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Notiziario Marketpress di Lunedì 08 Settembre 2008
TRIBUNALE DI MODICA: SENTENZA SU REGISTRAZIONE BLOG  
 
Torniamo su una sentenza dell’8 maggio 2008 pronunciata dal Tribunale di Modica in tema di registrazione del blog perché è stata depositata la motivazione, che sembra colmare un vuoto legislativo. Secondo il giudice unico del tribunale di Modica rischia una condanna per stampa clandestina il blogger che non registra il proprio sito. Nel caso di specie Carlo Ruta è stato condannato per avere pubblicato il giornale di informazione civile «Accade in Sicilia» diffuso sul sito www. Accadeinsicilia. Net senza avere prima eseguito la registrazione considerata d´obbligo, da parte dell´autorità giudiziaria, per tale prodotto del genere. La convinzione del giudice parte dalla definizione di prodotto editoriale per la previsione dell´obbligo di registrazione, che assolve al controllo di legittimità formale sulla regolarità dei documenti prodotti. Ricostruendo l´evoluzione della normativa, il giudice di Modica ricorda che sino al 2001 l´orientamento giurisprudenziale prevalente prevedeva la necessità del requisito della riproduzione del giornale su supporto cartaceo perché potesse essere considerato prodotto editoriale. Con la Legge n. 62/01 le cose cambiano e il concetto di prodotto editoriale si estende sino a comprendere anche i prodotti realizzati su supporto informatico e destinati alla pubblicazione anche con mezzo elettronico. Conseguentemente secondo il Tribunale di Modica devono essere iscritte presso il registro tenuto dai tribunali civili le testate giornalistiche on line pubblicate con periodicità «e caratterizzate dalla raccolta, dal commento e dall´elaborazione critica di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale, dalla finalità di sollecitare i cittadini a prendere conoscenza e coscienza di fatti di cronaca e, comunque, di tematiche socialmente meritevoli di essere rese note» e, quindi, la natura del blog sottoposto alla sua valutazione ha la fisionomia richiesta per rientrare tra i prodotti editoriali da registrare. Lo stesso imputato, si legge nella motivazione, ha definito nella testata la propria pubblicazione come giornale («Accade in Sicilia - Giornale di informazione civile»). Gli articoli pubblicati hanno per oggetto fatti di cronaca locale, inchieste giudiziarie, testimonianze dirette, tanto da caratterizzarne il contenuto informativo. Il sito internet veniva aggiornato periodicamente e con cadenza quasi quotidiana. Ruta si è difeso sostenendo che il prodotto pubblicato era un semplice blog, un diario di informazione civile e non un giornale. Ma, secondo la sentenza, il blog è uno strumento di comunicazione dove chiunque può scrivere quello che vuole e come tale può essere usato anche per pubblicare un giornale. Un blog, quindi, può essere usato come metodo di presentazione di una testata registrata con una sua linea editoriale, con l´obiettivo di coinvolgere il pubblico, oppure come una semplice "palestra" per l´espressione di libere opinioni sui più svariati argomenti, senza necessitare della registrazione. Dagli atti è emerso che prima di pubblicare sul sito «Accade in Sicilia» era necessario contattare Ruta e sottoporre l´articolo alla sua preventiva valutazione in veste di editore responsabile. .  
   
   
PREMIO DI RISULTATO: MODALITÀ OPERATIVE PER RICHIEDERE LO SGRAVIO CONTRIBUTIVO  
 
L´inps con la circolare n. 82 del 6 agosto 2008 ha fornito le istruzioni operative per la fruizione dello sgravio contributivo sui premi di risultato previsti dai contratti collettivi di secondo livello di tale sgravio, stabilito dalla Legge n. 247/07 e reso operativo con il decreto interministeriale 7 maggio 2008. Le domande per la fruizione possono essere inviate telematicamente a partire dalle ore 15. 00 del 15 settembre 2008. .  
   
   
INTERNET: LA COMMISSIONE EUROPEA STABILISCE 5 PRIORITÀ PER LA POLITICA DEI CONSUMATORI NELL´ERA DIGITALE  
 
Il Commissario Ue, Meglena Kuneva, in un discorso tenuto a Londra ha delineato cinque ambiti prioritari d´azione per la politica dei consumatori nell´era digitale, che comprendono un unico, semplice corpus di normativa contrattuale in materia di consumo, la necessità di riesaminare le restrizioni imposte dai fornitori alla distribuzione via internet, una valutazione critica dell´uso di modelli commerciali basati sulla discriminazione geografica online, la repressione della "prossima generazione" di pratiche commerciali sleali che stanno emergendo online e infine la delicata problematica della privacy, in particolare le condizioni alle quali i consumatori danno un consenso informato per l´uso dei loro dati personali. L´obiettivo generale del Commissario è di aprire il mercato interno per far sì che il commercio elettronico riveli appieno i propri vantaggi per i consumatori. Il Commissario Kuneva ha affermato: "Il mercato unico al dettaglio per i consumatori si realizzerà online. Internet costituisce un´enorme opportunità per i consumatori: espande le dimensioni del mercato in cui essi effettuano le loro transazioni e dà loro accesso a un maggior numero di fornitori e a una maggiore scelta. Internet rende possibile comparare i fornitori e i prezzi dei prodotti su una scala mai vista prima. Dobbiamo far sì che l´adozione della piattaforma internet non venga inutilmente rallentata se omettessimo di rimuovere importanti barriere normative, di mantenere il mercato esente da forme sempre diverse di truffe e pratiche sleali e di affrontare le questioni fondamentali per i consumatori legate alla privacy e alla fiducia. " Di seguito le 5 misure ritenute prioritarie. Prima misura: Un unico, semplice corpus di norme contrattuali in materia di consumo. "Quest´autunno la Commissione presenterà proposte in merito a un quadro unico di norme contrattuali in materia di consumo da applicarsi nel mercato interno europeo. Attualmente abbiamo una giungla di strumenti normativi complessi che si sono accumulati alla spicciolata nell´ultimo ventennio. Ne risulta nella pratica un labirinto di diritti e pratiche diversi che vanno da periodi diversi di riflessione per recedere da un contratto a garanzie che sono altrettanto nebulose per i consumatori quanto sono complicate per le aziende. " Seconda misura: Necessità di riesaminare le restrizioni su internet all´atto della revisione del regolamento sulle restrizioni verticali nell´ambito della normativa Ue in materia di concorrenza. "Dobbiamo riflettere sulla pertinenza delle restrizioni imposte dai fornitori per la distribuzione via internet. Ritengo che la revisione, che si terrà nel prossimo biennio, della regolamentazione sulle restrizioni verticali nell´ambito della normativa Ue in materia di concorrenza sia l´occasione ideale per riesaminare la pertinenza di queste restrizioni su internet. Voglio segnalare in questa occasione che, nella mia qualità di Commissario per i consumatori, svolgerò un ruolo attivo nel corso delle discussioni della Commissione sul modo di conciliare le scelte dei consumatori con altri imperativi del commercio online. " 3° misura: Necessità di esaminare criticamente la legittimità di restrizioni geografiche artificiali che rinchiudono i consumatori nei loro confini nazionali. "È particolarmente importante che i consumatori impugnino i modelli di contrattazione basate su una discriminazione geografica. Nel mondo in cui viviamo non siamo obbligati a fare i nostri acquisti nei supermercati e nei negozi che hanno il nostro stesso codice postale. Non siamo obbligati a fare i nostri acquisti all´interno del nostro comune. Né dovremmo essere obbligati ad acquistare all´interno dei nostri confini nazionali. Resta il fatto però che non possiamo comperare liberamente computer, biglietti di treno o play-station da qualsiasi paese dell´Ue. Siamo costretti ad acquistarli nel nostro paese. Sia ben chiaro che nel Mercato unico europeo non vi è posto per restrizioni geografiche artificiali che rinchiudano i consumatori nei loro confini nazionali. Stiamo conducendo uno studio sul commercio elettronico che spero servirà ad avviare il dibattito. " 4° misura: Eliminare la prossima generazione di pratiche commerciali sleali che stanno rapidamente emergendo online. "La Commissione europea pubblicherà quest´anno una Guida dell´utilizzatore digitale per chiarire in che modo i vigenti diritti in materia di consumo si applicano nello spazio digitale. La vera e propria sfida proviene dal manifestarsi di nuove pratiche contro le quali la legislazione deve ancora fare le sue prove, come ad esempio l´uso ricorrente di caselle contrassegnate in anticipo, la pubblicità virale e la commistione di comunicati commerciali e non commerciali. Intendo redigere orientamenti interpretativi dettagliati per indicare in che modo le vigenti norme Ue in materia di pratiche commerciali sleali vadano applicate al commercio online e al mondo digitale. " 5à misura: Assicurare che importanti questioni legate alla privacy – raccolta dati e profiling – non scuotano la fiducia nello spazio digitale. "Intendo assicurare che negli accesi dibattiti in materia di privacy la voce dei consumatori si faccia chiaramente sentire. Intendo intensificare i nostri sforzi per sviluppare, nell´interesse dei consumatori, principi di base in materia di privacy destinati a ripercuotersi su tutti i settori e tutte le tecnologie in modo da realizzare un approcci più coerente per quanto concerne le condizioni legate al tracciamento e al profiling. Inviterò i miei colleghi Commissari a unirsi a me per elaborare un quadro coerente in materia di raccolta dati e profiling applicabile alle varie piattaforme. Ritengo che quella del consenso informato sia la questione centrale in materia di privacy che la politica dei consumatori dovrà affrontare prossimamente. Il Garante europeo della protezione dei dati ha affermato che la nostra legislazione vigente richiede un consenso esplicito ogni qualvolta si raccolgono dati personali. La realtà su internet è ben lungi dal rispettare questi principi. Ma se dobbiamo chiedere il consenso, questo consenso in che forma deve essere dato? Attualmente molti siti web invitano a cliccare per ottenere "servizi evoluti" (enhanced services). Mi chiedo se questo è un consenso informato. Quanti sanno che questo corrisponde a un consenso a lasciar tracciare il proprio comportamento, un´autorizzazione alla memorizzazione e all´uso commerciale dei dati?" .  
   
   
PRATICHE COMMERCIALI SLEALI: SUL SITO DEL MINISTERO I CODICI A DIFESA DEI CONSUMATORI  
 
Sono solamente due i codici di condotta linkati dal Ministero per lo Sviluppo economico sul proprio sito internet alla sezione “pratiche commerciali sleali”, raggiungibile all’indirizzo http://pratichesleali. Sviluppoeconomico. Gov. It/home. Htm. Si tratta dei codici di condotta dell’Iap (Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria) e di Avedisco (Associazione vendite dirette servizio consumatori), che raggruppa le principali aziende nazionali e internazionali che operano in Italia nel comparto della vendita diretta a domicilio. Sul sito del Ministero si legge che, a seguito del recepimento da parte del Governo italiano della Direttiva europea 2005/29 sulle «pratiche commerciali sleali» - che, attraverso i due Decreti legislativi n. 145 e n. 146 del 2 agosto 2007, ha permesso all’Italia di essere uno dei primi Paesi dell’Unione Europea a dotarsi di una normativa a tutela dei consumatori - l’Italia ha ora «un punto di riferimento normativo unico», che «garantisce i diritti e chiarisce quali pratiche commerciali sono consentite e quali vietate». I due provvedimenti sostituiscono e integrano la precedente disciplina in materia (Codice di Consumo del 2005) sia in materia di pubblicità ingannevole sia di pratiche commerciali scorrette. In particolare l’articolo 27-quater del nuovo Codice di Consumo prevede che: «Le associazioni, o le organizzazioni imprenditoriali e professionali possono adottare, in relazione a una, o più pratiche commerciali, o ad uno, o più settori imprenditoriali specifici, appositi codici di condotta, che definiscono il comportamento dei professionisti (aderenti) che si impegnano a rispettare tali codici, con l´indicazione del soggetto responsabile, o dell´organismo incaricato del controllo della loro applicazione». A quasi un anno di distanza dall’entrata in vigore della nuova normativa, solo le citate due associazioni - Iap e Avedisco - hanno ottenuto la segnalazione sul sito del Ministero, le quali, si legge ancora all’art 27-quater, «comunicano periodicamente al ministero per lo Sviluppo economico le decisioni adottate».  
   
   
CITTADINI E PA: IL PROGETTO "RETI AMICHE"  
 
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l´innovazione, Renato Brunetta, durante un convegno della Federazione Italiana Tabaccai (Fit) ha illustrato il progetto “Reti Amiche”, che per ora coinvolge tabaccherie e Poste italiane (protocollo sottoscritto l’8 luglio 2008) e poi - secondo l´intendimento del Ministro Brunetta – dovrebbe coinvolgere banche, farmacie, carabinieri, stazioni ferroviarie e centri commerciali. Il progetto mira a offrire maggiori opportunità nella fruibilità dei servizi della Pubblica amministrazione, aumentando la disponibilità dell’offerta e la varietà dei soggetti erogatori. "Reti Amiche" intende sfruttare la capillarità delle reti telematiche già presenti nel territorio per moltiplicare i punti d´accesso ai servizi statali. Il progetto consentirà di accedere ai servizi della Pubblica amministrazione in una fascia oraria più ampia e flessibile e contribuire ad una maggiore efficienza degli sportelli pubblici. "Reti Amiche" offrirà la possibilità di usufruire dei vantaggi offerti dalle nuove tecnologie dell’informazione delineando un nuovo modo di rapporto tra cittadino e Pa. A partire dal mese di gennaio 2009, ha assicurato la Fit, circa 10 mila tabaccherie saranno dotate di terminali avanzati che permetteranno di erogare ai cittadini servizi più sofisticati, come, ad esempio, il versamento di contributi Inps per colf e badanti, il pagamento di bollette di terzi, il ritiro della pensione e il prelevamento di cifre, anche di modesta entità. Le novità sono state annunciate Il modello del progetto si inquadra nel processo più ampio di riforma della Pubblica amministrazione che, partendo da una riorganizzazione interna dell’apparato amministrativo, consente di trasformare le logiche con cui l’amministrazione dialoga con il cittadino. .  
   
   
PRIVACY: RELAZIONE ANNUALE  
 
L´autorità Garante per la protezione dei dati personali ha presentato lo scorso 16 luglio, presso la Sala della Lupa di Palazzo Monte Citorio la Relazione sull´attività svolta nel 2007, che illustra i diversi fronti sui quali è stata impegnata l´Autorità nel suo undicesimo anno di attività, fa il punto sullo stato di attuazione della legislazione sulla privacy ed indica le prospettive di azione verso le quali intende muoversi il Garante. Per quanto riguarda l´attività del Garante, i principali e complessi settori nei quali ha assicurato il suo intervento nel corso del 2007 a difesa dei diritti fondamentali dei cittadini sono: messa in sicurezza delle grandi banche dati pubbliche e private (Anagrafe tributaria, Ced del Ministero dell´interno, gestori telefonici); intercettazioni; raccolta di impronte digitali e dati biometrici; protezione dei dati giudiziari; banca dati del Dna; nuove tecnologie; corretto rapporto tra diritto di cronaca e dignità delle persone; esigenze di semplificazione degli adempimenti per le imprese. E ancora: il fenomeno delle telefonate pubblicitarie indesiderate; la videosorveglianza sempre più estesa; il controllo sulle e-mail dei lavoratori; la tutela dei minori; internet. Particolare attenzione è stata riservata alle esigenze delle imprese per facilitarne gli adempimenti e garantire al contempo la corretta gestione dei dati personali di utenti e consumatori, anche in un quadro di economia globale e trasferimenti massicci di informazioni tra Paesi. I provvedimenti collegiali adottati nel 2007 sono stati circa 500. I ricorsi diminuiscono, passando dai 435 del 2006 ai 316 del 2007. Segno che aumenta il rispetto della legge da parte dei cittadini, imprese, istituzioni e che molte controversie si compongono spontaneamente o trovano sbocco davanti al giudice ordinario. Rilevante incremento si è registrato nelle risposte a segnalazioni e reclami, passate dalle 2717 del 2006 alle 3078 del 2007. (in particolare, credito al consumo, telefonia, pubblicità non gradita, Internet, giornalismo, dati personali dei dipendenti). Il Collegio ha reso 16 pareri al Governo e al Parlamento, dei quali 8 in materia di banche dati e di informatizzazione della Pubblica Amministrazione. Diciotto i pareri sui regolamenti adottati da enti pubblici relativi al trattamento di dati sensibili o giudiziari. Le ispezioni effettuate sono cresciute da 350 a 452 con un aumento del 30% rispetto al 2006, registrando un incremento in linea con gli obiettivi che l´Autorità si è posta degli ultimi anni. I controlli hanno riguardato, in particolare, operatori telefonici, call center, società farmaceutiche, anagrafe tributaria, strutture sanitarie, istituti di credito, sistemi di videosorveglianza. Le violazioni amministrative contestate sono passate dalle 158 del 2006 alle 228 del 2007. I proventi riscossi a titolo di pagamento delle sanzioni ammontano a 814. 625 euro, e a 185. 000 euro quelli pagati per estinguere il reato in materia di misure di sicurezza. Sono state approvate numerose Linee guida per specifici settori: la “Guida pratica e misure di semplificazione per le piccole imprese”; le Linee guida sul rapporto di lavoro privato e pubblico; quelle sui rapporti con la clientela in ambito bancario e quelle sulla pubblicazione e diffusione di atti e documenti di enti locali. Presto verranno adottate linee guida sul trattamento dati nell´ambito delle sperimentazioni cliniche di medicinali. Gli interventi più rilevanti hanno riguardato:telecomunicazioni (intercettazioni, conservazione dati di traffico telefonico e telematico, tabulati telefonici); giornalismo e informazione (cronache giudiziarie, tutela dei minori, dati sullo stato di salute e sulla vita sessuale); marketing (telefonate indesiderate, servizi non richiesti, “profilazione” a fini commerciali dei clienti, “carte di fedeltà” della grande distribuzione); pubblica amministrazione (redditi on line, attività fiscale, Anagrafe tributaria, interconnessione e sicurezza banche dati, trasparenza emolumenti pubblici); sanità (dati genetici, dati sanitari su Internet, riservatezza nelle strutture sanitarie, sicurezza dei dati); lavoro (sistemi di rilevazione biometrica, navigazione in Internet e controllo dei lavoratori, sistemi di videosorveglianza); giustizia e polizia (misure di sicurezza per uffici giudiziari, impronte digitali, banche dati Dna, Ced del Dipartimento di P. S. ; periti e consulenti dei giudici); nuove tecnologie (localizzazione, nuovi servizi satellitari, geomarketing); Internet (motori di ricerca, condivisione files musicali, reti sociali, sanità on line); scuola e università (uso di videofonini, scrutini e voti scolastici, preiscrizioni universitarie); vita sociale (telecamere nei condomini, esecuzioni immobiliari); sistema impresa (semplificazioni, trasferimento di dati all´estero, documento programmatico della sicurezza, liberalizzazione del settore dell´energia); sistema bancario e assicurativo (sistemi di informazione creditizia, telephone banking, riservatezza nell´uso dei dati dei clienti). Importante l´attività del Garante nel Gruppo di lavoro comune delle Autorità di protezione europee (Wp29); nelle Autorità di controllo Schengen, Europol, Eurodac; nel ruolo di Presidenza del Gruppo di lavoro comune in materia di Polizia e di Giustizia (Wppj); nel Consiglio d´Europa; nell´Ocse. Come Autorità italiana e come Presidenza del Wppj, il Garante ha partecipato ad Audizioni presso la Commissione Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni del Parlamento europeo, su tematiche relative all´uso, esteso anche ai bambini, delle impronte digitali sui passaporti e alla profilazione degli immigrati per motivi etnici e razziali. .  
   
   
PRIVACY: VENDE DATI ON LINE, MA NON INFORMA GLI INTERESSATI E SCATTA IL DIVIETO DEL GARANTE  
 
Mette in vendita sul proprio sito web intere banche dati con indirizzi di posta elettronica, numeri di fax e di telefono, lecitamente estratti da registri pubblici, ma non informa le persone alle quali quei dati appartengono, e il Garante gli "blocca" la banca dati. É accaduto a un piccolo imprenditore di Milano al quale il Garante ha vietato di continuare ad utilizzare, conservare e soprattutto vendere quei dati. Le norme sulla protezione dei dati personali stabiliscono, infatti, che è lecito estrarre e raccogliere dati personali, senza la necessità di avere il consenso degli interessati, da pubblici registri, documenti o elenchi conoscibili da chiunque. Ma le norme precisano anche che è obbligatorio informare gli interessati della costituzione della banca dati e degli scopi per i quali le loro informazioni personali verranno usate (compresa ovviamente la cessione o la vendita a terzi), in modo tale da consentire ai medesimi interessati di potersi opporre, se lo ritengono, al trattamento dei propri dati. Venendo a mancare questa informativa, i dati risultano trattati in violazione della disciplina in materia di privacy e non possono più essere utilizzati. Sulla base di queste disposizioni e delle ispezioni effettuate il Garante ha dunque ritenuto illecito il trattamento dei dati personali posti in vendita sul sito web e ha vietato di trattare quei dati.  
   
   
PRIVACY: NEI GIORNALI TROPPI DATI SUI MINORI VITTIME DI ABUSI  
 
La notizia è quella terribile di un caso di violenza in famiglia, ma i due quotidiani locali che la riportano eccedono nel fornire informazioni tanto da rendere riconoscibili i minori vittime degli abusi. Interviene il Garante e stabilisce che i due giornali non potranno più pubblicare, anche attraverso i loro siti web, quei dettagli e quelle informazioni decisamente non essenziali. Il divieto del Garante è stato adottato a seguito di una segnalazione. La vicenda si è svolta in un piccolo comune della Calabria in cui risiede un padre che è stato condannato per aver compiuto atti di violenza e abusi, anche di natura sessuale, ai danni dei figli. I due quotidiani locali che ne danno notizia non solo descrivono in modo dettagliato la vicenda e il genere di abusi subiti dai minori, ma riportano tutta una serie di informazioni sull´episodio in grado di ledere gravemente la riservatezza dei minori rendendoli riconoscibili. Negli articoli vengono infatti citati il nome e cognome del padre, il nome del comune in cui vive la famiglia, il sesso delle vittime e, nel caso di uno dei due giornali, anche l´iniziale dei bambini. A causa di questi dati, nonostante non si siano fatti i loro nomi, i minori interessati sono risultati riconoscibili quanto meno in ambito locale, in particolare all´interno della cerchia familiare e amicale, considerato il piccolo comune dove si sono verificati i fatti. Ma sono altri due gli aspetti sui quali si è appuntato il provvedimento del Garante. Il primo riguarda il principio dell´essenzialità dell´informazione: larga parte delle informazioni pubblicate non erano infatti indispensabili per dare una compiuta rappresentazione della vicenda, che pure rivestiva un interesse pubblico e sulla quale stato legittimamente esercitato il diritto di cronaca. Il secondo aspetto è connesso con la tutela rafforzata da assicurare ai più piccoli, tanto più se vittime di atti di molestie o violenza sessuale. Tale tutela è sancita dalle norme che vietano la divulgazione di notizie o immagini relative a minori coinvolti in procedimenti penali, dal Codice privacy (che obbliga a omettere, quando si diffondono procedimenti giurisdizionali, le generalità o altri dati identificativi anche relativi a terzi dai quali si possa desumere anche indirettamente l´identità di minori) e dallo stesso Codice di deontologia dei giornalisti che, richiamando la Carta di Treviso, stabilisce che il diritto del minore alla riservatezza è prevalente rispetto al diritto di cronaca, tanto più quando i minori siano addirittura vittime di violenza. "Attenzione ai minori anche quando si tratta di dati apparentemente innocui" - ha commentato il relatore Giuseppe Fortunato - "Questo è l´importante principio che il Garante raccomanda a tutti i giornalisti. Se si tratta dei più "piccoli", anche un "piccolo" dato potrebbe procurare un danno immenso". Copia del provvedimento del Garante è stato inviato ai Consigli regionali competenti e al Consiglio nazionale dell´Ordine dei giornalisti.  
   
   
PRIVACY: PIÙ SICUREZZA IN OSPEDALE CON LE IMPRONTE DIGITALI  
 
Il Garante autorizza il Policlinico di Roma ad usarle per l´accesso dei dipendenti alle aree riservate e esposte a rischio. Il Garante Privacy ha autorizzato il Policlinico Umberto I di Roma (con un provvedimento di cui è stato relatore Giuseppe Fortunato) al trattamento dei dati biometrici dei dipendenti, limitando l´uso delle impronte digitali all´autenticazione di accesso ai servizi informatici e alle aree riservate. Il Policlinico ha rappresentato l´esigenza di proteggere alcune aree destinate a funzioni strategiche o, comunque, ad elevata criticità o a elevato rischio clinico, tenendo anche conto dell´ingente numero di dipendenti e del flusso di persone che quotidianamente circolano nei diversi edifici di cui si compone la struttura. L´azienda ospedaliera ha, quindi, predisposto un sistema di riconoscimento in grado di controllare con maggiore sicurezza gli accessi in ospedale. Il sistema biometrico, a differenza del tradizionale controllo a vista del personale, si basa sul confronto tra le impronte digitali rilevate e il template memorizzato e cifrato su una smart card nell´esclusiva disponibilità del lavoratore. Con la lettura delle impronte digitali, l´azienda intende garantire l´identificazione certa e univoca degli operatori che accedono ai sistemi informativi e ai database aziendali, nonché l´incolumità dei lavoratori e delle persone che affluiscono nelle aree a rischio. La delicatezza e pericolosità di tali aree deriva dalla natura dei dati conservati (cartelle cliniche e informazioni sulla salute) e dall´elevato rischio clinico a cui sono esposte: sia per le patologie dei pazienti (ad esempio, i reparti di ematologia, oncologia e malattie infettive), sia per i trattamenti sanitari svolti (terapie intensive, rianimazioni, blocchi operatori e radioterapia). L´Autorità, nel ritenere proporzionati alcuni trattamenti sottoposti alla sua verifica preliminare, ha prescritto all´azienda ospedaliera di individuare con precisione aree e settori da sottoporre ad accesso controllato tra quelli che presentino effettivamente rischi per l´incolumità delle persone, o rischi di sottrazione di materiale pericoloso, danneggiamento delle apparecchiature, perdite di dati. Il Garante ha invece escluso l´utilizzo dei dati personali così raccolti per fini diversi da quelli autorizzati, in particolare per quanto riguarda la rilevazione della presenza dei lavoratori come richiesto dall´Azienda ospedaliera. L´Autorità non ha, infatti, ritenuto lecito e proporzionato il trattamento di dati biometrici per finalità di gestione del rapporto di lavoro, considerando particolarmente invasiva la raccolta generalizzata delle impronte. Per quanto riguarda il periodo di conservazione dei dati, i dati dei log di accesso alle diverse applicazioni aziendali potranno essere conservati al massimo sei mesi per l´accertamento di eventuali violazioni e usi impropri dei sistemi informativi. Mentre i dati dei log relativi agli orari d´ingresso alle aree riservate potranno essere conservati per una durata non superiore a dieci giorni, tempo sufficiente per accertare eventuali accessi indebiti.  
   
   
PRIVACY: SCATTANO I DIVIETI DEL GARANTE ALLE CHIAMATE INDESIDERATE  
 
L’autorità del Garante privacy ha vietato ad alcune società specializzate nella creazione e nella vendita di banche dati (Ammiro Partners, Consodata e Telextra), l’ulteriore trattamento di dati personali di milioni di utenti. I dati, nello specifico numeri telefonici, erano stati raccolti e utilizzati illecitamente, senza cioè aver informato gli interessati e senza che questi avessero fornito uno specifico consenso alla cessione delle loro informazioni personali ad altre società. Il divieto è scattato anche per altre aziende, come Wind, Fastweb, Tiscali e Sky, che hanno acquistato da queste società i data base allo scopo di poter contattare gli utenti e promuovere i loro prodotti e servizi tramite call center. “Se qualcuno vuole entrare in casa nostra – commenta Paissan – deve bussare. Così, se qualcuno vuole chiamarci per vendere un prodotto o un servizio, deve avere il nostro consenso per usare il nostro numero telefonico. Il Garante vuole difendere i cittadini che si sentono molestati da telefonate non desiderate. In questo modo si tutelano anche gli operatori di telemarketing che si comportano correttamente”. Ai provvedimenti inibitori si è giunti dopo ripetuti richiami e ispezioni, effettuate sia presso le società che avevano formato i data base e venduto i dati sia presso operatori telefonici e aziende che li avevano acquistati e i call center che contattavano gli utenti. Numerosi sono stati gli abbonati che hanno segnalato al Garante la ricezione di chiamate promozionali indesiderate effettuate da e per conto di diversi operatori telefonici o aziende che promuovevano beni o servizi. Dalle verifiche effettuate presso le società che hanno fornito i data base è emerso che i dati degli utenti erano stati raccolti e ceduti a terzi senza informare gli interessati, o informandoli in maniera inadeguata, e senza un loro preventivo specifico consenso. Una delle società, peraltro, offriva sul proprio sito i dati di oltre 15 milioni di famiglie italiane suddivise per redditi e stili di vita, senza che gli interessati fossero stati informati o avessero dato il loro assenso alla comunicazione dei dati a terzi. Da parte loro le aziende e le compagnie telefoniche che hanno acquistato i dati e li hanno utilizzati a fini di marketing telefonico (il cosiddetto teleselling), non si sono preoccupate di accertare, come prevede invece la disciplina sulla protezione dei dati, che gli abbonati avessero acconsentito alla comunicazione dei propri dati e al loro uso a fini commerciali. La mancata osservanza del divieto dell’Autorità espone anche a sanzioni penali.  
   
   
PAGAMENTI CON LE IMPRONTE DIGITALI ENTRO IL 2015  
 
Il pagamento tramite l’analisi biometria delle impronte digitali, l’assistenza in camerini interattivi, carrelli intelligenti, sono alcune innovazioni che potrebbero trasformare la fantascienza in realtà. Le nuove tecnologie, infatti, stanno rivoluzionando il modo di fare shopping. Dalla ricerca di Tns, gruppo mondiale che fornisce approfondimenti e informazioni sui mercati, intitolata “Il futuro dello shopping”, resa pubblica lo scorso 1° maggio 2008 negli Stati Uniti, il 73% degli intervistati afferma la propria convinzione nell’aspettarsi che entro il 2015 pagherà con un tocco di dita. Da un paese all’altro non cambia solo la moda, ma cambiano anche le abitudini allo shopping: i cinesi, ad esempio, hanno apprezzato la possibilità di una proiezione virtuale al posto di un commesso in carne ed ossa (53% di preferenze contro la media di Europa e America del 23%), i tedeschi preferiscono la scansione del proprio corpo per avere suggerimenti rapidi su quanto potrebbe star loro meglio. Consumatori europei, asiatici, americani e canadesi hanno fatto la loro scelta tra innovazioni futuristiche che, a quanto pare, rivoluzioneranno il modo di fare compere nel prossimo decennio. La domanda di servizi gestiti in rete, di nuove tecnologie, di maggior sicurezza e velocità della vita moderna, spingono l’ideazione di elettrodomestici intelligenti tra cui, per esempio, frigoriferi in grado di fare la spesa autonomamente. La ricerca di Tns sul futuro dello shopping è stata condotta on line intervistando 45. 000 persone sugli acquisti di prima necessità in Europa, Asia e America. E’ stata richiesta a ciascuno l’opinione in merito a 12 possibili innovazioni che potrebbero trasformare il nostro quotidiano da oggi al 2015. Il 41% su scala globale mette al primo posto il pagamento attraverso l’analisi biometria delle impronte digitali. Questa media è stata calcolata tra tutti i paesi dell’analisi: dal 60% della Cina al 24% dei tedeschi. Il 73% degli intervistati si aspetta che nel giro di un decennio i camerini saranno dotati di forme di assistenza interattiva. Ben il 28% degli americani hanno particolarmente apprezzato il carrello della spesa intelligente contro solo il 9% di Francia e Germania. I tedeschi hanno accolto con favore (21%) la scansione del corpo per ricreare l’immagine 3D, a differenza del resto dell’Europa e del mondo che ha registrato una media del 12%. Gli spagnoli hanno molto apprezzato l’idea di un frigo che possa fare la spesa (il 45% ha risposto positivamente contro il 25% degli inglesi). Quasi il 60% dei cinesi vorrebbe un ologramma al posto di un assistente alle vendite, mentre Giapponesi e Inglesi lo hanno apprezzato al 15% .  
   
   
GIUSTIZIA LOCALE: INCONTRO TRA IL PRESIDENTE DELLA REGIONE EMILIA E IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI BOLOGNA  
 
In relazione ai temi della giustizia locale e al rapporto di collaborazione con la Regione, il Presidente della Regione Emilia-romagna, Vasco Errani, e il Presidente del Tribunale di Bologna, Francesco Scutellari, hanno diramato la seguente nota congiunta: “Il Presidente della Regione Emilia-romagna Vasco Errani e il Presidente del Tribunale di Bologna Francesco Scutellari si sono sentiti telefonicamente stamattina per fare il punto sulla collaborazione in atto fra le diverse Istituzioni presso il tavolo di coordinamento istituito dalla Prefettura di Bologna. Si tratta di un lavoro che già dato risultati concreti nei mesi scorsi, compresa la firma dell’accordo tra Ministero della Giustizia e Regione Emilia-romagna del 2 aprile scorso e le sperimentazioni in atto per l’attivazione degli Uffici per il Processo, e che altri risultati concreti potrà dare in futuro, stante l’urgenza dei problemi inerenti la giustizia locale. In relazione a ciò, Errani e Scutellari hanno convenuto sulla necessità di vedersi nei prossimi giorni per verificare le condizioni e le opportunità di sviluppo della collaborazione istituzionale avviata” .  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: IMPIEGATA DISCRIMINATA A CAUSA DELL´HANDICAP DEL FIGLIO  
 
Il 17 luglio 2008 la sentenza della Corte di giustizia relativa alla causa C-303/06 (Coleman / Attridge Law e Steve Law) ha affermato che il diritto comunitario tutela il lavoratore che abbia subito una discriminazione fondata sulla disabilità del figlio e che il divieto di discriminazione, enunciato nella direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, non è limitato alle sole persone disabili. La ricorrente ha lavorato dal gennaio 2001 in uno studio legale a Londra come segretaria. Nel 2002 ha avuto un figlio, disabile, le cui condizioni di salute esigono cure specializzate e particolari, fornite essenzialmente dall’interessata. Il 4 marzo 2005 la Signora ha accettato di rassegnare le proprie dimissioni, con conseguente risoluzione del contratto con il suo ex datore di lavoro. Il 30 agosto 2005 ella proponeva dinanzi all’Employment Tribunal, London South, un ricorso nel quale sosteneva di essere stata vittima di un licenziamento implicito e di un trattamento meno favorevole rispetto a quello riservato agli altri lavoratori in ragione del fatto di avere un figlio disabile principalmente a suo carico. Ella sostiene che tale trattamento l’ha costretta a smettere di lavorare per il suo ex datore di lavoro. A sostegno della sua domanda adduce diversi fatti configuranti, a suo parere, discriminazione o molestie, in quanto in circostanze analoghe i genitori di bambini non disabili venivano trattati in maniera diversa. Ella cita, in particolare, il rifiuto del suo datore di lavoro di reintegrarla, al ritorno dal congedo per maternità, nel posto di lavoro da lei occupato, il rifiuto di concederle una flessibilità nell´orario di lavoro e commenti sconvenienti e ingiuriosi espressi sia nei confronti suoi sia nei confronti di suo figlio. Pertanto, l’Employment Tribunal si è rivolto alla Corte chiedendo se la direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro debba essere interpretata nel senso che essa vieta la discriminazione diretta fondata sulla disabilità e le molestie ad essa connesse unicamente nei confronti di un lavoratore che sia esso stesso disabile o se essa si applichi altresì ad un lavoratore vittima di un trattamento sfavorevole a causa della disabilità del figlio, cui egli presta la parte essenziale delle cure che le sue condizioni richiedono. La Corte ricorda che la direttiva definisce il principio della parità di trattamento come l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata, in particolare, sulla disabilità e si applica a tutte le persone per quanto attiene all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione. La Corte rileva che se la direttiva 2000/78 contiene disposizioni volte a tener conto specificamente delle esigenze dei disabili, ciò non permette di concludere che il principio della parità di trattamento in essa sancito debba essere interpretato in senso restrittivo, vale a dire nel senso che esso vieterebbe soltanto le discriminazioni dirette fondate sulla disabilità e riguarderebbe esclusivamente le persone che siano esse stesse disabili. Secondo la Corte, la direttiva, diretta a combattere ogni forma di discriminazione, si applica non in relazione ad una determinata categoria di persone, bensì in base alla natura della discriminazione. Un’interpretazione che ne limiti l’applicazione alle sole persone che siano esse stesse disabili rischierebbe di privare la direttiva di una parte importante del suo effetto utile e di ridurre la tutela che essa dovrebbe garantire. Riguardo all´onere della prova, la Corte ricorda che, nel caso in cui la ricorrente dimostrasse fatti che consentano di presumere l’esistenza di una discriminazione diretta, l’effettiva applicazione del principio della parità di trattamento richiederebbe allora che l’onere della prova fosse posto a carico del suo datore di lavoro, che dovrebbe provare che non vi è stata violazione di detto principio. La Corte conclude dichiarando che la direttiva deve essere interpretata nel senso che il divieto di discriminazione diretta ivi previsto non è limitato alle sole persone disabili. Di conseguenza, qualora un datore di lavoro tratti un lavoratore, che non sia esso stesso disabile, in modo meno favorevole rispetto ad un altro lavoratore in una situazione analoga, e sia provato che il trattamento sfavorevole di cui tale lavoratore è vittima è causato dalla disabilità del figlio, al quale egli presta la parte essenziale delle cure di cui quest’ultimo ha bisogno, un siffatto trattamento viola il divieto di discriminazione diretta enunciato nella direttiva. Riguardo alle molestie, la Corte adotta un ragionamento identico e conclude nel senso che le disposizioni della direttiva in ordine a tale punto non sono limitate alle sole persone che siano esse stesse disabili. Qualora sia accertato che il comportamento indesiderato integrante le molestie del quale è vittima un lavoratore in una situazione come quella della sig. Ra Coleman è connesso alla disabilità del figlio, un siffatto comportamento viola il divieto di molestie enunciato nella direttiva.  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: CONCESSIONE DI DISTRIBUZIONE DEL GAS NATURALE  
 
Il 17 luglio 2008 è stata pronunciata una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in merito alla causa C-347/06, Asm Brescia Spa/comune di Rodengo Saiano, relativa alla concessione del servizio pubblico di distribuzione del gas. Il Decreto legislativo n. 164/00, recependo la direttiva 98/30/Ce, ha stabilito il principio secondo cui le attività di importazione, esportazione, trasporto e dispacciamento, distribuzione e vendita del gas sono libere. In particolare, con riguardo al segmento finale del percorso del gas, la vendita, a partire dal 1º gennaio 2003, è pienamente liberalizzata e aperta a tutte le imprese che abbiano ottenuto una specifica autorizzazione ministeriale mentre la distribuzione è qualificata come servizio pubblico nella disponibilità dei comuni ed è affidata a concessionari scelti esclusivamente mediante gara per periodi non superiori a dodici anni. La Asm Brescia è concessionaria del servizio di distribuzione del gas naturale dal 1984. La scadenza del suo contratto era stata fissata al 31. 12. 2029. Nel luglio 2005, il Comune ha deciso la risoluzione anticipata della concessione al 31 dicembre 2005 e di individuare tramite gara il nuovo gestore del servizio per il periodo successivo. Contro la delibera consigliare, Asm ha proposto ricorso al Tar Lombardia che, a sua volta, si è rivolto alla Cgce con alcune domande pregiudiziali. Il giudice del rinvio chiede in sostanza se una normativa, come quella in questione nella causa principale, che prolunga automaticamente la durata del periodo transitorio al termine del quale è risolta anticipatamente una concessione di distribuzione del gas naturale, come quella in questione nella causa principale, rilasciata senza il preventivo svolgimento di una procedura di gara, è coerente con il Trattato e la direttiva sul gas naturale. La direttiva 2003/55 ha ad oggetto il completamento del mercato interno nel settore del gas naturale. Il calendario di apertura per quanto riguarda la fornitura del gas naturale dispone che gli Stati membri provvedano affinché i clienti idonei, ovverosia quelli che hanno il diritto di scegliere liberamente il proprio fornitore, siano, a decorrere dal 1° luglio 2007, tutti i clienti. Tale disposizione riguarda la fornitura del gas naturale e non la sua distribuzione. Pertanto, non se ne può desumere alcun obbligo in capo agli Stati membri di porre fine ai contratti di distribuzione attribuiti in assenza di procedura di gara. Il giudice del rinvio chiede ancora se gli artt. 43 Ce, 49 Ce e 86, n. 1, Ce nonché i principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza ostino ad una normativa come quella in questione nella causa principale, che dispone il prolungamento, alle condizioni da essa fissate, della durata del periodo transitorio al termine del quale cessa anticipatamente una concessione di distribuzione del gas naturale come quella in questione nella causa principale. Per la Corte una concessione di servizio pubblico come quella in questione nella causa principale non rientra nell’ambito di applicazione delle direttive relative alle diverse categorie di appalti pubblici. Tuttavia le autorità pubbliche sono tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato Ce, in generale, e il principio di non discriminazione sulla base della nazionalità, in particolare. Qualora siffatta concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, la sua assegnazione in totale assenza di trasparenza ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice costituisce una disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate alla suddetta concessione. Tale disparità di trattamento può tuttavia essere giustificata da circostanze oggettive, quali la necessità di rispettare il principio della certezza del diritto. A tale proposito, in una situazione come quella della causa principale, occorre tener conto di tre ordini di elementi. In primo luogo, la direttiva 2003/55 non prevede che si rimettano in discussione le concessioni di distribuzione del gas in essere. In secondo luogo, la concessione rilasciata nel 1984 doveva produrre effetti fino al 2029. In terzo luogo, il principio della certezza del diritto esige, segnatamente, che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano comportare conseguenze sfavorevoli in capo ai singoli e alle imprese. La concessione in questione nella causa principale è stata attribuita nel 1984, quando la Corte non aveva ancora dichiarato che dal diritto comunitario primario derivava che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo avrebbero potuto essere soggetti a obblighi di trasparenza. Ciò premesso, il principio della certezza del diritto esige che la risoluzione di siffatta concessione sia corredata di un periodo transitorio che permetta alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili sia dal punto di vista delle esigenze del servizio pubblico, sia dal punto di vista economico. Compete al giudice del rinvio valutare se il prolungamento della durata del periodo transitorio possa essere considerato necessario ai fini del rispetto del principio della certezza del diritto. Per questi motivi, la Corte dichiara che la direttiva 2003/55/Ce (norme comuni per il mercato interno del gas naturale) non osta a che una normativa di uno Stato membro preveda il prolungamento della durata del periodo transitorio al termine del quale deve cessare anticipatamente una concessione di distribuzione del gas naturale. Inoltre, secondo la Corte, i principi di libertà di stabilimento, di libera prestazione di servizi e di divieto dei diritti speciali o esclusivi per certe imprese non ostano a che una normativa di uno Stato membro preveda il prolungamento della durata del periodo transitorio al termine del quale deve cessare anticipatamente una concessione di distribuzione del gas naturale, purché tale prolungamento possa essere considerato necessario al fine di permettere alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili sia dal punto di vista delle esigenze del servizio pubblico, sia dal punto di vista economico.  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: ACQUISTO DI PARTECIPAZIONI IN IMPRESE NEL SETTORE DELL´ENERGIA IN SPAGNA  
 
La sentenza pronunciata il 17 luglio 2008 nella causa C-207/07 (Commissione / Spagna) ha condannato la Spagna per aver violato il diritto comunitario assoggettando l´acquisto di partecipazioni in imprese nel settore dell´energia all´autorizzazione preventiva alla Commissione Nazionale dell´Energia. Tale regime infrange il principio della libera circolazione dei capitali e la libertà di stabilimento e non è giustificato rispetto all´obiettivo dell´approvvigionamento di energia.  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: AGGIUDICAZIONE DEI SERVIZI INFORMATICI DEL COMUNE DI MANTOVA  
 

La Corte di giustizia ha respinto il ricorso relativo alla causa C-371/05, Commissione/Italia

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GIUSTIZIA EUROPEA: DIVIETO DI PUBBLICITÀ TELEVISIVA PER TRATTAMENTI CHIRURGICI  
 
Il 17 luglio 2008 la sentenza della Corte di giustizia, pronunciata nella causa C-500/06 (Corporación Dermoestética Sa / To Me Group Advertising Media) ha affermato che una normativa nazionale, che determina un divieto della pubblicità relativa ai trattamenti medico-chirurgici sulle reti televisive nazionali, offrendo al contempo la possibilità di diffondere una tale pubblicità sulle reti televisive locali, è contraria al diritto comunitario e che tale normativa costituisce una restrizione ingiustificata alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi. Nell´ottobre 2005, la Corporación Dermoestética, un´impresa spagnola attiva nel settore della medicina estetica, ha conferito, mediante contratto, all´agenzia pubblicitaria To Me Group l´incarico di realizzare una campagna pubblicitaria per i suoi servizi, da diffondere sulla rete televisiva italiana Canale 5. Dopo aver percepito un acconto, la To Me Group ha informato la Corporación Dermoestética dell´impossibilità, in applicazione di una legge italiana del 1992, di diffondere i messaggi pubblicitari progettati su reti televisive nazionali. Infatti, in virtù di detta legge la pubblicità televisiva relativa ai trattamenti medico-chirurgici effettuati all´interno di strutture sanitarie private era consentita, a talune condizioni, unicamente sulle reti televisive locali, il che equivaleva a vietare questa stessa pubblicità sulle reti televisive a diffusione nazionale. Poiché la To Me Group si è rifiutata di restituire l´acconto, la Corporación Dermoestética ha adito il giudice italiano chiedendo la risoluzione del contratto concluso tra le due società nonché la condanna dell´agenzia pubblicitaria alla restituzione di tale acconto. Per poter statuire sulla controversia sottopostagli, il giudice italiano chiede alla Corte se i principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi ostino ad una normativa nazionale quale la normativa italiana. La Corte constata innanzitutto che il divieto di pubblicità previsto dalla legge italiana del 1992 oltrepassa quello contenuto nella Direttiva Televisione Senza Frontiere che, in una delle sue disposizioni, vieta la pubblicità dei trattamenti medici disponibili unicamente con ricetta medica. Sebbene detta direttiva lasci certamente agli Stati membri la facoltà di prevedere norme più particolareggiate o più rigorose nei settori coperti dalla medesima, la Corte ricorda che una tale competenza deve essere esercitata nell´osservanza delle libertà fondamentali garantite dal Trattato Ce. La Corte constata che un regime di pubblicità, come quello previsto dalla legge italiana del 1992, restringe la libertà di stabilimento poiché costituisce, per le società stabilite in Stati membri diversi dall´Italia, un serio ostacolo all´esercizio delle loro attività tramite una controllata operante in quest´ultimo Stato membro. La Corte osserva altresì che tale regime costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi perché impedisce alle società come la Corporación Dermoestética di avvalersi delle prestazioni di servizi pubblicitari televisivi. Tuttavia, la Corte ricorda che tali restrizioni possono essere giustificate qualora soddisfino quattro condizioni: devono applicarsi in modo non discriminatorio, essere giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico, essere idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo. Così, in primo luogo, la Corte constata che il regime di pubblicità di cui trattasi si applica indipendentemente dallo Stato membro di stabilimento delle imprese alle quali si rivolge. In secondo luogo, essa dichiara che la normativa sulla pubblicità televisiva relativa ai trattamenti medico-chirurgici può essere giustificata alla luce della finalità di tutela della salute. Tuttavia, in terzo luogo, la Corte rileva che, introducendo un meccanismo che determina un divieto della pubblicità relativa ai trattamenti medico chirurgici sulle reti televisive nazionali, offrendo al contempo la possibilità di diffondere una tale pubblicità sulle reti televisive locali, il regime di cui trattasi denota un´incoerenza che il governo italiano non ha tentato di giustificare. Pertanto, la Corte ritiene che una normativa nazionale come quella controversa non sia idonea a garantire la realizzazione dell´obiettivo di tutela della salute e che essa costituisca una restrizione ingiustificata alle due libertà. Di conseguenza, la Corte dichiara che la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi devono essere interpretate nel senso che esse ostano ad una normativa come quella controversa che vieta la pubblicità sulle reti televisive a diffusione nazionale di trattamenti medico-chirurgici effettuati in strutture sanitarie private, autorizzando al contempo, a talune condizioni, una simile pubblicità sulle reti televisive a diffusione locale.  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: CONDONO IVA  
 
Il 17 luglio 2008 con la sentenza relativa alla causa C-132/06 (Commissione / Italia) la Corte di Giustizia ha condannato il condono fiscale italiano sull’Iva, affermando anche che la rinuncia generale e indiscriminata all’accertamento delle operazioni imponibili favorisce i contribuenti colpevoli di frode. La legge italiana prevede, per gli anni compresi tra il 1998 ed il 2001, la possibilità per i soggetti passivi Iva di rettificare le dichiarazioni presentate, attraverso una «Dichiarazione integrativa» accompagnata dal pagamento della maggiore imposta dovuta a titolo di Iva calcolata mediante l’applicazione delle disposizioni vigenti in ciascun periodo di imposta. Una procedura di «Definizione automatica» consente peraltro ai soggetti passivi, che non hanno presentato la dichiarazione, di versare un importo corrispondente (o inferiore) al 2% dell’Iva dovuta sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi, ed un importo pari al 2% dell’Iva detratta nel medesimo periodo. Ognuno di questi due meccanismi comporta l´estinzione delle sanzioni amministrative tributarie, l´esclusione dell’applicazione al contribuente di sanzioni penali, nonché l’esclusione di ogni accertamento tributario (fino al limite, tuttavia, equivalente al doppio dell’importo dell’Iva che risulta nella dichiarazione integrativa riguardo a questa procedura). La Commissione sostiene che l’Italia, avendo previsto in maniera espressa e generale la rinuncia all´accertamento delle operazioni imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, ha violato gli obblighi derivanti dalla sesta direttiva Iva e dal principio generale di leale cooperazione. Essa sottolinea che la direttiva ha lo scopo di fornire alle amministrazioni fiscali nazionali gli strumenti di controllo necessari per assicurare l´esatta riscossione dell’imposta, mediante un´efficace azione di accertamento e di lotta all´evasione. La Commissione sostiene che uno Stato membro non ha il diritto di sottrarsi unilateralmente all´obbligo di assoggettare ad Iva determinate categorie di operazioni. La Corte ricorda innanzitutto che ogni Stato membro ha l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative necessarie al fine di garantire che l’Iva dovuta nel suo territorio sia interamente riscossa, verificando le dichiarazioni fiscali, calcolando l’imposta dovuta e garantendone la riscossione. Se è vero che gli Stati membri beneficiano di una certa libertà nell’applicazione dei mezzi a loro disposizione, essi sono tuttavia tenuti a garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie della Comunità e a non creare differenze significative nel modo di trattare i contribuenti. La legge italiana induce fortemente i contribuenti o a dichiarare soltanto una parte del debito effettivamente dovuto o a versare una somma forfettaria invece di un importo proporzionale al fatturato realizzato, evitando in tal modo qualunque accertamento o sanzione. La Corte dichiara che lo squilibrio significativo esistente tra gli importi effettivamente dovuti e quelli corrisposti dai contribuenti che beneficiano del condono fiscale conduce ad una quasi-esenzione fiscale che, per la sua entità 2, pregiudica seriamente il corretto funzionamento del sistema comune dell´Iva e danneggia il mercato comune, poiché i contribuenti in Italia possono sperare di non dovere versare una considerevole parte degli oneri fiscali. La Corte respinge, invece, la giustificazione, avanzata dall’Italia, che attribuisce al condono fiscale il merito di avere consentito all’erario di recuperare immediatamente e senza la necessità di avviare lunghi procedimenti giudiziari, una parte dell’Iva non dichiarata inizialmente. Essa ritiene, al contrario, che la misura in questione - introdotta appena dopo la scadenza dei termini entro cui i soggetti passivi avrebbero dovuto pagare l’Iva e implicante il pagamento di un importo assai modesto rispetto a quello effettivamente dovuto - consente ai soggetti passivi di sottrarsi definitivamente agli obblighi in materia di Iva, perfino quando le autorità fiscali nazionali avrebbero potuto individuare le irregolarità. La Corte condanna, perciò, la rinuncia generale e indiscriminata all’accertamento delle operazioni imponibili relative all’Iva, effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, tramite la quale la Repubblica italiana viola gli obblighi derivanti dalla sesta direttiva Iva e l’obbligo di leale cooperazione .  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: SUPERAMENTO DEI VALORI MASSIMI DI PARTICELLE FINI  
 
Lo scorso 25 luglio 2008, nella causa C-237/07 (Dieter Janecek / Freistaat Bayern) la Corte ha sentenziato che in caso di rischio di superamento dei valori massimi di particelle fini, i diretti interessati possono ottenere dalle autorità competenti la predisposizione di un piano d’azione e che gli Stati membri hanno come unico obbligo di adottare, a breve termine, nel contesto di un piano di azione le misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento dei valori ed a ritornare gradualmente ad un livello inferiore ai detti valori. La direttiva comunitaria in materia di valutazione e di gestione della qualità dell´aria ambiente enuncia che gli Stati membri predispongono piani d´azione che indicano le misure da adottare a breve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie d´allarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata. Il sig. Janecek risiede lungo la Landshuter Allee, sulla circonvallazione interna di Monaco di Baviera, a circa m 900 a nord di una stazione di controllo della qualità dell´aria. Le misurazioni effettuate in questa stazione hanno dimostrato che, nel corso del 2005 e del 2006, il valore massimo per le emissioni di particelle fini è stato superato ben più di 35 volte, laddove questo numero di violazioni rappresenta il massimo autorizzato dalla legge tedesca sulla lotta all´inquinamento. Il sig. Janecek ha proposto ricorso, chiedendo che fosse ordinato al Freistaat Bayern di predisporre un piano di azione per la qualità dell´aria nel settore della Landshuter Allee, affinché vengano stabilite le misure da adottare a breve termine per garantire l´osservanza del numero massimo autorizzato di 35 violazioni annuali del valore stabilito come soglia per le emissioni di particelle fini. Poiché il suo ricorso è stato respinto in primo grado, il sig. Janecek ha interposto appello dinanzi al Verwaltungsgerichtshof. Quest’ultimo ha giudicato che i residenti interessati possono pretendere dalle autorità competenti la predisposizione di un piano di azione, ma che essi non possono chiedere che quest´ultimo contenga le misure idonee a garantire l´osservanza a breve termine dei valori massimi di emissione. Il sig. Janecek e il Freistaat Bayern hanno proposto ricorso avverso tale sentenza dinanzi al Bundesverwaltungsgericht. A parere di detto giudice, il sig. Janecek, sulla base unicamente dell’ordinamento nazionale, non può invocare nessun diritto alla predisposizione di un piano d’azione. Ciò nondimeno, il Bundesverwaltungsgericht ha chiesto alla Corte se una persona possa pretendere dalle competenti autorità nazionali, in forza del diritto comunitario, la predisposizione di un piano d’azione, in caso di rischio di superamento dei valori massimi o delle soglie di allarme. Nella sua sentenza odierna, la Corte si è espressa in senso affermativo. Essa ricorda che è incompatibile con il carattere vincolante della direttiva escludere, in linea di principio, che l´obbligo che essa impone possa essere invocato dagli interessati. Di conseguenza, in caso di rischio di superamento dei valori massimi o delle soglie di allarme, i diretti interessati devono poter ottenere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione, anche quando essi dispongano, in forza dell´ordinamento nazionale, di altre procedure per ottenere dalle medesime autorità che esse adottino misure di lotta contro l´inquinamento atmosferico. Per quanto concerne il contenuto dei piani d’azione, la Corte rileva che gli Stati membri non hanno l´obbligo di adottare misure tali da scongiurare qualsiasi superamento. Essi hanno come unico obbligo di adottare, a breve termine, sotto il controllo del giudice nazionale, nel contesto di un piano di azione, le misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento dei valori massimi o delle soglie di allarme ed a ritornare gradualmente ad un livello inferiore ai detti valori, tenendo conto delle circostanze di fatto e dell’insieme degli interessi in gioco .  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: CIRCOLAZIONE E SOGGIORNO NELL´UNIONE PER UN CONIUGE EXTRACOMUNITARIO  
 
Con sentenza 25 luglio 2008 relativa alla causa C-127/08 (Metock e a. /Minister for Justice, Equality and Law Reform) la Corte di giustizia ha affermato che il coniuge extracomunitario di un cittadino dell´unione può circolare e soggiornare con il detto cittadino all’interno dell’unione senza aver prima soggiornato legalmente in uno Stato membro. Il diritto del cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell´Unione, di accompagnare o di raggiungere il detto cittadino non può essere subordinato alla condizione che egli abbia prima soggiornato legalmente in un altro Stato membro. Secondo la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell´Unione, ciascun cittadino ha il diritto di circolare e soggiornare nel territorio di un altro Stato membro in qualità di lavoratore o studente o se dispone di un´assicurazione malattia che copra tutti i rischi e di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell´assistenza sociale. I familiari di un cittadino dell´Unione europea hanno il diritto di circolare e soggiornare negli Stati membri insieme al detto cittadino. Essi possono fare ingresso in uno Stato membro se possiedono un visto d´ingresso o una carta di soggiorno emessi da uno Stato membro. La normativa irlandese che recepisce questa direttiva prevede che il cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell´Unione, può soggiornare con il cittadino in Irlanda o raggiungerlo solo se soggiorni già legalmente in un altro Stato membro. La questione della conformità della normativa irlandese con la direttiva è stata sollevata in quattro cause pendenti dinanzi alla High Court d´Irlanda. In ciascuna di queste cause, il cittadino di un paese terzo è giunto in Irlanda ed ha chiesto asilo politico. In tutti i casi, l´istanza è stata respinta. Durante il loro soggiorno in Irlanda questi quattro cittadini hanno contratto matrimonio con cittadini dell´Unione che non avevano la cittadinanza irlandese, ma soggiornavano in Irlanda. Nessuno dei matrimoni è un matrimonio fittizio. Dopo il matrimonio, ciascun coniuge extracomunitario ha presentato domanda di permesso di soggiorno in qualità di coniuge di un cittadino dell´Unione. Queste domande sono state respinte dal Minister for Justice irlandese in quanto il coniuge non soddisfaceva il requisito del previo soggiorno legale in un altro Stato membro. Avverso tali decisioni sono stati proposti alcuni ricorsi dinanzi alla High Court, la quale ha chiesto alla Corte di giustizia se un siffatto requisito, del previo soggiorno legale in un altro Stato membro, sia conforme alla direttiva e se le circostanze del matrimonio e la modalità, secondo la quale il coniuge extracomunitario di un cittadino dell´Unione è entrato nello Stato membro interessato, abbiano conseguenze ai fini dell´applicazione della direttiva. La Corte constata che, per quanto concerne i familiari di un cittadino dell´Unione, l´applicazione della direttiva non è subordinata al presupposto che essi abbiano soggiornato previamente in uno Stato membro. La direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell´Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari che lo accompagnino o lo raggiungano in questo Stato membro. La definizione di familiari contenuta nella direttiva non pone distinzioni a seconda che essi abbiano già soggiornato legalmente, o meno, in un altro Stato membro. Quest´interpretazione è confermata da numerosi articoli della direttiva ed è corroborata dalla giurisprudenza della Corte. La Corte ritiene che la sua sentenza Akrich, nella quale ha dichiarato che, per poter godere dei diritti d´ingresso e soggiorno in uno Stato membro, il coniuge extracomunitario di un cittadino dell´Unione debba soggiornare legalmente in uno Stato membro quando si trasferisce, in compagnia di un cittadino dell´Unione, verso un altro Stato membro, deve essere ripensata. Il godimento di diritti di tal genere non deve dipendere da un previo soggiorno legale del coniuge in un altro Stato membro. La Corte sottolinea che, se i cittadini dell´Unione non fossero autorizzati a condurre una vita di famiglia normale nello Stato membro ospitante, l´esercizio delle libertà loro garantite dal trattato sarebbe seriamente ostacolato, poiché essi sarebbero dissuasi dall´esercitare i loro diritti d´ingresso e soggiorno nel detto Stato membro. Alle tesi del Minister for Justice nonché di numerosi Stati membri, secondo le quali un´interpretazione della direttiva nel senso fatto proprio dalla Corte avrebbe gravi conseguenze, comportando un enorme aumento del numero di persone potenzialmente beneficiarie di un diritto di soggiorno all´interno della Comunità, la Corte replica che solo i familiari di un cittadino dell´Unione, che abbia esercitato il suo diritto di libera circolazione, possono godere dei diritti d´ingresso e soggiorno ai sensi della direttiva. Per di più, gli Stati membri possono negare l´ingresso e il soggiorno per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica; un diniego del genere sarà fondato su un esame individuale del caso specifico. Essa aggiunge che gli Stati membri possono parimenti rifiutare, estinguere o ritirare qualsiasi diritto attribuito dalla direttiva, in caso di abuso di diritto o frode, come ad esempio nell´ipotesi di matrimoni fittizi. Infine, la Corte dichiara che il coniuge extracomunitario di un cittadino dell´Unione, il quale accompagni o raggiunga il detto cittadino, può beneficiare della direttiva a prescindere dal luogo e dalla data del loro matrimonio nonché dalla modalità secondo la quale il detto cittadino di un paese terzo ha fatto ingresso nello Stato membro ospitante. La Corte precisa che la direttiva non prescrive che il cittadino dell´Unione abbia già costituito una famiglia nel momento in cui si trasferisce affinché i suoi familiari, cittadini di paesi terzi, possano beneficiare dei diritti conferiti dalla detta direttiva. Per di più, la Corte giudica indifferente il fatto che i cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell´Unione, abbiano fatto ingresso nello Stato membro ospitante prima di o dopo essere divenuti familiari del detto cittadino; tuttavia, lo Stato membro ospitante ha il diritto di sanzionare, nel rispetto della direttiva, l´ingresso e il soggiorno nel suo territorio realizzati in violazione delle norme nazionali in materia di immigrazione.  
   
   
EDITORIA: STATI GENERALI L’1 E IL 2 OTTOBRE A ROMA  
 
Lo scorso 23 luglio è stata presentata a Milano, nello Spazio Eventi della Camera di Commercio Svizzera (via Palestro, 2), l’edizione 2008 degli Stati Generali dell’Editoria 2008, in programma l’1 e 2 ottobre a Roma, nella Sala dello Stenditoio di San Michele a Ripa. I lavori ruoteranno intorno all’interrogativo: Quando mancano i soldi investire in cultura e lettura ha ancora un valore (o lo ha solo a parole)? L’ambizioso titolo è “Più cultura, più lettura, più Paese”, ma gli Stati generali saranno centrati, e non a caso, sul tema “Scommettere sui giovani”. Sono proprio i giovani la fascia più debole di questo momento congiunturale, tra crisi economiche delle famiglie e insufficienza delle risorse dello Stato: su questa fascia d’età 0-19 anni il tema si fa stringente, in particolare ora in cui occorre dimostrare, dati alla mano, se l’investimento risulta produttivo per il sistema Paese. Le Assise generali del mondo del libro saranno quindi un’occasione per proporre al nuovo Governo, agli altri interlocutori istituzionali e agli operatori di tutto il mondo dei contenuti un’analisi – la prima nel suo genere, sulla base delle cifre – su come i libri (e la cultura) segnano il futuro, con un raffronto tra i livelli di lettura e consumi culturali da un lato e la mobilità sociale interna al Paese negli ultimi 20 anni dall’altro. Lo spunto del confronto sarà offerto dall’analisi degli ultimi dati raccolti dall’Ufficio Studi dell’Aie sull’andamento dell’editoria e da quanto emerge dalle indagini Iard sulla condizione giovanile e sugli intrecci tra scuola, mobilità sociale, consumi culturali e ruolo della lettura e del libro, anche di testo. Www. Statigeneralidelleditoria. It .  
   
   
R&D DAYS 2008: DIALOGO TRA RICERCA E IMPRESA  
 
Il 25 e il 26 settembre 2008 presso la Sala Auditorium del Museo del Patrimonio Industriale, Via della Beverara, 123 a Bologna, si svolge la 4a Edizione dell’International Forum on Project Development, l´annuale momento di incontro tra le aziende del tessuto industriale locale ed i maggiori centri di ricerca internazionali, nomi come il Massachusetts Institute of Technology, Max Planck, Fraunhofer e Qinetiq, che presentano case histories nei settori Meccanica e Meccatronica, Energia e Ambiente, Nanotecnologie e Nuovi Materiali. Una volta tanto le imprese non sono spettatrici passive. Le tematiche su cui intervengono i centri di ricerca sono state, infatti, proposte e selezionate da tecnici e responsabili R&d di un nucleo di aziende locali. Inoltre, durante le due giornate gli scienziati sono a disposizione di chi li voglia incontrare per approfondire i temi proposti ed eventualmente porre le basi per una futura collaborazione. Un approccio alla ricerca non accademico quindi, improntato al contrario su quella mentalità business oriented che costituisce la norma nei paesi esteri e che permette alla ricerca di sostentarsi attraverso un rapporto di reciproco beneficio con l´industria. Tutte le case histories prese in esame hanno portato beneficio all’industria: si tratta di progetti innovativi quali l’impiego di nanotubi in carbonio in ambito industriale, l’utilizzo di materiali in grado di immagazzinare energia o lo sviluppo di metodi per produrre carburante attraverso i rifiuti. E non sono solo gli addetti ai lavori a beneficiare della presenza a Bologna dei big della ricerca mondiale. L´evento è infatti pensato per chi vede il proprio futuro legato all´innovazione o per chi semplicemente nutre interesse verso tematiche d’avanguardia. Il Forum è organizzato dall’Associazione Amici del Museo del Patrimonio Industriale sotto l’egida del Programma Quadrifoglio, che attraverso il rilancio della cultura e delle competenze tecniche punta anche a sostenere l´industria. R&d Days è inoltre sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e dall’Istituto Italiano per il Commercio Estero. L´evento ha già ricevuto l´adesione di centinaia di aziende locali, realtà afferenti sopratutto ai settori della meccanica e della motoristica, tra cui Barilla, Calzoni, Ducati, G. D, Ima, Lamborghini, Magneti Marelli, Marposs e Sacmi. Sono invece 18 i centri di ricerca rappresentati. Ulteriori informazioni: www. Programmaquadrifoglio. It .  
   
   
DIRITTO D´AUTORE E PIRATERIA: A ROMA GLI STATI GENERALI DEL CINEMA ITALIANO  
 
Il presidente Gian Luigi Rondi, l´onorevole Luca Barbareschi e Massimo Ghini, rappresentanti del cda della Fondazione Cinema per Roma, hanno annunciato che la lotta alla pirateria sarà uno dei temi principali tra quelli che saranno trattati in occasione degli Stati Generali del Cinema Italiano che si svolgeranno a ottobre durante il Festival Internazionale del Film di Roma. "In Italia il danno causato dalla pirateria informatica ammonta a 13 miliardi di euro" - ha detto Barbareschi - "e i rischi via via sempre più gravi cui sta andando incontro la produzione cinematografica mi hanno indotto a mettere allo studio una legge bipartisan che renda più severe le pene attuali contro la pirateria, estendendola oltre al cinema anche a tutti gli altri settori della creazione artistica tra cui videogiochi, software e musica". Durante le tre giornate del Festival saranno trattati altri temi significativi per il settore del cinema come la legge di sistema e il diritto d´autore e il digitale come uno degli approdi del cinema in futuro. I risultati degli incontri saranno presentati al Ministro dei Beni Culturali per un loro inserimento in Finanziaria .  
   
   
NETINTEGRA: CONNUBIO TRA ESPERIENZA E STRATEGIE PER IL FUTURO  
 
Integraspidernet diventa Netintegra, con sede a Brescia e a Milano. La società bresciana specializzata nella realizzazione di sistemi informatici integrati e soluzioni in outsourcing per le imprese sceglie una nuova ragione sociale per sottolineare la sua trasformazione, avvenuta nel corso degli anni, che l’ha portata a posizionarsi quale partner di riferimento per le organizzazioni che intendono utilizzare la tecnologia dell’informazione come leva strategica per accrescere la propria competitività. Il cambiamento di denominazione si inserisce all’interno di un più ampio progetto di valorizzazione dei propri asset e di crescita interna di competenze che l’azienda ha sviluppato nel corso degli anni e che le ha consentito di consolidare la sua posizione nel settore It. Oggi Netintegra si pone sul mercato come interlocutore di riferimento per garantire alle organizzazioni la riduzione della complessità e la perfetta gestione dei sistemi informativi, incrementandone contemporaneamente la sicurezza e l’operatività. In un contesto globalizzato in cui la delocalizzazione dei sistemi informativi e il potenziamento della connettività assumono un ruolo fondamentale per le imprese, il nome “Netintegra” intende, da un lato, evidenziare in modo programmatico la centralità strategica della Rete (Net) e, dall’altro, esprimere l’originario orientamento dell’azienda verso i servizi di integrazione (Integra). “La scelta di Netintegra sottolinea la nostra volontà di presentarci sul mercato con un’immagine che rispecchi fedelmente ciò che oggi siamo realmente, ovvero un partner tecnologico in grado di accompagnare l’azienda in un percorso sostenibile di costruzione e valorizzazione dell’ambiente informativo. La nuova denominazione sintetizza la nostra volontà di proiezione nel futuro senza tuttavia dimenticarci dei valori che hanno caratterizzato la nostra storia”, ha dichiarato Vincenzo Iacona, Amministratore Delegato di Netintegra. .