe soggetto alla previa valutazione dell’incidenza del progetto sul sito interessato. Nondimeno, qualora un sito sia iscritto nell’elenco dei siti di importanza comunitaria adottato dalla Commissione, l’esecuzione di lavori di qualsivoglia genere è soggetta ad un obbligo di tutela generale derivante dalla direttiva, al fine di evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie o perturbazioni significative delle specie per cui le zone protette sono state designate. Infine, la Corte precisa che un sito, dal momento in cui figura in un elenco nazionale trasmesso alla Commissione ai fini della sua iscrizione nell’elenco comunitario, non debba essere soggetto ad interventi che rischino di compromettere seriamente le sue caratteristiche ecologiche .  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: ACCESSO AI DOCUMENTI T-355/04 E T-446/04)  
 
Il Tribunale dell´Unione europea ha respinto oggi, con sentenza, la domanda della società Co-frutta, cooperativa di maturatori di banane, di annullare due decisioni (una implicita ed una di rigetto) della Commissione circa l´accesso ad alcuni documenti relativi all´importazione delle banane nell´Ue. Da notizie apparse sulla stampa italiana, la cooperativa era venuta a conoscenza del fatto che, tra il marzo 1998 e il giugno 2000, alcuni quantitativi di banane sarebbero stati importati fraudolentemente nella Comunità a dazio ridotto, sulla base di falsi titoli di importazione. Ritenendo di essere stata danneggiata da tali importazioni, chiedeva alla Commissione di avere accesso a determinati documenti. Contro la sentenza odierna (Allegata), può essere presentato, entro 2 mesi, un ricorso per soli motivi di diritto dinanzi alla Corte di giustizia Europa. (Con sentenza T‑47/01 del 16 ottobre 2003, il Tribunale aveva già respinto il ricorso proposto dalla ricorrente nei confronti di una prima decisione della Commissione che le aveva parzialmente negato l’accesso a taluni documenti relativi al regime comunitario di importazione delle banane. ) .  
   
   
L’EQUO COMPENSO PENALIZZA L’INDUSTRIA ITALIANA DELL’IT E IL SISTEMA IMPRENDITORIALE NEL SUO COMPLESSO  
 
“Il decreto ministeriale reso pubblico in data 14 gennaio dal Mibac, reca un danno gravissimo sia all’industria dell’innovazione – in particolare quella informatica – sia al sistema imprenditoriale nel suo complesso. I dati presentati dall’Associazione nel corso del 2009 hanno evidenziato una diminuzione forte del mercato It italiano, con cali mai visti in questo comparto, specialmente nel sottosettore dei prodotti hardware. All’inizio del 2010 tutto ci attendevamo, meno che un’ulteriore penalizzazione per l’industria nazionale dell’It e dei suoi clienti principali, cioè le aziende italiane. Il nuovo balzello, infatti, va a danno anche delle imprese oltre che dei consumatori, perché penalizza i personal computer anche per uso professionale e colpisce la crescita della capacità di memoria dei dispositivi, andando contro lo sviluppo della tecnologia. Anche l’ eventuale rimborso da parte della Siae di tale balzello sul materiale utilizzato dalle imprese introdurrebbe una nuova burocrazia di cui francamente non sentiamo il bisogno. Non ci aspettavamo questa tassa sull’ innovazione proprio ora che si vedono i primi timidi segnali di ripresa dopo la lunga crisi; al contrario bisognerebbe agire con forza sulla leva dell’innovazione per lo sviluppo del paese” questa la dura presa di posizione del Presidente di Assinform (l’associazione di Confindustria delle imprese di informatica), Paolo Angelucci, dopo l’uscita del provvedimento che rivede i compensi per la copia privata in Italia .  
   
   
PIRATE BAY: LA CASSAZIONE HA CONCLUSO LA VICENDA DEL SEQUESTRO  
 
La terza sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 49437/09 del 29 settembre 2009, relativa alla vicenda del sequestro del sito di Pirate Bay, operato dal Pm di Bergamo, ha deciso che il giudice ordinario può "disporre il sequestro preventivo del sito web il cui gestore concorra nell’attività penalmente illecita di diffusione nella rete Internet di opere coperte dal diritto d’autore, senza averne diritto, richiedendo contestualmente che i provider del servizio di connessione Internet escludano l’accesso al sito, al limitato fine di precludere l’attività di illecita diffusione di tali opere". Con tali motivazioni, pubblicate solo di recente, la Corte ha accolto il ricorso del procuratore capo di Bergamo ed annullato con rinvio l’ordinanza con cui il Tribunale del Riesame aveva annullato il sequestro preventivo disposto dal Gip del sito web www. Thepiratebay. Org, perché, pur ritenendo sussistente il "fumus delicti" ed il "periculum" del reato, la misura cautelare, a suo parere, si risolveva in una "inibitoria atipica" nell’ordinare ai provider di non fornire la loro prestazione .  
   
   
FIMI: NUOVO PARTNER PER LA COMPILAZIONE DELLE CLASSIFICHE UFFICIALI DEI DISCHI PIÙ VENDUTI  
 
Fimi, la Federazione di Confindustria che rappresenta le principali aziende discografiche italiane, dallo scorso 1° gennaio si avvale, per la compilazione delle classifiche ufficiali di vendita di cd e dvd musicali, della società Gfk Retail and Technology Italia. Le classifiche settimanali comprendono i dati di vendita nei canali Ipermarket e Supermarket, Technical Superstore (grande distribuzione specializzata in elettronica di consumo), Entertainment Specialist (catene specializzate nell’intrattenimento multi settoriale: Musica, Libri, Video e Giochi), Music Independent specialist (negozi specializzati) e Internet Sales (vendite di musica fisica effettuata attraverso siti internet) per un campione totale di 3400 punti vendita. La nuova "Fimi/gfk Music charts" continua ad essere il principale punto di riferimento per il settore e gli appassionati di musica italiani seguendo un processo di raccolta dei dati messo a punto da Fimi nel 1995. Il Digital Download, vale a dire la classifica dei brani più scaricati da internet, continua ad essere fornito da Nielsen Soundscan international .  
   
   
ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO (ABF)  
 
E’ operativo l´Arbitro Bancario Finanziario (Abf), un sistema di risoluzione stragiudiziale delle liti tra i clienti e le banche e gli altri intermediari che riguardano operazioni e servizi bancari e finanziari. È un´alternativa più semplice, rapida ed economica rispetto al ricorso al giudice. Sono obbligati ad aderire all´Arbitro Bancario Finanziario: banche; intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 del Testo unico bancario (Tub), ivi inclusi i confidi (articolo 155, comma 4 del Tub) e i cambiavalute (articolo 155, comma 5 del Tub); banche e intermediari esteri che svolgono in Italia le operazioni e i servizi disciplinati dal Titolo Vi del Tub; Istituti di Moneta Elettronica (Imel); Poste Italiane per le attività di Bancoposta. L´arbitro Bancario Finanziario è composto da un Organo decidente, articolato sul territorio nazionale in tre Collegi (Milano, Roma e Napoli) e da una Segreteria tecnica. Il cliente può rivolgersi all´Arbitro solo dopo aver tentato di risolvere il problema direttamente con la banca o l´intermediario, presentando a essi un reclamo. Le decisioni dell’arbitro Bancario Finanziario non sono vincolanti come quelle del giudice, ma se l´intermediario non le rispetta il suo inadempimento è reso pubblico. La Banca d´Italia fornisce i mezzi per il funzionamento dell´Abf .  
   
   
DETASSAZIONE DEGLI UTILI INVESTITI IN PUBBLICITÀ E CREDITO D’IMPOSTA PER L’ACQUISTO DI CARTA NON PIÙ RINVIABILI  
 
La Filiera Carta, Editoria, Stampa e Trasformazione chiede al Governo di intervenire con urgenza, pena la perdita di una parte importante del settore manifatturiero nazionale. Alto il rischio occupazionale: il peso della Filiera in termini di addetti è del 5% sull’occupazione complessiva, un livello pari a quello del settore auto. La Filiera Carta, Editoria, Stampa e Trasformazione costituita da Acimga (produttori di macchine grafiche), Aie (editori di libri), Anes (editoria periodica specializzata), Argi (distributori di macchine, sistemi e prodotti per il settore grafico), Asig (stampatori di giornali), Assocarta (produttori di carta), Assografici (industrie grafiche, cartotecniche e trasformatrici) e Fieg (editori di quotidiani e di periodici) rappresenta oggi il 5% dell´occupazione manifatturiera complessiva italiana. Un settore rilevante sotto il profilo economico e sociale nei campi del benessere collettivo e della cultura. Parte fondamentale del “Made in Italy”, ha una forte connotazione ambientale avendo riciclato solo nel 2008 5,5 milioni di tonnellate di carta che sono diventati nuovi prodotti e merci. Nel biennio 2008-2009, a causa della profonda crisi che ha investito il mondo industriale, il quadro economico nel quale opera la Filiera si è drammaticamente aggravato e deteriorato: in un anno il fatturato è passato da più di 40 milioni del 2008 a 35 del 2009. Tuttavia, per alcuni settori della Filiera si registrano cali di fatturato sino al 30% e le crisi aziendali del settore sono ormai quotidiane. Solo il settore carta nel corso dell’anno ha perso 1,5 milioni di tonnellate di capacità produttiva rispetto al 2008. Un dato reso ancora più drammatico dal crollo degli investimenti pubblicitari su carta stampata. Gli aggiornamenti a fine ottobre dell’ultimo osservatorio stampa Fcp (Federazione Concessionarie Pubblicità) evidenziano per il complesso della pubblicità su stampa un calo ormai stabile del 23%, con un -30% per i periodici, -18% per i quotidiani a pagamento e -29% per la free press. Pesanti i riflessi sui livelli occupazionali ridotti di ben 5800 unità rispetto al 2008. Massiccio il ricorso alla Cassa integrazione, triplicata rispetto ad un anno prima (14,6 milioni di ore negli 11 mesi 2009 contro 5,4 milioni di ore dello stesso periodo 2008). I dati appaiono particolarmente significativi se si considera che, la stessa Filiera, nel periodo 2000-2007 si era caratterizzata per stabilità e continuità, con un tasso di crescita tra i più elevati nel sistema manifatturiero italiano, influendo positivamente sia sui livelli occupazionali sia sulla mitigazione del rischio d’impresa. Nell’attuale drammatica situazione di incertezza per il futuro del settore, i rappresentanti della Filiera chiedono al Governo di intervenire urgentemente con misure di carattere generale che possono promuovere i consumi nel mercato interno. A questo proposito la detassazione degli utili investiti in pubblicità avrebbe un duplice effetto positivo di spinta ai consumi e di rilancio della spesa pubblicitaria, garantendo un afflusso di risorse ai mezzi di informazione su stampa che come già citato stanno registrando forti cali di fatturato. Fondamentale, inoltre il credito d’imposta per l’acquisto di carta, misura per consentire alle aziende di resistere alla crisi e di tornare poi a correre alla pari dei concorrenti europei e mondiali. I preconsuntivi 2009 della Filiera Carta, Editoria, Stampa e Trasformazione. Fatturato 2009: 35,1 miliardi di €; -14,2% rispetto al 2008 (dato stimato). Export 2009: 7,5 miliardi di €; -14,1% rispetto al 2008. Import penetration 2009: 14,9%. Occupazione totale diretta: 242 mila addetti (5% dell’occupazione manifatturiera complessiva pari a quella del settore dell’auto). Occupazione totale indotta: 565 mila addetti (elaborazione Filiera su dati Istat). Tasso di utilizzo carta da macero: 56,3 nel 2008 (pari a circa 5,5 milioni di tonnellate) . .